giovedì 30 maggio 2024

Corso di cucina: Lezione 11 Primi piatti di mare

BISQUE
gamberi
olio
aglio
brandy
sale
pepe
cannella
paprika
burro
Teste e gusci nella casseruola con i bordi alti; olio e aglio che vanno belli caldi, e girare tutto pestando bene con il cucchiaio di legno. Poi un bicchierino di brandy da far sfumare. Basta un quarto d'ora, allungando con poca acqua bollente, per aver pronta la base: puoi ora passare al colino per fermare eventuali dettagli indesiderabili, poi ancora sul fuoco. Aggiungi sale, pepe, cannella, paprika, e porta alla desiderata consistenza. Prima di impiattare tirerai la salsa con un pezzetto di burro ottimo. I gamberoni li vorrai dolceamari: allora premili sul fondo di una padella ad arrostire un lato, e crudo - quasi - l'altro. Ammonticchia nel centro del piatto, e versa attorno la bisque con un anelito d'olio buono. Per la conservazione potrete conservare per qualche giorno in frigorifero purché siano riposti in un contenitore di vetro. Mentre in congelatore dura fino a 3 mesi.
La bisque è un preparato originario della cucina francese tipicamente basata sul brodo di crostacei (aragoste, astici, gamberi).
Si tratta di una zuppa che può essere servita come tale oppure utilizzata come fondo di cottura per la preparazione di altre pietanze.
Per preparare la bisque è necessario tostare i carapaci dei crostacei (che costituiscono la parte più saporita dei crostacei, nonché la pigmentazione) insieme a un soffritto di verdure. Una volta caramellati gli zuccheri presenti negli ingredienti si aggiunge acqua e si fa ridurre.

BRODO DI PESCE, FUMETTO, BISQUE

Il brodo di pesce, il fumetto e la bisque sono solitamente interpretati come sinonimi, soprattutto i primi due, ma in realtà hanno una sola cosa in comune: il fatto che si parli di pesce. Quindi, contrariamente a quanto si pensa, esistono delle differenze. Esaminiamole insieme:
Il brodo di pesce altro non è che un brodo. Esattamente come per il brodo di verdure, e il brodo di carne, viene fatto partendo con una base di acqua fredda e dove vengono inserite poi gli scarti del pesce, come lisca, spine, testa, e ortaggi profumati come sedano, carota, cipolla o porro, insieme ad alloro e pepe. Quando schiumerà toglietene il più possibile. Una volta cotto filtrare in un colino con un panno a maglie molto strette. Il brodo di pesce viene utilizzato per insaporire, profumare e continuare le cotture di certi piatti.
Il fumetto è molto simile al brodo di pesce tuttavia la differenza sta nella preparazione. Infatti lische e odori vengono scottati un attimo a fuoco vivo nell’olio bollente e poi coperto d’acqua come il brodo. Tuttavia il fumetto deve essere più ristretto del brodo. Una volta cotto filtrare in un colino con un panno a maglie molto strette.
La bisque è di origine francese, si ritiene che la versione originale fosse preparata con sole aragoste, successivamente sono state ammessi anche i parenti più prossimi come granchi, scampi e vari crostacei. Per preparare la bisque occorrono cipolla, carota, sedano e patata che vengono ammorbiditi nel burro e resi in vellutata. Una volta cotta filtrare in un colino con un panno a maglie molto strette.

BUCATINI AL RAGÙ DI PESCE SPADA

1 trancio di pesce spada da 100 g circa,
4 olive verdi,
4 olive nere,
4 filetti di acciughe o alici sott'olio,
2 cucchiai d'olio extravergine di oliva,
2 spicchi d'aglio,
150 g di pomodorini in scatola conservati con succo di pomodoro,
sale,
origano,
160 g di bucatini,
pepe.
Sciacquare il trancio di pesce spada sotto acqua corrente, togliere la pelle e, se presente, la lisca. Tagliarlo a piccoli cubetti di 1 cm di lato. Snocciolare le olive e spezzettarle grossolanamente. Scolare le acciughe dall'olio e tamponarle con carta da cucina per togliere il liquido in eccesso. In una capace padella mettere l'olio, gli spicchi d'aglio spellati e le acciughe. Accendere il fuoco e far soffriggere a fiamma vivace,fintanto che l'aglio non si sarà ben dorato. Unire il pesce spada, mescolare e farlo dorare uniformemente. Aggiungere le olive e far cuocere per un paio di minuti mescolando di frequente, quindi unire i pomodorini con il loro succo di conservazione, un pizzico abbondante di sale, una manciata di origano, amalgamare bene gli ingredienti, lasciar riprendere il bollore, coprire e cuocere per 5 minuti a fiamma media. Lessare la pasta in abbondante acqua salata, scolarla, e saltarla nella padella del condimento per qualche minuto, girando di frequente. Servire immediatamente con una generosa macinata di pepe.

BUCATINI CON LE SARDE ALLA SICILIANA
500 g di sarde fresche,
500 g di bucatini,
500 g di finocchietti selvatici,
2 cipolle medie o 1 cipolla piuttosto grossa,
3 acciughe sotto sale salate,
50 g di uva passa e altrettanti di pinoli,
una bustina di zafferano,
olio,
sale,
pepe.
Lessare per una ventina di minuti i finocchietti in tanta acqua salata, quanta ne servirà poi per la pasta (4 litri per 500 g), scolarli e tritarli. Tenere da parte l’acqua. In un tegame, scottare le sarde in 1 dl d’olio extravergine d’oliva (un minuto per lato), scolarle e riservarle. Mettere a soffriggere nello stesso tegame le cipolle finemente affettate fino a leggerissima coloritura e unire quindi i finocchietti, le sarde, l’uva passa (rinvenuta in acqua tiepida per mezz’ora), i pinoli, sale e pepe. Cuocere a fuoco basso, mescolando, per amalgamare la salsa.
Dopo una ventina di minuti, unire le acciughe che sono state dissalate, lavate, asciugate e infine sciolte in un tegamino con un cucchiaio d’olio caldo. Cuocere ancora per 15 minuti, sempre mescolando e unire quindi una bustina di zafferano, sciolto in un cucchiaio dell’acqua di cottura dei finocchietti. Mettere intanto a cuocere la pasta nell’acqua di cottura dei finocchietti. Scolarla al dente e unirla al condimento. Lasciare riposare per qualche minuto prima di servire. La pasta con le sarde (pasta chî sardi in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf). In origine è un piatto stagionale: si può preparare da marzo a settembre periodo in cui si trovano al mercato le sarde fresche ed è possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico.
Esistono molte varianti. Una tra le più importanti è la pasta con le sarde alla trappitara, ricetta gelosamente custodita da famiglie marinare di Trappeto (PA).
Gli ingredienti principali sono le sarde, la pasta e il finocchietto. La sarda è un pesce azzurro assai diffuso nel mediterraneo. Appartiene allo stesso gruppo delle acciughe o alici, ma è più grassa e deve per questo essere cucinata non oltre le otto ore dalla pesca per non comprometterne il sapore. Si pesca soprattutto da marzo a settembre. Le sarde (o sardelle) previste per questo piatto devono essere quelle fresche e non possono essere sostituite con le sardine sott’olio.
Devono essere nettate e sfilettate, eliminando la testa, la coda e la lisca, quindi lavate e asciugate tra due panni puliti. Quanto alla pasta, sono generalmente indicati tre tipi di pasta, tutti di semola di grano duro: i bucatini; i perciatelli, leggermente più grossi dei bucatini e chiamati anche col nome generico di maccheroni; i mezzani o mezzi ziti. Il finocchietto di montagna di cui si parla nelle ricette è il finocchio selvatico.
Nella pasta con le sarde se ne utilizzano le parti più tenere e verdi, i germogli, i rametti più giovani e le tipiche foglie piumose (o barba), che si possono raccogliere in campagna dalla primavera all’autunno e cioè nello stesso periodo in cui è possibile trovare nei mercati le sarde freschissime. Gli altri ingredienti della ricetta "classica" sono: cipolle, acciughe salate, uva passa, pinoli, una bustina di zafferano, olio, sale e pepe. Nella variante "alla messinese" in genere non si utilizza lo zafferano.
Nella zona palermitana c'è la pasta colle sarde cosiddetta "in bianco" senza aggiunta di sugo di pomodoro, e un'altra diffusa nell'agrigentino in cui è previsto il concentrato di pomodoro nella fase di preparazione. Questa ricetta è talmente diffusa nel territorio palermitano che nel corso del tempo si sono affermate, sia nella tradizione familiare, sia nelle cucine dei grandi chef, diverse varianti. Francesco Paolo Cascino, famoso chef siciliano, mette, al posto delle cipolle, degli scalogni e uno spicchio d’aglio, bagna il soffritto con un bicchiere di vino bianco e usa sardine dissalate invece delle acciughe dissalate. Pino Correnti, illustre gastronomo siciliano, unisce solo metà delle sarde al soffritto di cipolla. Scola la pasta molto al dente, la mescola al condimento, la passa in un tegame da forno e la ricopre con l’altra metà delle sarde, rosolate in un secondo tegame nella loro salsa. Cosparge infine la superficie con mandorle tritate e inforna la teglia per dieci minuti.
Anche Veronelli e Carnacina concludono la preparazione in forno, a calore moderato per circa 20 minuti. Mentre la Di Leo e la Allotta suggeriscono di far semplicemente riposare la pasta condita per dieci minuti prima di servire. Infine una variante piuttosto diffusa, riferita dalla Allotta: la Pasta con le sarde alla “milanisa”, che prevede di versare 3 dl di salsa di pomodoro una volta che tutti gli altri ingredienti sono stati uniti nel tegame. La cottura deve proseguire per 30 minuti circa a fuoco dolce. La pasta, una volta scolata, si condisce con il sugo e si cosparge con pangrattato, tostato in padella con due cucchiai d’olio.

