venerdì 28 ottobre 2022

MELA ALTO ADIGE

mela Alto Adige
Il marchio Mela Alto Adige IGP (in tedesco Südtiroler Apfel g.g.A.) indica le mele coltivate in Alto Adige con metodi di produzione tradizionali. L'Alto Adige rappresenta la più vasta area europea concentrata dedicata alla frutticoltura. Delle oltre una dozzina di varietà di mele coltivate in loco, undici hanno ottenuto nel 2005 il marchio europeo di "indicazione geografica protetta" (IGP) e sono quindi riconosciute in tutta Europa come specialità regionali. Il marchio "Mela Alto Adige IGP" è utilizzato da tutti i distributori altoatesini per il prodotto destinato all'esportazione.
Storia
Sembra che i primi meli in Europa si siano sviluppati in Kazakistan, nell'Asia centrale. Le mele arrivarono successivamente in Grecia lungo la via della seta e raggiunsero infine anche l'Alto Adige al tempo delle conquiste romane. In quest'area, la coltivazione delle mele avveniva nel Medio Evo per lo più a opera dei monasteri, che erano quindi i depositari delle conoscenze relative ai metodi di coltivazione e alle diverse varietà del frutto. Anche le famiglie contadine sfruttarono per diversi secoli la mela per la propria auto-sussistenza. Già allora, la mela altoatesina veniva esportata al nord attraverso i passi alpini. La costruzione di una linea ferroviaria che attraversava il Brennero, nel 1867, agevolò ulteriormente le esportazioni. Tra il 1880 e il 1890, i frutticoltori altoatesini conquistarono una certa quantità di terre per la coltivazione grazie alla regolazione del corso dell'Adige e alla conseguente bonifica delle zone acquitrinose circostanti. Verso la fine del XIX secolo, nacquero infine le prime cooperative di frutticoltori. Da allora la coltivazione delle mele in Alto Adige ha sempre avuto una notevole importanza.
Area di coltivazione
L'Alto Adige, con i suoi oltre 18.400 ettari di terreno dedicati, rappresenta la più grande area chiusa di coltivazione delle mele dell'Unione europea. Si estende per una lunghezza di circa 100 chilometri lungo le valli partendo da Salorno, al sud, e attraversando la Valle dell'Adige fino a raggiungere Malles, nella Val Venosta. Un'altra ristretta area di coltivazione si trova inoltre nella Valle Isarco presso Naz-Sciaves. L'area totale destinata alla coltivazione delle mele rappresenta circa il 2,5% dell'intera superficie dell'Alto Adige. La coltivazione delle mele in Alto Adige è strutturata in piccoli appezzamenti ed è affidata a circa 8.000 aziende familiari. In media, le singole aziende hanno una dimensione compresa appena tra i 2,5 e i 3 ettari di terreno. Il raccolto annuale è pari a circa 950.000 tonnellate, di cui circa la metà è commercializzato in Italia. Il principale mercato di esportazione è la Germania.
Le condizioni climatiche dell'Alto Adige sono particolarmente favorevoli per la coltivazione delle mele. Le Alpi proteggono l'area dal freddo del nord. I 300 giorni di sole registrati in media durante l'anno e le oltre 2.000 ore di sole disponibili consentono la maturazione ottimale dei frutti. I circa 800 litri di precipitazioni annue per metro quadrato sono sufficienti a coprire il fabbisogno idrico di base richiesto dalle attività legate alla frutticoltura; nelle estati secche, i frutticoltori integrano l'apporto idrico ricorrendo all'irrigazione.
Coltivazione
In Alto Adige si pratica sia la coltivazione integrata, sia quella biologica. Il 96% delle aziende ortofrutticole si attiene alle direttive AGRIOS (Gruppo di lavoro per la frutticoltura integrata dell'Alto Adige), mentre il 4% aderisce alle linee guida previste per la coltivazione biologica.
Coltivazione integrata
La coltivazione integrata sfrutta le capacità di resistenza intrinseche della natura, protegge gli insetti e gli organismi utili e ne promuove la diffusione tramite misure ecologiche mirate. In Alto Adige, AGRIOS ha sviluppato specifiche direttive atte allo scopo. Secondo le direttive, l'impiego di un elenco comunque selezionato di antiparassitari è consentito soltanto in caso di superamento della soglia di danno economico, non è ammesso l'utilizzo di erbicidi che abbiano un impatto nocivo sul terreno e la concimazione avviene soltanto sulla base di precise analisi del suolo.
Indicazione geografica protetta
Dal 2005, sono undici le varietà di mele altoatesine che possono fregiarsi del marchio di qualità europeo di "indicazione geografica protetta" (IGP). La denominazione garantisce il riconoscimento delle mele a livello europeo come specialità regionali e tutela inoltre dalle imitazioni e da utilizzi non conformi del marchio. Per i consumatori, il marchio è una garanzia di qualità e certifica l'origine dei frutti e l'impiego di metodi tradizionali ai fini della produzione. Al tempo stesso, documenta che la produzione e la lavorazione delle mele sono effettuate nell'area di provenienza, in Alto Adige. La mela Alto Adige deve soddisfare precisi standard a livello di produzione e superare un rigido sistema di controlli.
Varietà con indicazione geografica protetta "Mela Alto Adige IGP"
Golden Delicious, Gala, Red Delicious, Braeburn, Fuji, Granny Smith, Morgenduft, Jonagold, Winesap, Idared, Elstar.

