mercoledì 4 gennaio 2023

Corso di cucina: Lezione 6 Pizze

ALL'ANDREA
pizza all'Andrea
1 kg di farina,
g 75 di lievito di birra,
mezzo bicchiere d'olio di oliva,
mezzo bicchiere di vino bianco,
cinque acciughe salate,
due spicchi di aglio,
origano,
basilico,
mezza cipolla,
olive di riviera,
salsa di pomodoro,
olio e sale.
Per l'impasto si procede come per la focaccia all'olio. Sulla superficie della focaccia si spalma poca salsa di pomodoro e si dispongono le acciughe tagliate a pezzi, le foglie di basilico intere, le olive e una spolverata di origano. Si cosparge di olio e si inforna.
Se nella composizione della farcitura entrano i prodotti del mare ecco allora l’ennesima variante della pizza ligure. Il nome è curioso pizza all’Andrea. Ai cittadini illustri di solito si dedica un monumento, spesso equestre. Al celeberrimo Andrea D'Oria (1466-1560), invece, gli onegliesi consacrarono una pizza.
Ecco spiegato il nome che è strettamente legato a quello dell'importante ammiraglio, che sembra ne fosse particolarmente ghiotto. Questa pizza, differente da quella napoletana perché cotta nel tegame, è diffusissima in tutto il Ponente ligure anche oltre gli attuali confini nazionali. La ritroviamo infatti nel sud della Francia antica ultima propaggine della Repubblica di Genova, con il nome di pissalandière o pizzalandeira, leggermente più bassa e croccante.
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti, a cominciare dal pomodoro e dalle olive. Ricordiamo che esiste anche la sardenaira, cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine.
Non sempre le regole sono rispettate e le due varianti tendono spesso a omogeneizzarsi, ottenendo un unico piatto dai nomi diversi: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata.
Si tratta di una Focaccia ai pesci salati con parecchi nomi locali: Macchettusa (Apricale), Pissadala (Bordighera), Pissalandrea (Imperia), Pissaladiere (Nizza), Piscarada (Pigna), Sardenaire (Sanremo).

CARCIOFI SPINACI E RASPADURA
La pizza ortolana con carciofi spinaci e raspadura
q.b. pepe
1 cipolla rossa
2 cucchiaino cappero sott'aceto
q.b. olio di oliva extravergine
4 cucchiaio vino bianco
4 cucchiaio salsa di pomodoro
4 carciofo
q.b. sale
2 cucchiaino olive taggiasche
50 grammi raspadura
40 grammi spinaci germogli
300 grammi pasta per pizza
1) Stendi la pasta da pizza e disponila in una teglia rettangolare o su una placca da forno oleata. Copri con un telo e fai lievitare per mezz’ora. Nel frattempo, metti in una terrina la salsa di pomodoro con un cucchiaio d’olio e uno d’acqua. Mescola il tutto e regola di sale. A parte, affetta la cipolla sottile.
2) Monda i carciofi, tagliali a spicchi e falli bollire per 5 minuti in acqua salata e acidulata con aceto. Terminata la cottura, sgocciola i carciofi e saltali in padella per qualche minuto con poco olio.
3) Condisci la pizza ortolana con la salsa di pomodoro e la cipolla a fettine, quindi cuoci per 20 minuti in forno preriscaldato a 220°. Trascorso il tempo, tira fuori dal forno, aggiungi capperi, carciofi e olive, quindi cuoci per altri 5 minuti.
4) Servi la pizza ortolana aggiungendo i germogli di spinaci crudi, la raspadura e una macinata di pepe appena prima di portare in tavola.

DATTERINI CON MELANZANE PINOLI STRACCIATELLA
forno
3 rametti basilico
475 grammi farina per celiaci
2 grammi lievito di birra
1 melanzane
3 rametti menta
1 cucchiaio olio di oliva extravergine
2 cucchiai patate
2 cucchiai pinoli
q.b. pomodoro datterino
q.b. sale
300 grammi stracciatella
2.5 grammi zucchero
Come preparare la pizza senza glutine al sugo di datterini con melanzane, pinoli e stracciatella
1) In una ciotola sciogli il lievito e lo zucchero in 2,5 dl d'acqua tiepida, aggiungi metà della farina e mescola rigorosamente. Aggiungi la patata schiacciata e l'olio, amalgama e aggiungi il sale; poi incorpora la farina rimasta e lavora tutto fino a quando gli ingredienti sono ben amalgamati e l'impasto risulta liscio e omogeneo.
2) Dai alla pasta della pizza senza glutine una forma sferica, mettila dentro una ciotola pulita e coprila con pellicola per alimenti e un canovaccio umido, per impedire che si secchi. Metti la ciotola in frigorifero per circa 1 ora, quindi trasferisci in luogo tiepido lasciando lievitare per almeno 3 ore.
3) Stendi l'impasto in un cerchio di 32 cm di diametro (ricorda che è privo di glutine e quindi poco elastico); trasferisci la base sopra un foglio di carta da forno e sistemala sulla placca del forno. Sala la passata di datterini, distribuiscila sopra la pasta e cuoci in forno a 220° per 15 minuti.
3) Nel frattempo, taglia a metà i datterini, saltali in padella con lo spicchio d'aglio, i pinoli e 2 cucchiai d'olio, poi salali. Taglia la melanzana a fettine sottili, condisci con sale e olio. Guarnisci la pizza con i pomodori saltati e le fettine di melanzana, cuoci per altri 15 minuti. Fuori dal forno distribuisci sulla superficie la stracciatella, le foglie di menta e di basilico. Servi subito la pizza senza glutine al sugo di datterini con melanzane, pinoli, stracciatella.

FOGGIANA
La cucina foggiana, pur mantenendo elementi tipicamente pugliesi, ha ricevuto grande influenza dalla tradizione culinaria napoletana. Per questo motivo, le caratteristiche della pizza foggiana risultano pressoché simili, almeno nell'aspetto, a quella partenopea; cucinata rigorosamente in forno a legna, di forma tonda, morbida e dai bordi piuttosto alti con la differenza che viene utilizzato come pomodoro quello tipico del Tavoliere delle Puglie.

GENOVESE
La pizza genovese è una specialità della cucina ligure che deriva dalla focaccia genovese, diffusa sin dall'antichità.
Fu preparata a Genova nel 1490, e venne chiamata "Pissa d'Andrea" in onore dell'ammiraglio genovese Andrea Doria che ne era particolarmente ghiotto. Questa focaccia, detta 'pissa' (ovvero 'pezza' in Genovese), differiva dall'odierna napoletana poiché veniva cotta in un tegame; è tuttora diffusissima in tutto il Ponente ligure ed anche oltre gli attuali confini nazionali, la ritroviamo infatti nel sud della Francia, ultima propaggine della Repubblica di Genova, con il nome di Pissaladière o Pizzalandeira, leggermente più bassa e croccante.
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti a cominciare dal pomodoro (dopo che si è imparato a conoscerlo ed usarlo conseguentemente alla scoperta dell'America) che si aggiungeva alle olive rivierasche, cipolle, ad un formaggio molle ligure quasi liquefatto anche noto come squaquerone, ed alle acciughe, uno dei pesci tipici della tradizione ligure. Una antica variante era la 'Sardenaira', cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto genovese, dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine. Non sempre, oggigiorno, la tradizione viene rispettata e le due varianti tendono spesso ad omogeneizzarsi ottenendo un unico piatto dai nomi diversi più o meno derivanti e storpiati dalla dizione originaria: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata. La preparazione originaria della pizza prevedeva: focaccia di farina alla Genovese, acqua, sale, olio e lievito, ricoperta di un battuto di cipolla, salsa di pomodoro e di acciughe (Macchettu).

