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martedì 27 settembre 2022

LA FILOSOFIA E' UN CONO GELATO

 


Procope
Vi è mai capitato, quando gustate un gelato, di sentirvi un poco filosofi? C’è un perché storico. Per ora dovete memorizzare due parole: Café Procope. Facciamo un passo indietro, mille anni bastano. È da allora che comincia la storia di un alimento che dall’Italia ha conquistato il mondo. Non fu un pasticciere a realizzarlo, ma incredibilmente fu inventato da un macellaio e perfezionato da un pescatore. Ma furono i filosofi a decretarne il successo.
Tutto comincia dalla canna da zucchero che gli Arabi nel IX secolo importarono in Sicilia. Ibn Ankal scrive: «Lungo la spiaggia, cresce vigorosa la canna di Persia e da essa il sugo si estrae per pressione.» Raffreddando infusi a base di acqua, zucchero, erbe e spezie, attraverso il processo endotermico provocato dall'aggiunta di sale marino e ghiaccio dell’Etna, nascono gli antenati dei sorbetti. Viceversa in Sardegna dalla carapigna, latte ovino, frutta secca e neve di montagna, nasce l’antenato del gelato.
Il gelato moderno è di epoca rinascimentale. Un macellaio fiorentino, Ruggeri, grazie a un preparato che comprende panna, zabaione e frutta diventa famoso al punto che viene chiamato a Parigi per prepararlo in occasione delle nozze di Caterina de' Medici ed Enrico d'Orleans nel 1533.
Se Ruggeri fu geniale, Francesco Procopio dei Coltelli, pescatore siciliano, fu industrioso ed inventò la gelatiera. Capendo che tesoro aveva sottomano, Procopio, partì in cerca di fortuna e nel 1686 aprì a Parigi un locale, il Café Procope, dove venivano servite: acque gelate (granite), fiori d'anice, fiori di cannella, frangipane, gelato al succo di limone e d'arancio, sorbetto di fragola. Il successo fu sensazionale. Lo frequentarono attori della Comédie Française, intellettuali, filosofi, letterati, Voltaire, George Sand, Balzac, Victor Hugo, Diderot, D'Alembert, De Musset, il Dottor Guillotin (quello della tagliateste). È grazie al gelato che nascono le idee più brillanti. Ed il Procope diventa il più celebre Caffè letterario d'Europa. Persino Luigi XIV, nonostante fosse il Re Sole il gelato davanti a lui non si squagliava, concede a Procopio una patente reale per l'esclusiva di quei dolci.
Ma a Savona i filosofi/gastronomi locali, dove possono mangiare il miglior gelato?
La risposta è difficile. Tramontata con la dolcevita degli anni sessanta l’eccellenza delle creme del mitico Bar Sirito di Noli, impigritosi il fuoriporta ruspante e goloso della Gelateria Pastorino di Calice Ligure, oggi vi sono almeno tre gelaterie savonesi che si battono per lo scettro.
La prima si trova in Piazza Armando Diaz 17/R SAVONA e si chiama SUPERFRUTTO (Tel.: 019 800567). Nome appropriatissimo in quanto eccelle nei sorbetti. Bancone immenso, ottimo assortimento di gusti. Locale però da solo asporto (praticamente un corridoio). Sogno per lei l’apertura di un grande dehors neoclassico sulla piazza pedonale antistante il Teatro Chiabrera.
La seconda si trova in Corso Vittorio Veneto 33/R presso i Giardini S. Michele, SAVONA, (Tel.: 019813765). Si chiama GELATERIA CORA, ma tutti la conoscono come La baracchetta. Ciò la dice lunga sulla dimensione del locale (infatti la coda per accedere al bancone la si fa all’aperto). Ridottissimo assortimento di gusti, ottime creme, encomiabile l’uso delle carapine a pozzetto. D’estate si può usufruire di un ottimo dehors aperto sul mare. Quanti amori sono nati là, galeotto un brivido per il gelato.
Ed infine last but not list, da oltre un secolo troviamo in Via Bartolomeo Guidobono 113/R, SAVONA (Tel.: 019 853103‎) LA CASA DEL GELATO. Buono il livello sia dei sorbetti sia delle creme. Ma il pezzo forte sono le grandi coppe composite che vengono servite ai tavoli nell’ampia sala. Il che la rende agibile tutto l’anno.
Se non si fosse capito io adoro i gelati e, quando posso, torno nella mia bella Sicilia natia per un Festival Internazionale del Gelato specialissimo: la Nivirata, che vuol dire nevicata, appuntamento annuale che si svolge ad Acireale (CT) durante la seconda settimana di luglio. Regina la granita, Re il gelato.

