sabato 22 ottobre 2022

MELA ROSSA DI CUNEO

La Mela Rossa Cuneo si caratterizza per una sovracolorazione della buccia ed una tonalità della colorazione particolarmente luminosa e brillante.
Con la indicazione geografica protetta "Mela Rossa Cuneo" possono essere designate esclusivamente le seguenti varietà di mele e loro cloni derivanti da una severa selezione qualitativa delle varietà a tutt'oggi coltivate, di cui di seguito si descrivono le caratteristiche.
Red Delicious
Epicarpo rosso intenso brillante, con estensione del sovracolore superiore all' 85% della superficie intera, liscio, esente da untuosità e rugginosità, tollerata solo all'interno della cavità peduncolare, forma tronco conica oblunga, calibro con diametro minimo 65 mm, tenore zuccherino superiore a 10° brix, polpa color bianco o bianco crema, di consistenza fondente, aromatica e dolce.
Gala
Epicarpo rosso brillante con estensione del sovracolore superiore al 65% della superficie intera e distribuzione prevalentemente striata, liscio, forma rotondo allungata, calibro diametro minimo 65 mm, tenore zuccherino superiore a 12° brix, polpa color bianco crema, croccante e succosa, fine e soda, molto profumata.
Fuji
Epicarpo verde chiaro - giallo, con sovracolore dal rosso chiaro al rosso intenso su più del 50% della superficie, calibro diametro minimo 70 mm, tenore zuccherino superiore a 12,5° Brix, durezza della polpa minimo 5 Kg/cm 2 . La polpa risulta croccante, succosa e molto dolce, non aromatica.
Braeburn
Epicarpo dal verde al verde chiaro con sovracolore striato dal rosso arancio al rosso intenso su più del 60% della superficie, calibro diametro minimo 65 mm, tenore zuccherino superiore a 10,5° Brix, durezza della polpa minimo 5,5 Kg/cm 2 . La polpa risulta croccante, succosa, acidula, molto aromatica.
Caratteristiche nutrizionali
L'elevata ed equilibrata composizione in vitamine e sali minerali rende la mela l'integratore alimentare per eccellenza. L'elevata presenza di polifenoli, agenti antiossidanti nemici dei radicali liberi, aiuta a rallentare l'invecchiamento delle cellule e l'insorgere di varie patologie come le malattie dell'apparato cardiovascolare e le formazioni di neoplasie.
Area di produzione
La zona di produzione è identificabile con l'altipiano che si estende, ad una altitudine compresa tra 250 e 800 metri s.l.m., lungo la catena alpina occidentale costituita dalle Alpi Marittime e Cozie e comprende in particolare, in provincia di Cuneo, i comuni del Saluzzese, Cuneese e Monregalese e, in provincia di Torino i comuni del Pinerolese.
Storia e Tradizione
La coltivazione del melo in Piemonte ha una antichissima tradizione che si perde nella notte dei tempi. Molte varietà di melo furono addirittura importate in questa regione fin dai tempi dei romani. I primi segni però di una vera e propria frutticoltura si trovano nei giardini e negli orti di Abbazie e Conventi. La valorizzazione dei frutti del melo viene infatti intrapresa dagli ordini monastici cluniacensi prima e cistercensi poi, i quali si impegnarono a migliorare le varietà del periodo romano sopravvissute alle invasioni barbariche. Nel tardo Medioevo iniziano a farsi strada le prime tecniche colturali ."I pomi" cessano così di essere cibo d'élite e si diffondono presto in ampi strati sociali. Negli statuti comunali e nei rendiconti delle castellanie sabaude si trovano sempre più frequenti le menzioni a alberi da frutto piantati ai bordi di coltivi, in prati aperti o chiusi, campi a cereali, orti, brolii (orti alberati), giardini, cortili, vigne e si comincia a parlare di planterii o, più specificatamente di pomerii. Il melo comincia ad essere protetto dalle autorità comunali e diviene tra i fruttiferi predominanti nel Piemonte ed in particolare nel cuneese. Durante il Rinascimento, grazie anche al diffondersi della stampa e dei primi trattati di agricoltura, si registra un forte impulso della frutticoltura. E' sul finire del 1700, quando i contadini che attraversavano le Alpi alla ricerca di un lavoro, cominciarono ad importare nuovi semi, varietà e sistemi di impianto e di potatura già presenti in Francia, che si assiste alla nascita della frutticoltura piemontese. Importante contributo all'accelerazione delle ricerche e degli studi delle pratiche colturali, proviene dalla Accademia di Agricoltura, fondata nel 1785 a Torino che attraverso la sperimentazione di nuove specie e la organizzazione di corsi di frutticoltura inizia a formare frutticoltori professionalmente preparati. Di particolare rilievo, per la diffusione della frutticoltura piemontese, sono nel 1800 i vivai dei fratelli Burdin, sorti a Chambery. In questi vivai nasce anche un museo pomologico nel quale vengono conservati i modelli di tutti i frutti coltivati nei Regi Stati, con una evidente preponderanza delle varietà di melo, ben 72, catalogate e presenti anche nella collezione della Accademia di Agricoltura di Torino.
Agli inizi del novecento, l'area di coltivazione, dalle vallate alpine e dalle zone pedemontane e collinari, si estende agli altipiani cuneesi. La vocazione produttiva di questo territorio per le mele rosse è testimoniata dalla ampia gamma di varietà locali a buccia rossa che quivi spontaneamente si originarono. Una tale gamma varietale, per l'apprezzamento dei consumatori e per la vicinanza dei mercati, conserva la propria validità fino al comparire agli inizi del '900 delle moderne varietà a buccia rossa con le quali è possibile soddisfare mercati più ampi e soprattutto più lontani.
Nel 1999 nasce il Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela della Mela Rossa Cuneo .

9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).