NAPOLETANA
La pizza napoletana, dalla pasta morbida e sottile ma dai bordi alti (detti "cornicione"), è la versione partenopea della pizza tonda ed inoltre, su scala mondiale, è anche intesa come la pizza italiana per antonomasia.
Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuta come specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.
Nel 2011, la pizza napoletana è stata presentata dall'Italia come candidata al riconoscimento UNESCO come Patrimonio immateriale dell'umanità.
L'espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per pizza tonda.
Le prime notizie riguardo alla Pizza Napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza ed i maccheroni con il pomodoro. L'associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli ed attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia. Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della Pizza Napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XIX secolo e fino alla metà del XX secolo esse furono un fenomeno esclusivo di quella città. A partire dalla seconda metà del Novecento le pizzerie si sono diffuse ovunque nel mondo, sempre con il termine di Pizza Napoletana, anche se a volte non si sa neanche dove sia la città in questione.
La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane - ossia completamente privo di grassi - morbido ed elastico, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura un tipico "cornicione" di 1 o 2 cm mentre la pasta al centro sarà alta circa 3 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla umida e soffice, non troppo cotta.
Nella più stretta tradizione della cucina napoletana sono previste solo due varianti per quanto riguarda il condimento:
Pizza marinara: con pomodoro, aglio, origano e olio.
Pizza Margherita: con pomodoro, mozzarella STG a listelli, mozzarella di bufala campana DOP a cubetti o Fior di latte, basilico e olio.
Alcuni ritengono che il pomodoro debba essere di tipo San Marzano.
Ricordando che i puristi di questo piatto considerano solo due tipi di pizza tradizionale, la Margherita e la Marinara, sono comunque diffusi numerosi altri tipi di condimento che prevedono l'aggiunta di diversi ingredienti sopra la pizza.
Non è possibile elencare le innumerevoli varietà di pizze che sono state via via inventate e, dal momento che ogni pizzeria agisce a propria discrezione, è molto difficile individuare standard sempre validi. Si riportano comunque alcune tra le altre varianti di pizza napoletana più comuni nella tradizione italiana.
Capricciosa: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico, funghi, carciofini, prosciutto cotto, olive, olio. Non a Napoli, in alcuni casi vengono aggiunti anche acciughe e uova sode.
Quattro stagioni: normalmente gli stessi ingredienti della capricciosa, disposti ognuno in uno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la pizza, a volte con delle sottili striscioline di pasta per suddividerli.
Quattro formaggi: pomodoro (facoltativo), mozzarella, altri formaggi a discrezione, basilico. In genere, soprattutto nel nord Italia, tra i formaggi è presente il gorgonzola. A Napoli è perlopiù bianca (ossia senza pomodoro).
Ripieno al forno (o Calzone): pomodoro,provola, formaggio grattugiato, ricotta e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Ripieno fritto: ricotta, provola e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Diavola: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico e pezzettini di salame piccante. È praticamente una variante della Margherita, divenuta anch'essa negli ultimi anni un classico.
Negli ultimi anni a Napoli si sono diffuse, fino a raggiungere capillarmente praticamente ogni pizzeria, la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e mais, da molti chiamata "mimosa", e la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e funghi, detta anche "chef".
Secondo il disciplinare per la definizione di standard internazionali per l'ottenimento del marchio "Pizza Napoletana" la cottura deve avvenire in forno a legna a circa 485 °C per circa 90 secondi.
Per versare l'olio, i pizzaioli tradizionali utilizzano l'agliara, un contenitore in rame, internamente stagnato, con il becco lungo e stretto, in modo da far fuoriuscire un filo d'olio sottile e continuo.
Per infornare e governare la pizza in forno si utilizzano due pale a manico lungo: una più larga, di forma quadrata, dove la pizza viene stesa cruda e con la quale la pizza viene infornata, ritirandola con un rapido colpo di braccio. Questa pala era tradizionalmente in legno, ma per motivi igienici è stata recentemente sostituita da una versione in alluminio. Un'altra pala più piccola, tonda e di ferro, usata per far ruotare la pizza nel forno in modo fa farla cuocere uniformemente su tutti i lati.
Nel 2004 è iniziato l'iter per far ottenere alla pizza napoletana il marchio di qualità "Specialità Tradizionale Garantita" (STG) Per potersi fregiare di tale marchio, la pizza deve essere preparata con ingredienti e metodiche codificate. In particolare, l'unica operazione che può essere effettuata a macchina è la preparazione dell'impasto. Il taglio in panetti e la manipolazione della pasta per ottenere il disco devono essere fatti a mano.
Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuto come specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.

PAN FRATTAU
200gr di pane carasau,
4 uova,
400gr di passata di pomodoro,
50 gr di pecorino sardo,
1 litro di brodo vegetale,
1 spicchio di aglio,
1 ciuffo di basilico,
1 cucchiaio di aceto di vino bianco,
3 cucchiai di olio di oliva
sale fino.
In origine era un sistema utile per consumare tutti i resti del tipico pane conosciuto anche col nome "carta da musica"(anche se tale denominazione in riferimento al pane carasau è da considerarsi errata). Infatti quello che restava a piccoli pezzi lo si metteva nell'acqua bollente salata e poi lo si disponeva a strati sul piatto ricoprendolo con il formaggio pecorino grattugiato e con il sugo se disponibile. Questa preparazione molto semplice (ed ancora oggi attuale) poteva essere arricchita con un uovo fatto cuocere nella stessa acqua e adagiato in cima al pane ormai ammorbidito (questo però solo in tempi molto più recenti). Gli ingredienti del pane frattau variano a seconda della zona. I più comuni sono un uovo di gallina (cotto in camicia), del pane carasau (ammorbidito nell'acqua, nel brodo o direttamente dal sugo di pomodoro), della cipolla, del basilico fresco, del sugo di pomodoro e parmigiano o pecorino sardo. In alcune zone si utilizzano erbe aromatiche per l'insaporimento della pietanza, come la cicoria, il rosmarino, il timo o l'origano.
Il pane frattau, noto talvolta anche con la variante pane vrattau, è un piatto tradizionale della Sardegna, preparato specialmente nella regione della Barbagia, e nella parte centrale dell'isola.
Il pane carasau, che è alla basa della ricetta, veniva posto dai pastori che prima dell'alba andavano al lavoro in sa "taschedda" vale a dire uno zaino di pelle, insieme a del pecorino e dell'acqua. Questo era il cibo che mangiavano durante la giornata. Al tramonto, al rientro a casa, il pane così conservato si sminuzzava (vrattau/frattau) dentro la " taschedda" e tutto ciò non veniva mai buttato, ma veniva ammorbidito nel brodo, o nell'acqua calda , condito con un poco di "bagna" e col pecorino rimasto e mangiato per cena. Queste sono le tradizioni pastorali più povere che hanno portato oggi a quella saporitissima pietanza arricchita dall'uovo in camicia. Il pane frattau è una pietanza composta da ingredienti semplici quali le uova, il pane carasau, tipico pane sardo, la salsa di pomodoro, l'olio d'oliva e il pecorino. Le tradizioni sulla preparazione del piatto variano a seconda della zona, per esempio mentre nella Gallura si prepara con questi soli ingredienti, in Barbagia si adoperano anche erbe aromatiche come prezzemolo, rosmarino e cicoria, per insaporire. Due sono le tradizioni sull'origine di questo piatto: Nacque con l'arrivo della II guerra mondiale; a seguito dello scarseggiare di cibo, i contadini, specialmente, utilizzavano i pochi ingredienti che avevano a disposizione. Una leggenda dice che venne inventato come piatto da presentare al re Umberto I: due donne per la fretta e per il ritardo, durante una visita del re in Sardegna, cercarono di arrangiarsi con ciò che trovarono per dare forma ad un piatto da porgere al monarca. Corsero a prendere della conserva di pomodoro, due uova nel pollaio, del basilico e della cipolla dall'orto e infine presero del pane dalla credenza. Prepararono in fretta e furia il tutto, disponendo il piatto in maniera frettolosa. Offertolo al sovrano, a quanto narra la leggenda, quest'ultimo gradì particolarmente la pietanza. Il nome "frattau" deriva dall'espressione "casu vrattau" cioè formaggio grattugiato, componente importante della pietanza. La sua diffusione è avvenuta grazie agli agriturismo ed ai famosi "pranzi con i pastori" dove specialmente in Barbagia si è conservato questo modo di mangiare il "Pane carasau".

PEPERONI ARROSTITI PATATE E ROBIOLA DI ROCCAVERANO
Pizza con peperoni arrostiti, patate e robiola di Roccaverano
280 grammi base per pizza
10 grammi menta
100 grammi mozzarella
q.b. olio di oliva extravergine
50 grammi patate
100 grammi peperoni
80 grammi robiola
1 rametto rosmarino
q.b. grammi sale
q.b. semola
1) Per prima cosa, prepara l'impasto per la pizza. Recuperare 280 grammi di base per la pizza oppure preparare l'impasto. Metti sulla spianatoia 1 kg di farina bianca tipo 1, fai la fontana, aggiungi 750 g di acqua, 20 g di sale e 100 g di lievito madre rinfrescato. Impasta il tutto e lavora la pasta energicamente.
2) Stendi l'impasto, sistemalo nella teglia e lascialo lievitare a temperatura ambiente per 4-6 ore. Lava i peperoni, asciugali e arrostiscili interi su una piastra ben calda.
3) A questo punto, lasciali intiepidire, quindi pelali.
4) Aprili con un coltello, elimina i semi e le nervature interne, quindi tagliali a strisce e condiscili con un filo di olio e un pizzico di sale.
5) Taglia le patate prima a fette di 1 cm, poi a cubetti.
6) Distribuisci i cubetti di patata in una teglia unta di olio e condiscili con olio, sale e rosmarino.
7) Introduci la teglia in forno già caldo a 180° e cuoci le patate per 12-15 minuti; sfornale ben cotte e dorate.
8) Distribuisci la mozzarella sulla pasta lievitata e inforna la pizza con peperoni arrostiti, patate e robiola di Roccaverano a 220° per 15 minuti. Sfornala e sistemate sopra le patate, tagliala a spicchi, distribuisci i peperoni e la robiola e termina con un giro di olio che avrai profumato con le foglie di menta.

