venerdì 21 giugno 2024

Corso di Tecniche dell'alimentazione: Lezione 2 CONOSCERE LE TECNICHE PER CONSERVARE E CUCINARE

L'alimentazione moderna, particolarmente attenta alla buona salute, ha eliminato quasi totalmente gli alimenti fritti per il loro elevato apporto calorico, per la difficile digeribilità e per la preparazione troppo laboriosa. Gli alimenti fritti contengono infatti un'alta percentuale di grassi. E' noto che i grassi, se assunti nei quantitativi ottimali, oltre a costituire un deposito di riserve energetiche, si rivelano preziosi "trasportatori" delle vitamine liposolubili (A, D, E, K) e apportano sostanze che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare. (Per un maggiore approfondimento vedi: i lipidi) Il consumo smodato di grassi è invece all'origine dell'obesità e delle malattie cardiovascolari.
E'un errore considerare soltanto i grassi visibili (o meglio i condimenti usati nella preparazione delle pietanze), senza tenere conto di quelli presenti negli alimenti stessi.
Una corretta alimentazione, in tal senso, prevede una preferenza di cotture a vapore, a microonde o alla griglia, le quali limitano l'aggiunta di altri grassi per il condimento di alimenti già ricchi di tali sostanze.
La cottura degli alimenti provoca fenomeni di tipo fisico e chimico che incidono in termini sia qualitativi sia quantitativi sui lipidi assunti con la dieta alimentare. Nel caso della frittura di alimenti a basso contenuto di grassi, quali ad esempio le patate, gli oli e i grassi penetrano nell'alimento e vi rimangono in quantità variabili dal 10 al 40%, per cui l'alimento fritto assume una composizione in acidi grassi simile a quella dell'olio utilizzato per la frittura. Mentre negli alimenti a elevato tenore di grassi, quali la carne o il pesce, non si hanno significative modifiche di ordine quantitativo. Poche sono però le pietanze invitanti e irresistibili come una frittura dorata e croccante. Si può quindi trovare un compromesso includendo i fritti nella nostra alimentazione senza esagerare nella quantità e nella frequenza, perché "fare la dieta" non significa evitare degli alimenti, ma saper dosare in qualità e quantità appropriate tutti gli alimenti, nessuno escluso.
Tipi di frittura
Ogni alimento richiede un tipo di frittura diverso. E' possibile friggere al naturale, con un'infarinatura, con un'impanatura o con la pastella.
Frittura al naturale
Questo tipo di preparazione si addice agli alimenti compatti e asciutti, come l'uovo o le patate, in grado di sopportare il calore dell'olio bollente. Il metodo di preparazione è molto semplice: basta immergere nell'olio già caldo il cibo al naturale, eventualmente tagliato a pezzi o a fette, scolarlo quando è cotto e asciugarlo sulla carta assorbente da cucina.

Infarinatura

 Prima di essere immerso nell'olio caldo, il cibo deve essere passato nella farina, oppure prima nell'uovo sbattuto e poi nella farina. Al termine della cottura viene scolato e lasciato asciugare per qualche minuto sulla carta assorbente. I cibi che richiedono l'infarinatura sono, ad esempio, le scaloppine, i piccoli pesci, i molluschi e alcune verdure come le melanzane.
Impanatura
Si tratta della modalità di preparazione che conferisce al cibo fritto il suo classico aspetto dorato. Consiste nel passare l'alimento nell'uovo sbattuto leggermente salato e poi nel pangrattato prima di friggerlo. Per ottenere un risultato migliore, secondo l'uso viennese, si può procedere all'impanatura passando il cibo prima nella farina, poi nell'uovo e quindi nel pangrattato: con questo sistema l'impanatura si gonfia staccandosi dall'alimento e la frittura risulta più croccante. La consuetudine milanese, invece, prevede di immergere l'alimento prima nell'uovo e poi nel pangrattato misto a formaggio grattugiato. Per chi non desidera usare l'uovo, è possibile impanare il cibo passandolo prima in un composto di farina diluita con acqua e insaporita con sale e noce moscata, poi nel pangrattato. Quando si friggono degli ingredienti impanati bisogna tenere l'olio pulito per evitare che faccia fumo e diventi amaro. L'impanatura è adatta, per esempio, per la cotoletta, il pollo, il coniglio a pezzi, i tranci di pesce e per le verdure lessate.
Pastella
Gli ingredienti di base per la pastella sono: farina, uova (anche solo tuorlo o albume), un pizzico di sale, acqua, latte o birra per diluire l'impasto. Se deve essere utilizzata per cibi salati può essere insaporita con formaggio, prezzemolo o altri aromi, se invece serve per cibi dolci può essere arricchita con scorza di limone, arancia oppure cognac. Spesso per gonfiare maggiormente la frittura viene aggiunto anche lievito di birra o gli albumi delle uova montati a neve. La preparazione della pastella consiste nel setacciare la farina in una ciotola, diluirla con acqua sbattendo il tutto con una forchetta affinché non si formino grumi, aggiungere l'uovo e gli altri eventuali ingredienti. La densità deve essere tale che sollevando il composto con un cucchiaio dovrà ricadere a nastro. Si procede con la frittura immergendo i cibi prima nella pastella poi nell'olio bollente. Gli alimenti ideali per questo tipo di frittura sono verdure e frutta di ogni genere.
Il tipo di grasso di frittura
 Per una buona riuscita del fritto è importante scegliere anche il tipo di grasso tra: olio d'oliva, olio di semi, burro, margarina e strutto.
Olio d'oliva: si addice alla frittura perché sopporta temperature molto elevate e ha poco odore, ha però un gusto troppo caratteristico per gli alimenti delicati.
Olio di semi: questo tipo di grasso è adatto alle fritture perché insapore anche se ha un odore sgradevole. E' in grado di sopportare temperature elevate e, per la sua caratteristica leggerezza e delicatezza, è particolarmente indicato per friggere i dolci.
Burro e margarina: si usano solo per carni e verdure impanate e per le fritture poco profonde o a bassa temperatura (la temperatura elevata ne provoca l'annerimento).
Strutto: tra i grassi, lo strutto è il più saporito, ma si usa raramente perché penetra facilmente l'alimento e si consuma molto in fretta, oltre a rendere l'ambiente impregnato di un odore sgradevole.
Consigli utili
L'olio per la cottura deve essere sempre molto abbondante perché altrimenti brucia velocemente; inoltre al termine della frittura può essere filtrato per poi riutilizzarlo.
Per evitare che l'olio si bruci quando è arrivato al massimo del calore, basta non lasciarlo senza alcun ingrediente in cottura ; se il cibo da friggere non fosse ancora pronto, è sufficiente immergere un pezzo di pane.
Al momento dell'immersione l'olio deve avere la giusta temperatura ; per verificarla intingere un bastoncino di legno: la temperatura ideale è raggiunta quando intorno a esso si formano delle bollicine. Questa modalità di controllo deve essere eseguita ogni volta che si procede con una nuova frittura.

La temperatura di frittura deve inoltre essere proporzionata alla grandezza dell'alimento : più alta se il cibo è piccolo.

Il riso è spesso protagonista dei nostri piatti, essendo uno degli alimenti più amati. E’ un prezioso alleato per il nostro organismo, perchè contiene potassio, calcio e fosforo. E’ quindi un’ottima fonte di energia con pochi grassi.
Una volta scelta la tipologia di riso che vogliamo usare e il piatto da preparare, bisogna innanzitutto saperlo dosare. Se vogliamo preparare un contorno saranno sufficienti 2 cucchiai per persona, 4 cucchiai a persona per un curry e 5 per il risotto o per il riso bollito. Il riso semplicemente bollito in Italia si cuoce a pentola scoperta, in abbondante acqua salata, scolato al dente e condito a piacere. Nei paesi anglosassoni si fa lessare per circa 10 minuti in acqua salata, poi si scola, si risciacqua e si scola di nuovo; quindi si dispone in una teglia e si fa asciugare in forno preriscaldato a 90° per 10 minuti. Per il riso integrale servono 35 minuti di cottura circa. La cottura orientale invece fa conservare al riso tutto il suo valore nutrizionale. Per cucinarlo mettete in una pentola e coprirlo con il doppio del suo peso in acqua. Regolate di sale, mettete il coperchio e lasciate sobbollire fino a che tutta l’acqua non sarà assorbita. Per preparare i risotti invece si deve cuocere il riso direttamente nel suo condimento, diluendolo di solito con del brodo vegetale. Oppure è un ingrediente fondamentale del sushi.