BIRRE 81: PELFORTH



Pelforth
La Pelforth è un marchio di birra francese, che appartiene al gruppo Heineken.
Verso il 1914, Louis Boucquey, Armand Deflandre e Raoul Bonduel, tre fabbricanti di birra a Lilla in Francia, decidono di associarsi per superare i problemi di penuria (in particolare di rame). Scelgono il nome di Pélican per la loro nuova creazione, il nome di una danza molto popolare in questo momento. La birra è a fermentazione bassa. Si vende in bottiglie di 33 cl. o in barili.
Nel 1935, Jean Deflandre, figlio di Armand Deflandre, riesce a unire due malti d'orzo ed utilizza la fermentazione alta, con un lievito inglese, per creare una birra rivoluzionaria. Il nome Pelforth 43, Pel per Pélican, fort (forte) poiché contiene molto malto (43 kg/hL), con l'aggiunta di una "h". La bottiglia subisce anche una nuova progettazione un nuovo design.
Anche se si ferma durante la seconda guerra mondiale, Pelforth non ha nessuna difficoltà a ripartire nel 1950, il "43" viene abbandonato, e così comincia a riconquistare l'Europa. Pelforth si vende a in bottiglie di 25 cl., 33cl., e anche in barili di qualsiasi dimensione.
Nel 1972, l'industria della birra adotta definitivamente il nome di Pelforth. Viene acquistata dalla Française de Brasserie nel 1986, per poi essere inglobata nel gruppo Heineken nel 1988.
La birra Pelforth Ambrée viene lanciata nel 2003 per affiancare le sue sorelle Blonde e Brune.
Le industrie della birra Pelforth producono attualmente 22 marchi diversi, dalla Giorgio Killian's, una birra al malto di whisky, alle birre stagionali di Natale e di marzo. Con una produzione che totalizza 3 milioni di ettolitri all'anno.
Marche prodotte
Pelforth Brune, è una birra scura che ha un forte gusto di caramella o di miele, e leggermente di caffè. È relativamente zuccherata e poco amara, per una birra scura. Con il 6,5% di alcool (vol).
Pelforth Blonde, è una birra chiara, rinfrescante, con il 5,8% di alcool (vol).
Pelforth Ambrée, con il 6% di alcool (vol).
Pelforth 3Malts, con il 6,9% di alcool (vol).

20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


venerdì 21 ottobre 2022

BIRRE 80: BEAMISH


La Beamish è una birra irlandese prodotta da Beamish & Crawford di Cork, il cui prodotto di punta è la stout.
Il marchio Beamish & Crawford fu fondato da Richard Henrick Beamish e Arthur Frederick Sharman Crawford nel 1792 a Cork, seconda città per importanza dell' Irlanda. I due acquistarono, da Edward Allen, il birrificio in Cramer's lane usato per produrre birra almeno dal 1650 (e probabilmente fin dal 1500). Alfred Barnard, famoso storico di produzione di birra e distillazione, scrive nel suo libro "Noti birrifici della Gran Bretagna & Irlanda" del 1889 che "Il commercio di Beamish & Crawford a Cork è molto antico, si può risalire fino al XVII secolo e si dice sia la fabbrica di birra porter più antica in Irlanda".
Sotto Beamish & Crawford l'azienda prospera e, nel 1805, diventa la più grande in Irlanda e la terza più grande compreso il Regno Unito, con una produzione di 100.000 barili all'anno, dopo essere partita dai 12.000 barili del 1792. Viene superata soltanto nel 1833 dalla Guinness nel primato nazionale.
Nel 1865, la fabbrica è stata oggetto di un programma di ammodernamento ed è stata completamente rinnovata, con una spesa di £100.000. L'azienda fu quotata in borsa nel 1901, pubblicando un capitale di partenza di £480.000. Un'ulteriore espansione è stata aiutata dall'acquisizione di un certo numero di birrifici locali all'inizio del XX secolo.
Nel 1962, il marchio è stato acquistato dalla canadese Carling-O'Keefe Ltd (srl), che ha intrapreso un nuovo aggiornamento tecnico della produzione. Nel 1987, la Elders IXL (oggi nel gruppo Foster's) ha incorporato a sua volta Carling-O'Keefe, e nel 1995, ha venduto Beamish & Crawford alla Scottish and Newcastle.
Dopo l'acquisto di Scottish and Newcastle nel 2008, il birrificio passa nelle mani della principale rivale a Cork, la Heineken International. A dicembre dello stesso anno viene annunciato che lo stabilimento della Beamish & Crawford, il più antico in Irlanda, verrà chiuso nel marzo 2009, con la perdita di 120 posti di lavoro. La produzione si sposterà, insieme a 40 operai, nella vicina azienda Heineken (già Murphy's). Dopo 2 anni dall'ingresso nel mercato americano, l'azienda olandese decide di limitare la vendita di Beamish alla sola Irlanda.
L'edificio ormai chiuso rimane situato nel cuore della vecchia città medievale di Cork, proprio vicino alla Porta Sud.
Spillatura
Per una migliore degustazione di una pinta di Beamish va seguito il seguente metodo di spillatura:
Porre il bicchiere di vetro sotto la spina inclinato a 45°
Versare evitando che la spina tocchi il bicchiere o la birra
A 2/3 raddrizzare il bicchiere e versare fino a 23-30 millimetri dal bordo
Far riposare per 3 minuti
Riempire il bicchiere fino all'orlo in modo da ottenere un schiuma di 12-15 millimetri senza farla fuoriuscire.
La Beamish è commercializzata in lattine da 50 cl con un pallina di plastica all'interno che permette un migliore mescita regolando la produzione di schiuma.

