sabato 5 novembre 2022

CONOSCERE GLI AROMI E LE SPEZIE



Basilico
Complementari: pomodori, timo e origano, finocchio.
Proprietà: digestive (stimola l’intestino), antispasmodiche (allevia i crampi allo stomaco), aromatiche, anti-infiammatorie.
Ricette: insalate, ovviamente nel pesto e nel sugo al pomodoro, pizza, conserve.
Abbinamenti: carne bianca, tacchino, agnello, roast-beef, uova e melanzane. Provatelo con i frutti di bosco, specie fragole, lamponi.
Coriandolo
Complementari: zenzero, cannella, cumino, cardamomo, noce moscata.
Proprietà: digestive, carminative (riducono la formazione di gas nell’intestino), anti-spasmodiche, anti-settiche.
Ricette: insalate, zuppe in stile indiano, dolci della cucina americana come pancakes e torta di mele, salsicce, stufati.
Abbinamenti: carni, pesce grigliato, formaggi, riso e cetriolini.
Dragoncello
Complementari: peperoncino, erba cipollina, tarassaco, cerfoglio.
Proprietà: aromatiche, digestive.
Ricette: salsa tartara e salsa bernese, senape e mostarda, per profumare la maionese, anche nel pollo.
Abbinamenti: insalate, uova, con il pesce e i crostacei, con le carni bianche.
Finocchietto
Complementari: senape, pepe, cannella, zenzero, prezzemolo, chiodi di garofano.
Proprietà: digestive, carminative, diuretiche, anti-spasmodiche
Ricette: arrosti, liquori come l’anisetta, pesce alla griglia, finocchiona, porchetta, pasta con le sarde, borsch, la minestra in brodo di carne della cucina russa.
Abbinamenti: minestre, zuppe, insalate, salmone, funghi, patate, olive. Provatene un po’ nello yoghurt bianco.
Menta
Complementari: cumino, pepe di cayenna, verbana e zenzero.
Proprietà: dissetanti, anti-spasmodiche, digestive, anti-fermentative.
Ricette: piatti agrodolci, tisane, torte e crostate, confetture (specie di fichi).
Abbinamenti: da provare con il cioccolato, nei fritti a base di verdure, per insaporire il riso come nella cucina indiana, con la carne e i legumi.
Origano
Complementari: maggiorana, timo, finocchio, basilico, da abbinare al peperoncino nelle minestre speziate come insegna la cucina messicana.
Proprietà: aromatiche, anti-spasmodiche, anti-settiche, anti-infiammatorie.
Ricette: sugo al pomodoro, insalate, pizza, carne alla pizzaiola.
Abbinamenti: carni bianche, roast beef, pesce fritto.
Prezzemolo
Complementari: basilico, erba cipollina, tarassaco.
Proprietà: vitaminizzanti, diuretiche, sudorifere.
Ricette: con i funghi, con le uova, nelle zuppe.
Abbinamenti: un’infinità, si usa per guarnire e insaporire praticamente tutto, specie i piatti di pesce, di solito a fine cottura per non compromettere l’aroma.
Rosmarino
Complementari: origano, timo, aglio.
Proprietà: digestive, anti-spasmodiche, diuretiche, balsamiche, anti-settiche.
Ricette: sugo al pomodoro, aromatizza le patate fritte (basta metterne un rametto lavato e asciugato nell’olio della frittura), pollo e barbecue (tra l’altro, i rametti bruciati allontanano gli insetti).
Abbinamenti: pomodori, arrosti e carni bianche, patate, funghi e cavolfiori.
Salvia
Complementari: limone, spezie invernali.
Proprietà: digestive, balsamiche, aromatiche (lasciate qualche foglia a contatto con il burro per avere interessanti sfumature di gusto), anti-settiche anti-infiammatorie.
Ricette: ravioli di magro, bolliti, arrosti, hamburger.
Abbinamenti: carni rosse e bianche, formaggi, pesce fritto, mele al forno.
Timo
Complementari: rosmarino, origano, maggiorana, cilantro, sommacco.
Proprietà: digestive, depurative, tossifughe, anti-settiche, stimolanti.
Ricette: insalate, nei piatti a base di fagioli, qualche fogliolina profuma la macedonia.
Abbinamenti: piatti di carne e di pesce, con le patate, carote e funghi, per aromatizzare una tavoletta di cioccolato.


Con il termine spezie si indicano tutte quelle sostanze aromatiche (come il pepe, lo zenzero, la cannella, il peperoncino, la noce moscata, ecc.) solitamente di provenienza esotica, utilizzate in cucina per aromatizzare i cibi o in erboristeria per preparazioni semi-farmaceutiche.
L’utilizzo delle spezie non risponde ad una ricetta esatta, molto dipende dalle tradizioni, dalla localizzazione geografica, che può rendere più semplice la reperibilità di alcune spezie piuttosto che altre, e sicuramente in primis dai gusti personali.
Non esiste quindi uno schema di utilizzo delle spezie, tuttavia, conoscendo le caratteristiche di ognuna di essa sarà più semplice il loro utilizzo.
L’utilizzo delle spezie in cucina non è affatto una cosa da sottovalutare, poiché oltre a donare ai cibi (ma anche alle bevande) dei sapori e degli odori del tutto particolari ed inimitabili, favorisce un minor utilizzo di grassi e sale (perché le spezie insaporiscono molto già di loro), rendendo ciò che mangiamo molto appetibile con un ridotto contenuto calorico.
Molte sono le spezie che conosciamo e che comunemente utilizziamo, grazie alla diffusione che queste per tradizione hanno nel nostro paese (come accade per: aglio, pepe, peperoncino, prezzemolo), ma grazie alla larga diffusione della cucina multi etnica ed alla riscoperta dei benefici naturali che queste hanno, nonché al loro approdo nelle diete ipocaloriche, è bene documentarci sull'utilizzo delle varie spezie e sfruttare al meglio questo patrimonio naturale.
Anche la loro commercializzazione ormai non è più appannaggio dei mercatini ed dei bazar orientali, quindi anche la reperibilità di qualche spezia della quale forse non abbiamo mai sentito parlare non sarà così difficile, basterà recarsi in un supermercato ben fornito o al massimo rivolgersi ad un erborista.

Il ginepro (iuniperus) è una pianta tipica della flora italiana. In cucina si utilizzano le bacche di ginepro, che insaporiscono le carni, soprattutto di selvaggina, o alcuni superalcolici (come il gin o la grappa di ginepro). Nel nord Europa le bacche di ginepro vengono utilizzate anche per arricchire di gusto i crauti.