PESTO BUFALA E POMODORINI
Pizza multicereali con pesto bufala e pomodorini
q.b. basilico
150 grammi farina
150 grammi farina multicereali
20 grammi lievito madre
250 grammi mozzarella
3 pezzi mozzarella di bufala
q.b. olio di oliva extravergine
2 cucchiai pesto
80 grammi pomodoro semisecco
150 grammi provola affumicata
1) Per la pizza multicereali con pesto, bufala e pomodorini sciogli il lievito in poca acqua tiepida, tolta da un totale di 225 ml, e lascialo riposare qualche istante. Disponi a fontana le due farine setacciate, aggiungi il lievito e l'acqua rimasta e lavora l'impasto fino ottenere una palla elastica.
2) Mettila in una ciotola e lasciata lievitare a temperatura ambiente per 6-8 ore: se vuoi preparare l'impasto il giorno prima, puoi farlo lievitare in frigo durante la notte; ci vorranno 12 ore.
3) Al raddoppio del volume, dividi la pasta in due porzioni, allargala con le mani formando due larghi dischi e disponili in due teglie di 30 cm di diametro foderate con carta da forno leggermente oliata. Copri le pizze con la mozzarella fiordilatte tritata, irrora con un filo di olio ed infornate a 220° per 10 minuti.
4) Poi aggiungi anche la provola a fettine e i bocconcini di bufala e prosegui la cottura per 2 minuti. Completa con il pesto, i pomodorini, un giro d'olio e qualche foglia di basilico e servi subito la pizza multicereali.

POMODORI FRESCHI E CRESCENZA
Pizza con pomodori freschi e crescenza

2 cucchiai pesto
500 grammi pasta da pane
200 grammi crescenza
6 pomodoro perino
2 cipollotto
q.b. sale
q.b. olio di oliva extravergine
1) Taglia i pomodori a fette spesse circa mezzo cm. Pulisci i cipollotti, eliminando la radice e la parte verde, e riducili a rondelle.
2) Dividi la pasta in 2 panetti, ricavane 2 dischi del diametro di 22 cm e sistemali in 2 teglie del diametro di 23 cm foderate con carta da forno.
3) Bucherella il fondo con una forchetta, disponici sopra i pomodori, salandoli leggermente, e su questi i cipollotti.
4) Completa con un filo di olio e cuoci in forno preriscaldato a 225° per circa 10 minuti, fino a quando cioè la pasta inizia a dorare.
5) Leva le pizze dal forno, disponici sopra la crescenza tagliata a fiocchetti e prosegui la cottura, sempre in forno, per altri 10 minuti, fino a quando il formaggio si sarà sciolto.
6) A fine cottura, distribuisci sulle pizze il pesto diluito con un cucchiaio di olio e servi. 

POMODORINI BURRATA E CIPOLLA DI TROPEA
Pizza con pomodorini burrata e cipolla di Tropea
280 grammi base per pizza
4 foglie basilico
100 grammi burrata
1 cipolle di tropea
100 grammi mozzarella
q.b. olio extra vergine di oliva
100 grammi pomodorino datterino
q.b. sale
q.b. semola
Come preparare la pizza con pomodorini, burrata e cipolla di Tropea
1) Prendi l'impasto per la pizza, cospargilo di semola e allargalo con le mani.
2) Stendilo sulla spianatoia dandogli forma rotonda e mantenendo il bordo un po' alto.
3) Sistemalo in una teglia del diametro di 30 cm, precedentemente unta di olio, coprilo con pellicola e lascialo lievitare per circa un'ora.
4) Taglia la mozzarella a cubetti, distribuiscila sulla pizza cruda e inforna a 220° per 15 minuti.
5) Rompi la burrata in una ciotola spezzettandola prima con le mani poi con un cucchiaio.
6) Taglia i pomodorini a pezzetti, raccoglili in una ciotola, aggiungi qualche foglia di basilico e condisci con un pizzico di sale e un fllo di olio.
7) Affetta la cipolla di Tropea e immergila in una ciotola piena di acqua fredda.
8) A cottura ultimata sforna la pizza, sistemala su un tagliere e tagliala a spicchi.
9) Con un cucchiaio distribuisci sui tranci di pizza la burrata, i pomodorini scolati dal loro condimento.
10) Completa con la cipolla, e un giro di olio e servi la pizza con pomodorini, burrata e cipolla di Tropea.

ROMANA
La pizza romana è una pizza tonda dalla pasta molto sottile e croccante. L'impasto viene prodotto con farina di grano tenero tipo 00 o 0, acqua, lievito di birra (oppure lievito naturale), olio d'oliva (oppure per ottenere una pizza più croccante si utilizza l'olio di semi) e sale in proporzioni tali che risulti duro e consistente, tanto da rendere spesso necessaria la stesura con il mattarello. Diffusasi a partire appunto dalla capitale solo dopo l'ultimo dopoguerra, si chiama Napoli la variante di condimento con pomodoro, mozzarella e alici. I libri di cucina tradizionale romana, sembrerebbero avvalorare che la variante con le acciughe sia un'usanza propria della Capitale; la pizza romana, secondo gli stessi ricettari, dovrebbe comprendere anche basilico tagliuzzato, pecorino e pepe.

SALSICCIA DI POLLO CETRIOLI E TZATZIKI
Pizza con salsiccia di pollo cetrioli e tzatziki
5 grammi aceto bianco
1 spicchio aglio
280 grammi base per pizza
2 cetrioli
0.5 limone
80 grammi mozzarella
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
q.b prezzemolo
q.b. 1 sale
100 grammi salsiccia di pollo
100 grammi yogurt greco
1 grammi zucchero
1) Per prima cosa, prepara l'impasto per la pizza con salsiccia di pollo, cetrioli e salsa tzatziki. Recuperare 280 grammi di base per la pizza oppure preparare l'impasto. Metti sulla spianatoia 1 kg di farina bianca tipo 1, fai la fontana, aggiungi 750 g di acqua, 20 g di sale e 100 g di lievito madre rinfrescato. Impasta il tutto e lavora la pasta energicamente.
2) Stendi l'impasto nella teglia e fallo lievitare per 3-4 ore a temperatura ambiente. Distribuisci sopra la mozzarella tritata e la salsiccia spezzettata e cuocila in forno a 220° per 15 minuti.
3) Trita finemente l'aglio e il prezzemolo.
4) Preparate lo tzatziki: riunisci in una ciotola lo yogurt, l'aceto, lo zucchero, il trito di aglio e prezzemolo e il succo di limone, amalgama il tutto con una frustina.
5) Sbuccia i cetrioli con un pelapatate.Grattugiali con la grattugia a fori grossi, mettili in una ciotola e condisci con sale e olio.
6) Sforna la pizza, tagliala a spicchi e guarniscila con la salsa e i cetrioli grattugiati.
7) Servi la pizza con salsiccia di pollo, cetrioli e salsa tzatziki ben calda

SARDENAIRA
1 kg di farina, 
g 75 di lievito di birra, 
mezzo bicchiere d'olio di oliva, 
mezzo bicchiere di vino bianco, 
cinque acciughe salate, 
due spicchi di aglio, 
origano, 
basilico, 
mezza cipolla, 
olive taggiasche, 
salsa di pomodoro, 
sale.
Per l'impasto si procede come per la focaccia all'olio. Si fa un battuto con vino, cipolla, salsa di pomodoro e acciughe (lavate dal sale) da spalmare sulle superficie della focaccia. Si dispongono sopra alcune acciughe tagliate a pezzi, le foglie di basilico intere, gli spicchi di aglio interi, le olive taggiasche e una spolverata di origano. Si cosparge di olio e si inforna.

SCAROLA CIPOLLA E POMODORI CILIEGIA
Pizza con scarola cipolla e pomodori ciliegia
2 cucchiai capperino
600 grammi pasta da pizza
100 grammi pecorino
120 grammi olive verdi piccanti
2 cipolla
2 cespi insalata scarola
2 acciughe o alici sotto sale
16 pomodorino ciliegia
q.b. aceto bianco
q.b. sale
q.b. origano
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
Come preparare la pizza con scarola, cipolla e pomodori ciliegia
1) Prepara il ripieno: pulisci le cipolle e affettale sottili; pulisci anche la scarola e tagliala a listarelle. Lava le acciughe sotto acqua fredda corrente, sfilettale e mettile a bagno per qualche minuto in acqua e aceto. Lava i pomodori ciliegia e tagliali a spicchietti; poi snocciola le olive verdi piccanti schiacciate.
2) Fai rosolare in una padella le cipolle con 4-5 cucchiai di olio e un pizzico di sale, aggiungendo di tanto in tanto qualche cucchiaio di acqua, finché saranno ammorbidite. Unisci quindi la scarola e lasciala cuocere per 5 minuti a fuoco vivo, finché  il liquido sarà evaporato. Alla fine regola di sale e pepe.
3) Dividi la pasta da pizza in 4 porzioni e stendile a dischi di un cm scarso di spessore. Fodera di carta da forno 2 placche e disponi 2 pizze su ciascuna, tenendole leggermente distanziate.
4) Distribuisci sulle pizze il composto di cipolla e scarola e decora con le olive, i capperini, le acciughe tagliate a pezzetti e i pomodori ciliegia.
5) Aromatizza con l'origano, irrora con un filo d'olio e cuoci le pizze in forno già caldo a 250°. Dopo 15 minuti di cottura, ricoprile con il pecorino non troppo stagionato tagliato a cubetti o a fettine, lascialo sciogliere per qualche istante in forno e servi immediatamente.