E' il classico metodo di cottura "in umido" a bassa temperatura, che permette di mantenere quasi inalterate le qualità organolettiche e nutritive degli alimenti e di non disperdere i sali minerali e gli altri elementi idrosolubili dei cibi.
Il verbo "stufare " deriva probabilmente dalla stufa con la quale i nostri nonni usavano riscaldare gli ambienti, soprattutto la cucina: utilizzando il calore dolce e continuo della stufa era possibile effettuare la cottura di molti alimenti, realizzando così anche un sensibile risparmio di combustibile.
In alcuni casi per tale tipo di cottura veniva utilizzato il calore diffuso delle braci del focolare: di qui il termine "brasato" o "braciato" con il quale in alcune regioni vengono definite le carni stufate.
La stufatura consiste in una cottura, più o meno prolungata secondo le caratteristiche dell'alimento, a temperatura relativamente bassa in un recipiente con coperchio che mantenga e diffonda dolcemente il calore. I cibi stufati cuociono così utilizzando i propri liquidi e grassi naturali, senza la necessità di molto condimento e senza dispersione di valori nutrizionali, che rimangono nel sugo di cottura; inoltre, cuocendo dolcemente in recipiente chiuso, gli alimenti assorbono in profondità gli aromi, mentre il liquido di cottura si insaporisce ed arricchisce con i grassi e i solubili rilasciati dai cibi stessi .Praticamente tutti i cibi possono essere stufati con ottimi risultati, "aggiustando" la tecnica secondo gli ingredienti.
Le carni
Per preparare degli ottimi stufati (o "brasati") utilizzate tagli di carne rossa non troppo magra e relativamente ricche di tessuto connettivo: ciò vi permetterà di ottenere un sugo più denso e saporito. Prima di iniziare la stufatura è bene rosolare la carne su tutti i lati, dopodiché si procede alla salatura ed alla aggiunta del liquido di cottura (vino, brodo ecc.). Per i classici brasati piemontesi la carne va precedentemente marinata nel vino aromatizzato con vari "odori", utilizzando poi la marinata come liquido di cottura. Usando la carne a tocchi più piccoli, con gli stessi principi si ottengono eccellenti spezzatini, con un buon risparmio di tempo e di combustibile.
I pesci
Non tutti i pesci danno il meglio di sé con questo metodo di cottura: i pesci pregiati, con la carne bianca e poche spine come le orate, le spigole ecc. risultano più grati se cucinati alla griglia o al forno con poco o punto condimento. Sono invece eccellenti, e ne potete avere conferma con molte ricette del nostro ricettario, le seppie ed i polipi (cucinati in umido con pomodoro e verdure di stagione), il baccalà e lo stoccafisso (per i quali esistono innumerevoli ricette regionali), i pesci "rossi" come le triglie e gli scorfani, molti pesci a trancio (quali la coda di rospo, il palombo, il pesce spada). In genere i pesci non necessitano di rosolatura preliminare, ma vengono più o meno brevemente stufati in un sugo (prevalentemente a base di pomodoro) precedentemente preparato.
Ortaggi e legumi
Quasi ogni prodotto dell'orto si presta ad essere stufato, risultando assai saporito e mantenendo inalterati i principali valori nutritivi. In generale gli ortaggi vengono stufati "a freddo", ponendoli nel tegame con poco condimento (e talvolta con del pomodoro) e facendoli cuocere a fuoco lento per il tempo necessario; ricordate che le verdure, per mantenere al meglio sapore, aspetto e valore nutritivo, devono essere cotte il meno possibile. In alcuni casi, se piace, è possibile aromatizzare in precedenza il grasso di cottura, rosolandovi un spicchio di aglio o un trito di aglio e prezzemolo, per poi aggiungere le verdure da cuocere. Di solito non è necessario aggiungere acqua, gli ortaggi ne "rilasciano" a sufficienza per completare la cottura; tuttavia non vi fidate, e controllate che il vostro "stufato" di verdura non asciughi troppo.
La frutta
In genere la frutta viene consumata cruda. Alcuni frutti tuttavia si prestano ed essere stufati, soprattutto per realizzare delle "composte" o delle salse agrodolci per accompagnare le carni arrostite. Potrete quindi stufare delle mele con succo di limone, fino ad ottenere una salsa cremosa ottima con l'anatra arrosto, oppure cuocere molto brevemente delle fragole con limone e poco zucchero, ottenendo così una salsa di fragole che può accompagnare un dolce al cucchiaio oppure, perché no?, un arrosto di selvaggina.

La cottura allo spiedo e alla griglia sono probabilmente 
il punto di partenza di tutta la cucina: è infatti un metodo di cottura estremamente "naturale", che può essere utilizzato all'aperto e, al limite, senza particolari attrezzature. Un focolare, un semplice spiedo anche di legno possono bastare in situazioni di emergenza o in un pic nic per preparare carne o pesce gustosi e salutari. Sullo spiedo e sulla griglia le vivande, e in particolar modo la carne, cuociono in ambiente asciutto, senza l'accumulo di vapore che si forma intorno ad una vivanda che cuoce nel forno, e mantengono il loro particolare sapore.
Nell'uno e nell'altro caso si tratta di metodi di cottura relativamente semplici, che richiedono poca attenzione; come sempre, è tuttavia necessario tenere conto di alcune avvertenze.
La griglia
La cottura alla griglia avviene con diverse sorgenti di calore ed è la cottura con la temperatura esterna più elevata. Questa tecnica viene utilizzata sia per la cottura di verdure che di carne e pesci e ne esalta le caratteristiche organolettiche evitando perdite nutrizionali eccessive. Comunque le vitamine termolabili del gruppo B e la PP vengono distrutte in percentuale variabile (15-20%). Quale che sia la fonte di calore (carbonella o legna, gas o elettricità) il metallo della griglia dovrà essere caldissimo, soprattuto prima di porvi della carne di manzo.
Quando il metallo avrà raggiunto la massima temperatura strofinatelo con un canovaccio bagnato e ungetelo con un poco di grasso: eviterete che il cibo si attacchi. Grigliare è un metodo di cottura molto rapido, motivo per cui è difficile eseguirlo alla perfezione; un minuto in più o in meno o la temperatura sbagliata (troppo alta per una fetta sottile di carne, o non sufficiente per una grossa costata) possono rovinare il piatto. L'esperienza vi aiuterà; ricordate in ogni caso che i pezzi piccoli di carne o pesce dovranno essere cotti più vicino alla sorgente di calore, mentre quelli grossi dovranno stare più lontano.
La carne
Una perfetta grigliata di carne si ottiene seguendo alcune regole.
Anche il pesce si presta egregiamente a questo tipo di preparazione; per la cottura è decisamente preferibile la griglia, perché a contatto con la piastra rovente il pesce tende a bruciacchiarsi. Ricordate che il pesce ha tempi di cottura più brevi di quelli della carne, e tende facilmente a bruciare. Usate quindi temperature meno elevate e tenete le vivande meno vicine alla fonte di calore. Anche per il pesce valgono in genere le raccomandazioni già espresse per la carne, con qualche accorgimento in più.
Anche le verdure, come il pesce, non amano il contatto diretto con la piastra ; cotte alla griglia, a calore moderato, mantengono meglio l'umidità senza bruciacchiare. Un buon piatto di verdure grigliate, ben cotte, bene assortite e giustamente condite può costituire, soprattutto nell'estate che si avvicina, una valida e sana alternativa alla carne.
Ungere: ungete sempre con poco olio o burro la carne prima di porla sulla griglia rovente, e ripetete più volte l'operazione durante la cottura per impedirle di asciugarsi e di indurire. Le piccole gocce di sangue che appariranno sulla superficie indicheranno quando la carne è al punto giusto di cottura.
Marinare:  per rendere la carne più tenera e saporita, la carne può essere lasciata a marinare per almeno un paio d'ore in una emulsione di vino e olio di oliva, rigirandola di tanto in tanto; alla marinata potrete aggiungere sale, pepe appena macinato, altri odori quali cipolla a fettine, aglio, alloro, timo o prezzemolo. Asciugate bene la carne prima di cuocerla.
La scelta delle carni: la carne che meglio si presta alla cottura sulla griglia è quella di manzo, le cui parti migliori sono il filetto, la costata, la lombata; i pezzi più teneri e gustosi sono quelli ricavati dal filetto, che prendono varie denominazioni secondo la dimensione: fette alte circa 3 centimetri vengono chiamate tournedos, i filets mignon hanno uno spessore tra i 4 e i 5 centimetri, mentre pezzi tra i 5 e i 7 centimetri prendono il nome di Chateaubriand. Cospargete le bistecche e i pezzi grossi di carne con pepe nero macinato e poneteli sulla griglia caldissima per scottarli da ambo i lati, formando così una crosticina esterna che conserverà loro tutto il sugo; continuate poi la cottura a calore più moderato. Per tagli più piccoli potete, dopo la "scottatura" mantenere la medesima temperatura. Salate solo a cottura ultimata.
La carne di maiale si presta altrettanto bene alla cottura alla griglia, in particolar modo le braciole (costolette con l'osso) e le costine; essendo più ricca di grassi, non necessita di marinatura, e può non essere unta prima della cottura. Aromatizzatela con timo, pepe nero e rosmarino.
Se grigliate carne bianca (vitello, pollo, agnello) usate un calore più moderato, o tenetela più lontana dalla sorgente: cuocerà e colorirà contemporaneamente.
Grigliare in padella
Un eccellente metodo per grigliare la carne in casa è quello di utilizzare una pesante padella in ferro oppure una piastra di ghisa; non è necessario ungerla se sarà sufficientemente calda, ma se lo desiderate potrete ingrassarla leggermente. Ponete la carne sulla piastra ben calda, fatela "scottare" rapidamente da un lato poi abbassate il calore per uno o due minuti; voltate la carne, scottatela anche sull'altro lato e continuate la cottura rivoltando di tanto in tanto, fino a raggiungere la cottura desiderata. L'esperienza vi aiuterà a trovare il giusto punto di cottura.
Il pesce
Marinaturaun paio di ore prima della cottura ungete il pesce con olio, salatelo e cospargetelo con foglioline di salvia e rosmarino.
pesci interi, da porzione o di maggiori dimensioni, saranno accuratamente nettati all'interno , che farcirete con sale, rosmarino, salvia e prezzemolo; lasciate invece le squame, in questo modo ridurrete il rischio di bruciacchiare la carne, ed a cottura ultimata la pelle si staccherà tutta insieme. Cuocete a calore moderato rigirando spesso e spennellando con poco olio; anche in questo caso solo l'esperienza potrà indicavi gli esatti tempi di cottura.
Molluschi: seppie, totani e polpi possono essere grigliati solamente se di piccolissime dimensioni , per non risultare duri e gommosi. Prima della cottura, che dovrà essere piuttosto breve ed a temperatura non troppo elevata, ungeteli con olio, passateli nel pangrattato e cospargetevi poco prezzemolo; infilateli su degli spiedini di legno e cuoceteli a calore moderato girandoli spesso. Salate a cottura ultimata.
Crostacei: tutti i crostacei si prestano ad essere grigliati con eccellenti risultati. In particolare risulteranno saporiti e profumati i gamberoni e le mazzancolle, che non necessitano di particolari preparazioni; poneteli direttamente sulla griglia, magari infilati su degli spiedini, a temperatura moderata, e cuoceteli per un paio di minuti rigirandoli spesso. A cottura ultimata serviteli caldissimi, accompagnati con fettine di limone.
Pesce a tranci: tonno, pesce spada, palombo ecc. risultano eccellenti anche cotti alla piastra , che dovrà essere leggermente ingrassata per evitare che il pesce attacchi. Salate solo a cottura ultimata.
Gli ortaggi
Molti sono gli ortaggi che si prestano a questo tipo di cottura; una buona grigliata mista sarà composta, per lo meno, da melanzane, zucchine, peperoni, pomodori, cipolle.
Ognuna di queste verdure richiede un trattamento particolare.
Le melanzane, che tendono a perdere acqua in cottura, saranno tagliate a fette di almeno un centimetro di spessore; è consigliabile lasciare le fette immerse per una mezz'ora in acqua salata, per fare loro perdere un poco di amaro.
Le zucchine, rigorosamente freschissime, saranno tagliate per il lungo a fette più sottili, che andranno cotte dai due lati per pochissimo tempo, in modo che rimangano croccanti.
Taglierete i peperoni a falde di circa 2 centimetri, dopo averli nettati dalle costole interne; resteranno più teneri se li farete cuocere per più tempo dal lato della buccia.
Scegliete dei pomodori molto sodi, meglio se un poco acerbi; sono eccellenti anche quelli verdi, se non dispiace il sapore acidulo. Tagliateli a metà, salateli e lasciateli scolare per una mezz'ora per far loro perdere un poco di acqua; dopo averli asciugati cospargeteli con un trito di prezzemolo, pochissimo aglio e qualche cappero, e cuoceteli solo dalla parte della buccia. Riescono eccellenti anche in padella.
Anche le cipolle faranno parte della vostra grigliata; scegliete preferibilmente quelle rosse di Tropea, dal gusto più dolce, sbucciatele e tagliatele a metà (o a spesse fette se fossero troppo grosse), e cuocetele sulla griglia rigirandole spesso.
Potete aggiungere anche delle patate, tagliate a fette di circa mezzo centimetro e unte con olio; in questo caso il tempo di cottura è un poco più lungo. Salate il tutto a fine cottura, e condite a piacere con olio extravergine, limone, qualche fogliolina di menta.