20 BIRRA
(2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


LIMONE COSTA D'AMALFI

Il Limone Costa d'Amalfi, noto anche come Sfusato Amalfitano, è un prodotto ortofrutticolo italiano a Indicazione geografica protetta. Viene prodotto nei comuni appartenenti alla costiera amalfitana, ovvero Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare.
Questo frutto presenta caratteristiche esclusive, che lo rendono famoso nel mondo. Si tratta di un limone di categoria sfusato, e si differenzia dai limoni della vicina area sorrentina per le diverse modalità di coltivazione e per proprietà organolettiche differenti.
Il limone della costiera amalfitana, classificabile come femminello sfusato, presenta una buccia di spessore medio e di colore giallo chiaro, ricca di oli essenziali e terpeni. Possiede una polpa succosa e moderatamente acida, con scarsa presenza di semi (dai 4 ai 10 semi per frutto). Si presenta di dimensioni medio-grosse (dai 100 ai 120 grammi per frutto) ed è ricco di acido ascorbico, ossia di Vitamina C.
Il limone amalfitano viene coltivato su circa 400 ha, nei famosi limoneti chiamati "giardini di limoni" con un raccolto medio annuo di circa 8 000 tonnellate. Il raccolto viene praticato più volte l'anno, ma è soprattutto nel periodo compreso tra marzo e luglio che arrivano i frutti migliori.
Lo sfusato amalfitano, nelle aree della costiera viene utilizzato sia al naturale servito "all'insalata", oppure come condimento per pesce, antipasti di mare, nei celebri primi piatti della zona e sulle carni. È adoperato anche per produrre il limoncello (famoso liquore tipico della zona che ha alimentato un importante indotto economico per tutta l’area), e alcuni bar di Amalfi e dintorni servono persino il caffè al limone, il babà al limone, e torte e dolciumi tipici locali al limone.
I comuni della penisola sorrentino-amalfitana in cui si diffusero i primi alberi di limone furono Maiori, Minori, Sorrento e Massa Lubrense.
Una maggiore diffusione di questo frutto si ebbe in tutta la costa, poiché la sue proprietà favorivano la guarigione dello scorbuto, malattia dovuta a carenza di vitamina C. Per gli amalfitani, storicamente famoso popolo di navigatori, era determinante poter disporre sulle proprie navi di scorte di limoni. Già nell'XI secolo, la Repubblica di Amalfi decretò che a bordo delle navi ci fossero sempre provviste di questi frutti.
Dal 1400 al 1800, per il loro impiego nella lotta allo scorbuto, ci fu una grandissima richiesta di limoni amalfitani, vista la loro ricchezza di vitamina C. I limoni vennero richiesti non solo da altre zone campane e italiane, ma anche da paesi esteri, specialmente nord europei.
A tal proposito, nel XIX secolo Matteo Camera scrisse di limoni ...che da Minori venivano trasportati via mare verso altri mercati italiani, assieme a limoncelli e a cetrangoli..., termine con il quale venivano indicate le arance amare.
Fu così che lungo la costiera i giardini di limoni crebbero nel corso dei secoli di numero e ampiezza, grazie al recupero per l'agricoltura di suoli scoscesi e impervi.
9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO

(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). 

Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.



giovedì 20 ottobre 2022

MARRONE SAN ZENO

Marrone di San Zeno (DOP) è un prodotto ortofrutticolo italiano a Denominazione di origine protetta. Il marrone di San Zeno (San Zeno di Montagna) si presenta di forma ellissoidale con apice poco rilevato e facce laterali in prevalenza convesse. Il pericarpo è sottile, lucido e di colore marrone chiaro con striature più scure. La colorazione del seme tende al giallo paglierino, è lievemente corrugato, pastoso e di gusto dolce. La pezzatura è variabile.
Il frutto appartiene alla specie "Castanea Sativa Mill", riconducibile alla varietà "marrone".
I frutti devono presentare le seguenti caratteristiche:
numero di frutti per riccio non superiore a 3;
pezzatura variabile, ma con un numero di frutti per kg non superiore a 120 e non inferiore a 50;
forma ellissoidale, con apice poco rilevato, facce laterali in prevalenza convesse, ma caratterizzate da diverso grado di convessità, cicatrice ilare simile ad un cerchio schiacciato tendente al rettangolo che non deborda sulle facce laterali, di colore più chiaro del pericarpo;
pericarpo sottile, lucido, di colore marrone chiaro con striature più scure, evidenziate in senso mediano;
episperma (pellicola) sottile lievemente penetrante nel seme, che si stacca con facilità alla pelatura;
seme di colore tendente al giallo paglierino, lievemente corrugato, pastoso e di gusto dolce.
Al momento dell'immissione al consumo i frutti, oltre a presentare le caratteristiche di forma ed aspetto sopra specificate, devono essere interi, sani, puliti ed asciutti.
Il marrone, ricco di amido, buon apportatore di calorie e di proteine, sali minerali e vitamine, è estremamente nutriente ed energetico, sano e facilmente digeribile
Sia la digeribilità che l'apporto calorico variano a seconda dello stato e del tipo di cottura. A "crudo" la digeribilità è piuttosto scarsa mentre l'apporto calorico si assesta intorno alle 150 calorie per etto. La bollitura ne aumenta la digeribilità e riduce l'apporto calorico a circa 150 calorie per etto, mentre l'arrostitura lo riporta intorno alle 200 calorie per etto.
Zona di produzione
La zona di produzione e trasformazione del Marrone di San Zeno è situata nel territorio del Monte Baldo, compreso tra il Lago di Garda e la Vallagarina. Include parti dei seguenti comuni: Brentino Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo e San Zeno di Montagna, tutti compresi nella zona omogenea dell'unione montana del Baldo-Garda.
I frutti che possono utilizzare la DOP Marrone di San Zeno provengono solo dalla tradizionale varietà locale Marrone che si è selezionata nella zona di origine da castagni appartenenti ad ecotipi autoctoni ed è stata propagata nel tempo dai produttori locali per via agamica.
La zona geografica di produzione, influenzata dall'ambiente benacense, è caratterizzata da clima temperato-umido, con terreni acidi, tendenzialmente sciolti, non superficiali sui quali il prodotto esprime le proprie peculiari caratteristiche.


9 FRUTTA (2^ Edizione)
 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


VINI 147: VERNACCIA DI SERRAPETRONA

Il vino Vernaccia di Serrapetrona DOCG è una delle tipologie di vino previste dalla denominazione Vernaccia di Serrapetrona DOCG, una DOCG della regione Marche. I disciplinari delle denominazioni DOCG prevedono al loro interno specifiche tipologie di vino, che si caratterizzano per la loro composizione ampelografica, ossia per i vitigni ammessi per la loro produzione, per leprocedure di vinificazione e per le specifiche caratteristiche organolettiche del vino. I vitigni che rientrano nella composizione del vino Vernaccia di Serrapetrona DOCG sono Vernaccia nera min.85%. Le caratteristiche organolettiche del Vernaccia di Serrapetrona DOCG prevedono un colore Rosso rubino con riflessi granati. Il profilo olfattivo del vino Vernaccia di Serrapetrona DOCG è caratteristico, vinoso e al palato risulta secco, dolce.
Le caratteristiche del vino Vernaccia di Serrapetrona DOCG si esprimono anche attraverso i principali parametri i cui valori minimi sono richiesti da disciplinare, per questa come per tutte le altre tipologie dei vini della Vernaccia di Serrapetrona DOCG.
Acidità 4,5 g/l
Alcool 11,50%
Composizione vino Vernaccia nera min.85%
Estratto 22,0 g/l
Affinamento 24 mesi (solo riserva)
Degustazione
Il disciplinare della Vernaccia di Serrapetrona DOCG prevede per la tipologia Vernaccia di Serrapetrona DOCG delle specifiche caratteristiche organolettiche, riportate qui di seguito.
Aspetto Rosso rubino con riflessi granati.
Descrizione olfattiva caratteristico, vinoso
Descrizione gustativa secco, dolce

