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martedì 3 gennaio 2023

Corso di materie prime tipiche del food: Lezione 2 Carni non bovine

AGNELLO D'ALPAGO
La pecora alpagota o agnello d'Alpago è una razza ovina di taglia medio-piccola, autoctona della regione dell'Alpago, che interessa i comuni di Chies d'Alpago, Pieve d'Alpago, Tambre, Farra d'Alpago e Puos d'Alpago. La regione Veneto ha ottenuto dal Ministero il riconoscimento sotto la denominazione di Pecora alpagota. L'agnello è invece protagonista di un presidio di Slow Food. La pecora alpagota è una razza autoctona di taglia medio-piccola, priva di corna e con orecchie minute. Ha un profilo montonino, una curiosa maculatura scura sulla testa e sulla parte inferiore degli arti ed è ricoperta interamente da un mantello folto, fine e ondulato. è una razza rustica, adatta all'ambiente alpino, ma altrettanto idonea all'allevamento in stalla. Considerata ovino a triplice attitudine, cioè valida sia per la carne sia per la produzione di latte e di lana, oggi l'Alpagota è allevata quasi esclusivamente per l’ottima carne. L'agnello d'Alpago, macellato quando arriva a 5-6 mesi di vita, ha una carne tenerissima, con un giusto equilibrio fra grasso e magro e sensazioni di erbe aromatiche. Gli agnelli migliori sono quelli macellati a 55, 65 giorni dalla nascita e con un peso da vivi di 15, 25 chilogrammi.

AGNELLO DEL CENTRO ITALIA
La designazione Agnello del Centro Italia viene utilizzata – fin dagli anni ’60 – dagli operatori della filiera carne ovina e dai consumatori per riferirsi agli agnelli nati e allevati – grazie anche alla transumanza – in tutta l’area del Centro Italia (specificatamente: Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Umbria) e che derivano da ovini ivi storicamente presenti, la cui attitudine era fino alla metà del secolo scorso a triplice attitudine (carne, latte e lana), e successivamente – ad opera del miglioramento genetico – si è specializzata nella produzione della carne.
Le principali razze sono rappresentate da:
Appenninica,
Fabrianese,
Merinizzata Italiana,
Pomarancina,
Sopravissana,
Zerasca,
ma anche da altre razze a duplice attitudine (carne/latte):
Garfagnina Bianca,
Massese
Quasi tutti questi nomi testimoniano l’origine geografica delle razze stesse e il loro legame con i luoghi dove esse meglio si sono ambientate e nel tempo valorizzate (Fabriano, Massa Carrara, Pomarance, Visso, Zeri). Gli agnelli ottenuti sono caratterizzati da un rapido accrescimento ponderale, da una elevata resa in carne e da un basso contenuto di grasso, grazie alla loro elevata capacità di utilizzare le essenze foraggere tipiche costituenti i pascoli del Centro Italia.
Le carcasse reperibili in commercio si possono classificare in diverse tipologie, le cui più rappresentative sono:
A. l’agnello leggero, di peso compreso tra gli 8 e i 13 kg;
B. l’agnello pesante, di peso superiore ai 13 kg;
C. il castrato, di peso superiore ai 20 kg.
La qualità delle carcasse di agnello leggero, oltre al peso, è caratterizzata dal colore della carne (rosa chiaro o rosa) e da un tenore di grasso scarso o mediamente importante per la prima qualità, mentre per la seconda qualità il colore della carne è diverso dal rosa chiaro o rosa e ha un tenore di grasso molto scarso o abbondante.
La qualità delle carcasse di agnello pesante più rappresentata è caratterizzata da 3 classi di conformazione (U “ottima” – R “buona” – O “abbastanza buona”) e anche dallo stato di ingrassamento (compreso tra scarso” e “abbondante”):
La qualità delle carcasse di castrato (da cui deriva il prodotto tipico Castrato di agnello del centro Italia) più rappresentativa è caratterizzata da 3 classi di conformazione (E “eccellente” – U “ottima” – R “buona”) e anche dallo stato di ingrassamento (compreso tra scarso” e “abbondante”).
Per valorizzare questa produzione il "Comitato promotore della IGP Agnello del Centro Italia" ha presentato  al Ministero delle Politiche Agricole la richiesta di riconoscimento del prodotto come IGP e recentemente l'ha ottenuto.
Al momento la regione Emilia-Romagna ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani l'agnello da latte delle razze sarda e massese.
Le tecniche di allevamento tradizionali prevedono che gli agnelli – per loro elevata rusticità e adattabilità ai sistemi di produzione adottati dagli allevatori – vengano allevati sia allo stato brado o semibrado, ma anche stabulato, e in combinazione tra di loro, in base alle fasi produttive del gregge e alla stagionalità. Fino allo svezzamento gli agnelli vengono sempre allattati esclusivamente con latte materno e in seguito l’alimentazione è costituita da fieni e foraggi freschi. L’agnello del Centro Italia è rinomato dai consumatori per la preparazione di ricette tradizionali e perché rievoca la salubrità degli ambienti in cui gli animali sono allevati (in considerazione del fatto che il Centro Italia è ricco di Parchi naturali per circa 700.000 ha).