Le marinate sono composti liquidi, a base di aromi, acidi o oli, in cui si tengono immersi carne, pesce o verdure. I motivi per sottoporre un cibo a marinata sono svariati. Innanzitutto è un buon modo per affrontare metodi di cottura che possono indurire o privare del sapore un alimento. Poi, alcuni cibi sono già in origine molto duri o secchi, come alcuni tagli di carne, e marinarli consente di ammorbidirli. Altri, infine, possono avere di partenza un sapore sgradevole o troppo carico, come certa selvaggina: la marinata toglie l’odore di selvatico
e rende il sapore più gradevole.
Le marinate si differenziano tra cotte crude:
La marinata cotta spesso accompagnerà il cibo anche durante la cottura, diventando così un ingrediente indispensabile non solo in fase di preparazione, ma durante tutto l’iter della creazione del piatto.
La marinata cruda, è invece un vero e proprio metodo di cottura a freddo; in quanto tale il processo
durerà di più, e si userà con alimenti diversi.
Ingredienti
Una marinata è composta, generalmente, da quattro tipi di ingredienti.
Acidi: aceto, limone, vino, birra. Gli acidi servono a scomporre le proteine, in modo da rendere gli alimenti più teneri e più portati ad essere influenzati da altri sapori.
Oli: in genere si usa solo olio extravergine d’oliva, anche se naturalmente ogni ricetta può presentare una variante. L’olio trattiene l’acqua, e quindi riduce il rischio di disidratazione durante la cottura.
Aromi: spezie, erbe, droghe. Aggiungono sapore.
Salse: di qualsiasi tipo (soia, barbecue, worcester), a seconda delle sue caratteristiche, può addirittura sostituire gli altri ingredienti. Una salsa infatti aggiunge sapore, e ammorbidisce la carne.
Recipienti e tempi
Innanzitutto il recipiente che si utilizza per marinare deve essere abbastanza ampio da poter contenere sia l’alimento sia la marinata stessa: la marinata deve poter ricoprire completamente l’alimento. I materiali più indicati sono ceramica (e porcellana), vetro e pirex. I contenitori in metallo sono da evitare, soprattutto in caso di marinata a base di acidi; meglio evitare anche la plastica.
Non si possono marinare alimenti congelati, è necessario aspettare che si scongelino completamente. I tempi variano a seconda del cibo che si vuole marinare, della grandezza del taglio e anche della temperatura a cui vengono conservati, poiché la bassa temperatura rende l’operazione più lenta.
Ma la differenza sostanziale deriva dal tipo di marinata che si vuole effettuare: se cotta, basterà poco tempo, da mezz’ora a poche ore; se a crudo, sarà necessario marinare anche per 24-36 ore.
In linea di massima, per la marinata cotta, i tempi sono:
- 4/6 ore per le carni rosse bovine e ovine,
- 2/4 ore per la carne di suino e per il pollame,
- 1/2 ore per i pesci,
- mezz’ora/1 ora per le verdure.
Diverso il discorso per la selvaggina, dove i tempi possono variare da qualche ora a molti giorni. È necessario sapere, quando si acquista la carne, se la provenienza è d’allevamento, oppure se si tratta di un animale selvatico.
Marinata cotta
Se si usa la marinata come fondo di cottura, si deve tenere presente che è utilizzabile solo per cotture prolungate e ad alta temperatura, per cui in forno o sulla griglia. Se l’alimento marinato va semplicemente saltato, è meglio scolare via la marinata.
Quando si effettua una cottura con marinata - ad esempio carne con vino - è necessario controllare sia la quantità del vino sia la temperatura. Una quantità in eccesso invece di esaltare il sapore della carne lo può alterare troppo, rovinandolo. Se è necessario aggiungere vino durante la cottura, fare attenzione alla temperatura del liquido: se si versa vino freddo su un arrosto, si arresta la cottura e si rovina la consistenza della carne.
Per la carne
La procedura classica della marinata cotta, calcolata per un chilo, un chilo e mezzo di carne, è la seguente:
- Lavare e tritare grossolanamente carote, cipolle e prezzemolo, e far imbiondire in mezzo bicchiere d’olio extravergine d’oliva con alloro e maggiorana.
- Aggiungere un litro di vino secco, poco sale, poco pepe.
- Far bollire cinque minuti, quindi travasare in un recipiente, coprire e lasciar raffreddare.
- Appena la marinata è fredda, versarla sulla carne e farla riposare il tempo necessario (dipende dal tipo di carne). Quindi, cuocere secondo la ricetta scelta.
Per il pesce:
Far bollire per circa dieci minuti aceto bianco, qualche spicchio di aglio a pezzi e del rosmarino. Versare la marinata ancora bollente sul pesce già fritto, e far riposare. Il pesce così cucinato è detto in carpione.
Marinata cruda
Per la carne:
-Tritare insieme due carote, due gambi di sedano, una cipolla di grosse dimensioni, foglie di prezzemolo.
- Unire 3 chiodi di garofano, 5 grani di pepe, 2 foglie di alloro, poco sale, 6 bacche di ginepro, tre quarti di litro di vino secco di ottima qualità.
- Mescolare e versare sulla carne.


Brasare vuol dire cuocere lentamente dentro un recipiente coperto. In realtà la brasatura è una tecnica di cottura complessa, che richiede varie operazioni, una giusta dose di liquidi, e che può essere applicata a carne, pesce e verdure. In teoria andrebbe effettuata con la pentola apposita, la cosiddetta brasiera.
La complessità della brasatura dipende anche dal tipo di alimento che si intende cuocere: un taglio di carne da brasare dovrà essere anche lardellato, a volte marinato, steccato, rosolato, stufato. La rosolatura è una delle fasi essenziali: va effettuata in condimenti grassi già caldi, che servono a dorare la superficie esterna della carne; in questo modo i succhi si coagulano rapidamente e la crosta impedisce alle sostanze di fuoriuscire. È solo a questo punto che si può procedere a bagnare l'alimento e infornarlo o incoperchiarlo per completare la cottura, mai ad alte temperature, ma sempre sobbollendo.
Le fasi della brasatura della carne
Come prima cosa bisogna verificare se sia necessario lardellare il pezzo di carne. Se la carne da brasare, ad esempio un taglio di bue, è troppo magra, si può risolvere il problema picchiettandone la superficie con lardo, o effettuando delle incisioni al centro del pezzo per infilare strisce di lardo e pancetta già trattate con spezie, pepe o aglio e prezzemolo.
Successivamente si deve steccare e legare la carne e, dove la ricetta lo contempli, marinare in vino o verdure. Poi la carne va sgocciolata, asciugata, salata, pepata e rosolata a fuoco vivo in grasso caldo. A questo punto si aggiunge la verdura e si continua a rosolare. Il concentrato di pomodoro va messo solo se non si sta brasando carne bianca. Quindi si bagna con vino, e poi con il fondo di cottura, coprendo la carne per metà. Ora la carne va infornata con un
coperchio, cuocendola lentamente (tra le due e le quattro ore) e rigirandola. Infine va affettata e
servita con abbondante salsa, che viene preparata col fondo di cottura sgrassato.
La Brasiera
La brasiera è la pentola pensata ad hoc per la cottura brasata. È adatta ad essere usata in forno, ha forma ovale o rettangolare e coperchio a scatola. Il nome deriva dalla parola brace: una volta infatti la brasatura degli alimenti si eseguiva ponendo le braci sia sotto la pentola sia sul coperchio, in modo da avere una cottura perfetta grazie alla diffusione uniforme del calore.
Gli alimenti da brasare
La brasatura è una tecnica di cottura adatta a carne, pesce e verdure. Generalmente i polli e pesci vengono brasati interi, la carne in grossi pezzi, mai superiori ai quattro chili. Per quanto riguarda la carne, sono adatti i tagli di spalla del vitello e del manzo, la sottofesa e i tagli ricchi di tessuto connettivo. La brasatura si effettua sia su selvaggina da pelo (cinghiale, daino, cervo e capriolo) sia da piuma, su esemplari adulti.
Sono indicati pesci di grandi dimensioni come salmone, storione, lucci, branzino, cernia, pesce spada e tonno, tenendo presente che il pesce non deve essere precedentemente rosolato ma subito adagiato su verdure con fondo di cottura. Le verdure più adatte, disposte su teglia unta con poco brodo o vino e cotte coperte, sono porri, indivia, zucca, finocchi, carciofi, patate, sedano, carote, cardi, insalata belga, scarola, riccia.
Differenza tra stufato e brasato
La differenza fra questi due metodi di cottura consiste nella quantità di liquido in cui vengono cotti gli ingredienti. Lo stufato si ottiene dopo lunga e lenta ebollizione in casseruola coperta, utilizzando vino, in quantità tale da coprire la carne. Il brasato richiede anche verdure, erbe, pomodori, e il liquido utilizzato non deve coprire più della metà della carne da cuocere.