15 VINO (2^ Edizione)
Vino. In queste 250 pagine ho raccolto oltre 220 schede di criteri di vinificazione, abbinamento e prodotti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Sin dall'antichità i frutti della vite sono diventati vino. Da allora migliaia di vitigni hanno avuto vita e decine di migliaia di vini sono stati creati. Per il nostro piacere. Impariamo insieme a conoscerne i principali, a degustarli, a scegliere quelli che sono i nostri vini di elezione. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro vinai di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BIRRE 79: MENABREA


Menabrea è un'antica marca di birra che viene prodotta dalla omonima azienda la cui sede storica e il birrificio sono localizzati a Biella, in Piemonte.
Sotto questo marchio - di proprietà a partire dai primi anni novanta dal gruppo Forst, fino ad allora di proprietà della famiglia Thedy (erede dei fondatori della società), di cui Franco Thedy mantiene tuttora la carica di amministratore delegato - vengono prodotti annualmente circa 110 000 ettolitri di birra, parte dei quali destinati all'esportazione in venticinque paesi.
In oltre un secolo e mezzo di vita la birra Menabrea si è aggiudicata prestigiosi riconoscimenti fra cui, nel solo 1924, quattro Gran Premi alle esposizioni di Milano, Roma, Bruxelles e Parigi, nonché 3 medaglie d'oro (1997, 1998, 2000) per la Lager, 3 (2002, 2008, 2009) per la Amber e 6 (2005, 2006, 2007, 2008, 2010, 2011) per la Strong al World Beer Championships di Chicago, Usa.
Dagli anni trenta è rappresentata attraverso alcune taverne che portano il suo nome, situate - oltre che a Biella (ove, accanto allo stabilimento, si trovano un pub ed un ristorante), in altre città del Piemonte, fra cui Novara e Torino.
Annesso alla fabbrica è il museo della birra articolato su una serie di cimeli storici che mostrano i diversi sistemi adottati nel tempo per la produzione di questa popolare bevanda.
L'azienda venne fondata come laboratorio per la produzione della birra nel 1846, ad opera della famiglia Welf di origine walser di Gressoney-La-Trinité in Valle d'Aosta e dei fratelli Antonio e Gian Battista Caraccio, originari di Bioglio e titolari di una caffetteria a Biella.
Fra il 1854 e il 1864, rimasti da soli alla guida del laboratorio ristrutturato, i fratelli Caraccio dapprima affittarono e poi cedettero la birreria per 95 000 lire dell'epoca a due aostani, Jean Joseph Menabrea (che dal 1861 con l'Unità d'Italia cambierà il nome in Giuseppe) e Antonio Zimmermann.
L'azienda passò nelle mani del solo Menabrea e dei suoi figli nel 1872 quando la ragione sociale diventò G. Menabrea & Figli.
La produzione di un ottimo tipo di birra bionda Pilsner e di una scura di tipo Monaco (che pare fosse molto apprezzata da un biellese illustre, Quintino Sella, studioso e fondatore del Club Alpino Italiano), fece guadagnare nel 1882 a Carlo Menabrea, figlio di Giuseppe, subentrato alla morte del padre alla guida dell'azienda, la nomina di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia conferitagli da re Umberto I.
La svolta intervenuta nella proprietà della fabbrica a cavallo tra il XIX ed il XX secolo (1896-1899) - quando subentrano nella conduzione aziendale i cognati Emilio Thedy e Agostino Antoniotti, coniugi rispettivamente delle eredi Menabrea, Eugenia ed Albertina - non mutò la politica della fabbrica che poté attraversare - fino ad oggi - tutto il XX secolo mantenendo inalterata la propria fama.
A garantire la notorietà a questa azienda è stato con il passare del tempo soprattutto il sempre maggiore quantitativo di birra prodotta, passato dagli 8-10 000 ettolitri annui dell'anno 1900 agli attuali circa 100.000 ettolitri, non disgiunto da livelli di eccellenza (e i numerosi premi ricevuti, in particolare nella prima metà del Novecento, ne sono una testimonianza diretta).
La gamma completa delle birre Menabrea 150º Anniversario da 33cl.
Dagli anni ottanta, sempre sotto la direzione degli eredi della famiglia Thedy, la birra Menabrea ha incrementato ulteriormente la propria attività. L'ampliamento della fabbrica di Biella, unito ad un incremento della produzione - fino ad allora attestata intorno ai 36-40.000 ettolitri - le ha consentito di uscire da quella che era stata fino ad allora, almeno sul piano produttivo, una dimensione tutto sommato provinciale.
L'ingresso nel Gruppo Forst, avvenuto nel 1991, favorito da un'antica amicizia birraria ha permesso di mantenere comunque la sua identità e la sua indipendenza, conservando così viva la cultura e la tradizione birraria.
Nel 1996 per festeggiare il 150º anniversario ha creato una edizione speciale delle bottiglie, caratterizzate dalla scritta "150º anniversario" sull'etichetta attorno al collo.
Nel 2005 il birrificio ha creato un nuovo prodotto, la Strong - Doppio Malto 6,5 Gradi, quella con il tasso alcolico più elevato fra le birre che produce.

