domenica 12 marzo 2023

CONOSCERE GLI ORTAGGI DA FUSTO


Gli ortaggi da fusto sono una categoria di piante orticole molto diffuse in alimentazione dei quali, per le loro particolarità anatomiche, si consuma il fusto.
La classificazione di queste piante è tuttavia puramente culturale, non esistendo una categoria botanica ben precisa per identificarle e ciò per due motivazioni:
• La prima è che di alcune piante non si consuma solo il fusto, ma anche altre parti e vengono quindi classificate in modo diverso.
• La seconda è che per molte di queste piante, di fatto, non si consuma proprio il fusto, spesso perché non lo posseggono o meglio hanno un fusto piccolissimo, talvolta sotterraneo, per cui la parte che si consuma risulta essere il picciolo che sorregge le foglie e che sostituisce la funzione del fusto perché molto più grande (esempio tipico: il sedano).
Vengono dunque prese qui in considerazione solo gli ortaggi che appartengono “tradizionalmente” alla categoria degli ortaggi da fusto, ovvero il sedano, il prezzemolo, il finocchio e le varie tipologie di asparagi.
Il fusto
Capire a che cosa serve il fusto degli ortaggi permette di comprenderne anche le caratteristiche nutrizionali, di come siano ottimi per le diete, per il loro modesto apporto di calorie e per la loro ricchezza di vitamine e sali minerali.
Il fusto, detto anche gambo oppure tronco, è la struttura portante delle piante. Si tratta di un organo fondamentale per ciascuna tipologia, ed è sempre presente anche se può essere piuttosto piccolo quando si suddivide in rami. Esso ha la funzione fondamentale di trasportare acqua e sostanze nutritive tra le varie parti della pianta; precisamente, l’acqua e i sali minerali vanno dal terreno verso l’alto, verso le foglie, mentre le sostanze energetiche, ovvero i carboidrati che vengono creati per mezzo della fotosintesi clorofilliana dalle foglie, vengono distribuiti a tutto il resto della pianta tramite il liquido composto da acqua e sostanze nutritive, la linfa, di cui per questo il fusto è molto ricco.
Dal fusto si creano dei nodi, punti dai quali escono poi le foglie (o nel caso i fiori), mentre le parti composte dal solo tronco, che quindi è liscio, si chiamano internodi. I nodi sono particolarmente evidenti in ortaggi come l’asparago, mentre alcune piante (anche il cui fusto non è commestibile) caratterizzati da lunghi internodi possono essere i fiori da vaso, in cui il fusto è il “gambo” del fiore.
Il fusto è la prima parte che fuoriesce dal seme della pianta, quando è ancora sotto terra. Da esso si sviluppano le radici, da una parte, e le foglie dall’altra. È errato pensare al fusto come un organo dal portamento eretto e privo di altre funzioni; ci sono fusti che sono modificati per avere funzioni di riserva, che si chiamano tuberi, fusti allargati che si chiamano bulbi, e poi gli stoloni che sono fusti rampicanti che si portano in senso orizzontale sul terreno, strisciando; ogni pianta ha le sue particolarità da questo punto di vista. Ma la distinzione più importante in base al fusto dipende dalla sua struttura. Un fusto può, infatti, essere:
Legnoso, solitamente più grande dell’erbaceo e costituito da un tessuto interno, il legno (o xilema), che ha funzione di sostegno per tutta la pianta ma non ha alcuna funzione nutritiva o di trasporto delle sostanze, che invece è relegata solamente alla parte esterna del fusto. Da notare che il legno utilizzato per i mobili è la parte interna dell’albero, non quella esterna; la parte dura e superficiale non si chiama legno ma corteccia, ed ha solo funzione di protezione degli strati sottostanti che veicolano le sostanze nutritive. Il fusto legnoso è duro, non può essere digerito dall’uomo e pertanto è una parte non commestibile della pianta.
Erbaceo, un fusto più semplice rispetto a quello legnoso perché non ha modificazioni secondarie. La differenza è che tutti i fusti, anche quelli che diventeranno legnosi, inizialmente sono erbacei e hanno la capacità di fare la fotosintesi, prima di trasformarsi e prima che spuntino le foglie. Per le piante che, da adulte, hanno il fusto erbaceo questa situazione permane e il fusto, pur avendo comunque funzione portante, rimane in grado di fare la fotosintesi. In questo modo è pieno di linfa e risulta più morbido rispetto ai fusti legnosi (che sono idrofobi, si pensi al sughero) tanto da essere commestibile.
Il picciolo
Il picciolo è un organo che collega il fusto alla foglia, o ad altre strutture come il fiore e, di conseguenza, il frutto. Si può vedere come un fusto in miniatura, perché parte sempre dal fusto (o dalle sue ramificazioni, che comunque fanno sempre parte del fusto) e ha la funzione di sorreggere la foglia, o comunque la struttura che si trova su di essa.
Essendo simile al fusto, il picciolo ha le stesse sue funzioni e la sua stessa composizione; in alcuni casi, come in quello del sedano, i piccioli delle foglie sono più grandi del fusto della pianta stessa, ed è per questo che si possono mangiare. I piccioli, inoltre, a differenza del tronco non sono mai legnosi e sono quindi sempre come un “tronco primitivo”, in grado di fare la fotosintesi clorofilliana.
Per questo condividono gran parte delle caratteristiche, anche nutrizionali per le piante che si mangiano, con il fusto erbaceo delle piante.

Tabella nutrizionale
Di seguito si trova la tabella con i valori nutrizionali di ciascun ortaggio da fusto, seguita da considerazioni per chi li consuma frequentemente, in quanto almeno da punto di vista dietetico sono in assoluto tra i migliori alimenti da includere nell’alimentazione umana.
Acqua
I valori relativi all’acqua sono molto alti, come del resto succede anche con altri vegetali, e si può notare come l’ortaggio che ha i valori di acqua più alti in assoluto è il finocchio.
L’acqua, in ogni caso, non costituisce un nutriente, per cui più ce n’è, meno l’ortaggio è efficace dal punto di vista nutritivo ma più utile per chi deve seguire una dieta.

Sedano
(crudo)
Prezzemolo
(crudo)
Finocchio
(crudo)
Asparago
(crudo)
Acqua
88,3
87,2
93,2
91,4
Proteine
2,3
3,7
1,2
3,6
Lipidi
0,2
0,6
Tracce
0,2
Carboidrati
2,4
Tracce
1
3,3
Fibra
1,6
5
2,2
2
Energia (Kcal)
20
20
9
29
Sodio (mg)
140
20
4
2
Potassio (mg)
280
670
394
202
Ferro (mg)
0,5
4,2
0,4
2,1
Calcio (mg)
31
220
45
24
Vitamina A (ug)
207
943
2
82
Vitamina C (mg)
32
162
12
18
Carboidrati e lipidi
Il quantitativo di carboidrati e lipidi negli ortaggi da fusto è basso in tutti i casi e in alcuni, come il prezzemolo, addirittura mancante di un nutriente. Del resto, si tratta di piante che non hanno un tessuto di riserva (come accade invece con le patate, ad esempio) e quindi non immagazzinano i carboidrati; per i lipidi, invece, le piante in generale ne sono sempre povere.
La scarsità di sostanze caloriche e l’altissima quantità di acqua si ritrova nelle calorie contenute in questi alimenti, che sono quasi nulle; l’ortaggio tra quelli presi in considerazione più calorico è l’asparago, che ha solo 29 chilocalorie per 100 grammi. Dal punto di vista dell’energia rilasciata, mangiare questi ortaggi equivale a non mangiarli affatto, e questo li rende ottimi da consumare nelle diete, anche se necessariamente da integrare con altri alimenti.
Fibra
Tutti gli ortaggi da fusto sono ricchi di fibra vegetale con il picco del prezzemolo da cui però non si ricavano particolari benefici, a causa delle sue dimensioni.
Questi vegetali sono comunque ottimi, tutti, per regolarizzare l’intestino e per risolvere i problemi di costipazione e di meteorismo, grazie proprio al loro alto contenuto in fibre.
Sali minerali e vitamine
In linea di massima, i sali minerali sono molto variabili tra gli ortaggi da fusto. In generale, però, in tutti tranne che nel sedano, il quantitativo di sodio è davvero basso, e questo è un aiuto importante per tutte quelle persone che non devono assumerne troppo. Il potassio, invece, è alto come accade in tanti altri vegetali. Per chi avesse problemi con la carenza di ferro, da notare che alcuni vegetali da fusto ne contengono moltissimo: in prima posizione il prezzemolo, che può costituire quindi un condimento sano oltre che buono. Ma ne hanno un ottimo quantitativo anche gli asparagi. Da notare però che, come in altri vegetali, il ferro negli ortaggi da fusto si trova in una forma difficile da assorbire, per l’organismo. Per aiutarlo va abbinato l’acido citrico, che si trova in grandi quantità nel limone, e che permette di assorbire meglio il ferro contenuto in questi ortaggi. Il calcio, infine, è un elemento variabile in questi ortaggi e, come per il ferro, il più ricco è il prezzemolo, che costituisce un vero e proprio integratore di sali minerali. È vero che non si mangia mai da solo, ma condire altri cibi con il prezzemolo è sicuramente un’ottima abitudine.
Terminando con le vitamine, i picchi non sono altissimi se non, sia per la vitamina A che per la vitamina C, anche in questo caso il prezzemolo: 10 grammi di prezzemolo hanno un contenuto in vitamine e minerali che raggiunge addirittura quello contenuto in 100 grammi di qualsiasi altro ortaggio