Il cambiamento di colore durante la cottura
Con la cottura il colore delle verdure può mutare in modo significativo; tuttavia, con alcuni semplici accorgimenti, potete evitare i principali effetti indesiderati.
Il verde è dovuto alla presenza di clorofilla: si imbrunisce se cuoce in acqua fortemente calcarea o in ambiente acido, mentre diviene brillante in presenza di rame o in ambiente alcalino. Per questo motivo alcuni consigliano di aggiungere un po’ di bicarbonato nell’acqua di cottura di fagiolini o altre verdure, ma è una pratica errata, poiché ammorbidisce la struttura dell’ortaggio.
Il rosso-porpora è dovuto alla presenza di antocianina: l’ambiente acido lo enfatizza, mentre un ambiente alcalino lo rende opaco. Quando cuocete barbabietole o cavoli rossi aggiungete quindi un po’ di aceto o succo di limone.
Il bianco-giallognolo è dato dai flavoni: l’ossigeno, l’alluminio e l’ambiente alcalino tendono a imbrunirli.
Il giallo-arancio è dovuto ai caroteni: sono pigmenti stabili che non cambiano colore in modo significativo.
La sbianchitura
Alcuni ortaggi necessitano di una scottatura in acqua, detta sbianchitura, prima di essere sottoposti alla cottura vera e propria.
Pomodori e peperoni vengono sbianchiti rispettivamente per 10 e 30 secondi per favorirne la pelatura.
Le verdure amare (quali indivia, scarola, cicoria ecc.) vengono invece sbianchite per ridurre il sapore troppo forte.
Tale pratica risulta indispensabile anche quando si vogliono congelare le verdure, poiché distrugge buona parte dei microrganismi e degli enzimi, che causano l’imbrunimento della maggior parte degli ortaggi e la loro veloce degradazione. Per questi ortaggi adottate il seguente procedimento: immergete i vegetali in acqua bollente a pentola scoperta e, non appena l’acqua riprende il bollore, scolateli, tuffateli per qualche istante in acqua e ghiaccio, quindi stendeteli ad asciugare.
Anche le patate al forno devono essere prima sbianchite, ma sono sottoposte a un trattamento leggermente diverso: dopo averle pelate e tagliate, versatele in una casseruola con acqua fredda, salatele e mettetele sul fuoco. Quando l’acqua è in procinto di bollire e sulla superficie inizia a formarsi un po’ di schiuma, scolate le patate, sgocciolatele con cura, disponetele nella teglia con olio o strutto e aromi, quindi passatele per 1 minuto sul fuoco, poi infornate a 180° C.
La cottura per ebollizione
Nei vari ricettari troverete due scuole di pensiero relative alla cottura per ebollizione: alcuni suggeriscono di utilizzare poca acqua, altri invece di utilizzare molta acqua.
Esistono ragioni valide a sostegno di entrambi i metodi: nel primo caso si limita la dispersione di vitamine e sali minerali e si conserva il sapore dell’alimento; nel secondo si ottengono colori più brillanti e le verdure risultano più tenere.
Evitate di tagliare a pezzetti i vegetali da cuocere, per limitare la dispersione di nutrienti durante la cottura. Immergete le verdure in acqua bollente salata, possibilmente povera di calcio, e utilizzate sempre una fiamma molto viva per far riprendere il più velocemente possibile l’ebollizione. Non aggiungete mai bicarbonato di sodio al liquido di cottura. Lasciate la pentola scoperta nella cottura dei vegetali verdi, in modo che gli acidi contenuti nelle verdure possano volatilizzarsi prima di attaccare la clorofilla; coprite invece la pentola nella bollitura degli ortaggi bianchi per limitare il contatto con l’ossigeno, che tende a imbrunirli.
Unica eccezione è il cavolfiore, che va cotto senza coperchio per allontanare gli odori sgradevoli.
Cuocete gli ortaggi al dente: avranno un aspetto più gradevole, una struttura consistente, sapore inalterato e un più alto contenuto di nutrienti.
Dopo aver scolato le verdure, servitele immediatamente. Se le utilizzate fredde, immergetele per pochi secondi in acqua e ghiaccio, poi asciugatele e conservatele in un contenitore fornito di coperchio: questo brusco raffreddamento ha lo scopo di fissare il colore e bloccare la cottura.
Tempi di cottura indicativi
Di seguito sono elencati i tempi di cottura indicativi delle varie verdure; non vanno presi alla lettera, poiché la dimensione, la varietà e il grado di maturazione dell’ortaggio, oltre ai gusti personali, incidono notevolmente su questi dati.
3-4 minuti: foglie di bietola, spinaci.
6-8 minuti: broccoli (con il gambo tagliato a pezzetti), cavolo affettato.
10 minuti: asparagi, coste di bietola, cavolini di Bruxelles, porri, rape.
15 minuti: cavolfiore, fagiolini, finocchi, patate piccole, zucca a pezzi, zucchine.
30-40 minuti: carciofi, carote, cipolle, patate medie, sedano-rapa.
50-60 minuti: barbabietole, cardi.
Gli ortaggi bianchi (come cardi, rape e cavolfiori) e quelli che anneriscono al contatto con l’aria (carciofi e scorzonera) devono essere cotti in un liquido chiamato bianco speciale per ortaggi.
Bianco per ortaggi
Stemperate 20 g di farina in 1 l di acqua, aggiungete un po’ di sale, un cucchiaio di succo di limone e 20 g di burro; filtrate la preparazione, portate a bollore e cuocetevi gli ortaggi, tenendo presente quanto detto nelle pagine precedenti.
La cottura stufata
Le verdure più utilizzate sono l’acetosella, le carote, le cipolle, le rape e le zucchine, in particolare quando sono ancora piccole e ricche di acqua.
Pulite e preparate le verdure tagliandole a fette, a rondelle o comunque a pezzi non troppo grandi. Mettete sul fuoco medio una casseruola o una padella con una noce di burro (circa 60 g per chilogrammo), aggiungete la verdura, salate e coprite con un coperchio che sigilli perfettamente. Mescolate di tanto in tanto. Dopo qualche minuto i vegetali tenderanno a cedere una parte di acqua di vegetazione: con il calore le gocce di vapore acqueo si condensano sul coperchio e ricadono a goccioline sulle verdure, mantenendole sempre umide. A cottura ultimata non deve esserci acqua nella casseruola e le verdure devono essere ancora umide, ma colorite.
La cottura brasata
È un metodo di cottura in genere poco utilizzato nelle preparazioni quotidiane, capace tuttavia di valorizzare il sapore delle verdure: quelle più adatte sono la lattuga, il cavolo, l’indivia, la scarola e il porro.
Pulite e preparate le verdure tagliandole a spicchi o a pezzi di grandi dimensioni, quindi sbianchitele come descritto in precedenza. Nel frattempo imburrate abbondantemente un recipiente basso con fondo spesso (un tegame o una padella), disponetevi un letto di sedano, carota e cipolla affettati, qualche grano di pepe e un mazzetto aromatico; adagiatevi sopra le verdure in uno strato regolare e mettete il tutto sul fuoco, coperto e a fiamma bassa, per qualche minuto, affinché prenda sapore, scuotendo di tanto in tanto il recipiente. Bagnate fino a 1/3 dell’altezza con brodo (acqua, per finocchi e indivia), coprite con carta oleata imburrata e con il coperchio e fate cuocere in forno a calore moderato (160° C): a cottura ultimata il liquido dovrà essere in buona parte evaporato. Disponete le verdure in una pirofila eliminando il fondo aromatico, fate restringere il fondo di cottura, versatelo sui vegetali e servite. Prima di versare il fondo di cottura sulle verdure, montatelo con il burro: aggiungete burro molto freddo tagliato a dadini (una parte ogni due di liquido) e mescolate vigorosamente con una frusta, senza far bollire. Il liquido tenderà ad assumere una consistenza cremosa e lucida.
La cottura glassata
È un altro metodo di cottura poco diffuso, estremamente adatto alle verdure di buona struttura e dal sapore tendenzialmente dolciastro, come carote, cipolline e rape.
Pulite le verdure, lasciando intere cipolline e carotine novelle e tagliando a rondelle o tocchetti carote o rape di grandi dimensioni. Disponete gli ortaggi in una casseruola bassa, aggiungete 70g di burro per ogni kg di vegetali, un pizzico di sale, 10 - 15g di zucchero e acqua, in modo da coprire quasi interamente tutte le verdure. Portate a bollore, coprite e fate cuocere a fiamma media fino a completa cottura. Togliete il coperchio e lasciate evaporare il poco liquido rimasto a fuoco vivo, muovendo il recipiente affinché gli ortaggi non si attacchino. Quando notate che il fondo rimasto ha reso lucide le verdure, aggiungete un tocchetto di burro, continuate a muovere in senso rotatorio la casseruola, disponete il tutto in una pirofila e servite cospargendo a piacere con un po’ di prezzemolo tritato.
Una variante riservata alle cipolline è la glassatura scura: caramellate 50 g di zucchero, bagnate con 5 cucchiai d’aceto e un bicchiere di acqua, quindi aggiungete 50 g di burro e 1 kg di cipolline; procedete come per la glassatura chiara.
La cottura in forno delle verdure con buccia
Forse perché rievoca altri tempi e tradizioni contadine ormai dimenticate, preparare e presentare una semplice patata o una cipolla con la propria buccia è più un rito che non una tecnica di cucina.
I procedimenti sono leggermente diversi a seconda dell’ortaggio, mentre la temperatura di cottura è sempre di 170 -180° C.
Disponete patate e melanzane in una teglia su uno strato di sale grosso alto quasi un dito, quindi infornate: sarà necessaria circa 1 ora di cottura (noterete che le melanzane tendono a “gonfiarsi”).
Le cipolle vanno invece poste in una pirofila delle giuste dimensioni (non devono rimanere spazi vuoti), quindi coperte con un foglio d’alluminio e infornate: fate attenzione che il fondo non si bruci, perché il liquido dolciastro che produce tende a caramellarsi nel recipiente; se necessario potete aggiungere un po’ di acqua.
Le barbabietole devono infine essere avvolte con un foglio d’alluminio e cotte lentamente in forno per almeno 3 ore.
La presentazione delle verdure cotte al forno dovrà essere altrettanto semplice: potete servirle intere (cipolle e melanzane), praticare un’apertura nella parte superiore (patate) o sbucciarle (cipolle e barbabietole), quindi condirle con ottimo olio extravergine di oliva, sale e pepe nero macinato al momento; aggiungete qualche goccia di aceto balsamico sulle cipolle. Le patate si prestano anche a essere svuotate e farcite.
Se avete un camino, per deliziare i vostri commensali in un’occasione speciale potete cuocere le verdure sotto la cenere: condite gli ortaggi, avvolgeteli con fogli d’alluminio e ponete i cartocci in un angolo del camino completamente ricoperti di ceneri e braci, lasciandoli cuocere lentamente. In questo modo si possono preparare patate, cipolle, funghi, tartufi e mele.
USI DELLA PASTELLA
La pastella è un preparato utilizzato in cucina la cui funzione principale è quella di costituire un rivestimento agli ingredienti principali cotti secondo il tipico procedimento della frittura. Esistono svariati metodi di preparazione, a seconda delle pietanze da preparare e della ricetta. Partendo dagli ingredienti di base, ovvero la farina (di grano tenero o di grano duro) e l'acqua, con l'aggiunta di altri ingredienti o in base alle tecniche di preparazione se ne possono ottenere di differenti tipi. Qui verranno descritte le ricette delle pastelle di uso più comune per verdura e frutta.
Pastella alla birra per verdure:
Ingredienti
Pastella alla birra per verdure, ingredienti: 70 g di farina, 100 ml di birra, 1 albume, 1 cucchiaio di olio d’oliva, sale.
Preparazione
Per la sua realizzazione, va disposta la farina a fontana, aggiungendo un pizzico di sale e l'olio d'oliva. Fatto ciò va incorporata poco alla volta la birra, mescolando il tutto con una frusta. Durante la fase di amalgama degli ingredienti bisogna far attenzione a non formare dei grumi nella pastella. Quando tutti gli ingredienti saranno incorporati, il composto va fatto riposare per circa mezz'ora, coprendolo con un panno. Dopo questa fase, va incorporato l'albume d'uovo. Questo va preliminarmente separato dal tuorlo e montato a neve con un pizzico di sale ed infine incorporato nella pastella, mescolando con un cucchiaio dal basso verso l'alto, affinché la pastella non si sgonfi. La presenza dell'albume in questa pastella serve a renderla più leggera e soffice. A questo punto vanno preparate le verdure da friggere (ad es. Melanzane, fiori di zucca, zucchine, carciofi, cavolfiore), tagliandole in pezzi più o meno piccoli a seconda del gusto e della pietanza che si vuole realizzare, ed infine immerse nella pastella. Una volta tirate fuori sono pronte per la frittura.
Pastella al latte per frutta e verdura:
Ingredienti
Pastella al latte per frutta e verdura, ingredienti: 200 g di farina, 3 uova. 1 bicchiere e mezzo di latte, 1 limone, sale.
Preparazione
Per la sua preparazione si parte con il porre in una ciotola la farina di grano tenero. Su questa vanno aggiunte le uova ed il latte freddo, sbattendo il tutto con una frusta. Alla fine si può rimescolare bene il tutto con un cucchiaio, cercando di non fare formare i grumi. Va Aggiungo un pizzico di sale e la scorza grattugiata di un limone non trattato. Fatto ciò la pastella è pronta e si può immergete la frutta (es. Mele, pere, ananas, banane) o la verdura desiderata. È consigliabile a questo punto far riposare per qualche minuto il tutto prima di passare alla cottura.

