mercoledì 7 giugno 2023

RISOTTO AGLI AGRUMI

per il brodo
Cipolle dorate 1
Pepe nero in grani 3
Acqua 2 l
Sale grosso q.b.
Carote 1
Scorza d'arancia 1
Scorza di limone 1
per il risotto
Riso Carnaroli 320 g
Mascarpone 100 g
Arance 1
Limoni 1
Cipolle dorate piccola 1
Olio extravergine d'oliva 15 g
Vino bianco secco 35 g
Pecorino romano 25 g
Sale fino q.b.
Pepe nero q.b.
Timo q.b.
Mondate la cipolla e tagliatela a metà. Ponetela sul fuoco in un tegame piuttosto capiente con il taglio rivolto verso il basso.
Pelate la scorza dell'arancia e del limone, ottenendo dei pezzi di scorza piuttosto grandi. Tagliate la carota ben lavata in pezzi. Non appena la cipolla sarà ben dorata aggiungete l’acqua, le carote e le scorze di arancia e di limone, i grani di pepe nero e un cucchiaio di sale grosso. Portate a bollore e lasciate cuocere per circa un'ora. Dopodichè filtrate il tutto e mantenete il brodo in caldo.
Tagliate l'arancia ed il limone pelati a dadini cercando di non perdere i succhi. Tritate finemente la cipolla e lasciatela imbiondire in un tegame insieme all'olio, aggiungendo un mestolo di brodo per farla stufare dolcemente. Quando il brodo sarà evaporato  e la cipolla risulterà ben appassita aggiungete il riso. Tostatelo a fuoco medio-dolce per circa 2 minuti mescolando spesso, quindi sfumate con il vino bianco. Non appena l'alcool sarà evaporato versate un mestolo di brodo e proseguite la cottura per circa 15-18 minuti aggiungendone altro al bisogno e mescolando. Al termine regolate di sale e di pepe. Aggiungete anche i dadini di agrumi e mescolate per amalgamare il tutto. Spegnete il fuoco e aggiungete il mascarpone. Mescolate e aggiungete il pecorino. Unite le foglioline di timo e servite ancora caldo.

2 PRIMI PIATTI (2^ Edizione)

In queste 330 pagine sono raccolte oltre 200 ricette di primi piatti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. I primi piatti sono una particolarità italiana. Un bella tradizione. Ne conosco e cucino tantissimi, come si è soliti dire di mare e di monti. Mi piacerebbe presentarveli, nella speranza che incontrino il vostro favore e li possiate cucinare. Un augurio che li gustiate insieme ai vostri amici in un fantastico convivio. Magari brindando alla mia salute.
 


Stoccafisso in tutti i modi

STOCCAFISSO ACCOMODATO
800 grammi di stoccafisso già bagnato,
mezzo chilo di patate,
un cucchiaio di capperi,
200 grammi di olive taggiasche in salamoia,
qualche pomodoro maturo,
prezzemolo tritato,
2 spicchi d'aglio,
sale e pepe.
Scottate lo stoccafisso in acqua bollente e lo pulitelo eliminando le spine e la pelle. Pulite le patate e tagliatele a pezzetti; in un tegame di terracotta mettete l'aglio e il prezzemolo tritato, i capperi e un cucchiaio di pinoli, a scelta qualche acciuga salata diliscata.
Una volta rosolato il tutto aggiungete le olive, i pomodori maturi e lo stoccafisso pulito. Quando comincerà a bollire aggiungete le patate e se necessario del brodo vegetale, del pepe a mulinello e quando saranno pronte le patate, spegnete e servite ben caldo.
  
STOCCAFISSO AL VERDE
stoccafisso bagnato, g 700,
due trippe di stoccafisso (beli),
due patate,
prezzemolo,
due spicchi di aglio,
qualche gheriglio di noce,
mezzo bicchiere d'olio,
sale.
Cuocere in acqua lo stoccafisso e le trippe tagliate a listarelle e a metà cottura aggiunge le patate. Quando l'acqua si è completamente consumata, si versano il mezzo bicchiere di olio e le noci pestate al mortaio. In ultimo spolverizzare con aglio e prezzemolo tritati.
 