RISOTTO AL NERO DI SEPPIE
risotto al nero di seppie
1 kg. di seppie medie,
gr. 500 di riso violone nano,
2 lt. di buon fumetto di pesce,
1 cipolla bianca,
1 spicchio d’aglio,
gr. 250 passata di pomodoro,
1 bicchiere di vino bianco,
prezzemolo tritato,
gr. 80 di olio evo,
gr. 100 di burro,
sale,
peperoncino.
Per la decorazione ricca
6 gamberoni
12 fasolari.
Nella casseruola con l’olio fare rosolare la cipolla e l’aglio finemente tritati, il peperoncino spezzettato, e quindi le seppie spellate, tagliate a pezzetti e private della loro vescichetta del nero che avremo messo da parte. Aggiungere poco brodo e far cuocere per 10’ le seppie, fintanto che il liquido non si sarà tutto asciugato. Quindi unire il riso e tostarlo bene sfumando alla fine con il vino. Tagliare con una forbice sulla casseruola le vescichette versandovi tutto il liquido nero ed aggiungere la passata di pomodoro. Iniziare la cottura umida del risotto aggiungendo poi di volta in volta del brodo caldo e verso fine cottura, molto al dente, aggiungere il prezzemolo finemente tritato. Spegnere, mantecare con il burro e servire dopo 2 minuti. Sul piatto porre a decorazione due fasolari appena aperti ed un gamberone cotto al vapore.

RISOTTO ALL'ASTICE
Duecentottanta grammi di riso
Due astici
Quattrocento grammi di pelati in scatola
Una cipolla
Una bustina di zafferano
Cento grammi di panna da cucina
Brandy
Olio extravergine d'oliva
Una carota
Una costa di sedano
Un rametto di prezzemolo
Una testa di salmone
Sale
Pepe
Pulite gli astici, staccate le chele, rompetele con uno schiaccianoci per estrarne la polpa, tagliate a pezzi la coda. Pulite il resto degli astici da eventuali residui di polpa che metterete nel riso insieme alle chele e alla coda tagliata a pezzi. Tutto ciò che avanza dell’astice tenetelo per il brodo. Preparate il brodo di pesce facendo bollire per circa 20 minuti nell’acqua salata mezza cipolla, una carota, una costa di sedano a pezzi, il prezzemolo, una testa di salmone e i resti dell’astice che avete tenuto da parte.
Per il riso: fate soffriggere l'altra mezza cipolla in un tegame largo dai bordi alti, aggiungete il brandy e i pezzi di astice. Quando sono rosolati aggiungete il riso, mescolate e fate cuocere per qualche minuto aggiungendo del brodo. Aggiungete i pelati schiacciati e fate cuocere mescolando ed aggiungendo a poco a poco il brodo. Quando il riso è quasi a fine cottura aggiungete una bustina di zafferano ed un po’ di panna da cucina a piacere. Servite ben caldo.

mercoledì 29 maggio 2024

Corso di cucina: Lezione 10 Primi piatti di terra

CANNELLONI ALLA SCAROLA
cannelloni alla scarola
500 grammi insalata scarola
2 cucchiai capperi
1 peperoncino
q.b. aglio
q.b. olio di oliva extravergine
5 pomodori
q.b. porro
q.b. sale
120 grammi lasagne secche all'uovo
Lava e trita il porro e fallo insaporire con un cucchiaio di olio e il peperoncino. Quindi unisci la scarola e lasciala appassire a fiamma viva. Aggiungi il sale, elimina il peperoncino e unisci i capperi tritati. In un'altra padella metti i pomodori lavati e tagliati a pezzetti e uno spicchio d'aglio. Sala, cuoci a fuoco vivo per 10 minuti, quindi passa tutto al passaverdure ed elimina le bucce del pomodoro. Lessa in abbondante acqua salata le lasagne, scolale al dente e dividile a metà. Metti su ogni striscia un cucchiaio abbondante di scarola e capperi. Arrotola la pasta sul ripieno in modo da formare dei cannelloni: mettili in pirofiline individuali e coprili con la salsa di pomodoro. Condisci con un filo d'olio e passa nel forno caldo a 200° per circa 10 minuti.

CANNELLONI ALLE MELANZANE
3 cucchiaio olio di oliva extravergine
q.b. origano
q.b. pepe
1 bicchieri brodo vegetale
2 melanzana
50 grammi mozzarella di bufala
250 grammi ricotta di pecora
q.b. sale
1 peperone rosso
q.b. basilico
300 grammi pasta all'uovo
Taglia le melanzane a fette dello spessore di circa 1/2 cm, cuocile su una griglia ben calda finché saranno abbastanza morbide, poi tagliale a cubetti. Sulla stessa griglia abbrustolisci il peperone intero, mettilo in un sacchetto di plastica, aspetta qualche minuto, poi spellalo, elimina semi e nervature e taglia anche questo a cubetti. Frulla metà del peperone con il brodo, passa la salsa ottenuta al colino fine e tienila in caldo.
Prepara il ripieno di melanzane e ricotta mescolando metà dei cubetti di melanzana alla ricotta; aggiungi sale e pepe e profuma con l'origano sminuzzato. Taglia la sfoglia a rettangoli di circa 12x15 cm e farcisci ciascuno con un cucchiaio di ripieno, disponendolo vicino a un lato corto. Avvolgi i cannoli di melanzane e ricotta partendo dal lato farcito e facendo in modo di racchiudere bene il ripieno: dovrai ottenere dei cannoli compatti. Spennella i cannoli di olio e cuocili sulla griglia non troppo calda per circa 10 minuti, finché la pasta sarà croccante e il ripieno caldo. Per servire questa ricetta di cannelloni ripieni, distribuisci sul fondo dei piatti un velo di salsa di peperoni, sistema sopra i cannoli e guarnisci con i rimanenti cubetti di peperone e melanzana (che avrai tenuto in caldo), dadini di mozzarella e basilico.

FAGOTTINI ALLA FARAONA
2 carote
2 uova
1 cipolla
q.b. sugo di carne
50 grammi lardo
q.b. olio di oliva extravergine
100 grammi patate
q.b. sale
q.b. timo
1 zucchina
1 sedano coste (gambo)
70 grammi pane mollica
1 spicchio aglio
100 grammi pecorino
150 grammi pistacchio fresco
q.b. vino bianco
q.b. pepe
300 grammi pasta all'uovo
200 grammi faraona polpa
Rosola in una padella unta con un filo d’olio il lardo tagliato a tocchetti, l’aglio, la cipolla, la carota e il sedano sminuzzati. Aggiungi al battuto 100 g di pistacchi tritati e i 200 g di polpa di faraona tagliata a pezzettini. Sfuma con mezzo bicchiere di vino bianco e lascialo evaporare. Regola di sale e pepe e trasferisci il tutto in una terrina. Unisci alla carne rosolata il pane a dadini, il pecorino e le uova e lavora il tutto fino a ottenere un impasto compatto che servirà per farcire i fagottini. Lessa la zucchina e la restante carota e tienile da parte. Prepara la salsa di accompagnamento dei fagottini lessando le patate e il resto dei pistacchi, quindi frulla questi due ingredienti per ottenere una crema fluida. Stendi la pasta fino ad ottenere una sfoglia sottile e ritagliala in quadrati di 4 cm di lato. Distribuisci sopra alla pasta quasi tutto il ripieno, formando dei mucchietti. Inumidisci i bordi dei fagottini e richiudili a triangolo. Appiattisci il petto di faraona e stendi al centro il ripieno rimasto, la carota e la zucchina lesse a fettine. Arrotola l’arrostino, legalo e fallo cuocere con un filo di olio e un po’ di timo. Lessa i fagottini alla faraona e distribuiscili nei piatti. Condiscili con il sugo di carne e la salsa di pistacchi. Accompagna i piatti con una fettina di petto di faraona ripieno.

FETTUCCINE CON SALSA ALLA SANTOREGGIA
400 g di fettuccine
1,5 kg di pomodori maturi e sodi
una piccola carota
una cipolla
una costola di sedano
un ciuffo di prezzemolo
2 rametti di santoreggia
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
un cucchiaino di zucchero
30 g di burro
olio extravergine di oliva
sale
Pulite i pomodori, eliminate il picciolo, lavateli e divideteli a metà. Sbucciate la cipolla e affettatela fine. Raschiate la carota e tagliatela a rondelle sottili. Pulite il sedano, lavatelo e riducetelo a dadini. Lavate le foglioline di prezzemolo e di santoreggia e, tenendone da parte alcune per decorare, riunitele in una casseruola con tutte le verdure. Mettete il coperchio e fate cuocere, senza aggiunta di grassi, a fuoco medio per circa un'ora, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e unendo, se necessario, un mestolino d'acqua calda. Passate il tutto al mixer o al passaverdure con il disco a fori piccoli, rimettete la passata sul fuoco e proseguite la cottura finché risulterà addensata. Regolate di sale e aggiungete lo zucchero. Scaldate il burro con 2 cucchiai d'olio in una grande padella, aggiungete la salsa e lasciate insaporire per qualche minuto. Lessate al dente le fettuccine in acqua bollente salata, scolatele e saltatele nella padella con il sugo. Spolverizzate con il parmigiano grattugiato, profumate con le foglioline di santoreggia fresca e servite.