AGNELLO DI SARDEGNA
Agnello di Sardegna è una denominazione di carne ovine riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna.
Dal gennaio 2001, a livello europeo, la denominazione « Agnello di Sardegna » è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP) e suo disciplinare di produzione modificato nel 2010.
L'allevamento ovino e in particolare dell'agnello è un'attività tipicamente sarda risalente all'epoca della civiltà nuragica dell'Età del bronzo. Negli scavi archeologici effettuati nei nuraghi del centro Sardegna sono stati rinvenuti resti di ossa d’agnello ed utensili relativi alla caseificazione datati 3000 a.C. che testimoniano questa antica tradizione. Altri ritrovamenti attestano invece l'esistenza di riti religiosi sacrificali relativi all'agnello, come ad esempio la statuina rinvenuta a Serri di un orante che offre agli dei delle pelli di agnello. È importante considerare che nonostante l’abbondanza di pascoli e della pastorizia soprattutto ovina, nel ventesimo secolo la consumazione della carne (d’agnello ma anche di maiale e di pecora) era piuttosto secondaria, per lo più festiva, rispetto al pane.
Nel ventunesimo secolo il patrimonio ovino dell'isola ammonta a circa tre milioni di capi; circa il 70% degli allevatori, ovvero più di 3.000, sono soci del Consorzio per la tutela dell’IGP Agnello di Sardegna; ciò equivale designare l'agnello Sardo originario di questa determinata regione e ad assicurare una determinata qualità al consumatore. In dettaglio, la Disciplinare di Produzione IGP del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali "Agnello di Sardegna" garantisce che: L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) Agnello di Sardegna è riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna che siano in regola con le norme dettate dal presente disciplinare di produzione e identificazione.
Di piccole dimensioni, l'agnello di Sardegna IGP si distingue per una carne morbida e bianca, per un odore intenso e l’estrema digeribilità e magrezza della carne. Suo sapore è deciso e selvatico, determinato dalle particolari condizioni degli allevamenti in cui l’agnello viene nutrito con latte materno e con alimenti naturali e in piena libertà.
Commercializzato fresco, può essere immesso sul mercato intero e/o porzionato secondo tre tipologie: da latte (5-7kg), leggero (7-10kg) e da taglio (10-13kg).

CAPPONE DI MOROZZO
A Morozzo tradizionalmente i capponi si fanno con la razza Bionda e, quando sono pronti, hanno una lunga coda nera con riflessi metallici e penne lucide rosso mattone orlate di blu o di verde. Si riconoscono perché non hanno né creste né bargigli e per un particolare che notano soltanto gli allevatori: durante le fiere e le mostre, nelle gabbiette e nelle ceste, i capponi sono placidamente affiancati in coppie, comportamento impensabile per due galli.
La preparazione del cappone è prerogativa esclusiva delle donne, perché richiede mani fini e abili. Ed è il coronamento di un lavoro paziente iniziato in primavera, con la schiusa dei pulcini. Nei primi giorni la loro dieta è a base di mangime vegetale e poi sono lasciati liberi: i galletti (e poi i capponi) devono disporre di almeno cinque metri quadrati di spazio all’aperto e sono rinchiusi solo la notte. La castrazione avviene ad agosto, permettendo ai capponi di crescere per altri quattro, cinque mesi e di essere pronti a Natale (non si macellano mai prima di 220 giorni). 
La carne del cappone è morbida, tenera e delicata: i puristi la gustano semplicemente lessa e bagnata nel sale (o al limite accompagnata dal bagnet verde) ma può anche essere ingrediente di piatti raffinati, come il pasticcio o il cappone ripieno.

CAPRA CAMOSCIATA
Originaria della Svizzera, la capra camosciata delle Alpi si è diffusa in molti paesi, tra cui l'Italia, dove è allevata soprattutto in Piemonte e nel Trentino Alto Adige in allevamenti semistabulati e stabulati di medie e grandi dimensioni. E' detta "camosciata" per il mantello simile a quello del camoscio: il colore di fondo è marrone con riga più scura dalla nuca alla coda. In Liguria sono circa presenti 20 capi. L'attitudine naturale di questa razza è la produzione di latte. Il pascolamento apporta un grosso vantaggio produttivo visto dal punto di vista quali - quantitativo, nonché ha un benefico effetto sullo stato di salute degli animali.

