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domenica 12 marzo 2023

CONOSCERE GLI ORTAGGI DA RADICE

La barbabietola (Beta vulgaris L., 1753) è una pianta appartenente alla famiglia Chenopodiaceae. Ne esistono diverse qualità: da orto, da foraggio, destinate all'alimentazione del bestiame, quelle da zucchero.
La barbabietola è una pianta erbacea biennale a radici fittonanti, raramente perenne, con fusti che possono arrivare a 1-2 m di altezza. Le foglie sono a forma di cuore, lunghe 5-20 cm nelle piante selvatiche (spesso molto più grandi nelle piante coltivate). I fiori sono molto piccoli, dal diametro di 3-5 mm, di colore verde o rossastro, con cinque petali; sono raccolti in dense spighe ed hanno un'impollinazione anemofila. Il frutto è costituito da un gruppo di dure noci.
Le parti commestibili della barbabietola sono le foglie (bieta o bietola) e le radici.
La bieta fa la sua comparsa già nel mondo greco. Teofrasto ne parla col nome di τεῦτλον (tèutlon). A Roma ne parlano Plinio il Vecchio e Columella. La Beta, infatti, veniva usata non solo come cibo, ma anche come medicinale.
Già nel XV secolo era assai diffusa la sua coltivazione, soprattutto nei monasteri. Inizialmente veniva coltivata per le sue foglie, in seguito si diffuse anche il consumo della radice (specialmente la variante rossa).
Lo sviluppo delle colture di barbabietola è strettamente legato alla scoperta dello zucchero che se ne può estrarre.
Nel XVII secolo l'agronomo francese Olivier de Serres annotò che la barbabietola cotta produce un succo simile allo sciroppo di zucchero, ma questa affermazione non ebbe seguito.
Finalmente nel 1747 il chimico prussiano Andreas Sigismund Marggraf dimostrò che i cristalli dal sapore dolce ricavati dal succo di barbabietola erano gli stessi che si ottenevano dalla canna da zucchero, ma non andò oltre. Fu un suo allievo, Franz Karl Achard, che cominciò a produrre commercialmente lo zucchero, aprendo una prima fabbrica nel 1801 a Cunern, nella Bassa Slesia (al tempo regione prussiana, oggi in Polonia).
Ai primi dell'Ottocento, comunque, lo zucchero di canna era ancora diffusissimo. Ma le guerre napoleoniche, con il blocco dell'importazione dello zucchero di canna (1806), fecero sì che la sperimentazione sulle barbabietole procedesse più speditamente, finché nel 1811 alcuni scienziati francesi mostrarono a Napoleone dei panetti di zucchero estratto da barbabietola: l'imperatore ne ordinò la coltivazione (su ben 320 km² di terreno) e, grazie anche all'intervento del finanziere ed imprenditore Benjamin Delessert, che aprì in Francia il primo stabilimento ove si estraeva lo zucchero dalla barbabietola con il metodo di Achard opportunamente perfezionato, nel giro di pochi anni sorsero più di 300 fabbriche di zucchero da barbabietola in tutta Europa.
Oggi l'Europa coltiva 120 milioni di tonnellate di barbabietole e produce 16 milioni di tonnellate di zucchero bianco; la Francia e la Germania sono i maggiori produttori ma, eccettuato il Lussemburgo, tutti i paesi dell'Unione europea estraggono zucchero dalle barbabietole in quantità tale da soddisfare il 90% del fabbisogno.
In Italia la barbabietola viene coltivata dalla fine del XVII secolo, specialmente nella valle padana e nelle province di Ferrara, Ravenna, Mantova e Rovigo.
La barbabietola viene coltivata nei paesi a clima temperato.
È una pianta a ciclo biennale: nel primo anno nella radice si accumulano riserve sotto forma di zucchero, nel secondo si sviluppa il fusto fiorifero. In coltura, per poter estrarre lo zucchero, la pianta viene estirpata al completamento dello sviluppo del primo anno.
Nelle regioni settentrionali viene seminata in primavera e raccolta a partire dalla fine di agosto. Nel meridione, per ridurre le contrazioni della resa in radici e in zucchero, dovute alla maggiore intensità dei processi respiratori causata dalle temperature più alte, si coltiva invece a ciclo autunno-primaverile, con raccolta in estate. Gradisce un terreno di medio impasto, neutro o appena basico, e ben drenato, ma è una delle specie agrarie che si adatta meglio ai terreni argillosi, purché ben sistemati dal punto idraulico.
Le barbabietole vengono coltivate come foraggi, per lo zucchero (es. barbabietola da zucchero), come ortaggio a foglia (bietole), o come tubero (" barbabietole", "barbabietola da tavola", o "barbabietole da giardino" o, in piemontese, "biarava"). I tuberi coltivati più diffusi includono:
"Albina Vereduna", una varietà bianca.
"Golden Burpee's", una barbabietola con la buccia rosso-arancio e polpa gialla.
"Chioggia", una varietà a impollinazione originariamente coltivata in Italia. Gli anelli concentrici delle sue radici bianche e rosse sono di grande impatto visivo quando affettate. Essendo una varietà storica, la Chioggia non ha subito processi di miglioramento e presenta concentrazioni relativamente elevate di geosmina.
"Detroit" di colore rosso scuro e con concentrazioni relativamente basse di geosmina, è una coltivazione commercialmente popolare negli Stati Uniti.