LASAGNE VEGETARIANE
700 grammi melanzana
300 grammi robiola
4 cucchiai latte intero
250 grammi pasta all'uovo
q.b. sale
q.b. pepe
250 grammi pomodorino sardo
100 grammi spinaci
q.b. erba cipollina
6 cucchiai olio di oliva extravergine
Per iniziare la preparazione della ricetta lasagne vegetariane devi come prima cosa occuparti delle verdure. Lava le melanzane, togli la buccia e tagliale a fette orizzontali dello spessore di circa ½ centimetro. Mettile in uno scolapasta cosparse di sale per far uscire l’acqua vegetale. Dopo 1 ora appoggiale sulla griglia cala e cuoci le fette per circa un paio di minuti per ogni lato. Aggiungi ancora un pizzico di sale e uno di pepe. Lava i pomodori e tagliali a metà, poi lessa gli spinaci. le verdure per il ripieno delle lasagne sono pronte, versa la robiola in una terrina capiente e dopo averla diluita con il latte, inizia a lavorarla con un cucchiaio di legno. Trita un ciuffo di erba cipollina e amalgamala alla robiola. Prendi una pirofila e ungi il fondo con un cucchiaio di olio, poi adagia uno strato di lasagne, depositaci sopra con alcune cucchiaiate di robiola e stendile in maniera uniforme. Immediatamente dopo fai uno strato di melanzane grigliate, di pomodorini tagliati e di spinaci. Ripeti gli strati di lasagne vegetariane fino a che gli ingredienti non sono terminati, poi versa sulla superficie ancora un po’ d’olio. Copri la pirofila con un foglio di alluminio e cuoci in forno preriscaldato a 200° per circa 15 minuti.

LUMACONI ALLA PARMIGIANA
Per i lumaconi
Basilico 20 foglie
Melanzane due medie (da 600 gr l'una)
Mozzarella di bufala 400 gr
Olio di oliva 3-4 cucchiai
Parmigiano Reggiano 120 gr
Pasta lumaconi 500 gr
Sale q.b.
Per il sugo
Aglio 2 spicchi
Olio di oliva 4 cucchiai
Olive nere denocciolate 50 gr
Pomodori polpa 1200 gr
Sale q.b.
Realizzate il sugo. Tritate l'aglio e tagliate le olive a rondelle. Fate soffriggere aglio e olive in una casseruola dove avrete fatto scaldare i quattro cucchiai di olio d'oliva. Dopodiché aggiungete la polpa di pomodori. Lasciate cuocere il sugo, mescolandolo di tanto in tanto con un cucchiaio di legno. Intanto preparate le melanzane, tagliatele a rondelle spesse circa due cm e poi tagliatele a cubetti: friggetele in una padella. Una volta che i cubetti si saranno dorati scolateli dall'olio e metteteli ad asciugare su un piatto ricoperto di carta assorbente. Intanto tagliate a cubetti anche la mozzarella e mettete a cuocere i lumaconi in acqua bollente precedentemente salata.  Scolate la pasta molto al dente, mettetela in una ciotola e conditela con metà del sugo. Cospargete il fondo della teglia con dell'olio e disponete uno strato di lumaconi, continuate cospargendo con metà delle melanzane. Continuate con i cubetti di mozzarella e con le foglie di basilico spezzate a metà con le dita terminate con una spolverata di parmigiano grattugiato. Proseguite con un altro strato di lumaconi a cui aggiungerete tutti gli altri ingredienti e terminate con il sugo. Infornate per 35-40 minuti a 160 gradi. Sfornate i lumaconi alla parmigiana e servite immediatamente.

MINESTRA DI PANE
6/700 g di pane raffermo rigorosamente toscano (senza sale)
400 g di fagioli cannellini secchi
200 g di carote
200 g di sedano (utilizzate il cuore con le foglie più tenere)
350 g di cavolo cappuccio (corrisponde a circa un quarto della palla)
400 g di bietola
400 g di cime di cavolo nero
250 g di zucchine
300 g di patate
1 porro
200 g di fagiolini
1 cipolla
uno spicchio d'aglio
1 tubetto di concentrato di pomodoro (ne serviranno ¾ di tubetto)
un bicchiere di olio extravergine d'oliva
sale, pepe
La sera precedente mettere i fagioli a rinvenire in abbondante acqua e tenerli a bagno per circa 10/12 ore. Il mattino seguente sciacquarli bene e lessarli in abbondante acqua; occorreranno circa 90 minuti di cottura, i fagioli dovranno a quel punto avere la buccia tenera. Salarli solo a fine cottura. Tenere da parte una tazza di fagioli e frullare il resto insieme all'acqua di cottura (detta in Toscana "broda dei fagioli") che servirà per cuocere la zuppa di verdure. Questa broda dovrà essere mantenuta calda per tutto il tempo di cottura della zuppa perchè andrà aggiunta a mano a mano che le verdure cuociono. Non appena i fagioli saranno cotti cominciare a preparare le verdure. Pulire le verdure; tagliare le carote, il porro e le zucchine a rondelle di circa un cm di spessore, le patate a tocchetti, il sedano a pezzetti con tutte le foglie, i fagiolini a tocchetti. Il cavolo cappuccio, il cavolo nero e la bietola verranno tagliati a strisce non troppo strette. A mano a mano che vengono tagliate tenerle comunque separate perché verranno aggiunte in tempi diversi. Tritare grossolanamente la cipolla insieme all'aglio. In un largo tegame possibilmente di coccio mettere l'olio d'oliva, farlo scaldare quindi aggiungere il trito di aglio e cipolla; farlo appassire a fuoco dolce per una decina di minuti facendo molta attenzione affinché non si bruci.
Aggiungere le patate, le carote, il porro e il sedano; aggiungere anche il concentrato di pomodoro e mescolare bene per farlo amalgamare agli ingredienti. Aggiungere le verdure a foglia (cavolo cappuccio, cavolo nero e bietola), mescolare e, non appena si sono appassite un po' aggiungere anche i fagiolini e le zucchine. Allungare la zuppa con qualche mestolo di "broda dei fagioli", regolare di sale e di pepe e continuare la cottura a fuoco lento. Tenere sempre in caldo la "broda" e sorvegliare la cottura delle verdure affinché non si attacchino al tegame; a mano a mano che si asciugano aggiungere un mestolo di "broda". Cuocere la zuppa di verdure per un paio di ore; alla fine dovrà risultare cremosa ma abbastanza liquida perché dovrà ammorbidire il pane. A fine cottura aggiungere i fagioli interi tenuti da parte. Tagliare il pane a fette alte circa un cm. In una zuppiera mettere uno strato di verdure; alternare strati di fette di pane con strati di verdure fino ad esaurimento degli ingredienti, terminando con uno strato di verdure. Far riposare la minestra di verdure toscana per qualche ora quindi servirla in tavola accompagnata da un filo di olio extravergine rigorosamente toscano e, a piacere, pepe nero macinato al momento.
La minestra di pane, detta anche zuppa di pane e in alcune zone semplicemente zuppa è un piatto di pane raffermo e verdure tipico di numerose parti della Toscana, in particolare della Montagna Pistoiese e della zona di Firenze. Fa parte dei tipici prodotti della cucina povera toscana. La ricetta coinvolge numerosi tipi di verdure: patate, pomodori, fagioli, sedano, carote, cipolle e  soprattutto cavolo. In particolare è necessario che il cavolo sia di tipo verza e nero. Quest'ultimo deve aver "preso il ghiaccio", ovvero aver subito almeno una gelata invernale, che ne ammorbidisce le foglie. I fagioli possono essere di tipo borlotto o cannellino. Il pane deve essere di tipo toscano e raffermo. Al termine della cottura si aggiunge un filo d'olio extravergine di oliva ed eventualmente delle fette di pane abbrustolite. La ricetta prevede numerose varianti locali, tra cui l'utilizzo della cipolla tritata a crudo, nonché la cottura di cotenne o di "culetti" di prosciutto crudo. La preparazione della minestra di pane è più rapida rispetto alla più famosa ribollita, che subisce inoltre ulteriori fasi di cottura.

PASTA E FAGIOLI COLLE COTICHE
450 grammi fagioli borlotti in scatola
400 grammi pomodoro pelato
320 grammi pasta di semola (di grano duro)
50 grammi maiale cotenna
1 litro brodo di carne e verdura
q.b. lardo
q.b. cipolla
q.b. aglio
q.b. grana
1 cucchiaio olio di oliva
q.b. sale
q.b. pepe
Fai bollire 50 g di cotenne per 5 minuti, scolale e raschiale. Fai soffriggere in 1 cucchiaio di olio un trito di lardo, aglio e cipolla, unisci 400 g di pomodori pelati schiacciati, 450 g di fagioli borlotti lessati, le cotenne e 1 l di brodo. sala e cuoci per 30 minuti, unendo altro brodo se necessario. Aggiungi 300 g di pasta corta e portala a cottura. Pepa la pasta e fagioli con le cotiche e servi con grana padano a parte.