9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


BIRRE 87: ANCHOR



Anchor Brewing Company è una distilleria specializzata nella fabbricazione di birra ed alcolici con sede a San Francisco, in California. Fondata nel 1896, l'industria della birra fu riacquistata nel 1965 dal suo proprietario attuale, Fritz Maytag (Frederick Louis Maytag III per lo stato-civile), che la spostò nel 1979. È la sola industria della birra che produce la birra vapore (steam beer), anche chiamata California common beer.
Anchor Brewing Company è spesso considerata come l'azienda capo nelle vendite dei microbirrifici negli Stati Uniti. Quando il divieto venne tolto, molte piccole industrie della birra americane poterono riaprire e riprendere la loro produzione. La grande maggioranza vendeva la loro birra soltanto nei dintorni immediati del loro luogo di produzione. Quest'industrie della birra sono spesso un simbolo d'orgoglio nazionale per il maggior numero di immigranti di prima o seconda generazione, in particolare fra le comunità tedesche, polacche o della Repubblica Ceca. Negli anni 50 numerose di quest'industrie della birra continuarono a prosperare durante la seconda guerra mondiale. A partire da questo decennio, tuttavia, la comparsa della pubblicità teletrasmessa e dalle tattiche di marketing di massa favorisce l'espansione delle grandi industrie della birra, in particolare Anheuser-Busch, Schlitz, Pabst e Miller, a scapito delle industrie della birra locali, così il maggior numero poco a poco chiuderà le loro porte.
Nel 1965, Fritz Maytag riacquista il 51% dell'industria della birra Anchor per alcune migliaia di dollari. Alcuni anni più tardi, riacquista il resto del capitale.
Negli anni 80, la birra di Maytag, l'Anchor Steam Beer, inizia ad essere osservata a livello nazionale. La domanda esplode, e numerosi imitatori emulano il suo successo, una concorrenza che Maytag accoglie favorevolmente, non potendo soddisfare di per sé la sete improvvisa di birra artigianale del paese. L'ampiezza delle vendite delle microbrasserie, si vede anche la comparsa di numerosi pub, dove la birra è trattata sul posto in piccole quantità e spesso anche nei ristoranti.
L'industria della birra produce in varie occasioni delle serie limitate per diversi eventi.
Il birrificio vende la maggior parte della sua produzione sul mercato nazionale, ma esporta anche in Canada, in Australia e Nuova Zelanda, Giappone, nei Paesi Bassi, nel Regno Unito ed in Svezia.
Nel 1993, l'impresa ha aperto l'Anchor Distillery, una microdistilleria che opera nello stesso stabilimento del birrificio, producendo un whiskey single malt, Old Potrero, nominato secondo la collina di San Francisco dove è prodotto, produce anche un gin dal 1997, il Junípero un riferimento lontano all'esploratore spagnolo, Junípero Serra.
Fritz Maytag è anche proprietario del settore York Creek Vineyards, un produttore di vino tra le contee di Napa e Sonoma.


