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domenica 12 marzo 2023

CONOSCERE LE CUCURBITACEE

Le cucurbitacee sono una famiglia di piante che conta ben 900 tipologie diverse. Questa famiglia è tipica dei climi tropicali, e sono pochissime le specie che le appartengono che riescono a resistere ai nostri climi; ne sono state stimate circa una decina, delle quali alcune non commestibili. Tra quelle commestibili, le più famose sono zucca, zucchina, cetriolo, melone e cocomero, anche se questi ultimi non fanno parte degli ortaggi.
Il nome deriva da un termine latino che significa “strisciare”, a testimonianza del particolare andamento dei fusti delle piante che strisciano per terra e si ingrandiscono in direzione orizzontale, piuttosto che verticale.

Il cocomero o anguria (Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum. & Nakai, 1916) è una pianta della famiglia Cucurbitacee, originariamente proveniente dall'Africa tropicale.
Il cocomero è una pianta annuale, con fusto erbaceo rampicante, foglie grandi e pelose con tre lobi, fiori maschili e fiori femminili, frutto voluminoso rotondo oppure ovale, che raggiunge il peso di 20 kg.
Il frutto è una falsa bacca (peponide), assai massiccio; la buccia è liscia, dura e relativamente sottile, di colore verde con varie striature e chiazze più chiare, bianche o giallastre; l'interno è di colore rosso (o, meno frequentemente, giallo, arancio o bianco a seconda della varietà) e ricco di semi, che possono essere neri, bianchi o gialli. La polpa è costituita per oltre il 90% di acqua, ma contiene anche un discreto quantitativo di zuccheri, soprattutto fruttosio, e vitamine A, C (8,1 mg per 100 g di frutto), B e B6.
I frutti sono disponibili esclusivamente nel periodo estivo, da maggio a settembre.
Al 2008, esistono più di 1200 cultivar (varietà) di cocomero che producono frutti di peso variabile tra meno di 1 kg e più di 90 kg; la polpa può essere rossa, arancione, gialla o bianca. In Italia e Giappone sono stati prodotti cocomeri dalla forma cubica o piramidale; la forma inusuale viene ottenuta facendo crescere i frutti all'interno di recipienti di vetro in modo da fargli assumere la forma del contenitore.
Il nome cocomero, prevalente in Italia centrale, deriva dal latino cucumis, "cetriolo".
Il nome anguria, comune in Italia settentrionale e in Sardegna, deriva invece dal greco tardo (angoúrion, "anguria", "cetriolo selvatico") ed entra nel lessico della lingua italiana in epoca bizantina attraverso l'Esarcato di Ravenna. Oggi il greco moderno αγγούρι (angúri) significa "cetriolo".
Il nome melone d'acqua o mellone d'acqua (la specificazione serve per distingue questa pianta dal mellone di pane, Cucumis melo) diffuso in Italia meridionale, deriva dal francese melon d'eau, a sua volta dal latino mēlōne(m).
In Sardegna viene anche usato il nome sardo síndria, che è un termine catalano.
Il tipo pateca, comune in Liguria, deriva dal francese pastèque, a sua volta dal portoghese pateca, dall'arabo بط"cocomero". Il tipo cetrone, abruzzese, deriva dal latino citrium, "cetriolo". Il tipo sandia, comune in Sardegna, deriva dallo spagnolo sandía, a sua volta dall'arabo سِنْدِيَّة sindiyya, dal sanscrito सिंधु sindhu "regione del Sindh".
I due tipi più curiosi, sarginesco (sciardiniscu) del Salento e zipangolo (zipangulu, zuparacu) della Calabria non hanno un'etimologia certa, ma per quest'ultimo Gerhard Rohlfs propende per un'origine greca, da angoúrion "cetriolo/anguria da giardino".

