Visualizzazione post con etichetta CONOSCERE I DISTILLATI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta CONOSCERE I DISTILLATI. Mostra tutti i post

martedì 14 marzo 2023

CONOSCERE I DISTILLATI


Un distillato, o acquavite, è una bevanda spiritosa derivata dalla distillazione di un liquido zuccherino fermentato, generalmente di origine vegetale: cereali, radici e tuberi amidacei, frutti, o vino.

Dal punto di vista tecnico i distillati fanno parte delle cosiddette bevande spiritose ovvero bevande alcoliche con caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcolometrico minimo di 15% vol. Le bevande spiritose sono prodotte sia direttamente mediante distillazione, macerazione o aggiunta di aromi, sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa con un'altra bevanda, con alcool etilico di origine agricola o con taluni distillati.

Di fatto nella categoria bevande spiritose oltre alle acquaviti vi sono compresi i liquori, che sono miscele di alcool o altri distillati con acqua, zucchero e sostanze aromatiche diverse, nonché gli amari.

Teoricamente un distillato si può ricavare da qualunque materia zuccherina fermentabile. Tuttavia le materie prime più usate per la produzione di distillati sono:

  • il vino (da cui si ottengono il cognac, l'armagnac, il pisco ed il brandy)

  • le vinacce (cioè le bucce e i vinaccioli dell'uva, da cui si ricava la grappa)

  • il mosto d'uva (da cui si ottiene l'acquavite d'uva)

  • il sidro (da cui si ottiene il calvados)

  • la canna da zucchero (da cui si ottengono il rum e la cachaça)

  • i cereali (da cui si ottengono il whisky, il gin, in parte la vodka, e molti altri spiriti "bianchi"),

  • le radici ed i tuberi amidacei o zuccherini (da cui si ricavano la vodka, e molti altri spiriti "bianchi")

  • numerosi frutti da cui si distillano le acquaviti corrispondenti (ad esempio schnapps, kirsch, slivovitz, ecc.)

Esistono innumerevoli altri distillati prodotti con i più diversi fermentati, anche di origine animale, spesso di uso estremamente locale.

Origini
La tecnica distillatoria era già nota ai babilonesi ed agli antichi egizi che distillavano il vino ed il sidro. Essa fu conosciuta dai greci, che la usavano per ricavare acqua dolce dal mare, ma non per gli alcolici; la distillazione era patrimonio dei sacerdoti e di pochi adepti in Egitto durante l'epoca ellenistica romana, e venne trasmessa agli arabi. La diffusione dei distillati in occidente iniziò intorno al X secolo grazie alla Scuola medica salernitana che riprese le tecniche insegnate dai medici arabi andalusi, estraendo l'acquavite dal vino, dapprima solo per uso medicinale.

Schema produttivo
Il processo produttivo può essere sintetizzato con i seguenti passaggi:
preparazione del mosto;

  • fermentazione;

  • distillazione;

  • stabilizzazione;

  • invecchiamento (eventuale);

  • riduzione di grado o diluizione (con acqua demineralizzata);

  • refrigerazione (abbassamento di temperatura per eliminare impurità) (tecnica facoltativa);

  • riposo;

  • imbottigliamento;

  • controlli fiscali.

Preparazione del mosto

La prima fase consiste nella preparazione del mosto da sottoporre a successiva fermentazione da parte dei lieviti. Se la materia prima è composta da zuccheri semplici come il glucosio o il fruttosio sarà sufficiente schiacciarla o macinarla, in modo da ottenere un mosto estremamente zuccherino e già fermentabile. Se partiamo invece da materie prime ricche di amido, come i cereali o le patate, dobbiamo effettuare un processo per rendere questo zucchero complesso fermentabile.

L'amido è composto da lunghe catene di glucosio, anche ramificate, deve quindi subire l'azione di enzimi specifici che possono essere già presenti nell'alimento (endogeni) oppure aggiunti (esogeni).

Successivamente a questo processo, analogo a quello di maltaggio per la produzione della birra, si procede alla fermentazione mediante l'aggiunta di lieviti selezionati.

Fermentazione

Aggiungendo dei lieviti Saccharomyces cerevisiae (saccaromiceti) in tre o quattro giorni si ottiene circa il 12% di alcol etilico ed altre sostanze.

Distillazione

La distillazione è un procedimento fisico che consente la separazione dei componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. In questo modo si può concentrare l'alcol etilico presente nel fermentato e si selezionano le sostanze desiderabili del distillato scartando quelle sgradevoli o inutili.

La distillazione può essere continua (alambicco a colonna) o discontinua (alambicco a caldaia).

Nella distillazione discontinua il carico, detto cotta, viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con nuovo fermentato. Questo tipo di distillazione viene eseguita in alambicchi di rame con il collo detto a cigno ed utilizzata per la produzione di whisky di malto, cognac, brandy, grappe, calvados, ed in genere per i distillati di maggior pregio.

Nella distillazione continua la colonna di distillazione viene alimentata ininterrottamente dal fermentato, ed il distillato viene continuamente estratto. Essa viene impiegata per la produzione di vodka, grappa, brandy, gin, rum, tequila, whisky di cereali, e per la produzione industriale di alcol buon gusto.

Nella distillazione si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide ed altri acetati) che costituiscono la cosiddetta "testa", poi la frazione nobile (il "cuore") costituita dall'alcol etilico, ed infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a temperature più elevate dei precedenti, cioè la "coda", che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli[senza fonte].

Alambicco
Distillazione con alambicco (schema)

Lo strumento per ottenere un distillato è il distillatore o alambicco.

Gli alambicchi per la produzione di distillati possono essere:

  • discontinui;

  • continui.

Alambicco discontinuo

Si compone di:

  1. caldaia in rame;

  2. coperchio che convoglia i vapori idroalcolici nel collettore;

  3. collo di cigno che si diparte dal duomo e si congiunge alla caldaia con il refrigeratore;

  4. refrigeratore;

  5. provetta di saggio per controllare il grado alcolico del distillato.

Il riscaldamento del prodotto da distillare nella caldaia può avvenire:

  • a fuoco diretto: con il fuoco che riscalda direttamente la base della caldaia (alambicco charentais)

  • a bagnomaria; attraverso il riscaldamento dell'acqua contenuta in un'intercapedine che circonda la caldaia (alambicco Zadra)

  • a vapore: con una corrente di vapore che passa attraverso il prodotto da distillare.

Alambicco continuo
Si compone di due alte colonne di distillazione (analizzatore-rettificatore).

Il funzionamento dell'alambicco continuo può essere suddiviso in sei fasi:

  • la miscela alcolica entra nella colonna analizzatrice dove viene riscaldata: si produce un primo distillato detto "flemma";

  • la flemma passa nella colonna rettificatrice; il calore consente di separare l'alcol e altri elementi volatili;

  • i residui acquosi del processo si depositano sul fondo;

  • i vapori che salgono all'interno della colonna vengono raffreddati dai nuovi residui di distillazione;

  • la frazione rimanente (cuore) si riconverte in liquido;

  • gli ultimi residui sono eliminati in cima alla colonna, raccolti e sottoposti a una nuova distillazione.

Stabilizzazione

Molti distillati hanno bisogno di un breve riposo in acciaio o direttamente in bottiglia per armonizzarsi ed avere dei sapori meno pungenti ed aggressivi, ancora presenti quando appena usciti dall'alambicco.

I distillati subiscono una riduzione del grado alcolico tramite la miscelazione con acqua distillata, ed una stabilizzazione attraverso la refrigerazione a circa -10 °C in modo da far precipitare le sostanze più pesanti, causa spesso di torbidità; infine vengono filtrati.

Talvolta vengono additivati di zucchero per un tocco di morbidezza, mentre l'aggiunta di caramello o zucchero bruciato ne influenza il colore, per far apparire invecchiati i distillati giovani.

Invecchiamento
I distillati come il whisky, il cognac o l'armagnac devono essere invecchiati in botti di legno secondo il disciplinare di produzione, per le grappe invece l'uso è facoltativo. La cessione di sostanze da parte delle botti fa sì che i distillati si arricchiscano degli aromi del legno. Questi dipendono dalla qualità dei legni, dalla tostatura delle botti, oltre che dal grado di umidità dei locali e dalle condizioni ambientali in cui riposa il distillato. L'invecchiamento può raggiungere molti decenni.

Aromatizzazione

L'aromatizzazione è l'aggiunta di varie piante officinali ai distillati. Questa può avvenire con diverse modalità: infusione nel distillato stesso; aromatizzazione dei vapori idroalcolici; macerazione direttamente nella bottiglia; preparazioni idroalcoliche macerate, decotte o infuse ed addizionate al distillato


L’acquavite di frutta è una bevanda spiritosa:
  • ottenuta esclusivamente mediante fermentazione alcolica e distillazione di un frutto polposo o di un mosto di tale frutto, bacche o ortaggi, con o senza nocciolo;

  • distillata a meno di 86% vol. cosicché il prodotto della distillazione abbia un aroma e un gusto provenienti da materie prime distillate;

  • con un tenore di sostanze volatili pari o superiore a 200 g/hl di alcole a 100% vol.;

  • con un tenore massimo di acido cianidrico di 7 g/hl di alcole a 100% vol. nel caso delle acquaviti di frutta con nocciolo.