"Barbabietola indiana" non è dolce come la barbabietola occidentale ma più nutriente[senza fonte]
"Lutz Greenleaf", una varietà con una radice rossa e foglie verdi, e nota per la sua capacità di conservarsi in magazzino senza alterazione della qualità.
"Red Ace", per il suo tipico colore rosso brillante nel tubero e con fogliame verde venato di rosso.
Il sapore di "terra" di alcune tipologie di barbabietola deriva dalla presenza di geosmina. I ricercatori non hanno ancora chiarito se sono le stesse barbabietole a produrre geosmina, o se è prodotta dai microbi simbiotici del terreno che vivono nella pianta. Tuttavia, esistono programmi di riproduzione in grado di produrre coltivazioni con livelli di geosmina bassi rendendo il sapore più accettabile per i consumatori.
Oltre ad essere ricca di zuccheri, sali minerali e vitamine ed altre sostanze utili, alla barbabietola si attribuiscono proprietà dietetiche e salutari: assorbe le tossine dalle cellule e ne facilita l'eliminazione, è depurativa, mineralizzante, antisettica, ricostituente, favorisce la digestione, stimola la produzione di bile e rafforza la mucosa gastrica, cura le anemie, le infezioni del sistema cerebrale, stimola la produzione dei globuli rossi, scioglie i depositi di calcio nei vasi sanguigni e ne impedisce l'indurimento, infine stimola il sistema linfatico.
Il succo di barbabietola negli ultimi anni è stato a lungo studiato per le sue proprietà stimolanti, specialmente in ambito sportivo. Grazie al suo alto contenuto di nitrati sarebbe in grado di potenziare il rendimento muscolare in maniera del tutto naturale. Secondo una ricerca dell'Università di Exeter (Inghilterra), il succo di barbabietola sarebbe in grado di migliorare il rendimento degli atleti. Il succo somministrato ad un team di ciclisti, ha dimostrato un incremento della loro velocità superiore al 2,5%
Gli scarti di lavorazione della barbabietola e della canna da zucchero vengono utilizzati per produrre materie plastiche biodegradabili come la MINERV PHA.
È un ortaggio da radice che ha tantissimi nomi, anche se corrisponde sempre a una sola pianta: la Beta vulgaris, una varietà della quale, la bietola da coste, appartiene agli ortaggi da foglia.
Se la pianta è, infatti, la stessa, la differenza è data dal fatto che la barbabietola, come la barbabietola da zucchero (che non si mangia) ha una radice che si ingrandisce diventando riserva di sostanze nutritive, mentre le foglie rimangono più piccole almeno nella prima parte della crescita, quando l’ortaggio si raccoglie. La radice rigonfia serve alla pianta per poter superare le avversità della stagione invernale, e proprio per questo è abbastanza ricca in zuccheri, da cui il suo sapore dolciastro.
È una pianta particolarmente ricca di vitamine e di antiossidanti, ed è proprio per questo motivo che è molto ricercata nella cucina salutistica e, per la bassa concentrazione energetica, nelle diete.
Negli ultimi anni è molto studiato anche il succo di barbabietola, che viene estratto e venduto a parte come una bevanda stimolante, a causa dello zucchero che mette rapidamente a disposizione dei muscoli.
manioca
La manioca, detta anche tapioca o yuca, è una radice tuberosa che cresce in molti paesi dell’area tropicale e subtropicale del mondo. Appartiene alla specie Manihot esculenta, è coltivata da tantissimi anni e, sebbene le varietà che producono radici tuberose abbastanza grandi da essere commestibili siano tutte frutto della selezione umana, è una pianta piuttosto rustica. La sua forma è allungata, la polpa è bianca come quella delle patate a polpa bianca e può raggiungere una lunghezza anche di 80 cm, mentre il diametro rimane sempre piccolo, cinque centimetri al massimo. All’interno è presente un cavo legnoso che deve essere rimosso prima di poterla mangiare. Gli utilizzi sono, né più e né meno, quelli della normale patata: può essere bollita, schiacciata in purè, ma anche cotta al vapore oppure fritta e arrostita, e anche il sapore non è diverso da quello della patata. La sua componente principale, proprio come per la patata, è l’amido, per cui questo ortaggio ha un alto indice glicemico; avendo molto amido è possibile anche estrarlo, ottenendo così un addensante simile alla fecola di patata (o alla fecola di mais, che è sempre amido). Inoltre, se la manioca viene fatta fermentare, si ottengono anche alcune bibite alcoliche.
La tapioca è molto conservabile perché contiene pochissima acqua, e questo permette la sua esportazione su mercati anche molto lontani (altre colture come l’igname, tipico delle stesse zone, non riescono ad arrivare qui da noi); alcune avversità ambientali spesso impediscono la crescita della pianta, e questo sfavorisce le grandi produzioni dell’ortaggio. Per quanto riguarda la stagionalità, la tapioca si estrae quando inizia la stagione secca, cioè quando la pianta mette le sostanze necessarie alla sua sopravvivenza nella radice tuberosa. In Italia la tapioca non viene coltivata perché, nonostante la pianta sia in grado di crescere, non avrebbe le condizioni che la porterebbero alla formazione della radice tuberosa, la parte commestibile.