STOCCAFISSO ALLA BADALUCCHESE
1 kg di stoccafisso (meglio se di qualità ragno), 2 kg se lo si compra già ammollato;
1 litro di brodo;
250 ml di olio extravergine di oliva;
prezzemolo;
4 spicchi di aglio;
1 cipolla media;
4 acciughe sotto sale;
20 cl di vino bianco secco;
120 g tra nocciole, pinoli e gherigli di noci tostati in padella e pestati nel mortaio;
un amaretto pestato;
100 g di olive nere taggiasche;
30 g di funghi secchi;
peperoncino;
sale.
Tritare aglio, prezzemolo e cipolla. In acqua tiepida far rinvenire i funghi, strizzarli e tritarli. Fare lo stesso con le acciughe dopo averle pulite. Soffriggere questi ingredienti insieme ai pinoli, alle nocciole, alle noci e all'amaretto pestato. Salare pochissimo. Irrorando con vino bianco, preferibilmente Vermentino, e aggiungendo le olive, si otterrà un ottimo intingolo. Nel frattempo tagliare in grossi pezzi lo stoccafisso, che se secco dovrà essere stato precedentemente a mollo per alcuni giorni. Lessarlo per un quarto d'ora in acqua salata; quindi togliere la pelle, le spine, e le lische. Parte di queste ultime andrà disposta sul fondo di una casseruola a bordo alto, su cui si verserà un primo strato di stoccafisso. Proseguire alternando le une all'altro, bagnando con l'intingolo. Lasciare al centro della vivanda un vuoto di sette-otto centimetri, il pozzetto. Cuocere a fuoco lento per circa 4 ore, irrorando dall'alto lo stoccafisso con il liquido pescato dal pozzetto centrale, che si dovrà mantenere sempre pieno. Se necessario aggiungere del brodo.
Talvolta nelle ricette c’è persino un fondamento eroico. Insegna la storia che per secoli, a partire dal 700 dopo Cristo, i Saraceni fecero scorribande lungo le nostre coste e nel nostro entroterra. Narra la leggenda che gli abitanti di Badalucco, in valle Argentina, riuscirono a resistere a un lungo assedio saraceno grazie alle scorte di stoccafisso e riuscirono, questo è storia, addirittura a respingere sul mare gli invasori. Ogni anno in questo antico paese l'avvenimento viene ricordato durante la sagra dello stoccafisso, che si svolge la terza domenica di settembre. In quella occasione lo si cucina così.

STOCCAFISSO CON LE FAGIOLANE DI TORZA
stoccafisso,
fagiolane (preferibilmente di Torza),
aglio,
prezzemolo,
acciughe,
capperi,
olio extravergine di oliva.
Lasciare lo stoccafisso a bagno per circa una settimana, quindi lessarlo. Cuocere le fagiolane a fuoco lento per almeno due ore ed unirle allo stoccafisso. Condire con una salsa preparata con un trito di aglio, prezzemolo, acciughe e capperi, e amalgamata con l'olio di oliva.

STOCCAFISSO CON OLIVE
stoccafisso,
patate (meglio se ti varietà quarantina),
olive in salamoia,
capperi sotto sale,
prezzemolo,
sedano,
cipolla,
vino pigato,
olio extravergine di oliva di Arnasca.
Tagliare le patate di varietà quarantina, in fette di circa un dito di spessore. Approntare un battuto di prezzemolo, sedano carota, cipolla, capperi e farlo soffriggere per qualche minuto in abbondante olio. Dopodiché aggiungere di tanto in tanto qualche cucchiaio acqua alternato a cucchiai di vino pigato. Salare e lasciare al fuoco, moderato, fino a che le patate non saranno cotte.
 
