mercoledì 21 settembre 2022

MARTINI VODKA

DRINK - Alcolico | Pre Dinner
Vodka 5,5 cl
Vermouth dry 1,0 cl
Per decorareScorza di limone

Si prepara nel mixing-glass e si serve nella coppetta da cocktail precedentemente ben raffreddata; si può guarnire con una scorzetta di limone e a piacere un’oliva verde. Si tratta di una delle più famose varianti del Cocktail Martini. Questa in particolare è stata resa celebre da James Bond, che la desiderava shakerato e non mescolato.

16 COCKTAIL (2^ Edizione)
 

Cocktail.In queste 340 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, attrezzature e ricettepubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Mixology. Con questa parola si indica l'arte di mescolare con sapienza distillati, liquori, soft drink ed altro. Una preventiva conoscenza degli elementi che compongono un cocktail è la base del successo. Imparate a preparare quelli canonici riconosciuti dall'IBA e poi lanciatevi a prepararne dei nuovi. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro Barman di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER
 

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).


VINI 118: POLLINO ROSSO



Il Pollino rosso superiore è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Cosenza.
colore: rosso rubino o rosso cerasuolo.
odore: profumo caratteristico.
sapore: pieno, asciutto.

15 VINO (2^ Edizione)
Vino. In queste 250 pagine ho raccolto oltre 220 schede di criteri di vinificazione, abbinamento e prodotti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Sin dall'antichità i frutti della vite sono diventati vino. Da allora migliaia di vitigni hanno avuto vita e decine di migliaia di vini sono stati creati. Per il nostro piacere. Impariamo insieme a conoscerne i principali, a degustarli, a scegliere quelli che sono i nostri vini di elezione. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro vinai di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


FARINA MANITOBA

manitoba
La farina manitoba è una farina di grano tenero (Triticum aestivum) del Nord America di ottima qualità. Viene definita una farina "forte" per distinguerla da altre farine, più deboli. La forza della farina viene indicata dal valore del coefficiente "W" misurato con alveografo di Chopin: più alto è il valore, più la farina è forte. Una farina debole ha un valore W inferiore a 170 mentre la manitoba ha un valore W superiore a 350.
Questo tipo di farina prende il nome dalla zona di produzione dove inizialmente cresceva un grano forte e resistente al freddo: Manitoba, vasta provincia del Canada, che, a sua volta, prende il nome dall'antica tribù Indiana che l'abitava. Attualmente si definiscono come manitoba tutte le farine con W > 350 qualsiasi sia la zona di produzione e la varietà di grano con la quale viene prodotta.
La caratteristica principale di questa farina è di contenere una grossa quantità di proteine insolubili (glutenina e gliadina) che, a contatto con un liquido nella fase d'impasto, producono glutine. È quindi una farina ricca di glutine e povera di amidi. Il glutine forma una tenace rete che, negli impasti lievitati trattiene i gas della lievitazione permettendo un notevole sviluppo del prodotto durante la cottura; nel caso delle paste alimentari trattiene invece gli amidi che renderebbero collosa la pasta e permette una cottura al dente. Si trova in confezioni industriali e anche in pacchi per uso domestico; viene usata dal fornaio, dal pasticciere, in pizzeria. In Italia per legge la pasta destinata al consumo interno (salvo la pasta fresca) si può produrre esclusivamente con il grano duro, ma in altre nazioni la farina Manitoba è adoperata anche nell'industria della pasta all'uovo. I mulini spesso l'adoperano per "tagliare" altre farine, aumentando in questo modo il coefficiente W totale della farina. L'impasto fatto con la manitoba risulterà più elastico e più forte, adatto per la lavorazione di pane particolare (baguette francese, panettone e pandoro), della pizza a lunga lievitazione, delle ciacce o torte al formaggio pasquali e di particolari paste alimentari.
Ideale anche per la preparazione del Chapati, un pane indiano. La farina Manitoba viene utilizzata anche come base per la preparazione del Seitan, alimento che viene anche definito come "Carne Vegan".

 12 CONSERVE (2^ Edizione)


Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.