Il cappero (Capparis spinosa L., 1753) è un piccolo arbusto o suffrutice ramificato a portamento prostrato-ricadente. Della pianta si consumano i boccioli, detti capperi, e più raramente i frutti, noti come cucunci. Entrambi si conservano sott'olio, sotto aceto o sotto sale.
Il portamento è cespitoso, con fusto subito ramificato e rami lignificati solo nella parte basale, spesso molto lunghi, dapprima eretti, poi striscianti o ricadenti.
Le foglie sono alterne e picciolate, a lamina subrotonda e a margine intero, glabre o finemente pelose, di consistenza carnosa. La forma della lamina è ovata, il margine è liscio, le nervature sono pennate e non è una foglia composta. Il nome dato alla specie è dovuto alla presenza, alla base del picciolo, di due stipole trasformate in spine. Nella varietà inermis, la più comune, le stipole sono erbacee e cadono precocemente.
I fiori sono solitari, ascellari, lungamente peduncolati, vistosi. Calice e corolla sono tetrameri, composti rispettivamente da 4 sepali verdi e 4 petali bianchi. L'androceo è composto da numerosi stami rosso-violacei, provvisti di filamenti molto lunghi. L'ovario è supero, con stimma sessile.
Il frutto è una capsula oblunga e verde, a forma di fuso, portata da un peduncolo di 2–3 cm, fusiforme e carnosa, con polpa di colore rosaceo. Contiene numerosi semi reniformi, neri o giallastri, di 1–2 mm di dimensioni. A maturità si apre con una fessura longitudinale. Comunemente i frutti sono chiamati cucunci o cocunci.
Il cappero è coltivato fin dall'antichità ed è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo. È spontaneo solo su substrati calcarei: nel suo ambiente naturale cresce sulle rupi calcaree, nelle falesie, su vecchie mura, formando spesso cespi con rami ricadenti lunghi anche diversi metri. È una pianta eliofila e xerofila con esigenze idriche limitatissime.
Pur essendo una pianta rupicola, il cappero trae vantaggio dalla coltivazione in piena terra e irrigato moderatamente ha uno sviluppo più rigoglioso, producendo fiori da maggio a ottobre. Si propaga per seme o preferibilmente per talee. La talea si esegue in estate, prelevando un pezzo di 7–10 cm di un ramo legnoso di 2-3 anni d'età, quindi lo si pone in una cassetta riempita di torba e sabbia.
Per favorire la radicazione è consigliato l'uso di polveri radicanti. Formatesi le radici, si prelevano le piantine e si invasano singolarmente in vasetti di circa 10 cm di diametro. La propagazione per seme è difficoltosa dato che la germinazione dei semi è buona solo se i semi sono seminati immediatamente dalla raccolta dai frutti, è invece molto difficoltosa (germinabilità del 5 - 10%) quando entrano in dormienza (cioè si essiccano), la preparazione con semi in acqua calda e poi in ammollo per qualche giorno aumenta la germinabilità. La possibilità di germinazione aumenta anche qualora la semina venga eseguita nei mesi invernali (dicembre - gennaio).
Si semina in cassette, riempite di torba e sabbia, lasciate all'aperto nel periodo estivo e riparate in autunno–inverno. Nella primavera successiva si può trapiantare la nuova pianta direttamente nel terreno o singolarmente in un vaso. La semina può avvenire anche direttamente nelle fessure di muri a secco ben esposti al sole in autunno. Occorre però inserire i semi pressati in una manciata di muschio che proteggerà il seme durante l'inverno e lo terrà umido, altra soluzione: inserire dei semi dentro un fico maturo, o in una zolletta di fango pressato inserendo poi il tutto nella fessura del muro. Le piantine nasceranno verso maggio-giugno.
Le proprietà aromatiche sono contenute nei boccioli del fiore, comunemente chiamati capperi. Utilizzati in gastronomia da millenni, si raccolgono ancora chiusi e si conservano in macerazione sotto sale o sotto aceto. I capperi sono solitamente usati per aromatizzare le pietanze e si sposano bene con una grande varietà di cibi: dalla carne, al pesce, alla pasta.
Il frutto, di sapore simile ma più delicato del cappero, è detto cucuncio, cocuncio o capperone e si trova in commercio sotto sale, sott'olio o sotto aceto. È usato tradizionalmente nella cucina eoliana per condire piatti di pesce. Gli eoliani usano anche dissalare i cucunci o i capperi e consumarli al pari di una qualsiasi verdura, di solito in insalata. In ambito culinario vengono utilizzate anche le giovani foglie come insalata, previa cottura per pochi minuti in acqua bollente.
L'ampia diffusione in Sicilia e l'uso tradizionale che se ne fa nella cucina siciliana hanno portato i capperi ad essere inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) come prodotto tipico siciliano. Il Cappero di Pantelleria ha invece ottenuto l'Indicazione geografica protetta (IGP). Fin dall'antichità è diffusa la credenza che attribuisce proprietà afrodisiache al cappero.

Varietà di peperoncino
Le 5 specie domesticate, e quindi più comuni, di peperoncino sono:
· Capsicum annuum, probabilmente la più coltivata, comprendente le varietà più diffuse: i peperoni dolci, il peperoncino comune in Italia, il peperoncino di Cayenna, e il messicano jalapeño
· Capsicum baccatum, che include il cosiddetto cappello del vescovo, e gli ají
· Capsicum chinense, il cui nome può trarre in inganno. Difatti la qualità non è cinese, bensì sud-americana, in particolare originario dell'Amazzonia. Tale qualità include l'habanero, rimasto fino al 2006 nel Guinness dei primati come il peperoncino più piccante del mondo, e il suo successore Dorset Naga ibrido con C. frutescens, più lo Scotch Bonnet e il fatalii
· Capsicum frutescens, che include tra gli altri il tabasco
· Capsicum pubescens, che include il sudamericano rocoto
Sebbene siano poche le specie di peperoncino coltivate commercialmente in Italia, ci sono molte cultivar: il peperone verde e quello rosso, ad esempio, sono la stessa cultivar, ma i verdi sono immaturi. A livello amatoriale, invece, vi è una fiorente comunità di appassionati, che coltivano tutte le 5 specie principali e molte delle minori. Per la gran varietà di cultivar, sicuramente C. annuum è il più diffuso, mentre le altre specie sono relativamente meno coltivate.
La sostanza artefice principale della piccantezza è l'alcaloide capsaicina (8-metil-N-vanillil-6-nonenamide o C18H27NO3), insieme ad altre 4 sostanze naturali correlate, chiamate collettivamente capsaicinoidi, che ne comprendono anche altre di sintesi. Ogni capsacinoide ha piccantezza relativa e un sapore diversi nella bocca, e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze determina le diverse sensazioni prodotte dalle diverse varietà, oltre al loro contenuto. La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso, e può addirittura causare vesciche da ustione, se in alte concentrazioni. Rappresenta anche l'ingrediente principale nello spray al pepe, usato come "arma non letale".
La sensazione di bruciore che percepiamo, tanto più intensa e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento di temperatura nella nostra bocca. La capsaicina interagisce semplicemente con alcuni termorecettori presenti nella bocca, nello stomaco e nell'ano, che mandano un segnale al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco "bruciasse". Stessa sensazione si ha quando defechiamo, in quanto gli stessi termorecettori sono presenti anche nell'ano.
La piccantezza dei peperoncini è misurata solitamente tramite la scala di Scoville, ideata al principio del XX Secolo dal chimico statunitense Wilbur Scoville. Il peperone dolce ha ad esempio zero unità Scoville, i jalapeños vanno da 3,000 a 10,000 SU, mentre gli Habaneros arrivano a 600,000 unità Scoville. Il record per il più alto numero di unità Scoville in un peperoncino è stato assegnato dal Guinness dei primati al Bhut Jolokia indiano, che ha fatto segnare oltre 1.000.000 unità. Nel 2006, è stata presentata la varietà Dorset Naga, derivata da quest'ultima, che ha fatto misurare anch'essa oltre 1.000.000 di SU.
Va tuttavia precisato che anche nel C. chinense, che vanta appunto alcune delle più piccanti al mondo, vi sono cultivar a 0 SU. Ad ogni modo, a partire da 250.000 SU, la sensazione di piccantezza cede il posto al dolore, la cui intensità è per lo più costante a prescindere dal contenuto in capsaicina, mentre aumentano la diffusione in bocca e gola, e la persistenza nel tempo. Pertanto, assaggiare un bhut jolokia o un habanero orange, a parte il sapore, dà la stessa sensazione di dolore, solo che il primo dura di più. Uno dei modi migliori per alleviare la sensazione di bruciore è bere latte, mangiare yogurt od ogni prodotto caseario, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti una proteina presente nei latticini, la caseina, agglutina la capsaicina, rimuovendola dai recettori nervosi.
La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell'habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come anestetico.
Un bicchiere di latte freddo, sorseggiato lentamente, è senz'altro il "rimedio" migliore all'eccessiva piccantezza, da tenere a portata di mano per l'assaggio di salse piccanti o peperoncini sconosciuti. Molto efficace anche mangiare del pane, specie la mollica, perché rimuove meccanicamente il peperoncino dalla bocca.
Il peperone in cucina
Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua capacità di bruciare il palato, si utilizza anche per aromatizzare, nonché per fare salse piccanti. Nelle specie piccanti, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto la base dei propri piatti regionali, come la Calabria, con la sardella e la famosa nduja, la Basilicata con il peperone di Senise (in dialetto locale Zafaran), che ha ottenuto il marchio IGP dall'Unione Europea) e in generale tutto il Sud peninsulare. Il peperone dolce è invece molto utilizzato nella cucina piemontese soprattutto nella sua variante regionale Peperoni di Carmagnola ed è alla base di numerosi antipasti, del bagnet ross e della bagna cauda. All'estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della harissa), in India, in Thailandia e nelle due Coree. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all'uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l'arrivo degli europei. Una volta macinato il peperoncino modifica l'intensità del gusto: il grado di piccantezza però varia non solo in base alla varietà di peperoncino scelta, ma anche in base al grado di maturazione: infatti più è maturo e più è forte. Inoltre lo stress ambientale, tra cui la siccità e il freddo accentua il sapore piccante. L'eccesso di acqua causa anch'esso aumento di piccantezza, ma spesso rovina la pianta e, in C. chinense, può dare sapore amaro ai frutti. Alcune varietà di peperoncino sono indicate per il consumo immediato, perché i frutti non si mantengono a lungo. Altre, possono essere invece essiccate e macinate. In questo modo aumenta la concentrazione di capsaicina e dunque la piccantezza. Inoltre, pressappoco tutte le varietà di C. chinense hanno aroma e sapore intenso, che si perde con l'essiccazione. Ad esempio l'habanero, da fresco ha un intenso odore di albicocca e un sapore fruttato simile al cedro, che si attenuano alquanto con l'essiccazione.
Il peperoncino è un condimento molto popolare, nonostante il dolore e l'irritazione che provoca. Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l'uso di peperoncino ed altre spezie.
I peperoncini sono ricchi in vitamina C e si ritiene abbiano molti effetti benefici sulla salute umana, purché usati con moderazione ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, il peperoncino si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione. Queste virtù sono dovute principalmente alla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di muco e di succhi gastrici. In ultimo il peperoncino stimolando la peristalsi intestinale favorisce il transito e l'evacuazione, il più rapido passaggio intestinale in sinergia col potere antibatterico ed antimicotico evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine, particolarmente le tossine della candida albicans.
Alcuni studi hanno evidenziato un aumento del metabolismo e una riduzione dell'insulina ematica dopo aver mangiato cibi conditi con peperoncini piccanti. Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico in artriti, neuropatia diabetica, nevralgie post-herpetiche e del trigemino, sintomi post-mastectomia, cefalea a grappolo. I capsaicinoidi agiscono a livello dei nocicettori mediante i recettori vanilloidi specifici VR-1, come desensibilizzanti dei recettori stessi agli stimoli dolorosi, in una prima fase attraverso una "desensibilizzazione acuta" ed in seguito attraverso una tachifilassi (una ridotta risposta recettoriale alle successive applicazioni di capsaicinoidi). Si può anche ipotizzare che la sensazione di dolore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a produrre endorfine, un oppiaceo naturale in grado di agire da analgesico e produrre una sensazione di benessere.
Non esiste alcuno studio o prova sperimentale che dimostri le sue presunte proprietà afrodisiache.
In conclusione i benefici dei peperoncini sono numerosi, anche se non tutti confermati, e questi frutti delle piante di Capsicum (della famiglia delle Solanaceae come le piante del tabacco, delle melanzane e dei pomodori) sono sempre al centro di numerosi studi in atto per certificarne le effettive proprietà benefiche. Moltissime tradizioni medicinali popolari usano come rimedio il peperoncino, e la medicina Ayurvedica lo consiglia per il trattamento di ulcere peptiche.
Gli uccelli, al contrario dei mammiferi, non sono sensibili alla capsaicina, poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. A ragione di ciò i peperoncini costituiscono il cibo preferito di molti volatili; essi costituiscono infatti una fonte di vitamina C e carotene, necessari agli uccelli soprattutto durante la muta del piumaggio. In cambio gli uccelli spargono i semi della pianta sia mentre consumano i frutti, sia attraverso le feci, poiché questi semi riescono a oltrepassare l'apparato digerente inalterati. Si pensa che questo tipo di relazione abbia promosso l'evoluzione dell'attività protettrice della capsaicina.
Valori nustrizionali