topinambur
Il Topinambur, detto anche Rapa Tedesca o Carciofo di Gerusalemme (per il suo sapore simile al carciofo) è una pianta da tubero appartenente alla specie Heliantus tuberosus, che fa parte dello stesso genere del girasole (Heliantus annuus), per cui botanicamente è molto differente dalle patate, anche se l’uso che se ne fa è simile. Il fiore, tra l’altro, di un giallo vivo, somiglia molto a quello del girasole, così come la sua tendenza a girare in tondo per seguire la direzione del sole (fenomeno detto eliotropismo).
Il fusto è composto da una parte che sporge fuori dal terreno, simile al fusto di altre piante erbacee come appunto il girasole, e una parte che si trova sotto terra che alla fine della stagione, quando la pianta inizia a seccare, si ingrandisce e forma il tubero, che è la parte commestibile della pianta. Il tubero si forma generalmente in inverno o comunque in tardo autunno, quando viene raccolto.
Nonostante il tubero sia potenzialmente in grado di produrre altre piante, in questo caso la riproduzione avviene principalmente tramite il fiore, con i semi che cadono per terra, quindi il Topinambur si trova nella situazione esattamente opposta a quella delle patate. Tuttavia, lasciando dei tuberi per terra nascerà una nuova pianta di Topinambur.
In Italia il Topinambur è una pianta ubiquitaria, ovvero cresce in tutte le regioni indistintamente tranne che in Sardegna, poichè isolata dalle acque; è molto comune, anche se è considerata una pianta esotica perché non è originaria delle nostre zone bensì dell’America, importata come tanti altri prodotti nel XV secolo.
Il Topinambur si consuma in inverno, perché non è particolarmente conservabile; si consuma generalmente cotto ma, visto che non è una pianta solanacea e quindi non contiene sostanze tossiche come le solanine delle patate, si può mangiare anche crudo, presentando in questo caso un diverso sapore.
È una pianta indicata per le persone diabetiche grazie al suo alto contenuto di inulina, che è una catena di glucosio (come l’amido) ma legato in un modo che l’organismo non è in grado di scindere. Si comporta quindi come se fosse fibra vegetale, e viene scissa solamente dai batteri intestinali. Comportandosi come fibra, è fortemente aerogena, ma viene assorbita molto lentamente (e solo in parte) dall’organismo, così che non aumenta la glicemia, fattore invece tipico delle patate, permettendo di nutrirsi evitando di peggiorare la situazione metabolica dei soggetti che soffrono di diabete. L’inulina ha inoltre l’effetto attivo di abbassare la concentrazione di colesterolo e acidi urici plasmatici, nonché quello di stabilizzare il glucosio ematico.

oca
Nonostante sia una pianta poco conosciuta perché cresce soprattutto in America Meridionale, in particolare nella catena montuosa delle Ande, l’Oca non è rara da trovare nei mercati italiani. Il suo nome scientifico è Oxalys tuberosa, ed è una pianta erbacea che appartiene alla famiglia delle Oxalidacee, di cui alcuni esponenti che nascono qui da noi e sono ad essa correlati sono alcune piante trifogliate (ma non il trifoglio vero e proprio!), che si può vedere come erba da prato. Tuttavia non è correlata né con le patate, né con il Topinambur, dal punto di vista della botanica.
Della pianta si possono consumare sia le foglie che i germogli, come verdura fresca (che non si trova in Italia per problemi di conservazione) sia il tubero che è invece quello disponibile nei mercati.L’oca ha un periodo di maturazione molto lungo che può superare gli otto mesi, e termina nel corso dell’inverno, quando si forma il tubero. Molto sensibile alle condizioni atmosferiche (per cui non è sempre disponibile) quando la pianta termina la sua maturazione, si forma il tubero che la aiuta a sopravvivere all’inverno. Il sapore del tubero è acidulo e piccante, e la consistenza è simile a quella della carota se consumato crudo (anch’esso, come il Topinambur, non ha il problema della presenza di solanine), farinosa se cotto. Il colore della superficie va dal giallo al viola, passando per il rosa, colorazione sviluppata quando l’ortaggio è stato esportato e coltivato in Nuova Zelanda, dove ha trovato un clima simile a quello andino.Dal punto di vista nutrizionale è simile alle patate ed è ricco di amido, oltre che di ossalati, che vengono però limitati attraverso i metodi di coltivazione tradizionali per evitare una eccessiva acidità. Lasciandola al sole, nell’Oca non si attiva la fotosintesi, ma altre reazioni chimiche che distruggono gli ossalati e rendono il suo sapore dolciastro. Arriva da noi grazie alla sua elevatissima resistenza nell’ambiente, e si può consumare cotta in vari modi oppure cruda, nell’insalata. Il sapore è simile a quello del ravanello, quando è cruda, a quello delle patate quando è cotta.