RAVIOLI AL COTECHINO
Farina di grano tenero 300 g
Farina di grano duro 100 g
Uova grandi 4
Sale 2 g
Lenticchie 150 g
Cotechino precotto 1 da 250 g
Scalogno 2
Sedano 1 costa
Carote 1
Aglio 1 spicchio
Sale 3 g
Rosmarino 1 rametto
Olio di oliva extravergine 20 g
Pepe macinato 2 g
Prezzemolo tritato 10 g
Brodo vegetale 100 g
Per preparare i ravioli al cotechino con salsa di lenticchie incominciate col realizzare la pasta fresca all'uovo: ponete le farine setacciate in una ciotola e al centro versate le uova e un pizzico di sale. Quindi iniziate a lavorare gli ingredienti mescolando con una forchetta, allargando sempre di più per prendere la farina. Poi iniziate a lavorare con le mani almeno per 10 minuti, maneggiando e sbattendo l'impasto sulla spianatoia fino a quando non otterrete un composto morbido e omogeneo. Formate un panetto e rivestitelo con pellicola trasparente, poi fate riposare a temperatura ambiente per circa 30 minuti. Intanto proseguite con la preparazione della salsa: per prima cosa sciacquatele le lenticchie sotto l’acqua corrente; mettetele all’interno di una pentola a pressione, versate l’acqua in modo da coprirle interamente. Chiudete la pentola e cuocete per 20 minuti e poi lasciatele raffreddare. In una pentola antiaderente fate soffriggere a fuoco basso l’ olio con lo scalogno, l’aglio, il sedano e la carota tritati finemente. Aggiungete anche il rosmarino e mescolate con una spatola. Unitevi le lenticchie e coprite la pentola con un coperchio, lasciando cuocere a fuoco lento per circa 10 minuti. Mescolatele spesso per controllare che non si asciughino troppo e regolate di sale e di pepe. Quando saranno pronte, spegnete il fuoco e procedete con al cottura del cotechino: prendete un cotechino precotto e mettetelo in una pentola con acqua fredda; accendete il fuoco e fatelo lessare secondo le istruzioni riportate sulla confezione (ci vorranno circa 15 minuti). Passato il tempo necessario, scolatelo e ponetelo in una ciotolina per eliminare l'involucro esterno, facendo attenzione a non scottarvi con il liquido presente nella confezione. Eliminate la pelle del cotechino, poi tritatelo finemente al coltello in una ciotola. Aggiungete 50 g delle lenticchie che avete preparato alla carne e mescolate con una spatola: il vostro ripieno è pronto. A questo punto, riprendete il panetto di pasta all'uovo e ponetelo sulla spianatoia leggermente infarinata. Stendetelo con il mattarello, dividetelo e ricavatene 8 sfoglie di 60x40, il più possibile sottili, servendovi di una macchinetta per la pasta. Disponete sulla sfoglia un cucchiaino (circa 5 g) del ripieno che avete preparato, lasciando circa 3-4 cm tra una cucchiaiata di impasto e l’altra; quindi sovrapponete un’altra sfoglia della stessa dimensione; fate una leggera pressione per far uscite tutta l’aria trattenuta dalle due sfoglie. Con uno stampo a forma di stella ricavate i vostri ravioli, ripetendo l’operazione fino all’esaurimento degli ingredienti e rimpastando i ritagli: con le nostre dosi dovrete ottenere 40 ravioli. Man mano che li realizzate appoggiateli su un canovaccio infarinato. Ponete sul fuoco una pentola con abbondante acqua per preparare il brodo vegetale. Lessate i ravioli in acqua bollente salata per circa 4-5 minuti, quindi scolateli. Nel frattempo trasferite in un recipiente dai bordi alti le lenticchie avanzate che avete cotto. Frullate con un frullatore ad immersione, aggiungendo a filo 50 g di brodo. Quando la salsa ha raggiunto la giusta consistenza, setacciatela con un colino per renderla più omogenea. In una padella antiaderente fate scaldare la salsa di lenticchie insieme al brodo che avete avanzato, poi aggiungete i ravioli e fate saltare per qualche secondo. A fine cottura, spegnete e aggiungete il prezzemolo tritato.

TESTAROLI
farina g 400,
olio d'oliva,
sale.
Preparare una pastella fluida con la farina, il sale e l'acqua necessaria per giungere alla giusta consistenza (tipo pastella da crepe). Se restassero dei grumi, passarla al setaccio. Per la cottura ci vorrebbe l'apposito strumento, il testo, dal quale deriva il nome, difficile da trovare. Si puo' usare una padella in ghisa o anche antiaderente a fondo spesso. Ungere la padella con un velo d'olio e versare un mestolino di pastella, allargandola: si procede proprio come per le crepe, voltandole una volta in cottura. Si ottengono cosi' delle crespelle bianche. Quando sono tutte pronte, tagliarle a losanghe o a quadrati. Buttare i testaroli nell'acqua bollente salata; quando l'acqua riprende il bollore, spegnere il fuoco, lasciarli gonfiare un minutino, toglierli con la schiumarola e passarli nello scolapasta per farli sgocciolare: via via che sono scolati, disporli a strati nel piatto da portata e condirli con pesto e pecorino grattugiato.

ZUPPA ARCIDOSSINA
3 cipolle,
una costola di sedano,
500 grammi di strigoli o spinaci,
300 grammi di pomodori pelati,
olio extravergine d'oliva,
sale,
peperoncino,
ricotta,
pane casalingo raffermo in fette sottili e tostate.
Soffriggere in una padella le cipolle e il sedano tritati con olio, sale e peperoncino. Appena ottenuta la doratura degli ingredienti, aggiungere gli strigoli o spinaci. Dopo 10 minuti circa aggiungere i pomodori pelati, tirando a cottura il tutto con acqua o brodo vegetale. A parte, in un'altra padella, con poco olio e sale far insaporire la ricotta sbriciolandola con una forchetta. Unire poi la ricotta alla zuppa preparata sminestrandola nei piatti sulle fette di pane tostato.

martedì 28 maggio 2024

Corso di cucina: Lezione 9 Antipasti

'MBRIULATA
200 g di farina di semola;
150 g di farina "00";
3 cucchiai di olio d'oliva;
20 g di lievito di birra;
latte;
sale.
Ingredienti ripieno:
3 patate piccole;
150 g di polpa di manzo tritata;
150 g di carne di maiale tritata;
1 piccola cipolla;
6 olive nere snocciolate;
4 cucchiai di pecorino grattugiato;
olio d'oliva;
sale;
pepe
Impastate la farina con olio, lievito di birra, del sale ed un po' di latte. Aggiungete tanto latte quanto basta a dare consistenza all'impasto. Dovrà risultare piuttosto sodo, quindi non abbondate con la mano. Durante l'impasto potrebbe tornare utile aggiungere un pochino di acqua tiepida. Quando l'impasto sarà pronto, mettetelo a lievitare per un 30 minuti. Approfittate di questo break per dedicarvi al ripieno. Pelate le patate e tagliatele a tronchetti. Fatele rosolare in padella con un pò di olio e sale. Mescolate i due diversi tipi di carne e aggiungete sempre un pizzico di sale e pepe. Ora rimettete le mani in pasta e ricavate una sfoglia spessa qualche millimetro. Spennellate un po' di olio di oliva e sistemate immediatamente sopra le patate, poi la carne ed infine le olive ed un po' di cipolla, che rallegra il sapore. Girate la sfoglia a spirale e cuocetela a forno caldo per circa 40 minuti. Prima di servirla fatela riposare 10 minuti.
La 'mbriulata o imbriulata consiste in un impasto di pasta di pane salato arrotolato farcito al suo interno da vari ingredienti: olive, cipolla e tritato di maiale. Prodotto tipico della cucina di Milena (CL) che si prepara tradizionalmente per la notte di Natale. Nello stesso paese ogni anno il secondo lunedì di agosto si tiene la "sagra della 'mbriulata". È un piatto tipico locale che anticamente le massaie preparavano come pasto unico per i familiari che si recavano per l'intera giornata a lavorare nei campi. La 'mbriulata dopo essere preparata si può consumare per alcuni giorni.

ACCIUGHE ALLA LIGURE

aglio, acciughe salate,origano, olio extra vergine. 
Una volta pulite le acciughe dalla lisca e sciacquate abbondantemente vanno poste in un piatto dove saranno coperte d'olio e spolverizzate di origano e aglio. È bene far passare qualche ora prima di gustarle.