L’acquavite di frutta ha un tenore massimo di metanolo di 1 000 g/hl di alcole a 100% vol.
Per le seguenti acquaviti di frutta è tuttavia consentito un tenore massimo di metanolo di:

1 200 g/hl di alcole a 100% vol. per le acquaviti ottenute dai frutti seguenti:

  • prugne (Prunus domestica L.),

  • prugne mirabelle (Prunus domestica L. subsp. syriaca (Borkh.) Janch. ex Mansf.),

  • prugne (quetsche) (Prunus domestica L.),

  • mele (Malus domestica Borkh.),

  • pere (Pyrus communis L.) eccetto le pere Williams (Pyrus communis L. cv "Williams"),

  • lamponi (Rubus idaeus L.),

  • more (Rubus fruticosus auct. aggr.),

  • albicocche (Prunus armeniaca L.),

  • pesche (Prunus persica L.).

1 350 g/hl di alcole a 100% vol per le acquaviti ottenute dai frutti o dalle bacche seguenti:

  • pere Williams (Pyrus communis L. cv "Williams"),

  • ribes rossi (Ribes rubrum L.),

  • ribes neri (Ribes nigrum L.),

  • sorbe (Sorbus aucuparia L.),

  • bacche di sambuco (Sambucus nigra L.),
    mele cotogne (Cydonia oblonga Mill.),

  • bacche di ginepro (Junipeus communis L. e/o Juniperus oxicedrus L.).

Il titolo alcolometrico volumico minimo dell’acquavite di frutta è di 37,5% vol.
Non deve esservi aggiunta di alcole di cui all'allegato I, punto 5, diluito o non diluito.
L'acquavite di frutta non è aromatizzata.
La denominazione di vendita dell'acquavite di frutta è "acquavite di" seguita dal nome del frutto, della bacca o dell'ortaggio: acquavite di ciliegie o kirsch, acquavite di prugne o slivovice, di mirabelle, di pesche, di mele, di pere, di albicocche, di fichi, di agrumi, di uva o di qualsiasi altro frutto.
Può essere utilizzata anche la denominazione wasser preceduta dal nome del frutto.
Il nome del frutto può sostituire la denominazione "acquavite di" seguita dal nome del frutto soltanto nel caso dei frutti o dalle bacche seguenti:

  • prugne mirabelle (Prunus domestica L. subsp. syriaca (Borkh.) Janch. ex Mansf.),

  • prugne (Prunus domestica L.),

  • prugne (quetsche) (Prunus domestica L.),

  • corbezzoli (Arbutus unedo L.),

  • mele "Golden Delicious".

Se vi fosse il rischio per il consumatore finale di non capire facilmente una di tali denominazioni di vendita, l'etichettatura conterrà il termine "acquavite", eventualmente completato da una spiegazione.
La denominazione Williams è riservata all’acquavite di pere ottenuta unicamente da pere della varietà Williams.
Qualora siano distillati insieme due o più tipi di frutti, bacche o ortaggi, il prodotto è venduto con la denominazione "acquavite di frutta" o, se del caso, "acquavite di ortaggi". Detta denominazione può essere completata dal nome di ciascun tipo di frutto, bacca o ortaggio secondo l’ordine decrescente dei quantitativi impiegati.

La normativa europea attribuisce la denominazione IG solo a questi prodotti italiani:

Südtiroler Williams / Williams dell'Alto Adige
Südtiroler Aprikot / Aprikot dell'Alto Adige
Südtiroler Marille / Marille dell'Alto Adige
Südtiroler Kirsch / Kirsch dell'Alto Adige
Südtiroler Zwetschgeler / Zwetschgeler dell'Alto Adige
Südtiroler Obstler / Obstler dell'Alto Adige
Südtiroler Gravensteiner / Gravensteiner dell'Alto Adige
Südtiroler Golden Delicious / Golden Delicious dell'Alto Adige
Williams friulano / Williams del Friuli
Sliwovitz del Veneto
Sliwovitz del Friuli-Venezia Giulia
Sliwovitz del Trentino-Alto Adige
Distillato di mele trentino / Distillato di mele del Trentino
Williams trentino / Williams del Trentino
Sliwovitz trentino / Sliwovitz del Trentino
Aprikot trentino / Aprikot del Trentino
Kirsch friulano / Kirschwasser Friulano
Kirsch trentino / Kirschwasser Trentino
Kirsch veneto / Kirschwasser Veneto


Il cognàc è un'acquavite francese tutelata da una Appellation d'origine contrôlée (AOC), ricavata dalla distillazione di vino bianco.
Si produce solo nei dipartimenti della Charente e della Charente Marittima nell'ovest della Francia, ed una piccola porzione della Dordogna e del dipartimento delle Deux-Sèvres; il distillato prende il nome dalla città che tradizionalmente è stata la sede principale del suo commercio, Cognac.
Le prime notizie della sua produzione risalgono al 1622, quando gli olandesi, che da secoli acquistavano vino e sale in queste contrade risalendo il fiume Charente, insegnarono agli abitanti a distillare il vino, che mal sopportava i viaggi per mare verso il Nord Europa.
Le uve utilizzate provengono dai principali vitigni bianchi permessi, ossia Ugni blanc, folle blanche, colombard e da qualche altro minore come il sémillon ed il montils. I grappoli vengono pressati leggermente ed il mosto così ottenuto deve poi riposare circa un mese, per diventare un vino bianco alquanto acido ed a bassa gradazione alcolica (8°-10°), con cui si procederà immediatamente alla distillazione. Il vino viene distillato a fuoco diretto con alambicco charentais per due volte: nella prima cotta si ottiene il brouillis che ha una gradazione alcolica intorno ai 30°, mentre nella seconda, la bonne chauffe il distillato arriva a raggiungere i 70°. Dopodiché l'acquavite viene sottoposta ad un obbligatorio periodo di invecchiamento in barrique di quercia francese del Limousin o del Tronçais della durata di almeno due anni, in cui assume la colorazione ambrata (corretta spesso con l'aggiunta di caramello) e a contatto con la botte prende il gusto caratteristico. L'invecchiamento può proseguire fino ad oltre 60 anni, dopodiché il distillato viene trasferito in bonbonnes o damigiane.
La AOC del cognac si divide in sei sottozone chiamate crus all'incirca concentriche, ognuna delle quali produce una qualità differente di distillati in ragione della composizione più o meno gessosa del terreno e della posizione geografica:
Grande Champagne: terreni completamente gessosi e clima più favorevole; cognac adatti al lungo invecchiamento e di migliore struttura
Petite Champagne: terreni meno gessosi e clima appena meno favorevole; cognac molto simili ai precedenti, ma con minore struttura e complessità
Borderies: terreni decalcificati in superficie, ma ancora gessosi, clima con modeste influenze oceaniche; cognac corposi, floreali e ben strutturati, adatti all'invecchiamento
Fins Bois: cru molto eterogeneo per composizione dei terreni e clima più esposto dei precedenti; cognac di corpo modesto, fruttati e floreali, di rapido invecchiamento
Bons Bois: cru esterno, terreni eterogenei, e clima esposto agli influssi oceanici o del Massiccio Centrale; acquaviti rustiche, più vigorose delle precedenti, e di rapido invecchiamento
Bois Ordinaires: il cru si affaccia sull'Oceano Atlantico; il clima è marino, i terreni sabbiosi; le acquaviti sono deboli e ruvide; invecchiano in pochi anni.
Se il cognac proviene da una sola di queste zone, può essere indicata in etichetta la denominazione geografica complementare corrispondente (appellation): per esempio "cognac Grande Champagne". Le miscele di crus diversi possono chiamarsi solo cognac, con un'unica eccezione: il cognac ottenuto dalla miscela dei distillati della Petite e della Grande Champagne (almeno 50%), prende il nome di "Fine Champagne"; ma non si tratta di un cru autonomo.
Classificazione dell'invecchiamento
Il cognac in commercio si classifica secondo il grado di invecchiamento con alcune sigle di uso tradizionale; si compone quasi sempre di un caratteristico chai (cantina) di invecchiamento del cognac ed una miscela di acquaviti di annate diverse. La legge francese vieta di indicare in etichetta l'anno di distillazione, con l'eccezione del cognac millesimato; a seconda della durata dell'invecchiamento, sulla bottiglia si possono trovare le seguenti:
Denominazioni legali
VS o De Luxe (Very Special) - l'acquavite più giovane della miscela deve avere almeno due anni di invecchiamento
VSOP, o Réserve (Very Superior oppure Very Special Old Pale) - l'acquavite più giovane della miscela deve aver almeno quattro anni di invecchiamento
XO (eXtra Old) - l'acquavite più giovane della miscela deve avere almeno 6 anni di invecchiamento; questa è la massima garanzia legale di invecchiamento data dalla AOC del cognac.
Denominazioni tradizionali
Napoléon - è una classificazione non ufficiale che indica un cognac di invecchiamento intermedio tra VSOP e XO.
Vieille Réserve, Hors d'âge, Extra - sono classificazioni usate frequentemente nel commercio, ed indicano cognac di invecchiamento elevato.
Secondo gli usi tradizionali, i cognac vengono invecchiati più a lungo del minimo legale, anche se non è esplicitamente dichiarato.
Miscelazione
La quasi totalità del cognac in commercio è una miscela (assemblage) di distillati di origini ed annate diverse. È compito del maître de chai o maestro cantiniere comporre le miscele per ottenere un prodotto costante nel tempo o con particolari caratteristiche di gusto. Spesso le miscele sono composte da decine se non centinaia di distillati. Anche i cognac millesimati sono miscele di acquaviti dello stesso anno. Fanno eccezione a questa consuetudine solo alcuni rarissimi distillati imbottigliati direttamente dalla botte per le loro caratteristiche di gran pregio, che prendono il nome di brut de fût, all'inglese cask strength.
Tutela della denominazione d'origine
Durante il periodo fascista il nome cognac è stato a forza italianizzato in arzente da Gabriele d'Annunzio, senza successo; in Italia fino al 1949 ogni distillato di vino poteva legalmente chiamarsi cognac, indipendentemente dalla sua origine.
Una convenzione italo-francese (28 maggio 1948) stabilisce che il termine cognac dal 1º gennaio 1950 sia riservato ai soli distillati di vino prodotti nella regione di Cognac. I distillati di vino di altra origine (italiana, ma anche francese al di fuori della zona d'origine) sono perciò definiti brandy; fanno eccezione quelli prodotti nella regione dell'Armagnac che hanno un'AOC autonoma.
Altri usi del cognac
Oltre ad entrare in diversi cocktail (Alexander, French Connection, Sidecar, Stinger, Block and fall, East India, ecc..) l'acquavite di cognac è alla base di due note bevande alcoliche: il tradizionale Pineau des Charentes (aperitivo a base di mosto con aggiunta di Cognac) e il Grand Marnier, che è un cognac aromatizzato all'arancia. Il cognac viene altresì impiegato per conservare frutti, ed in alcune altre bevande con succhi di frutta o tè.