Il sedano, o Apium graveolens, è una specie erbacea che fa parte della famiglia delle Apiacee, tipica della zona mediterranea. Consumato come alimento, è conosciuto come tale ma fin dall’antichità è stato molto utilizzato sopratutto per le sue proprietà medicinali.
Di questa pianta si consuma il picciolo delle foglie. Il fusto, infatti, è molto piccolo, e fin dalla base si diramano i piccioli, che hanno la sua stessa composizione e terminano con le foglie. Il fusto, però, rimane tale nella parte centrale della pianta che, se non raccolta prima, arriverà a fioritura e porterà i semi per la nascita delle nuove piante.
Esistono molte varietà di sedano, ma quelle utilizzate in cucina sono solamente due, ovvero il Sedano da Costa, qui presente in quanto ortaggio da fusto, e il Sedano Rapa, di cui si consuma non la parte superiore ma quella inferiore, la radice. Queste due varietà (dulce, la prima, e rapaceum, la seconda) appartengono alla stessa specie botanica, per cui sono molto simili tra loro nonostante il differente sviluppo delle loro parti anatomiche.
Per quanto riguarda il sedano da coste, la parte che si mangia sono, appunto, le cosiddette “coste”. Queste sono state selezionate per essere quanto più possibile grandi, ma allo stesso tempo si è cercato di ridurre i piccoli filamenti fibrosi che si possono vedere quando si tagliano le coste, che sono le nervature del sedano e servono a far passare acqua dalla parte inferiore della pianta a quella superiore.
Si tratta di una pianta che, per la sua semplicità di coltivazione, si può coltivare anche direttamente in casa, ed è una delle colture più tipiche degli orti urbani. Una volta raccolto, si consuma praticamente sempre fresco, e si può conservare fino a sette settimane, ad una temperatura compresa tra 0 e 2 gradi, prima che la proliferazione batterica lo renda non commestibile.
Proprietà benefiche del sedano
Il benessere del sedano è legato in modo particolare alla presenza di una quantità di fibra superiore a quella di ogni altro nutriente. Infatti, per la bassa percentuale di zuccheri e grassi e considerando che la fibra non può essere digerita, viene definito un alimento a “calorie negative”, perché sono più le calorie che vengono impiegate masticandolo di quelle che si assumono mangiandolo.
Inoltre il sedano è un alimento molto ricco di vitamine che estrae dal terreno e e sali minerali, che si ritrovano nell’ortaggio proprio perché si tratta di un organo di transito delle sostanze nutritive, per la pianta.
Contiene anche un principio attivo, detto acido sedanonico, che è stato dimostrato in grado di ridurre la pressione sanguigna. Questo principio attivo però non si trova tanto nelle coste, quanto nei semi di sedano, che si ottengono lasciando crescere la pianta; in questo caso si può estrarre l’olio essenziale di sedano che contiene i principi attivi molto concentrati.
Da notare, infine, che il sedano è un allergene: contiene composti in grado di scatenare allergia, motivo per cui, prima di utilizzarlo in cucina, è sempre molto importante sapere se qualcuno dei commensali sia allergico.

Il finocchio (Foeniculum vulgare Mill.) è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere).
Conosciuto fin dall'antichità per le sue proprietà aromatiche, la sua coltivazione orticola sembra che risalga al 1500.
Si distinguono le varietà di finocchio selvatico dalle varietà di produzione orticola (dolce).
Il finocchio selvatico è una pianta spontanea, perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2 m. Possiede foglie che ricordano il fieno (da cui il nome foeniculum), di colore verde e produce in estate ombrelle di piccoli fiori gialli. Seguono i frutti (acheni), prima verdi e poi grigiastri. Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti (impropriamente chiamati "semi").
Il finocchio coltivato (o dolce) è una pianta annuale o biennale con radice a fittone. Raggiunge i 60–80 cm di altezza. Si consuma la grossa guaina a grumolo bianco che si sviluppa alla base.
Il finocchio è ampiamente coltivato negli orti per la produzione del grumolo, una struttura compatta costituita dall'insieme delle guaine fogliari, che si presentano di colore biancastro, carnose, strettamente appressate le une alle altre attorno a un brevissimo fusto conico, direttamente a livello del terreno.
Il suo colore bianco è dato dalla tecnica dell'imbianchimento: si tratta di una rincalzatura e si effettua a cadenza regolare nel corso dello sviluppo del grumolo o almeno due settimane prima della raccolta.
La raccolta dei grumoli avviene in tutte le stagioni, secondo le zone di produzione. Si adatta a qualsiasi terreno di medio impasto con presenza di sostanza organica. Le piante vengono disposte in file e distanziate di circa 25 cm l'una dall'altra. La raccolta del grumolo avviene dopo circa 90 giorni dalla semina. Richiede frequenti e abbondanti irrigazioni e preferisce un clima temperato di tipo mediterraneo.
In cucina si possono usare tutte le parti del finocchio. Il grumolo bianco (erroneamente ritenuto un bulbo) del finocchio coltivato si può mangiare crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e si può aggiungere agli stufati.
Il finocchio è uno degli ortaggi meno calorici essendo sprovvisto del tutto di lipidi e amido; è ricco di acqua e contiene oli essenziali che lo rendono molto diuretico e digestivo: oltre sali minerali e vitamine, l’ortaggio contiene un'essenza (anetolo) che si concentra in particolar modo nei semi e favorisce la digestione.
Contiene sostanze estrogeniche naturali chiamati anche "fitoestrogeni", che esercitano un effetto equilibrante sui livelli degli ormoni femminili. Grazie a questa azione riequilibrante si raccomandano le piante contenenti fitoestrogeni per condizioni legate all'eccesso di estrogeni (ad esempio la sindrome premestruale) così come per condizioni di carenza di estrogeni (come la menopausa e gli squilibri mestruali). Inoltre queste erbe con fitoestrogeni hanno anche un'azione sul sistema vascolare. Per questo sono molto utili per alleviare i sintomi della menopausa, poiché riducono sia l'intensità che la frequenza delle vampate di calore e dei sudori notturni
Cenni storici
Originario della pianura di Maratona, località della Grecia teatro della famosa battaglia che vide affrontarsi Ateniesi e Persiani, ove il finocchio cresceva spontaneo e proprio per questa ragione gli antichi lo chiamavano marathon. Il finocchio è una tipica pianta mediterranea, che già in Grecia apprezzavano e che dai Romani fu diffusa in tutta l'Europa continentale.
Plinio racconta che i serpenti si sfregano contro la pianta di finocchio, dopo aver cambiato la pelle, per riacquistare la vista, e in relazione a questa storia afferma che il finocchio è ottimo nella cura degli occhi. L'affinità con i serpenti, secondo le credenze popolari antiche, dava al finocchio anche la virtù di essere un forte antidoto contro la morsicatura dei rettili velenosi. Il posto che il finocchio occupa nelle manifestazioni religiose antiche ne riallaccia la simbologia a un'idea di rinascita, o meglio ancora, di rigenerazione spirituale.
Gli storici datano l’importazione del finocchio in Italia al XV secolo e furono monaci e crociati che lo portarono da Malta.
Con 17.000 ettari investiti a finocchio, da cui si ottiene una produzione pari a circa 370.000 tonnellate, l'Italia è il paese in cui questa coltura è maggiormente diffusa a livello mondiale. L'esportazione interessa, ogni anno, circa 25.000 tonnellate di finocchio, indirizzate principalmente verso Francia e Svizzera. Le regioni più importanti per questo ortaggio sono Puglia (da cui proviene circa il 30% del raccolto nazionale), Campania (18%), Lazio (11%), Sicilia (9%), Marche (9%), Abruzzo (5%), Calabria (4,5%) ed Emilia-Romagna (4%).
Per quanto riguarda il panorama varietale, la maggior parte della produzione di finocchio proviene da semi di popolazioni locali, come Grossissimo di Napoli, Tondo pugliese o di Barletta, Tondo di Sicilia, Romanesco, Parmigiano e Mantovano.
Varietà
Nel Foeniculum vulgare si identificano tre varietà: il Finocchio amaro o selvatico (varietà vulgare), il Finocchio dolce (varietà dulce) con essenza meno ricca in principi attivi, il Finocchio usato come ortaggio (varietà azoricum).
Fra le specie coltivate più diffuse: il Bianco Perfezione (varietà precoce, la raccolta avviene in luglio e agosto), il Gigante di Napoli, il finocchio di Sicilia e il finocchio di Parma (varietà invernale, raccolta da settembre a dicembre). Ricordiamo inoltre il Bianco dolce di Firenze, il Finocchio di fracchia, e il Tondo romano.