ARANCINI SICILIANI
1 Kg riso
100 gr. burro
30 gr. di sale
2 bustine di zafferano
Ingredienti per il ragù:
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
2 foglie d'alloro
un pizzico di chiodi di garofano in polvere
gr. 250 tritato suino
gr. 250 tritato bovino,
gr.250 di caciocavallo grattugiato.
mezzo bicchiere di vino bianco
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
200 gr di piselli
sale, 
pepe
Mettere gli ingredienti per il riso in una capiente pentola, possibilmente antiaderente, partendo da freddo e lasciare cuocere, a fuoco medio e senza mai mescolare, fintanto che il riso non avrà assorbito tutta l'acqua (impiegherà circa 40 minuti), quindi rovesciare il contenuto della pentola in una teglia (placca) o altro largo contenitore per farlo raffreddare. In un tegame largo, mettere la cipolla, la carota e il gambo di sedano tritati finemente con un filo d'olio (e.v.o.) fare andare a fuoco lento dopo qualche minuto versare la carne suina e la carne bovina e farla rosolare, quando la carne sarà rosolata, alzare la fiamma, sfumare col vino bianco e fare evaporare,aggiungere l'alloro e la polvere dei chiodi di garofano quindi i piselli ed il concentrato di pomodoro sciolto in un bicchiere d'acqua tiepida, aggiungere altri due bicchieri d'acqua aggiustare di sale e di pepe e fare cuocere a fuoco lento per circa un ora e mezza, se vediamo che asciuga troppo aggiungere dell'acqua calda. Finita la cottura fare raffreddare, togliere le foglie d'alloro e quando tutto sarà tiepido aggiungere il caciocavallo mescolando . Andiamo, ora, ad assemblare gli arancini: prendiamo sul palmo della mano una manciata di riso e formiamo una palla, grande quanto un'arancia, apriamo poi questa palla appena formata e la riempiamo con una bella polpetta del ragù che abbiamo preparato e che deve essere piuttosto asciutto, se dovesse essere troppo liquido lo aggiustiamo con un po di farina 00 ,richiudiamo a questo punto l'arancina compattandolo bene,per fare questa operazione è meglio tenere le mani ben umide. L'arancino così formato va poi passato in una pastella leggera (lega), fatta da acqua e farina, piuttosto liquida e poi nel pangrattato. Siamo così pronti per la frittura, che va fatta usando un tegame con abbondante olio di semi, appena l'olio sarà ben caldo immergervi uno o più arancini in modo che vengano completamente sommersi dall'olio, farli imbiondire ed appena avranno assunto quel bel colore dorato tirarli fuori e farli intiepidire su della carta assorbente.
L'arancino (in siciliano arancinu o arancina) è una specialità della cucina siciliana. Come tale, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF) con il nome di "arancini di riso". Si tratta di una palla o di un cono di riso impanato e fritto, del diametro di 8-10 cm, farcito generalmente con ragù, piselli e caciocavallo, oppure dadini di prosciutto cotto e mozzarella. Il nome deriva dalla forma originale e dal colore dorato tipico, che ricordano un'arancia, ma va detto che nella Sicilia orientale gli arancini hanno più spesso una forma conica.
Etimologia
Nella parte occidentale dell'isola questa specialità è conosciuta come "arancina", mentre nella parte orientale è chiamata "arancino". Secondo lo scrittore Gaetano Basile la pietanza dovrebbe essere indicata al femminile, in quanto il nome deriverebbe dal frutto dell'arancio, l'arancia appunto, che in lingua italiana è al femminile. Tuttavia in siciliano la declinazione al femminile dei frutti non è frequente quanto in italiano, e nel caso specifico l'arancia viene detta arànciu. Pertanto in siciliano il nome di questa pietanza è originariamente al maschile (arancinu), come testimoniato dal Dizionario siciliano-italiano del palermitano Giuseppe Biundi, che nel 1857, al lemma arancinu, scrive: "[...] dicesi fra noi [in Sicilia] una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia". Il termine della lingua italiana arancino deriverebbe dal siciliano arancinu.
Storia
Le origini dell'arancino sono molto discusse. Essendo un prodotto popolare risulta difficile trovare un riferimento di qualche tipo su fonti storiche che possano chiarire con esattezza quali le origini e quali i processi che hanno portato al prodotto odierno con tutte le sue varianti. In assenza di fonti specifiche, quindi, alcuni autori si sono cimentati nell'immaginarne le origini a partire dall'analisi degli ingredienti che costituiscono la pietanza. Così, per via della presenza costante dello zafferano, se ne è supposta una origine alto-medioevale, in particolare legato al periodo della dominazione musulmana, epoca in cui sarebbe stato introdotto nell'isola l'usanza di consumare riso e zafferano condito con erbe e carne. L'invenzione della panatura nella tradizione a sua volta viene spesso fatta risalire alla corte di Federico II di Svevia, quando si cercava un modo per recare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia. La panatura croccante, infatti, avrebbe assicurato un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Si è supposto che, inizialmente, l'arancino si sia caratterizzato come cibo da asporto, possibilmente anche per il lavoro in campagna. Non mancano piuttosto le fonti relative al termine, arancinu, la cui più antica pare essere il Vocabolario siciliano etimologico, italiano e latino di Michele Pasqualino edito a Palermo nel 1785, in cui è riportato alla voce corrispondente "del colore della melarancia, rancio, croceus". Curiosamente, poco oltre il Pasqualino riporta che il termine arancia era riferito all'albero di citrus × aurantium, mentre aranciu al suo frutto, contrariamente a come avviene nella lingua italiana. Da questa edizione fino alla metà del XIX secolo il lemma arancinu indicava prevalentemente un tipo di colore. La prima documentazione scritta che parli esplicitamente dell'arancinu in qualità di pietanza è il Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi, il quale testimonia la presenza di "una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia". Questo dato può indurre a credere che l'arancino nascesse come dolce, presumibilmente durante le festività in onore di santa Lucia, e solo in seguito divenisse una pietanza salata. In effetti pare che i primi acquisti di uno degli elementi tipici costituenti l'arancino salato, il pomodoro, siano datati al 1852, cinque anni prima l'edizione del Biundi: la diffusione di tale ortaggio e il suo uso massiccio nella gastronomia siciliana si deve ipotizzare sia successiva a tale data e - verosimilmente - nel 1857 non era ancora divenuto parte dell'arancino. L'assenza di riferimenti precedenti al Biundi potrebbe in realtà essere indice di una relativa "modernità" del prodotto, certamente comunque nella sua versione salata. Sulla origine della versione dolce pure permangono notevoli dubbi: l'accostamento con santa Lucia e i prodotti tipici legati ai suoi festeggiamenti apre diverse possibilità di interpretazione. A Siracusa, secondo la tradizione, nel 1646 approdò una nave carica di grano che pose fine ad una grave carestia, evento ricordato con la creazione della cuccìa, un prodotto a base di chicchi di grano non macinato, miele e ricotta. Non è impensabile quindi che i primi arancini dolci siano una versione da trasporto della stessa cuccìa. In merito al legame tra i due prodotti e i festeggiamenti luciani, ancora oggi il 13 dicembre di ogni anno, è tradizione palermitana quanto trapanese, festeggiare il giorno di santa Lucia, in cui ci si astiene dal consumare cibi a base di farina, mangiando arancini (di ogni tipo, forma e dimensione) e cuccìa. In merito alla diffusione di questo prodotto nel mondo, si possono rintracciarne le origini nel fenomeno della emigrazione di siciliani all'estero, almeno nella sua fase iniziale, che fondarono rosticcerie nei luoghi in cui si stabilirono portando con sé i prodotti regionali. Un secondo fenomeno è dovuto alla creazione di rosticcerie di qualità in Italia e all'estero da parte di cuochi affermati e imprenditori siciliani.
Nella cultura di massa
L'arancino è considerato dai siciliani il prodotto di rosticceria più caratteristico della propria regione e quasi tutte le grandi città ne rivendicano la paternità. Questo atteggiamento fortemente campanilistico ha spesso acceso discussioni che oggi si sono diffuse a livello popolare anche grazie ai canali virtuali di discussione sociale, come blog, forum e altre forme di social network. In particolare nel comprensorio catanese si sostiene che la forma a cono si debba ad una ispirazione data dall'Etna: infatti tagliandone la punta esce dall'arancino il vapore che ricorderebbe il fumo del vulcano, mentre la superficie croccante della panatura e il rosso del contenuto ne rievocherebbero la lava nei suoi due stadi, calda e fredda. Sempre nel catanese, la forma a palla del prodotto ha generato un accostamento con le persone corpulente, definite con tono di scherno arancinu che' peri (arancino con i piedi, ossia arancino che cammina), per indicare una persona particolarmente rotonda. Nella letteratura appaiono diversi riferimenti a questo prodotto gastronomico. Il personaggio dei romanzi di Andrea Camilleri - il commissario Montalbano, nella finzione letteraria noto estimatore di questo piatto - è forse il più popolare tra essi e uno dei racconti dell'autore siciliano è persino intitolato Gli arancini di Montalbano e quasi per intero dedicato alla passione del commissario per tale pietanza.
Tipologie
Gli arancini più diffusi in Sicilia sono quello al ragù di carne (per praticità, un sostituto dell'originale sugo), quello al burro (con mozzarella, prosciutto e, a volte, besciamella) e quello agli spinaci (condito anch'esso con mozzarella). Inoltre, nel catanese sono diffusi anche l'arancino "alla norma" (con melanzane, detto anche "alla catanese") e quello al pistacchio di Bronte. La versatilità dell'arancino è stata sfruttata per diverse sperimentazioni. Esistono infatti ricette dell'arancino che prevedono, oltre ovviamente al riso, l'utilizzo di funghi, salsiccia, gorgonzola, salmone, pollo, pesce spada, frutti di mare, pesto, gamberetti nonché del nero di seppia (l'inchiostro). Ne esistono varianti dolci: gli arancini vengono preparate con il cacao e coperti di zucchero (vengono preparate solitamente per la festa di santa Lucia); ce n'è alla crema gianduia (soprattutto nella zona di Palermo) e al cioccolato, nonché all'amarena. Per facilitare la distinzione tra i vari gusti, la forma dell'arancino può variare.

BACIOCCA

Patate 800 g
Lardo quanto basta
Cipolle 2
Sale quanto basta
Parmigiano reggiano 80 g
Uova 2
Pasta sfoglia 1
Sbucciate le patate e tagliatele a fettine sottili. Ponetele in una ciotola, aggiungete acqua e sale e lasciatele riposare. Ponete il lardo in una padella e fatelo sciogliere, aggiungete le cipolle tagliate a fettine sottili e lasciate rosolare qualche minuto. Unite le patate, fatele rosolare, sfumate leggermente con un mestolo di acqua e lasciate cuocere con un coperchio. Mettete le uova in una ciotola, aggiungete parmigiano reggiano, sale, pepe e mescolate. Aggiungete le patate all'interno del composto. Versate il composto all'interno di un rotolo di pasta sfoglia steso in un tegame ricoperto di carta da forno e livellate la superficie con una forchetta. Girate i bordi all'interno. Cuocete in forno a 180°C per 40 minuti. Portate in tavola.

CAPPESANTE IN SALSINA

8 cappesante
60 gr di burro
2 cucchiai di olio
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 acciuga sott'olio
Mezzo cucchiaino di brandy
2 spicchi d'aglio
1 pizzico di pepe
Sale
Preparate la salsina: in una casseruola mettete metà burro, l’olio, il prezzemolo tritato, l’acciuga sciolta, il brandy, un po’ di pepe macinato e di aglio schiacciato. Aprite le conchiglie, estraete i molluschi (noci) e le uova (coralli): lavateli più volte sotto l’acqua corrente, separateli, eliminate la fine membrana e asciugateli. Lavate bene le conchiglie e asciugatele. Imburrate le conchiglie e distribuitevi noci e coralli, ben sistemati. Fate sciogliere il rimanente burro in una piccola casseruola e con esso spennellate i molluschi. Mettete le conchiglie in forno già caldo (250°) per 5 minuti. Intanto mettete sul fuoco la casseruola con gli ingredienti per la salsina. Fate scaldare e mescolate in continuazione. Togliete le conchiglie dal forno e versate in ognuna un po’ di salsina. Infornate ancora per qualche minuto e servite.