La caratteristica principale del peperone è il suo elevato contenuto di vitamina C, e contiene anche vitamina A; è decisamente poco calorico, poiché è costituito per oltre il 90% da acqua, e il che lo rende adatto alle diete dimagranti.

Le varietà dolci sono generalmente quelle preferite dai consumatori, per la migliore digeribilità e appetibilità.

Le varietà piccanti sono più ricche di vitamine delle altre, tanto che raggiungono valori 300 volte maggiori di ciascuno degli altri ortaggi coltivati, inoltre hanno un tenore medio di acido ascorbico altissimo, e sono sconsigliate a chi soffre di ulcera o iperacidità gastrica e ai bambini; però, per la presenza di carotenoidi (contro i radicali liberi e l’invecchiamento cellulare) e sali minerali, hanno il pregio di stimolare la vitalità dei tessuti e di attivare il circolo venoso
Cenni Storici

Il peperone ha fatto la sua comparsa sulle tavole europee quando venne importato in Spagna verso la metà del 1500; poi arrivò in Italia, e solo nel 1700 in Ungheria, una delle principali produttrici di paprika, spezia ottenuta da particolari varietà di peperoni, che vengono fatti essiccare, ridotti in polvere e mescolati con farina di frumento.

Il nome latino "capsicum" deriva da capsa= scatola, per la particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi.

Coltivazione

Le moltissime specie di peperone, sono largamente coltivate e diffuse in tutto il mondo (circa 1,26 milioni di ettari), in aree come l' America centro-meridionale, Asia, Africa ed Europa; in Italia invece la coltivazione di questa pianta si sta lentamente riducendo tanto che ultimamente si tende più ad importare che ad esportare, con flussi di prodotti provenienti prevalentemente da Spagna ed Olanda; le regioni italiane maggiormente interessate dalla coltura sono la Sicilia, la

Varietà peperoni

Peperoni rossi/gialli/verdi quadrati

Sono ortaggi grossi, di forma quadrata a quattro lobi.

Il colore dapprima verde,diventa a maturazione rosso, giallo oppure mantiene lo stesso colore a seconda delle sottovarietà di appartenenza.

Possiedono una polpa carnosa e un sapore dolce.

Peperoni rossi/gialli/verdi lunghi

Questi peperoni hanno una forma allungata, La polpa è carnosa e sempre di sapore dolce. Sono questi i peperoni più diffusi.

I peperoni di Senise

Sono peperoni coltivati sulle valli del Sinni e dell'Agri, in Basilicata.

Sono caratterizzati da uno spessore sottile e da un basso contenuto in acqua del pericarpo.

Il trapianto si effettua dopo la seconda decade di maggio mentre La raccolta avviene manualmente a partire dalla prima decade di agosto quando le bacche raggiungono la tipica colorazione rossa.

Può essere consumato fresco o conservato.

Come scegliere

Al momento dell’acquisto i peperoni devono avere il picciolo ben attaccato, teso e turgido devono essere lucidi, sodi al tatto, con la pelle ben tesa e privi di ammaccature; in più ricordate: se sono ben maturi risulteranno dolciastri, se immaturi e verdi saranno piuttosto asprigni ma ugualmente apprezzati.

I peperoncini piccanti si conservano in genere sott'olio. Quelli di Cajenna, dai quali si ricava la paprika, si essiccano al sole e poi si macinano.

Come conservare

I peperoni si possono conservare in frigorifero per 4-5 giorni nel cassetto delle verdure, in alternativa potete conservarli sott’aceto o sott’olio. Se essiccate e macinate dei peperoncini piccanti potete conservarli in vasi di vetro, lontani da luce o fonti di calore.