STOCCAFISSO IN UMIDO
600 g di stoccafisso bagnato,
20 g di funghi secchi,
2 acciughe salate,
1 spicchio d'aglio,
2 pomodori,
mezza carota,
prezzemolo,
1 gamba di sedano,
1 cipolla,
pinoli,
olive taggiasche,
4 patate (preferibilmente quarantine),
1 bicchiere di vino bianco,
olio,
sale,
pepe.
Pulire lo stoccafisso dalle lische e dalla pelle e tagliarlo a pezzi di media grandezza. Intanto far rosolare le acciughe tritate con i sapori e i funghi precedentemente ammollati, quindi unirvi lo stoccafisso, farlo colorire; poi versarvi i pomodori in pezzi, privati della pelle e dei semi, e anche le patate tagliate. Infine aggiungere il vino, il sale, il pepe, i pinoli e le olive. Coprire e far cuocere per quaranta minuti circa a fuoco lento, aggiungendo di tanto in tanto acqua calda.

18 PAT LIGURI (2^ Edizione)
 
In queste 448 pagine sono raccolte oltre 500 schede di prodotti e ricette. PAT, prodotti agroalimentarei tradizionali.  E' questo il marchio con cui l'Italia tutela e valorizza i prodotti tipici. Regione per regione viene stilato un elenco di prodotti e preparazioni da salvaguardare. Si tratta di migliaia di elementi che fanno del nostro paese quello con la più alta biodiversità alimentare del mondo. In questo volume si analizzano i PAT liguri.

3 SECONDI PIATTI (2^ Edizione)

In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 ricette di secondi piatti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Amo stare ai fornelli. Amo scovare nei mercatini prodotti deliziosi. Li assemblo in ricette che i miei commensali trovano squisite. Se anche voi condividete la mia passione ecco che vi rivelo i miei piccoli segreti. Anche voi avrete il successo che meritate. Secondi piatti succulenti, raffinati, delicati, gustosi, intriganti. Provate a cucinarli. A migliorali. Se ci riuscite fatemelo sapere. La cucina è un'arte che si pratica anche condividendola.


CAPONATA


caponata
Aceto 1/2 bicchiere
Basilico qualche foglia
Capperi dissalati 3 pugni
Cipolle 2 grosse
Melanzane 1 kg
Olio extravergine d'oliva q.b.
Olive in salamoia snocciolate 200 gr
Pinoli 60 gr
Pomodori da salsa 500 gr
Sale grosso q.b.
Sedano gambi 600 gr
Zucchero 50 gr
Lavate, mondate e tagliate a cubetti, di circa 1,5 cm di lato, le melanzane (del tipo allungato) e disponetele a strati in un colapasta o setaccio, spolverizzandole con del sale grosso, affinché perdano l’amaro. Lasciatele riposare così per almeno un'ora.
Intanto, tagliate i gambi di sedano a listerelle e sbollentateli dentro ad una pentola con dell’acqua salata, poi scolateli, asciugateli con della carta da cucina e soffriggeteli in olio d’oliva a fuoco basso.
In un'altra padella, fate soffriggere in olio d’oliva le cipolle affettate, e unite, quando saranno appassite, i capperi dissalati, i pinoli e le olive denocciolate, facendo soffriggere il tutto per altri 10 minuti.
A questo punto aggiungete i pomodori spezzettati o tagliati a cubetti e fate cuocere per circa 20 minuti a fuoco vivace. Intanto scolate e sciacquate le melanzane, asciugatele con la carta da cucina e friggetele in olio di oliva dentro ad una capiente padella, nella quale dovrete unire tutti gli ingredienti da voi precedentemente preparati.
Quando le melanzane saranno ben rosolate, unite i gambi di sedano, il composto con i pomodori e amalgamate bene il tutto a fuoco basso. Cospargete poi gli ingredienti in padella con lo zucchero e aggiungete il mezzo bicchiere d'aceto, cuocendo ancora a fuoco moderato fino a che l’odore dell’aceto sarà sfumato. A questo punto la vostra caponata è pronta: lasciatela raffreddare e servitela con delle foglie di basilico intere e spezzettate.
La caponata è un noto piatto siciliano, molto usato nelle feste natalizie, composto da verdure fritte e condite con salsa agrodolce; esiste una ricetta base e molte varianti, con nomi leggermente diversi, come ad esempio la “caponatina”, che è simile alla caponata negli ingredienti, ma diversa nella preparazione; non è agrodolce, ed assomiglia di più ad una parmigiana. L’origine del nome caponata, è incerta: secondo alcuni sarebbe una parola di derivazione catalana, ricetta che prevedeva tra gli ingredienti dei pesci, tra i quali il “pesce capone” e molluschi come il polpo, ed è successivamente entrata nella tradizione regionale come piatto povero con le verdure al posto del pesce; altra attinenza con la Spagna la troviamo con la parola “capon”, che era un biscotto consumato dai marinai spagnoli. Secondo altri il nome caponata discenderebbe dal termine marinaro “cappone”, cioè grosso paranco o dal termine latino cauponae, ovvero il nome delle taverne romane dove certamente questo piatto era sempre pronto per essere servito. Una cosa è certa: in antichità la caponata era molto diversa da quella che conosciamo oggi; infatti, fino al Seicento non si conosceva la melanzana, mentre il sedano, conosciuto fin dall'antichità, non veniva usato in cucina ma solo a scopo decorativo.