frutta
Il melone (Cucumis melo L., 1753) è una pianta rampicante della famiglia Cucurbitaceae.
Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa, a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.
È largamente coltivata per i suoi frutti commestibili, dolci e profumati.
Di possibili origini africane (secondo alcuni invece dall'Asia, nell'antica Persia), nel V secolo a.C. il popolo egizio iniziò ad esportarlo nel bacino del Mediterraneo e arrivò in Italia in età cristiana, come raccontato da Plinio (I secolo d.C.) nel suo libro Naturalis Historia che lo uniformò al cetriolo a forma di mela cotogna, melopepaes. Le attuali conoscenze sulla sua diffusione nel bacino del Mediterraneo però sono state messe in discussione dalle recenti scoperte archeologiche fatte in Sardegna dove semi di melone riferibili all'età del Bronzo (tra il 1310-1120 a.C., in piena epoca nuragica), quindi in epoca ben antecedente, sono stati rinvenuti nel sito archeologico di Sa Osa a Cabras, in provincia di Oristano, poco distante dal luogo nel quale sono state trovate le statue dei Giganti di Monte Prama.
Durante l'Impero Romano il melone si diffuse rapidamente (utilizzato però come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell'imperatore Diocleziano, venne emesso un apposito editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero il peso di 200 grammi.
Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala”; egli apprezzava i meloni conosciuti in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione, e fece richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere (circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l'anno, cosa che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che venne istituita la confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.
Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine). Secondo Angelo De Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell'estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice, incontrollata, opposta alla ragione dell'intelligenza.
Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche il naturalista romano Castore Durante (1529-1590) nel suo Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché «sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l'uso a diabetici, dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell'apparato digerente, promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassative.
Il melone coltivato appartiene alla specie Cucumis melo il cui frutto, polimorfo, ha dato vita a numerose varietà; le più importanti sono:
melone come frutto (raccolto a maturazione):
·        gruppo cantalupensis o cantalupio, di media grandezza, superficie liscia, polpa giallo-arancio, chiamati così perché portati da missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo, sui colli di Roma;
·        gruppo reticulatus, o meloni retati, di media grandezza, polpa bianca o giallo-verde, con superficie reticolata;
·        gruppo inodorus, meloni d'inverno, polpa biancastra o rosata con buccia liscia, dal gusto intermedio tra la pera ed il melone, costituiscono il tipico piatto di Natale nella tradizione siciliana ed italiana in generale;
melone come ortaggio (raccolto prima della maturazione):
·        gruppo flexuosus, melone serpente o tortarello, vengono utilizzati crudi alla stessa maniera del cetriolo;
·        gruppo momordica, melone amaro, utilizzato principalmente come pianta medicinale perché ricco di vitamina A, C e E
Descrizione
È una pianta erbacea strisciante o rampicante, annuale.
Le radici fibrose possono estendersi nella terra anche oltre i 150 cm.; il fusto, ricco di peluria, è ramificato con cirri; le foglie sono alterne, lunghe più di dieci centimetri, quanto il picciolo.
I fiori, gialli a 5 lobi, sono generalmente monoici (sessi separati su due fiori distinti) e compaiono normalmente prima quelli maschili riuniti in infiorescenze.
Nonostante la copiosa fioritura, che dura tutta l'estate da maggio a settembre, solo il 10% diventa frutto.
Il frutto del melone è voluminoso, di forma ovale o tondeggiante e sulla buccia sono visibili delle divisioni "a fette".
La buccia è pressoché liscia o appena rugosa, il colore può variare da un giallo pallido ai toni del verde.
La polpa varia dal bianco all'arancio ed è succosa e molto profumata quando raggiunge la maturazione.
La cavità centrale, fibrosa, contiene molti semi.
Diverse sono le varietà coltivate in Italia.
Per il melone retato
Talento
Macigno
Expo
Sogno
Per il melone Long life
Mundial
Intenso
Pregiato
Polis
Per i Meloni Cantalupo
Comune
Prescott
Per i meloni invernali
Gigante di Napoli, buccia verde e polpa bianca
Melone di malta, polpa verde
Morettino, buccia e polpa verde
Viadana, buccia gialla e polpa arancio
Meloni Siciliani
RedMoon, polpa rossa
Magenta, polpa rossa
Tiburzi (o Tibursi), polpa gialla
Proteo, polpa gialla
Armatan, liscio
Valori nutrizionali
Il melone svolge un'azione dissetante, diuretica, rinfrescante e lassativa. Per evitare l'effetto lassativo, la tradizione popolare consiglia di condirlo con sale e pepe. Le tisane ottenute dai semi dei frutti lasciati in infusione possiedono proprietà emollienti e sedative della tosse.
In cosmesi si utilizza la polpa per preparare maschere che tonificano la pelle, rendendola vellutata.
Oltre ad essere consumato allo stato fresco, da solo o abbinato al prosciutto, in cucina trova impiego nella preparazione di antipasti, macedonie, dolci, gelati e frullati.
Durante la conservazione, la temperatura non dovrebbe mai scendere sotto i 5 °C, altrimenti si può verificare la comparsa sui frutti di macchie rossastre in corrispondenza delle quali si può registrare un rammollimento quando il melone viene riportato a temperatura ambiente.
Cenni storici
Originario dell'Asia centrale ed occidentale, il melone (Cucumis melo) si diffuse inizialmente in India e Cina, successivamente nel bacino del Mediterraneo.
Come attestano alcuni dipinti rinvenuti ad Ercolano, l'introduzione di questa coltura nel nostro paese risale all'Era Cristiana. Il primo autore a menzionarne i frutti fu Plinio il Vecchio, il quale raccontava che "il melone piaceva moltissimo all'imperatore Tiberio".
I meloni "Cantalupo", considerati i più saporiti e profumati, sono chiamati così perché furono portati, nel XV secolo, da missionari provenienti da lontani paesi asiatici a Cantalupo, castello pontificio situato presso Roma.
Coltivazione
A livello mondiale, la coltivazione di questa specie interessa circa 300.000 ettari. Il primo produttore di meloni è l'Asia, dove si ottiene quasi il 60% della produzione mondiale, superiore ai 12 milioni di tonnellate. Al secondo posto, con il 20%, troviamo l'Europa, dove si registrano le più elevate rese del mondo.
A livello europeo, i principali produttori sono Spagna, Romania, Francia e Italia.
In Italia la coltivazione del melone interessa una superficie pari a circa 19.500 ettari (l'11% in coltura protetta e la restante parte in pieno campo), da cui si ottiene una produzione di circa 415.000 tonnellate. Le regioni più importanti per questa produzione sono Sicilia, Emilia-Romagna, Lombardia e Lazio.
I meloni coltivati in Italia si possono sostanzialmente suddividere in tre gruppi:
1) Cantaloupensis: sono i cosiddetti Cantalupi, caratterizzati da frutti di media grandezza e superficie liscia, che si conservano per breve periodo e comprendono varietà quali Charentais.
2) Inodorus: per la possibilità di essere conservati per un periodo più lungo, a volte oltre il periodo invernale, sono detti meloni d'inverno.
3) Reticulatus: a questo gruppo appartengono varietà come Topmark, Stratos e Chando. I frutti sono di media grandezza e presentano la superficie coperta da evidente rezzatura: per tale motivo sono detti meloni retati. Siccome molte cultivar provengono dagli Stati Uniti, vengono anche chiamati meloni americani.
Varietà
Varietà: innanzitutto vi è la divisione tra meloni invernali e meloni estivi. Tra le varietà dei meloni invernali ricordiamo: il Gigante di Napoli, grosso con buccia sottile verde e polpa bianca molto dolce; Melone di Malta a polpa verde succosa e dolce; Morettino ovale di colore verde scuro e polpa verde tendente al bianco verso il centro. Tra gli estivi retati ricordiamo il Melone Ananasso a polpa rossa col frutto piccolo molto profumato. Il Retato degli Ortolani con frutto lungo coperto da un reticolo di striature.
Tra i meloni Cantalupi ricordiamo: il Cantalupo Comune a polpa rossa, il Cantalupo Prescott a costole larghe preferito per gli antipasti.
Come scegliere
Percuotete il frutto con le nocche e accertatevi che non emetta nessun suono. Premete i due estremi del melone e accertatevi che non sia troppo duro, ma neanche eccessivamente molle.
La buccia deve essere intatta, priva di ammaccature o macchie scure e deve emanare un profumo intenso derivante dalla polpa.
Come conservare
E' consigliabile evitare di mettere il melone nel frigorifero perché anche gli altri alimenti potrebbero prenderne il profumo. Se non potete evitare di conservarlo nel frigorifero, avvolgete il melone dentro un sacchetto di carta per alimenti e poi chiudetelo in un sacchetto di plastica. Meglio toglierlo dal frigorifero almeno un'ora prima della consumazione.