20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


mercoledì 19 ottobre 2022

BIRRE 78: BERNARD


La Rodinný pivovar Bernard, a.s. (Birrificio Familiare Bernard) è un birrificio della Repubblica Ceca presso la città di Humpolec.
Il birrificio attuale sorse il 26 ottobre 1991 per iniziativa di Stanislav Bernard, Josef Vávra e Rudolf Mejkal che rimisero in funzione il birrificio di Humpolec fondato nel XVI secolo.
Nell'azionariato di Bernard è presente la belga Duvel Moortgat.
Prodotti
Bernard Celebration lager
Bernard Amber lager
Bernard Special dark beer 13°
Bernard Special lager 14% OX


20 BIRRA 
(2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
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Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

VINI 146: CHAMPAGNE


Lo champagne (in italiano, raro, sciampagna) è uno spumante metodo classico, famoso in tutto il mondo e comunemente associato ai concetti di lusso e festa; prende il nome dalla regione della Champagne, situata nel nord-est della Francia, dove il vino è prodotto.
Lo champagne è uno dei pochi vini ai quali sia stato attribuito un inventore, l'abate benedettino Dom Pierre Pérignon, anche se sulla storia della sua origine esistono versioni differenti.
I vini della regione della Champagne erano conosciuti fin dal medioevo; venivano prodotti principalmente dai monaci delle numerose abbazie presenti nella regione, che lo usavano come vino da messa. Ma anche i regnanti francesi apprezzavano molto questi vini, fini e leggeri, tanto da offrirli in segno di omaggio agli altri regnanti europei. Si trattava però principalmente di vini fermi, quindi senza spuma, e rossi.
Le guerre e i saccheggi, che nel 1600 devastarono la regione, causarono la distruzione e l'abbandono delle abbazie e dei conventi, e quindi il decadimento delle annesse vigne.
Intorno al 1670, Pierre Pérignon, giovane monaco benedettino, giunse all'abbazia d'Hautvillers, vicino a Épernay, con l'incarico di tesoriere; egli trovò il convento e le vigne in uno stato di totale abbandono e si adoperò per rimetterle in sesto.
Il suo lavoro fu indirizzato principalmente alla produzione del vino; da perfezionista qual era, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul pinot noir), al privilegiare i terreni più vocati alla produzione, ad affinare le tecniche del taglio dei vini (assemblaggio di uve dello stesso tipo provenienti da zone diverse), e a preferire una spremitura dolce per ottenere un mosto chiaro anche se da uve a bacca nera (tutte tecniche caratteristiche, ancora oggi, della produzione dello champagne).
Rimane il dubbio sulla genesi della trasformazione del vino fermo in vino spumante.
Una versione afferma che lo champagne sia nato casualmente per errore durante il processo di vinificazione di alcuni vini bianchi; tale errore avrebbe causato lo scoppio di alcune bottiglie poste ad affinare in cantina e quindi portato alla scoperta, da parte dell'abate, della "presa di spuma".
Un'altra versione afferma che l'abate, per rendere più gradevole il vino prodotto, vi aggiungesse in primavera dei fiori di pesco e dello zucchero, tappando successivamente la bottiglia con tappi di legno di forma tronco-conica; allo stappare della bottiglia si produceva della spuma.
Un'ulteriore versione afferma che i viticultori che usavano vinificare le uve di pinot si fossero resi conto che il vino ottenuto invecchiava male nelle botti, per cui decisero di imbottigliarlo subito dopo la fermentazione; nelle bottiglie questo vino conservava efficacemente gli aromi, ma aveva il difetto di diventare naturalmente spumante, il che comportava lo scoppio di molte bottiglie.
Quale che sia la versione, l'abate arrivò alla conclusione che la spuma fosse dovuta a una rifermentazione (dovuta a errori nella vinificazione o all'aggiunta di lieviti - contenuti nei fiori di pesco - e di zucchero) del vino, con conseguente produzione di anidride carbonica. A questo punto, resosi conto della gradevolezza del vino "spumante", decise di perfezionarne la produzione.
Messe da parte le versioni più o meno romanzate, i veri grandi meriti di Dom Pérignon nell'evoluzione della tecnica di produzione dello champagne furono quelli di definire il vitigno più adatto (il pinot noir), di applicare metodicamente la tecnica dell'"assemblaggio" e di sostituire i tappi di legno a forma tronco-conica, usati fino ad allora, con tappi di sughero, ancorati al collo della bottiglia per mezzo di una gabbietta metallica.
Da quel momento in poi anche altri proprietari di vigne della zona cominciarono a produrre il vino seguendo le indicazioni dell'abate e i nuovi produttori contribuirono all'affinamento e al miglioramento della tecnica di produzione dello champagne.
Ad esempio il problema della formazione di un deposito nelle bottiglie durante la permanenza in cantina per la seconda fermentazione (la cosiddetta feccia) fu risolto dai tecnici dell'azienda di Barbe Nicole Ponsardin, vedova Clicquot (la famosa Veuve Clicquot); essi idearono le pupitres (strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie) e misero a punto il remuage sur pupitres, tecnica che consentiva di effettuare la separazione dei lieviti dal vino, dando così allo champagne la limpidezza che lo caratterizza.
La crescita della popolarità dello champagne ha portato alla nascita di aneddoti e leggende difficilmente verificabili, come il fatto che Dom Pérignon fosse un esperto assaggiatore di vini (in realtà egli era astemio ma, essendo anche vegetariano, era un eccellente assaggiatore di uve), la confessione in punto di morte da parte di Dom Pérignon della ricetta segreta dello champagne (non di ricetta si trattava, ma soltanto dell'indicazione di aggiungere al vino zucchero e miscela di liquori), il fatto che la forma del bicchiere a coppa in cui veniva servito fosse stata modellata sulla forma - considerata perfetta - del seno di Madame de Pompadour o forse Diana di Poitiers, e altre ancora.