 

La bollitura per i brodi

Serve per trarre dagli scarti del pesce brodi, fumetti e bisque.
Il brodo di pesce, il fumetto e la bisque sono solitamente interpretati come sinonimi, soprattutto i primi due, ma in realtà hanno una sola cosa in comune: il fatto che si parli di cucina di mare. Quindi, contrariamente a quanto si pensa, esistono delle differenze. Esaminiamole insieme:

Il brodo di pesce altro non è che un brodo. Esattamente come per il brodo di verdure, e il brodo di carne, viene fatto partendo con una base di acqua fredda e dove vengono inserite poi gli scarti del pesce, come lisca, spine, testa, e ortaggi profumati come sedano, carota, cipolla o porro, insieme ad alloro e pepe. Quando schiumerà toglietene il più possibile. Una volta cotto filtrare in un colino con un panno a maglie molto strette.
Il brodo di pesce viene utilizzato per insaporire, profumare e continuare le cotture di certi piatti.
Il fumetto è molto simile al brodo di pesce, è un brodo ristretto che può essere realizzato con gli scarti del pesce: teste, lische, ritagli, tranne ovviamente le interiora. Esistono due diversi tipi di fumetto: il fumetto di pesce, dal sapore più delicato, e il fumetto di crostacei, dal sapore più deciso.
Entrambi sono perfetti nella preparazione di risotti di mare, zuppe e piatti a base di pesce. I pesci migliori per preparare il fumetto di pesce sono la sogliola, il nasello, il rombo, l’orata o comunque tutti quei pesci dalle carni non troppo grasse e dal sapore delicato. Raramente vengono utilizzati anche il salmone o il persico, dalle carni mediamente grasse, mentre solitamente si evita di utilizzare l’aringa o lo sgombro, decisamente troppo grassi e dal sapore troppo marcato. Il fumetto di pesce è indispensabile se volete preparare dei piatti saporiti e gustosi.
La bisque è di origine francese, si ritiene che la versione originale fosse preparata con sole aragoste, successivamente sono state ammessi anche i parenti più prossimi come granchi, scampi e vari crostacei. Per preparare la bisque occorrono cipolla, carota, sedano e patata che vengono ammorbiditi nel burro e resi in vellutata. Una volta cotta filtrare in un colino con un panno a maglie molto strette.
Per la conservazione potrete conservare per qualche giorno in frigorifero purché siano riposti in un contenitore di vetro. Mentre in congelatore dura fino a 3 mesi.

Le cotture in un liquido

Le principali cotture in un liquido sono due: la cottura affogata e la cottura brasata. Qualsiasi metodo si
usi per cuocere il pesce in un liquido, vale una regola d’oro: non fate mai raggiungere il bollore, che porterebbe a un repentino contrarsi delle proteine e a una conseguente deformazione ed eccessiva disidratazione del prodotto. Adottate invece temperature dolci, attorno agli 80°C, sufficienti per cuocere la polpa senza inconvenienti. Per limitare il fenomeno dell’osmosi, ossia il passaggio di nutrienti dalla soluzione più concentrata (il pesce) a quella meno concentrata (il liquido), è opportuno utilizzare un liquido di cottura fortemente aromatizzato, come quelli descritti in precedenza, che al contempo insaporisce le carni del pesce.

Cottura affogata

È senza dubbio la tecnica più usata tra quelle di questo gruppo. Si distingue dalla cottura bollita perché gli alimenti non devono mai raggiungere la temperatura di ebollizione, che come già detto porterebbe a una repentina contrazione delle proteine e alla disidratazione del prodotto. I pesci più indicati per questa cottura sono il branzino, la cernia, il dentice, l’halibut, il merluzzo, il nasello, l’orata, la rana pescatrice, la razza, il rombo, il salmone, il sampietro, la sogliola, lo storione e la trota.
Se avete pesci da porzione (interi o in trance), riscaldate in una casseruola il court-bouillon a 85°C, immergete con delicatezza i pesci e lasciateli cuocere a temperatura costante. Se avete pesci di grandi dimensioni, sistemateli nell’apposita pesciera, aggiungete il court-bouillon freddo e portate gradualmente il tutto a 80 – 85°C. Se il pesce richiede più di 30 minuti di cottura, potete realizzare il court-bouillon in questa fase: disponete gli elementi aromatici sotto la griglia della pesciera, adagiatevi il pesce, aggiungete i liquidi (acqua e aceto o acqua e vino) e procedete come spiegato nelle pagine precedenti. Per i tempi di cottura calcolate approssimativamente 15 minuti per un pesce da 1 kg (e 5-6 minuti in più per ogni chilogrammo supplementare), oppure 8-10 minuti ogni 2,5 cm di spessore. Se i pesci devono essere serviti freddi sarà necessario un tempo inferiore, poiché il calore continua a diffondersi anche a fornello spento. Ricordatevi di spellare i pesci quando sono ancora caldi, poiché quando sono freddi l’operazione risulta più difficile; al termine dovete tuttavia coprirli con un panno imbevuto di court-bouillon, per evitare che si secchino in superficie.