Il cetriolo (Cucumis sativus L., 1753) è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, originario dell'India. È una pianta strisciante o rampicante quando trova dei supporti, ai quali si attacca attraverso i cirri prodotti dai fusti e dai rami (vedi anche Melone). Il fusto, quadrangolare, è peloso con coste più o meno evidenti. Le foglie, piuttosto grandi, sono palmato-lobate, con lungo picciolo, verde scuro e ruvide. I fiori gialli a cinque lobi, non molto grandi, sono unisessuali, portati dalla stessa pianta (pianta monoica), i maschili a gruppi di circa cinque soggetti, i femminili sono solitari o a coppie. Il frutto è una bacca polposa ricca d'acqua. In Lombardia, Piemonte e Liguria il cetriolo è conosciuto anche con il termine cocomero per derivazione dalle lingue lombarda, piemontese e ligure.
Ha forma allungata, simile a quella dello zucchino, buccia spessa, ancorché edule, leggermente bitorzoluta e di colore verde, polpa bianca succosa, leggermente acidula, con semi nella parte centrale. Viene mangiato crudo tagliato a fette in insalata ed entra come componente di insalate miste o come guarnitura di piatti freddi. Raccolto immaturo, di piccole dimensioni (cetriolino), viene posto sotto aceto e consumato in antipasti misti ed entra affettato nella composizione della giardiniera.
Pressoché privo di calorie (13 kcal per 100 gr di prodotto), il che lo rende comune nelle diete, è composto prevalentemente da acqua (96%), carboidrati disponibili (2%) e sali minerali quali potassio (140 mg), calcio (16 mg), fosforo (17 mg), sodio (4 mg). Contiene inoltre 11 mg di vitamina C, mentre è trascurabile l'apporto di vitamine degli altri gruppi. Va preferibilmente consumato quando al tatto è duro: se la polpa non risulta soda significa che l'ortaggio non è più buono. Dal punto di vista della digestione non è ben tollerato da tutti: in particolare è talora indigesto per i bambini. Ci sono diverse tipologie di cetriolo, tra cui la varietà ibrida tra cetriolo e melone tipica pugliese denominata "Carosello Bianco Barese",


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