SALSA ALLA BOLOGNESE


300 g di polpa di manzo
100 g di pancetta di maiale dolce
mezzo bicchiere di vino bianco secco
un bicchiere di brodo di carne
5 cucchiai di salsa di pomodoro
1 cipolla,
1 carota gialla
1 costa di sedano
un cucchiaio di panna da affioramento
Far soffriggere il trito di pancetta e verdure; aggiungere poi la carne di manzo tritata e, dopo una abbondante rosolatura, versare mezzo bicchiere di vino rosso (Sangiovese) secco. Ad evaporazione del vino terminata aggiungere la salsa di pomodoro, sale e pepe a piacere, un bicchiere di brodo di carne e continuare la cottura a fuoco basso per un paio d'ore, aggiungendo la panna. Variante moderna: sostituire cartella e pancetta, con carne di manzo più magra e di maiale (ad esempio salsiccia fresca), la panna con un paio di cucchiai di latte e soffrigendo carne e verdure in due cucchiai di olio extravergine di oliva.
Il ragù bolognese (in dialetto ragó, mentre con sufrétt, soffritto si intende il pesto iniziale di cipolla, carota e sedano) è un tipico ragù di carne tritata mista della cucina bolognese. Il sugo è tradizionalmente servito con le tagliatelle all'uovo alla bolognese, ma è usato anche per condire altri tipi di pasta come le lasagne al forno e la polenta. Un uso molto comune all'estero del ragù è per condire gli spaghetti (erroneamente chiamati spaghetti alla bolognese in quanto gli spaghetti non fanno parte della tradizione emiliana che ha sempre preferito la sfoglia all'uovo, solitamente fresca, rispetto alle paste di semola di grano duro, più tipicamente meridionali e generalmente secche). Nell'ottobre del 1982 la delegazione di Bologna dell'Accademia Italiana della Cucina ha depositato presso la Camera di Commercio di Bologna la ricetta ufficiale del ragù bolognese, allo scopo di garantire la continuità ed il rispetto della tradizione gastronomica bolognese.

11 SALSE
 (2^ Edizione)

 
Salse. In queste 120 pagine ho raccolto oltre 100 ricette di salse, criteri di classificazione e di abbinamento pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Esiste una teoria generale della derivazione delle salse. Da sole 5 salse madri derivano tutte le altre per piccole variazioni, aggiunte o sottrazioni. Le salse completano primi, secondi, contorni, pesce, carne, verdure, pasta, tutto. Impariamo insieme a fare le salse. Senza giungere agli eccessi di una cucina troppo salsamentaria come era d’uso nell’800, le salse completano e danno quel tocco in più di sapore che non guasta.

AGLIO POLESANO

L'Aglio bianco polesano è la denominazione di un ortaggio a bulbo della specie Allium sativum L., ottenuto a partire da ecotipi locali nonché dalla varietà Avorio e prodotto tradizionalmente nella zona del Polesine, nel Veneto.
Dal novembre 2009, a livello europeo, la denominazione «Aglio Bianco Polesano» è stata riconosciuta denominazione di origine protetta (DOP).
Si tratta di un aglio con bulbo di forma rotondeggiante regolare con un leggero appiattimento della parte basale, di colore bianco brillante. Il bulbo è costituito da un numero di bulbilli che sono perfettamente adiacenti l’uno con l’altro a formare una struttura compatta. Le sue tuniche hanno colorazione rosata nella parte concava e bianca in quella convessa.
Venduto allo stato secco, può essere commercializzato nei formati : trecce, treccioni, grappoli, grappoloni, confezioni e sacchi.
La zona geografica di produzione dell'aglio bianco polesano comprende il territorio di 29 comuni della provincia di Rovigo : Adria, Arquà Polesine, Bosaro, Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa di Rovigo, Crespino, Fiesso Umbertiano, Frassinelle Polesine, Fratta Polesine, Gavello, Guarda Veneta, Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze, Pettorazza Grimani, Pincara, Polesella, Pontecchio Polesine, Rovigo, San Bellino, San Martino di Venezze, Villadose, Villamarzana, Villanova del Ghebbo e Villanova Marchesana.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