La cachaça è un'acquavite, comune in Brasile, ottenuta dalla distillazione del succo di canna da zucchero. Nella preparazione della cachaça si utilizza solamente il succo della canna allo stato grezzo. Il succo opportunamente bollito, fermentato e distillato produce così l'acquavite finale.
La cachaça è prodotta in Brasile, dove è conosciuta con un'infinità di nomi diversi (più di 2000 nomi diversi e oltre 5000 marche) e vanta una produzione record nel paese, seconda nell'ambito degli alcolici solo alla produzione di birra.
Per la sua produzione vengono utilizzate tecniche miste; per far fermentare il succo di canna da zucchero vengono utilizzati lieviti specifici. La distillazione della cachaça può essere sia continua che discontinua. Dopo la distillazione la cachaça può essere a piacere fatta riposare in botti di legno. L'eventuale invecchiamento va dai due ai dodici anni e avviene normalmente in legno di quercia bianca brasiliana o in altre essenze tropicali di legni duri. Dalla distillazione, dalla quale si ricava un prodotto di gradazione che varia dai 68 ai 70 gradi alcolici, si riduce a circa 40° Vol prima di essere messa a dimora nelle botti di legno che variano da una capacità di 500 litri fino a 5000 litri.
La cachaça può essere bevuta pura o usata come base per cocktail a base di frutta tropicale; note nei bar di tutto il mondo la Caipirinha e la Batida.


vòdka – Acquavite ricavata dalla distillazione di mosti fermentati di grano, orzo e segale e anche di fecola di patate, prodotta e consumata in grandi quantità in Russia, Polonia, Finlandia e Norvegia: il suo consumo si è diffuso anche in altri Paesi.
Grey Goose è una marca francese di vodka, creata nel 1997 a Cognac, in Francia, dal 2004 facente parte del gruppo Bacardi.
La storia della vodka Grey Goose inizia nel giugno del 1996, quando il miliardario statunitense Sidney Frank, fondatore della SFIC, sviluppò l'idea di creare una vodka da inserire nel mercato degli alcolici di fascia alta. Fino a quel momento la vodka più costosa disponibile sul mercato statunitense era la Absolut, venduta ad un prezzo medio di 15 $: Frank pensò di puntare su un prodotto di qualità superiore, definito "super-premium" ad un prezzo di 30 $. La vodka fu scelta come prodotto, oltre che per la lacuna del mercato, anche per la semplicità e celerità dei tempi fra produzione e vendita.
La creazione del distillato fu affidata al mastro cantiniere François Thibault, specializzato in cognac, il quale propose un centinaio di varianti; dopo un'accurata selezione, venne scelto il distillato ritenuto migliore. La produzione cominciò subito e la Grey Goose fu commercializzata a partire dal 1997, basandosi sulla rete di distribuzione che Frank ha perfezionato per il liquore tedesco Jägermeister. La vodka ottenne un successo immediato negli Stati Uniti dove divenne l'esportazione più grande della produzione, soprattutto grazie alla strategia di marketing aggressiva. Grey Goose vede crescere così le sue vendite che raggiungono 1,4 milioni di casse all'anno nel 2003, dietro marchi famosi come Absolut e Smirnoff (rispettivamente 4,5 e 7 milioni nel 2003).
Nel giugno 2004, Sidney Frank vende Grey Goose al gruppo Bacardi per una somma stimata a 2,2 miliardi di dollari statunitensi, permettendo all'acquirente di colmare una lacuna nel suo portafoglio di alcolici (la vodka Türi, lanciata nel 2002, non ebbe il successo contato).
È una vodka dall'aspetto bianco cristallino, senza sedimenti. Il profumo è netto, con sentori floreali ed esperidati, al palato risulta un gusto rotondo, morbido, con note di mandorla. Da servire preferibilmente ad una temperatura compresa fra i 0 e 5 °C, si può servire puro o come ingrediente per cocktail, tra i quali il vodkatini è quello consigliato dal creatore. La vodka Grey Goose è commercializzata nei formati da 0,5 cl., 20 cl, 35 cl, 37,5 cl., 50 cl., 70 cl., 100 cl., 150 cl., 300 cl., 450 cl. e 600 cl..
La Grey Goose viene prodotta a Gensac-la-Pallue dall'azienda H. Mounier, con grano invernale coltivato in Picardia e Beauce, la cui acquavite è distillata attraverso un alambicco a sei colonne con un processo a cinque tappe e 550 controlli che dura circa 8 mesi. Il distillato grezzo viene diluito con acqua di fonte di Gensac-la-Pallue filtrata dal terreno ricco di calcari di Champagne.
Il nome Grey Goose è stata ideato nel 1996 da Sidney Frank, ancor prima di avere il distillato pronto: esso deriva dal nome di un vino Liebfraumilch visto dal miliardario negli anni settanta. Il logo è composto da un'oca grigia in volo, il nome in carattere Albertus blu ombreggiato in rosso e bianco e una striscia con i colori della bandiera francese.
La bottiglia nella quale la vodka è distribuita è un cilindro di vetro satinato bianco, con una finestra di vetro trasparente a forma di oca, attraverso cui è possibile vedere un paesaggio dipinto con i toni del blu. All'esterno della bottiglia son disegnati il logo, delle oche in volo, e la menzione "Francia". Dal 2013, lo sviluppatore del packaging Grey Goose è l'Italiano Riccardo Monari.
Varianti
Vodka(1997): la versione originale, non aromatizzata.
VX (2014): versione ibridata con cognac.
La Vanille (2003): versione alla vaniglia.
La Poire (2007): variante aromatizzata con pere Anjou coltivate in Isère.
Cherry Noir (2012): versione alla ciliegia.
Le Melon (2014): variante aromatizzata con meloni Cavaillon coltivati in Provenza.
Le Citron: variante aromatizzata con limoni di Mentone
L'Orange: versione all'arancia.
Edizioni limitate
Night Vision (2013): la prima bottiglia "Edizione Limitata" di Grey Goose è stata lanciata su scala globale in occasione delle festività natalizie. La bottiglia è di vetro laccato blu con un led incorporato nella base.
Promozione
Il successo del marchio è dovuto ad una «coincidenza di tempismo e moda» ed una campagna promozionale di guerriglia marketing. L'idea di produrre una vodka francese è stata concepita per capitalizzare sul prestigio dell'immagine francese nei prodotti di lusso. Un'altra caratteristica atta a definire il marchio è il design della bottiglia, studiata per risaltare grazie anche all'altezza maggiore rispetto alle altre bottiglie. La strategia di marketing della Grey Goose prevede principalmente sponsorizzazione di locali esclusivi ed eventi. Nel 1997 l'azienda investì 30 milioni di dollari in marketing, distribuendo bottiglie da 1,5 litri ai principali locali degli Stati Uniti, pagando rappresentati e baristi perché pubblicizzassero la nuova vodka. Nel 1998 la campagna promozionale si basò sul risultato ottenuto dalla recensione del Best Tasting Institute di Chicago creando lo slogan «The world's best tasting vodka». Nel 2008 crea nell'Hotel Le Kube di Parigi il "Le Kube Bar", primo bar di ghiaccio di Parigi. Nel 2011 apre nella sala d'attesa della Virgin Atlantic, nell'aeroporto di Heathrow il bar Grey Goose Loft. Nel 2012 sponsorizza gli Emmy Award e crea un cocktail ad hoc, denominato appunto "The Emmy". Nel 2013 firma un accordo triennale come sponsor del PGA Tour.
Riconoscimenti
Medaglia di platino nel (96 punti) e prima classificata come vodka dell'anno 1998 conferita dal Best Tasting Institute di Chicago.
Cultura di massa
Vari personaggi famosi han dichiarato di apprezzare la Grey Goose; fra questi George Clooney, Bruce Willis, Brad Pitt, Matt Damon, Sean Penn, Paris Hilton, Sarah Jessica Parker.