I venditori usano distinguere i finocchi in maschi e femmine: non c'è nulla di scientifico in questo, fanno semplicemente riferimento alla forma che, nel caso del maschio è tondeggiante, nella femmina più allungata.
I finocchi devono avere forma compatta, essere pesanti rispetto al loro volume, essere sodi al tatto, consistenti e carnosi. Se sono presenti le foglie verdi, queste devono essere di colore vivo e intenso. 
Eliminando le costole verdi più grosse e mettendolo in sacchetti a cui praticherete dei piccoli fori, si può conservare al fresco per una decina di giorni, senza che perda sapore. Può anche essere surgelato, dopo averlo ridotto a spicchi e sbollentato, lasciandolo coperto con l'acqua di cottura.
Il finocchio selvatico (Foeniculum sylvestre) fiorisce in luglio e agosto, si consuma sia crudo in insalata che cotto in stufati e come verdura di accompagnamento a secondi piatti. I germogli teneri si usano nelle minestre oppure si mangiano crudi in pinzimonio. Inoltre è possibile raccogliere i semi in tarda estate per farne liquori o tisane.

Il termine asparago o asparagio (dal greco aspharagos, che è dal persiano asparag, ossia germoglio) può designare sia l'intera pianta che i germogli della pianta Asparagus officinalis L. Appartiene alla famiglia delle Liliaceae, un'angiosperma monocotiledone. L'asparago possiede particolari proprietà diuretiche, viene apprezzato dai buongustai e ha alle spalle una storia millenaria.
È una specie dioica che porta cioè fiori maschili e femminili su piante diverse: i frutti (prodotti dalle piante femminili) sono piccole bacche rosse contenenti semi neri. La pianta è dotata di rizomi fusti modificati che crescono sotto terra formando un reticolo; da essi si dipartono i turioni ovvero la parte epigea e commestibile della pianta. Nel caso di coltura forzata il turione si presenta di colore bianco mentre in pieno campo a causa della fotosintesi clorofilliana assume una colorazione verde. Se non vengono raccolti per il consumo dai turioni si dipartono gambi di lunghezza variabile da 1 a 1,5 m; tali gambi vanno raccolti quando ancora essi non hanno raggiunto una dura consistenza. Le foglie (cladòdi) di questa pianta sono minute e riunite in fascetti di 3-6. Diversamente da molte verdure, dove i germogli più piccoli e fini sono anche più teneri, gli steli più grossi dell'asparago hanno una maggiore polpa rispetto allo spessore della pelle, risultando quindi più teneri.
Alcune cultivar di asparagi sono:
Asparago bianco di Cantello
Asparago bianco di Conche
Nobile asparago bianco di Verona
Asparago rosa di Mezzago
Asparago violetto di Albenga
Asparago bianco di Zambana De.Co.
Asparago bianco di Cimadolmo, IGP
Asparago verde di Altedo, IGP
Asparago di Badoere, IGP
Asparago di Cantello, IGP
Asparago Bianco di Bassano, DOP
Espárrago de Huétor-Tájar, IGP (Spagna)
Espárrago de Navarra, IGP (Spagna)
Asperge des sables des Landes, IGP (Francia)
Asperges du Blayais, IGP (Francia)
D'argenteuil
Brabantse Wal asperges, DOP (Paesi Bassi)
Grosso di Erfurt
Mary Washington
Si distinguono soprattutto per aspetto, sapore e tipologia di coltivazione; la composizione chimica, invece, risulta pressappoco la stessa. L'asparago bianco, ad esempio, è tale in quanto viene coltivato in assenza di luce,così facendo viene bloccata la fotosintesi naturale.
L'asparago può essere coltivato nei campi oppure in apposite serre dette asparagiaie; ciò può essere realizzato in due modi:
tramite la semina da marzo a giugno in una terra ricca e friabile intervallandole di 5–10 cm a seconda della tipologia utilizzata, trapiantandone successivamente i rizomi direttamente per trapianto, su un suolo molto drenante, senza umidità.
Una tale asparagiaia inizia a produrre già dopo 2-3 anni e continua la produzione per un'altra dozzina d'anni. La produzione ogni 100 m² è di 60–100 kg.
L'asparago in cucina
Il gusto dell'asparago evoca il sapore del carciofo; quando è fresco ha un sentore di spiga di grano matura, in particolare si distinguono:
L'asparago bianco, che germogliando interamente sotto terra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato.
L'asparago violetto, dal sapore molto fruttato, è in realtà un asparago bianco che riesce a fuoriuscire dal suo sito e, vedendo la luce,quindi a sua volta attuando la fotosintesi,acquista un colore lilla abbastanza uniforme. Ha un leggero gusto amaro.
L'asparago verde che germoglia alla luce del sole come quello violetto, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro. È il solo asparago che non ha bisogno di essere pelato.
In cucina si utilizzano germogli verdi o bianchi: gli steli dovrebbero essere duri, flessibili, resistenti alla rottura, dello stesso spessore e con le punte ancora chiuse, la base deve essere mantenuta umida, per mantenere il prodotto fresco.
Per la preparazione, occorre tagliare le estremità legnose dell'asparago e, a seconda della tipologia, togliere eventualmente la pelle bianca fino a 4 cm sotto il germoglio od oltre nel caso di asparagi vecchi o particolarmente grandi. I cuochi più esigenti prima della cottura li immergono in acqua gelida e talvolta la pelle viene aggiunta all'acqua di cottura e rimossa solo alla fine poiché ciò, secondo alcuni, ne preserverebbe il gusto.
L'asparago per essere consumato viene prima lessato con acqua salata per breve tempo oppure cotto a vapore; il tempo di cottura tipico per gli asparagi è 12-18 min. a seconda dello spessore. Dato che il germoglio è più delicato della base dello stelo, i risultati migliori si ottengono legando insieme non troppo stretti gli steli in modo che solo la parte inferiore sia cotta in acqua bollente, mentre i germogli, fuoriuscendo dall'acqua, subiranno una cottura a vapore. A tal proposito esistono pentole speciali di forma cilindrica alta e stretta, dotate di un cestello a base perforata e con maniglie, che rendono il processo di legamento degli steli superfluo. Per preservarne il colore vivo gli asparagi verdi (così come per quasi tutte le verdure verdi) si possono raffreddare in acqua molto fredda immediatamente dopo la cottura.
L'asparago può essere servito in varie maniere e, a seconda delle tradizioni locali, esistono diverse preparazioni tipiche. Gli asparagi verdi in Italia sono spesso serviti facendoli saltare in padella previa lessatura, semplicemente con burro o burro e parmigiano ("asparagi alla parmigiana"). Inoltre possono venire accompagnati da uova al burro e formaggio grattugiato o sode. In Francia e in Germania è tipico servire gli asparagi bianchi con la salsa olandese. Alternativamente possono essere serviti con vinaigrette, salsa burro-bianco (FR) , con salsa maltese, salsa bolzanina, burro sciolto, o un filo di olio d'oliva e del Parmigiano reggiano. Preparazioni più elaborate sono: saltati in padella con funghi e serviti come accompagnamento della Faraona. Gli asparagi possono essere usati per preparare risotti, zuppe, mousse o in vellutate. Nei ristoranti cinesi è possibile assaporare l'asparago fritto accoppiato a pollo, gamberi o manzo.