TONNO E PEPERONE ROSSO
 Pizza di farro con tonno e peperone rosso

500 grammi farina di farro
1/2 bustina lievito di birra secco
15 grammi sale rosa
1 peperone rosso
1 spicchio aglio
q.b. basilico greco
100 grammi fior di latte
200 grammi tonno fresco
q.b. rucola
q.b. olio al peperoncino
q.b. sale
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
1) Prepara l’impasto. In un’ampia terrina, sciogli 15 gr di sale rosa e 1/2 bustina di lievito di birra secco in 4 dl di acqua tiepida e versa metà farina di farro e mescola; copri e lascia riposare il composto per 30 minuti. Unisci a quest’ultimo la farina rimasta e impasta per circa 10 minuti per ottenere un panetto liscio e senza grumi; ungilo con un po’ di olio di oliva extravergine e lascialo lievitare per 8 ore tra i 20° e 25°, in un luogo caldo della casa. Se l'impasto si riscalda troppo, mettilo in frigo nella zona meno fredda.
2) Prepara il condimento. Abbrustolisci un grande peperone rosso sotto il grill del forno, chiudilo in un sacchetto e lascialo intiepidire; elimina la pelle sotto acqua corrente, taglialo a julienne e condiscilo in una ciotola con una presa di sale e un battuto di aglio e le foglie di basilico greco. Taglia il tonno fresco a pezzetti non troppo piccoli e condiscili in un’altra ciotola con pepe e un filo d'olio extravergine di oliva. Taglia a dadini il fior di latte ben sgocciolato.
3) Completa e cuoci. Riscalda il forno a 250° e dividi la pasta in 4 porzioni e tirala con le mani per formare 4 pizze allungate e sottili, trasferiscile in una teglia rettangolare per pizza unta con un po’ di olio. Cospargi le pizze con i dadini di fior di latte e cuocile per 10 minuti, poi distribuisci il peperone condito sulle pizze e prosegui la cottura per 5 minuti. Aggiungi infine i pezzetti di tonno e completa la cottura della pizza di farro con tonno e peperone rosso per altri 3 minuti, fino a quando il pesce comincia a scurire. Prima di servire, guarnisci con la rucola e irrora, se ti piace, con olio al peperoncino.

VEGETARIANA
La pizza vegetariana
500 grammi farina
25 grammi lievito di birra
q.b. sale
1 melanzana
2 zucchina
200 grammi mozzarella
1 cucchiaino cappero sotto sale
q.b. pepe
1 cucchiaino origano
1 cucchiaio olio di oliva extravergine
1 peperone giallo
200 grammi pomodoro polpa
1 ciuffo basilico
2 cucchiai salsa di pomodoro
Per preparare la ricetta pizza vegetariana sciogli il lievito con 1/2 dl di acqua tiepida, unisci 2 cucchiai di farina e mescola fino ad ottenere 1 pastella densa; lasciala lievitare per mezz'ora. Raccogli la restante farina a fontana sulla spianatoia e unisci la pastella, 2 dl circa di acqua, l'olio e poco sale.
Impasta tutti gli ingredienti e lavora energicamente la pasta per circa 10 minuti, finché è omogenea e non si appiccica più alle dita; se necessario unisci ancora poca acqua. Fai 1 palla, incidila a croce, coprila e falla lievitare in luogo tiepido per circa 2 ore.
Pulisci e lava le verdure per la pizza vegetariana, taglia il peperone a falde, la melanzana a fette rotonde e le zucchine a fette per il lungo; ungi di olio le verdure e passale per pochi minuti su una bistecchiera calda; sistemale su un largo piatto, salale e spolverizzale di origano.
Riprendi la pasta lievitata, lavorala energicamente per qualche minuto per sgonfiarla, quindi appiattiscila con il palmo della mani e allargala con le dita, fino ad ottenere 1 disco dello spessore di circa 1/2 cm e con i bordi un po' più alti.
Sistema la base di pasta su una placca foderata con un foglio di carta da forno, distribuiscici sopra la polpa di pomodoro tritata, sala leggermente, pepa e cospargi la superficie con metà della mozzarella tagliata a dadini per creare la base della classica ricetta pizza vegetariana.
Disponici sopra le verdure, appoggia su ogni fetta di melanzana mezza fettina di mozzarella e 1 cucchiaino di salsa di pomodoro, distribuisci qua e là i capperi dissalati e le foglie di basilico, condisci con 1 filo di olio e inforna a 220° per 15 minuti.
Servi la pizza vegetariana.

Corso di cucina: Lezione 5 Focacce

BARTOLACCIO
200 g di farina
300 g di patate
50 g di pancetta
50 g di parmigiano grattugiato
20 g di lievito di birra
1 cucchiaio di strutto
sale
pepe
Lessare le patate, intanto che queste cuociono preparare l’impasto con la farina, lo strutto, il lievito di birra e acqua quanto basta. Lavorare il tutto per cinque/sei minuti. Lasciare lievitare l'impasto coperto e al caldo per circa un'ora. Nel frattempo rosolare la pancetta tagliata a cubetti, condire con sale e pepe. Quando le patate saranno cotte schiacciarle in una ciotola, aggiungere la pancetta, il pecorino e la noce moscata, mescolare fin quando gli ingredienti saranno ben amalgamati e aggiustare di sale e pepe. Ora tirate la sfoglia non troppo grossa altrimenti non cuoce bene, non troppo sottile perchè potrebbe rompersi col peso del ripieno. A questo punto potete scegliere se tagliare la sfoglia a dischi o a rettangoli. Riempite ogni metà di rettangolo/disco lasciando vuoto un po’ di bordo poi ripiegate la sfoglia vuota, sigillate bene e rifilate con la forchetta. Quando saranno pronti tutti li cuocete su di una piastra molto calda girandoli per non farli bruciare. Se avete una stufa a legna potete utilizzare la teglia in terra cotta che è l’ideale e, se ne avanza qualcuno, sono ottimi anche freddi il giorno dopo.
Il Bartolaccio, o bartlàz in dialetto forlivese, è un prodotto alimentare tipico dell'Appennino forlivese. Noto ad esempio è quello di Tredozio. Si compone di una sfoglia sottile, i cui ingredienti sono soltanto acqua e farina, farcita di un particolare ripieno: purea di patate, pancetta, formaggio grana stagionato, sale e pepe. La sfoglia, poi, è richiusa su se stessa in modo da formare una mezzaluna (a somiglianza di un crescione). Il tutto è quindi cotto sulla piastra. Si tratta di un prodotto della tradizione contadina povera.

CALZONE AL FORNO BARESE
calzone al forno barese
Il calzone al forno è una specialità gastronomica originaria della  cucina barese derivando dalla focaccia alla barese: le varianti sono praticamente centinaia poiché diffondendosi in Italia e all'estero le ricette locali hanno adottato ingredienti caratteristici delle più disparate località. Questo tipo di calzone si cuoce sempre nel forno: a legna o alimentato dai vari tipi d'energia.
Il calzone più diffuso in Puglia, delle dimensioni di una normale focaccia, è a forma circolare fatto con sfoglia all'olio che avvolge un ripieno di spaghettini o capellini, inseriti nel calzone pochi minuti dopo averli cotti e scolati, con cipolla, acciughe, capperi e olive. Le varianti di farciture comprendono filetti di pesce, carne tritata, fior di latte, ricotta e altro; le varianti di forma comprendono quelle tubolare e rettangolare.

CANASCIONE
canascione
Il canascione o 'a pizza chiena (la pizza ripiena) è una torta rustica salata composta da una pasta simile a quella della pizza e farcita con un ripieno di uova, salumi (prosciutto crudo) e formaggi (pecorino).
È un prodotto della tradizione gastronomica contadina, diffuso soprattutto nel nord della Campania (Napoli e Caserta) e in Ciociaria. È una ricetta tipica del periodo pasquale, soggetta a numerose varianti regionali per quanto riguarda la farcitura, mentre gli ingredienti per la pasta sono identici in ogni luogo.