La tequila è un distillato originario del Messico, ottenuto dalla fermentazione e successiva distillazione dell'agave blu (Agave tequilana), prodotto originariamente nella località messicana di Tequila e nelle sue vicinanze, nello Stato di Jalisco.

La prima tequila venne prodotta in Messico nel XVI secolo nei pressi della località dove dopo il 1666 sorgerà la città di Tequila. Le popolazioni azteche producevano una variante di pulque detta ixtac octli ("il liquore bianco"), molto prima dell'arrivo degli spagnoli nel 1521, ottenuta dalla fermentazione del succo dell'agave. Quando i conquistadores terminarono le scorte di brandy iniziarono a distillare il fermentato di agave così da produrre uno dei primi distillati autoctoni del Nord America.

Un'ottantina di anni più tardi, attorno al 1600, Don Pedro Sánchez de Tagle marchese di Altamira incominciò la produzione di massa della tequila nella prima fabbrica dell'attuale territorio di Jalisco. Dal 1608 il governatore coloniale di Nueva Galicia iniziò a tassare il prodotto. Il re Carlo IV di Spagna concesse alla famiglia Cuervo la prima licenza per produrre e commercializzare la tequila.

Don Cenobio Sauza, fondatore di Sauza Tequila e presidente municipale del villaggio di Tequila dal 1884-1885, fu il primo a esportare la tequila negli Stati Uniti e presto il nome da "Tequila Extract" venne abbreviato in "Tequila" per il mercato americano. Il nipote di Don Cenobio, Don Francisco Javier Sauza, assurse all'attenzione internazionale affermando insistentemente che "non può esserci tequila dove non cresce l'agave" e i suoi sforzi furono tesi a che la pratica della produzione della tequila avvenisse solamente nello stato di Jalisco.

Attualmente, sebbene alcune produzioni di tequila rimangano a conduzione familiare, i marchi maggiormente conosciuti sono di proprietà di grosse multinazionali. Comunque oltre 100 distillerie producono 900 marchi di tequila in Messico, dove oltre 2000 marchi risultano registrati al 2009. A causa di ciò ogni bottiglia di tequila riporta un numero di serie (Norma Oficial Mexicana, NOM), che identifica la distilleria che l'ha prodotta, poiché poche distillerie vengono usate, molti marchi provengono dallo stesso produttore.

Nel 2003 in Messico è stata avanzata la proposta di pretendere che tutta la tequila prodotta in Messico sia imbottigliata entro i confini nazionali prima di essere esportata all'estero. Il governo messicano ha affermato che imbottigliare la tequila in Messico ne avrebbe garantito la qualità. Le compagnie di liquore statunitensi hanno risposto che il Messico vuole solamente garantire i posti di lavoro nel proprio paese, sostenendo che queste regole violano gli accordi sul commercio internazionale e sono in disaccordo con le comuni pratiche di esportazione internazionali. La proposta avrebbe avuto come risultato la perdita di lavoro negli impianti in California, Arkansas, Missouri e Kentucky, dal momento che la tequila esportata negli Stati Uniti viene imbottigliata in questi stabilimenti[8]. Il 17 gennaio del 2006 gli Stati Uniti e il Messico hanno sottoscritto un accordo che permette l'importazione di fusti di tequila da imbottigliare negli Stati Uniti[8][9][10]. L'accordo prevede inoltre la creazione di un "registro degli imbottigliatori di tequila" ("tequila bottlers registry") così da permettere l'identificazione degli imbottigliatori approvati e la creazione di un'agenzia di controllo.

Il Consiglio di Vigilanza sulla Tequila (Consejo Regulador Tequila) messicano in origine non permetteva che la tequila aromatizzata potesse utilizzare il nome "tequila". Tuttavia nel 2004 il Consiglio ha deciso infine di permettere che anche la tequila aromatizzata possa essere chiamata tequila con l'eccezione della tequila 100% di agave, che continua a non poter essere aromatizzata. Nel 2006 è stata pubblicata una nuova Norma Oficial Mexicana (NOM) per la tequila che, tra gli altri cambiamenti, prevede l'introduzione di una categoria chiamata Extra Añejo o Ultra-Aged ("extra invecchiata") che deve essere invecchiata per almeno tre anni.

A Tequila nel luglio del 2006 è stata venduta dalla compagnia Tequila Ley una bottiglia da litro di tequila premium in edizione limitata per la cifra di $225.000 .925. La bottiglia del peso di 2 chili è interamente composta in platino e oro. La manifattura ha ricevuto un certificato dal Guinness dei primati per la più costosa bottiglia di tequila mai venduta.

Nel giugno del 2013 in Cina è stato rimosso il divieto di importazione della tequila premium, prodotta con il 100% di agave blu. In seguito il presidente cinese Xi Jinping ha fatto visita in Messico. La liberalizzazione dell'importazione della tequila premium in Cina lascia prevedere un aumento delle esportazioni del prodotto dal Messico del 20% nel giro di una decade; nel 2013 l'esportazione totale ammonta a 170 milioni di litri. Ramon Gonzales, direttore del Consejo Regulador del Tequila, stima che ognuno dei 16 maggiori produttori di tequila abbiano investito più di 3 milioni di dollari per entrare nel mercato cinese. Il 30 agosto 2013 le prime 70.380 bottiglie di tequila premium di dieci marchi differenti sono arrivate a Shanghai. L'arrivo è avvenuto durante un evento promosso dal club House of Roosevelt, un celebre club collocato nel Bund, un'area tradizionalmente riservata al consumo di alcolici importati in Cina.

Il nome "tequila", sostantivo maschile in spagnolo e femminile in italiano indica una denominazione di origine controllata, riconosciuta internazionalmente, e designa l'acquavite di agave prodotta nello Stato di Jalisco e in specifiche aree degli Stati di Nayarit, Guanajuato, Michoacán e Tamaulipas. Deve inoltre avere una gradazione alcolica di 40-45° ed essere ottenuta tramite doppia distillazione in alambicco discontinuo.

Il prodotto deve essere fabbricato in Messico e contenere almeno un 51% di distillato di agave blu.

Contenuto alcolico

Poiché la tequila viene prodotta attraverso la fermentazione degli zuccheri contenuti nella pianta dell'agave blu, molti possono essere i fattori che determinano la quantità di alcoli in essa contenuti, trattasi di una miscela composta da: isobutanolo, alcol isoamilico ed etanolo.

Questi fattori comprendono il ceppo di lievito utilizzato, l'età della pianta, la temperatura, il rapporto C/N (carbonio/azoto). Il tipo di lievito utilizzato e il rapporto C/N hanno una grande influenza nella quantità di alcol prodotta. Il grado alcolico prodotto è una proprietà intrinseca del processo metabolico di ogni singolo ceppo batterico. Il tipo di lievito più comune utilizzato nel processo di fermentazione della tequila è il Saccharomyces cerevisiae, che si divide in molti ceppi. Ad esempio il ceppo CF1 produce molto più etanolo rispetto al CF2, dal momento che il meccanismo del metabolismo del primo differisce dal secondo. Questo fattore è probabilmente dovuto ai processi di selezione naturale avvenuti durante i diversi utilizzi delle colture di lievito, inizialmente derivanti da una sola e che con il tempo si sono selezionate in modi diversi.

È stato scoperto che più alto è il rapporto carbonio/azoto, più alta è la produzione di alcol isobutanolo e alcol isoamilico. Un alto rapporto indica un basso contenuto di azoto nel processo di fermentazione, con il risultato di ottenere una deamminazione degli amminoacidi e di conseguenza la sintesi metabolica di una maggiore quantità di alcoli.

Tipi di tequila

Premium: tequila prodotta con il 100% di agave tequilana.

Mixto: tequila prodotta con almeno il 51% di agave tequilana, unitamente ad altre sostanze zuccherine, quali sciroppo di mais o di canna da zucchero.

Blanco (bianca) o Plata (argento): uno spirito bianco, non invecchiato o che riposa per 60 giorni in acciaio.

Joven (giovane) o Oro: i prodotti di questo tipo assumono colore dorato grazie all'aggiunta di caramello che dà maggiore morbidezza al distillato; in altri casi invece dà un invecchiamento rapido che in questo paese è legale.

Reposado (riposata): significa "riposato", cioè prodotto maturato in botte; la tequila viene infatti invecchiata per almeno 3 mesi in tini di rovere così da acquisire aromi terziari.