CAPRA SAANEN
Originaria della Svizzera, ha preso il nome dalla valle di Saanen nel cantone di Berna, si è diffusa in molti paesi europei ed extra-europei. Razza altamente produttiva con temperamento vivace ma mansueto, è la tipica razza da allevamento intensivo prevalentemente stabulato e con ricorso al pascolo. La resa in formaggio è inferiore a quella delle capre di origine italiana nonostante la produzione di latte sia alta, poichè il contenuto in residuo secco è più basso. Si registra un unico allevamento di 150 capi in provincia di Savona, nella zona del Giovo Ligure, nel comune di Pontinvrea.

CINTA SENESE
La cinta senese è una razza suina italiana.
A livello europeo, nel marzo 2012, la denominazione Cinta Senese - riservata esclusivamente alle carni suine di animali nati, allevati e macellati in Toscana secondo tradizione - ottiene il marchio denominazione di origine protetta (DOP).
È una razza particolarmente antica - che trae il nome dalla sua area di diffusione, le colline del senese - e probabilmente già allevata a tempo dei romani. Le prime attestazioni sicure della sua presenza risalgono al tardo medioevo quando Ambrogio Lorenzetti ritrasse la specie in un proprio affresco del 1338, dal nome Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo (nel riquadro La campagna ben governata), conservato nel Palazzo Comunale di Siena.
Poiché è poco prolifica, andò in via di estinzione dopo l'introduzione delle razze straniere e ne fu salvata quando oramai erano presenti solo poco più di 150 esemplari. Caratteristiche morfologiche: È una razza di tipo fine, di taglia media, con scheletro leggero ma solido. Il peso adulto è di 300 kg per i verri e di 250 kg circa per le scrofe.
È una razza molto rustica e resistente che non necessita di particolari cure. Il corpo è longilineo e snello, mentre gli arti, lunghi, appaiono robusti rispetto alla tronco dell'animale. La testa è allungata e presenta un profilo rettilineo mentre il muso è affusolato. Le tinte del mantello è di colore scuro con una banda di pelo bianco che cinge il torace dell'animale.

CONIGLIO GRIGIO DI CARMAGNOLA
Questa razza ha pelliccia soffice, folta, grigia (un poco più chiara sul ventre, sugli arti e nella parte terminale della coda). Di taglia media, con un corpo allungato e lombi muscolosi, pare discenda da un incrocio con il cincillà. La salute molto delicata e la pelle sottilissima lo rendono molto difficile da allevare nelle comuni gabbie: l’ideale è un recinto con un pezzetto di prato e un piccolo ricovero in caso di intemperie, lontano da correnti, umidità e dal sovraffollamento degli allevamenti intensivi.
L’alimentazione migliore è a base di erba e mangimi naturali, la macellazione deve avvenire quando raggiunge un peso tra i 3,5 e i 5,5 chilogrammi per i maschi e i 3,5 e i 4 chilogrammi per le femmine.Il coniglio Grigio di Carmagnola si segnala per l’ottima resa: la sua struttura ossea è molto fine e la massa muscolare superiore a quella delle altre razze. Le carni sono fini, tenere, sapide, particolarmente bianche e per niente stoppose. Un tempo il coniglio ai peperoni fatto con le carni del Grigio di Carmagnola era un piatto immancabile in ogni menù delle osterie piemontesi, così come il coniglio all’Arneis nel Roero, piatto antico ed erede diretto della lepre al civet (dalle squisite carni marinate nel sangue e nel vino). Varianti più moderne lo propongono in agrodolce, al cioccolato, in salsa d’uovo.

CONIGLIO VENETO

Il coniglio veneto (cunicio, conejo) è inserito nell'elenco dei prodotti tipici veneti. Il Veneto è tradizionalmente una delle regioni con il maggior numero di allevamenti cunicoli del mondo: fino a trent'anni fa ogni famiglia aveva un piccolo allevamento di conigli sia per il proprio consumo che per garantirsi un reddito integrativo attraverso il commercio di carne e pelli.
La Marca trevigiana, possiede a tutt'oggi la più alta concentrazione al mondo di tali allevamenti: delle circa 50 razze di conigli allevati nel mondo 40 sono selezionate in Italia, per lo più in quest'area dove sono presenti industrie che producono attrezzature e mangimi. Il coniglio viene consumato giovane, possibilmente prima che raggiunga la maturità sessuale (ad una età di 84/90 giorni, al raggiungimento di 2,5 kg di peso) per evitare che la carne assuma un odore acre e sgradevole, tagliandolo a pezzi e cuocendolo in una casseruola di terracotta per due ore dopo averlo lasciato marinare una notte con un trito di verdure, alloro e vino rosso. Anche il coniglio, come molti piatti veneti, era servito con la polenta e, in stagione, con un contorno di pissacan in tecia ovvero foglie di tarassaco leggermente amarognole, cucinate con aglio, olio e lardo.