20 BIRRA
(2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.



CONOSCERE LE FARINE


• Farina Atta: è un tipo di farina integrale di grano, importante nella cucina indiana, essendo utilizzata per parecchi tipi di pane come il roti e il chapati.
• Farina d’avena:
E' una pianta che appartiene alla famiglie delle Graminacee, coltivata dall'uomo fin dai tempi antichi sia per la sua alimentazione che per quella del bestiame. La sua appartenenza geografica è contrastante, i Paesi che si contendono il merito sono India, Cina ed Egitto. L'avena è composta per 8,5% di acqua, il 14% di proteine e il rimanente 65% da carboidrati e fibre.
L'avena ha innumerevoli proprietà. Grazie al sua alto contenuto di fibre è da considerarsi un ottimo lassativo, la crusca di cui è ricoperta invece possiede proprietà depurative per tutto l'organismo. Viene usata in cucina, sotto forma di fiocchi, per cucinare dolci e zuppe. Ottima anche per tenere a bada il colesterolo "cattivo" se assunta tutti i giorni, con la sua capacità di attirare l'acqua, è in grado di abbassare il colesterolo nel giro di poco tempo. Non a caso la vecchia tradizione popolare riteneva che l'avena fosse un tocca sana per la salute dell'uomo.
• Farina di enrik:
In natura esistono differenti "famiglie" del cereale triticum monococcum nate spontanee e l'enkir è una selezione di alcune di queste: una "popolazione di semi" che negli ultimi due decenni si è adattata naturalmente al nostro territorio mantenendo la propria biodiversità. Per chi spera che nella diversità si possa trovare un prodotto autentico e migliore.
La farina di Enkir, contiene poco glutine ma possiede un alto contenuto proteico, in media il 18% (con punte fino al 24%) ed un elevata quantità di carotenoidi che hanno importanti ruoli nelle funzioni cellulari e che sono efficienti antiossidanti infatti la farina è di colore giallo naturale. Essendo un cereale molto gustoso esalta tutto il suo sapore nelle preparazioni semplici.
• Farina di farro:
è il prodotto della macinazione del farro. Il farro rappresenta il più antico tipo di frumento coltivato ed è utilizzato dall’uomo come nutrimento fin dal Neolitico. Contiene glutine.
• Farina di Kamut:
Kamut è un marchio registrato di qualità, di proprietà dell'azienda americana Kamut, fondata nel Montana da Bob Quinn, dottore in patologia vegetale e agricoltore biologico. Il nome preserva e designa esplicitamente una particolare varietà, mai ibridata né incrociata, prodotta e garantita da agricoltura biologica dall'azienda statunitense, di grano della sottospecie Triticum turgidum ssp. turanicum. La cultivar è nota anche con il nome generico di grano Khorasan, dal nome della regione iraniana dove fu descritto per la prima volta, nel 1921, e dove ancora attualmente si coltiva. Il grano prodotto dalla cultivar, registrata nel 1990 all'USDA (U.S. Department of Agriculture) col nome ufficiale di QK-77, veniva inizialmente venduto nelle fiere agricole del Montana col nome di "grano del faraone Tut". La parola Kamut deriva dal relativo ideogramma geroglifico e significa "grano". Con la direttiva 9180.60 dell'USDA, in data 30 dicembre 2003, la cultivar è definita con il termine generico Khorasan. Il Khorasan può essere coltivato liberamente da chiunque e dovunque, ma solo il consorzio di agricoltori che fa capo all'azienda americana proprietaria del marchio registrato Kamut può usare la denominazione Kamut attraverso la quale intende garantire determinati standard qualitativi e l'assenza di ibridazioni. Il grano khorasan a marchio Kamut viene coltivato con metodo biologico esclusivamente nelle grandi pianure semi aride del Montana, dell'Alberta e del Saskatchewan. Studi scientifici recenti dimostrano che ha qualità e proprietà superiori al comune frumento ma, essendo un antenato del grano duro, ha capacità allergeniche simili al grano comune e non è adatto ai celiaci poiché contiene glutine. Dato l'alto tenore proteico, si presta alla preparazione di paste alimentari ed è molto versatile in cucina. È inoltre utilizzato per la preparazione di pilaf, in aggiunta ad insalate e minestre.
• Farina di mais:
ottenuta dal mais, è popolare in Italia, negli U.S.A. e in Messico. La farina di mais sbiancata con la soda caustica è chiamata masa harina ed è usata per la preparazione di tortillas e tamales nella cucina messicana. In Italia sono molto utilizzate farine di diversi tipi di mais, più o meno raffinate e disponibili in granulometrie diverse: dalla cosiddetta farina "bramata", a grana più grossa, usata soprattutto nel nord per la polenta, alla farina "fioretto", usata anche per la panatura dei fritti e per la preparazione di dolci della tradizione contadina, al cosiddetto "fumetto", una farina a grana finissima ricavata dalla parte più interna dei chicchi di mais, usata anche in pasticceria e, raramente, per panificare. Non contiene glutine.
• Farina manitoba:
La farina manitoba è una farina di grano tenero (Triticum aestivum) del Nord America di ottima qualità. Viene definita una farina "forte" per distinguerla da altre farine, più deboli. La forza della farina viene indicata dal valore del coefficiente "W" misurato con alveografo di Chopin: più alto è il valore, più la farina è forte. Una farina debole ha un valore W inferiore a 170 mentre la manitoba ha un valore W superiore a 350. Questo tipo di farina prende il nome dalla zona di produzione dove inizialmente cresceva un grano forte e resistente al freddo: Manitoba, vasta provincia del Canada, che, a sua volta, prende il nome dall'antica tribù Indiana che l'abitava. Attualmente si definiscono come manitoba tutte le farine con W > 350 qualsiasi sia la zona di produzione e la varietà di grano con la quale viene prodotta.
La caratteristica principale di questa farina è di contenere una grossa quantità di proteine insolubili (glutenina e gliadina) che, a contatto con un liquido nella fase d'impasto, producono glutine. È quindi una farina ricca di glutine e povera di amidi. Il glutine forma una tenace rete che, negli impasti lievitati trattiene i gas della lievitazione permettendo un notevole sviluppo del prodotto durante la cottura; nel caso delle paste alimentari trattiene invece gli amidi che renderebbero collosa la pasta e permette una cottura al dente. Si trova in confezioni industriali e anche in pacchi per uso domestico; viene usata dal fornaio, dal pasticciere, in pizzeria. In Italia per legge la pasta destinata al consumo interno (salvo la pasta fresca) si può produrre esclusivamente con il grano duro, ma in altre nazioni la farina Manitoba è adoperata anche nell'industria della pasta all'uovo. I mulini spesso l'adoperano per "tagliare" altre farine, aumentando in questo modo il coefficiente W totale della farina. L'impasto fatto con la manitoba risulterà più elastico e più forte, adatto per la lavorazione di pane particolare (baguette francese, panettone e pandoro), della pizza a lunga lievitazione, delle ciacce o torte al formaggio pasquali e di particolari paste alimentari.
Ideale anche per la preparazione del Chapati, un pane indiano. La farina Manitoba viene utilizzata anche come base per la preparazione del Seitan, alimento che viene anche definito come "Carne Vegan".
• Farina di miglio:
ottenuta dal miglio. Non contiene glutine.
• Farina di riso:
ottenuta dal riso, è di grande importanza nella cucina orientale. Da essa è possibile ottenere anche carta di riso commestibile. Principalmente la farina di riso è estratta dal riso bianco ed è essenzialmente amido puro, mentre è disponibile in commercio anche la farina ottenuta dal chicco intero. Non contiene glutine.
• Farina di riso glutinoso:
ottenuta dal riso glutinoso, è utilizzata nelle cucine asiatiche orientali e sudorientali per preparare il tangyuan, etc.
• Farina di segale:
ottenuta dalla segale, è utilizzata per cucinare il tradizionale pane a lievitazione naturale di segale in Germania, in Scandinavia, alta Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte etc. In genere il pane di segale è preparato mescolando farina di segale e di frumento perché la segale ha un basso contenuto di glutine. Il pane di segale (come ad esempio il pumpernickel e il ruisreikäleipä) è solitamente preparato solo con segale e contiene un misto di farina di segale e grano di segale.
• Farina Tang: è un tipo di farina di grano utilizzata principalmente nella cucina cinese per preparare lo strato esterno degli gnocchi e del pane dolce.
• Farina di teff:

è ricavata dal cereale teff, ed è di considerabile importanza nell'Africa orientale (particolarmente attorno al Corno d'Africa). Da notare che è l'ingrediente principale nell'ingerà, un importante componente della cucina etiope. Non contiene glutine.