FAZZINO DELLA VAL BORMIDA
Il Fazzino, (lisone o lisotto) è prodotto indistintamente un po' in tutta la val Bormida, terra di castagne, funghi e patate dove la tradizione culinaria offre piatti di origine contadina dal gusto semplice ed antico. Ma è a Murialdo che trova la sua terra d'elezione. In località Riofreddo, il 16 agosto, è possibile degustarlo in occasione della festa di San Rocco.
Ogni paese della valle apporta leggere variazioni alla ricetta base, creando così un prodotto che muta nel gusto.
Ancora un esempio di come l'unione di elementi semplici e poveri possa creare un piatto gustoso e sostanzioso che ha saputo superare inalterato le mode: è il fazzino, lisone o lisotto, morbida focaccina di patate con una leggera cavità all'interno per raccogliere i condimenti tipici, ottime se cotte sulla stufa a legna, come vuole la tradizione.
Ingredienti: farina, lievito di birra, patate, sale.
Preparazione: fate bollire le patate con la pelle e passatele quando sono ancora calde, unitele poi alla farina e al lievito (o bicarbonato), aggiungendo un pizzico di sale. Impastate il tutto sino ad ottenere un impasto molle. Formate quindi delle palline grosse quanto una patata media e ponetele in frigo a lievitare per mezz'ora.
Nel frattempo tagliate a spicchi la cipolla e fatela ammorbidire in acqua e sale. Mettetene un pò su ogni pallina insieme all'olio e lasciate lievitare in frigo per un'altra mezz'ora.
Dopo la lievitazione spruzzate con acqua e mettete a cuocere. C'è chi, invece di far lievitare l'impasto, lo stende direttamente (sostituendo il bicarbonato al lievito), e lo taglia a rombi. Una volta cotti possono essere conditi oppure no, a seconda dei gusti e delle tradizioni, e si servono ancora caldi.
A Pallare si prevede l'impiego di una cipolla, o del porro unito all'uovo e all'olio; a Osiglia si usa l'aglio o il pesto; a Calizzano non è previsto nessun tipo di condimento.

farina,
lievito di birra,
patate,
sale.
Fate bollire le patate con la pelle e passatele quando sono ancora calde, unitele poi alla farina e al lievito (o bicarbonato), aggiungendo un pizzico di sale. Impastate il tutto sino ad ottenere un impasto molle. Formate quindi delle palline grosse quanto una patata media e ponetele in frigo a lievitare per mezz'ora.
Nel frattempo tagliate a spicchi la cipolla e fatela ammorbidire in acqua e sale. Mettetene un pò su ogni pallina insieme all'olio e lasciate lievitare in frigo per un'altra mezz'ora.
Dopo la lievitazione spruzzate con acqua e mettete a cuocere. C'è chi, invece di far lievitare l'impasto, lo stende direttamente (sostituendo il bicarbonato al lievito), e lo taglia a rombi. Una volta cotti possono essere conditi oppure no, a seconda dei gusti e delle tradizioni, e si servono ancora caldi.
A Pallare si prevede l'impiego di una cipolla, o del porro unito all'uovo e all'olio; a Osiglia si usa l'aglio o il pesto; a Calizzano non è previsto nessun tipo di condimento.

FOCACCETTE AL FORMAGGIO
Le focaccette al formaggio (in dialetto genovese 'e fugasette) sono una pasta ripiena di formaggio e fritta; sono una specialità tipica della cucina della riviera ligure di levante, Sori, Recco, Uscio, Camogli, tutti comuni della provincia di Genova, che si affacciano nel Golfo Paradiso e che è diventata nota in tutto il mondo.
Da oltre 40 anni si svolge ogni anno a Recco la Sagra delle Focaccette, in concomitanza con la Festività della Santa Spina, nel giorno di Pasquetta e la domenica successiva. Ottanta persone della comunità parrocchiale di N.S. delle Grazie di Megli, preparano le famose focaccette col formaggio, gustose frittelle salate, con una sfoglia croccante e sottile, ripiene di formaggio stracchino, fritte nell’olio bollente. Vengono preparate circa 3.500 focaccette, per la preparazione delle quali occorrono circa 400 kg di farina, 400 litri di olio, in un padellone di circa 2,00 m. di diametro, visibile al pubblico. Il padellone contiene circa 150 litri d’olio per ogni turno di frittura.
La focaccetta col formaggio può essere considerata una variazione della famosa focaccia col formaggio originaria di Recco: in effetti gli ingredienti adoperati sono molto simili, alla tradizionale focaccia senza lievito, fatta con farina, acqua e olio, viene in questo caso aggiunto del formaggio di tipo crescenza, varianti casalinghe con altri formaggi come la prescinsêua, il grana grattugiato o il gorgonzola; mentre diversi sono ovviamente il modo di preparazione e la procedura di cottura, che nel caso delle focaccette prevede un taglio rotondo o quadrato e la frittura. Variante casalinga è di cuocerle al forno, con un velo d'olio nella teglia.
Alle focaccette col formaggio si abbina un vino bianco, fresco e leggero come il Vermentino.
Le focaccette al formaggio molto spesso vengono inserite in un assortimento di antipasti, come i grissini al timo, le frittelle salate di cipolla e le frittelle di lattuga, i biscotti salati, le olive marinate.

FOCACCIA BARESE
focaccia alla barese
La focaccia tipica barese è un prodotto lievitato da forno tipico della Puglia e diffuso specialmente nelle province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Taranto, dove la si può trovare abitualmente nei panifici. Nasce, probabilmente ad Altamura o Laterza, come variante del tradizionale pane di grano duro, probabilmente dall'esigenza di sfruttare il calore iniziale forte del forno a legna, prima che questo si stabilizzi sulla temperatura ideale per cuocere il pane. Prima di procedere all'infornamento delle pagnotte, si stendeva un pezzo di pasta di pane cruda su una teglia, lo si lasciava riposare un po', dunque lo si condiva e infine lo si cuoceva.
Trattandosi di un prodotto della tradizione, la ricetta, tramandata di generazione in generazione, presenta numerose varianti, per lo più su base geografica.
Nella sua versione più tipica, la base della focaccia si ottiene amalgamando semola rimacinata, patate lesse, sale, lievito e acqua così da ottenere un impasto piuttosto elastico, molle ma non appiccicoso, che viene lasciato lievitare, steso in una teglia tonda unta con molto olio extravergine d'oliva, quindi lasciato lievitare di nuovo, condito e cotto, preferibilmente in forno a legna.
L'olio viene anche versato sulla superficie della focaccia insieme al condimento. Circa quest'ultimo, che va posto sull'impasto inderogabilmente prima della cottura, è possibile distinguere almeno tre varianti tradizionali:
la focaccia per eccellenza, che prevede pomodori freschi e/o olive baresane;
la focaccia alle patate, che prevede il ricoprimento dell'intera superficie superiore con fette di patata spesse circa 5 mm;
la focaccia bianca, condita con sale grosso e rosmarino.
A tali varianti se ne affiancano altre, che di volta in volta prevedono l'aggiunta di peperoni, melanzane, cipolle o altre verdure.
Al termine della cottura, si sarà ottenuta una spianata più soffice della pizza con un'altezza di 1-3 cm. Va gustata calda per assaporarne appieno la fragranza.

FOCACCIA CON LE CIPOLLE
La focaccia con le cipolle alla genovese (a fugàssa co-e çiòule in lingua genovese) è una variante della comune focaccia genovese. Alimento di antiche tradizioni nei quartieri più popolari di Genova e colazione usuale degli scaricatori del porto perché capace di saziare molto, in quanto la cipolla blocca i recettori dello stimolo della fame. La focaccia con la cipolla è un alimento molto economico ed è possibile prepararla anche in casa. A Genova molte persone mangiano la focaccia con le cipolle per colazione, intinta nel caffelatte o al bar con un buon bicchiere di vino bianco (u gianchettu).
L'impasto è come quello per la focaccia genovese: farina, acqua, lievito di birra, olio e sale.
Si usa l'olio d'oliva in quantità che può variare rispetto al peso della farina: più olio si aggiunge e più la focaccia viene unta. Per farla indorare molto bisogna aggiungere del malto. La pasta va lavorata col mattarello e tirata una sfoglia il più sottile possibile, al massimo mezzo centimetro, delle dimensioni della teglia da forno che si usa e una volta posizionata nella teglia unta d'olio, bisogna schiacciarla il più possibile, con la punta delle dita. Le cipolle, abbondanti, tagliate sottile, crude, irrorate con un poco d'olio e sale, si aggiungono a lievitazione avvenuta, prima di mettere nel forno. La temperatura del forno e i tempi di cottura variano dal tipo di forno che si usa: in media, forno ad alta temperatura per il tempo minimo per rendere cotta la farina. La morbidezza dipende dal tempo di cottura, meno si cuoce e più rimane molle.

FOCACCIA DI PATATE
500 g di farina, 
300 g di patate quarantine, 
olio, 
sale, 
pepe, 
lievito di birra q.b.
Bollire le patate e farle raffreddare. Impastare insieme le patate, la farina, l'acqua l'olio ed il lievito. Far lievitare il tempo necessario. Stendere l'impasto in una teglia unta e cuocere in forno a 200° per circa 30 minuti. Dopo la cottura gettare qualche chicco di sale grosso sulla focaccia ancora calda.

FOCACCIA DI RECCO
300 grammi di farina di grano duro,
500 grammi di formaggetta ligure o crescenza,
acqua,
olio extravergine di oliva,
sale.
Preparate la sfoglia unendo due parti di farina e una d'acqua e volendo un po' d'olio. Formate un panetto e fatelo riposare sotto uno strofinaccio in un luogo tiepido al riparo dalle correnti. Dividete la pasta in due tirando due sfoglie molto sottili, quasi trasparenti. Stendetene una sul fondo di una teglia ben unta e distribuitevi sopra il formaggio a pezzetti. Coprite con l'altra sfoglia, chiudete bene i bordi e praticate dei piccoli fori sullo strato superiore. Cospargete di sale, spalmate con olio e infornate per 10-15 minuti a temperatura elevata.