GALLINA BIONDA PIEMONTESE E GALLINA BIANCA DI SALUZZO
In Piemonte, fino a pochi decenni orsono, non c’era cascina che non allevasse polli, anatre, oche e conigli: piccoli animali da cortile destinati al consumo familiare o venduti per arrotondare i modesti bilanci aziendali. Le tradizionali razze di polli allevate erano due: la Bionda Piemontese (detta anche Bionda di Cuneo, Bionda di Villanova, Rossa delle Crivelle o Nostralina) e la Bianca di Saluzzo (conosciuta anche come Bianca di Cavour).
La Bionda ha piumaggio dorato e camosciato, la coda alta, nera con riflessi metallici, il becco giallo e la cresta ben sviluppata, eretta, con quattro, sei denti. La Bianca di Saluzzo è simile alla Bionda, ma è bianchissima (compresa la coda). Più rara della prima, la Bianca ha un’area di allevamento molto ristretta: in pratica, l’antico Marchesato di Saluzzo (realtà politica forte che rimbalza, nei secoli, tra il dominio francese e quello dei Savoia) più qualche comune a nord (come Cavour, Villafranca e Garzigliana). Un tempo, in questa zona, molte cascine allevavano fino a 200-300 galline e producevano anche 10-15 dozzine di uova al giorno. Galline, polli, capponi e uova finivano sui mercati e le donne contrattavano il prezzo con i polaié: il ricavato serviva per le spese di casa e per comprare il corredo.
È molto più ampia, invece, l’area della Bionda, che copre quasi tutto il Piemonte. Negli anni Sessanta l’avvento dell’allevamento industriale e, in particolare nel Saluzzese, lo sviluppo di un’agricoltura intensiva, hanno soppiantato queste razze tradizionali (adatte esclusivamente all’allevamento all’aperto). Da sempre il pollo, nelle osterie di Langa e un po’ in tutto il cuneese, si cucina «alla cacciatora»: piccoli pezzi di pollo soffritti in un trito di aromi, un poco di vino bianco, cipolle e pomodori a pezzetti. Le carni acquistano sapore e morbidezza dalla salsa e la stessa salsa serve di condimento per la polenta. Infine è ottima la gallina lessa – in particolare la Bianca di Saluzzo – servita con il suo brodo, in gelatina o in insalata.

GALLINA COMUNE ARGENTATA O GALLINA DORATA LIGURE

È un pollo di tipo mediterraneo caratterizzato da cresta semplice sviluppata, bargigli rossi sviluppati, orecchione bianco o crema, pelle gialla, tarsi gialli e nudi, uova a guscio bianco. La colorazione fondamentale del piumaggio è l'argentato.Zona di produzione: Tutte le province della Liguria.
Lavorazione: Il pollo comune dorata ligure viene allevato con metodo estensivo. La macellazione deve essere eseguita almeno dopo il quarto mese di vita. La concentrazione dei capi deve essere la seguente: in ambiente chiuso 10 capi a metro quadrato, se destinati all'ingrasso; 4 capi a metro quadrato, se destinati alla riproduzione.