I 10 peperoncini più piccanti del mondo

Gli uomini che amano il cibo piccante sono pieni di testosterone: non è la boutade del presidente del consorzio della ‘Nduja calabrese, lo afferma uno studio dello scienziato venuto dal regno della cucina snob, il professor Laurent Bègue dell’Università di Grenoble (si chiama Some like it hot A qualcuno piace caldo, solo il titolo vale la lettura).
Lo studio si spinge a sostenere che l’amore per il peperoncino, nei maschi più virili, è la conseguenza della passione per il rischio, dimostrata dalla capsaicina, sostanza che si lega con il recettore del dolore e provoca bruciore, battito accelerato e sudorazione.
In Inghilterra, dove sospinto dalla massiccia immigrazione indiana il cibo piccante è ormai la regola, i quotidiani usano lo studio per dileggiare i francesi, che lo snobbano abbastanza.
Pare che l’abuso di peperoncino aumenti le percentuali di testosterone negli uomini (ma per il momento è stato provato solo sui roditori).
Comunque, chi vuole portarsi avanti col lavoro può insaporire la propria dieta con uno di questi 10 peperoncini, i più piccanti del mondo secondo la scala ufficiale di Scoville (unità di misura è lo shu: Scoville heat units).
10 Byadagi
Coltivato dello stato indiano del Karnataka, da questo peperoncino si estrae un olio venduto negli stati uniti e in Europa come base per lo smalto per le unghie.
La sua forza relativa, 100.000 shu, lo ha reso una delle spezie base nella cucina dell’India del Sud.
9 Bird’s eye
E’ il peperoncino della cucina thailandese, del Kerala, del Vietnam e dello Sri Lanka: arriva fino a 250.000 shu.
8 Habanero
L’Habanero con i suoi 350.000 shu è entrato a far parte del Guinness dei primati nel lontano 1999.
E’ spesso confuso con lo Scotch Bonnet con cui condivide il sapore e la carnosità, ma l’Habanero è rosso e famoso ai più.
7 Scotch Bonnet
Coltivato soprattutto nei Caraibi e in Guyana, ne esistono anche delle varietà dolci.
E’ molto diffuso, anche se non lo sappiamo, in Occidente.
6 Habanero Orange
Arancione, messicano e sottovalutato.
L’Habanero Orange è stato per errore spodestato dalla varietà Red Savina, ma doveva essere lui a detenere il Guinness dei primati fino al 2006.
5 Habanero Red Savina
Il più piccante secondo il Guinness dei primati dal 1999 al 2006. Misura circa 300.000 shu, ma il Chile Pepper Institute ha determinato che quello di attribuirgli una così alta percentuale di capsaicina è stato un errore di calcolo: l’Habanero Orange è più piccante, arriva infatti a 360.000 shu.
4 Bhut Jokolia
Dal 2007 al 2011 è stato il peperoncino più piccante del mondo. E’ conosciuto anche con i simpatici nomignoli di “peperoncino velenoso” e di “peperoncino cobra”.
E’ comunemente usato negli spray anti aggressione, e qualche tempo fa si era pensato di trarne una bomba chimica. Misura poco più di 1 milione di shu.
3 Naga Viper
Per un breve periodo nel 2011 è stato anche lui il peperoncino più piccante del mondo (titolo che evidentemente non si nega a nessuno) con i suoi 1.400.000 shu. E’ però una varietà ibrida, creata in Inghilterra, incapace di riprodursi da sola.
2 Trinidad Moruga Scorpion
Il peperoncino terribile dei Caraibi che misura 2 milioni sulla scala di Scoville è dal 2011 il più piccante ufficialmente.
Oltre al più forte è anche il più grosso, e qui le battute sulla sua mascolinità si potrebbero sprecare.
1 Carolina Reaper
C’è sempre qualcuno più grande.
Avrà pensato questo il T scorpion quando dopo solo un anno di permanenza nel Guinness dei primati, nel 2013 è stato spodestato dal Carolina Reaper, un ibrido nato in South Carolina ad oggi il più piccante conosciuto con i suoi 2.200.000 shu. La sua caratteristica è avere la codina, come uno scorpione.
Scala di Scoville
La scala di Scoville è una scala di misura della piccantezza di un peperoncino. Questi frutti del genere Capsicum contengono alcune sostanze, dettecapsaicinoidi, di cui la più abbondante è la capsaicina, un composto chimico che stimola i recettori del caldo VR1 (recettori per i vanilloidi 1) situati anche sulla lingua e ciò provoca la sensazione di "bruciore".
Il numero di unità di Scoville che indica l'appartenenza alla scala (SHU) (Scoville Heat Units) indica la quantità di capsaicina equivalente contenuta. Molte salse piccanti in uso sia in America del Nord che del Sud indicano la loro piccantezza in unità di Scoville. La scala di Scoville prende il nome dal suo ideatore, Wilbur Scoville che sviluppò il SOT (Scoville Organoleptic Test) nel1912. Questo test originariamente prevedeva che una soluzione dell'estratto del peperoncino venisse diluita in acqua e zucchero finché il "bruciore" non fosse più percettibile ad un insieme di assaggiatori (generalmente 5); il grado di diluizione, posto pari a 16.000.000 per la capsaicina pura, dava il valore di piccantezza in unità di Scoville. Il valore 16.000.000 per la capsaicina fu posto arbitrariamente da Scoville.
Quindi un peperone dolce, che non contiene capsaicina, ha un valore zero sulla scala Scoville, a significare che l'estratto di peperone non è piccante anche se non diluito. Al contrario uno dei peperoncini più piccanti, l'Habanero, fa misurare un valore superiore a 300.000 sulla scala Scoville: posto 16.000.000 la capsaicina pura, significa che l'estratto di Habanero ha un contenuto di capsaicina equivalente di in peso.
Il record, registrato nel Guinness dei primati nel dicembre del 2013, appartiene al Carolina Reaper con 2.200.000 SHU. Precedentemente apparteneva allo Scorpione di Trinidad, e ancora prima al Naga Viper con 1.382.118 SHU. Come sempre, va ricordato che essendo prodotti naturali e non industriali, non tutti i peperoncini hanno lo stesso valore: è semplicemente il massimo valore registrato e ufficialmente riconosciuto.
Sedici unità di Scoville sono equivalenti a una parte di capsaicina per milione, ma il suo grande limite è che pur basandosi su una scala oggettiva, la rilevazione dipende dalla soggettività umana. Successivamente sono stati sviluppati altri tipi di test, molto più sofisticati, come il test HPLC (High performance liquid chromatographynoto anche come "Metodo Gillett") che misura direttamente la quantità di capsaicinoidi invece che affidarsi alla sensibilità dell'uomo. La capsaicina pura è una sostanza tossica e la sua assunzione in grandi quantità può avere effetti letali.
Classifica della piccantezza di alcuni peperoncini sulla scala Scoville
 I valori sulla scala Scoville possono variare sensibilmente per almeno tre ragioni:
·        Variano all'interno della stessa specie, anche di un fattore 10 o più, a seconda della semenza, del clima e del suolo.
·        Le vere "Unità di Scoville" erano il risultato di un test organolettico, che dipende dalla sensibilità umana e varia anche di ± 50%.
·        Il test HPLC non misura direttamente le unità di Scoville, ma le "unità di piccantezza ASTA". Queste sono poi convertite in unità Scoville, ma dato che la piccantezza assoluta dei capsaicinoidi ha un errore di circa il 20%, anche la conversione ne risente. L'HPLC stesso ha un errore di circa il 12%.



Scala di Scoville (unità di misura in Scoville Heat Units - SHU)
16.000.000.000
Resiniferatossina
5.300.000.000
Tinyatossina
15.000.000 - 16.000.000
Diidrocapsaicina, Capsaicina pura
8.800.000 - 9.100.000
Nordiidrocapsaicina
6.000.000 - 8.600.000
Omodiidrocapsaicina, Omocapsaicina
2.500.000 - 5.300.000
Spray al peperoncino in uso alla polizia
2.483.584 - 2.723.058
Dragon's Breath
2.000.000 - 2.200.000
Carolina Reaper
1.067.286 - 2.000.231
Trinidad Scorpion Moruga, Trinidad Scorpion Butch Taylor, Naga Viper, Infinity Chili, Komodo Dragon Chili, Spray al peperoncino di uso comune
855.000 - 1.041.427
Naga Morich, Naga Dorset, Seven Pod (o Seven Pots)
876.000 - 970.000
Bhut Jolokia (noto anche come Ghost Chili), Naga Jolokia (Ibrido)
350.000 - 855.000
Habanero Red Savina, Indian Tezpur
100.000 - 350.000
Habanero, Jamaican Hot, Bird's Eye (o "Piripiri", "Pilipili", "African Devil")
50.000 - 100.000
Scotch Bonnet, Santaka, Chiltecpin, Rocoto, Thai Pepper (o Thai Dragon),
30.000 - 50.000
Ají, Cayenne, Tabasco, Piquin
15.000 - 30.000
Chile de Arbol, Calabrese, Manzano
5.000 - 15.000
Peter Pepper, Serrano, Jalapeño
2.500 - 5.000
Mirasol, Chipotle, Poblano
1.500 - 2.500
Sandia, Cascabel, NuMex Big Jim, NuMex Suave
1.000 - 1.500
Ancho, Anaheim, Pasilla Bajio, Española
100 - 1.000
Mexican Bell, Cherry, New Mexico Pepper, Peperone, Paprica
0 - 100
Peperone dolce, Pimento (Pimenta dioica), Paprica dolce
Caratteristiche nutrizionali degli ortaggi da frutto
Quando si leggono le caratteristiche nutrizionali di prodotti vegetali crudi bisogna sempre tenere conto della grandissima quantità di acqua che contengono, e gli ortaggi a frutto non sono da meno. Questo significa che se in cottura la perdita d’acqua è importante, per gli ortaggi che si cuociono, in proporzione le altre sostanze nutritive cresceranno, e questo porta a differenze importanti dal punto di vista alimentare.
Nella tabella seguente vengono considerate le sostanze nutritive principali di ogni singolo alimento; tutti gli ortaggi erano crudi nel momento in cui sono stati analizzati (nonostante qualcuno, come le melanzane, non sia commestibile crudo).
Inoltre, tutti i valori sono da intendersi per 100 grammi di prodotto, buccia compresa (tranne nel caso della zucca).