mashua

Più difficile da trovare nelle nostre zone è la Mashua, Tropaoleum tuberosum, una pianta anch’essa come l’Oca originaria del Perù e delle regioni andine che si può usare per fini ornamentali ma anche alimentari, se viene estratto il suo tubero commestibile.
La Mashua è conosciuta e coltivata fin dall’antichità, ed è una fonte di cibo rilevante anche se non molto consumata all’estero per la sua reputazione (fondata, a causa della presenza di isotiocianati che abbassano i livelli di testosterone) di alimento antiafrodisiaco. In realtà ha tutto il potenziale per diffondersi in quanto è è un alimento molto nutriente, altamente resistente ai parassiti, ha alti livelli di acido ascorbico, beta carotene e tutti gli amminoacidi essenziali, oltre ad essere molto resistente all’ambiente esterno, in particolare ai parassiti, per la presenza dell’isotiocianato.
Il carboidrato presente all’interno è, come nel caso delle patate, l’amido, per cui aumenta l’indice glicemico e non è adatta ai diabetici, ma allo stesso tempo non ha all’interno la solanina come le patate, per cui si può consumare sia cruda che cotta, senza problemi.

La carota selvatica (Daucus carota), è molto comune soprattutto in luoghi pietrosi ed spesso presente in grandi distese; fiorisce in estate. Si mangia sia la radice a fittone che le foglie, sia crude in insalata che aggiunte a zuppe o minestre. È bene quindi se si sceglie di raccoglierne le radici lasciare sempre qualche piantina nella zona conservandone così la sua presenza sul territorio. è una pianta erbacea dal fusto di colore verde appartenente alla famiglia delle Apiaceae; La carota spontanea è diffusa in Europa, in Asiae nel Nord Africa. Ne esistono molte e diverse cultivar che sono coltivate in tutte le aree temperate del globo.


La patata dolce, detta anche patata americana o batata, è una specie vegetale appartenente alla specie Ipomoea batatas, e nonostante sia visivamente simile ad una patata non è correlata, dal punto di vista botanico, con essa. Si coltiva nelle regioni tropicali, come la Manioca, e le sue radici tuberose sono globose e commestibili, oltre che particolarmente ricche di amido. La buccia dell’ortaggio ha un colore che varia dal rosso al viola al marrone, in base alle diverse varietà, mentre l’interno può essere giallo, arancione o viola anche se le varietà più vendute e più caratteristiche sono quelle di colore arancione acceso (simile alle carote). Ad oggi, la maggior parte delle patate dolci mondiali si coltiva nei paesi in via di sviluppo dove il clima è più favorevole per la pianta ma viene coltivata anche in alcune regioni italiane, come la Puglia e il Veneto, dove è riuscita anche ad ottenere la certificazione PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale. I metodi di cucina sono gli stessi delle patate: si possono fare bollite, fritte o arrosto e solo il sapore è leggermente più dolce a causa della presenza di saccarosio libero all’interno della radice tuberosa. Dal punto di vista culinario, quindi, viene trattata esattamente come le comuni patate, se non per la differenza di sapore che porta ad usarla in piatti diversi. Oltre a questo si possono estrarre dalla batata l’alcool (per fermentazione), la farina e l’amido, e vengono consumate anche le foglie, specialmente quelle giovani, perché non facendo parte delle Solanacee la Batata non ha problemi per la presenza di solanina.

Poco conosciuto in Italia, la Colocasia esculenta è un ortaggio da radice tipico dell’America del Sud, di cui si consuma la radice (che a volte è detta tubero per la somiglianza visiva con la patata, ma si tratta di una radice a tutti gli effetti). È molto diffuso in tutti i continenti nelle zone tropicali, anche se viene dall’America; è un ortaggio molto resistente e, tra l’altro, accumula gli zuccheri sotto forma di amido (altra analogia con le patate), così da essere un ortaggio di consumo primario per alcune popolazioni che questa pianta ha addirittura aiutato a sopravvivere in alcune isole dell’Oceano Pacifico. Deve necessariamente essere consumato cotta, perché ha dei principi irritanti che vengono denaturati con il calore; è ricco di calcio, di ferro e di proteine, ma non particolarmente di vitamine, rispetto alla patata.