GALLINA POLVERARA
La Polverara è una razza di pollo a cui è stata ufficialmente riconosciuta l'origine italiana. Come per la "cugina" gallina padovana, pare che le origini della gallina di Polverara vadano ricercate nell'est europeo. Nel 1300, l'astronomo e filosofo Giovanni Dondi dell'Orologio avrebbe riportato dalla Polonia dei meravigliosi polli ciuffati. Questi, col tempo fuoriusciti dalla sua tenuta in quel di Padova ed accoppiatisi con i polli allevati nei villaggi vicini, avrebbero dato origine a questa pregiata razza avicola. Tale teoria, che viene riportata da numerosi scrittori del passato (come Teodoro Pascal) e moderni (come Periquét) non ha finora, però, trovato conferme storiche. Pare più plausibile a tutt'oggi l'ipotesi secondo cui i polli ciuffati sarebbero giunti nella regione del padovano sotto forma di viatico vivente dei pellegrini dell'est europeo, che, diretti verso i luoghi sacri della cristianità in Italia, si fermavano nei monasteri della regione, come quello di Santa Maria della Riviera a Polverara. Recentemente è stata scoperta la prima raffigurazione conosciuta di una gallina ciuffata nel padovano: si tratta di un affresco risalente al 1397 e presente nell'oratorio di San Michele Arcangelo a Padova. Nei secoli successivi, i polli ciuffati vennero ad essere allevati soprattutto nella zona di Polverara, divenendo tanto famosi per la loro bellezza e grossezza da divenire oggetto di dono al sultano Maometto II, colui che prese Costantinopoli. A darcene notizia è Ermolao Barbaro, che verrà poi ripreso da Ulisse Aldrovandi nella sua opera sull'ornitologia. Questi uccelli, forma ancestrale degli odierni Polli di Polverara, vennero per secoli chiamati galline padovane, e a causa della loro fama divennero merce per i traffici dei Veneziani che le vendettero in diverse zone dell'Europa (Belgio, Francia, Paesi Bassi). I polli di Polverara erano allevati all'aperto tutto l'anno, dormivano sugli alberi la notte e si nutrivano nelle campagne, liberi. Nel corso dei secoli questi animali conobbero alterne fortune, e furono pure citati nelle opere letterarie di Bernardino Scardeone e di Alessandro Tassoni. La razza entrò in crisi verso l'inizio del Novecento, tanto che a stento si riuscì a salvarla. Un secondo tracollo, più grave, si ebbe negli ultimi 50 anni, con la perdita di molti allevamenti amatoriali e l'ibridazione con polli di tipo meramente commerciale. Pressoché estinta nel 2000, la gallina di Polverara si salvò grazie all'opera di Bruno Rossetto, che per cinquant'anni continuò ad allevare questi avicoli, acquistati nel '54 dalla Sig.ra Ruzza.
Verso la fine degli anni ottanta, venuti meno gli altri allevatori che, al pari di Bruno Rossetto, allevavano la razza, il ragionier Antonio Fernando Trivellato iniziò il lavoro di recupero numerico della stessa, partendo inizialmente da incroci di Gallina Padovana e Cornish, ma inserendo il patrimonio genetico di alcuni capi ricevuti da Bruno Rossetto e quello di un'altra ventina di polli (ibridi di Polverara) reperiti tra mille difficoltà nel territorio del padovano. Oggi grazie all'opera pionieristica di questi due allevatori e all'interesse del Comune di Polverara la razza vanta alcune migliaia di esemplari, distribuiti in 5 grandi allevamenti e tra numerosi altri avicoltori amatoriali. La Polverara è anche una delle razze oggetto del progetto CO.VA., che si occupa di varietà avicole venete minacciate. A Polverara uno dei maggior allevatori di queste galline è il Sign. Francesco Pianta.
La gallina di Polverara è provvista di una cresta ridotta che dovrebbe, nei migliori esemplari, prendere la forma di una coppia di cornetti disposti a "V" davanti al ciuffo. In alcuni esemplari un terzo cornetto più piccolo sovrasta le narici. Il caratteristico ciuffo composto da piume fitte non è dovuto, come nella gallina padovana, ad un'ernia cerebrale e ad una modifica del cranio. sono presenti barba e favoriti, i bargigli sono rudimentali se non assenti.
Presente oggi con due varietà di colore, la nera e la bianca, ufficialmente riconosciute dalla FIAV (Federazione Italiana Associazioni Avicole), in passato erano note altre colorazioni, come la camoscio o la dorata. In molti ceppi dall'incrocio di bianche e nere emergono esemplari blu, segno che sotto la colorazione bianca si celano ancora esemplari splash. Recentemente il rag. Trivellato ha affermato di aver ricostituito anche altre varietà di colore[6]. La carne è scura (morata) e dal sapore delicato. Il suo peso varia da 2,8/3 chilogrammi per i maschi ai 2 chilogrammi per le femmine.
La gallina di Polverara depone uova bianche di circa 40 grammi di peso. Le galline di Polverara non sono buone chiocce - di norma solo una su dieci presenta l'istinto alla cova. Diventa quindi quasi indispensabile il ricorso ad una balia (gallina, tacchina) o ad una incubatrice artificiale. La schiusa delle uova avviene, come negli altri polli, dopo 21 giorni. I giovani impiegano molti mesi (fino a 9) prima di arrivare a completa maturazione.