Rimane il fatto che lo champagne è un vino la cui notorietà è diffusa in tutto il mondo e il cui uso ha assunto valenza simbolica in varie situazioni (basti pensare al varo delle navi, alle premiazioni delle gare automobilistiche e ciclistiche e in generale a tutte le celebrazioni di eventi particolarmente importanti).
Lo champagne è un vino che presenta varie caratteristiche particolari rispetto agli altri grandi vini:
la vendemmia viene effettuata manualmente (il disciplinare vieta l'uso delle macchine vendemmiatrici) in quanto è essenziale che l'uva arrivi al corretto grado di maturazione e perfettamente integra alla pigiatura.
Lo champagne può essere anche un bianco ottenuto da uve a bacca nera - il pinot noir e il pinot meunier - vinificate in bianco - vedi più avanti nella sezione "vinificazione".
quasi sempre viene effettuato l'"assemblaggio" tra vini di provenienza e di "millesimi" (annate) differenti, al fine di assicurare una continuità delle caratteristiche qualitative e organolettiche. L'indicazione del millesimo, facoltativa, è possibile solo quando vengono assemblati vini della stessa annata; ciò è generalmente indice di un'elevata qualità.
è un vino spumante mantenuto in pressione nella bottiglia per mezzo di un tappo a forma di fungo (contrariamente alla forma cilindrica dei tappi normalmente utilizzati), coperto da una capsula metallica e trattenuto da una gabbietta in fil di ferro. All'apertura, il tappo tenderà a saltare e lo champagne a fuoriuscire rapidamente producendo molta schiuma, il che ne rende il servizio leggermente complesso. Una volta versato nel bicchiere, si ha la produzione più o meno persistente di bollicine (perlage) che tendono a salire verso la superficie del liquido.
la marca (non obbligatoria) è un elemento essenziale per l'identificazione; gli champagne più pregiati sono champagne di marca.
Vitigni utilizzati
Per la produzione è autorizzato l'uso di nove vitigni, di cui tre vitigni principali:
chardonnay (uva a bacca bianca, 26% della superficie piantata),
pinot noir (uva a bacca nera, 37% della superficie piantata),
pinot meunier (uva a bacca nera, caratterizzata da una maturazione leggermente più tardiva rispetto al pinot noir, 37% della superficie piantata),
e sei vitigni tradizionali, recentemente riscoperti e riutilizzati (superficie piantata molto limitata):
pinot blanc,
arbanne,
petit meslier,
fromenteau,
pinot gris
enfumé.
Resa: la legislazione prevede che per ogni 4 000 kg di uva solo 2 550 litri di mosto possano essere usati per elaborare lo champagne.
La vinificazione
Il vino champagne viene prodotto secondo il metodo champenoise: questa definizione è utilizzabile solo per i vini spumanti (con metodo della rifermentazione in bottiglia) prodotti nella regione della Champagne; in Italia tale procedura è denominata metodo classico, nel resto del mondo metodo tradizionale o anche metodo della rifermentazione in bottiglia.
Il metodo champenoise consiste principalmente nell'operare una doppia fermentazione del mosto, la prima volta nei tini, la seconda volta nelle stesse bottiglie.
Il procedimento di vinificazione prevede numerose fasi. Le uve vengono raccolte manualmente in maniera selettiva, cioè scegliendo solo i grappoli che hanno raggiunto la giusta maturazione, e trasportate alla pressatura cercando di mantenere il più possibile l'integrità degli acini. Successivamente si pressano le uve in maniera soffice, si separano rapidamente le bucce dal mosto e si mette il vino in botte per la fermentazione.
La prima fermentazione, chiamata fermentazione alcolica, è identica a quella che subiscono i vini cosiddetti "tranquilli" (cioè non effervescenti). Quando questa prima fermentazione si conclude (di solito in primavera), si imbottiglia il "vino di base" con un tappo metallico a corona (lo stesso impiegato per chiudere le bevande gassate) in grado di sopportare la pressione che si svilupperà all'interno della bottiglia, dopo avergli aggiunto lieviti selezionati (prelevati da ceppi della zona dello champagne) e zucchero, al fine di far avviare la seconda fermentazione; questa seconda fermentazione produce anidride carbonica che determina la formazione di bollicine, cioè della spuma. Tuttavia, questa seconda fermentazione provoca anche la formazione della feccia, costituita dai residui dei lieviti esausti, che intorbidisce il vino, e che è necessario eliminare. Per far ciò occorre sistemare le bottiglie sulle pupitres, strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie.
Ogni giorno le bottiglie vengono ruotate con un movimento secco (remuage sur pupitres), con una rotazione inizialmente di un ottavo di giro e successivamente aumentata a un sesto e, alla fine del processo, a un quarto di giro. Tale operazione ha lo scopo di staccare la feccia dalla parete interna della bottiglia e farla scendere in basso verso il collo della stessa. Infatti, dopo ogni scotimento, le bottiglie sono riposizionate inclinandole sempre più, fino a quando saranno in posizione quasi verticale; in tal modo le fecce saranno tutte a contatto del tappo. Per eliminare le fecce si inserisce il collo della bottiglia in una soluzione salina a bassissima temperatura, che provoca l'istantaneo congelamento delle fecce; a questo punto si toglie il tappo (questa operazione si chiama dégorgement, e se fatta a mano è definita à la volée), e con esso il deposito dei lieviti.
Dopo il dégorgement si effettua il dosage, cioè si rabbocca la bottiglia con vino della stessa partita (è il caso degli champagne "millesimati" - con indicazione cioè dell'annata della vendemmia - piuttosto che con una miscela (chiamata liqueur d'expédition) di vini di annate precedenti e zucchero; un tempo era usanza aggiungere anche distillati tipo cognac o armagnac: oggi è una pratica pressoché abbandonata; ogni produttore custodisce gelosamente la composizione di questa miscela, che determina sia le caratteristiche organolettiche finali dello champagne sia, per la quantità di zucchero presente, la sua tipologia o dosage (secondo il regolamento europeo[7]): pas dosé, extra brut, brut, extra dry, sec, demi sec, doux.
Una volta eseguita questa operazione non resta che tappare la bottiglia con il caratteristico tappo di sughero, la capsula metallica e la gabbietta in fil di ferro. Le bottiglie vengono lasciate ad affinare ancora e dopo alcuni mesi sono pronte per il consumo.