Zucchina
Zucca
Cetriolo
Pomodoro(maturo)
Melanzana
Peperone (giallo e rosso)
Acqua
93,6
94,6
96,5
94
92,7
91,5
Proteine
1,3
1,1
0,7
1
1,1
0,9
Lipidi
0,1
0,1
0,5
0,2
0,4
0,3
Carboidrati
1,4
3,5
1,8
3,5
2,6
6,7
Fibra
1,2
0,5
0,8
2
2,6
2
Energia (Kcal)
11
18
14
19
18
31
Sodio (mg)
22
1
13
6
26
2
Potassio (mg)
264
340
140
297
184
210
Ferro (mg)
0,5
0,9
0,3
0,3
0,3
0,7
Calcio (mg)
21
20
16
9
14
17
Vitamina A(ug)
6
599
Tracce
610
Tracce
424
Vitamina C(mg)
11
9
11
25
11
166
Acqua
Il componente principale di tutti gli ortaggi a frutto è l’acqua che protegge e nutre il seme; l’acqua è un nutriente essenziale ed è facilissimo da recuperare, per la pianta, che lo assorbe dall’aria e dalla terra. Tutti gli ortaggi superano il 90% di contenuto in acqua, e anche se qualcuno è più “solido”, come i peperoni (cosa che aumenta se, come nel caso dei peperoncini, vengono essiccati) e qualcuno meno, come il cetriolo (che è essenzialmente solo acqua) la situazione è sempre molto simile; tutti gli ortaggi da frutto dissetano, e nessuno è particolarmente ricco in macronutrienti, a differenza di altri ortaggi. 
I lipidi nelle piante hanno solamente una funzione strutturale, a differenza degli animali in cui costituiscono un nutriente di riserva. Per questo motivo sono pochissimo rappresentati nei vegetali (in questi vegetali, mentre in altre come le olive sono molto rappresentati), e per quel poco che lo sono lo sono nel seme, dove ci sono acidi grassi essenziali che consentiranno il futuro sviluppo della pianta che germoglia.
Anche se questi nutrienti sono essenziali, c’è però da dire che sono così pochi all’interno degli ortaggi che certo non si possono mangiare per ottenere la quota lipidica di cui ha bisogno l’organismo. Questo si nota anche nelle calorie contenute negli ortaggi, che sono sempre bassissime.
Questo, però, ha un rovescio positivo: questi alimenti non fanno ingrassare, e possono essere consumati a volontà. Sempre, ovviamente, facendo attenzione ai condimenti: se l’ortaggio poco grasso viene mangiato con molto olio, questa qualità nutrizionale inevitabilmente si perde.
Le proteine sono molto presenti negli alimenti in quanto necessarie al movimento; non a caso si trovano soprattutto nei muscoli. Nei vegetali (a parte il caso particolare dei legumi, per una particolarità delle loro radici) non hanno questa funzione e, quindi, non hanno senso di essere presenti in abbondanza perché questo rappresenterebbe un dispendio energetico per la pianta, che le sostituisce per funzione strutturale con la fibra. È per questo che le proteine negli ortaggi a frutto sono sempre pochissime, e non si scostano molto dall’1%. Non solo: oltre ad essere poche sono anche di bassa qualità, per cui del grammo (circa) che ne assumiamo mangiando 100 grammi di ortaggio, ne assorbiamo circa 0,2 grammi. Gli ortaggi a frutto non sono dunque l’alimento più indicato per chi si trova in carenza proteica.
Neanche i carboidrati sono particolarmente rappresentati negli ortaggi a frutto, anche se sono più presenti rispetto ad altre componenti. Vengono prodotti direttamente dalla pianta tramite il processo di fotosintesi clorofilliana, e ovviamente vengono inseriti nel frutto soprattutto per renderlo dolce e appetibile in funzione del trasporto dei semi lontano dalla pianta madre. In ogni caso, seppur presenti, gli ortaggi da frutto non contengono un quantitativo di carboidrati tale da costituire nutrimento e sostentamento per una persona, motivo per cui per i fabbisogni energetici bisogna affidarsi, se non ad alimenti animali, almeno ad alcuni vegetali che ne contengono molti di più, come i cereali.
La fibra negli ortaggi da frutto è presente, anche se non è particolarmente rappresentata rispetto ad altri vegetali come gli ortaggi da foglia. Questo perché nelle piante le fibre hanno una funzione strutturale, cioè sorreggono la pianta e la rendono rigida, per cui sono molto più presenti nei fusti e nelle foglie che, però, negli ortaggi da frutto non si consumano. La percentuale di fibra va in relazione alla quantità e allo spessore della buccia, perché è contenuta proprio lì: le solanacee hanno una buccia più spessa, per cui un quantitativo maggiore di fibra, mentre cetrioli e zucchine ce l’hanno molto sottile, infatti non si riescono a sbucciare senza togliere parte della polpa. La zucca ha meno fibra di tutti gli altri perché presa in considerazione priva della buccia.
La composizione in minerali delle singole piante varia da pianta a pianta, in base a quelli che riesce ad assorbire. Nel frutto, ricco di liquido intracellulare ma con pochi vasi di trasmissione della linfa, il potassio è sempre molto più presente rispetto al sodio, che invece è in quantità molto bassa, a differenza da quanto accade con altri tipi di vegetali. Discorso molto simile per il calcio, che si accumula principalmente in fusto e foglie e poco nei frutti, mentre il ferro non solo è pochissimo rappresentato ma anche difficile da assimilare, essendo presente nella forma non digeribile, a differenza del ferro presente nella carne. Per quanto riguarda i minerali, quindi, gli ortaggi a frutto non sono i migliori come fonte, anche se altri vegetali naturalmente lo sono.
Per quanto riguarda invece le vitamine, queste sono ben presenti negli ortaggi a frutto. In particolare è molto ben rappresentata la vitamina C, che viene prodotta proprio dai frutti delle piante (quindi si trova, oltre che in questi ortaggi, nella frutta); particolarmente ricco di questa vitamina è il peperone. Per la vitamina A, o retinolo, ne sono ricchi gli ortaggi che si mangiano quando maturi: pomodoro, peperoni e zucca sono quindi ottimi alimenti in cui cercare questo nutriente, mentre per quanto riguarda gli ortaggi ancora immaturi i quantitativi sono molto inferiori.



La noce moscata (Myristica fragrans Houtt) è il seme di un albero della famiglia Myristicaceae originario delle isole Molucche (Indonesia) ed oggi coltivato nelle zone intertropicali. Se ne ricavano due spezie:
- il seme decorticato è la noce moscata
- la parte esterna che ricopre il seme fornisce il macis.
Il nome noce moscata significa "noce di Mascate" e fa riferimento alla capitale dell'Oman, luogo dal quale cominciò ad essere commercializzata.

Il tebel è una miscela di spezie molto utilizzata nella cucina araba, soprattutto tunisina. La miscela è realizzata da: aglio secco, peperoncino secco, , e carvi (spezia simile al cumino). Un tipico utilizzo del tebel è nell’aromatizzazione del couscous tunisino.
 12 CONSERVE (2^ Edizione)

 

Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.

CORREDO DA CUCINA (2^ Edizione)

  

Corredo da cucina.In queste 180 pagine ho raccolto oltre 200 schede di prodotti e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Cosa è indispensabile per cucinare? Una scelta ragionata delle attrezzature e delle modalità d'uso per preparare e servire ottimi pasti. Non limitiamoci a ciò a cui siamo abituati. Se stimoliamo al meglio la nostra casalinga (o il nostro casalingo) lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER
“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini.
Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine.
Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra.
Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).



venerdì 4 novembre 2022

BIRRE 94: CARDINAL


Cardinal è un birrificio situato a Friburgo in Svizzera fondata nel 1788 da François Piller. 1788 - François Piller lancia la costruzione dell'industria della birra accanto alla Locanda del Salmone a Friburgo. 1802 - Trasloco dell'industria della birra nella zona di Neuveville a Friburgo. 1877 - Paul-Alcide Blancpain, acquisisce l'industria della birra ed inizia la produzione industriale. 1890 - Festa per la prima mescolanza della birra in occasione della nomina di un cardinale da parte del Papa. Dinanzi al successo incontrato, Paul Blancpain decide di dare il nome Cardinal alla sua industria della birra. 1904 - I locali nella vecchia città diventano troppo piccoli per fare fronte all'aumento della produzione. L'industria della birra trasloca nuovamente alla sua posizione attuale. 1970 - Avviene la fusione di Sibra Holding con le industrie della birra Beauregard a Friburgo, Salmen a Rheinfelden, Comète a La Chaux-de-Fonds, e la distilleria Wädenswill Weber AG.
1972 - Il nome della birra nazionale viene giocato a jass (si pronuncia yass, è un gioco di carte praticato in Svizzera), Cardinal vince la partita.
1996 - Il 29 ottobre, la Feldschlösschen-Hürliman Holding, allora proprietario di Sibra Holding, annuncia la chiusura dell'industria della birra di Friburgo. Un'importante mobilitazione cittadina si opporrà fermamente.
1998 - Firma di un accordo sul mantenimento delle attività dell'industria della birra tra Feldschlösschen-Hürliman Holding e le autorità cantonali.
2006 - Lancio della Cardinale Eve, una birra a base di luppoli e a tasso ridotto d'alcool (3,1%), riservata alle donne.
2007 - Lancio della Cardinal Eve Grapefruit.
2008 - Lancio della Cardinal Eve Passion Fruit.
Marche prodotte
Cardinal Lager Classique (4,8% vol)
Cardinal Spéciale (5,2% vol)
Cardinal Original Draft (4,7% vol)
Cardinal Lemon (4,6% vol)
Cardinal 2.4 (2,4% vol)
Cardinal Sans Alcool (<0,5% vol)
Cardinal EVE (3,1% vol)
Cardinal Angel (<0,5% vol)

20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.