GALLINA SICILIANA
La Siciliana è un'antica razza leggera di pollo originaria della Sicilia, da cui prende il nome, presente nei libri dedicati all'avicoltura di tutto il mondo, ma estremamente rara. È il tipico pollo leggero di origine mediterranea, presente in diverse varietà di colore, ma che si differenzia dalle altre razze per la peculiare forma della cresta, definita "a coppa", caratteristica che l'ha resa popolare e unica al mondo. Come per la Livorno, anche la Siciliana è stata oggetto di allevamento in USA, tanto che si possono osservare due tipi distinti: la Siciliana di tipo italiano, che è da considerarsi l'originale, e quella di tipo americano, definita Sicilian Buttercup, o semplicemente Buttercup.
Le origini della razza sono piuttosto controverse; tuttavia, pare che esista da molti secoli, come attestano opere pittoriche che la riproducono, risalenti al sedicesimo secolo. Secondo alcuni studiosi la razza si sarebbe originata da accoppiamenti tra polli locali e polli provenienti dall' Africa settentrionale; in effetti la razza nordafricana chiamata Tripolina, oltre a vantare un ciuffo di penne, presenta anche una cresta a coppa proprio come la Siciliana. Tra il 1850 e il 1860 il Capitano Daves acquistò un notevole numero di polli, al fine di rifornire l'equipaggio di uova e carne durante il suo viaggio di ritorno a Boston. Le galline dimostrarono di essere ottime ovaiole, e così gli esemplari che arrivarono vivi negli Usa divennero oggetto di intensa selezione da parte di alcuni allevatori statunitensi che divennero sostenitori della razza, tra cui l'avvocato Cough e il reverendo Brown. La razza venne ribattezzata Flower Bird, grazie alla forma della cresta, e poco più tardi Sir Loring importò i polli dalla Sicilia anche in Inghilterra, dove furono chiamati Sicilian Buttercup. Gli allevatori statunitensi crearono una Siciliana diversa da quella originale, più pesante e con orecchioni bianchi, chiamata appunto Sicilian Buttercup, un ceppo discretamente allevato all'estero, mentre la Siciliana originale è andata progressivamente scomparendo. Fortunatamente alcuni allevatori italiani si sono impegnati nel conservare questa razza e salvarla dall'estinzione.
Caratteristiche morfologiche
È un pollo di tipo campagnolo, snello e leggero, dalle forme eleganti ma meno vistose di altre razze mediterranee.
Il tronco è di media grandezza. La testa è arrotondata, abbastanza larga e profonda. Il becco è forte, di media lunghezza, striato di nero. Gli occhi sono vivaci, grandi, prominenti e di colore rosso. La cresta rappresenta il punto forte della razza: è rossa e di tessitura fine, inizia come cresta semplice alla base del becco per acquisire la forma a coppa ben arrotondata ; si chiude nella parte posteriore. I denti della cresta devono essere cinque e regolari, non troppo lunghi, ben definiti e senza una base troppo larga. La cresta è portata ben dritta in entrambi i sessi. I bargigli sono rossi, di media grandezza, ben distesi e non aperti. La faccia è rossa, liscia e senza peluria. Gli orecchioni sono medi, ben arrotondati, fini e di colore rosso; è ammessa una leggera presenza di bianco.
Il collo è arcuato ed elegante, dotato di un'abbondante mantellina. Le spalle sono larghe e ben arrotondate. Il dorso è largo e non troppo lungo. Le ali sono lunghe, aderenti al corpo e portate alte. La coda è abbastanza larga, con timoniere abbastanza lunghe, portata alta fino ad angolo retto. Il petto è portato abbastanza alto, è pieno, largo ed arrotondato.
Le zampe sono di media grandezza, ben staccate dal tronco, dotate di tarsi sottili, nudi e abbastanza lunghi, di colore verde salice. Il peso è di kg 2,000/2,400 per il gallo e di kg 1,600/1,800 per la gallina. Il piumaggio si presenta abbondante e morbido, ben aderente su tutto il corpo.
Qualità
La Siciliana è un pollo molto rustico e vivace, con una spiccata attitudine alla produzione di uova. Un pollo con poche pretese, dalla grande resa: in sintesi questa è la Siciliana.
Molto resistente ai climi caldi e asciutti, ha un temperamento vivace, sanguigno ma in genere non è una buona volatrice.
Il suo aspetto è fiero e battagliero, coraggioso e territoriale, particolarmente resistente alle malattie più comuni, di indole vagabonda: se lasciata libera di pascolare può procurarsi buona parte dell'alimentazione giornaliera, anche se può continuare a vivere e a produrre confinata in piccoli ambienti.
Inoltre è una razza molto precoce: i pulcini nascono vispi e robusti, quasi sempre con un anticipo di 12 ore circa; prima dei 20 giorni si distinguono già i sessi, le galline depongono già dal quinto mese di vita uova dal caratteristico guscio affusolato color bianco ed in numero di oltre 150 per ciclo; anche la carne è gustosa, si avvicina molto al gusto della pernice, con buone caratteristiche organolettiche.
Nonostante non sia stata oggetto di grossi programmi di recupero, la sua particolare resistenza e adattamento al territorio ha permesso la sua sopravvivenza fino ai giorni nostri, non è difficile trovarla distribuita nel territorio Siciliano.
La razza è allevata a scopo di recupero con l'obiettivo di essere conservata e recuperata, non ha mai assunto una notevole importanza economica ma culturale. Il peso minimo dell'uovo è di 45 grammi.