FALAFEL

Fave secche 500 g
Acqua 35 g
Farina 00 20 g
Prezzemolo 10 g
Cipolle 1
Aglio 1 spicchio
Sale fino 5 g
Cardamomo 2 g
Bicarbonato 2 g
Cumino 1 g
Pepe nero q.b.
Olio di semi di arachide q.b.
Per preparare i falafel di fave mettete le fave in una ciotola con acqua fredda e lasciatele in ammollo per una notte. Il giorno dopo scolatele in un colino e asciugatele con un canovaccio. Ponete le fave in un mixer, aggiungete lo spicchio di aglio la cipolla tagliata a fette grossolane e il prezzemolo, frullate le fave con gli aromi fino ad ottenere un composto omogeneo e ben compatto. Sciogliete il bicarbonato nell’acqua e aggiungete anche questa al composto. Aromatizzate il composto con il mix di spezie preparato con cumino e cardamomo. Per ultima unite la farina e frullate ancora per qualche istante. Dovrete ottenere un composto non troppo liscio, ma granuloso. Scaldate l’olio e portatelo alla temperatura massima di 180° (se preferite potete friggere i falafel anche nella friggitrice). Si sconsiglia la cottura in forno perchè non avendo panatura i falafel rischiano di seccarsi. Con un cucchiaino prendete l’impasto, tirate indietro la levetta presente sull’apposito attrezzo da falafel (se non disponete dell’attrezzo potete formare delle polpettine leggermente schiacciate formando dei dischi); riempite la conca fino a formare una cupoletta pressando bene con il cucchiaino (ogni felafel pesa 30 gr circa) Lasciate la levetta e versate il falafel direttamente nell’olio caldo, rigirate i falafel di tanto in tanto e toglieteli quando saranno dorati. Scolateli su un foglio di carta assorbente e salateli leggermente, se preferite. Serviteli i vostri falafel di fave caldi!

FONDUTA VALDOSTANA
Latte intero 250 g
Uova 4 tuorli
Burro 40 g
Pepe bianco una spolverata
Fontina 400 g
Per la sua preparazione viene usato un formaggio a pasta dura che viene fuso all'interno di una pentola apposita, detta caquelon, per essere mangiato caldo. A tavola deve essere servita nel caquelon (che è una sorta di casseruola, in ghisa, terracotta o porcellana) nella quale ogni commensale intinge il suo pezzo di pane grazie all'ausilio di una forchetta particolare. Il caquelon è posizionato al di sopra di un supporto metallico (generalmente in ferro battuto), alla base del quale si trova una fonte di calore (solitamente una candela o un fornelletto ad alcool) che mantiene la fonduta alla temperatura desiderata per tutta la durata del pasto.
La fonduta o fondue è uno dei piatti nazionali e tipici della Svizzera, ma radicato anche in Italia (Valle d'Aosta e Piemonte) e Francia (Savoia).
Per degustare la fonduta, ogni commensale ha a disposizione una forchetta da fonduta di forma allungata con cui s'infilza un pezzo di pane (più raramente una patata) che va immerso nel formaggio fuso presente all'interno della casseruola. Una volta immerso il pane, s'imprime alla forchetta un movimento rotatorio continuo cercando di non far fuoriuscire il formaggio al di fuori del caquelon; quando si ritiene che il pane abbia raggiunto una temperatura ideale, si può estrarre dal formaggio fuso e gustarlo apprezzandone il sapore.
Generalmente, nelle zone d'origine, è possibile acquistare dei mix di formaggi adatti per preparare una fonduta molto gustosa in quanto, per chi non è specialista, non è facile preparare un mix bilanciato di formaggi.
Il termine "fondue" nella lingua francese non indica solamente il piatto a base di formaggio, bensì un'altra specialità della cucina transalpina molto apprezzata anche in Italia: la fondue bourguignonne. Questo piatto consiste nel cuocere dei bocconi di carne (generalmente filetto di manzo, ma anche vitello, pollo o maiale) dentro una pentola tipo il caquelon colma d'olio. Esiste anche la fonduta al cioccolato, ove viene fatta fondere della cioccolata nel caquelon. Basta comunque un po' di fantasia per poter creare nuove ricette con qualsiasi tipo di alimento (carne, pesce, frutta...).
Pellegrino Artusi la definì cacimperio nel suo libro di cucina La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene.
Credenze e astuzie
Una tecnica molto diffusa è quella di "ungere" il caquelon con dell'aglio prima di metterci gli ingredienti, per esaltarne il gusto. A volte si preferisce ricoprire il fondo di pezzetti di aglio tagliato. Prima di mangiare il pane, farlo girare nel formaggio fuso imprimendogli un movimento ad otto, al fine di far conservare al formaggio la giusta consistenza.
Variante del precedente: alternare patate e bocconi di pane per degustare la fonduta al vacherin (o fondue fribourgeoise). Il pane, più solido, sarà immerso nella fonduta secondo la tecnica predetta (per le ragioni precitate), mentre la patata, essendo più friabile, verrà semplicemente immersa nel formaggio fuso.
Un trucco molto usato: inzuppare il pane nel kirsch prima di passarlo nel formaggio, tuttavia se il kirsch è già aggiunto nel composto questo trucco rischia di rovinare il sapore della fondue.
Una pratica utilizzata soventemente: rompere un uovo (o solamente il tuorlo) nella fonduta, quando sta per terminare e consumare il composto ottenuto.
Utilizzare del pane leggermente raffermo, permette di essere meno pesante rispetto al caso in cui il pane sia fresco, in quanto contiene troppa aria rischiando di provocare un senso di sazietà troppo prematuro.
Ponendo un disco d'alluminio tra la fonte di calore e il caquelon permette d'evitare la formazione di una crosta al composto. Infatti questa pratica scongiura lo svilupparsi di un calore eccessivo. Non è più un consiglio, ma una necessità, se il caquelon è in terra cotta, che rischia di sviluppare un calore eccessivo nelle vicinanze della fiamma. Anche se un vero amatore della fonduta adora grattare il fondo della padella con la forchetta per raccogliere la crosta.
Varianti
Esistono diverse varianti di questa specialità culinaria.
Fondute svizzere al formaggio
Fondue moitié-moitié (fonduta mezzo e mezzo): tipica del cantone e della regione di Friborgo. I due formaggi sono i caratteristici Gruyère (groviera) e il vacherin fribourgeois, di solito in percentuali di 50% ciascuno.
Fondue Vaudoise: 100 % Gruyère
Fondue fribourgeoise o fondue tiède (fonduta tiepida): ove viene utilizzato il formaggio vacherin fribourgeois
Fondue Appenzeller: formaggio appenzeller
Fondue au fromage de chèvre: formaggio di capra
Fondue de Suisse centrale: tipica delle zone della svizzera tedesca centrale, con 1/3 Gruyère, 1/3 Emmental et 1/3 Sbrinz
Fondue neuchâteloise (fonduta di Neuchâtel): groviera, emmentaler, anche in questo caso in percentuali di 50% ciascuno.
Fondue épicée (fonduta speziata): groviera, peperone, peperoncino
Fondue aux champignons: groviera, vacherin fribourgeois, funghi
Fondue à la tomate : groviera, emmentaler, pomodoro
Fondue Savoyarde: 1/3 Emmental, 1/3 Beaufort et 1/3 Comté
Fondue ticinese, o Leventinese: tipica del sud delle alpi svizzere, oltre a Gruyère al 50%, gli altri formaggi sono in misura mista Gottardo, Bedretto o altri della val Leventina.
Fondute italiane
Fonduta valdostana (Fondue valdôtaine)
Fonduta piemontese
Fondute francesi al formaggio
Fondue savoyarde: beaufort, comté, emmentaler
Fondue jurassienne: comté stagionato, comté
Fondue normande: camembert, pont-l'évêque, livarot, panna, latte, Calvados, scalogno
Altri tipi di fonduta
Fondue bourguignonne: bocconi di carne cotti nell'olio bollente (Svizzera)
Fondue chinoise: sottili fette di manzo, cavallo o vitello e verdure cotti nel brodo. Se si aggiungono anche pesci e frutti di mare, si ottiene una Fonduta mongola
Fonduta Bacchus: bocconi di carne di manzo cotti nel vino rosso e verdure
Fonduta bressane: bocconi di carne di pollo (eventualmente panati) cotti nell'olio di cocco
Fonduta al cioccolato: pezzi di frutta ricoperti di cioccolato fuso

GACHAMIGA

farina,
acqua,
olio d'oliva
sale
patate,
aglio,
pancetta,
chorizo,
salsiccia,
peperoncino
La gachamiga è un piatto della cucina spagnola preparato mescolando farina, acqua, olio d'oliva e sale. A seconda delle zone e dei gusti possono essere aggiunte nell'impasto o come accompagnamento patate, aglio, pancetta, chorizo, salsiccia, peperoncino o altro.
È un piatto comune nel sud-est della Spagna, in particolare nella Comunità Valenzana (province di Alicante e Valencia), nella regione di Murcia, di Castiglia-La Mancia (provincia di Albacete) e dell'Andalusia (province di Granada, Almería e Jaén).