Il Sedano Rapa è una variante di un’altra pianta appartenente agli ortaggi da fusto, ovvero il sedano. Appartiene alla specie Apium graveolens, proprio come il sedano, nella variante Apium graveolens rapaceum.
La differenza fondamentale con il sedano tradizionale è il fatto che il sedano rapa ha una grandissima radice rigonfia, di colore marrone all’esterno e bianco all’interno e molto globoso; è la radice principale della pianta da cui partono tante piccole radichette.
La coltivazione del sedano rapa è più lunga rispetto a quella del sedano, in quanto la radice si sviluppa dopo che si sono sviluppate le foglie, che comunque non vengono tolte prima dello sviluppo della radice; man mano che la temperatura scende la radice diventa più grande, e quando viene raccolta si può conservare in frigo anche per quattro o cinque mesi (di solito nelle celle, non in casa). Per questo motivo il sedano rapa si trova in commercio nella prima metà dell’anno.
La radice è poco calorica, ed ha un sapore meno intenso rispetto alle coste, così che viene usata anche come ingrediente principale in alcune preparazioni; può anche essere conservata per lunghi periodi sott’olio. Essendo comunque una pianta di sedano, anche la radice è allergizzante, e non deve essere consumata dalle persone che sono allergiche al sedano, contenendo le stesse proteine.
La rapa (Brassica rapa L.) è una pianta della famiglia delle Brassicaceae largamente coltivata come ortaggio, di cui si consumano, secondo le varietà botaniche, le foglie, la radice, le cime fiorite, il seme oleoso.
Varietà coltivate
La rapa comune (Brassica rapa subsp. rapa) viene coltivata per la sua radice di forma tondeggiante, talvolta piuttosto tozza, ricoperta da una pellicina di colore rosso-violaceo, non edibile. L'interno è formato da una pasta bianca o giallognola, a seconda delle varietà, leggermente spugnosa, di gusto lievemente dolciastro. La si consuma generalmente cotta con burro od olio di oliva e sale. Entra nella composizione della giardiniera ed è il componente principale di un tipico piatto friulano: la brovada.
La cima di rapa (Brassica rapa subsp. sylvestris var. esculenta) è un ortaggio tipicamente italiano ma, introdotta dagli emigranti, si coltiva anche negli Stati Uniti e in Australia. In Italia il 95% della superficie coltivata si trova in Lazio, Puglia e Campania.
Di essa si consumano le infiorescenze (dette anche friarielli o broccoletti) in boccio con le foglie tènere presenti, secondo ricette che in generale fanno riferimento alla tradizione locale nelle diverse regioni.
La cima di rapa è largamente utilizzata e molto diffusa nella cucina tradizionale meridionale, in particolare in quella pugliese.
Viene consumata cotta e rappresenta l'ingrediente principale di numerosi piatti tipici della cucina pugliesi, tra cui si ricordano le famose "orecchiette e cime di rape" (e "o strascinati e cime di rape" , "rape stufate col peperoncino", "fave e rape", "cime di rapa lesse condite con olio extravergine di oliva"). Altra specialità pugliese, particolarmente diffusa nel Palagianese è la puccia con rape e salsiccia.
Si preferisce l'uso di giovani esemplari, non più di 15 cm, per via del loro sapore meno amaro.
Il cavolo rapa (Brassica oleracea L. var. gongylodes) è una varietà di Brassica oleracea. La parte inferiore del fusto (chiamata "torsa") forma un ingrossamento a forma di globo, di poco staccato dal terreno. La torsa (chiamata impropriamente rapa) ha una consistenza carnosa e costituisce la parte commestibile dell'ortaggio; può avere esteriormente una colorazione bianca, verde o violetta.
La semina avviene in semenzaio a maggio o giugno. Il trapianto in campo delle piantine è effettuato dopo un paio di mesi. La raccolta viene effettuata in autunno.
Il cavolo rapa può essere consumato crudo (nella preparazione di insalate), cotto al vapore o bollito.


La parola 'rafano' può corrispondere a due piante diverse, per cui necessita una distinzione. Il Raphanus Raphanistrus, appartenente alla stessa famiglia del ravanello, è una pianta che non si mangia, mentre il rafano comunemente inteso appartiene alla specie Armoracia rusticana, ed è detto anche Rafano Rusticano, Rafano Tedesco barbaforte.
È una pianta da radice che si coltiva proprio per la parte sotterranea che non si consuma cruda a causa della presenza di principi attivi (isotiocianati in altissima concentrazione) particolarmente pungenti. Piuttosto, viene lavorata per preparare, con l’aceto, lacosiddetta salsa di rafano o salsa Cren, una specialità usata anche come ingrediente dal sapore particolarmente incisivo e che, per l’effetto diretto che viene dal contatto con le mucose, causa una forte lacrimazione quando viene mangiata.
La salsa è diffusa in alcune parti d’Italia, soprattutto in Trentino e in Veneto, e serve per insaporire mentre in altre regioni il rafano subisce una lavorazione diversa per preparare altre portate (come i dolci).
Il daikon, anche se visivamente è completamente diverso dal ravanello, in realtà è una pianta strettamente correlata a quest’ultimo: viene definito anche ravanello cinese, perché cresce spontaneo nei paesi asiatici. Appartiene alla specie Raphanus sativus, ma ad una varietà diversa rispetto al ravanello comune che è la varietà longipinnatus, e raggiunge dimensioni molto maggiori rispetto al ravanello comune, perché può arrivare addirittura a un metro di lunghezza (la media va però dai 25 ai 35 centimetri), considerando solamente la radice. La forma è allungata e il colore è biancastro, tanto che visivamente somiglia ad una carota dal diametro maggiore. In Italia non è molto conosciuto e utilizzato, mentre in Giappone è un ortaggio base della cucina, consumato sia crudo (in insalata), che cotto in stufati oppure in zuppe. È caratterizzato per l’elevato contenuto in vitamine, ed è una pianta molto nutriente perché, come il ravanello, accumula le sostanze nutritive prima della crescita effettiva della pianta, per cui costituisce una riserva di nutrimento.