Añejo (invecchiata o vintage): il prodotto viene invecchiato in botte per almeno un anno, anche se la maggior parte delle distillerie lo invecchia per almeno 4 o 5 anni.

Extra añejo (extra invecchiata o ultra invecchiata): prodotto che raggiunge anche gli 8 anni di invecchiamento, diventando più simile a un brandy e perdendo le note di tipicità del distillato.




Il gin è una bevanda alcolica, solitamente incolore, ottenuta per distillazione di un fermentato ricavato solitamente da cereali o patate in cui viene messa a macerare una miscela di erbe, spezie, piante, bacche e radici: i botanicals (in italiano "botaniche").

Tra queste devono essere sempre presenti i galbuli di ginepro che caratterizzano il profumo e il gusto. Il nome del distillato deriva proprio da questa pianta.

I primi proto-gin sono stati prodotti in Italia, a Salerno, presso la Scuola Medica Salernitana. Questi monaci, che per primi realizzarono un orto botanico per approvvigionarsi delle materie prime da distillare, hanno condotto i primi esperimenti dove dell'alcol base veniva distillato insieme a coccole di ginepro. Il fine non era ottenere una bevanda ludica, ma trasmettere le proprietà mediche del ginepro, per fare una medicina che fosse facilmente trasportabile e usabile durante tutto l'anno.

La formulazione del gin è stata modificata poi nei Paesi Bassi verso la metà del Seicento ad opera di un medico dell'Università di Leida, Francisco Della Boe, meglio noto come Franciscus Sylvius, il cui intento era quello di trovare un rimedio per curare i soldati olandesi che si ammalavano di febbre nelle Indie orientali. Dall'Olanda il gin si diffuse sempre più in Inghilterra la quale raggiunse l'apice della produzione allorché Guglielmo III di Orange nel 1690 vietò l'importazione di distillati stranieri, primo fra tutti il cognac degli acerrimi nemici francesi, favorendo così l'utilizzo delle eccedenze di cereali per la produzione di alcool da destinare alle distillerie di gin. La produzione divenne così importante che addirittura si arrivò ad utilizzare tale bevanda come parte del salario da destinare agli operai; le conseguenze furono gravi ed importanti soprattutto dal punto di vista sociale per l'aumento del tasso di alcolismo nella popolazione più povera con notevoli ripercussioni di ordine pubblico e di sicurezza. Il governo inglese tentò di porvi rimedio con il Gin Acts ma senza successo. Le bacche di ginepro danno al distillato un tipico profumo e sapore facilmente riconoscibile. Il disciplinare UE nr. 110 del 2008 prescrive che il sapore del Ginepro debba essere predominante. Anche se questo non è attualmente verificabile nei gin presenti sul mercato. Anzi esistono prodotti nei quale questo sapore è decisamente troppo blando e che quindi non dovrebbero neppure essere chiamati gin.

Il gin trova ampio uso nella preparazione di cocktail.

Ciò che caratterizza il Gin è l'uso dei Botanicals (erbe, spezie e sostanze aromatizzanti inserite e utilizzate per dare un aroma particolare ed unico), e queste variano a seconda della ricetta segreta di ogni mastro distillatore.

I principali "botanicals"

Ginepro: è l'unico che per legge deve essere presente nel Gin, il quale per definizione tautologica, deve sapere di bacche di Ginepro.

Semi di Coriandolo: aggiungono note speziate; i semi provenienti dal Marocco apportano note di pepe, mentre quelli provenienti dall'est Europa aggiungono timbri floreali e agrumati.

Radici di Angelica: è impiegata per bilanciare gli aromi degli altri botanicals, anche se conferisce note di terra, legno e muschio.

Iris Germanica / Iris Pallida: aggiunge sensazioni di viola e di foglie, trattiene inoltre le parti aromatiche più volatili.

Scorza di agrumi: Non è presente in tutti i Gin, ma in molti prodotti di prestigio, tra cui Plymouth e Beefeater; la scorza usata è quella di limone e/o arancia.

Questi sono i principali, ma ve ne sono molti altri tra cui cannella, mandorle, liquirizia, noce moscata e cardamomo.

Tipi di Gin

L'Europa ha classificato il Gin in diverse categorie che sono:

Gin

Gin Distillato

London Dry Gin

Spiriti aromatizzati al ginepro.

Quando gli aromi sono aggiunti direttamente allo spirito rettificato con almeno il 96% di alcol, senza distillarlo nuovamente, si ottiene il Gin; deve essere poi imbottigliato con un rapporto alcol/volume di almeno 37,5%.

Il Gin distillato (Distilled Gin) si ottiene distillando nuovamente uno spirito rettificato al 96%, assieme a bacche di Ginepro e altri botanicals; si possono aggiungere aromi naturali, o identici a quelli naturali. Il prodotto finale deve avere almeno il 37,5% di alcol, e prima di essere imbottigliato può essere diluito o con acqua o addizionato con altro spirito rettificato.

È classificato come Gin Distillato anche il Plymouth Gin, il quale può essere prodotto solo nell'omonima cittadina, da una sola distilleria.

Il London Gin è identico ad un Gin distillato, con l'eccezione che qui non si possono aggiungere aromi; nonostante riporti il nome London, può essere prodotto ovunque nel mondo. I botanicals devono essere messi a macerare per un periodo non superiore alle 24 ore nell'alcol di base per essere poi ridistillati in una singola seduta (one-shot). L'alambicco utilizzato per questo scopo deve essere di tipo tradizionale. Può essere aggiunta la dicitura "dry", a significare l'aggiunta di massimo 0,1 g/l di dolcificante.

L'Old Tom Gin è una versione più dolce del London Dry Gin, dove è impiegato sciroppo a base di glucosio; era il gin originale usato per il popolare cocktail Tom Collins.

Gli Spiriti aromatizzati al Ginepro sono prodotti aggiungendo aromi naturali, o identici a quelli naturali; devono essere imbottigliati con un rapporto alcol/volume del 30%. Rientra in questa categoria il Genever, che negli ultimi anni sta vivendo un ritorno di popolarità dovuto al suo uso in miscelazione.

Lo sloe gin, infuso con prugnole selvatiche, non può essere considerato un gin aromatizzato ma un liquore, in quanto dolce e con una gradazione alcolica inferiore, solitamente intorno ai 28%.




Lo Scotch Whisky è una bevanda alcolica ottenuta dalla distillazione di cereali.
Il Finance Act del 1988, entrato in vigore nel 1990 definisce "Scotch Whisky" un whisky con le seguenti caratteristiche:
è stato prodotto in una distilleria della Scozia con acqua ed orzo maltato (con l'unica aggiunta di grani interi di altri cereali) ed il tutto è stato
macerato nella distilleria stessa
trasformato in un substrato fermentabile solo con sistemi enzimatici endogeni
fermentato unicamente con l'aggiunta di lieviti;
è stato distillato ad una gradazione alcolica in volume inferiore al 94,8 per cento in modo che il distillato abbia un aroma ed un sapore ricavati dalle materie prime utilizzate nel metodo di produzione;
è stato stagionato in un magazzino doganale in Scozia in botti di quercia di capacità non superiore a 700 litri per un periodo non inferiore a 3 anni;
conserva il colore, l'aroma e il sapore impartitigli dalle materie prime utilizzate e dal metodo di produzione ed invecchiamento;
non ha avuto aggiunta di altre sostanze a parte l'acqua e il caramello.

Lo Scotch Whisky Act 1988 proibisce, fra l'altro, la produzione in Scozia di whisky che non sia Scotch. Lo Scotch Whisky Act 1988 e la legislazione della Comunità Europea precisano una gradazione alcolica minima del 40 per cento in volume applicabile a tutto lo Scotch imbottigliato e/ o venduto nella Comunità o da essa esportato. Secondo le modifiche apportate nel 2009 gli Scotch Whisky possono essere classificati in cinque categorie: Single Malt Scotch Whisky, Single Grain Scotch Whisky, Blended Malt Scotch Whisky, Blended Grain Scotch Whisky e Blended Scotch Whisky. Questa modifica si è resa necessaria per cercare di togliere alcune ambiguità su alcune denominazioni come "Pure Malt" e "Vatted" che ora ricadono nella categoria "Blended Malt Scotch Whisky".