4 CONTORNI (2^ Edizione)

In queste 136 pagine ho raccolto oltre 90 ricette di contorni pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Contorni è una parola ingiusta, riduttiva, come se si trattasse di una ricetta secondaria che trova la sua giustificazione nell'essere abbinata a qualcosa di più importante. Invece, specialmente oggi che optiamo per una cucina più leggera, i contorni assurgono alla dignità di piatti a tutto tondo. Gustateli anche da soli, alla stregua di piatti unici, per uno spuntino sfizioso. Provate a cucinarli. A migliorali. Se ci riuscite fatemelo sapere. La cucina è un'arte che si pratica anche condividendola.


ZUPPA INGLESE

per la crema pasticcera al cioccolato
Panna fresca 250 ml
Latte 250 ml
Uova 125 gr di tuorli
Zucchero 125 g
Vaniglia mezza bacca
Maizena 20 g
Farina 20 g
Cioccolato fondente 100 gr
dosi per 8 coppette
Latte 500 ml
Uova 6 tuorli
Maizena 40 g
Zucchero 150 g
Vaniglia 1 baccello
per la bagna
Acqua 200 ml
Zucchero 100 g
Alchermes 100 ml
Savoiardi 40 g
Preparate una crema pasticcera, e una crema pasticcera al cioccolato  quindi lasciatela raffreddare. Prendete 8 coppette della capienza di circa 200 ml e tagliate i savoiardi della dimensione delle coppette scelte. In un pentolino fate uno sciroppo facendo disciogliere lo zucchero nell'acqua e aggiungete poi l'alchermes rosso e lasciate raffreddare. Una volta freddo inzuppate i savoiardi nella bagna ottenuta e disponete sul fondo di ognuna di esse i savoiardi spezzettati e intrisi di Alchermes; servendovi di un cucchiaio o di una sacca da pasticcere,disponete un primo strato di crema al cacao, poi spezzettate un altro savoiardo, intingetelo nel liquore e adagiatelo sopra la crema al cacao. Distribuite un secondo strato di crema pasticcera chiara e, infine, con la tasca da pasticcere, formate un grande ciuffo di crema al cacao sulla superficie di ogni coppa. Utilizzate i restanti savoiardi per decorare le coppe di zuppa inglese, spezzandoli, intingendoli nell’Alchermes e disponendoli aggraziatamente.
La zuppa inglese è un dolce al cucchiaio italiano, a base di pan di Spagna imbevuto in liquori (quali l'alchermes e il rosolio) e di crema pasticcera. Conosciuto ovunque in Italia, è particolarmente diffuso in Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio; in ciascuna di queste regioni sono tipiche alcune piccole variazioni alla ricetta di base.
Aspetto e varianti
Il dolce si prepara sovrapponendo strati di pan di Spagna o savoiardi inzuppati in diversi liquori (spesso l'Alchermes) e usando la crema pasticcera. A volte si prepara in una teglia trasparente, di modo da far risaltare la colorazione a strati rosati e gialli che assume. Il dolce viene quindi tenuto in frigo, affinché assuma compattezza e per preservare la freschezza degli ingredienti. È un dolce che presenta alcune varianti; oltre alla crema pasticcera, a volte si usa anche quella al cioccolato, contribuendo così non solo al gusto, ma anche alla presentazione molto colorata di questo dolce casalingo. In alcune ricette compare la marmellata di albicocche, molto amata dai pasticceri ottocenteschi, e in altre le composte di frutta. Altre ricette ancora integrano la preparazione con il caffè, avvicinandola per qualche verso al tiramisù. Alcuni, infine, aggiungono una nota di cannella. A Ferrara, al posto del pan di Spagna, è più comune l'utilizzo della brazadela, il tipico e semplice biscotto fatto in casa.
Storia
La zuppa inglese è senz'altro un dolce italiano, ma l'origine e l'etimologia del nome sono estremamente dubbie e non esiste documentazione in merito. Ciononostante sono sorte diverse leggende relative alla sua nascita, in cui se ne attribuisce l'invenzione a varie regioni d'Italia oppure ad alcune nazioni europee.
Il nome compare già alla fine dell'Ottocento nella "bibbia" della cucina italiana scritta da Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. La ricetta è la n. 675.
Il dolce è diffuso almeno fin dall'Ottocento nella cucina emiliana e romagnola (zone di Bologna, Parma, Modena, Forlì, Ferrara, Ravenna e Reggio Emilia).
Anche in Toscana la zuppa inglese è diffusa almeno dal XIX secolo, anche se l'Artusi sente l'esigenza di informare i toscani della differenza esistente tra la crema da essi preparata abitualmente e la crema pasticcera necessaria per la preparazione della zuppa inglese.
Nelle Marche, e in particolare in Ancona, l'uso di questo dolce è parimenti documentato sin dalla metà dell'Ottocento; i viaggiatori inglesi nelle Marche si stupivano molto del nome, non avendo mai visto in patria questo dolce. Interessante è la spiegazione che ricevevano dagli italiani, ossia che il termine inglese era inteso come sinonimo di amante dell'alcol, come si riteneva fossero gli inglesi, in quanto la ricetta prevede obbligatoriamente l'uso di liquori.
L'ipotesi dell'origine francese