FOCACCIA LIGURE
La focaccia classica di Genova, meglio conosciuta come focaccia alla genovese (in lingua ligure a fugàssa), è una specialità tipica della cucina ligure: sorta di pane piatto (al massimo 2 cm) si distingue perché, prima dell'ultima lievitazione viene spennellata con un'emulsione composta da olio extravergine d'oliva, acqua e sale grosso, la si può consumare già a colazione, come "rompi digiuno" nella mattinata o come aperitivo-antipasto.
È particolarmente gradevole se accompagnata con un buon bicchiere di vino bianco (o gianchetto - pron. [u gianchettu] in lingua ligure) che ne favorisce la digestione. I genovesi usano anche inzuppare la focaccia nel caffelatte come colazione.
La focaccia viene preparata nei forni di ormai diverse città italiane, ma risulta spesso differente da quella tradizionale genovese. A parere di molti, infatti, la vera focaccia alla genovese la si può apprezzare solo nelle città liguri e nei borghi dislocati lungo la riviera ligure. I buongustai sono soliti aspettare di acquistarla calda, appena uscita da una delle varie infornate che si succedono nella mattinata, come si usa per la farinata. La focaccia è tipica del mattino, la farinata della sera, anche se ormai con i tempi moderni questo ritmo si è perso.
Il segreto della sua fragranza è costituito dalla qualità della farina e soprattutto dall'uso di olio extravergine d'oliva.
La elaborata lievitazione e l'accurata lavorazione della pasta richiedono una ventina di ore (ecco perché il prodotto risente decisamente delle condizioni climatiche, riuscendo meno buono nelle giornate particolarmente piovose); l'optimum di cottura lo garantisce soltanto un forno da panettiere (meglio se a legna), tuttavia una discreta focaccia può essere preparata anche nella cucina di casa. La sua variante più classica consiste nella sua ricopertura con cipolle tagliate assai finemente (fugàssa co-a çiòula).
Nella sua versione classica gli ingredienti occorrenti sono:
Farina bianca di grano tenero tipo 00 o 0 di media forza (W 200-300, 500 g)
lievito di birra (quantità variabile a seconda delle condizioni climatiche. Per una lievitazione di 20 ore con temperatura ambiente di 20 °C 0.1%)
acqua pura (400 g) oppure una miscela di acqua e vino bianco (300 g acqua e 100 g di vino bianco)
sale fino per l'impasto (10-15 g) e sale grosso per il condimento (10 g)
olio d'oliva extravergine (100 g, includendo sia quello dell'impasto sia quello usato per ungerla)
Spesso viene aggiunto sopra l'impasto base o cipolle o rosmarino o olive
La possibilità di elaborare varianti è limitata solo dalla fantasia del panettiere.
Molto diffusa è anche la focaccia con le cipolle, alimento di antiche tradizioni nei quartieri più popolari di Genova e pasto usuale degli scaricatori del porto perché capace di saziare molto, in quanto la cipolla blocca i recettori dello stimolo della fame.
Tradizionali sono la focaccia con le olive (sopra, come per quella con le cipolle) o con la salvia (nell'impasto) o con il rosmarino (nell'impasto) o con le patate (nell'impasto) o con l'uvetta passa (in forma più dolciastra, nell'impasto); ultimamente si fanno focacce con patate e/o pomodori (sopra) o noci (nell'impasto) o con il formaggio (non tipo Recco).
In Liguria è anche possibile trovare versioni decisamente moderne, ma non meno valide. È possibile assaporare, per esempio, focaccia cosparsa di salse varie, affettati o anche versioni dolci, farcite di panna, frutta secca o crema gianduia.
Da alcuni anni a questa parte è invalsa a Genova la locuzione linguistica errata ancorché deplorevole, di indicare la focaccia genovese classica come "focaccia normale", per distinguerla dalle varianti.
La fugàssa co-o formàggio, focaccia con il formaggio, propria di Recco, non è considerabile una variante della focaccia genovese in quanto prodotta con pasta non lievitata.
Oltre alla vendita a peso, la focaccia è venduta secondo altre unità di misura. Tra queste ricordiamo:
Mille lire (usata in particolare per focaccia da consumarsi subito, uscendo dal panificio. Ovviamente oggi non più usata)
Sleppa (o slerfa) (corrispondente a 1/8 di leccarda, che equivale a 150~200 g.)
Strisce (misura equivalente circa a 40~60 g.) Le strisce di focaccia vengono disposte su un cabaret di cartone (o polistirolo) in occasione di piccoli rinfreschi mattutini sul luogo di lavoro.
Quadretti (bocconi quadrati con lato di 6~8 cm. utilizzati in alternativa alle strisce).

500 grammi di farina di grano tenero,
1 decilitro d'olio extravergine d'oliva,
30 grammi di sale,
30 grammi di lievito di birra,
acqua.
Formate con parte della farina una fontana sulla spianatoia. Sciogliete il lievito di birra con acqua tiepida e unitelo alla farina che deve essere lavorata come la pasta del pane. Lasciate riposare la pasta sotto un canovaccio, meglio se di lana, in un luogo tiepido per almeno 2 ore. A questo punto prendete la pasta lievitata ed unite la restante farina, l'olio e, facoltativo, mezzo bicchiere di vino bianco; lavorate per ottenere una pasta morbida e fate nuovamente lievitare sempre sotto uno strofinaccio per altre 2 ore. Dopo la lievitazione, stendere la pasta in una teglia con le mani e lasciare le impronte delle dita che raccoglieranno l'olio versatovi. Spolverizzate con il sale grosso che deve essere frantumato da una bottiglia usata come mattarello. Lasciate riposare ancora, prima di cuocere in forno a 200-230° per circa 30 minuti. La focaccia può essere aromatizzata alla salvia che deve essere tritata ed aggiunta direttamente nell'impasto, con le olive tritate, anch'esse unite alla farina, oppure arricchita con le cipolle che tagliate a fette si cospargono sulla pasta già stesa prima di infornare.

FOCACCIA LIGURE CON LE PELLETTE DI OLIVE
Focaccine fritte o al forno, nel cui impasto viene inserita la pelle (epicarpo) dell'oliva, conservato sott'olio.
La proverbiale parsimonia ligure ha partorito un’altra squisitezza: la focaccia con le pellette di olive, nata dall'esigenza di non sprecare nulla, la focaccia co-e porpe, come si chiama nel Levante, co-a murcia come si chiama nel Ponente, per non buttare le olive già spremute;
Dalla frangitura delle olive (nei frantoi con macine in pietra) per la produzione di olio extravergine di oliva le pellette vengono separate dalla sansa mediante lavaggio in acqua calda e per affioramento: vengono quindi raccolte, asciugate e messe sott'olio. Tutti gli olivicoltori della zona conoscevano questi prodotti in quanto quando portavano a frangere le oliva si facevano donare le pellette. Poi una volta a casa le lavavano bene, togliendo alcuni residui di nocciolo macinato. Asciugate, venivano messe in barattoli di vetro coperte d'olio e durante l'anno venivano usate quando si impastava per preparare le focaccette che erano un piatto di lusso che ogni contadino offriva ai proprietari o agli ospiti di casa.
Zona di produzione: Da Varazze a Quiliano
Ingredienti: per un etto di farina di grano, un bicchiere di olio extravergine di oliva, mezzo bicchiere d'acqua, sale q.b., due cucchiai di pelli di oliva, lievito di birra.
Preparazione: Si impasta il tutto e si lascia lievitare, si stende a sfoglia e si inforna. In alternativa lo taglia a losanghe, quindi si frigge in abbondante olio extravergine d'oliva.
per un etto di farina di grano,
un bicchiere di olio extravergine di oliva,
mezzo bicchiere d'acqua,
sale q.b.,
due cucchiai di pelli di oliva,
lievito di birra.
Si impasta il tutto e si lascia lievitare, si stende a sfoglia e si inforna. In alternativa lo taglia a losanghe, quindi si frigge in abbondante olio extravergine d'oliva.

FOCACCIA MESSINESE
La focaccia messinese (o focaccia alla messinese, così chiamata nei comuni limitrofi ove non è natìa e quindi solo rassomigliante) è una specialità tipica della gastronomia messinese. La sua preparazione è molto comune nella città e meno nella provincia di Messina: essa si caratterizza per un impasto alto, soffice, che si cucina in forno a legna in grandi teglie. Tradizionalmente è ricoperta di scarola, pomodoro a pezzi, acciughe e formaggio (in genere tuma, anche se negli ultimi anni è usata anche la mozzarella). Condivide gran parte degli ingredienti con il pitone messinese, noto prodotto della rosticceria locale. Sia la pasta, sia lo spessore, differiscono significativamente rispetto a quelli di una normale pizza. Si ritiene che la ricetta abbia iniziato ad acquistare una sua fisionomia all'inizio del Novecento, per poi essere stabilizzata dai panificatori messinesi all'inizio del secondo dopoguerra, nella forma in cui la conosciamo oggi. Il prodotto è comunemente presente in tutti i panifici e le rosticcerie di Messina e molto meno in quelli della sua provincia, oltre a conoscere una discreta diffusione anche nel resto della Sicilia orientale dove però la ricetta si discosta dal prodotto tipico messinese. Nella zona dei Nebrodi, in luogo della tuma o della mozzarella, è spesso utilizzata la provola locale, che costituisce un presidio slow food.