NOCCIOLA ROMANA

La produzione della DOP “Nocciola Romana” interessa alcuni comuni di Viterbo e Roma, dove fin dal 1412 questa coltura è stata oggetto di un paziente e tenace lavoro da parte dei coltivatori, che nel corso dei secoli hanno svolto un ruolo importante nel creare un prodotto dalle elevate caratteristiche qualitative.
Attualmente circa 4500 aziende producono tra i 400 e i 450 mila quintali all’anno di nocciole, con un fatturato di 42 milioni di euro.
La «Nocciola Romana» designa i frutti riferibili alla specie Corylus avellana cultivar «Tonda Gentile Romana», «Nocchione» e loro eventuali selezioni che siano presente almeno per il 90 % nell'azienda. Sono ammesse le cultivar «Tonda di Giffoni» e della «Barrettona» nella misura massima del 10 %.
Tessitura compatta e croccante, senza vuoti interni, con sapore e aroma finissimo e persistente: sono queste alcune peculiarità della DOP, a cui sono legate numerose sagre paesane e molteplici ricette tipiche, a dimostrazione dell’importanza che questa coltura riveste nell’economia locale: nella zona delimitata della DOP si è infatti concentrato uno dei principali poli di produzione e commercializzazione italiana di nocciole.
Tonda Gentile Romana: forma della nocciola in guscio: subsferoidale con apice leggermente a punta;
dimensioni con calibri variabili da 14 a 25 mm; guscio di medio spessore, di color nocciola, di scarsa lucentezza, con tomentosità diffuse all'apice e numerose striature evidenti; seme medio-piccolo, di forma variabile subsferoidale, di colore simile a quello del guscio, per lo più ricoperto di fibre, superficie corrugata e solcature più o meno evidenti, dimensioni più disformi rispetto alla nocciola in guscio; perisperma di medio spessore non completamente distaccabile alla tostatura; tessitura compatta e croccante; sapore ed aroma finissimo e persistente.
Nocchione: forma della nocciola in guscio: sferoidale, subelissoidale; dimensioni comprese tra 14 e 25 mm; guscio spesso: di colore nocciola chiaro, striato, poco pubescente; seme: medio-piccolo, con fibre presenti in misura medio-elevata; perisperma: mediamente staccabile alla torrefazione; sapore ed aroma: finissimo e persistente. In entrambi i casi la resa alla sgusciatura è compresa tra il 28 e il 50 %.
Le nocciole devono essere esenti da odore e sapore di olio rancido, di muffa e di erbaceo. Alla masticazione si devono presentare croccanti, ossia devono fratturarsi al primo morso senza cedevolezza, e devono avere tessitura compatta, senza vuoti interni. Queste caratteristiche devono essere possedute anche dalle nocciole conservate.

9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


giovedì 3 novembre 2022

PESCA BIVONA

La Pesca di Bivona, nota anche come Pescabivona o Montagnola, è una particolare varietà della specie Prunus persica prodotta a Bivona, comune italiano della provincia di Agrigento in Sicilia, e in altri comuni limitrofi della zona dei Monti Sicani.
Il clima temperato e il terreno, permeabile e argilloso nelle zone basse del territorio, calcareo in quelle alte, ha favorito lo sviluppo e la propagazione a Bivona del pesco, che a partire dagli anni cinquanta si è diffuso dalla contrada San Matteo fino a comprendere circa 1.200 ettari di terreno e a costituire circa il 70% della produzione agricola locale. Un volano per la peschicoltura a Bivona – che oggi è nota come "Città delle pesche" – è la disponibilità di acqua a uso irriguo dovuta alla creazione dell'invaso della diga Castello e alle opere di canalizzazione realizzate.
La pesca di Bivona è chiamata anche Montagnola, perché prodotta in un'area collinare e montana, o Pescabivona. La varietà è di media pezzatura, con polpa bianca e soda, non di rado solcata da venature rosee tendenti al rosso. Il sapore è dolce e aromatico, il profumo si distingue da quello della maggior parte delle pesche prodotte nel resto di Sicilia e d'Italia. Il periodo di maturazione va dalla fine di giugno alla terza decade di settembre. A seconda del periodo, si possono distinguere quattro ecotipi di Pescabivona: la Primizia o Murtiddara, la Bianca, l'Agostina e la Settembrina. Ogni pianta produce dal terzo anno di vita in poi più di quaranta chili di frutto. La pesca è prodotta anche nei territori di Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Cianciana, San Biagio Platani e Palazzo Adriano e il comune di Bivona ha avviato l'iter per l'ottenimento del marchio IGP. Il marchio IGP è stato ottenuto nel 2014.

9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.






VINI 161: MUFFATO DELLA SALA


Questo è un vino bianco dolce molto particolare prodotto in Umbria da Castello della Sala di proprietà Antinori con uve Savignon Blanc, Grechetto, Traminer e Riesling raccolte tra fine Ottobre e Novembre.
Questa raccolta ritardata permette ai grappoli di essere attaccati da una “muffa Nobile” (Botrytis Cinerea) che riduce il contenuto di acqua e concentra zuccheri e aromi, conferendo al vino un gusto armonico e inconfondibile.
L’occasione dell’assaggio è stata la visita della mia amica Laura per gli Auguri di Natale e devo dire che si è immediatamente innamorata di… questo vino (purtroppo lei è già impegnata) ma l’apoteosi è stata raggiunta in seguito con l’abbinamento ai mitici tortellini dolci della mia mamma.
Visto che si tratta di un vino non giovanissimo, ho deciso di stapparlo un paio di ore prima e tenerlo ad una temperatura di 12 – 14°C poi l’ho versato in calici non troppo ampi per non far disperdere troppo i magnifici profumi.
Nel bicchiere si presenta di un bellissimo colore giallo dorato cristallino e appena versato rilascia solo leggeri profumi di fiori (meno male che l’ho stappato prima), ma col passare dei minuti si sviluppano sentori dolci di miele, frutta candita, pesca e quel sottofondo di muffa.
In bocca è ancora meglio con sensazioni dolci molto pronunciate ma non stucchevoli, grande equilibrio e finale lunghissimo.

15 VINO (2^ Edizione)
Vino. In queste 250 pagine ho raccolto oltre 220 schede di criteri di vinificazione, abbinamento e prodotti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Sin dall'antichità i frutti della vite sono diventati vino. Da allora migliaia di vitigni hanno avuto vita e decine di migliaia di vini sono stati creati. Per il nostro piacere. Impariamo insieme a conoscerne i principali, a degustarli, a scegliere quelli che sono i nostri vini di elezione. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro vinai di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BIRRE 93: BAVARIA


Bavaria è una birreria olandese gestita dalla settima generazione dalla famiglia Swinkels.
Nel 1680 la birra Bavaria veniva prodotta nei Paesi Bassi da un birraio chiamato Dirck Franssen Vereijcken. In seguito, nel 1764, il birrificio divenne di proprietà della famiglia Swinkels. Ed è nel 1924 che Jan Swinkels costruì una nuova birreria, dove per la prima volta venne prodotta la pilsener. I tre figli di Jan seguirono le sue orme e incominciarono a viaggiare all’estero per apprendere una conoscenza più approfondita dell'arte di birraio. La produzione annua aumentò dai 18 barili all’anno a 12.000 hl. Per controllare la qualità degli ingredienti, nel 1937 venne avviata la costruzione della propria malteria.
Nel 1978 la birra Bavaria di malto analcolica veniva venduta nei paesi musulmani di tutto il Medio Oriente. Da questo momento in poi l’esportazione di Bavaria, che oggi vanta una produzione annua di oltre 6 milioni di ettolitri, è diventata sempre più importante ed oggi oltre il 70% della birra prodotta viene esportata in tutto il mondo.
La Bavaria, gestita dalla settima generazione degli Swinkels, è la seconda birreria olandese con oltre 800 dipendenti. Lo stabilimento di produzione è situato a Lieshout, nel sud dei Paesi Bassi, dove vengono prodotti 6,2 milioni di ettolitri di birra. Mentre nello stabilimento di Meb (Moscow Efes Brewery) a Mosca, Bavaria produce su licenza sotto il controllo diretto di propri tecnici olandesi e con malto proveniente dalle proprie malterie. È inoltre presente uno stabilimento di produzione in Sud Africa. L'azienda è proprietaria dell'unica birreria trappista olandese situata a Berkel – Enschot. In Europa conta quattro sedi di carattere commerciale: Italia, Francia, Spagna e Regno Unito.
I mercati più importanti sono l'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Canada, la Russia, il Medio Oriente, l'America Centrale e il Sudamerica.
Ingredienti
Alla base della qualità della birra Bavaria vi è una severa selezione degli ingredienti: luppolo, malto e lievito vengono acquistati, lavorati o prodotti dall'azienda, mentre l'acqua utilizzata proviene da una sorgente di acqua minerale di Lieshout.
Portfolio Prodotti distribuiti in Italia
4.1 - Bavaria Classica: è una birra lager (tasso alcolico del 4,8%), prodotta in bottiglie da 25cl, 33cl, 66cl e lattina da 33cl.
4.2 - Bavaria Premium: è una birra pilsener di buon corpo (5% gradazione alcolica) adatta a diverse occasioni di consumo, come ricco aperitivo o primi piatti mediamente strutturati, di colore chiaro (EBC: 7) che va servita fredda a 6 °C, prodotta in bottiglie da 25cl, 33cl, 66cl, lattine da 33cl, 50cl e fusto da 30lt[1].
4.3 - 8.6 Original: una birra speciale da meditazione ad alta gradazione (Strong Lager 7,9%) di colore dorato (EBC: 15) che va servita fredda a 6-8 °C, prodotta in lattina 50cl e in bottiglie da 33 cl[2].
4.4 - 8.6 Red: è una birra speciale ad alta gradazione (Strong Lager 7,9%) di colore rosso brillante (EBC: 40) che va servita fredda a 10 °C, nata dal mix di tre differenti tipi di malto, prodotta in lattina 50cl[3].
4.5 - 8.6 Gold: è una birra speciale a medio/alta gradazione (Strong Pale Lager 6,5%), di colore dorato (EBC: 18) che va servita fredda a 6-8 °C, prodotta in lattina 50cl[4].
4.6 - Bavaria 0,0%: è la birra pilsener analcolica di Bavaria e nasce da un processo di produzione in cui l'alcol non si sviluppa all’interno del processo produttivo. Di colore chiaro (EBC: 6-9), va servita fredda a 6 °C. È stata la prima analcolica ad essere lanciata in Italia già nel 1991, prodotta in bottiglia da 33cl e lattina da 33cl.