 

FARINE DA FRUMENTO

La farina è il prodotto ottenuto dalla macinazione di cereali o di altri prodotti. La semola è una farina di granulometria maggiore dove i singoli componenti sono di forma arrotondata e con presenza di poca polvere. es.: zucchero semolato, e semola di grano duro.
Nell'uso comune, il termine farina serve ad indicare quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero, mentre si usa la parola semola per la farina di grano duro. Per il loro ruolo nella fabbricazione di pane e di pasta, queste sono infatti le più diffuse nel mondo, tutelate dalle leggi dei diversi paesi.
Farina di Grano tenero
Il grano tenero, o frumento, è la specie di frumento che, per il suo largo impiego nella panificazione e nella produzione di paste alimentari fresche, assume maggior importanza fra i cereali in coltivazione oggi. I frumenti teneri comprendono diverse varietà ed hanno estensione colturale più ampia rispetto ad altri frumenti perché, per la loro buona resistenza al freddo, sono i soli in coltivazione nei paesi nordici.
Le seguenti varietà sono quelle coltivate maggiormente oggigiorno:
·         Salmone: varietà coltivata da diversi anni. Sensibile alle malattie fungine, necessita sempre di un trattamento fungicida al momento della spigatura.
·         Zena: varietà di taglia bassa con ottima resistenza all'allettamento. Abbastanza sensibile alla necessità di un trattamento fungicida.
·         Aztec: varietà francese tardiva. È dotata di un'ottima fertilità di spiga che permette di compensare l'eventuale ridotto accestimento. Sensibile, deve essere assolutamente trattata con un fungicida.
·         Bolero: grano "bianco", di notevole stabilità produttiva. Appartiene alla categoria commerciale dei grani "fini" grazie alle caratteristiche qualitative: elevato contenuto proteico.
·         Guadalupe: frumento con rese elevate che si adatta anche alle semine tardive. Ha un discreto contenuto in proteine.
·         Tibet: specie di media precocità con ottimi potenziali produttivi e buona resistenza all'allettamento e al freddo. Caratterizzato da una granella ovoidale e giallo chiaro.
·         Bologna: uno dei teneri più produttivi nel Nord-Centro Italia, si registrano rese di oltre 8 t/ha in media, ha granella rossa, rientra nella categoria dei panificabili superiori, molto resistente alle fitopatie e risponde bene ad abbondanti fertilizzazioni.
·         Aubusson: frumento tenero panificabile più venduto in Italia, da pochi anni sul mercato spicca per le sue rese fino 9-9,2 t/ha, si distingue dagli altri per la sua stabilità sia fisiologica che areica, ottimo in ogni valore molitorio, ha la capacità genetica di adattarsi ad ogni tipo di terreno e areale di produzione.
Il grano tenero è particolarmente adatto alla produzione di farine per pane e pasta e in commercio ne esistono diversi tipi adatti per il prodotto che si vuole preparare. L’industria molitoria assorbe gran parte del prodotto per la riduzione di farine utilizzate nella panificazione.
Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da cruschello, farinaccio, granito, e crusca per uso zootecnico. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende, oltre che dal tipo di grano, anche dai parametri chimico fisici impostati durante la macinazione. I mulini moderni sono ormai automatizzati. Le aziende del settore sono innumerevoli.
Il processo di macinazione del grano tenero inizia con la bagnatura del grano, che se ha un valore W (la cosiddetta forza della farina) uguale o minore di 300 consiste nel portare l'umidità del chicco a 15,5% per 24 ore, mentre se il W ha valore maggiore a 300 a 16,5% per un massimo di 48 ore. Successivamente il frumento viene indirizzato nei mulini che iniziano a spogliare il chicco della parte esterna, che mediante sistemi pneumatici viene depositata in appositi silos. Il risultato finale sarà una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.
Nella produzione dei prodotti dell'Arte Bianca si utilizzano farine di cui alcune additivate volontariamente, mediante l'aggiunta di: agenti di trattamento, agenti antiagglomeranti, coadiuvanti tecnologici (enzimi come le xilanasi, le lipasi, le transglutamminasi, le alfa-amilasi, le glucosio-ossidasi, ecc.) o glutine vegetale secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina per migliorarne le caratteristiche tecnologiche. Gli additivi consentiti dall'attuale normativa sono pertanto: glutine secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina (E920), biossido di silice e silicati (E551 - E559), acido fosforico di - tri - polifosfati (E338 - 452), oltre chiaramente a tutti gli enzimi. Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono ad occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2. Quando la percentuale di estrazione giunge al 100% si ottiene la cosiddetta farina integrale, cioè uno sfarinato comprensivo anche di crusca.
La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia, e le equivalenti classificazioni statunitensi, tedesche e francesi:
Italia
Umidità
max
Ceneri
min
Ceneri
max
Proteine
min
USA
Germania
Francia
Farina di grano tenero tipo 00
14,50%
0,55%
9,00%
pastry flour
405
40
Farina di grano tenero tipo 0
14,50%
0,65%
11,00%
all-purpose flour
550
55
Farina di grano tenero tipo 1
14,50%
0,80%
12,00%
high gluten flour
812
80
Farina di grano tenero tipo 2
14,50%
0,95%
12,00%
first clear flour
1050
110
Farina integrale di grano tenero
14,50%
1,30%
1,70%
12,00%
white whole wheat
1600
150
Nota: tabella contenuta nel DPR 9 febbraio 2001, n. 187. Valori delle ceneri e proteine calcolati sul secco. Umidità consentita fino al 15,50% se indicato in etichetta. Proteine: azoto Kjeldahl * 5,7