GOUGÈRE
150 g Farina bianca
100 g Burro
3 Uova
150 g Formaggio gruyere
q.b. Sale
1 cucchiaio Mandorle a filetti
Imburrate e infarinate leggermente una teglia. Grattugiate 70 g di formaggio gruyère e dividete a dadini quello rimasto. Mettete in una casseruola 3 dl d'acqua, il burro e un pizzico di sale; ponetela sul fuoco e portate a ebollizione. Quando l'acqua alza il bollore, gettatevi in un sol colpo tutta la farina. Togliete la casseruola dal fuoco e lavorate energicamente l'impasto con un cucchiaio di legno. Mettete di nuovo la casseruola sul fuoco e lavorate ancora per qualche minuto l'impasto, finché si staccherà sia dalle pareti sia dal fondo del recipiente formando una palla e sfrigolando come se friggesse. Togliete dal fuoco, versate l'impasto in una terrina e lasciate intiepidire. Incorporate le uova intere, un uovo alla volta, facendo attenzione a non aggiungere il successivo finché il precedente non sia stato completamente assorbito dall'impasto. Aggiungete poi sia il gruyère grattugiato sia quello tagliato a dadini (tenete da parte 1 cucchiaio di questi ultimi per la finitura) e amalgamateli bene, mescolando delicatamente con un cucchiaio di legno. Mettete il composto in una tasca da pasticceria e formate una ciambella sopra la teglia. Spennellatela con l'uovo leggermente battuto con una forchetta e cospargetela con i filetti di mandorle e i dadini di formaggio tenuti da parte. Passate la teglia in forno a 180 °C e fate cuocere la ciambella per 20-30 minuti circa, finché sarà ben gonfia e dorata. Servitela tiepida.
Un gougère nella cucina francese, è una pasta choux al forno salata ed impastata con il formaggio. I formaggi comunemente utilizzati sono il groviera, il comté o l'emmental, ma esistono numerose varianti in cui vengono utilizzati altri formaggi o altri ingredienti. Si dice che le origine dei gougères vadano cercate in Borgogna, e specificatamente a Sens. In Borgogna, i gougères vengono solitamente serviti freddi come accompagnamento per la degustazione del vino nelle cantine o caldi come antipasto o come contorni. I gougères possono essere realizzati nella forma di piccoli pasticcini di 3 o 4 centimetri di diametro; i gougères da aperitivo invece in dimensioni di 10 o 12 centimetri 10–12. A volte possono essere ripieni di ingredienti, come funghi, prosciutto o manzo.

INVOLTINI CON BROCCOLETTI E QUARTIROLO
pasta fillo
200g foglie di broccoletto lessate
150g quartirolo fresco
sale, pepe, olio
Tagliare la verdura e passarla in padella con un filo d'olio, sale e pepe in modo che si asciughi bene. Farla raffreddare e mescolarla con il quartirolo tagliato a cubetti.
Ritagliare la pasta fillo in 15 rettangoli di 12x38 cm.
Prendere in mano il primo rettangolo, spennellarlo di olio e disporre una parte di composto su un angolo dello stesso. Ripiegare su se stesso (ottenendo così un rettangolo di 6x38) e rispennellare di olio. Dando forma triangolare al composto infagottato, iniziare a ripiegare il triangolo su se stesso fino a terminare la pasta. Rispennellare di olio e disporre su una teglia ricoperta di carta da forno. Procedere nello stesso modo con i restanti ritagli di pasta. Cuocere a 180 gradi per 12-13 minuti o fino a doratura.

MIGAS

Pane
Aglio
Peperoni verdi
Pancetta
Longaniza (salsiccia spagnola)
Olio evo, sale e acqua
Utilizzare il pane duro avanzato. Grattare e bagnare in acqua per qualche minuto fino a che sia trattabile. Spremere l’acqua avanzata della mollica. Scaldare l’olio in una padella profonda, friggere l’aglio tagliato in quattro parti per dare sapore all’olio. Tolto l’aglio, aggiungere alla padella le molliche di pane e mescolare fino a che diventano di un colore dorato. Aggiungere l’aglio fritto. In un altra padella fai friggere da soli i peperoni, la pancetta (fino a che diventa dorata) e la longaniza. Conservare il tutto in un piatto. Servire le molliche insieme alla longaniza, la pancetta ed i peperoni. Secondo i gusti, sminuzzare tutto e mescolare con le molliche o meglio lasciare che ogni invitato si serva con ciò che desidera.
Le migas, o migajas (letteralmente "briciole" in spagnolo), sono un piatto della cucina spagnola e portoghese avente come ingrediente principale delle briciole di pane. Sono tipiche del centro-sud della penisola iberica, principalmente nelle regioni della penisola iberica, principalmente nelle regioni spagnole de La Mancia, Murcia, Andalusia, Estremadura e Aragona, e in quelle portoghesi dell'Alentejo e Beira. Le migas sono un piatto molto diffuso tra i pastori, che possono sfruttare in questo modo il pane duro avanzato, anche se esistono anche le "migas de harina" ("migas di farina"), tipiche del sud-est spagnolo.
Migas spagnole
Nella cucina spagnola, le migas in origine venivano consumate a colazione utilizzando pane o tortilla avanzati, ma oggi le migas sono servite nei ristoranti come antipasto per pranzo o cena. Alcune fonti storiche associano l'origine di questo piatto al couscous nordafricano. In Estremadura, questo piatto include pane vecchio di un giorno inzuppato nell'acqua, aglio, paprica, olio di oliva e spinaci (o alfalfa); sono servite spesso con costolette di maiale fritte. A Teruel, in Aragona, le migas includono chorizo e pancetta, e sono servite spesso con uva.
Ne La Mancha, le migas manchegas sono di preparazione più elaborata, ma contengono gli stessi ingredienti di base delle migas aragonesi. In Andalusia le migas sono spesso mangiate la mattina della matanza (macellazione) e sono servite con uno stufato che include sangue coagulato, fegato, rognone e altre frattaglie, tradizionalmente mangiate subito dopo aver macellato un maiale, una pecora o una capra.
Migas portoghesi
Le migas sono un piatto tradizionale anche della cucina portoghese. Generalmente sono fatte con pane avanzato, o di frumento (regione dell'Alentejo) o di mais (regione di Beira). Aglio e olio di oliva sono ingredienti sempre presenti; altri ingredienti possono essere carne di suino, asparagi selvatici e pomodori (Alentejo) o cavolo verde, fagioli e riso (Beira).

PANADA SARDA
per la pasta:
300 gr farina (oppure 150 farina 150 semola fina);
20 gr strutto di maiale
per il ripieno di carne:
300 gr di carne di manzo
maiale o agnello tagliata a pezzetti;
patate,
carciofi,
sale,
pepe,
pomodori secchi,
prezzemolo,
aglio;
olio evo
Si incomincia facendo una sfoglia non molto sottile impastando la farina con acqua tiepida salata e lo strutto di maiale (oppure metà farina e metà semola fina e così la pasta verrà più croccante). La pasta così ottenuta si lavora a lungo e si tira infine in sfoglia circolare non troppo sottile. Bisogna ricordarsi di mettere da parte un po’ di pasta lavorata (circa un pugno) che servirà più tardi per il coperchio. La sfoglia circolare si depone su una terrina per aiutarsi a dare la giusta forma di "pentola". A questo punto si può cominciare a sistemare il ripieno che deve essere messo tutto a crudo. Per “sa panada” di anguille: mettere le anguille tagliate a pezzi e i piselli alternando con strati di aromi quali pomodori secchi (abbondanti) sale, pepe, prezzemolo, aglio secondo il gusto. Per “sa panada” di carne: mettere la carne di manzo, maiale o agnello tagliata a pezzi alternando con strati degli aromi già detti e piselli, patate, carciofi o melanzane, sempre secondo il gusto. Dopo aver disposto buona parte del ripieno bisogna sollevare pian piano i bordi della pasta seguendo la forma "a pentola" e lasciando qualche centimetro di bordo. A questo punto, prima di mettere il coperchio, bisogna ricordarsi di aggiungere alcuni cucchiai di olio d'oliva. Se per caso ci si dimentica di fare questa operazione, si può rimediare anche durante la cottura facendo un buco nel tappo, versando l'olio e quindi tappando nuovamente il buco con un po’ di pasta fresca. A questo punto bisogna chiudere “sa panada” utilizzando la piccola quantità di pasta messa da parte dalla quale verrà ricavata una sfoglia circolare di diametro sufficiente. Il coperchio, così ottenuto, viene posato sulla "pentola" e viene pizzicato ripetutamente saldandolo ai bordi di essa. Questa operazione è molto importante in quanto la tenuta deve essere perfetta e quindi la giuntura deve essere fatta con molta attenzione e con forte pressione delle dita. Si inforna con forno a temperatura media e si fa cuocere per 3 quarti d'ora (anguille) o 1 ora (carne). Se il forno fosse troppo caldo e la pasta diventasse ben dorata quando ancora non si è raggiunto il punto di cottura, basta proteggere la parte superiore con un foglio di stagnola e continuare la cottura per il tempo ancora necessario. Si può controllare empiricamente l'avvenuta cottura scuotendo leggermente “sa panada”: se il contenuto si muove, significa che è ben cotta.