GALLO NERO DELLA VAL DI VARA
Nella Val di Vara, nell'entroterra spezzino, esiste il gallo nero, una razza di taglia gigante, selezionata alla fine degli anni Venti dal Pollaio Provinciale di Genova ma pressoché scomparsa nel dopoguerra. È una razza maestosa, con il piumaggio completamente nero, setoso, dai riflessi verdi metallici. La cresta grande, color rosso vivo, è unica, a cinque punte. Una delle ragioni del suo abbandono è indubbiamente la sua caratteristica principale, ovvero le dimensioni, assolutamente inadatte ai consumi delle piccole famiglie moderne. Con una sola gallina di razza gigante nera è possibile sfamare almeno sei commensali mentre il mercato attuale richiede polletti di piccole dimensioni. Raggiungono il peso ideale di oltre tre chilogrammi solo dopo dieci mesi. Grazie all'alimentazione naturale (granaglie, avanzi dell'orto, erbe e insetti), integrata dal pascolo, la qualità della carne è eccellente, è soda e saporita, più scura sulle cosce che sul petto: un indicatore fondamentale che segnala che il pollo ha pascolato, e quindi ossigenato molto la muscolatura. Il pollaio tipo ospita un maschio e dieci femmine, è sempre circondato da ampi spazi aperti dove gli animali razzolano liberamente.

GIGANTE NERA D'ITALIA
La razza Gigante Nera fu selezionata in Liguria a partire dal 1929, appositamente per le caratteristiche di questa regione. Raggiungendo il ragguardevole peso di 4 Kg, è 42 classificata tra le razze pesanti. È riconoscibile per il piumaggio nero dagli eleganti riflessi verdi. Allevamento: la Gigante nera, come tutte le razze pesanti, ha la caratteristica di essere sedentaria e avere scarsa attitudine al pascolo. Zona di produzione: Val di Vara (La Spezia)

PECORA BRIGASCA
L'origine del nome della razza è da attribuirsi al monte Briga e all'omonimo passo sulle Alpi Marittime, zona di confine tra Italia e Francia. La popolazione è di circa 2000 capi.
L'attitudine principale di questa razza è duplice (carne e latte) con una certa prevalenza della prima.
Taglia: medio-grande, con un peso che si aggira sui 50 kg e più per le femmine, nei maschi adulti di 3-4 anni il peso minimo è di 80 kg; in alcuni soggetti sono oltrepassati i 100 kg.
Testa: medie dimensioni, più potente nei maschi, in ogni caso in equilibrio con il corpo nel suo insieme. Profilo fronto-nasale montonino, più accentuato nei maschi. Corna presenti in circa l'80% dei capi, inserite al di sopra della fronte, robuste, portate all'indietro e lateralmente, a semispirale nelle femmine; di più grandi dimensioni e più robuste, avvolte a spirale, nei maschi.
Collo: tendenzialmente lungo e ben inserito sull'anteriore.
Tronco: medio-grande con garrese spesso e torace in genere abbastanza lungo e profondo (da preferire animali con torace lungo e molto profondo di tipo respiratorio), con dorso e lombi larghi, groppa larga ed abbastanza lunga, tendenzialmente inclinata posteriormente.
Apparato mammario: mediamente si presenta ben sviluppato, abbastanza quadrato e ripartito nei quarti, con buon legamento mediale e capezzoli di media grandezza.
Arti: robusti e di media lunghezza, con unghielli forti e di colore prevalentemente scuro, ben adattati al pascolo in zone impervie.
Vello: ricopre tutto il corpo ad eccezione della testa, addome, parte interna delle cosce e degli arti e distalmente all'articolazione tibio-tarsica per gli arti posteriori e del ginocchio per quelli anteriori.
Pelle e pigmentazione: la pelle si presenta al tatto sottile ed elastica, mediamente di colore roseo o rosa antico, talvolta sono presenti macchie scure più o meno estese.
Difetti di tipo zoognostico che precludono l'iscrizione al Registro
Mantello completamente nero o con pezzature, macchie nere.
Profilo rettilineo o concavo della testa.
Vello di tipo chiuso, merinizzato.
Dati biometrici: peso medio nelle femmine 50 kg, nei maschi minimo 70 kg a tre anni, negli agnelli alla nascita 4-5 kg. Negli adulti sono da preferire animali più pesanti.
Allevamento: l'attitudine principale di questa razza è duplice (carne e latte) con una certa prevalenza della prima. La carne è costituita principalmente dalla vendita degli agnelli del peso vivo di 15-16 kg, raggiunto a circa due mesi di età. L'allevamento tradizionale prevede, infatti, un periodo di sette otto mesi in alpeggio, e di circa quattro mesi in bandia, la zona costiera ove il clima mite permette di mantenere il pascolo all'aperto anche nei mesi invernali.
Zona di produzione:Valle Arroscia, valle Argentina e alcuni comuni litoranei delle province di Imperia e Savona
L'origine del nome della razza è da ascriversi al monte Briga e all'omonimo passo sulle Alpi Marittime, zona di confine tra il nostro paese e la limitrofa Francia. L'area di allevamento comprende diversi comuni della valle Arroscia, della valle Argentina e alcuni altri comuni litoranei per la provincia di Imperia, il comune di Albenga per la provincia di Savona.