Cottura brasata

La cottura brasata del pesce ha diverse analogie con quella affogata; è realizzata però in pochissimo liquido fortemente concentrato, che in seguito costituisce la base per la preparazione finale della salsa. Si possono utilizzare sia pesci interi (come il rombo, il salmone, la spigola), sia filetti o trance di pesce (come la coda di rospo, il rombo, il sampietro, la sogliola). Imburrate con cura una casseruola bassa o una padella con manico in metallo e versatevi una mirepoix arricchita con scalogno tritato. Adagiate sulla mirepoix il pesce pulito, prestando attenzione che la parte da presentare in tavola sia rivolta verso l’alto (per il rombo è quella con la pelle bianca, per gli altri pesci la parte del filetto sinistro). Coprite fino a metà con vino bianco e fumetto di pesce, salate, pepate e ponete il recipiente sul fuoco finché il liquido raggiunge la temperatura di circa 85 °C; coprite con un foglio d’alluminio imburrato e infornate a 180 °C, irrorando di frequente il pesce nel corso della cottura. Quando il pesce è cotto trasferitelo in un piatto e tenetelo al caldo; filtrate quindi il fondo di cottura e fatelo restringere a fuoco vivo.
Aggiungete al fondo già ridotto un cucchiaio di panna per porzione, legate leggermente con burro manipolato e filtrate con il colino cinese. Montate la salsa con un po’ di burro (10 g a porzione) e versatene una parte sul pesce e la rimanente in una salsiera, accompagnando la preparazione con patate al vapore e verdure al burro.


Cottura per arrostimento

Tra i pesci che meglio si prestano a tale preparazione vi sono l’anguilla, il branzino, il cefalo, la cernia, il dentice, il merluzzo, la mormora, l’ombrina, l’orata, la coda di rospo, il pesce spada, il salmone, la sarda, lo scorfano, lo sgombro, lo storione e il tonno. La cottura per arrostimento del pesce è senza dubbio un sistema semplice che fornisce ottimi risultati, a patto che si seguano alcuni accorgimenti, per esempio far precedere la cottura da una marinatura rapida, praticare un’incisione nel punto più spesso della polpa dei pesci di grandi dimensioni oppure adottare temperature
discretamente elevate, attorno ai 180 - 200 °C.


Cottura al cartoccio

È un tipo di cottura eseguito in un ambiente chiuso affinché i sapori, gli aromi e l’umidità del pesce non si disperdano all'esterno.
Prendete un foglio di alluminio di ampie dimensioni, sistematevi il pesce già pulito, conditelo con sale, pepe, olio extravergine di oliva e aggiungete gli aromi appropriati: finocchietto selvatico per il branzino e il pesce azzurro, rosmarino (in piccole quantità) per le triglie, capperi per il tonno, aneto per il salmone, cerfoglio per il rombo e il pesce bianco, aglio e prezzemolo per tutti gli altri pesci. A piacere è possibile aggiungere anche un goccio di vino, di vermouth secco o fumetto. Chiudete il foglio e ripiegate i bordi più volte per sigillare ermeticamente il cartoccio, formando una sorta di calzone disteso oppure eretto. Infornate a 180-

200 °C, adagiando i cartocci su una teglia a una certa distanza l’uno dall’altro. Dopo un po’ di tempo la diversa pressione dell’aria interna ed esterna al cartoccio provocherà il rigonfiamento dello stesso: quando raggiunge il massimo sviluppo possibile, il pesce è cotto. Nel cartoccio si può aggiungere anche una salsa a base di molluschi, una mirepoix rosolata in padella e sfumata con poco vino, dadini di pomodoro saltati con capperi, olive e acciughe o altri ingredienti a piacere, che contribuiscono ad aromatizzare e a mantenere morbida la preparazione.

Cottura in crosta

La crosta ha una funzione analoga a quella del cartoccio: trattiene gli aromi e protegge il pesce in cottura dal calore diretto. La crosta può essere composta da un impasto (come la pasta del pane o la pasta brisée), da sale o argilla. La cottura in crosta di sale è senza dubbio quella più diffusa e facile da realizzare, grazie anche alla presenza della pelle che evita all’alimento di insaporirsi eccessivamente: il pesce risulta salato al punto giusto, ben colorito e gustoso. Branzini, dentici e orate sono i pesci più adatti, in particolare quelli di peso attorno al chilogrammo. Il procedimento è illustrato di seguito. Pulite il pesce, asciugatelo accuratamente e aromatizzate il ventre con aglio, pepe nero macinato e, se volete, un rametto di finocchio selvatico. Ricoprite il fondo di una pirofila con sale grosso, sistematevi il pesce e copritelo completamente con altro sale grosso. Infornate a 220°C, lasciate cuocere per 30 minuti, estraete dal forno e servite subito nel recipiente di cottura.

Ideale completamento di questo piatto sono una macinata di pepe e un filo di olio extravergine di oliva, da aggiungere direttamente nel piatto dopo aver porzionato il pesce.

Cottura alla griglia


È un tipo di cottura particolarmente indicato per pesci grassi e semigrassi quali l’anguilla, il cefalo, il salmone, la sarda e lo sgombro, poiché parte del grasso si scioglie insaporendo le carni e rendendo al contempo il pesce più leggero. Si prestano ottimamente anche pesci magri come il branzino, il dentice, la coda di rospo, il merluzzo, l’orata, il persico, il pesce spada, il rombo e la sogliola. Prima della cottura i pesci di grandi dimensioni devono essere tagliati in trance o filetti. Per ottenere i migliori risultati, fate precedere la cottura da una marinatura rapida. Dopo aver pulito e asciugato il pesce, adagiatelo in una pirofila e conditelo con olio extravergine di oliva, pepe, timo, prezzemolo e aglio tritati; disponetevi sopra qualche fetta di limone pelato a vivo e lasciatelo marinare per circa 1 ora. Quando la griglia è alla giusta temperatura e il pesce è pronto, strofinate sulla graticola un panno leggermente unto, quindi appoggiatevi sopra delicatamente il pesce, con l’avvertenza di far cuocere prima la parte da presentare al commensale, che per i pesci piatti è quella che ha la pelle chiara, mentre per i pesci rotondi è il filetto sinistro. Dopo qualche minuto salate leggermente il pesce e giratelo, aiutandovi con una spatola quadrata sottile, prestando attenzione a non rovinare la pelle. Terminata la cottura salate nuovamente, spennellate leggermente il pesce con una emulsione di olio e limone e servitelo accompagnando con fette di limone. La temperatura di cottura varia in base al tipo di pesce: la sogliola e i pesci magri in genere (a eccezione della coda di rospo) dovranno essere cotti a fuoco medio-basso; i pesci grassi (e la coda di rospo) a fiamma vivace, senza tuttavia eccedere.

Cotture al salto

I pesci più indicati per queste cotture sono il branzino, l’halibut, il merluzzo, l’orata, il palombo, il persico, il pesce spada, la rana pescatrice, il rombo, il salmone, il sampietro, la sogliola, la tinca, la triglia e la trota. Nel corso della cottura occorre tenere presenti due aspetti: il primo è che il pesce va sempre rosolato prima dalla parte da presentare al commensale; il secondo riguarda la temperatura di cottura, che deve essere vivace nella prima fase per poi venire abbassata. Esistono quattro tipi di cottura al salto, che utilizzano metodi diversi per favorire la formazione della crosta.

Cottura al burro

Infarinate il pesce e rosolatelo in padella con burro chiarificato; salatelo leggermente, giratelo, salatelo ancora e fatelo rosolare in modo omogeneo.

Cottura alla mugnaia
Lasciate il pesce a bagno nel latte freddo per almeno mezz’ora, quindi asciugatelo e procedete come per la cottura al burro.
Al termine cospargete il pesce con prezzemolo tritato, succo di limone e burro chiarificato bollente.

Cottura dorata
Infarinate il pesce, passatelo nell’uovo sbattuto condito con sale e olio extravergine d’oliva e lasciatelo cuocere in padella con burro chiarificato a temperatura medio - bassa. Evitate una cottura troppo rapida, che conferirebbe alla preparazione il sapore della frittata.

Cottura panata
Impanate il pesce
passandolo prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto salato,
infine nel pangrattato. Rosolatelo in padella con burro chiarificato a fiamma media.

Generalità sulla cottura di crostacei e molluschi


Nella cottura dei crostacei occorre fare attenzione a non eccedere nell’esposizione al calore, perché le loro carni diverrebbero inevitabilmente dure e stoppose. Per le carni di questi animali, piuttosto dolci, dal gusto delicato e tenerissime, nella maggior parte dei casi è sufficiente una rapida scottata. Anche le conchiglie non vanno sottoposte a cotture prolungate, altrimenti perdono molta acqua e tendono a indurirsi. Diverso è il caso dei cefalopodi: per questi molluschi quasi tutte le ricette classiche prevedono infatti tempi di cottura piuttosto lunghi.

Cottura a vapore dei crostacei

Un tipo di presentazione classica per i crostacei cotti al vapore è quella detta à la nage: i crostacei (solitamente gamberetti o gamberi di fiume) vengono serviti in un piatto fondo con un mestolino del loro brodo di cottura, contornati dalle stesse verdure utilizzate per la preparazione del brodo vegetale, tagliate a julienne oppure, se novelle, presentate intere. In una pentola versate due dita di buon brodo vegetale, quindi appoggiatevi sopra l’apposita retina, controllando che il liquido rimanga sotto il suo livello. Adagiate sulla retina i crostacei, coprite la pentola e lasciate sobbollire il tutto. I tempi di cottura e le modalità di servizio sono analoghi a quelli della cottura affogata.