I tipi di champagne
Gli champagne si possono differenziare per il colore, per il tipo di uve utilizzate, e per il dosaggio (quantità di residuo zuccherino) e per il prezzo.
Colore
Lo champagne può essere "bianco" o rosé. Lo champagne rosè può essere ottenuto mescolando vini bianchi e vini rossi o da una breve macerazione a contatto con le bucce delle uve a bacca rossa.
Uve
Lo champagne ottenuto da sole uve a bacca bianca si chiama blanc de blancs; lo champagne ottenuto da sole uve a bacca nera si chiama blanc de noirs.
Dosaggio
Tecnicamente è l'aggiunta allo champagne, prima dell'imbottigliamento, di una piccola dose di sciroppo composto da zucchero di canna, vini vecchi e, molto raramente ormai, cognac o altri distillati. Lo scopo del dosaggio è duplice: da un lato serve ad 'addolcire' un vino che non ha residuo zuccherino e, di conseguenza, si presenta con un'acidità molto elevata, dall'altro lato è fondamentale per fornire allo champagne (soprattutto se non millesimato) quelle sfumature di aroma e di gusto caratteristiche del produttore, cioè quello che in gergo viene definito goût maison.
Le bottiglie di champagne
La classica bottiglia da champagne si chiama sciampagnotta, ha una capacità di 75 cL ed è più spessa e resistente delle normali bottiglie di vino.
I produttori di champagne hanno creato nel XIX secolo una serie di bottiglie di differenti capacità:
la huitième: 9,4 cL (rara)
la mignonette: 18,75 o 20 cL: un quarto
la "mezza": 37,5 cL
la "media": 60 cL (rara)
la bottiglia: 75 cl
la magnum: 1,5 L: 2 bottiglie
la jéroboam: 3 L: 4 bottiglie
la réhoboam: 4,5 L: 6 bottiglie
la mathusalem: 6 L: 8 bottiglie
la salmanazar: 9 L: 12 bottiglie
la balthazar: 12 L: 16 bottiglie
la nabuchodonosor: 15 L: 20 bottiglie
la salomon 18 L: 24 bottiglie
la souverain 26,25 L: 35 bottiglie
la primat 27 Ll: 36 bottiglie
la melchizédec 30 L: 40 bottiglie
Soltanto la mezza-bottiglia, la bottiglia e la magnum sono utilizzate per la seconda fermentazione; gli altri formati vengono generalmente riempiti con vino già fermentato.
Alcuni produttori hanno recentemente messo in commercio bottiglie di capacità superiore alla jéroboam (chiamati, ad eccezione del souverain e del primat, col nome di re biblici) come la salomon (18 litri) o la melchizédec (30 litri); tali formati sono poco usati, in quanto difficilmente maneggiabili, fragili e molto costosi da produrre.
Il tappo
Il tappo di sughero delle bottiglie di champagne è caratteristico per la forma a fungo che assume dopo la stappatura. In effetti il tappo non ha quella forma al momento dell'imbottigliamento, ma è cilindrico, di diametro decisamente maggiore di quello del collo della bottiglia in cui deve essere inserito. Affinché possa entrare (per circa la metà della sua lunghezza originaria) è necessario che sia compresso radialmente con forza tramite un'apposita attrezzatura, e immediatamente dopo, la parte di esso rimasta fuori della bottiglia deve essere "gabbiettata", cioè compressa assialmente per essere assestata sul "raso bocca" della bottiglia talché si possa instaurare il cosiddetto "effetto tappo corona". L'insieme di queste due compressioni che il tappo subisce, dapprima quella radiale (introduzione in bottiglia) e, di seguito quella assiale (gabbiettatura), agendo in sinergia, consentono al tappo, sottoposto alla pressione dell'anidride carbonica presente nella bottiglia, di contrastare efficacemente la fuoriuscita di questo gas. Col tempo il tappo perde gradualmente la sua elasticità naturale, e la parte situata più vicina all'imboccatura della bottiglia si degraderà più velocemente di quella situata più in basso, costringendo il tappo ad assumere la forma che si conosce.
Il tappo è formato da due parti ben distinte, le cui differenze sono facilmente individuabili anche a occhio nudo:
La "testa", costituito da un agglomerato di sughero di alta qualità (utilizzato per questa parte del tappo per ragioni economiche, ma anche per motivi tecnici). Questa parte non è a contatto con il vino e costituisce la totalità della parte superiore al "raso bocca" della bottiglia. Una parte del "corpo" (9–12 mm) viene introdotta nel "collo" della bottiglia.
Il "corpo", che è costituita (in genere) da due rondelle di sughero massiccio incollate una sull'altra alla base del "corpo" ; si tratta della parte che entra nel "collo" della bottiglia ed è esposta al contatto con il vino.
Una volta assemblati, levigati e rifiniti, i tappi vengono selezionati, in alcuni casi, trattati in superficie con (paraffina), ma in ogni caso, devono essere lubrificati con prodotti adatti al fine di rendere possibile la loro introduzione in bottiglia, migliorare la loro tenuta e agevolare la loro futura estrazione.
Sulla testa del tappo viene poggiata una placchetta in alluminio (con impressa solitamente la marca dello champagne), e il tutto viene chiuso con una gabbietta di fil di ferro, chiamata muselet che ha la funzione principale di trattenere il tappo che, spinto dalla pressione sviluppata dall'anidride carbonica interna alla bottiglia, tenderebbe a essere espulso dalla bottiglia stessa. Le placchette sono diventate oggetto di collezionismo.
L'etichetta
Sull'etichetta di una bottiglia di champagne si trovano numerose informazioni: la marca, il nome del vinificatore, il dosaggio (pas dosé, extrabrut, ecc.), l'eventuale millesimo, la data del dégorgement (facoltativa ma sempre più indicata), il comune d'origine delle uve, e talvolta il livello qualitativo delle uve: grand cru per i diciassette comuni che hanno diritto a fregiarsi di questo titolo (il più pregiato) o premier cru per altri quarantuno comuni. Inoltre è obbligatorio indicare l'organizzazione professionale del produttore, con una sigla di due lettere (solitamente stampata con caratteri minuscoli sull'etichetta.
Questa sigla, che è forse l'indicazione più importante per definire la qualità e il valore di uno champagne, ha i seguenti significati:
NM: négociant-manipulant; è il caso di una casa produttrice di champagne che compra le uve e le assembla per elaborare e commercializzare il vino; si tratta in generale degli champagne più pregiati, prodotti dalle case dai nomi più famosi
RM: récoltant-manipulant; raggruppa l'insieme dei vignaioli che elaborano e commercializzano le proprie uve; si tratta in generale di prodotti molto buoni
CM: coopérative de manipulation; è il caso di gruppi di produttori che assemblano le uve, le elaborano e le commercializzano; si tratta in genere di prodotti non eccelsi, ma accettabili
RC: récoltant-coopérateur; i viticultori conferiscono le loro uve a una cooperativa che ha l'incarico di eseguire la vinificazione; le bottiglie vengono quindi restituite ai singoli produttori per la commercializzazione
ND "négociant-distributeur; simile a MA
MA: marque d'acheteur; è il caso di un commerciante che acquista le bottiglie pronte per il consumo e le commercializza con il proprio marchio
Caratteristiche di produzione
Lo champagne presenta molte caratteristiche d'originalità fra i grandi vini francesi, in particolare:
la raccolta è manuale (le macchine per vendemmiare sono vietate) poiché è essenziale che le uve giungano in perfetto stato.
la spremitura viene effettuata con torchi tradizionali o pneumatici in modo tale da non macchiare il mosto al contatto della buccia dell'acino; si tratta infatti di un vino bianco derivato anche da uve nere (Pinot noir e Pinot meunier);
impiego della mescolanza tra i tipi di uve di diversi anni allo scopo di garantire una continuità nelle qualità enologica e nelle caratteristiche organolettiche;
l'indicazione del millesimo (possibile ma non obbligatorio) avviene solo quando sono riuniti vini dello stesso anno. È generalmente il segno di una grande qualità;
il vino spumante è mantenuto sotto pressione nella sua bottiglia da un tappo avente la forma di un fungo, fermato con una capsula di filo di ferro;
è il solo vino francese che diventa rosa riunendo vino rosso (di Champagne) con vino bianco. Lo champagne rosato può anche essere ottenuto lasciando le bucce delle uve nere a contatto del mosto dopo la spremitura.
Il marchio
La denominazione «champagne» è una Appellation d'origine contrôlée (AOC), corrispondente all'italiana DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita); ma anche il termine champagne è ugualmente tutelato da apposite norme internazionali contro l'uso non autorizzato.
Ad esempio il comune di Champagne, situato nel cantone di Vaud in Svizzera, avrebbe dovuto rinunciare a riportare il nome Champagne sui vini (non spumanti) prodotti nel suo territorio - di 28 ettari - in virtù di un accordo internazionale stipulato tra la Svizzera e l'Unione europea nel 2004; tuttavia il crollo delle vendite del prodotto svizzero ha portato i produttori a rigettare l'accordo nel 2008.
I produttori più famosi
Chassenay d'Arce
G.H.Mumm
Thienot
Canard Douchen
Henri Abelé
Ayala
Besserat de Bellefon
Billecart-Salmon
Henri Blin
Hervè Dubois
Bollinger
Le Brun Servenay
Canard-Duchêne
Cattier
De Telmont
Deutz
Duval-Leroy
Drappier
Nicolas Feuillatte
Gosset
Charles Heidsieck (EPI)
Heidsieck Monopole
Henriot
Jacquart
Joseph Perrier
Simart Moreau
Jacquesson
Krug (gruppo LVMH)
Lanson
Laurent-Perrier
Mercier (gruppo LVMH)
Moët et Chandon (gruppo LVMH) (Dom Pérignon)
Bruno Paillard
Pierre Paillard
Perrier Jouet
Philipponnat
Pommery
Piper-Heidsieck (EPI)
Louis Roederer (Cristal)
Pol Roger
Ruinart (gruppo LVMH)
Salon
Taittinger
De Venoge
Veuve Clicquot Ponsardin (gruppo LVMH)
Vranken (gruppo Vranken-Pommery Monopole)
Servire lo champagne
Lo champagne va servito sempre freddo, ma non ghiacciato, a una temperatura tra i 6 °C e gli 8 °C se è giovane, e fino ai 10 °C per uno più maturo o millesimato.
Porre per tempo le bottiglie nel refrigeratore, mai nel congelatore; la temperatura uniforme si raggiunge in circa 2 ore, se si mantengono le bottiglie nella parte bassa, la più fredda.
In caso di necessità di operare in tempi rapidi, utilizzare un secchiello con abbastanza ghiaccio e porvi la bottiglia; per accelerare il raffreddamento si possono aggiungere alcune manciate di sale grosso.
Stappare la bottiglia estraendo il tappo con un movimento rotatorio, dopo averlo privato della gabbietta. Tenere la bottiglia leggermente inclinata. Nell'ultima fase di estrazione del tappo porre avvertenza a non farsi sfuggire lo stesso per non colpire il commensale che sta di fronte a noi e per non far sentire il botto: tipico, ma poco elegante.Tenendo la bottiglia nella parte posteriore della stessa e reggendola con una sola mano, versare lentamente il vino nei calici, facendo attenzione che la spuma non debordi. Imporre un movimento rotatorio alla bottiglia per non far gocciolare il vino al termine dell'operazione di versamento.
Lo champagne si versa in bicchieri appositi a forma di coppa con piede, o a forma di tubo allungato (questi ultimi, detti flûte). La preziosità e l'eleganza dei calici aumentano il piacere di questo brindisi.
Sabler o sabrer le champagne?
Sabler: Sabler le champagne ? C'est le boire d'un trait. Sauvages!. Con il termine sabler si intende il bere un bicchiere di champagne tutto d'un fiato.
Sabrer: Sabrer le champagne ? C'est faire sauter le bouchon avec un sabre comme savait le faire la soldatesque. Sauvages! La sabre è la sciabola; con il termine sabrer s'intende quindi una sciabolata, con la quale si fa saltare il collo delle bottiglie di champagne. È una antica usanza, nota come sabrage, oggi molto più scenografica che altro, che non si usa quasi più se non per dimostrazioni.
15 VINO (2^ Edizione)
Vino. In queste 250 pagine ho raccolto oltre 220 schede di criteri di vinificazione, abbinamento e prodotti pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Sin dall'antichità i frutti della vite sono diventati vino. Da allora migliaia di vitigni hanno avuto vita e decine di migliaia di vini sono stati creati. Per il nostro piacere. Impariamo insieme a conoscerne i principali, a degustarli, a scegliere quelli che sono i nostri vini di elezione. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro vinai di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.