Il ravanello è una pianta da radice che appartiene alla specie Raphanus sativus, con la radice commestibile. Nonostante il genere sia Raphanus, non ha nulla a che vedere con il Rafano, pianta da radice che appartiene a una famiglia completamente diversa.
La classificazione dei ravanelli non è semplice, perché ne esistono diverse varietà (che secondo alcuni botanici sono specie a sé stanti), che si distinguono sia per il colore della radice, che va dal bianco al rosso intenso (e al viola, dette “varietà nere”), sia per la lunghezza della radice, che può essere globosa e terminare con una piccola punta oppure allungata e meno sviluppata in larghezza, più simile a quella di una carota. Si parla quindi di varietà tonde e di varietà semilunghe. A differenza delle carote e delle pastinache, dove la radice si sviluppa di pari passo insieme alla pianta, nel ravanello la radice compare prima della parte che fuoriesce dal terreno, e poi la pianta, per crescere, prende le sostanze nutritive accumulate nella prima fase della vita; questo significa che un ravanello non raccolto, man mano, perderà la parte commestibile della radice. La radice, seppur piccola, è ricca di sostanze nutritive e non sono presenti principi anti nutrizionali, motivo per cui il ravanello può essere consumato crudo senza alcun problema.


La pastinaca, conosciuta e coltivata in Italia solamente in alcune regioni ma molto diffusa nel Vecchio Continente, oltre che in quello americano, è una pianta che appartiene alla stessa famiglia delle carote, le Apiacee. È un ortaggio da radice visivamente somigliante ad una carota, dal colore sempre chiaro e dal fittone più lungo. Di pastinaca ne esistono moltissime specie, ma solo 14 sono quelle commestibili e la più diffusa al mondo per la coltivazione è la Pastinaca sativa, anche se altre possono essere trovate nei mercati locali. 
La pastinaca è più dura rispetto alla carota, e anche se teoricamente è commestibile come ortaggio crudo, per rompere le strette connessioni interne della radice è necessaria la cottura; le tecniche sono le stesse della patata, anche se in questo caso non sono presenti fattori antinutritivi (che sono presenti invece nelle foglie, che sono tossiche e pertanto non vengono utilizzate nemmeno per l’alimentazione animale). 
La pastinaca è molto fibrosa, più della carota, e di conseguenza è anche meno calorica, anche se le difficoltà di consumo e la maggior facilità di coltivazione delle carote ne limitano la diffusione; il gusto della pastinaca è più acidulo rispetto a quella della carota.