Cottura affogata dei crostacei

Un metodo di cottura molto utilizzato nella cucina classica è quello affogato; per realizzarlo alla perfezione è sufficiente seguire alcune semplici regole, elencate di seguito. Pulite i crostacei e tuffateli in un court-bouillon al vino aromatizzato e già salato (in genere si utilizzano 12 g di sale per ogni litro di prodotto, ma per la cottura dei gamberetti si può arrivare anche a 18-20 g), alla temperatura di 90°C.
Il tempo di cottura è determinato dalla taglia dei crostacei: per i gamberetti 1 minuto, per mazzancolle e gamberi 3-4, per le granseole 7-8, per i crostacei di grandi dimensioni, 20 minuti per chilogrammo di prodotto. Dopo aver cotto i piccoli crostacei, scolateli immediatamente e copriteli con un panno inumidito; i crostacei di grandi dimensioni possono essere invece lasciati raffreddare nel liquido di cottura.

Cottura in court-bouillon del polpo

Per il polpo, un’alternativa alla classica cottura in umido è la cottura in court-bouillon; per un risultato ottimale è sufficiente seguire passo passo i consigli forniti di seguito. Per sfibrare il polpo, battetelo più volte su un tavolo oppure con un batticarne, quindi lavatelo e sfregatelo contro una pietra ruvida per togliere la patina viscosa, eliminate gli occhi e il becco e rovesciate il sacco per eliminare le interiora. Il polpo è ora pronto per la cottura, che generalmente avviene in umido o bollita; in quest’ultimo caso, immergete il polpo in un court-bouillon al vino leggermente salato e lasciatelo sobbollire fino a completa cottura. Generalmente sono necessari 20 minuti per i polipetti e 1 ora per ogni chilogrammo di prodotto per i polpi di grandi dimensioni: per controllare il grado di cottura, è sufficiente forare la parte grossa di un tentacolo servendosi di uno stecchino. Dopo aver cotto il polpo, lasciatelo raffreddare nel liquido di cottura, per evitare l’essiccazione superficiale. Alcuni cuochi preferiscono eliminare le parti gelatinose e le ventose, mentre altri considerano questo procedimento una vera e propria menomazione che priva il mollusco della parte più pregiata. La scelta dipende quindi esclusivamente dai gusti personali.

Cottura alla griglia dei crostacei

A eccezione delle canocchie e dei gamberi di fiume, i crostacei si prestano magnificamente a questo tipo di cottura, come anche le seppie e i calamari, che in genere vengono cotti infilati in spiedini. Nel preparare gli spiedini prestate attenzione a non mescolare mai gamberetti con seppie o calamari, poiché i primi hanno tempi di cottura nettamente inferiori. Dal momento che la parte terminale dei gamberetti è più sottile, è consigliabile lasciare intatto l’ultimo anello del guscio (la frangia caudale), che protegge la carne dall’eccesso di calore. Prima di cuocere gli scampi, praticate un’incisione lungo tutto il dorso, senza però dividerli in due parti. Prima della cottura potete lasciar marinare per circa 1 ora seppie e calamari in olio extravergine di oliva, prezzemolo e un pizzico d’aglio tritato; questa pratica non è invece consigliabile con i crostacei, che sono già teneri, poiché il loro aroma potrebbe essere sopraffatto dalla marinatura. Per finire, evitate una cottura eccessivamente prolungata, che secca le delicate carni di questi animali.

Fritto misto

Crostacei e molluschi sono gli elementi portanti del grande fritto misto di mare, tanto che spesso costituiscono gli unici componenti di tale piatto. Realizzare il fritto in casa può presentare qualche problema, più per gli aromi sprigionati, molto persistenti, che per  l’effettiva difficoltà della preparazione. Anche in questo caso il livello di complessità dipende da voi: potete semplicemente infarinare e friggere i diversi ingredienti, oppure preparare una pastella diversa per ogni prodotto. Dopo aver pulito e preparato i prodotti ittici, friggeteli pochi alla volta e in abbondante olio, evitando di prolungare eccessivamente la cottura (il più indicato per la frittura del pesce è l’olio di semi di arachide, discretamente resistente sia nel tempo, sia alle alte temperature: può arrivare fino a 200 °C). Asciugate accuratamente il fritto con carta assorbente da cucina e salatelo solo a cottura ultimata, facendo attenzione che il sale non cada nell’olio. Se dovete tenere in caldo la frittura, servitevi sempre di una fonte di calore secco, come l’imboccatura del forno. Servite la frittura con spicchi di limone oppure con salsa tartara (maionese addizionata con uova sode, cetriolini, capperi, erba cipollina e prezzemolo tritati finemente) e accompagnatela con una bella insalata mista.

Rivestimenti per la frittura

Un importante fritto misto deve essere composto da almeno cinque-sei varietà di molluschi o crostacei, per ciascuno dei quali si può preparare un rivestimento diverso. Per esempio: latterini e calamaretti siciliani infarinati, julienne di seppia in farina di mais, cappesante in pastella, gamberetti avvolti in pasta fillo, filetto di triglia impanato con pane aromatizzato al rosmarino. I tipi di rivestimento maggiormente diffusi sono elencati di seguito.
Farina: inumidite i prodotti spruzzandoli con acqua o latte, infarinateli abbondantemente, passateli in un setaccio a maglie larghe e tuffateli nell’olio a 180-190 °C, facendo attenzione a non muoverli per il primo mezzo minuto, altrimenti la farina tende a staccarsi e a sporcare l’olio.
Questo rivestimento, adatto per tutti i pesci, è ottimo in particolare per i latterini, i piccoli calamaretti siciliani e le seppioline. Potete utilizzare tipi di farina diversi: farina di mais mescolata a semi di papavero per gli anelli di calamaro e gamberetti, semola di grano duro e sesamo per le seppie e i calamari, farina di grano saraceno per il pesce azzurro, farina di castagne per le seppie e i gamberetti.
Farina e uova: infarinate il pesce, quindi passatelo nell’uovo sbattuto e leggermente salato; sgocciolatelo bene, eventualmente aiutandovi con una ramina a ragno, e friggetelo a 160 °C, tuffando nell’olio un pezzo alla volta. È un rivestimento adatto a filetti di pesce e gamberetti: questi ultimi garantiscono risultati migliori se vengono prima immersi nell’uovo, quindi infarinati delicatamente.
Pasta fillo: dopo aver inumidito la pasta fillo, avvolgetevi i gamberetti e friggeteli in abbondante olio.
Panatura: dopo aver infarinato il pesce, passatelo prima nell’uovo sbattuto, poi nel pangrattato; per finire friggetelo a una temperatura di 180 °C. è un rivestimento ideale per filetti di pesce (persico, platessa, sarde, sogliola ecc.), cappesante, cozze, polpettine e crocchette di pesce.
Pastella per tempura: versate in 300 g di acqua frizzante ben fredda due cucchiai di olio e 200 g di farina; amalgamate velocemente il tutto, aggiungete alcuni cubetti di ghiaccio e lasciate raffreddare il composto in frigorifero. Infarinate i prodotti, immergeteli nella pastella (se è troppo liquida aggiungete un po’ di farina) e friggeteli a una temperatura di 180 °C. è un rivestimento ottimo per gamberi, ostriche, cappesante, salmone e anguilla.

Pastella soffice: sbattete due tuorli insieme con un bicchiere di birra, un pizzico di sale e due cucchiai di olio di semi di mais; incorporate quindi circa 250 g di farina e lasciate riposare il tutto in frigorifero per mezz’ora. Poco prima dell’utilizzo, montate due albumi a neve e incorporateli delicatamente alla pastella. È ideale per cappesante, cozze e filetti di pesce.