CONFETTURA D'ALBICOCCA

Albicocche 2 kg
Zucchero 500 g
Succo di limone 1
Per preparare la confettura di albicocche, partite dalla scelta delle albicocche: scegliete frutti maturi e senza macchie: in questo modo eviterete che si formi la schiuma durante la cottura della confettura che di volta in volta è necessario eliminare. Lavate per bene le albicocche e asciugatele su di un canovaccio. Poi tagliatele a metà. Togliete il nocciolo e poi tagliatele a spicchi. Mettete le albicocche tagliate in una ciotola capiente aggiungete lo zucchero semolato. Spremete il succo del limone e filtratelo attraversono un colino a maglie strette, aggiungete il succo di limone filtrato alle albicocche e mescolate con cura con un mestolo. Coprite la ciotola con la pellicola trasparente e lasciate macerare il tutto al fresco per una notte intera (o per almeno 12 ore). Trascorso il tempo di riposo, versate il tutto in una pentola e portate ad ebollizione mescolando di tanto in tanto. Mentre la confettura cuoce, potete dedicarvi alla sanificazione dei barattoli e dei tappi, come indicato dalle linee guida del Ministero della Salute riportate in fondo alla ricetta. Una volta terminata questa operazione tornate a controllare lo stato di cottura della confettura. La frutta inizierà a sfaldarsi, durante la cottura potrebbe rendersi necessario schiumare la confettura, soprattutto se la buccia delle albicocche presenta qualche piccola macchia. Dopo 30 minuti la vostra confettura di albicocche dovrebbe essere pronta: prelevate un po’ di composto con un cucchiaino e lasciatene cadere una goccia su un piatto che deve restare compatta, questa è la prova che la vostra confettura è pronta. Se la goccia scivola via e non risulta compatta, proseguite la cottura per il tempo necessario mescolando frequentemente.

Una volta pronta, potete invasare la confettura ancora calda nei barattoli che avete sanificato: riempite i vasetti con un mestolo, se preferite potete utilizzare anche un imbuto per confetture, avendo cura di lasciare almeno 1 centimetro di spazio dal bordo del barattolo. Avvitate bene i tappi, ma senza stringere troppo e lasciate raffreddare. Con il calore della confettura si creerà il sottovuoto, che permetterà di conservare il prodotto a lungo. Una volta che i barattoli si saranno raffreddati verificate se il sottovuoto è avvenuto correttamente: potete premere al centro del tappo e, se non sentirete il classico "click-clack", il sottovuoto sarà avvenuto.
 


12 CONSERVE (2^ Edizione)

Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

MELA ANNURCA CAMPANA

La mela Annurca, o melannurca, è un prodotto ortofrutticolo italiano a Indicazione Geografica Protetta tipico della Campania che si presenta, al momento del consumo, di colore uniformemente rosso. È definita la “regina delle mele” ed è l’unica mela originaria dell'Italia meridionale.
La mela Annurca necessita dopo la raccolta di un periodo di "arrossamento" durante il quale viene posta in "melai" (graticci di paglia) nei quali i frutti sono disposti su file esponendo alla luce la parte meno arrossata.
Il nome Annurca è comunemente considerato derivare da Mala Orcula in quanto prodotta intorno all'Orco ovvero al Lago d'Averno, nell'area di Pozzuoli. Nel tempo la mela sarebbe stata detta prima “anorcola” e poi “annorcola”. La prima testimonianza scritta del nome "Annurca" risale solo al 1876 nel "Manuale di Arboricoltura" di Giuseppe Antonio Pasquale. Tuttavia pare molto più verosimile la derivazione dal latino "indulcare" che farebbe riferimento alla suddetta tipica modalità di maturazione.
Esistono testimonianze pittoriche nei dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano e in particolare nella Casa dei Cervi, che attestano la coltivazione della mela Annurca in Campania sin dal periodo claudio-neroniano. Inoltre è citata nel Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.
Due cultivar sono descritte nel disciplinare di produzione: annurca e annurca rossa del sud.
La raccolta dei frutti inizia mediamente intorno alla metà di settembre quando i frutti maturi iniziano a cadere. Quindi i frutti devono terminare la maturazione esposti al sole per 10-15 giorni, durante i quali sono posti su paglia e girati a mano frequentemente.
Viene prodotta principalmente nel beneventano (Valle Caudina, Telese), nel napoletano (Giugliano, Quarto); meno nel salernitano (San Mango Piemonte) e nel casertano (Pastorano, Maddaloni, Valle di Maddaloni, Sessa Aurunca, Agro Caleno e Aversa).
La storia millenaria che lega la melannurca al territorio le ha permesso di acquisire la denominazione di Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) “Melannurca Campana” riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 417/2006 (pubblicato sulla GUCE n. L 72 dell’11 marzo 2006).