20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.






mercoledì 2 novembre 2022

BIRRE 92: BRASSERIE DE BRETAGNE


La Brasserie de Bretagne è un birrificio (in passato industria della birra Britt), situato a Trégunc nel dipartimento della Finistère. È membro dell'associazione Produit en Bretagne (prodotto in Bretagna). Nel 2002, riacquista la brasserie Dremmwell.
Nel marzo 2007, la Brasserie de Bretagne ha ricevuto il premio d'eccellenza al Concours général agricole di Parigi. È la prima volta dalla creazione del concorso che un'industria della birra ottiene questa premiazione.
L'azienda comincia con una creazione incompiuta nel 1998, con alcuni successi ma anche molte difficoltà (tecniche, finanziarie e commerciali...). Hervé e Jean-François la riacquistano nell'ottobre del 2000. All'alba del nuovo millennio, Hervé e Jean-François si lanciano dunque alla conquista dei bar, dei pubs e dei fest-noz. L'entrata nel 2000 nell'associazione « Produit en Bretagne» (prodotto in Bretagna), dimostra rapidamente i vantaggi del lavoro e dal 2001 nasce la BièresZH, una società di distribuzione, creata con 6 altri fabbricanti di birra bretone. Nel 2003, l'industria della birra diventa membro del Groupement Européen d’Intérêt Economique GBS (Gruppo europeo economico), alto quotato di Chimay, Duvel, Chti, Tuborg. Nel 2004 aderisce alla Brasseurs de France, sindacato che raccoglie oggi il 99% della produzione francese di birre (in volume, include anche i fabbricanti di birra industriali).
Marche prodotte
Ar-Men Ambreè, è una birra ad alta fermentazione, ed il suo aroma delicatamente arrostito, senza acidità né amarezza permette un'associazione armoniosa, con il 5,4% di alcool (vol.).
Ar-Men Blonde, è una birra ad alta fermentazione, leggera ed equilibrata deve la sua scorrevolezza in bocca alla sua composizione armoniosa in malto d'orzo, grano saraceno bretone e luppolo aromatico, con il 5% di alcool (vol.).
Ar-Men Doreè, è una birra ad alta fermentazione,con una degustazione che attinge la sua forza ed il suo colore nel miscuglio dei malti chiari, il suo aroma nel matrimonio dei luppoli più nobili. Nello stile delle abbazie più famose belghe di birra trappista, con il 7% di alcool (vol.).
Ar-Men Rousse, è una birra ad alta fermentazione, ed il metodo di mescolanza e la filtrazione permette di liberare tutti i sapori complessi del whisky di malto, in particolare il suo gusto è apprezzato da tutti gli esperti, con il 6% di alcool (vol.).
Ar-Men Blanche, è una birra delicatamente aromatizzata in spezie, coriandre e pelli d'arancia, questa birra rinfrescante e poco alcolizzata ed è la birra dell'estate per eccellenza, con il 4,8% di alcool (vol.).
Britt Blanche, è una birra ad alta fermentazione, prodotta a partire da malti di grano e d'orzo, con il 4,8% di alcool (vol.).
Britt Blonde, è una birra chiara (Melen in bretone) e non pastorizzata. Si produce a partire dal malto d'orzo e di luppoli aromatici. Il grano saraceno gli procura una caratteristica morbida, con il 5% di alcool (vol.).
Britt Rousse, è una birra prodotta con malto d'orzo torbido (whisky di malto). Gli conferisce note caratteristiche. È una birra non pastorizzata e di doppia fermentazione, con il 5,4% di alcool (vol.).
Dremmwel Doreè, è una birra che attinge la sua forza ed il suo colore nel miscuglio dei malti chiari ed il suo aroma nel matrimonio dei luppoli più nobili, con il 7% di alcool (vol.).
Dremmwel Blonde, è una birra leggera e digestiva, prodotta con malti d'orzo e di grano, profumata da luppoli aromatici, leggermente aromatizzati. Né troppo forte, né troppo di carattere, questa birra equilibrata corrisponde ad un buon compromesso, con il 5% di alcool (vol.).
Dremmwel Rousse, è una birra tipo anglosassone senza troppa amarezza, deve la sua morbidezza ed il suo colore ai diversi tipi di malti utilizzati e particolarmente al malto detto caramella, con il 6% di alcool (vol.).
Sant Erwann Blonde, è una birra chiara ai sette cereali: orzo, grano, grano saraceno bio, avena bio, segale bio, farro bio, miglio bio, con il 7% di alcool (vol.).
Sant Patern Ambreè, è una birra ambrata dai malti caramella, aromatizzata da una punta di badiane e chiodo di garofano con forte amarezza, ha il 6% di alcool (vol.).
Sant Gwenole Blonde, è una birra chiara, dolce con un profumo al luppolo aromatico, ed al malto di caramella ed alle alghe, con il 6% di alcool (vol.).
Cidre Tarvan, sidro grezzo d'aspetto limpido e di colore giallo d'arancia. Odore netto e franco su aromi al gusto di frutta con note di fermentazione. Molto buona equilibrio tra la sua acidità e la sua amarezza leggera, venduta solo in barili da 20 lt.
Gwiniz Du Ambreè, grano-nero in bretone. È una birra con il suo aroma delicatamente arrostito, senza acidità né amarezza accurata, permette un'associazione armoniosa, con il 5,4% di alcool (vol.).
Premi per i prodotti
La Fourquet d'or (Forchetta d'oro) nel 1999, miglior birra artigianale francese
La Ar-Men Blonde, ha ricevuto la medaglia d'oro al Concours général agricole di Parigi nel 2003 e la medaglia d'argento nel 2005.
La Ar-Men Rousse, ha ricevuto la medaglia d'argento nel 2007.
La Gwiniz Du ha ricevuto la medaglia d'argento nel 2003 e la medaglia d'oro nel 2006.
La Dremmwell Rousse, ha ricevuto la medaglia d'argento nel 2007.
La Dremmwell Blonde, ha ricevuto la medaglia d'argento nel 2000 nella Categoria numero 37, Belgian-Style Pale Ale con 4 partecipanti.
La Dremmwell Blonde, ha ricevuto la medaglia di bronzo nel 2002, nella Categoria numero 37 Belgian-Style Pale Ale con 6 partecipanti.
La Sant Erwann, ha ricevuto la medaglia di bronzo alla World beer cup di San Diego (USA) nel 2004


20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.