La carota (Daucus carota L., 1753) è una pianta erbacea dal fusto di colore verde appartenente alla famiglia delle Apiaceae; è anche uno dei più comuni ortaggi; il suo nome deriva dal greco Karotón. La carota spontanea è diffusa in Europa, in Asia e nel Nord Africa. Ne esistono molte e diverse cultivar che sono coltivate in tutte le aree temperate del globo.
Allo stato spontaneo è considerata pianta infestante e si trova facilmente in posti assolati ed in zone aride e sassose ma anche in tutti gli ambienti rurali e perfino alle periferie cittadine.
È una specie erbacea biennale, alta fino a 100 cm, che nel secondo anno sviluppa un fusto eretto e ramificato con foglie verdi profondamente divise e villose. Ha grandi ombrelle di forma globulare composte da ombrellette. Queste sono a loro volta formate da fiori piccoli bianchi a cinque petali; il fiore centrale è rosso scuro. L'infiorescenza presenta grandi brattee giallastre simili alle foglie.
Nei fiori sono presenti delle piccole ghiandole profumate che attirano gli insetti. Le infiorescenze dopo la fecondazione dei fiori si chiudono a nido d'uccello. Fiorisce in primavera da maggio fino a dicembre inoltrato. I frutti sono dei diacheni irti di aculei che aiutano la disseminazione da parte degli animali. La radice è lunga a fittone di colore giallastro, a forma cilindrica, lunga 18–20 cm con diametro intorno ai 2 cm. Nel gergo comune si è soliti riferirsi alla carota come alla parte edibile, di colore arancione, che è la radice.
La carota è coltivata a fittone radicale di colore bianco nelle varietà da foraggio ed arancio nelle varietà da ortaggio (cristalli di caroteni nei cromoplasti delle cellule parenchimatiche). La carota è ricca di vitamina A (Betacarotene), B, C, PP, ed E, nonché di sali minerali e zuccheri semplici come il glucosio. Per questo motivo il suo consumo favorisce un aumento delle difese dell'organismo contro le malattie infettive.
La parte edibile della carota – che si coltiva due volte l'anno – è la radice (sviluppata a cono rovesciato): le carote precoci vengono raccolte dopo circa quattro mesi mentre le tardive ne richiedono circa sei. In base al tempo di coltivazione la loro lunghezza può variare da un minimo di 3 cm a un massimo di 20 cm. L'uso in cucina della carota è svariato; può essere utilizzata per preparare puree, succhi, minestre, dolci ecc., ma anche cruda in insalata. Ad una temperatura di 0 °C ed un'umidità percentuale tra 90-95 si può conservare per diversi mesi mantenendo inalterate tutte le sue proprietà organolettiche. Se cotta al vapore o consumata cruda conserva ugualmente ogni sua proprietà.
La parte centrale color porpora del fiore bianco viene usata dagli artigiani della miniatura. Dai suoi frutti si ricava un olio aromatico che viene usato per la produzione di liquori.
La carota è molto usata in cosmesi perché antiossidante e ricca di betacarotene, perciò stimola l'abbronzatura prevenendo la formazione di rughe e curando la pelle secca e le sue impurità; la sua polpa è un ottimo antinfiammatorio adatto a curare piaghe, sfoghi cutanei e screpolature della pelle.
Le carote si possono cucinare in vari modi, sia grattugiate con il succo di limone per contrastare con la sua acidità la dolcezza della carota. Si possono anche cucinare al vapore. Vengono talvolta usate per accompagnare il soffritto con il sedano e le cipolle. Inoltre sono famose le torte di carote, spesso insieme alle mandorle.
Molto apprezzate già nell’antica Roma in quanto considerate diuretiche, utili nelle malattie del fegato, nelle artropatie e soprattutto per il mantenimento di una pelle fresca e giovanile. Quest’ultima attività è stata oggi riconosciuta dalla Scienza per la sua elevata ricchezza in provitamina A, o beta-carotene (che proprio dalla carota deriva il suo nome), un potente antiossidante che consente alla pelle di abbronzarsi evitando l’eritema solare, ma anche di limitare la comparsa dell’acne, di rughe precoci e di impurità in genere. L’azione del beta-carotene si estrinseca inoltre nella prevenzione dell’invecchiamento, di alcuni tumori e dell’aterosclerosi. Da non sottovalutare poi la presenza di vitamine e di sali minerali, utili nel trattamento della gotta e nelle convalescenze, dopo un’assunzione prolungata di antibiotici, in quanto ripristinano l’equilibrio dei batteri probiotici intestinali. Il succo fresco e la polpa della carote combattono i foruncoli e le discromie cutanee.
Cenni storici
La carota non ha sempre avuto quella colorazione arancione che conosciamo. Questo tubero, che in diverse lingue si traduce con il termine "radice", viene dall’Asia Minore. Si pensa che all’origine, più di duemila anni fa, la sua polpa fosse biancastra e fibrosa e la buccia molto dura. Tanto per intenderci, i Greci e i Romani se ne interessarono pochissimo, e solo dal Rinascimento in poi si iniziò a coltivarne delle varietà più appetitose.
Secondo una buona parte di studiosi la varietà di carota oggi coltivata deriverebbe dall’Afghanistan, probabilmente zona di origine di questa specie orticola. La carota era già conosciuta ed utilizzata dai Greci e dai Romani che però se ne interessarono pochissimo. In ogni modo la apprezzavano per le sue proprietà medicinali considerandola, in alcuni casi, cibo afrodisiaco e di lusso.
La diffusione della carota dall’area mediterranea all’Europa Occidentale avviene tuttavia solo a partire dal 1300. E’ certo che nel 1400 la produzione penetra in Francia e in Germania, dove la carota veniva utilizzata come dolcificante per cibi e bevande, mentre in Olanda arriva nel 1600, ma solamente nella cultivar dal colore arancio come evidenziano alcuni dipinti conservati nei musei olandesi. Solo dal Rinascimento in poi, dunque, si iniziò a coltivare la carota in Europa costantemente e ad ottenere varietà più saporite.
Coltivazione
Può crescere sia allo stato selvatico (con radice dura e non commestibile) che per coltivazione. Circa i due terzi della produzione mondiale di carote si ottiene in Europa ed Asia. Il 75% della produzione italiana, che si attesta attorno alle 500.000 tonnellate, proviene da tre sole regioni: Sicilia (42%), Abruzzo (21%) e Lazio (12%). Altre aree importanti per questa coltura sono Veneto, Emilia-Romagna e Puglia. le varietà precoci si seminano in gennaio - marzo, e in questo caso si raccolgono le radici in agosto; le semiprecoci in aprile - maggio, le tardive da fine agosto a tutto ottobre per ottenere una produzione nel periodo autunno-inverno; è consigliabile seminare scalarmente ogni 15-25 giorni, in questo modo si ottengono radici a diverse epoche e di conseguenza sarà possibile avere carote fresche per un lungo periodo di tempo.
Varietà
Le carote si distinguono secondo il colore e la forma della radice. Dal punto di vista orticolo le varietà più importanti sono quelle rosse, intendendo con questo termine tutte quelle che producono radici di colore rosso o arancio. Per quanto riguarda la forma, vengono suddivise in corte, mezzane e lunghe. Altro carattere molto importante è l'epoca di maturazione, in base alla quale le varietà si distinguono in precoci medie o tardive.
Fra quelle a radice corta e di forma sferoidale, si ricordano Rossa parigina o Mercato di Parigi, Rossa corta e Signal; tra quelle a radice media, le più pregiate sono Nantes, Chantenay, Amsterdam e Touchon. Per quanto riguarda le cultivar a radice lunga, infine, la più diffusa in Italia è la Fiumicino.
Come scegliere
Le foglie sono il miglior parametro visivo della qualità. Foglie fresche sono sempre correlate a carote appena colte che si presentano di colore brillante e turgide. Le carote fresche si spezzano ma non si piegano. Il colore delle carote dipende molto dalla varietà e dal contenuto di carotenoidi, che se è elevato ne cambia il sapore. È possibile trovare sul mercato vecchie varietà di carote di colore verde pallido e violaceo, che, però, sono più fibrose e non hanno un valore nutrizionale maggiore di quelle comuni. In genere, le baby carote più comuni sono quelle ottenute dal taglio e abrasione di quelle comuni lunghe; ma è possibile trovare quelle ottenute da semine fitte e vendute a mazzetti.
Come conservare
Le carote, mondate e lavate per eliminare eventuali tracce di terra, si conservano per alcune settimane nella parte più fredda del vano frigo. L’inserimento in sacchetti di polietilene microforati è opportuno per contenere l’appassimento, ma al contempo, è necessario evitare un eccessivo ristagno di umidità che favorirebbe lo sviluppo di marciumi. È consigliabile, inoltre, attuare ricambi d’aria all’interno dei contenitori per evitare l’accumulo di etilene (sostanza prodotta dagli organi vegetali) che favorirebbe la comparsa del retrogusto amaro.
Prodotti a marchio
Carota dell'Altopiano del Fucino IGP: presenta una radice di forma prevalentemente cilindrica con punta arrotondata, priva di peli radicali e senza cicatrici profonde nei punti di emissione del capillizio. Di colore arancio intenso, è prodotta nell'intero comprensorio dell'Altopiano del Fucino in provincia di L'Aquila; si caratterizza per l'epidermide liscia e la polpa estremamente croccante.