Determinazione della forza della farina

La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la capacità di resistere nell'arco del tempo alla lavorazione. La forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l'acqua e grazie all'azione meccanica proveniente dall' impastamento, formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici, iterazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, entaglements etc.) che trattiene sia i componenti dell'impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari etc. che si sviluppano all'interno nella struttura. In base alla proprietà reologiche della massa si parlerà di: Stabilità (S), tempo di sviluppo (T), caduta, forza (W), resistenza (P) ed elasticità (L) che permettono di classificare le farine in base all'utilizzo finale. Farine con elevati valori di S e W saranno farine in grado di sopportare tempi lunghi sia di impastamento sia di fermentazione e/o maturazione e quindi varierà anche il tempo necessario per la lievitazione.
Leader mondiale nella produzione di sistemi per determinare la Forza della farina è la Chopin col suo Alveografo. Tale macchina è in grado di determinare il fattore di pianificabilità W, cioè l'area del tracciato finale che disegna l'Alveografo dato dalla resistenza P e dall'elasticità L. La metodologia consiste nell'impastare 250 g di farina con acqua leggermente salata per otto minuti, ricavare da questo impasto cinque "pastine" rotonde. Queste riposeranno 15 minuti circa a 25° C in un apposito scomparto dell'Alveografo, per poi venire poste su un sistema di insufflaggio di aria che ne testerà la resistenza. Le "pastine" si gonfieranno e in base al volume della sfera ricavato, si avrà il P, L e il W della farina. Va da sé che, più grande sarà la sfera, più forza avrà la farina. Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che l'impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.
Ecco un indice di massima:
·         Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.
·         Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all'olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
·         Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all'uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
·         Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per "rinforzare" farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua.
Le farine in commercio al dettaglio hanno una forza variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine vendute come manitoba (quasi tutte 0) riportano il nome di una varietà di grano appunto Manitoba (specifica zona in Canada di origine della varietà utilizzata) ma non identificano il valore della forza per cui non è detto che siano più forti di altre varietà.
Sfarinati di Grano duro
Il grano duro (Triticum durum Desf., Triticum turgidum L. subsp. durum) è un frumento tetraploide, largamente coltivato per la trasformazione in farina. Una caratteristica che distingue il grano duro dal grano tenero (Triticum aestivum, esaploide, 2n=42, genomi AABBDD) è che a maturazione le cariossidi si presentano vetrose e non farinose. Questo è dovuto alla particolare composizione proteica del grano duro, che quindi dà prevalentemente semole e non farina. Le proprietà delle proteine del grano duro fanno sì che le masse che si ottengono impastando le semole con acqua sono particolarmente indicate per la produzione di paste. Tuttavia nel Mezzogiorno d'Italia da secoli le semole, rimacinate per ridurne la granulazione, sono utilizzate per la produzione di pani tipici, tra i quali il Pane di Altamura, primo prodotto nell'Unione Europea appartenente alla categoria merceologica "Panetteria e prodotti da forno" a fregiarsi del marchio DOP, il Pane di Matera, prodotto di lunga tradizione ottenuto con un antico sistema di lavorazione, avente il marchio IGP ed il Pane di Laterza, la cui ricetta è tutelata dal Marchio Collettivo di Qualità. I pani di grano duro hanno particolare consistenza, colore giallognolo per una più elevata presenza di carotenoidi, e resistono meglio all'invecchiamento, restando appetibili per un tempo maggiore dei pani fatti da farina di grano tenero. Oltre alla diffusissima pasta, molti alimenti mediterranei sono basati sul grano duro, tra i quali i più noti sono il cuscus ed il bulgur, tipici l'uno della cultura del Nordafrica l'altro del Medio Oriente ed oggi diffusi anche al di là delle zone di origine rispettive. Il cuscus siciliano, chiamato cùscusu, affonda le sue radici nella dominazione araba della Sicilia nei secoli IX-XII. Quello carlofortino deriva invece dalle influenze con la vicina isola di Tabarka.
Varietà
• Triticum durum var. affine
• Triticum durum var. hordeiforme
• Triticum durum var. reichenbachii
Lo sfarinato proveniente dal grano duro viene denominato semola. Tradizionalmente era prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia, ma adesso la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Essa si distingue da quella di grano tenero sia per la granulometria più accentuata che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote anche sui prodotti con essa ottenuti. Questa farina si utilizza prevalentemente per la produzione di pane e pasta (sia casereccio che industriale) ma anche per dolci tipici. Macinando ulteriormente la semola si ottiene la "semola rimacinata" o "rimacinato". Questo prodotto è contraddistinto dal caratteristico colore giallo ambrato proprio della semola ma con una granulometria meno accentuata rispetto alla materia d'origine. Il rimacinato viene prevalentemente impiegato per la panificazione puro o mescolato con farine di grano tenero, il prodotto che si ottiene è un pane a pasta gialla molto saporito e a lunga conservazione.
La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano duro in commercio in Italia:
Denominazione del
 prodotto
Umidità max
Ceneri min
Ceneri max
Proteine min
Semola *
14,50%
0,90%
10,50%
Semolato
14,50%
0,90%
1,35%
11,50%
Semola integrale di grano duro
14,50%
1,40%
1,80%
11,50%
Farina di grano duro
14,50%
1,36%
1,70%
11,50%
ALTRE FARINE
Cereali
Graminacee
Avena, Fonio, Mais (granturco), Miglio, Orzo, Riso, Segale, Sorgo, Triticale,Lacrime di Giobbe, Teff, Zizania
Frumento (grano)
Grano tenero
Grano duro
Khorasan
Farro
Piccolo farro
Farro dicocco
Spelta
Pseudocereali
Polygonacee
Grano saraceno
Fagopyrum tataricum
Amaranthacee
Amaranto
Amaranto Caudato
A. cruentus
A. hypochondriacus
Chenopodiacee
Quinoa
Lamiacee
Chia