Il prezzemolo, o Petroselinum crispum, è una pianta erbacea strettamente correlata con il sedano, che fa parte della sua stessa famiglia, quella delle Apiacee. È una pianta semplice da trovare anche in natura, e tipica delle zone mediterranee.
È una pianta che, a differenza delle altre, non viene mai consumata da sola, principalmente per una questione di dimensioni, e viene quindi utilizzata come ingrediente in vari tipi di preparazioni in cucina, tritato. È per questo che viene tradizionalmente raggruppato tra le erbe aromatiche, quelle che non si consumano da sole ma che devono essere abbinate ad altri ingredienti e conferiscono un particolare sapore.
La parte che viene consumata, essendo una pianta particolarmente piccola, è tutta quella superiore che comprende il fusto della pianta, i piccioli delle foglie e le foglie stesse.
In Italia è coltivato maggiormente nelle regioni meridionali, perché la pianta teme il freddo intenso; se ne possono trovare due varietà diverse ma molto simili tra loro, che sono il prezzemolo liscio, caratterizzato da foglie distese e più conosciuto in Italia, ericcio, con le foglie che si arricciano su sé stesse, coltivato maggiormente per l’esportazione.
Una volta raccolto, e tradizionalmente venduto in mazzetti, si può conservare in frigo per diversi giorni (anche se meno rispetto al sedano) senza che perda le sue proprietà nutrizionali.
Proprietà del prezzemolo
Il prezzemolo è conosciuto da secoli come una pianta medicinale. Il principio attivo più famoso è l’apiolo, che è un irritante ad alte dosi. Veniva utilizzato in passato per indurre l’aborto, stimolando le contrazioni della muscolatura liscia dell’utero. Tuttavia a basse dosi è anche utile nell’organismo per lenire il dolore; uno degli utilizzi più conosciuti è quello che, per l’azione vagamente analgesica, viene usato per far passare il mal di denti.
Oltre a questo, il prezzemolo è una pianta ricchissima di sostanze nutritive di ogni tipo. Contiene infatti alti quantitativi di vitamina C, oltre alla vitamina A e alla vitamina B9. Inoltre è ricchissimo di calcio, perché ne accumula moltissimo nel fusto, che è la parte di riserva e quella che viene consumata.
Bisogna però fare attenzione al fatto che il prezzemolo deve essere quanto più possibile consumato crudo: infatti la cottura degrada sia l’apiolo che le vitamine, per cui se si vuole aggiungerlo ai pasti bisogna farlo alla fine (fuori cottura), per non disperdere le molecole benefiche della pianta.

Per il resto, come il sedano è un alimento ricchissimo di fibra, nonostante le esigue quantità che vengono assunte non permettano di apprezzarne il vantaggio dal punto di vista dietetico.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

CONOSCERE GLI ORTAGGI DA SEME

I legumi sono vegetali molto apprezzati per le loro qualità nutrizionali e possono essere consumati sia singolarmente che in abbinamento con altri tipi di vegetali o come contorno delle pietanze.
Essi appartengono alla famiglia delle Fabaceae, comunemente detta anche delle Leguminose. Si tratta di un gruppo di piante che condividono una serie di caratteristiche comuni.
La dimensione della pianta può variare, così che esistono delle leguminose erbacee, delle leguminose arbustive e anche alcune piante arboree, strutturate come un albero, tra cui la mimosa. Anche le foglie sono particolari: nella maggior parte delle famiglie sono palmate, ossia hanno una nervatura centrale più tante piccole nervature che si diramano da essa nelle dimensioni; si distinguono da altre foglie, ad esempio quelle della maggior parte delle graminacee, che invece hanno nervature tutte parallele tra di loro.
La caratteristica che distingue tutte le piante appartenenti alla famiglia, senza eccezioni, è il frutto: viene chiamato baccello, anche se per alcuni legumi particolari, “strozzati” in mezzo (caso tipico, quello delle arachidi) si chiama lomento. Il baccello ha una fascia longitudinale detta sutura, che quando la pianta è giunta a maturazione si apre, facendo cadere i semi; in agricoltura, i legumi vengono raccolti prima che possano cadere e poi vengono estratti industrialmente o manualmente; in alcuni casi non vengono estratti e il frutto, che è il baccello, viene consumato intero.
Ciò che generalmente si mangia delle leguminose, quelli generalmente chiamati legumi, sono i semi della pianta, semi che in alcuni casi vengono consumati freschi o conservati come freschi (fave, piselli) mentre in altri casi vengono fatti essiccare e poi reidratati per il consumo oppure lavorati per la creazione di farina, o per l’estrazione di concentrati proteici od oli. I legumi possono anche essere inscatolati in contenitori a chiusura ermetica, coperti da un liquido, oppure surgelati.
La caratteristica botanica più importante che contraddistingue le leguminose sono però in assoluto le loro radici. L’apparato radicolare è particolare, ma soprattutto è diverso da quello di tutte le altre piante: nelle radici sono infatti presenti una serie di cavità (dette tubercoli radicali) create per accogliere dei microrganismi, in particolare dei batteri. Queste piante infatti hanno una simbiosi con alcuni batteri, detti Rizobi, tra cui quelli del genere Rhizobium leguminosarum, che crescono nella maggior parte delle radici delle leguminose ma non di tutte (leguminose come la Sulla o la Soia hanno dei batteri particolari) e la loro presenza è indispensabile alla crescita della pianta. Se il batterio “giusto” per quella pianta non vive in quel terreno, essa non riuscirà a crescere. I rizobi, infatti, hanno la capacità di fissare l’azoto atmosferico, ossia di prendere quel 78% di azoto presente nella nostra atmosfera (che noi respiriamo, ma che non prende parte ai processi respiratori) e lo trasformano in una forma che sia assimilabile dalla pianta.
La pianta senza rizobio non ha disponibilità di azoto, perché a differenza di altre piante ha perso nel corso dell’evoluzione la capacità di “cercarlo” nel terreno per conto proprio, quindi se il terreno non ha il giusto rizobio le piante non cresceranno; per permetterlo, magari perché le condizioni climatiche sono adatte, bisogna portare nel campo un po’ di terreno dove il rizobio per quella coltura è presente. In alternativa bisogna sfruttare terreni dove qualche anno prima sono già state coltivate piante della stessa specie, i cui rizobi siano ancora presenti nel terreno.
L’importanza di questi batteri ha come diretta conseguenza l’alta percentuale di proteine contenuta nei legumi: se si possono sostituire le proteine della carne con quelle della soia, o dei fagioli, o dei ceci, è proprio perché ci sono dei rizobi che, fissando l’azoto, lo rendono disponibile alla pianta per creare i composti azotati di base, gli amminoacidi; catene di amminoacidi formano le proteine, che vengono accumulate in tutte le parti della pianta, foglie comprese (importanti per la mangimistica animale) e in particolare nei semi.
I rizobi, però, non arricchiscono solo le piante, ma anche il terreno stesso: in agricoltura, i legumi sono definiti colture di arricchimento, generalmente da alternare ai cereali che, invece, sono definiti depauperanti. Non avendo rizobi che fissano l’azoto per loro, colture come il mais o il grano assorbono tutto l’azoto già presente nel terreno, che l’anno successivo deve essere reimmesso grazie alla semina delle leguminose.
È anche grazie a questo meccanismo che si può spiegare l’alta resa delle coltivazioni e il fatto che produrre un chilo di proteine vegetali è molto più economico ed ha un impatto minore sull’ambiente rispetto alla produzione di un chilo di proteine animali.
Le varietà di legumi
Nel mondo esistono tantissime varietà di leguminose, molte delle quali non sono commestibili perché i semi sono troppo piccoli, o hanno un cattivo sapore, o ancora non hanno un elevato valore nutrizionale. Esistono poi varietà coltivate solo in alcune parti del mondo, anche molto diffuse, e piante che sono coltivate e consumate solo in una specifica zona.
In Italia i legumi più importanti a livello sia economico che di consumo sono sei: i fagioli, i ceci, le lenticchie, i piselli, le fave e la soia.
I legumi: caratteristiche nutrizionali
I legumi sono molto apprezzati in alimentazione per le loro proprietà nutritive ma anche per la quota proteica che li contraddistingue. Come già descritto nel paragrafo dedicato alla botanica, la loro struttura permette di accumulare un grande quantitativo di azoto prendendolo direttamente dall’aria, grazie airizobi, azoto utilizzato per produrre amminoacidi che costituiranno le proteine.
Nella tabella nutrizionale delle cinque varietà di legumi prese in considerazione si è scelto, per equiparare i valori, di confrontare tutti i semi nella loro forma da secchi, tralasciando i semi freschi. Per sapere quante sostanze si assumono mangiando gli stessi legumi ma freschi o reidratati (operazione necessaria per la cottura) è sufficiente aggiungere alla misura il quantitativo di acqua che avrebbero perso con l’essiccamento o che hanno assunto durante la reidratazione.
Tutti i valori sono da considerarsi per 100 grammi di alimento.