FOCACCIA NOVESE
La focaccia novese è una specialità da forno tipica della cucina piemontese, prodotta artigianalmente dalle panetterie della zona di Novi Ligure (Novese) ed Ovada. È una sorta di pane piatto (presenta al massimo un centimetro d'altezza) condito con olio extravergine d'oliva e sale grosso. Durante il processo produttivo la focaccia viene stirata e poi successivamente manipolata per produrre piccoli alvei sulla superficie. È consigliato l'abbinamento al vino di produzione locale Cortese di Gavi DOCG.
La composizione degli ingredienti, e dunque dell'impasto, rendono tale prodotto molto simile alla focaccia genovese, dalla quale si distingue per un minor contenuto di olio d'oliva e l'aggiunta di strutto.
Con la deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 15 aprile 2002 n. 46-5823 la focaccia novese è stata riconosciuta prodotto agroalimentare tradizionale del Piemonte in attuazione del D.lgs. n. 173/98, art. 8 e D.M. n. 350 dell'8 settembre 1999.

FOCACCIA VERDE
farina,
olio,
sale,
lievito,
bietole,
1 cipolla,
uova,
formaggio in grana.
Impastare la farina con olio di oliva, sale e lievito. Porre l'impasto in una teglia unta d'olio. Tritare le bietole a crudo e aggiungere olio, sale, uova, cipolla e formaggio. Il composto preparato con gli ingredienti sopra elencati si pone sulla pasta e si inforna. A cottura ultimata, aggiungere le olive.

PIZZOLO

150 g di farina per pizza
50 g di farina integrale
110 ml di acqua tiepida
2 cucchiaini di zucchero
1/3 di bustina di lievito disidratato
grana grattugiato
timo
olio extravergine d’oliva
Disponete le farine in una ciotola, e sulla spianatoia versate le farine al centro e aggiungete il lievito disidratato e lo zucchero. Versate l’acqua tiepida a poco a poco e impastate con le mani. Rimettete l’impasto ben lavorato nella ciotola dopo aver unto i bordi con un po’ d’olio. Lasciate a lievitare per almeno 3-4 ore, in un luogo caldo. Prendete una teglia da pizza e ungetela leggermente con olio. Stendete il vostro impasto omogeneamente, in modo che sia alto più o meno un centimetro. Infornatelo a 200° per almeno 15-20 minuti. Quando il pizzolo sarà cresciuto un po’ e si sarà un po’ colorato, uscitelo dal forno e fatelo raffreddare per 5-10 minuti. Con un coltello tagliate il pizzolo in due facendo molta attenzione a non romperlo. Farcitelo secondo il vostro gusto con salumi, carne, formaggi o verdure. Chiudete il pizzolo e bagnate la parte superiore con poco olio, mettendo anche il grana grattugiato e il timo. Rimettete in forno per circa 10 minuti, a 220°. Sfornate e gustate.
Se vi trovate dalle parti di Siracusa, in particolare a Sortino, non potete non assaggiare il pizzolo (pizzòlu). Si tratta di un prodotto tipico della cucina dell’isola: è una sorta di pizza tonda, farcita all’interno e condita con olio, origano, pepe, formaggio e sale. I ripieni sono i più disparati: spinaci, melanzane, peperoni, carne di ogni tipo, prosciutto crudo e scamorza. In alcuni casi, ai può anche optare per la doppia farcitura: il pizzolo, in questo caso viene condito in due modi diversi.Il nome deriva da una grossa pietra di forma ovoidale, che richiamerebbe la concezione greca della ciclicità della vita. Il pizzolo sarebbe legato alle focacce rituali diffuse in epoca greco-romana. Nel corso dei secoli si è affermato come tipico pane contadino, un piatto povero che veniva farcito con ciò che si aveva. La notorietà del pizzolo, però, arriva molto più avanti. Alcuni sortinesi emigrarono nel nord Europa in cerca di fortuna, aprendo delle pizzerie specializzandosi nella preparazione di pizze farcite. Al ritorno in Sicilia, negli anni Ottanta, continuano a preparare i pizzoli, che riscuotono un enorme successo. Il boom arriva negli anni Novanta.

SCACCIATA
Nella provincia di Catania, da una tradizione che risale alla fine del XVII secolo, deriva la scacciata, molto simile ad un calzone o ad una pizza a due strati, che prevedeva due differenti versioni originali: in città a base di caciocavallo e acciughe, nelle zone intorno a Catania con broccoli, cavolfiori, patate lesse e addirittura carne speziata (salsiccia o brasato).

SFINCIONE
La pizza siciliana più conosciuta è lo sfincione originario di Palermo e diffuso in molte zone dell'isola, ma accanto ad esso esistono diverse altre varietà di pizze. Le differenze nella preparazione della pizza in Sicilia sono legate alla cultura e alla tradizione locale che, in un'isola vasta come la Sicilia, hanno portato a ricette dalle caratteristiche a volte assai diverse tra loro. Con i fenomeni di emigrazione che hanno toccato la popolazione siciliana all'inizio del XX secolo, alcune ricette sono sbarcate anche in altre nazioni mantenendo in parte le loro caratteristiche originarie, così ad esempio nel New Jersey si indica col termine inglese sicilian pizza la versione italoamericana dello sfincione.
A Palermo è molto diffuso lo sfincione (in siciliano sfinciuni), una pizza al taglio venduta sia nelle rosticcerie che dagli ambulanti a base di pomodoro, cipolla, acciughe, pangrattato e caciocavallo.
Lo sfincione (sfinciuni o spinciuni in siciliano) è un prodotto tipico della gastronomia palermitana. È un prodotto tipico siciliano, come tale è stata ufficilamente inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
Al pari della sfincia di San Giuseppe, il nome si fa derivare dal latino spongia, "spugna" oppure dall'arabo isfan col quale si indica una frittella di pasta addolcita con il miele. Si tratta di una antica ricetta che vede come ingrediente cardine il pane pizza (morbido e lievitato, simile appunto ad una spugna) con sopra una salsa a base di pomodoro, cipolla, e pezzetti di formaggio tipico siciliano (chiamato caciocavallo ragusano). Lo sfincione si può gustare solo a Palermo e dintorni presso alcune pizzerie, gastronomie e panifici.
Il prodotto più originale viene però prodotto artigianalmente nei pressi di Porta Sant'Agata, e commercializzato da ambulanti che spaziano per le vie della città a bordo di motoveicoli a tre ruote (conosciuti meglio come "lapini") ed invitano ad assaporare il loro prodotto gridando a voce alta o attraverso un amplificatore.

STIRPADA 
Stirpada, scherpada o scarpazza, rotonda o quadrata, mignon o di normali dimensioni, ma sempre di torta di verdure si tratta.
Zona di produzione: comune di Calice al Cornoviglio, località Pegui (per la stirpada), comune di Ponzano, La Spezia (per la scherpada) comune Sarzana (per la scarpazza)
Stirpada
Preparazione: lavare le foglie di bietola e borragine e tritarle non troppo fini. Bollire la zucca gialla, tagliare il porro e farlo soffriggere insieme alla zucca e alle erbette. Mescolare il tutto con pecorino e parmigiano. Preparare quindi la classica sfoglia ligure con farina, acqua, olio e sale e tirarla molto sottile. Tagliare la sfoglia in piccoli quadrati, versarvi sopra l'impasto di erbe e ripiegare i bordi. Cuocere in forno caldo per 30 minuti circa.
Scherpada
Preparazione: si fanno bollire le erbe (1500 g) e zucca gialla (500 g) tagliata a pezzi; nel frattempo si soffriggono a parte con olio di oliva i porri (3) tagliati finemente e si ammorbidisce con acqua la mollica di pane (200 g). Una volta cotte, le verdure vengono macinate e quindi mescolate con i porri, la mollica del pane strizzata, il formaggio grattugiato (100 g formaggio pecorino e 100 g formaggio vaccino stagionato), l'olio di oliva (un bicchiere) e il sale quanto basta. Il tutto viene impastato sino ad ottenere un ripieno compatto che è disposto tra due dischi di sfoglia preparata con farina di grano, acqua e sale, e quindi cotta nei testi caldi dieci minuti per lato.
Scarpazza
Preparazione: per la sfoglia, predisporre 200 grammi di farina, due cucchiai d'olio, un bicchiere d'acqua e un pizzico di sale. Procedimento per il ripieno: tagliare i porri a rondelle e farli rosolare per cinque minuti; aggiungere le erbette (sia coltivate che spontanee) e salarle. Sbattere a parte le uova, unire i porri, le erbette, il parmigiano, il pecorino grattugiato e amalgamare il tutto. Versare l'impasto di verdure nella teglia foderata con la sfoglia, spianarlo e guarnire con striscioline di pasta come una crostata. Cuocere in forno per 40 minuti.
Lavare le foglie di bietola e borragine e tritarle non troppo fini. Bollire la zucca gialla, tagliare il porro e farlo soffriggere insieme alla zucca e alle erbette. Mescolare il tutto con pecorino e parmigiano. Preparare quindi la classica sfoglia ligure con farina, acqua, olio e sale e tirarla molto sottile. Tagliare la sfoglia in piccoli quadrati, versarvi sopra l'impasto di erbe e ripiegare i bordi. Cuocere in forno caldo per 30 minuti circa.
Si fanno bollire le erbe (1500 g) e zucca gialla (500 g) tagliata a pezzi; nel frattempo si soffriggono a parte con olio di oliva i porri (3) tagliati finemente e si ammorbidisce con acqua la mollica di pane (200 g). Una volta cotte, le verdure vengono macinate e quindi mescolate con i porri, la mollica del pane strizzata, il formaggio grattugiato (100 g formaggio pecorino e 100 g formaggio vaccino stagionato), l'olio di oliva (un bicchiere) e il sale quanto basta. Il tutto viene impastato sino ad ottenere un ripieno compatto che è disposto tra due dischi di sfoglia preparata con farina di grano, acqua e sale, e quindi cotta nei testi caldi dieci minuti per lato.
per la sfoglia, predisporre 200 grammi di farina, due cucchiai d'olio, un bicchiere d'acqua e un pizzico di sale. Procedimento per il ripieno: tagliare i porri a rondelle e farli rosolare per cinque minuti; aggiungere le erbette (sia coltivate che spontanee) e salarle. Sbattere a parte le uova, unire i porri, le erbette, il parmigiano, il pecorino grattugiato e amalgamare il tutto. Versare l'impasto di verdure nella teglia foderata con la sfoglia, spianarlo e guarnire con striscioline di pasta come una crostata. Cuocere in forno per 40 minuti.
Nel piccolo borgo di Pegui, frazione di Calice al Cornoviglio, era consuetudine preparare le stirpade in occasione del Natale. La rotonda scherpada è protagonista della sagra che dal 1975 si svolge ogni anno, l'ultima settimana di agosto, a Ponzano superiore, piccolo paese collinare del comune di Santo Stefano Magra. La scarpazza è invece di Sarzana, territorio in cui anche a livello culinario si incontrano ben tre regioni: Liguria, Emilia Romagna e Toscana. Queste torte di erbetti, hanno comunque un denominatore comune: il ripieno è costituito da una miscellanea di verzure, coltivate e spontanee, un riferimento preciso al preboggion genovese espressione della cucina povera dell'entroterra ligure.