• Farina di amaranto:
è una farina ottenuta dal grano amaranto, della famiglia delle Amarantacee. Era usata nella cucina pre-colombiana e meso-americana e oggi sempre più diffusa in negozi specializzati. Non contiene glutine.
• Farina di canapa:
è ottenuta da piante del genere Cannabis, della famiglia delle Cannabaceae.
Come altri numerosissimi prodotti di questa pianta officinale, ha subito negativamente gli effetti della lotta contro lo spaccio di "droghe leggere" ricavabili dalla stessa pianta. Recentemente, in seguito a miglioramenti normativi, sta tornando in auge con nuovi prodotti, oltre che tessili e farmaceutici, anche alimentari: ne è esempio la pizza di canapa anche se di scarsa importanza nutrizionale. Non contiene glutine.
• Farina di grano saraceno:
dai semi del grano saraceno, che fa parte della famiglia delle Poligonacee, si ricava una farina utilizzata per la preparazione dei pizzoccheri, prodotto tipico della Valtellina, e della polenta taragna. Non contiene glutine.
• Farina di moringa:
è ottenuta da una pianta appartenente alla famiglia delle Moringaceae. Non contiene glutine.
Farina di quinoa:
è ottenuta generalmente dalla quinoa bianca. La quinoa, appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae, è originaria di Perù, Bolivia e America meridionale ed è alimento base del popolo andino da secoli. È stata introdotta in Italia nel 2009 ed utilizzata per la prima volta nel settore della panificazione nel 2010 nel prodotto Quite. La FAO OMS ha proclamato il 2013 anno della Quinoa. Elevatissima importanza nutrizionale soprattutto per l'apporto di aminoacidi essenziali. Non contiene glutine.


farina di grano tenero
Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da crusca, cruschello, germe, farinaccio. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende, oltre che dal tipo di grano, anche dai parametri chimico fisici desiderati ed impostati nella macinazione.
Il processo di macinazione del grano tenero inizia con la pulitura del grano, esistono tre fasi di pulitura più la fase di bagnatura o condizionamento:
A) la prima fase si chiama Pre-pulitura è quella che si esegue subito al ricevimento del prodotto presso il mulino prima di immagazzinarlo nei silos o depositi, questa Pre-pulitura ha la caratteristica di dover lavorare in modo veloce una grande quantità di prodotto, la Pre-pulitura serve a migliorare la conservazione del prodotto fino alla lavorazione successiva.
B) La pulitura che si esegue prima della macinazione, in questa fase la pulizia deve essere molto accurata e sono necessarie più macchine ogni macchina serve a togliere impurità specifiche, importante la spazzola grano che è la macchina che più profondamente pulisce il frumento spazzolando la sua parte esterna e rimuovendo polvere , terra ed altre impurità possibili come muffe.
C) La bagnatura del grano ed il suo tempo di riposo (chiamato anche condizionamento) permette di ammorbidire la parte esterna di crusca che in questo modo durante la macinazione non si frantuma rimanendo più morbida e di dimensioni maggiori facilitando quindi la sua perfetta separazione tramite la setacciatura.