LIMONE SIRACUSA


Il limone di Siracusa IGP è il frutto appartenente alla cultivar femminello siracusano e ai suoi cloni, riferibili alla specie botanica Citrus x limon L. Burm. Il femminello siracusano è la cultivar più rappresentativa d'Italia e produce tre fioriture: il primofiore (da ottobre a marzo), il bianchetto (da aprile a giugno) e il verdello (da luglio a settembre).
La pianta del limone ha origini in Birmania, dove si trova allo stato selvatico: da qui ha attraversato il Medio Oriente, la Mesopotamia, la Palestina, fino al Mediterraneo, dove ha trovato le condizioni ottimali per il suo sviluppo. L'habitat naturale del limone risiede nella fascia compresa tra il 40º parallelo a nord e il 40º parallelo a sud: questa fascia include la California, l'Uruguay, l'Argentina, il Sud Africa e il bacino del Mediterraneo, in particolare l'Italia, la Spagna, la Grecia e la Turchia. Nel Cinquecento e nel Seicento, durante il regime monopolistico baronale delle coltivazioni di agrumi, l'utilizzo dei limoni continuò a rimanere confinato nella preparazione di cibi di lusso.
Iniziò a essere coltivato in maniera intensiva nel siracusano a partire dal XVII secolo, grazie all'opera dei Padri Gesuiti, esperti coltivatori. Il limone divenne allora una delle principali fonti di sostentamento del territorio, raggiungendo nel 1891 una produzione di circa 11.600 tonnellate. Il successo di questa coltivazione provocò la nascita, in Sicilia, di diverse aziende agrumarie, che estraevano l'agro-cotto, il citrato di calcio e l'acido citrico dal succo. Negli stessi anni il limone di Siracusa conobbe una notevole fortuna sui mercati esteri, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, come confermano i dati della Camera di Commercio e Arti di Siracusadelle seconda metà dell'Ottocento. I dati riguardanti i movimenti del Porto di Siracusa dei primi del Novecento indicano, quali principali destinazioni estere di limoni, arance amare e dolci, agro di limone concentrato e citrato di calce, i porti di Trieste, Londra, Fiume, Liverpool, Glasgow, Manchester, Malta e Odessa.
A dispetto dei fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione verificatisi a partire dal secondo dopoguerra, la coltura del limone è stata tutt'altro che abbandonata dal territorio siracusano, e rappresenta ancora oggi una importantissima realtà economica: Siracusa è considerata, in termini qualitativi e quantitativi, un punto di riferimento per il prodotto fresco sia sul mercato italiano sia sui mercati europei. Il 3 febbraio 2011 la denominazione “limone di Siracusa” è stata iscritta nel registro delle Indicazioni Geografiche Protette (IGP) – Regolamento (CE) n. 96/2011.
Caratteristiche del frutto
Il limone di Siracusa IGP è caratterizzato da un elevato contenuto in succo e dalla ricchezza di ghiandole oleifere nella buccia, oltre che per l'alta qualità degli oli essenziali. La varietà siracusana di limone è denominata femminello per via della notevole fertilità della pianta, rifiorente tutto l'anno: il primofiore matura da ottobre a marzo, ha forma ellittica, buccia e polpa di colore variabile dal verde chiaro al giallo-citrino, e succo giallo citrino; il bianchetto matura da aprile a giugno, si presenta ellittico-ovoidale, con buccia giallo chiaro, polpa gialla e succo giallo-citrino; il verdello matura fra luglio e settembre, ha forma ellittico-sferoidale e colore della buccia verde chiaro, mentre succo e polpa sono giallo-citrino.
Il sesto d'impianto deve avere una densità massima di 400-500 piante per ettaro o di 850 unità nel caso di sesti dinamici. Gli impianti possono essere condotti con metodo convenzionale, integrato oppure biologico. Tutte le operazioni colturali vanno eseguite in modo tale che si mantenga il giusto equilibrio e sviluppo della pianta, che deve sempre essere soggetta a una corretta aerazione ed esposizione al sole. La raccolta dei frutti è manuale ed è effettuata, direttamente dalla pianta, con l'ausilio di forbicine per il taglio del peduncolo.
Grazie alle sue caratteristiche qualitative, il limone di Siracusa è utilizzato anche in ambiti diversi dalla commercializzazione del frutto fresco; essi riguardano, in particolare, i settori alimentare, medico-scientifico, cosmetico e profumiero, che si approvvigionano di succhi e oli essenziali attraverso le aziende di trasformazione.
Capacità di produzione
L'attuale bacino di consumo del limone di Siracusa è prevalentemente rappresentato dal mercato italiano della Grande distribuzione organizzata, in particolare del nord Italia; l'export intra-UE è diretto ai mercati di Germania, Austria, Francia, Regno Unito, Danimarca; il principale mercato extra-UE è la Norvegia. Nel corso della campagna 2010/2011 sono entrati nei centri di confezionamento 13.157,26 quintali di limone di Siracusa e sono stati certificati come IGP 6.284,20 quintali. Il prodotto è immesso in commercio come "Limone di Siracusa IGP": può essere commercializzato sfuso oppure confezionato in idonei contenitori di cartone, legno, plastica oppure in reti e borse con banda plastica attaccata alla rete. Le categorie commerciali sono esclusivamente la Extra e la Prima.
Impieghi del prodotto
Il succo e la buccia del limone di Siracusa sono riconosciuti come pregiati e richiesti da aziende leader nel settore alimentare, come Polenghi e le gelaterie Grom. Gli oli essenziali sono molto richiesti nel mondo della cosmesi e dalle più importanti case profumiere del mondo, da Chanel a Dior, da Hermes a Dolce&Gabbana.
In campo medico, il limone di Siracusa è protagonista di uno studio clinico che intende dimostrare l'efficacia del succo di limone nella prevenzione della calcolosi renale nei soggetti predisposti alle forme recidivanti. Tradizionalmente, il citrato di potassio risulta essere l’unico farmaco in grado di ridurre la formazione dei calcoli renali, impedendo la precipitazione dei cristalli di ossalato di calcio, responsabili della formazione dei calcoli. Tuttavia, questo farmaco crea vari disturbi al paziente, e lo portano progressivamente ad abbandonare la cura. Il succo di tre o quattro limoni può fornire una quantità giornaliera di citrato paragonabile a quella che si ottiene con la somministrazione del farmaco, con il vantaggio di evitare gli effetti indesiderati di quest'ultimo. Lo studio, attualmente in corso presso l’unità di nefrologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, è frutto di una collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" e il Consorzio di tutela del limone di Siracusa.
Curiosità e folclore
La città di Siracusa celebra ogni anno, il 13 dicembre, la festività patronale di Santa Lucia con una lunga processione da Piazza del Duomo in Ortigia alla Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro. Otto giorni dopo, il 20 dicembre, la processione compie il percorso inverso. Il 13 dicembre, per tradizione, i grossi ceri agli angoli della statua vengono ricoperti da trionfi di fiori, mentre il 20 dicembre il simulacro di argento viene affiancato da ceri adornati da limoni e arance. Il dono delle primizie alla Santa siracusana, oltre al valore estetico, aveva un suo significato: rappresentava il percorso della processione dalla campagna verso la città, quando l'area di Piazza Santa Lucia alla Borgata rappresentava il confine a nord dell'urbanizzazione, e all'isola di Ortigia era riservata la definizione di "città".
Limoni (IGP) nell'Unione Europea
L’Italia ha una superficie investita a limone di 12.464 ettari. Il limone di Siracusa rappresenta il 42% della intera produzione nazionale con una superficie di 5.300 ettari, 150 mila tonnellate di prodotto, e circa 398.000 giornate lavorative annue. La zona di produzione comprende la fascia costiera di 10 comuni in provincia di Siracusa, in Sicilia: Augusta, Avola, Melilli, Noto e Siracusa, a cui si aggiunge parte del territorio interno, appartenente ai comuni di Floridia, Solarino, Priolo Gargallo, Rosolini e Sortino.
Queste le superfici dei limoni a Indicazione Geografica Protetta nell'Unione europea:
Varietà IGP Provenienza Superficie in ettari (Ha)
Limone di Siracusa Italia 5.300
Citricos Valencianos Spagna 3.300
Limone Interdonato di Messina Italia 950
Limone di Sorrento Italia 400
Limone di Amalfi Italia 400
Limone Femminello del Gargano Italia 400
Citrinos do Algarve Portogallo 320
Limone di Rocca Imperiale Italia 200
L'Unione europea vanta otto denominazioni (IGP) per il limone: sei di esse sono state ottenute dall'Italia, una dalla Spagna, una dal Portogallo. Oltre al limone di Siracus, le denominazioni italiane comprendono il limone di Sorrento, il limone Costa d’Amalfi, il limone Interdonato di Messina, il Femminello del Gargano, e il limone di Rocca Imperiale. Ka denominazione spagnola è il Citricos Valencianos, mentre in Portogallo è protetta la varietà Citrinos do Algarve.
Il Consorzio di Tutela
Il Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa IGP è stato costituito il 13 luglio del 2000, non ha scopi di lucro e non esercita attività commerciali. Tra i suoi compiti principali, il Consorzio:
individua le zone di produzione e le varietà da sottoporre a tutela;
svolge attività di vigilanza nella zona di origine e sui mercati per il corretto uso della denominazione “Limone di Siracusa IGP”;
realizza iniziative e campagne promozionali in Italia e all’estero, finalizzate alla diffusione della conoscenza e dell’immagine del prodotto e del marchio IGP.


9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.