La scorzonera Hispanica L., è una specie erbacea perenne, annuale in coltura. Nel primo anno forma una radice fittonante carnosa di colore scuro in superficie e all'interno di colore bianco crema, il secondo anno emette lo scapo fiorale. La radice è cilindrica allungata (fino a 20 cm di lunghezza). La zona di produzione è Mendatica, in valle Arroscia. È in realtà un ortaggio di importanza secondaria nel mercato nazionale, ma ha invece grande significato locale poiché rientra nella preparazione di pietanze tradizionali.
Esiste pure la scorzobianca o radice amara. Prende questo nome in contrapposizione alla scorzonera o radice dolce. Scorzonera Originaria e ancora diffusa allo stato spontaneo in Europa centrale e meridionale, la troviamo anche nel Caucaso, in Crimea e Asia. Il suo nome deriva dalla parola catalana escorso che significa vipera, perché, nel Medioevo, a questa radice si attribuivano poteri taumaturgici contro il veleno di questi rettili. Non ci è dato sapere con quale efficacia.

La cima di rapa appartiene come il cavolo alla famiglia delle Brassicacee, ma ad una specie diversa che è Brassica rapa. Si coltiva sia per consumarne la radice, che ha una forma globosa, sia per la sua infiorescenza (ed è per questo che rientra nella categoria degli ortaggi a fiore) che è simile a quello del cavolo; è conosciuta anche come broccolo di rapa o cima di rapa.
Le rape coltivate per la raccolta delle cime fanno parte della varietà Esculenta, e si caratterizzano per la radice a fittone, che non ingrossa e quindi non può essere consumata. Nella parte superiore delle rape si formano le infiorescenze, a forma di ombrello, che devono essere raccolte, come accade per il cavolo, prima dell’apertura dei fiori. Le cime di rapa possono essere classificate in molti modi, sono ortaggi da radice, ma anche sono ortaggi a fiore a tutti gli effetti, ma si distinguono dal cavolo per tollerare meno il freddo ed è per questo che sono particolarmente coltivate (e di conseguenza consumate) nel Sud Italia, rispetto alle regioni del nord.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e tecniche di cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell'ordine).