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giovedì 8 settembre 2022

Mi bevo l’aranciata e poi mi vesto colla buccia

 




L’inverno, la vitamina C, gli agrumi, le spremute che fanno tanto bene. Come non essere d’accordo, ma… c’è sempre un ma. Che spreco. Ogni anno, in Italia, la filiera degli agrumi produce 1 milione di tonnellate di scarti da smaltire con costi economici e ambientali consistenti. Dopo la spremitura, tolti gli oli essenziali e le fibre della polpa degli agrumi (che paghiamo “volentieri” nelle spremute industriali perché ci illudiamo che siano la prova provata della loro genuinità) resta il 60% del peso originario. Non è commestibile, ed allora? Lo vorremo per caso buttare perchè non ha utilità?

Figuriamoci: Orange Fiber, è l’azienda che trasforma gli scarti di agrumi in vestiti. Tessuti di alta qualità creati a partire dalle bucce della filiera agrumicola. Si tratta di un  “upcycling”, ovvero un processo di riuso e conversione migliorativi, a partire da materie di scarto. L’azienda ha brevettato un processo per estrarre la cellulosa dal “pastazzo” degli agrumi realizzando un filato che può essere tessuto, tinto e confezionato. E queste sono le famose “materie prime seconde” dell’economia circolare.

Se pensate che si tratti di un giochetto da Circo Barnum delle Start Up vi sbagliate. Per i portafogli spessi già nel 2017 è stata presentata la Ferragamo Orange Fiber Collection, una intera collezione realizzata con i tessuti realizzati con gli agrumi intrecciati insieme ad altre fibre a firma della storica casa di moda fiorentina. Per i portafogli sottili nel 2019 sono stati messi in vendita dei top realizzati con Orange Fiber dalla Conscious Exclusive di H&M, una collezione speciale del brand svedese interamente dedicata ai materiali sostenibili e innovativi.

Come nascono i tessuti di Orange Fiber? La lavorazione del sottoprodotto agrumicolo prende il via dallo scarto delle aziende che si occupano della spremitura di arance e di limoni che viene trasformato in cellulosa per il tessile. Questo materiale prende la forma del fiocco, come accade per il cotone, poi del filato ed infine del tessuto.

La consistenza del tessuto ricorda la seta, impalpabile e lievemente lucida, poi le aziende di moda, partendo dalla stoffa che ha colore neutro, sviluppano un’idea creativa, una colorazione o una stampa e confezionano il capo finito.

Il seguito? Si è chiamato equity crowdfunding, una raccolta di fondi per azionariato pubblico popolare di 650.000 € (raccolti con quote di partenza minime anche di soli 50 €). Essa ha consentito un aumento della produttività vista la crescente richiesta. Infatti dopo un inizio di perplessità per un progetto considerato visionario, le aziende sono diventate più attente ad includere prodotti di questo tipo nelle loro strategie di approvvigionamento e di marketing. Insomma vestire d’arance fa fino. Per ora le 60 tonnellate all’anno di tessuto da agrumi prodotte vanno sold out molto in fretta, ma il consolidamento della filiera della partnership lascia immaginare grandi sviluppi qualitativi e quantitativi. Infatti la ricerca è già andata oltre. Orange Fiber è versatile ed offre un’alternativa sostenibile ed ecologica all’industria della moda, che ha un drammatico impatto ambientale, per via delle emissioni di gas serra e del consumo idrico legato alla produzione. Partendo dalla stessa materia prima, facendo dei mix con gli elastoidi ecco delle textures elasticizzate per l’intimo, e mixando con il cotone si sono sviluppati tessuti per il mondo della camiceria. Forse adesso la famosa scommessa di mangiarsi la camicia non appartiene più ai paradossi ma alla realtà.

6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTO

Alla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog  HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/