STRAZZATA
La Strazzata è un tipo di focaccia caratteristico della Basilicata, originario della zona di Avigliano. Il nome è una forma italianizzata di strazzat, che in dialetto locale significa "stracciata" o "strappata", il che rimanda all'uso di staccarne i pezzi "strappando" la focaccia con le mani, anziché con l'uso del coltello. Gli ingredienti base sono acqua, lievito, farina, pepe nero macinato e origano (un'altra varietà prevede anche l'aggiunta di strutto e piccoli pezzi di lardo). Come da tradizione, questo alimento era utilizzato nei matrimoni e nelle feste in genere, per accompagnare il vino.
Preparazione
La strazzata, tramite lavorazione a mano, si ottiene sciogliendo il lievito nell’acqua tiepida e mescolandolo con la farina si crea un impasto morbido e compatto. La farina deve provenire da una molitura non troppo fine, cioè deve contenere una parte di crusca che dà una colorazione alla strazzata leggermente più scura del pane. All’interno dell'impasto viene aggiunto il pepe nero, dopo essere stato rigorosamente macinato, e il lardo (secondo un'altra variante della ricetta). L’impasto finale viene fatto riposare fino ad una completa lievitazione naturale e dopo aver effettuato un buco al centro viene cotto nel forno a legna. La strazzata viene farcita, generalmente, con provolone e prosciutto crudo, ma anche con frittata e peperoni.
Manifestazioni
L'alimento è il protagonista dell'omonima Sagra della Strazzata, organizzata dall'associazione culturale "Il Cigno" e che si tiene annualmente nel periodo di agosto a Stagliuozzo, frazione aviglianese di circa 250 abitanti, a un paio di km dal castello federiciano di Lagopesole. Altri prodotti offerti dalla manifestazione sono il vino Aglianico del Vulture DOC e i formaggi di Filiano.

martedì 3 gennaio 2023

Frittelle di San Giuseppe


Frittelle dolci a forme irregolari, con uvetta e zucchero a velo: sono tipiche della val Bormida. La zona di produzione è la Val Bormida. Frittella dolce alla quale è dedicata la sagra della prima o seconda domenica di settembre. Le dimensioni sono variabili, a seconda della lievitazione: le media altezza, a seguito della cottura è di 5 cm. Il taglio è variabile: può essere di lasagna, di rombo o altro. Il colore è quello dell'ammasso di pasta, arancio imbrunito, unito al bianco del velo di zucchero.


18 PAT LIGURI 
(2^ Edizione)

 

In queste 448 pagine sono raccolte oltre 500 schede di prodotti e ricette. PAT, prodotti agroalimentarei tradizionali.  E' questo il marchio con cui l'Italia tutela e valorizza i prodotti tipici. Regione per regione viene stilato un elenco di prodotti e preparazioni da salvaguardare. Si tratta di migliaia di elementi che fanno del nostro paese quello con la più alta biodiversità alimentare del mondo. In questo volume si analizzano i PAT liguri.

5 DESSERT (2^ Edizione)

 

In queste 400 pagine sono raccolte oltre 250 ricette di dessert pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dessert. Che delizia. Buoni da gustare, belli da ammirare. Ne ho una passione sfrenata. Questo volume è dedicato a chi come me condivide l'amore per il dolce. Tantissime preparazioni di base, paste, creme, semilavorati, piccola, media e grande pasticceria. Semplicissimo e complesso.

BRANCALEONE FOX TERRIER

 
“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

Strozzagatti


Calizzano è un luminoso paese, fondato in epoca romana, poco distante dal mare di Alassio ma che già preannuncia le valli piemontesi per l'abbondanza di verde data dalle faggete e dai castagneti. La sua cucina offre, come tutta quella della Val Bormida, piatti semplici e gustosi, di antica tradizione, come questa torta nota come Strozzagatti. È un prodotto che viene fatto da più di 50 anni e trova sbocco sul mercato locale attraverso la vendita del piccolo dettaglio. Torta di forma rotonda, di consistenza morbida, adatta per la prima colazione e le merende pomeridiane. Piccoli laboratori artigianali ne mantengono e diffondono la produzione dai primi anni del '900 e da sempre la rivendita è esclusivamente locale. Questo dolce è stato creato e immesso sul 65 mercato come alternativa al pandolce genovese e, nonostante sia anch'esso a base di uvetta, pinoli e frutta candita, ha una consistenza molto più morbida che ricorda quella del plumcake. Il nome è stato a suo tempo depositato all'ufficio brevetti presso il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato. 


18 PAT LIGURI 
(2^ Edizione)

 

In queste 448 pagine sono raccolte oltre 500 schede di prodotti e ricette. PAT, prodotti agroalimentarei tradizionali.  E' questo il marchio con cui l'Italia tutela e valorizza i prodotti tipici. Regione per regione viene stilato un elenco di prodotti e preparazioni da salvaguardare. Si tratta di migliaia di elementi che fanno del nostro paese quello con la più alta biodiversità alimentare del mondo. In questo volume si analizzano i PAT liguri.

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In queste 400 pagine sono raccolte oltre 250 ricette di dessert pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dessert. Che delizia. Buoni da gustare, belli da ammirare. Ne ho una passione sfrenata. Questo volume è dedicato a chi come me condivide l'amore per il dolce. Tantissime preparazioni di base, paste, creme, semilavorati, piccola, media e grande pasticceria. Semplicissimo e complesso.

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“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

Poncrè


Dolce a base di uvetta, pinoli e frutta candita. La consistenza morbida della pasta ne permette la conservazione per alcuni giorni. La zona di produzione è il Comune di Lerici, frazione di San Terenzo (La Spezia). 

18 PAT LIGURI 
(2^ Edizione)

 

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BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

Pinolata della val d'Aveto



Semi della generosa pigna, i pinoli sono indiscutibilmente importanti nella cucina genovese. Li troviamo anche come coronamento di questo dolce che proprio per la loro presenza prende il nome di pinolata, torta croccante e dorata all'esterno, morbida e soffice dentro. Torta dolce da forno di forma rotonda, dal diametro di 25 cm circa e dallo spessore di 2 o 3 cm. Ha un colore dorato e la superficie ricoperta da pinoli; lo strato esterno è croccante, mentre l'interno risulta morbido e soffice. La zona di produzione è la Val d'Aveto, entroterra chiavarese

18 PAT LIGURI 
(2^ Edizione)
 
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In queste 400 pagine sono raccolte oltre 250 ricette di dessert pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dessert. Che delizia. Buoni da gustare, belli da ammirare. Ne ho una passione sfrenata. Questo volume è dedicato a chi come me condivide l'amore per il dolce. Tantissime preparazioni di base, paste, creme, semilavorati, piccola, media e grande pasticceria. Semplicissimo e complesso.