PECORA MARRANA
La razza ha probabili origini da alcune razze da carne italiane, bergamasca, biellese e appenninica, presenti ancora in numero assai diffuso in Pianura Padana, Alpi ed Appennini. E' presente nella provincia di Genova, nel comune di Montaggio, per un totale di 21 capi. 39 L'attitudine di questa razza è da sempre la produzione di carne, l'allevamento è tipicamente stanziale, agro-pastorale.

PECORA MASSESE
La massese è una pecora da latte originaria della Valle del Forno, in provincia di Massa, allevata in Toscana, Emilia, Umbria, Liguria con presenze in espansione nelle regioni limitrofe. E' presente nella provincia della Spezia, zona di Sarzana, presso sette aziende, per un totale di 1.000 capi. Il sistema di allevamento tradizionale prevede l'utilizzo del pascolo durante tutto l'anno, con rientro delle pecore per la mungitura serale e mattutina. La caseificazione avviene presso le singole aziende con vendita diretta del prodotto ottenuto.

PECORA SARDA
Pecora Sarda
Sarda è una razza ovina italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Razza autoctona della Sardegna, si è diffusa in tutta l'Italia centrale. Si ritiene che derivi dal muflone che vive allo stato selvatico sui monti del Gennargentu. La razza Sarda rappresenta circa il 40% della popolazione ovina nazionale. E' una razza rustica e molto produttiva. Poco adatta alla produzione di carne e di lana (modeste quantità e poco pregiata).
Taglia: media.
Testa: distinta leggera, solitamente un po’ allungata con profilo diritto o leggermente montonino nei maschi, faccia uniformemente bianca con espressione vivace, occhi grandi e vivaci con leggero rigonfiamento palpebrale, narici larghe, bocca ampia, orecchie di media grandezza o piccole, mobili, portate orizzontalmente e talvolta anche un po’ pendenti, corna assenti nelle femmine o poco sviluppate, assenti o rudimentali nei maschi.
Collo: ben unito alle spalle ed al petto, lungo ed esile nelle femmine, più forte e più robusto nei maschi.
Tronco: allungato e di forma tronco-conica, garrese ben serrato, leggermente pronunciato e piuttosto affilato nella pecora, più muscoloso nell’ariete; torace profondo e leggermente piatto, spalle ben attaccate, leggere, giustamente inclinate ed in armonia con le regioni circostanti; dorso forte e diritto; linea superiore corretta; lombi larghi e robusti allineati con il dorso, ventre capace, arrotondato e ben modellato, fianchi pieni, larghi e profondi, groppa leggermente spiovente, più lunga che larga, coscia piatta, scarna e ben discesa. Coda esile e lunga. Mammella sferica, larga, ben sostenuta, forte negli attacchi, con tessitura morbida, spugnosa, elastica, quasi floscia dopo la mungitura, bene irrorata dalla corrente sanguigna periferica e con capezzoli proporzionati e ben diretti.
Vello: bianco, aperto, costituito da bioccoli appuntiti, con presenza di peli morti nel sottovello, esteso fino a metà dell’avambraccio e poco sopra il garretto.
Pelle e pigmentazione: pelle sottile, elastica e di colore bianco rosato, talora con lieve picchiettatura nera o marrone sulla testa, negli arti, e, in genere nelle parti prive di lana.
Altezza media al garrese:
- Maschi a. cm. 71
- Femmine a. cm. 63
Peso medio:
- Maschi a. Kg. 59
- Femmine a. Kg. 42
Produzioni medie:
Latte (senza poppata - grasso 6,0% proteine 5,3%)
- primipare lt. 130
- pluripare lt. 180
Carne:
- Maschi Kg. 44,5
- Femmine Kg. 32,5
Lana: (in sucido)
- Arieti Kg. 2,5
- Pecore Kg. 1,2