Generalità sul brandy
Brandy è il nome generico dell'acquavite ricavata dalla distillazione del vino, dopo un periodo di invecchiamento in botte; questa denominazione è universalmente impiegata. In alcune zone l'acquavite di vino riceve una denominazione d'origine legata al territorio di produzione in Francia (Armagnac, Cognac), in altre cambia nome in America latina è detto Pisco, in Grecia Metaxa. Il brandy si può produrre in qualunque Paese dove viene coltivata l'uva.
L'etimologia della parola viene fatta derivare dall'abbreviazione dell'inglese brandywine, a sua volta tradotto dall'olandese brandewijn, cioè vino bruciato (distillato). Nel Regno Unito brandy si usa per indicare il cognac. Altre teorie sostengono invece la derivazione dall'antico tedesco brant ("tizzone"), voce analoga a braudr ("spada"); secondo il dizionario di Enrico Levi l'analogia tra le due parole è nel lampeggiare e vibrare propri della fiamma e della spada. Il brandy viene prodotto dalla distillazione del vino sano, o guasto ma non acetificato, e da sottoprodotti come vinacce e fecce. Il vitigno più impiegato è il trebbiano, detto ugni blanc in Francia. Lo strumento per ricavare l'acquavite è l'alambicco, nei tipi continuo o discontinuo. Le tecniche di distillazione sono varie secondo lo strumento impiegato, ma come per altri spiriti vengono scartate le frazioni iniziali (teste) e finali (code), contenenti sapori ed odori sgradevoli. Secondo i metodi se ne ricavano acquaviti con grado alcolico da 52° a 72°, talvolta oltre. La resa ordinaria è di un litro di distillato ogni dieci di vino. Appena distillata, l'acquavite non è ancora brandy: deve essere sottoposta ad un periodo di invecchiamento in botte, secondo la legislazione del paese di produzione, prima di poter essere imbottigliata, previa filtrazione a freddo. Sono generalmente indicati i tipi di legno permessi, e la durata minima di soggiorno in botte. Il brandy così prodotto viene generalmente additivato di caramello per colorarlo, di zucchero per ammorbidirlo, di estratti di trucioli di quercia per aumentarne gli aromi di legno; infine viene diluito con acqua distillata alla gradazione voluta. Eccezionalmente il brandy può venire imbottigliato come esce dalla botte (cask strenght o grado pieno), dopo un adeguato invecchiamento.  Il brandy viene abitualmente consumato come digestivo dopo i pasti, o come distillato da meditazione; talvolta accompagnandolo al fumo di un sigaro, o di qualche pezzetto di cioccolato amaro. In Italia ed in Spagna si usa anche come correttore del caffé. Si serve in bicchieri a forma di uovo tronco, chiamati ballon o snifter o, molto meglio, in bicchieri a tulipano; il brandy non va mai riscaldato con fiamme o calore vivace, né diluito con ghiaccio, per non rovinarne gli aromi, ma il bicchiere può essere scaldato con il calore delle mani (humanizer, dicono i francesi).
Brandy italiano
Il brandy italiano è il nome dell'acquavite ottenuta in Italia dalla distillazione di vino proveniente da uve coltivate e vinificate nel territorio nazionale, dopo un periodo di invecchiamento in botte di quercia.
Storia
In Italia era uso distillare i sottoprodotti del vino per ottenere la grappa, ma raramente il vino stesso. L'origine della produzione si deve nel 1773 ad imprenditori inglesi attivi in Sicilia, per fortificare il marsala. Nel 1820 un distillatore originario della Charente, Giovanni Buton, fondò un'azienda a Bologna. Dopo di lui vennero altri produttori francesi, i fratelli Landy, e nel 1884 Lionello Stock fondava a Trieste una celebre distilleria.
La produzione su scala industriale di brandy in Italia nasce nel tardo 1800, quando la fillossera aveva drammaticamente ridotto l'estensione delle vigne della regione di Cognac.
In quegli anni molte distillerie italiane iniziarono a fabbricare brandy per sostituire la scarsa produzione francese. Alcuni marchi sono tuttora noti, come Branca, René Briand e Florio; moltissimi altri tra cui Carpené, Gambarotta, Pilla, Ramazzotti, e Sarti cessarono la produzione.
Metodo di produzione
Il brandy italiano si ottiene per distillazione del vino prodotto in Italia, con qualsiasi tipo di alambicco. È ammesso alla distillazione qualunque vitigno.
La sua gradazione minima al commercio è 38% vol.
La zona di produzione è l'intero territorio nazionale.
L'invecchiamento è di almeno 6 mesi in botti minori di 10 hl, o 12 mesi se in botte più grande, sotto sorveglianza fiscale.
Sono ammesse le aggiunte delle seguenti sostanze:
·        zuccheri, in ragione del 2%
·        sostanze aromatizzanti naturali e preparazioni aromatiche, trucioli di quercia o da altre sostanze vegetali, o mediante infusione o macerazione con acqua o con acquavite di vino, nella misura massima del tre per cento del volume idrato
·        caramello (per la colorazione)
Uso e degustazione
È uso comune in Italia aggiungere il brandy al caffé. A volte lo si impiega per preparazioni culinarie, ed entra in numerosi cocktail.
Il brandy viene frequentemente consumato liscio, in bicchieri chiamati ballon o nei più indicati bicchieri a tulipano.
È un errore degustare il brandy con ghiaccio, oppure scaldando il bicchiere su una fiamma. Nel primo caso non si liberano gli aromi, nel secondo vanno persi per eccesso di evaporazione o peggio, "cotti".
È preferibile riscaldare il bicchiere nel cavo della mano per evitare di rovinare il sapore e il profumo del brandy.


L'ouzo (in greco: ούζο) è un distillato secco ad alta gradazione alcolica (40-50 gradi) prodotto a partire da una base costituita da mosto d'uva, sia fresca che passita e anice. Viene prodotto e consumato prevalentemente in Grecia e bevuto allungato con acqua, come dissetante e aperitivo. Il nome è di origine incerta. Plomari e Agiasos, sull'isola di Lesbo, vengono da molti considerate le capitali dell'ouzo: a Plomari hanno sede gli stabilimenti Varvagiannis (Βαρβαγιάννης), il principale produttore del liquore, all'interno dei quali è presente anche un museo dell'ouzo.
La storia dell'ouzo non è molto chiara, ma c'è chi sostiene che il liquore derivi dal raki, un'altra bevanda alcolica distillata, il cui uso risale ai tempi dell'Impero Ottomano. La preparazione moderna della bevanda alcolica cominciò a diffondersi dopo l'indipendenza della Grecia nel XIX secolo. Dal 1932 si sviluppò un processo di distillazione che si serviva di distillatori di rame. Questa tecnica è diventata quella standard nella produzione di ouzo.
Ingredienti e distillazione
La preparazione dell'ouzo comincia con la pigiatura di uva fresca e uva passa. Durante la fermentazione vengono aggiunte al composto di base altre bacche ed erbe aromatiche. Il forte aroma che distingue l'ouzo proviene dalla presenza di anice, ma altri ingredienti comuni sono la liquirizia, il coriandolo, il chiodo di garofano, la radice di angelica, la menta, il finocchio, le nocciole, la cannella e i fiori di cedro.
L'alcol e i vari componenti vengono posti in distillatori di rame riscaldati; i tipi di ouzo di qualità superiore vengono fatti distillare più volte. La bevanda alcolica risultante viene quindi raffreddata e lasciata riposare per diversi mesi. Infine, viene diluita con l'acqua per arrivare a una gradazione alcolica intorno ai 40 gradi.
Consumo
In Grecia sono molto diffusi gli ouzeri (ουζέρι), locali simili a caffè dove l'ouzo viene servito con mezedes (μεζέδες; stuzzichini) come polpo, insalate, sardine, zucchine fritte, calamari e altri molluschi. L'ouzo, solitamente allungato con acqua e ghiaccio, viene lentamente sorseggiato accompagnandolo con le mezedes. La consumazione di questo aperitivo avviene in compagnia nella prima serata. Quando il liquore viene mischiato con l'acqua, perde il suo aspetto limpido e acquista un colore bianco latte, dovuto agli olii essenziali contenuti nella bevanda solubili nell'alcol ma non nell'acqua. L'abbassamento della gradazione alcolica al di sotto dei 40 gradi causa la separazione degli olii in parti acquose e parti organiche che portano a fenomeni di diffusione della luce.

Il Pastis è un aperitivo alcolico profumato all'anice tipico della Francia (nasce nella città di Marsiglia), con un contenuto di alcol di solito intorno al 40-45%, anche se esistono versioni analcoliche della bevanda. Il suo nome viene dal occitano pastís, che significa "pasticcio" o "miscela" in questa lingua.
Quando in Francia fu proibito l'assenzio nel 1916, i maggiori produttori (Pernod e Ricard, che poi si sono fusi nella Pernod Ricard) riformularono le loro ricette introducendo l'anice, aggiungendo zucchero e riducendo il contenuto di alcool. Da allora tuttavia la ricetta della bevanda è cambiata considerevolmente.
Il Pastis si beve di solito diluito con acqua (con un rapporto di 5 volumi di acqua per ognuno di Pastis), che ne diminuisce notevolmente il contenuto alcolico e, portando alcuni dei suoi componenti a essere insolubili, prevalentemente l'anetolo, ne cambia l'aspetto da giallo scuro limpido a giallo chiaro lattiginoso. La bevanda va consumata fredda, anche con ghiaccio, per rinfrescarsi nelle giornate calde.
Sebbene consumato in tutto il paese, il pastis è tipico della Francia sudorientale, specialmente a Marsiglia e in Provenza, dove è considerato, come la pétanque, parte dello stile di vita.
Data la vicinanza geografica è diffuso anche in alcune zone del Piemonte, in particolare in provincia di Cuneo, e nella Riviera ligure di ponente.
Alcuni cocktail hanno come ingrediente il pastis:
il perroquet (pappagallo) con sciroppo di menta verde
il tomate (pomodoro) con sciroppo di granatina
il rourou con sciroppo di fragola
il mauresque (moresco) con orzata