D) Dopo bagnatura e riposo è quasi sempre prevista una seconda pulitura proprio per migliorare ulteriormente la pulizia del prodotto.
(nella preparazione del grano duro le fasi di bagnatura e riposo diventano minimo due oppure anche tre )
Successivamente il frumento viene indirizzato nella macinazione, negli impianti industriali ci sono più fasi di macinazione in sequenza da minimo 8 a 14 o più, le progressive macinazioni servono ad aprire con delicatezza i chicchi e poi spogliarli delicatamente dalla farina contenuta cercando il più possibile a non frantumare la crusca ed il cruschello. Da ogni passaggio di macinazione il prodotto è normalmente aspirato da un sistemi pneumatici ed inviato ad un passaggio di stacciatura con macchinari chiamati Plansichter. Il risultato finale sarà una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.
Nella produzione dei prodotti dell'Arte Bianca si utilizzano farine di cui alcune additivate volontariamente, mediante l'aggiunta di: agenti di trattamento, agenti antiagglomeranti, coadiuvanti tecnologici (enzimi come le xilanasi, le lipasi, le transglutamminasi, le alfa-amilasi, le glucosio-ossidasi, ecc.) o glutine vegetale secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina per migliorarne le caratteristiche tecnologiche[2]. Gli additivi consentiti dall'attuale normativa sono pertanto: glutine secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina (E920), biossido di silice e silicati (E551 - E559), acido fosforico di - tri - polifosfati (E338 - 452), oltre chiaramente a tutti gli enzimi.
Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono ad occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2.
La farina integrale non è composta dal 100% del frumento macinato , proprio perche la legge italiana fissa dei limiti di presenza di ceneri quindi una parte di crusca viene rimossa questo per fondamentalmente due motivi: 1) rientrare nei limi di legge 1,3-1,7 di ceneri 2) La crusca che è più esterna si differenza dal cruschello che è più aderente allo strato aleuronico per essere meno ricca di vitamine e dal gusto meno gradito.
Le farine di grano tenero in commercio in Italia
Farina di grano tenero tipo 00
Farina di grano tenero tipo 0
Farina di grano tenero tipo 1
Farina di grano tenero tipo 2
Farina integrale di grano tenero
Farine a confronto: Farina 00 e Farina integrale
La Farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello. La Farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca, la legge italiana impone dei limiti che sono 1.3-1.7% di presenza di ceneri. Il grano tenero macinato veramente in modo integrale possiede mediamente una percentuale di ceneri (sali minerali) che varia dal 2 al 2,2%, quindi nella farina integrale normalmente commercializzata una parte della crusca è asportata.
Determinazione della forza della farina
La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la capacità di resistere nell'arco del tempo alla lavorazione. La forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l'acqua e grazie all'azione meccanica proveniente dall' impastamento, formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno,ionici,iterazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, entaglements etc.) che trattiene sia i componenti dell'impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari etc. che si sviluppano all'interno nella struttura.
In base alla proprietà reologiche della massa si parlerà di: Stabilità (S), tempo di sviluppo (T), caduta, forza (W), resistenza (P) ed elasticità (L) che permettono di classificare le farine in base all'utilizzo finale. Farine con elevati valori di S e W saranno farine in grado di sopportare tempi lunghi sia di impastamento sia di fermentazione e/o maturazione e quindi varierà anche il tempo necessario per la lievitazione.
Leader mondiale nella produzione di sistemi per determinare la Forza della farina è la Chopin col suo Alveografo. Tale macchina è in grado di determinare il fattore di panificabilità W, cioè l'area del tracciato finale che disegna l'Alveografo dato dalla resistenza P e dall'elasticità L.
La metodologia consiste nell'impastare 250 g di farina con acqua leggermente salata per otto minuti, ricavare da questo impasto cinque "pastine" rotonde. Queste riposeranno 15 minuti circa a 25 °C in un apposito scomparto dell'Alveografo, per poi venire poste su un sistema di insufflaggio di aria che ne testerà la resistenza. Le "pastine" si gonfieranno e in base al volume della sfera ricavato, si avrà il P, L e il W della farina. Va da sé che, più grande sarà la sfera, più forza avrà la farina.
Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che l'impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.
Ecco un indice di massima:
Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.
Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all'olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all'uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per "rinforzare" farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua.
Le farine in commercio al dettaglio hanno una forza variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine vendute come manitoba (quasi tutte 0) riportano il nome di una varieta di grano appunto Manitoba (specifica zona in Canada di origine della varietà utilizzata) ma non identificano il valore della forza per cui non è detto che siano più forti di altre varietà.
farina di grano duro,
Lo sfarinato proveniente dal grano duro viene denominato semola. Tradizionalmente era prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia, ma adesso la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Essa si distingue da quella di grano tenero sia per la granulometria più accentuata che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote anche sui prodotti con essa ottenuti. Questa farina si utilizza prevalentemente per la produzione di pane e pasta (sia casereccio che industriale) ma anche per dolci tipici.
Macinando ulteriormente la semola si ottiene la "semola rimacinata" o "rimacinato". Questo prodotto è contraddistinto dal caratteristico colore giallo ambrato proprio della semola ma con una granulometria meno accentuata rispetto alla materia d'origine. Il rimacinato viene prevalentemente impiegato per la panificazione puro o mescolato con farine di grano tenero, il prodotto che si ottiene è un pane a pasta gialla molto saporito e a lunga conservazione.

Farina di ceci (chiamata anche gram flour o besan): ottenuta dal cece, è di grande importanza nella cucina indiana, e in Italia, dove è utilizzata in Liguria per preparare la farinata, a Palermo per preparare le panelle, a Livorno per preparare la "torta di ceci", a Pisa per preparare la "cecina", a Sassari per preparare la "fainè".
Farina di fagioli: è una farina ottenuta da un fagioli essiccati e polverizzati.
Farina di fave: è una farina ottenuta dalla fava.
Farina di piselli: è una farina prodotta da piselli gialli arrostiti e polverizzati.
Farina di soia: è una farina ottenuta dalla soia.