In mancanza di documenti esistono diverse tesi sull'origine della preparazione. Alcune delle leggende sul nome dichiarano che essa in realtà sia stata inventata in terra francese durante la Guerra dei cent'anni e proprio per schernire il rivale inglese fu nominata "zuppa inglese"; queste fonti non trovano riscontro provato ma alcuni accenni su questa leggenda sono presenti in scritti dell'epoca. Rimane il fatto che questa ricetta non trova riscontri nella culinaria francese dell'epoca ed è quindi da ritenere una leggenda.

L'ipotesi dell'origine inglese

Sebbene la sua origine non sia certa, secondo alcuni la sua denominazione tradirebbe la derivazione dalla ricca e creativa cucina inglese del periodo elisabettiano. In questo caso la zuppa inglese sarebbe il corrispettivo del trifle, originalmente composto di una base di pasta morbida lievitata, intriso di vino dolce (infusi, poi madeira, porto o simile) arricchito di pezzetti di frutta, o frutti di bosco, e coperto da crema pasticcera (custard) e panna o crema di latte (double cream). Il trifle sembra fosse un modo di recuperare gli avanzi dei ricchi pasti dell'epoca. Il termine trifle è ancora sinonimo in Inghilterra di qualcosa di minore. La versione odierna del trifle, tradizionalmente compromessa dal rigore del puritanesimo e gli stenti della rivoluzione industriale, è a volte preparata con una sorta di crema senza uova (bird's Custard) al posto della crema pasticcera, e gelatina di frutta (fruit jelly), con tono alcolico generalmente basso.