La sambuca è un liquore dolce, la cui base essenziale viene realizzata con acqua, zucchero e olii essenziali della varietà di anice stellato e successivamente elaborata tramite l'uso di varie erbe naturali in numero variabile, che fungono da agenti aromatizzanti del liquore stesso.
L'originale ricetta del liquore sambuca prevede l'uso di alcool, acqua di sorgente, zuccheri ad alta solubilità, diverse combinazioni di anice e distillato di fiori di sambuco (Sambucus nigra).
La base della sambuca è costituita dagli olii essenziali ricavati dalla distillazione a vapore di anice stellato (e/o anice verde) e finocchio. Tali ingredienti, attraverso la distillazione, conferiscono al liquore un forte profumo di anice. Contiene anche estratti di fiore di sambuco bianco dal quale deriva il nome, nonché in alcune preparazioni, timo, menta piperita, genziana ecc. Gli olii così ottenuti vengono poi macerati e infusi in alcool allo stato puro il tutto addizionato da una soluzione concentrata di zucchero e altri aromi naturali. La sambuca è quindi un liquore dolce e vellutato, dalla consistenza densa e oleosa, dai sapori intensi e delicati con gradazioni basse e molto forti e dall'aspetto assolutamente trasparente e incolore. Al contatto con il palato rimane liscia con sprazzi arcigni.
Sambuca deriva dal nome della pianta (sambuco) da cui si ricava l'estratto. L'etimologia di sambuco (latino sambūcus o sābūcus, già attestato in Plinio) è incerta ma probabilmente d'origine non indoeuropea. Si pensa che possa derivare da una forma mediterranea (egea) *saba, "acqua", col significato di "pianta che vive nell'acqua" o "con l'acqua" che si ritrova anche nel dacio seba "sambuco".
La ricetta originale della sambuca trae probabilmente origine dalla tradizione erboristica certosina un tempo nota per le bevande alcooliche e per i preparati medicamentosi. Come già detto, l'estratto di fiore di sambuco bianco è uno degli ingredienti, ma non il principale.
La sambuca fu commercializzata alla fine del XIX secolo a Civitavecchia da Luigi Manzi col nome di Sambuca Manzi appunto, ancora oggi prodotta. Fu poi lanciata a livello internazionale da Angelo Molinari a partire dal 1945, a guerra appena finita, col nome di “Sambuca Extra Molinari”.
La sambuca può essere servita liscia, come ammazzacaffè o semplicemente come drink; possono essere aggiunti uno o due chicchi di caffè come ornamento, la cosiddetta "mosca", che masticata mentre si beve ne esalta il gusto. Può essere servita, invece, con ghiaccio, con uno o due chicchi di caffè come ornamento. Può essere utilizzata come correzione per il caffè; se bevuta con aggiunta di acqua fredda è anche chiamata "col fantasma" in quanto aggiungendo acqua, la sambuca diventa bianco opaco somigliando a del fumo.
Flambé (o "a soffietto" o "Bum Bum")
Utilizzare un bicchierino stretto, accendere la sambuca in superficie, tappare il bicchiere con il palmo della mano finché la fiamma si spegne ed il bicchiere si attacca al palmo della mano a causa della pressione negativa creatasi tra il bicchiere e la mano. Verificato che il bicchiere è attaccato bene, agitare per qualche secondo. Staccare la mano e bere tutto di un fiato. Tappare di nuovo il bicchiere, creare un piccolo spazio spostando la mano e con la bocca aspirarne l'essenza rimasta nel bicchiere (il cosiddetto "soffietto").
Nei locali dell'ex-URSS, specialmente in Russia e Ucraina, è molto diffusa la seguente variante della sambuca flambé: il cameriere fiammeggia la sambuca in un bicchiere da brandy e poi la versa ancora in fiamme in un secondo bicchiere più aperto, tipo tumbler. Mentre il cliente beve la sambuca tutta d'un fiato, il cameriere capovolge il primo bicchiere e lo appoggia su un tovagliolo di carta dove è stata fatta passare attraverso una cannuccia, da cui poi il cliente sniffa i vapori di alcool.
Cocktail a base di sambuca
Diverse sono le ricette nei cui ingredienti compare la sambuca come base più dolce in alternativa ai classici gin e vodka, molto spesso in versione tonic o fizz usando però la cola al posto della soda.
Nei rifugi sulle montagne abruzzesi, si usa preparare uno shot ("cicchetto") composto per metà da sambuca e metà Centerba (tipico liquore abruzzese); il nome del cicchetto è "SdraiaVacche" per le ovvie conseguenze della sua bevuta.
Marche di sambuca (elenco parziale)
La Sambuca, secondo il Regolamento UE 110-2008 è una bevanda alcolica che deve essere INCOLORE, oltre ad avere un'altra serie di caratteristiche quali il contenuto minimo di anetolo, la gradazione alcolica minima etc. Risultano in commercio, soprattutto nel Regno Unito, molti Liquori colorati a base di Sambuca (si stimano oltre 9 milioni di bottiglie all'anno), denominati "Sambuca" o "Sambuca liqueur" che contravvengono in maniera palese al Regolamento comunitario di riferimento. Sia in Italia che nel Regno Unito sono in corso sequestri di queste bevande alcoliche impropriamente denominate "Sambuca"
Di seguito alcuni produttori di Sambuca:
Sambuca Manzi, gradazione alcolica 42%
Sambuca Antica, gradazione alcolica 38%
Sambuca Molinari, gradazione alcolica 42%
Sambuca Ramazzotti, gradazione alcolica 38%
Sambuca Isolabella, gradazione alcolica 40%
Sambuca SIMAL, gradazione 40%
Sambuca Villa Colonna classica Kristal, gradazione alcolica 38%
Sambuca Borghetti, gradazione alcolica 38%
Sambuca Massari, gradazione alcolica 40%
Sambuca Luxardo, gradazione alcolica 38%
Sambuca Vecchia Sarandrea, gradazione 42%
Sambuca Stella d'Italia Toschi, gradazione 40%
Sambuca Stock, gradazione alcolica 40%
Sambuca IVAL, gradazione alcolica 40%

L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell'assenzio maggiore (Artemisia absinthium), dal quale prende il nome.
È classificato come distillato. I liquori invece sono, generalmente, una soluzione alcolica zuccherina a base di componenti vegetali. L'assenzio fu inventato da un medico francese, Pierre Ordinaire, che in fuga dalla Rivoluzione francese si trasferì a Couvet (Svizzera) nel 1792. Tra le erbe officinali della zona, che i medici di campagna dell'epoca utilizzavano per preparare rimedi naturali, trovò l'assenzio maggiore, di cui conosceva l'uso nei tempi antichi. Sperimentando con questa pianta iniziò a produrre un forte distillato da circa 60°, contenente oltre all'assenzio molte altre erbe tra cui anice, issopo, dittamo, acoro e melissa. Il liquore di Ordinaire divenne un famoso toccasana a Couvet e assunse già il soprannome la Fée Verte (la Fata Verde). Si pensa che alla sua morte ne tramandò la ricetta segreta alle sorelle Henriod di Couvet, ma è possibile che in realtà le Henriod producessero il proprio assenzio già da prima di Ordinaire. Nel corso del XIX secolo si diffusero in Francia e Svizzera molte distillerie di assenzio con vari marchi, ma il liquore divenne particolarmente noto alla fine del secolo, grazie alla fama che ebbe tra gli artisti e gli scrittori di Parigi. L'assenzio, consumato da molti artisti famosi con rituali elaborati e accessori stravaganti, divenne un'ispirazione dello stile di vita bohemienne. La bevanda ebbe enorme successo in Europa, ma declinò nel giro di poco più di un decennio, a causa di vari fattori: il movimento contro l'alcolismo che si diffuse all'inizio del XX secolo, gli studi scientifici dell'epoca che individuarono la pericolosità del tujone contenuto, e le pressioni dei produttori di vino francesi che ne temevano la concorrenza.