6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTO


Alla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog  HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

lunedì 26 settembre 2022

SORGO UN CEREALE SENZA GLUTINE



Cari amici celiaci, ma non solo, voglio presentarvi il sorgo, un cereale senza glutine.
La ricerca sui cereali senza glutine è una delle strade più battute nell’ambito dell’innovazione alimentare. Il sorgo è un cereale originario dell’Africa subsahariana, e rientra nella ristretta lista dei cereali gluten free, peculiarità che ha spinto a riscoprire questa coltura di antica tradizione nella dieta del terzo millennio.Il sorgo bianco (Sorghum vulgare Pers), ha piccoli grani tondeggianti che ricordano il mais, il fusto cilindrico, le foglie piatte e lunghe, l’altezza è compresa fra uno e tre metri.Questa graminacea è considerata il quinto cereale in ordine di importanza, dopo mais, riso, grano e orzo. Oltre l’alimentazione può essere utilizzato come mangime per animali o per produrre biocombustibili.E’ ricco sul piano nutrizionale, con carboidrati complessi, proteine, fibre, vitamine del gruppo B e minerali (potassio, fosforo, calcio e ferro), tannini – in grado di limitare l’assorbimento degli amidi e contenere la glicemia – antiossidanti. L’assenza del glutine, inoltre, lo rende un alimento perfetto per chi deve fare i conti con la celiachia.L’Italia è il primo produttore europeo, con un mercato in crescita. E’ coltivato soprattutto nel Centro-Nord, specialmente in Emilia-Romagna, ma esistono zone produttive in Campania, dove c’è una vera e propria filiera che punta alla qualità. Soprattutto nel Beneventano e nell’Avellinese. Qui la sperimentazione è curata dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); la produzione è seguita dall’azienda Reino di San Bartolomeo in Galdo (BN); la trasformazione è curata dall’azienda Celi, titolare del marchio Molino Alba ad Ariano Irpino (AV) per la produzione di cibi senza glutine realizzati con la farina di sorgo bianco.Sul piano agroindustriale il sorgo vanta un’alta redditività: resa elevata, semplicità ed economicità di coltivazione, bassi costi di gestione, assenza di problematiche fitosanitarie, scarso bisogno di concimazioni, miglioramento della fertilità del suolo grazie gli abbondanti residui organici che rilascia. Il sorgo bollito si impiega per realizzare zuppe, polente, cous cous, risotti e insalate di cereali. Con le farine si possono realizzare impasti di vario tipo, pani non lievitati e dolci. Negli Stati Uniti, in Giappone e in Argentina, il mercato degli alimenti senza glutine a base di farina di sorgo è ormai consolidato, ma in Europa è solo dal 2016 che questa realtà si sta sviluppando. Il Congresso Sorghum.ID, che si è svolto a Bucarest nel 2016 e a Milano nel 2018, ha confermato questo interesse, al quale ha fatto seguito la costituzione dell’Associazione di operatori sul sorgo in Europa. Le produzioni italiane auspicano il raggiungimento di un’autonomia nel soddisfare la domanda interna, senza affidarsi a derrate estere, in collaborazione con progetti di miglioramento genetico, coltivatori diretti e aziende molitorie e di trasformazione locali.Quindi? Buon sorgo per tutti.
6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTO

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Luoghi proibiti Luoghi incantati raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di mete inconsuete pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/
  
 
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Guida alla Liguria 
raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di ristoranti, negozi ed alberghi pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

9 GUIDA ALL'ITALIA SETTENTRIONALE


 

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10 GUIDA ALL'ITALIA CENTROMERIDIONALE

 

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domenica 25 settembre 2022

RICICLIAMO I GUSCI DELLE COZZE

Vi piacciono le cozze? A me molto. Ma una volta pulite e cucinate dove buttate i gusci? Non vanno gettati nell’umido o nell’organico ma nell’indifferenziato, il che costituisce di fatto un notevole problema di smaltimento e di spreco.

Che accadrebbe, quindi, se si potessero recuperare e riciclare i gusci di cozze per la produzione di oggetti di ecodesign? 

Questo è il programma della fondazione sarda MEDSEA, che promuove la tutela e lo sviluppo sostenibile degli ecosistemi costieri, e Nieddittas, azienda che gestisce l’intera filiera della mitilicoltura nel Golfo di Oristano. Il progetto avviato nei laboratori del Blue Eco Lab potremmo definirlo di ecodesign e si basa sulla creazione di nuovi prodotti e al loro lancio sul mercato.

Secondo l’EUMOFA (Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura), la cozza dopo il salmone è tra i prodotti d’allevamento più consumati nell’Unione Europea. La sua produzione copre più del 35% della produzione acquicola totale, ma i gusci sono considerati materiali di scarto dell’industria marittima e finiscono nelle discariche, generando ogni anno circa 7 milioni di tonnellate di rifiuti. Infatti le conchiglie fatte di carbonato di calcio (90-95%), sono di natura inorganica e di composizione calcarea, incompatibili con il processo di compostaggio. Lo smaltimento, quindi, non solo è costoso per gli imprenditori e dannoso per l’ambiente, ma rappresenta anche un enorme spreco di prezioso biomateriale perfetto per altri utilizzi.

Perché in realtà i gusci si prestano ad avere una seconda vita. Da sottoprodotti di scarto a nuovi materiali con nuove possibilità, quindi. 

Infatti, dopo aver triturato i gusci dei molluschi, si possono ottenere polveri dalle diverse grammature. Aggiungendo ad ognuna di esse la giusta quantità di resina e colandola in stampi appositi di forme diverse si possono ottenere soluzioni di arredo urbano (panchine, piastrelle e rivestimenti) e di interior design e home decor (sedie, poltrone, plafoniere, lavabi, vasche, piatti, stoviglie e vasi). I risultati sono sorprendenti. Il tutto all’insegna della bellezza e della sostenibilità. Ma non solo. Il nuovo eco materiale ha proprietà fisiche e meccaniche eccellenti specie per ciò che riguarda la impermeabilità.

Via quindi a tutta cozza, ma dopo esserci prima seduti sopra. Un dubbio solo mi resta: se avvicino l’orecchio alla poltrona di cozze, dentro ci sento il mare?


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