La panada sarda (o sa panada, in Lingua sarda) è un piatto tipico sardo, originario di Assemini e diffuso in tutta la Sardegna. La paternità di questo piatto è contesa anche dal comune di Oschiri che, insieme ai comuni di Berchidda e Pattada, costituisce un'altra importante zona di produzione delle panadas. È conosciuto anche nel resto d'Italia e in altri Paesi, ed è oggetto di degustazione in numerose sagre, le principali delle quali si svolgono ad Assemini e a Oschiri. In altre parti del mondo esistono prodotti gastronomici simili - per ingredienti e preparazione - alla panada sarda, come l'empanada peruviana. La panada è una torta salata costituita da un involucro di pasta violata (detta croxiu), al cui interno sono contenuti - solitamente - carne, patate e altri condimenti. La panada per antonomasia si ritiene essere quella di anguille, tutt'ora ampiamente diffusa soprattutto nel Campidano, poiché in passato l'attività di sussistenza primaria del comune di Assemini è stata la pesca. Nella sua variante campidanese, viene servita in genere come secondo piatto ed ha una portata minima di quattro persone, ma può considerarsi anche un pasto completo, vista la varietà di ingredienti e il notevole apporto calorico che la contraddistinguono. Nella versione logudorese, si presenta più piccola, della grandezza all'incirca di un panino, e viene consumata tipicamente come piatto unico in occasioni festive. La variante ad oggi più consumata prevede tradizionalmente l'utilizzo di carne di agnello (o più raramente maiale o pollo), mentre le varianti vegetariane contengono piselli, carciofi o fave. Il condimento fondamentale è poi costituito da patate, pomodori secchi, prezzemolo, occasionalmente aglio. L'impasto, invece, è composto da farina di grano tipo "00", acqua, sale e olio (o strutto). La cottura avviene in forno.

PANCAKES SALATI

- 1 cucchiaino di lievito in polvere per torte salate
- 130 gr di farina
- sale
- 120 ml di latte
- 1 uovo
- 20 gr di burro
Prendete una ciotola e mescolateci dentro la farina, il lievito e un pizzico di sale. A parte fate sciogliere il burro a bagnomaria e unitelo al latte e al tuorlo dell’uovo. Mescolate in modo da ottenere un liquido omogeneo. A questo punto, unitelo al composto di farina lentamente, in modo che non si formino i grumi. All’ultimo
aggiungete l’albume montato a neve mescolando delicatamente dall’alto verso il basso per evitare che si smonti.
Mettete sul fuoco una padella e spalmatela con una noce di burro. Appena si sarà fuso, versate un mestolo di pastella nella padella e aspettate che si cuocia. Poi girate il pancake dall’altro lato e fatelo cuocere per un altro minuto dall’altra parte. Successivamente, toglietelo dalla padella e mettetelo su un piatto foderato di carta assorbente.

PANZANELLA

2 pomodori  maturi da insalata (oppure ciliegini)
15 foglie basilico
400 gr pane toscano a fette
1 piccolo cetriolo
1 cipolla  grossa rossa
aceto di vino bianco, olio evo, sale, pepe nero
Per preparare la panzanella sbucciate e tagliate la cipolla a fettine sottili, quindi mettetela in ammollo in una ciotolina con dell’acqua e un cucchiaio di aceto di vino bianco, per almeno 2 ore. Sbucciate il cetriolo aiutandovi con un pela patate, tagliatelo a rondelle sottili e mettetelo da parte. Infine mondate, lavate e tagliate a pezzettini il pomodoro, togliete i semi e tenete anch’esso da parte. Prendete ora 4 fette di pane toscano, eliminate la crosta con un coltello, quindi bagnatele con una soluzione di acqua e aceto (un cucchiaio), senza inzupparle troppo. Una volta che il pane si sarà semplicemente ammorbidito, strizzatelo, spezzettatelo grossolanamente con le mani e mettetelo in un’insalatiera capiente. Scolate la cipolla rossa dalla sua acqua di ammollo, quindi unitela al pane, aggiungete i pomodori, il cetriolo e le foglie di basilico spezzettate a mano. Amalgamate delicatamente tutti gli ingredienti aiutandovi con un cucchiaio, condite il tutto con dell’olio extravergine di oliva, poi aggiustate di sale e pepe. Mescolate nuovamente, assaggiate e, se necessario, aggiungete altro aceto di vino. Fate ora riposare la panzanella in frigorifero per almeno un’ora, affinché si insaporisca ulteriormente. La panzanella è pronta: al momento di servirla estraetela dal frigorifero almeno un quarto d'ora prima di consumarla in modo che torni a temperatura ambiente.
La panzanella, chiamata anche pansanella o panmolle o panmòllo, è un piatto tipico dell'Italia centrale (Toscana, Marche, Umbria e Lazio), nonché della Provincia di Enna. La ricetta originale prevede pane raffermo, cipolla rossa, basilico, il tutto condito con olio, aceto e sale. In Toscana e in Umbria il pane viene lasciato a bagno in acqua e poi strizzato fino a sbriciolarlo e spezzettarlo per mescolarlo agli altri ingredienti; nelle Marche le fette di pane raffermo vengono bagnate ma non sbriciolate e gli altri ingredienti posti sopra come si trattasse di una bruschetta. Nel tempo sono state introdotte alcune aggiunte, alcune delle quali, ormai riconosciute come canoniche, come il pomodoro crudo a pezzi e il cetriolo, altre più legate all'estro del cuoco, ad esempio olive speziate, uova sode a rotelle (si usano come guarnizione) e talvolta tonno. C'è da dire che la ricetta si presenta in molte varianti con aggiunte e sostituzioni di vario tipo: carote, finocchi, mais, sedano, peperoni a crudo, würstel, mozzarella, formaggi di vario tipo, sottoli, sottaceti, fagioli borlotti oltre che spezie a scelta per dare sapore, come origano, basilico, erba cipollina etc. In Toscana questo piatto è diffusissimo fino a Lucca, Viareggio e Bagni di Lucca, mentre in Lunigiana, Versilia e Garfagnana, come scoperto dagli studiosi dell'Università di Firenze che redassero l'Atlante Lessicale Toscano, è un piatto non tradizionale, tipico dei "villeggianti". A partire da Camaiore e Pescaglia "panzanella" significa pasta di pane fritta in olio bollente, l'equivalente di sgabeo. Da un punto di vista gastronomico queste zone, infatti, sono molto più affini alla Liguria che non alla Toscana. Nel Salento si prepara un piatto simile con friselle bagnate, al posto del pane. In Sicilia la panzaneddra fu diffusa grazie al contributo del Duca Alfio Panzanella (pratese di nascita) durante il secondo dei 3 viaggi a scopo commerciale (pare commerciasse in munta e fagioli). In breve tempo, il carattere particolarmente "povero" del piatto conquistò le classi meno agiate, rendendo la diffusione della ricetta talmente importante, da instillare forti dubbi sulla sua provenienza. Ancora oggi, specie nella zona di Piazza Armerina, non è inconsueto che gli operatori in campo gastronomico rivendichino l'originalità della ricetta. Il piatto risulta molto fresco; secondo alcuni è consigliabile addirittura riporlo qualche minuto in frigorifero, prima di servirlo, al livello e a temperatura uguale a quella dove viene riposta la verdura fresca.
Consumato preferibilmente in estate, anche perché è il periodo in cui si trovano con facilità le verdure di cui è composto, rappresenta un buon piatto unico.

POLPETTINE DI GAMBERETTI

250 g besciamella
200 g di gamberetti
1 albume
1 cucchiaio e mezzo di maizena
prezzemolo,
sale,
pangrattato
Uniamo l'albume alla besciamella, la maizena, il prezzemolo tritato e il sale. Amalgamiamo ed uniamo i gamberetti precedentemente lessati e tagliati grossolanamente. Rimescoliamo e poniamo a riposare un'ora in frigo. Riprendiamo il composto e formiamo con le mani tante piccole palline che vanno poi rotolate nel pangrattato e fritte in olio caldo.

ROSELLINE DI PROSCIUTTO CRUDO E FICHI


Fichi
Prosciutto crudo

Prendete i fichi e con un panno morbido e asciutto pulite delicatamente la parte esterna.
Tagliateli in 4 parti uguali ma senza dividerli alla base, poi apriteli delicatamente come un fiore che ha 4 petali e formate con ogni fetta di prosciutto crudo una rosellina, che porrete al centro di ogni fico. Ponete 3 fichi così formati su ogni piatto da portata e servite immediatamente.
 
TORTELO
per la sfoglia,
600 grammi di farina,
2 cucchiai d'olio,
1 bicchiere di acqua fredda;
per il ripieno:
1 kg di zucchine trombetta,
2 uova,
30 gr di parmigiano,
1 cipolla,
150 di riso.
Tritare le trombette e farle rosolare con la cipolla, poi amalgamarle con le uova e il formaggio grattugiato. Aggiungere il riso che ha il vantaggio di assorbire l'acqua formata dalle zucchine. Stendere la sfoglia e porla in un testo unto. Quindi versarvi il composto di verdure e il riso e coprire. Far cuocere in forno per 30 minuti circa.

UOVA IN COCOTTE CON SALMONE AFFUMICATO
100 gr ricotta
250 gr salmone affumicato
4 Uova
4 fette spesse 1 cm di pane
Olio evo
Pepe
Aneto qualche ciuffo
Per preparare le uova in cocotte con salmone affumicato iniziate a privare della crosta le fette di pane con un coltello, spennellatele leggermente con dell’olio extravergine di oliva e mettetele in forno a grigliare, in modalità grill qualche minuto, girandole durante la cottura. Nel frattempo tagliate il salmone affumicato a striscioline sottili e mettetelo in una ciotola, aggiungete i rametti di aneto, la ricotta e amalgamate bene gli ingredienti. Imburrate 4 cocotte da forno, ponetevi il composto di salmone e ricotta ed effettuate un piccolo solco al centro di ogni cocotte con il dorso di un cucchiaino. Ponete un uovo (facendo attenzione a non romperlo) sopra ogni cocotte. A questo punto riempite una teglia da forno di acqua bollente fino a metà, ponetevi all’interno le cocotte e infornate a 180°C per 15 minuti. Guarnite con del pepe macinato, delle foglioline di aneto e servite le uova in cocotte con salmone accompagnandole con le fette di pane grigliato tagliate a listarelle.