L'idromele è prodotto dalla fermentazione del miele. È anche conosciuto come "Acqua di Aron" o "Acquawussler". È forse il fermentato più antico del mondo, più ancora della birra, in quanto non era necessaria la coltivazione per poterlo produrre e nell'antichità era noto come "la bevanda degli dèi".
Non si hanno notizie certe sul periodo in cui l'uomo imparò a produrre l'idromele, ma si suppone che l'origine sia antichissima, vista anche la semplicità di preparazione.
Lo si trova prodotto quasi ovunque si trovino le api.
Conosciamo un idromele dell'antico Egitto, quello dell'antica Grecia, uno dell'Inghilterra celtica, l'idromele della Scandinavia vichinga, quello degli antichi slavi e probabilmente ne esistono e ne sono esistiti molti prodotti anche in altri luoghi.
L'idromele aveva una grande importanza nella cultura norrena (scandinava) precristiana; nella letteratura e nella mitologia viene rappresentata come la bevanda dei re, la preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane. La tradizione vuole che due nani uccidano il vate Kvasir e dal suo sangue ricavino l'idromele, capace di dare sapienza e poesia. Evidenze archeologiche riguardo l'importanza che l'idromele rivestiva nelle società nordiche e più specificatamente nel popolo vichingo risiedono nella scoperta di sale dove anticamente si festeggiava e si banchettava per festeggiamenti religiosi o successi bellici, strutture come questa erano dette sale dell'idromele.
Era tradizione, in molte parti d'Europa, che alle coppie appena sposate fosse regalato idromele sufficiente per la durata di circa un mese.
Tale dono veniva fatto come incentivo alla procreazione dato che si era perfettamente a conoscenza del fatto che la bevanda fosse alcolica ed in quanto tale, erano note le sue caratteristiche di tonico/energetico. In questo modo quindi la giovane coppia avrebbe avuto "energia" sufficiente per affrontare i loro primi rapporti in senso fisico.
Prima si è detto che alle coppie appena sposate si portava in dono una quantità di idromele sufficiente per la durata di "circa un mese". È stato detto "circa" perché ai tempi della nascita di questa bevanda (considerando che ne è stata provata la presenza nell'antico Egitto si parla di almeno 2000 anni prima di Cristo) lo scandire del tempo non era regolato dai mesi come li conosciamo noi oggi (calendario gregoriano) ma dalle fasi lunari. Una luna, corrisponde infatti ad un periodo di tempo di quasi un mese.
Il termine "luna di miele", deriva proprio dal fatto che per la durata di una luna la coppia si godrà il consumo di questa deliziosa bevanda.
Ricetta tradizionale
La ricetta base richiede semplicemente miele, acqua e lievito, ma vi sono innumerevoli varianti, ciascuna con il proprio nome: braggot (miele e malto), melomel (miele e frutta), metheglin (miele e spezie).
Preparazione moderna
L'idromele oggi si prepara in modo razionale e seguendo metodi precisi, adottati in parte dalle tecniche di vinificazione in bianco, in quanto, essendo una bevanda alcolica la cui gradazione varia da 8 a 17% V/V, condivide alcuni dei suoi parametri tecnologici con il vino; ciò che invece non potrà evidentemente accomunarlo al vino è la sua matrice di partenza, cioè il miele. Il miele ha delle caratteristiche chimico/tecnologiche che lo rendono, una volta disciolto in acqua, un mosto vero e proprio, carico di zuccheri fermentescibili e di elementi essenziali per la riproduzione dei lieviti, come gli amminoacidi e le sostanze azotate derivanti dalle cellule polliniche (polline) presenti nel miele.
Inoltre, nel miele sono già presenti popolazioni di lieviti indigeni, detti lieviti osmofili, che derivano direttamente dall'ambiente in cui le api hanno raccolto il nettare sulle piante e che, nei favi dell'alveare, accrescono il loro numero, resistendo all'altissima pressione osmotica extracellulare che comunque non gli permette di alterare il miele sotto una certa soglia di umidità che determina una correlata densità e pressione osmotica nel miele; Una volta che si prepara il mosto di miele, aggiungendo acqua, i lieviti e gli altri microrganismi si trovano in un ambiente ideale per vivere e, nel caso specifico dei lieviti, si assiste ad una fase di respirazione e ad una fase anaerobia di fermentazione, dove essi consumano il glucosio e lo convertono in alcol ed anidride carbonica, producendo calore.
I lieviti osmofili appartengono alla vasta famiglia dei saccaromiceti, ma si cerca comunque, in fase di produzione, di assicurare una buona conduzione di fermentazione a carico solo di ceppi di lievito selezionati, di solito dei lieviti secchi attivi (LSA) Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces bayanus.
La propoli, presente nel miele, ha un'azione antisettica, infatti la fermentazione dell'idromele a temperatura di circa 20 °C si protrae per un tempo più lungo rispetto al vino, proprio per la presenza delle sostanze della propoli che vanno ad ostacolare la normale moltiplicazione cellulare dei lieviti. Il pH della miscela acqua-miele si attesta intorno al 5,2 e dipende fortemente dal tipo di miele usato e dall'acqua; tale valore è piuttosto elevato per una buona fermentazione, ma non la rende comunque impossibile. Per questo motivo, occorre riportare il pH verso valori più bassi con un'acidificazione (il valore ottimale è circa 3,4).
Si può acidificare usando acidi alimentari naturalmente presenti nella frutta ossia: acido citrico e acido tartarico. Questa operazione permette di stabilizzare il mosto di miele, rendendolo un mezzo adatto alla crescita solo delle forme di vita microbica utili alla buona qualità del prodotto finale. L'acqua è veramente importante, in quanto solvente e mezzo di dispersione delle sostanze indispensabili del miele, per questo è sopra ogni interesse che sia priva di impurità, limpida, che non presenti sapori o odori estranei ed è altresì opportuno che presenti caratteristiche chimico/fisiche e microbiologiche nella norma. Le acque che si prestano in misura maggiore sono quelle oligominerali, con residuo fisso inferiore ai 500 mg/l e, per tali motivi, si sconsiglia l'uso dell'acqua domestica.
La solfitazione è una delle tecniche in fase di sperimentazione ed, in alcuni casi, si rivela necessaria nella fase di ammostamento, per abbassare la carica microbica all'interno del mosto di miele, prima di aggiungervi i lieviti selezionati e condurre così la fermentazione in modo più sicuro. In campo enologico essa è necessaria, mentre per preparare l'idromele potrebbe non esserlo, data l'azione della propoli. Chiaramente, il discorso vale solo se si parla di miele non filtrato, e che non abbia subito trattamenti termici o altre lavorazioni industriali.
Dopo la solfitazione, solo se occorre, è possibile filtrare il mosto prima di avviarlo alla fermentazione oppure chiarificarlo con diverse tecniche, come l'aggiunta di bentonite, un'argilla naturale che, usata nel modo corretto, non influenza in alcun modo le caratteristiche organolettiche del prodotto; essa è quasi sempre preferibile alla filtrazione.
Ottenuto il mosto pulito, si procede con l'inoculazione dei lieviti d'innesco per la fermentazione, seguita dall'aggiunta di un minimo di sali azotati. La temperatura è molto importante, come nella vinificazione in bianco, poiché controllando quest'ultima si riusciranno a conservare molte delle sostanze aromatiche (terpeni, aminoacidi aromatici ed esteri) che determinano gli aromi varietali dei singoli tipi di miele. Facendo fermentare l'idromele, in genere ad una temperatura di poco inferiore ai 18 °C, i composti primari subiranno trasformazioni stereochimiche, conferendo all'idromele finito gli aromi secondari, diversi a seconda del miele, dell'acqua e dei lieviti utilizzati. Lo stato della fermentazione si determina utilizzando un idrometro e la quantità di zuccheri iniziali si misura utilizzando un rifrattometro o un mostimetro babo.
Il segnale che la fermentazione sta terminando, è la riduzione dell'emissione di bolle di anidride carbonica dalla massa fermentante, visibili tramite tappo gorgogliatore. Al fine di calcolare la quantità necessaria di miele per realizzare determinati gradi in alcol, si rivela fondamentale conoscere una semplice formula:
miele [kg] = Ga × 24,5 × Qs × l / 10000 dove:
Ga = gradazione alcolica desiderata
24,5 = numero fisso per il miele
Qs = quantità di zucchero residuo
l = volume del liquido, espresso in litri
La quantità di zucchero residuo Qs determinerà l'intensità della sensazione dolce nell'idromele finito
Tipo di idromele Qs g/l
Molto secco 3-6
Secco 7-10
Demi-Sec 10-20
Dolce 20-40
Liquoroso > 40
Chiaramente, occorre più miele per le categorie dolce e liquoroso, che inevitabilmente avranno un contenuto in alcol nettamente superiore a un normale idromele secco; con colture di lievito fortemente alcol-tolleranti si possono raggiungere anche i 18% V/V.

L'idromele, una volta finita la fermentazione, ha bisogno di tempo (determinato per esperienza e variabile a seconda del miele utilizzato) prima di essere imbottigliato e avviato al consumo fresco o all'invecchiamento.
Il sidro è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione alcolica dei frutti delle mele e talvolta delle pere, i frutti di due piante coltivate delle Rosacee. La sua origine in Francia e in Normandia risale al Medioevo, ma la sua invenzione è antecedente. Più del 95% della produzione mondiale di sidro è realizzata con le mele, ma per gli intenditori il sidro con il miglior bouché pare essere quello rarissimo di mele cotogne.
Questa bevanda è molto diffusa nel Regno Unito, maggiore consumatore e produttore al mondo, in Francia (specie in Bretagna e Normandia), Spagna (dove la produzione è particolarmente concentrata nelle Asturie), Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Finlandia e Svizzera. In Italia è meno popolare e la si può trovare nei pub di stile anglosassone.
La gradazione alcolica varia da 2 a 7 °C; il sapore acidulo è conferito dalla presenza di acido malico.

16 COCKTAIL (2^ Edizione)
 
 Cocktail.In queste 340 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, attrezzature e ricettepubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Mixology. Con questa parola si indica l'arte di mescolare con sapienza distillati, liquori, soft drink ed altro. Una preventiva conoscenza degli elementi che compongono un cocktail è la base del successo. Imparate a preparare quelli canonici riconosciuti dall'IBA e poi lanciatevi a prepararne dei nuovi. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro Barman di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).