Acqua
(gr)
Proteine
(gr)
Grassi
(gr)
Carboidrati
(gr)
Fibra
(gr)
Energia
(kcal)
Calcio
(mg)
Fosforo
(mg)
Fagioli
10,3
20,2
2
47,5
17,3
291
102
464
Ceci
10,3
20,9
6,3
46,9
13,6
316
142
415
Lenticchie
11,2
22,7
1
51,1
13,8
1219
57
376
Piselli
13
21,7
2
48,2
15,7
286
48
320
Fave
10,2
21,3
3
29,7
21,1
224
ND
ND
Il quantitativo di acqua è ovviamente basso poiché sono stati presi in considerazione solo i legumi secchi; in un legume fresco (ad esempio i fagioli freschi) l’acqua non è particolarmente abbondante rispetto a quella presente in altri organismi vegetali, poiché costituisce solo il 60% del seme.
Parlando invece di proteine, si può notare che il contenuto proteico dei legumi è sempre particolarmente alto, soprattutto in relazione alla quota proteica contenuta in qualsiasi altro vegetale consumato. Questo ha portato alla credenza che i legumi possano sostituire, a parità di quantitativo consumato, la carne e i latticini. In realtà, nonostante in una dieta vegetariana i legumi siano fondamentali per assumere la quota proteica di cui l'organismo ha bisogno, non tutte le proteine hanno la stessa qualità, e quella dei legumi ammonta a circa la metà di quella della carne.
Relativamente ai grassi, il contenuto nei legumi è assolutamente trascurabile. Vi sono tuttavia sono alcuni legumi, dette oleaginose, come la soia e le arachidi, che contengono un alto quantitativo di lipidi. Se si osserva però il valore energetico si può vedere che è piuttosto alto rispetto a quello di altri vegetali, e ciò non è dovuto solamente all’alto contenuto in proteine, ma soprattutto a quello di carboidrati. I carboidrati sono infatti la componente che garantisce un maggior valore energetico a questo alimento, e che lo rende così un alimento “completo”, da consumare anche da solo. Il contenuto in fibre, inoltre, è piuttosto elevato e questo rende i legumi alimenti dall’indice di sazietà particolarmente alto. Il contenuto in fibre aiuta le persone che soffrono di stitichezza, di sovrappeso, o di alcune situazioni patologiche come le malattie coronariche, l’aterosclerosi o la calcolosi.
Per quanto riguarda i minerali, i legumi sono particolarmente ricchi in fosforo ma soprattutto in calcio, elemento ricercato sia in alimentazione umana che animale (è da queste piante che i bovini assumono il calcio che si ritrova nel latte e che finisce, per conseguenza, nel formaggio).
Cucinare i legumi
I legumi, come abbiamo visto, si possono trovare in varie forme e possono arrivare sul mercato in seguito a diverse tipologie di conservazione. I legumi che mantengono maggiormente il loro valore nutrizionale sono quelli freschi che tuttavia si trovano solamente nella loro stagione di raccolta; seguono i legumi surgelati, che non subiscono una perdita di sostanze nutritive. Ci sono poi i legumi secchi, che perdono più sostanza a causa del processo di essiccamento e di conservazione, mentre all’ultimo posto si hanno i legumi conservati in barattolo, generalmente legumi freschi che hanno subito il processo di bollitura, e che perdono alcune sostanze nutritive, che finiscono nel liquido di conservazione (liquido di governo) durante la permanenza sugli scaffali degli esercizi commerciali.
Per quanto riguarda i legumi surgelati, questi non devono essere fatti scongelare prima della cottura, pena la perdita di sostanze nutritive con l’acqua di scongelamento.
I legumi secchi
Per quanto riguarda la cottura dei legumi secchi, la prima cosa da fare è una cernita. Spesso, infatti, durante il confezionamento rimangono tra i legumi alcune parti diverse della pianta, o vi sono legumi che presentano dei difetti come l’atrofia; in entrambi i casi potrebbero non cuocere bene. Individuati eventuali semi, essi devono quindi essere rimossi. È opportuno, prima dell’ammollamento, anche lavare i legumi secchi per rimuovere la polvere e gli agenti antimicotici che vengono aggiunti in fase di confezionamento per evitare l’ammuffimento.
I legumi devono quindi essere ammollati, per un tempo che varia in base al singolo legume. E non alla specie, ma anche alla singola varietà: ad esempio, fagioli più piccoli vengono reidratati prima rispetto a quelli più grandi. Il processo è osmotico, per cui l’acqua entra dentro il legume fin quando questo non è saturo, e i legumi non possono crescere più di un certo quantitativo, indipendentemente da quanto restano in acqua. Nell’acqua, però, potrebbe innescarsi il processo di fermentazione batterica, motivo per il quale sarebbe bene cambiare più volte l’acqua di ammollo mentre si aspetta la fine del processo, specialmente se questo è molto lungo. L’acqua deve essere a temperatura ambiente e quantitativamente circa tre volte il peso dei legumi secchi.
L’ultimo passaggio per cucinare i legumi è quello della cottura. I legumi devono essere cotti per uccidere i batteri ma per evitare che possano rompersi durante il processo devono essere messi in acqua a temperatura ambiente, quindi questa deve essere innalzata ma non deve superare di molto la temperatura di ebollizione (e anche se non la raggiunge, se ci sono solo delle bollicine ai lati del contenitore, va bene lo stesso, significa aver raggiunto una temperatura di 80-90 gradi). Si parla di bollitura leggera  sobbollitura, e permette di lasciare integri i legumi. Importante anche tappare il contenitore, per non perdere il liquido di evaporazione e quindi molte delle sostanze nutritive, in particolare gli elettroliti, che fuoriescono dai legumi durante il processo di cottura.