La fecola di patate è l'amido (chiamato in questo caso « fecola ») estratto dai tuberi della pianta della patata. Le patate vengono schiacciate, liberando così i granuli di amido (amiloplasti). L'amido viene successivamente lavato ed essiccato assumendo l'aspetto di una polvere bianca. Essendo totalmente inodore e particolarmente leggera è usata come addensante per creme e nella pasticceria in generale. Trova applicazione, ad esempio, nella preparazione di torte e altri dolci da forno che contribuisce a rendere soffici. Deve essere conservata in un luogo particolarmente asciutto per preservarne le caratteristiche.

La lecitina di soia è sostanza emulsionante derivata dalla lavorazione diretta dei fagioli di soia. Chimicamente è un fosfolipide composto da una parte liposolubile e una parte idrosolubile, quindi in grado di tenere insieme sostanze acquose e sostanze grasse, normalmente non miscelabili tra loro (proprietà emulsionante). La lecitina, come già detto, è contenuta nella soia e, in misura maggiore, anche nell’olio di soia (purchè sia naturale e spremuto a freddo). La lecitina di soia è ricca di omega-3, omega-6, colina, inositolo e minerali quali ferro, calcio e fosforo. Una delle principali proprietà della lecitina di soia è quella di abbassare il colesterolo. La sua proprietà emulsionante infatti, favorisce il passaggio dei grassi nel sangue sotto forma di emulsione, provvedendo al trasporto del colesterolo verso il fegato. Ne consegue che l’aggiunta della Lecitina di soia nella propria dieta riduce di una buona percentuale l’ipercolesterolemia. Per chi è a dieta la lecitina può apportare benefici siccome migliora il metabolismo corporeo. Inoltre favorisce le funzioni cerebrali e recenti studi suggeriscono che la Colina (un elemento contenuto nella Lecitina di Soia) possa essere un valido aiuto nei problemi associati all’Alzheimer e alla demenza senile. Inoltre svolge un’azione epatoprotettrice, riequilibra il sistema nervoso ed è un valido ricostituente. I suoi componenti sono molto importanti anche per il funzionamento dei muscoli e partecipano alla formazione delle cellule muscolari. In commercio la lecitina di soia si trova sotto forma di compresse, utilizzate come integratori per abbassare il colesterolo nel sangue, in granuli e in polvere. E’ possibile usare la lecitina di soia in granuli come “condimento” a primi o secondi piatti, latte, yogurt, oppure utilizzare capsule contenenti lecitina di soia in forma liquida, da assumere come integratore. Questa sostanza però trova il suo principale utilizzo in cucina, dove viene utilizzata come addensante per creme e farciture.


L’amido di mais, chiamato anche maizena, viene ricavato dal chicco del mais mediante un processo di macinazione ad umido. Il prodotto si presenta sotto forma di polvere bianca finissima, quasi impalpabile, insolubile in acqua fredda. 
La differenza tra amido e farina di mais sta nella composizione del prodotto. La farina si ricava attraverso la macinatura della totalità del chicco (endosperma+germe+crusca) mentre l'amido è contenuto nel solo endosperma. La farina di mais si ottiene per macinazione a secco. L'amido di mais non va confuso con la farina di mais Biancoperla, di colore appunto bianco, che serve per la preparazione della polenta bianca, tipica del Polesine e delle zone di Padova e Venezia.
Il principale utilizzo dell'amido di mais è in ambito gastronomico. Si impiega per addensare minestre, salse, creme, budini o gelati, e per rendere più friabili i dolci lievitati.
Viene anche usato, in sostituzione della farina di frumento, per la preparazione di alimenti destinati a persone affette da celiachia, cioè intolleranti al glutine. A questo scopo si può adoperare da solo o, più comunemente, mescolato alla farina di riso o alla fecola di patate. È necessario però, che il prodotto abbia la dicitura "senza glutine". Si utilizza ad esempio con latte di soia per preparare una crêpe per intolleranti sia alla farina, sia al latte; la pasta di questa crêpe è anche prodotta senza uova, per intolleranti a questi tre principali allergeni. Nell'industria alimentare, oltre agli impieghi suddetti, viene anche adoperato come additivo antiagglomerante, ad esempio nella produzione dello zucchero a velo, o addensante, come nel confezionamento di insaccati. Trova impiego anche nella produzione di birra (in parziale sostituzione del più tradizionale orzo, dato il suo costo minore).


mais
In botanica, il mais è conosciuto come Zea mais: pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Graminaceae, originaria dell'America centrale ed attualmente assai diffusa e coltivata un po' in tutto il mondo. L'importanza botanica va attribuita agli stimmi, i quali pendono al di fuori delle brattee formando una sorta di barba. Pochi sono a conoscenza del fatto che la comune “pannocchia”, in realtà è una spiga: più precisamente, le infiorescenze maschili costituiscono una pannocchia terminale, mentre quelle femminili (nella pianta medesima) formano una spiga, avvolta da grandi brattee. Il mais, dopo il riso ed il frumento, si è conquistato il primato all'interno dell'alimentazione umana. Dal punto di vista chimico, dal mais si ricavano oli essenziali, flavonoidi, fitosteroli, mucillagini, tannini, alcaloidi e sali di potassio.
Macinata finemente, la farina di mais trova largo impiego nella produzione di polente; in base alla macinatura del mais, si ottengono farine a diversa granulometria, fattore rilevante per il risultato del prodotto finale. Nonostante sia l'ingrediente protagonista nella produzione di polente, non dev'essere dimenticato che la farina di mais è utilizzata anche per la preparazione di sformati, tortillas messicane, crèpes, pasta, dolci e tanti altri prodotti culinari.

12 CONSERVE (2^ Edizione)


Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).