L'ipotesi dell'origine emiliana e rinascimentale dal trifle inglese

Le origini del dolce italiano si collocano secondo questa ipotesi nel 1500, presso la corte dei duchi d'Este quale rielaborazione di un dolce rinascimentale anglosassone, il trifle, considerato un po’ la madre di tutti i dolci, fatto con crema e pan di Spagna, il tutto innaffiato da bevande alcoliche (per esempio lo Sherry di Cadice). I contatti commerciali e diplomatici con la casa reale britannica erano frequenti, ed l'ipotesi sostiene che sia stato proprio un diplomatico di ritorno da Londra a richiedere ai cuochi di corte di riassaggiare il trifle. Lo stesso sarebbe accaduto anche in Toscana. Nei vari tentativi la ricetta sarebbe stata rielaborata dapprima sostituendo la pasta lievitata all'inglese con una ciambella di uso comune nella zona emiliana: la bracciatella. La bracciatella veniva cotta in forma di ciambella e consumata con accompagnamento di vino dolce, così come era in uso frequente anche per altri dolci, come i cantucci. Seguendo la tesi rinascimentale, si può supporre che la preparazione sia divenuta comune e che, nell'intento di portarla al rango di dolce gentilizio e non popolare come il suo cugino inglese, si sia provveduto a ingentilirlo ulteriormente sostituendo la bracciatella con il Pan di spagna e la panna con la crema pasticcera. Col tempo questo trifle modificato avrebbe preso poi il nome di "zuppa inglese". La presenza dei due liquori quali l'Alchermes e il Rosolio supporta la tesi rinascimentale, dato che sono entrambi di origine medioevale. Gli infusi di fiori erano già di gran moda nel basso medioevo; l'Alchermes, invece, è probabilmente successivo alla riapertura delle vie commerciali con gli arabi, da cui si importava l'ingrediente che lo rende rosso: la cocciniglia. Il nome, infatti, deriva da al quermez che, appunto, significa cocciniglia. Nel Rinascimento entrambi furono noti e molto usati, ma mantennero la loro importanza sino all'Ottocento.

L'ipotesi dell'origine toscana ed ottocentesca

La preparazione, così come oggi è conosciuta, fa forse la sua comparsa nel modenese verso la prima metà dell'Ottocento.
Leo Codacci, in Civiltà della tavola contadina, afferma che la zuppa inglese sarebbe stata "inventata" da una donna di servizio di una famiglia inglese residente sulle colline di Fiesole. Quella contadina toscana, avvezza da generazioni a non gettare niente di quanto restava sulla tavola, non riusciva a buttare via il pasto consumato, a base di biscotti soprattutto, come se fosse una piccola merenda. Volendo fare economia anche in casa di chi non ne aveva bisogno, la domestica pensò di utilizzare quella grazia di Dio e di mescolare gli "avanzi" dei biscotti, della crema pasticceria (la crema inglese è fatta senza farina, mentre la crema pasticcera ha indispensabilità di farina) e del budino di cioccolato. Poiché i biscotti del giorno prima erano divenuti secchi, per ammorbidirli li inzuppò con il vino dolce. L'unico elemento che risulterebbe a favore di questa tesi è la presenza del cacao, che divenne di uso comune durante il Seicento.

Le ipotesi dell'origine napoletana, romana o senese

Non manca neanche un'ipotesi sull'origine napoletana della zuppa inglese. A Napoli, durante la Repubblica Partenopea, l'ammiraglio Francesco Caracciolo venne sconfitto da Nelson. Re Ferdinando I°, al quale gli inglesi avevano restituito il trono, volle onorarli dando una festa in onore dell'ammiraglio inglese. Al momento di servire il dessert, che il cuoco che avrebbe preparato con avanzi di dolci secchi, rum e crema pasticcera, il maggiordomo avrebbe detto al cameriere: "Porta questa zuppa all'inglese!". Una variante dice che il dolce sarebbe stato preparato all'ultimo momento per sostituire quello fatto cadere maldestramente in terra da un cameriere. Altri autori, invece propendono per un'origine romana, oppure senese.


5 DESSERT (2^ Edizione)

In queste 400 pagine sono raccolte oltre 250 ricette di dessert pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dessert. Che delizia. Buoni da gustare, belli da ammirare. Ne ho una passione sfrenata. Questo volume è dedicato a chi come me condivide l'amore per il dolce. Tantissime preparazioni di base, paste, creme, semilavorati, piccola, media e grande pasticceria. Semplicissimo e complesso.