L'arachide (Arachis hypogaea L., 1753) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Fabacee (o Leguminose), originaria del Sud America.
I frutti sono chiamati arachidi, spagnolette, noccioline americane, bagigi, scachetti, caccaetti (dal nahuatl tlālcacahuatl, che significa 'cacao di terra', divenuto in spagnolo o cacahuate, nei paesi delle Americhe dove viene usata questa parola, o cacahuete, in Spagna), giapponi o cecini.
È una pianta annuale erbacea con fusto eretto, pubescente, che raggiunge un'altezza fra i 30 e gli 80 cm.
Le foglie sono opposte, paripennate, composte da quattro foglioline lunghe da 1 a 6 centimetri e larghe 0,5–3,5 cm.
I fiori sono tipicamente papillionati, del diametro di 2–4 cm, di colore giallo con venature rossastre.
Dopo l'impollinazione, il frutto si sviluppa in un legume lungo da 2 a 5 centimetri, che si fa strada sottoterra per maturare, contenente da 1 a 4 semi. L'epiteto specifico (hypogaea) fa riferimento proprio a questa particolarità.I semi di arachide (dal greco αραχίδα), detti anche spagnolette, noccioline americane, bagigi, scachetti, cecini, galette, marchesini, caccaetti o scaccaglie, sono legumi utilizzati per il consumo alimentare umano ed animale. Dai semi si ricava inoltre l'olio di arachidi, oppure si consumano in pasta (burro di arachidi) o interi, dopo essere stati tostati.
I principali costituenti di un seme di arachide sono carboidrati semplici (zuccheri) e complessi (amido), protidi (per un totale del 30%) e olio (40-50%).
I semi di arachide vengono solitamente consumati dopo tostatura. Le applicazioni più frequenti sono l'accompagnamento di aperitivi, dove si consumano tostati e salati,nella birra,tostati e zuccherati oppure caramellati. Vengono inoltre ridotti in pasta per ricavare il burro di arachidi, creme spalmabili dolci o salate, gelati, croccanti al caramello e aggiunti, in pasta o in farina, a svariati prodotti da forno quali biscotti, torte o merendine. Dai semi di arachide, inoltre, si ricava l'olio di arachide, che trova un ampio uso in cucina grazie ad un punto di fumo alto, secondo solo all'olio di oliva. Dai semi si isola anche l'arachina.

Il fagiolino, detto anche tegolina o cornetto, è il baccello verde e acerbo di diverse cultivar della pianta del fagiolo comune (Phaseolus vulgaris), utilizzato come verdura. A differenza dei fagioli, i fagiolini vengono quindi raccolti e consumati con i loro baccelli, tipicamente prima che i semi interni siano arrivati a maturazione.

La fava (Vicia faba L., 1753) è una pianta della famiglia delle Leguminose o Fabaceae.
Possiede un apparato radicale fittonante, con numerose ramificazioni laterali nei primi 20 cm che ospitano specifici batteri azotofissatori (Rhizobium leguminosarum).
Il fusto ha sezione quadrangolare, cavo, ramificato alla base, con accrescimento indeterminato, alto da 70 a 140 cm.
Le foglie, stipolate, glauche, pennato-composte, sono costituite da 2-6 foglioline ellittiche.
I fiori sono raccolti in brevi racemi che si sviluppano all'ascella delle foglie a partire dal 7º nodo. Ogni racemo porta 1-6 fiori pentameri, con vessillo ondulato, di colore bianco striato di nero e ali bianco o violacee con macchia nera. La fecondazione è autogama.
 Il frutto è un legume allungato, cilindrico o appiattito, terminante a punta, eretto o pendulo, glabro o pubescente che contiene da 2 a 10 semi con ilo evidente, inizialmente verdi e di colore più scuro (dal nocciola al bruno) a maturità.
In relazione alla grandezza del seme, in Vicia faba L. vengono distinte quattro varietà botaniche:[
Vicia faba var. paugyuga con semi molto piccoli, di origine indiana, non è coltivata
Vicia faba var. minor Beck, detta comunemente favino, con peso dei 1000 semi inferiore a 700 grammi e baccello clavato e corto; è utilizzata come foraggio o sovescio;
Vicia faba var. equina Pers., detta comunemente favetta, con peso dei 1000 semi compreso tra 700 e 1000 grammi e baccello clavato e allungato.
Il pisello (Pisum sativum L., 1753) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia Fabaceae, originaria dell'area mediterranea e orientale.
La pianta è largamente coltivata per i suoi semi, consumata come legume o utilizzata come alimento per il bestiame. Il termine designa anche il seme della pianta, ricco di amidi e proteine (dal 16 al 40%)
Il pisello è coltivato dall'era neolitica e ha accompagnato i cereali nelle origini dell'agricoltura nel Vicino Oriente. Nell'Antichità e nel Medio Evo è stato un alimento base in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Ai nostri giorni, la sua coltura è praticata nei cinque continenti, particolarmente nelle regioni a clima temperato dell'Eurasia e dell'America del Nord.
Il pisello secco è un alimento tradizionalmente importante in alcuni paesi, in particolare nel subcontinente indiano e in Etiopia, ma è relativamente in disuso come farinaceo e come fonte di proteine nella maggior parte dei paesi occidentali, dove è ormai principalmente coltivato per l'alimentazione animale o per l'esportazione. Dopo il XVII secolo, il pisello è divenuto un legume fresco popolare, la cui consumazione durante tutto l'anno è favorita dalle tecniche di conservazione e di surgelazione.
Il pisello è soggetto a diversi tipi di coltura, a secondo dei paesi e della destinazione dei prodotti. I piselli secchi sono coltivati tradizionalmente in un certo numero di paesi del Terzo Mondo dove costituiscono una coltura di sussistenza, praticata nella stagione fredda o in altitudine, in particolare in Africa orientale (Etiopia, Uganda, Kenya). Nei paesi industrializzati (Europa, Canada, Stati Uniti) è essenzialmente una coltura meccanizzata rivolta principalmente all'alimentazione animale, all'industria conserviera e alla surgelazione, ma anche in orticoltura professionale per il mercato del fresco. I piselli sono spesso presenti negli orti familiari.
Il pisello si riproduce unicamente per seme. In terreni poveri la inoculazione delle sementi con ceppi di Rhizobium può migliorare la resa della coltura, ma tale pratica non è generalmente necessaria nella maggior parte dei casi.
Nei paesi temperati, il pisello si semina sia a fine inverno o all'inizio della primavera, sia in autunno, nelle regioni dove le gelate non sono troppo temibili, o più a nord ricorrendo a delle varietà resistenti al freddo (varietà invernali). Il pisello è in effetti una pianta annuale senza dormienza, che può essere seminata senza necessità di vernalizzazione. Le varietà invernali permettono di guadagnare in precocità di raccolta e in rendimento. Per i piselli da conserva, seminati in primavera, le semine sono scaglionate in maniera da distribuire il carico di lavoro delle macchine. Nei paesi tropicali e subtropicali, i piselli si coltivano nella stagione fredda. In Cina e a Taiwan è praticata la coltura intensiva in serra di cime di piselli mangiatutto, che vengono raccolti freschi non appena la pianta raggiunge i 10 cm di altezza.
Il ciclo vegetativo dei piselli è di circa 140 giorni per le varietà primaverili, potendo scendere a 90 giorni per le varietà ultra-precoci e a 240 giorni per le varietà invernali.
Usi alimentari
Dalla pianta di pisello si ricavano vari tipi di alimento, sia per l'uomo che per il bestiame:
i piselli secchi, cioè i semi raccolti a maturità, costituiscono un legume secco, e sono utilizzati anche per gli animali domestici, sia come grani interi (volatili) che sotto forma di farina (suini e bovini); rappresentano inoltre una importante materia prima per l'industria di trasformazione (amidi, estratti proteici)
i piselli freschi, sia sotto forma di semi immaturi che di baccelli interi ugualmente immaturi, sono un legume fresco
i giovani germogli foliari sono anch'essi usati nell'alimentazione umana, particolarmente in Asia, così come i semi germogliati
la pianta nel suo insieme, sia fresca che essiccata, è utilizzata come foraggio per i ruminanti.
Nell'alimentazione umana i piselli orticoli si utilizzano sia freschi, che secchi.
I piselli freschi, noti come «piselli novelli» (o «petit pois» in francese) possono essere consumati subito dopo la raccolta ovvero essere conservati o surgelati; alcune varietà, le cosiddette «mangiatutto», si consumano con tutto il baccello.
Nell'Unione europea, sia i piselli da sgusciare che i "mangiatutto" devono rispettare delle norme di commercializzazione fissate da un regolamento comunitario del 1999, che prevede la loro classificazione in due categorie in base ad alcuni standard di qualità.
Nei piselli secchi il seme, che può essere verde o giallo, viene ripulito dei suoi tegumenti e i due cotiledoni sono separati. I piselli secchi vengono spesso preparati in forma di creme o purea.