9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


Origami Organics: ovvero come ricavare vestiti per bambini dal latte



Dopo i vestiti fatti con le bucce d’arancia del mese scorso oggi è la volta di quelli fatti di latte. La “milk fiber”, è una materia prima seconda virtuosa per l’ambiente e per l’economia del riuso, lavorabile e trasformabile. Origami Organics, start up femminile e green, nasce sei anni fa da giovani laureate in Economia e perfezionate in Marketing e Fashion Design. Cercando tessuti alternativi ed ecosostenibili, si imbattono nella fibra di latte, un filato ricavato dalla caseina, proteina del latte, che ha virtù anallergiche atte ad evitare l’arrossamento cutaneo dei neonati.

Ma togliere il latte al neonato per dargli la camiciola ha senso? Nessuna paura. Per ottenere la caseina viene usato proprio il latte che non può più essere utilizzato a livello alimentare perché avariato, o perché non rispetta i requisiti qualitativi necessari per essere venduto. Come dire: col latte buono nutro il pupo e con quello cattivo lo vesto.

Se si pensa poi che il latte ed i latticini “edibili”, scadono facilmente, che sono al secondo posto nella poco gloriosa classifica dei cibi buttati con più frequenza (il 17,6% dello spreco totale giornaliero) capite bene quanto il gioco valga la candela. Questo anche perché spesso non si sa bene cosa fare del latte in scadenza e si finisce per cestinarlo.

La fibra di latte nasce grazie ad tal Antonio Ferretti di Gavardo (BS) che, intorno alla metà degli anni Trenta del Novecento, trova un modo inedito di sfruttare una materia prima inusuale. In anni di embargo commerciale, l’Italia non può importare merce dall’estero né esportarla, e dalla caseina si può ricavare la galalite, da cui si ottiene una fibra le cui proprietà si avvicinano abbastanza a quelle della lana. Nasce il Lanital, fibra artificiale “autarchica” di origine naturale, ricavata da una soluzione di caseinato di sodio. La SNIA Viscosa si occupa della sua industrializzazione producendo e vendendo stoffe in Lanital. E siamo all'oggi, quando le geniali giovani della Origami Organics, scoprono che i benefici della fibra di latte per i neonati sono molti. Esiste infatti una forte correlazione tra alcune forme di dermatite atopica e gli agenti chimici con cui la pelle del neonato può venire in contatto, specie quelli contenuti nei vestiti dovuti all’uso di certi materiali plastici nell’industria tessile. A differenza loro, la fibra di latte è naturalmente ipoallergenica, antibatterica e idratante, agevola la traspirazione della pelle assorbendo il sudore e rimanendo fresca e morbida al tatto, resiste bene all’usura, protegge dai raggi UV ed è compatibile con tutti i tipi di pelle, proprio perché priva di componenti potenzialmente irritanti, oltre ad essere perfettamente biodegradabile. Ed è qui che risiede la chiave della Origami Organics: utilizzare un filato naturale come quello ricavato dalla fibra di latte per produrre abiti per bambini dagli 0 ai 2 anni di età. Sostenibilità e comfort sono perciò le linee guida dell’azienda, e non è un caso se il claim (il messaggio pubblicitario aziendale) suona così ‘L’abbigliamento che fa bene al tuo bambino’. Riflettiamoci sorseggiando un delizioso frappè.

6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTO

Alla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog  HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/