Lens culinaris Medik. è una pianta dicotiledone della famiglia delle Fabaceae (o Leguminose) detta volgarmente lenticchia, coltivata sin dall'antichità.
È una pianta annuale, utilizzata per i semi commestibili, ricchi di proteine e di ferro noti come lenticchie.
Diverse sono le varietà di lenticchie. I frutti sono dei legumi che contengono due semi rotondi appiattiti. Le lenticchie fanno parte dei legumi secchi apprezzati in Europa anche se la produzione mondiale non è elevata: 3.841.883 t (2004).
La lenticchia rappresenta una delle prime specie domesticate: testimonianze archeologiche relative alla grotta di Franchthi in Grecia dimostrano che venisse mangiata tra il 13.000 e l'11.000 a.C..
È stata una delle prime colture domesticate e il suo consumo viene attestato nell'episodio biblico di Esaù, nella Genesi.
La lenticchia è una pianta annuale erbacea, alta da 20 cm a 70 cm. Gli steli sono dritti e ramificati.
Le foglie sono alterne e composte (imparipennate con 10-14 foglioline oblunghe) e terminano con un viticcio generalmente semplice o bifido. Sono munite alla base di stipole dentate.
I fiori, a corolla papilionacea tipica della sottofamiglia delle Faboideae, sono di color bianco o blu pallido e riuniti in grappoli da due a quattro. Il calice è regolare, a cinque denti sottili e relativamente lunghi. La fioritura avviene tra maggio e luglio.
I frutti sono dei baccelli appiattiti, corti, contenenti due semi dalla caratteristica forma a lente leggermente bombata. Il colore dei semi varia secondo le varietà da pallido (verde chiaro, biondo, rosa) a più scuro (verde scuro, bruno, violaceo).
Distribuzione e habitat
Questa specie è originaria delle regioni temperate calde del mondo antico:
Sud-Est dell'Europa: Cipro e Grecia
Asia Minore e Vicino Oriente: Turchia, Siria, Libano, Israele, Giordania, Iraq, Iran
Caucaso e Asia Centrale: Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Afghanistan e Pakistan.
Principali varietà coltivate
Svariate sono le cultivar di Lens culinaria in tutto il mondo. In Europa alcune cultivar sono state considerate prodotti tipici e dotate di denominazioni di origine (per es. la lenticchia verde di Puy AOC in Francia).
 In alcuni casi vengono vendute decorticate come la lenticchia corallo o rosa o la Petite Golden.
Commercialmente le cultivar si possono dividere in base al colore - verde (Richlea, Laird), giallo, rosso, marrone (Masoor dalla buccia marrone e l'interno aranciato) - e alla taglia (piccole, medie, grandi).
In Italia, le cultivar di lenticchie più diffuse sono:
Lenticchia di Castelluccio di Norcia a Indicazione geografica protetta (I.G.P.) e a Denominazione di origine protetta (D.O.P.)
Lenticchia di Colfiorito prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Ustica prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Onano prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Altamura prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Villalba prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Ventotene prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Rascino prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Valle Agricola prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia nera di Leonforte o dei Monti Erei PAT
Produzione
La lenticchia è relativamente tollerante alla siccità e viene coltivata in tutto il mondo. Secondo i dati forniti dalla FAOSTAT (FAO) nel 2013 la produzione mondiale di lenticchie è stimata in 4,9 milioni di tonnellate.
Le principali zone di produzione sono il Canada (il più grande esportatore al Mondo), il Subcontinente indiano (il maggior produttore al mondo, la cui produzione viene per lo più esaurita in loco) e la Turchia.

Il cece (Cicer arietinum L.) è una pianta erbacea della famiglia delle Fabaceae. I semi di questa pianta sono i ceci, legumi ampiamente usati nell'alimentazione umana che rappresentano un'ottima fonte proteica.
Il nome deriva dal latino cicer. È noto che il cognome di Cicerone discendeva da un suo antenato che aveva una caratteristica verruca a forma di cece sul naso.
Il nome specifico arietinum si riferisce invece alla somiglianza che hanno i semi con il profilo della testa di un ariete.
È stata una delle prime colture domesticate; il cece coltivato deriva da forme selvatiche del genere Cicer, probabilmente da Cicer reticulatum. Le specie selvatiche si sono originate probabilmente in Turchia, mentre le prime testimonianze archeologiche della coltivazione del cece risalgono all'età del bronzo e sono state rinvenute in Iraq; i ceci si diffusero in tutto il mondo antico: antico Egitto, Grecia antica, Impero romano.
La pianta, annuale, presenta una radice ramificata profonda (le più profonde possono arrivare anche a 1,20 m di profondità) le quali le donano una media resistenza alla siccità. Gli steli sono ramificati eretti pelosi eretti o semiprostrati con altezza variabile tra i 40 e gli 80 cm. Le foglie sono opposte, composte e imparipennate con 6-7 paia di foglioline ellittiche e denticolate; i fiori sono solitari ascellari, bianchi, rosei o rossi; i semi, rotondeggianti e lisci o rugosi, angolosi e rostrati a seconda della cultivar, sono contenuti in numero di 2-3 nei baccelli, sono commestibili.
I ceci, semi del Cicer arietinum, sono tra i legumi più coltivati al mondo.
Il cece è la terza leguminosa per produzione mondiale, dopo la soia e il fagiolo; la coltivazione avviene principalmente in India e Pakistan. In Italia la coltivazione non è molto diffusa a causa delle basse rese e della scarsa richiesta; viene consumato principalmente in Liguria, dove piatti tipici a base di ceci sono la farinata e la panissa, nelle regioni centrali come minestra e nelle regioni meridionali insieme con la pasta.
Questa pianta trova le sue condizioni ottimali in ambienti semiaridi, nei climi temperati viene seminato a fine inverno (data la sua scarsa resistenza al freddo) con seminatrici di precisione o seminatrici da frumento opportunamente regolate in modo da non spezzare il seme. Questo viene disposto ad una distanza tra le file di 35–40 cm ad una profondità di semina di 5–7 cm e con una densità di 20-30 piante al metroquadro. Per prevenire attacchi crittogamici alla pianta i semi vanno prima conciati. Raggiunta la maturazione il cece può essere raccolto sia con il metodo tradizionale (ormai quasi scomparso) estirpando la pianta, lasciandola essiccare in campo e sgranata a mano o con mietitrebbiatrice con pick-up al posto dell'organo falciante, sia con metodi meccanici con l'intervento di mietitrebbiatrici possibili solo in terreni livellati e su varietà a portamento eretto. Presenta una produzione media di 3.5 tonnellate ad ettaro con produzione di paglia dalle scarse qualità nutrizionali per l'utilizzo zootecnico.
Durante il suo ciclo necessita di una concimazione di 40–60 kg/ettaro di fosforo, per quanto riguarda il fabbisogno di azoto, è fornito dai batteri del genere Rizobium i quali, attraverso la simbiosi con questa pianta si occupa della fissazione dell'azoto atmosferico nel terreno.
Il cece non sopporta terreni troppo fertili i quali gli comportano una bassa allegagione, argillosi per asfissia radicale o ristagni idrici.

Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L., 1758) è una pianta della famiglia delle leguminose originaria dell'America centrale. Fu importato, a seguito della scoperta dell'America, in Europa dove esistevano unicamente fagioli di specie appartenenti al genere Vigna, di origine subsahariana: i fagioli del genere Phaseolus si sono diffusi ovunque soppiantando il gruppo del mondo antico, in quanto si sono dimostrati più facili da coltivare e più redditizi (rispetto al Vigna la resa per ettaro è quasi doppia).
Il fagiolo viene coltivato per i semi, raccolti freschi (fagioli da sgranare) o secchi, oppure per l'intero legume da mangiare fresco (fagiolini o cornetti). Le varietà a ciclo vegetativo più lungo, nelle regioni temperate sono seminate in primavera, quelle a ciclo più breve in estate. Nel caso dei fagioli rampicanti è necessaria la collocazione di sostegni.
Principali varietà da seme:
Bingo
Blason de Biella
Blu della Valsassina
Borlotto Lingua di Fuoco e Borlotto Lingua di Fuoco Nano
Borlotto Suprema dwarf
Borlotto di Vigevano Nano
Cannellin Scaramanzin negrèè
Cannellino o Lingot
Fejuolo pacificus el drammoso cotenna
Cantare
Bianco di Spagna (fagiolana)
Giallorino della Garfagnana
Lamon (Lucian Fejuol)
Meraviglia di Venezia black
Romano Pole
Fesciela lamon negrucc fagiolos de Biella
Castagnaio fejuolo marron's
Sossai Extra Large (varietà protetta)
Stregonta e Stregonta Nano
Superbo Migliorato
Elegante fagiolo
Fagiolo maggiolino
Fagiolo patrone
Principali varietà "mangiatutto" (fagiolino, piattone, ecc.):
Anellino Giallo e Verde
Beurre de Rocquencourt
Bobis Bianco
Bobis a Grano Bianco e Bobis a Grano Nero
Cornetto Largo Giallo e Cornetto Largo Verde
Nano Burro mangiatutto
Nerina mangiatutto
Paguro fagiolato mangiatutto
Prelude dwarf mangiatutto
Slenderette mangiatutto
Superpresto mangiatutto
Trionfo Violetto mangiatutto
Wade mangiatutto
Varietà tipiche italiane
Borlotto nano di Levada PAT
Fagiolino  Meraviglia di Venezia PAT
Fagiolo bianco di Pigna
Fagiolo di Atina
Fagiolo di Carìa
Fagiolo di Controne PAT
Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP
Fagiolo di Negruccio di Biella
Fagiolo di Saluggia PAT
Fagiolo di Sarconi IGP
Fagiolo di Sorana IGP
Fagiolo Gialét PAT
Fagiolo Scalda PAT
Fagiolo Tondino di Villaricca (NA)
Fagiolo zolfino
Fasóla posenàta di Posina (var. fagiolo di Spagna) PAT Fasou de' Brebbie (Fagiolo di Brebbia)
Fagiolino
Appartenenti alla famiglia delle Leguminose, come i fagioli, i fagiolini sono ricchi di sali minerali. Oltre a nutrire e rinfrescare l'apparato gastrointestinale, svolgono una spiccata azione diuretica. Per il buon contenuto di vitamina A, proteine e potassio sono raccomandati nelle malattie cardiache. Il fagiolino ha un basso potere calorico (17 Kcal. per 100 g. di sostanza) ed è molto ricco di fibra alimentare. Pur essendo una leguminosa la concentrazione di proteine è bassa: questo è dovuto al fatto che la raccolta del baccello viene effettuata quando ancora il fagiolo all'interno è in fase di maturazione e non ha ancora accumulato tutte le sostanze di riserva che gli saranno necessarie al momento della germinazione. Il fagiolino è dunque da considerare un ortaggio piuttosto che un legume.
Cenni storici
Il fagiolo, originario del Messico e dell'America centrale, fu introdotto dai conquistatori spagnoli in Europa all'inizio del XVI secolo, dove, per la verità, già esistevano alcune specie consimili (ad esempio la Fagiolina del Trasimeno). Il fagiolo viene coltivato per i semi, raccolti freschi (fagioli da sgranare) o secchi, oppure per l'intero legume da mangiare fresco (i fagiolini).
Coltivazione
Nel mondo si producono complessivamente oltre 16 milioni di tonnellate di fagioli l’anno. Il primo posto va all’India, seguita da Brasile, Cina, Birmania, Messico, Indonesia e Stati Uniti. Se invece si ordinano i maggiori produttori del mondo in base alla resa per ettaro, l’India diventa il fanalino di coda, mentre il primo posto va agli Stati Uniti, seguiti da Canada, Indonesia e Cina. Le 2 570 000 tonnellate di fagioli indiane, infatti, sono prodotte annualmente su una superficie di oltre 7 milioni di ettari, mentre gli Usa ricavano 886 360 tonnellate da 560 000 ettari. Molto più ridotta la produzione di fagioli del genere Vigna: poco più di 3 milioni di tonnellate, dei quali oltre 2 milioni concentrati in Nigeria.
Varietà
Quando si parla di fagiolino ci si riferisce alle varietà di fagiolo che mantengono tenero (e, quindi, adatto al consumo) l'intero frutto, cioè il legume o baccello che racchiude i fagioli. Numerose sono le varietà che vengono coltivate: fagiolini verdi fini (con baccelli lunghi), i fagiolini "mangiatutto", la varietà di colore giallo e i diversi ibridi.Secondo la maturità del fagiolino, si distinguono diversi calibri: molto fini, fini e medi
Come scegliere
Controllare che il fagiolino abbia un bel colore verde intenso. Evitate il fagiolino troppo grosso perchè dentro contiene il seme che non è gradevole al palato. Se comprati già spuntati vanno usati in brevissimo tempo perchè conservati in frigorifero potrebbero marcire alle estremità.
Come conservare
In frigorifero chiusi in un sacchetto di plastica per alimenti, possono essere conservati 3-4 giorni; se hanno ancora il picciolo (che è segno di freschezza), possono resistere fino ad un massimo di 7 giorni.
Spuntati e dopo l'eliminazione dell'eventuale filo, possono essere sbollentati per 2 minuti circa e successivamente surgelati e riposti in sacchetti di plastica: in questo modo possono essere conservati fino ad 1 anno.
Prodotti a marchio
Fagiolo di Sarconi IGP: prodotto prevalentemente nella varietà Borlotto nano e Cannellino, ha forma ovale o tondeggiante e colore dal giallo pallido al bianco, con s triature più scure. Il sapore è delicato e piacevole. Il fagiolo è coltivato da secoli nella zona di origine, che comprende i territori dei seguenti comuni in provincia di Potenza: Sarconi, Grumento Nova, Marsiconuovo, Marsico Vetere, Moliterno, Montemurro, Paterno, S. Martino d’Agri, Spinisio, Tramutola, Biggiano. E’ prodotto prevalentemente nelle varietà Borlotto nano e Cannellino. Ha forma ovale o tondeggiante e colore dal giallo pallido al bianco, con striature più scure.
Fagiolo di Sorana IGP: il fagiolo ha colore bianco latte con leggere venature perlacee, o rosso vinato con striature di colore più intenso. Presenta una forma schiacciata, quasi piatta per il tipo bianco, quasi cilindrica cojn tegumento più consistente per il tipo rosso. Il gusto è pieno e delicato e la buccia molto tenera. La zona di produzione comprende la parte del territorio del Comune di Pescia (Pistoia) che ricade nei versanti orientale e occidentale del torrente Pescia di Pontito. A renderlo un cibo particolarmente ricercato, oltre alle caratteristiche organolettiche sono le sue caratteristiche di facile digeribilità.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)
 
Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).