La cottura al forno è una delle più diffuse in ambito domestico.
Consiste nel cucinare le pietanze in un impianto che viene portato alla temperatura idonea per la cottura attraverso diversi metodi: dalla combustione del legno all’utilizzo di gas o energia elettrica.
Nella cottura al forno i conduttori di calore sono due: l’aria calda e il grasso.
L’alimento perde il suo grasso, che sciogliendosi va a fondersi con quelli di cottura come olio o burro (se utilizzati) e durante la preparazione penetra all’interno della pietanza.
Il calore causa la formazione di una crosta che trattiene la maggior parte delle sostanze nutritive, consentendo la realizzazione di pietanze particolarmente saporite.
Il forno più tradizionale nelle nostre case è quello a gas, che rappresenta forse la scelta più economica, in quanto consuma meno energia e si scalda velocemente. Rispetto al forno elettrico, il calore è però distribuito in modo meno uniforme. I forni ventilati, sia elettrici che a gas, consentono una distribuzione del calore in maniera più omogenea, riducendo il tempo di cottura e facendo ottenere risultati migliori.
Una cottura omogenea, infatti, permette di evitare le bruciature che, oltre a rendere sgradevole il sapore, produrrebbero sostanze ossidanti, nocive per l’organismo.
Il forno può essere utilizzato per la preparazione di moltissimi piatti: carne, pesce, verdure, ma anche sformati di uova, torte salate, timballi di pasta o di riso.
Spesso la preparazione di pietanze al forno prevede una copertura di riccioli di burro e pane grattugiato o parmigiano, oppure il condimento con besciamella o panna. Questo procedimento consente una rapida formazione della crosta che, oltre ad insaporire il cibo, lo protegge dal calore diretto del forno consentendo una cottura più delicata senza dispersione di liquidi o sostanze nutritive.
Questo tipo di preparazione è comunemente chiamato gratinatura.
Nella cottura al forno, come già detto, è particolarmente importante che il calore sia omogeneo.
La temperatura del forno varia a seconda delle pietanze che scegliamo di preparare.
In genere, quando si parla di cottura a calore moderato, dobbiamo regolare il termostato sui 100°C. Il calore alto è tra i 150°C e i 200°C, mentre la temperatura elevata è al di sopra dei 200°.
Ad esempio, i cibi che richiedono una gratinatura, vanno cotti a calore moderato, per evitare che si brucino, per poi alzare la temperatura solo gli ultimi minuti.
Pesce, carne e dolci richiedono una temperatura calda, mentre pizze e focacce richiedono un forno caldissimo, per cuocere in breve tempo.
Anche la posizione della pietanza all’interno del forno è importante: pesce e carni andrebbero disposti nel piano centrale, in modo da farli cuocere uniformemente in tutte le parti.
I dolci che devono lievitare vanno riposti nel piano inferiore per evitare che formino subito una crosticina che inibirebbe la crescita.
La gratinatura, invece si ottiene bene sul ripiano più alto.
Le pietanze possono essere preparate per ottenere diversi tipi di cottura in forno: dalla gratinatura, cui abbiamo già accennato, al cartoccio, che consiste nel chiudere gli alimenti in carta da forno insieme al loro condimento. In forno si può portare avanti anche la cottura a bagnomaria, adagiando la teglia in una pirofila più grande contenete dell’acqua.
Infine citiamo la cottura in crosta, una particolare preparazione in cui si trattengono gli aromi proteggendo l’alimento in una crosta che può essere composta di sale, di argilla o da un impasto. A seconda della ricetta, inoltre, i cibi possono essere conditi con olio, burro, o bagnati con liquidi (acqua, vino) o irrorati di salse, per ottenere degli ottimi arrosti di carne, pesce o patate. Uno degli alimenti che trae maggior beneficio dalla cottura al forno è il pesce, se si seguono determinati accorgimenti, in quanto è uno dei cibi più delicati.
Ad esempio è fondamentale regolare la giusta temperatura del proprio forno: un calore eccessivo provocherebbe la formazione di una crosticina troppo rapidamente, impedendo al calore di penetrare delicatamente al centro del pesce, rendendo la polpa amara. Al contrario, una temperatura troppo bassa impedirebbe la doratura, che rende il sapore del pesce particolarmente caratteristico. A seconda del tipo di pesce, si sceglierà se condirlo con l’aggiunta di grassi, in caso di pesci particolarmente magri, oppure se lasciare che siano i grassi già presenti nell’alimento a sciogliersi nel condimento.
Curiosità e trucchi
•  Se vi ritrovate a cucinare pesci di stazza molto grossa, per far in modo che si cuocia bene anche all’interno, praticate dei tagli trasversali sul fianco.
• Per quanto riguarda le carni, invece, prestate attenzione a ricoprire bene il fondo della teglia. I liquidi che fuoriescono dalla carne, infatti, venendo a contatto con i grassi, potrebbero bruciarsi.
• Se state preparando carni molto magre, potete renderle più saporite e tenere lardellandole o bardandole, in modo che il grasso, sciogliendosi in cottura, la ammorbidisca insaporendola. La bardatura consiste nell’avvolgere la carne (o il pesce) con fettine di lardo, pancetta o prosciutto grasso. La lardellatura invece consiste nell’inserire delle strisce di grasso all’interno della carne stessa.
•  Per quanto riguarda il pollo, ricordate che il petto si cuoce prima delle cosce: potete tagliarlo in pezzi e rimettere in forno le cosce per ultimare la cottura, tenendo il petto in caldo.
• Per cucinare delle ottime patate al forno, un buon trucco quello di lavarle a lungo in acqua corrente, per ridurre l’amido esterno che le rende molli e le potrebbe far attaccare al fondo della teglia. Per lo stesso motivo, potete anche scottare per pochi minuti in acqua salata.
Vantaggi e svantaggi
La cottura in forno è certamente versatile sia per la gran quantità di differenti procedimenti, sia per il numero di alimenti che possono essere cucinati.
Se portata avanti seguendo gli accorgimenti che abbiamo indicato, preserva i cibi dalla perdita di vitamine e Sali minerali. Inoltre, rispetto ad altri procedimenti, come ad esempio la frittura, non richiede un eccessivo utilizzo di grassi.
Presenta certamente anche qualche svantaggio: ad esempio le carni subiscono un notevole calo di peso. Infine, la cottura al forno è certamente più lunga di altri procedimenti, e richiede un certo controllo.

La bollitura è probabilmente tra i più antichi e tradizionali metodi di cottura degli alimenti, insieme alla diretta esposizione al calore del fuoco (arrostitura).
Come la la cottura a vapore, la bollitura consente di evitare l'aggiunta di grassi di condimento (anzi spesso ha un effetto sgrassante sui cibi) e non comporta sostanziali alterazioni nei principali nutrienti a causa della temperatura relativamente bassa alla quale i cibi sono esposti, anche se talvolta tempi prolungati di cottura hanno effetti opposti. Consente inoltre di aromatizzare i cibi con l'aggiunta di odori e spezie nell'acqua di cottura.
Lessare gli alimenti comporta invece una sensibile perdita di valori nutrizionali, in parte recuperabili dal liquido di cottura. Gli alimenti immersi nell'acqua, infatti, tendono a perdere nel brodo alcuni nutrienti. Ad esempio, la carne messa in acqua fredda e portata ad ebollizione perde nel brodo dal 5 al 10% di proteine, grassi in quantità variabile, dal 50 al 70% dei minerali e buona parte delle vitamine del gruppo B e dell'acido pantotenico (circa il 30%). Al contrario, se la carne é immersa in acqua calda si riduce la fuoriuscita di nutrienti e l'alimento mantiene un buon valore nutrizionale.
Anche per gli ortaggi la maggior parte dei minerali e delle vitamine passa nel liquido di cottura, quindi é buona norma cuocerli con poca acqua. Infatti la cottura in acqua provoca la fuoriuscita dei composti idrosolubili tra cui la vitamina C e quelle del gruppo B. Anche i sali minerali (calcio e potassio) vengono persi nel liquido di cottura. Per la vitamina A non idrosolubile e abbastanza resistente al calore il tenuto rimane quasi costante. Quasi ogni tipo di alimento può essere bollito con ottimi risultati, anzi per alcuni cibi è praticamente l'unico metodo di cottura utilizzato. Per ottenere i migliori risultati sia sul piano del gusto che su quello del valore nutrizionale è necessario seguire particolari accorgimenti.
La carne
La carne lessata, il "bollito", è una delle principali "pietanze" in quasi tutte le regioni del nord Italia; assai celebrati sono i bolliti misti nei ristoranti soprattutto piemontesi ed emiliani, dove un succulento assortimento di carni bollite viene servito accompagnato da salse piccanti e agrodolci come la salsa verde alle acciughe o la mostarda di frutta.
Importante per un buon bollito è la scelta delle carni, che non devono esser troppo magre e asciutte; non lasciatevi impressionare da qualche vena di grasso o di cartilagine, il grasso in eccesso si disperderà nel brodo, dal quale non sarà difficile toglierlo in seguito, in compenso la carne risulterà molto più tenera e gustosa.
Come indicato nella premessa, la carne deve essere immersa nell'acqua bollente piuttosto abbondante: in questo modo la parte esterna cuocerà quasi subito, impedendo così la fuoriuscita eccessiva degli elementi nutrienti.
Ortaggi e legumi
Quasi ogni tipo di ortaggio si presta ad essere bollito; è però buona norma cuocerli in pochissima acqua, per limitare la perdita di sali minerali. Importante è anche la temperatura iniziale dell'acqua; una regola empirica ereditata dalle nostre nonne suggerisce "sotto terra, acqua fredda, fuori terra acqua calda", ovvero: immergete in acqua fredda salata poi portate a ebollizione tuberi e radici, bulbi (patate, carote, cipolle, scorzonere ecc.), mentre invece immergere in acqua salata bollente le verdure che crescono fuori terra.
Molte verdure in foglia, come spinaci e bietole, possono essere lessate senza aggiunta di liquidi mettendole direttamente nella pentola con l'acqua di sgrondatura; in questo modo sarà minima la perdita di valori nutrizionali.
Anche i legumi sia freschi che secchi (fagioli, ceci, lenticchie) devono essere immersi in acqua fredda o tiepida, per evitare che al brusco contatto con il calore perdano la buccia; per lo stesso motivo è opportuno salare l'acqua a metà o a fine cottura.
Pasta, riso e altri cereali
In una celebre commedia, Eduardo De Filippo spiega che bisogna mettere "molta acqua nella buatta (pentola), altrimenti i maccheroni escono limacciosi"! La pasta ed il riso, infatti, tendono a rilasciare nell'acqua di cottura buona parte dell'amido che contengono; per evitare che la pasta o il riso diventino "limacciosi" è necessario cuocerli in acqua salata bollente e molto abbondante. In questo modo, come per la carne, la immediata cottura della strato esterno impedisce la fuoriuscita e lo scioglimento della maggior parte dell'amido.
Scegliete sempre e soltanto pasta di buona qualità prodotta con farina di grano duro; per il riso utilizzate varietà dal chicco liscio e compatto, generalmente di varietà "semifino":
ottimi il Padano e il Roma, eccellenti anche se molto care alcune varietà orientali come il Basmati ed il Patna. Evitate invece le varietà "superfino", adatti soprattutto per i risotti.
Scolate la pasta ed il riso leggermente al dente.
Pesci, molluschi & c.
Praticamente tutti i pesci si prestano ed essere bolliti ma alcuni in particolare, come il branzino (spigola), il nasello (merluzzo), il muggine, la trota danno forse il meglio di sé quando lessati a dovere, magari accompagnati da una buona salsa maionese.
I molluschi come polipi, seppie o calamari di grosse dimensioni richiedono invece cotture più prolungate, in grado di ammorbidirne le carni un po' gommose; immergeteli in acqua bollente poco salata e verificatene di tanto in tanto la cottura con una forchetta. I polipi non troppo grossi possono anche essere cotti, anche nella pentola a pressione senza quasi aggiunta di acqua, utilizzando il liquido che emettono a contatto con il calore; risulteranno molto più saporiti, abbiate però l'accortezza di controllare di tanto in tanto che non asciughino troppo.
Anche i crostacei (gamberi, scampi, aragoste) vanno immersi in acqua bollente; in questo caso la cottura dovrà essere brevissima, pochi minuti al massimo, per evitare l'indurimento delle carni. Secondo i gourmet l'aragosta andrebbe immersa nell'acqua bollente ancora viva, dopo averla legata, per ottenere carni più morbide.

Cuocere al vapore vuol dire cuocere gli alimenti per mezzo del calore emanato dal bollore dell'acqua, senza cioè che gli alimenti vengano direttamente in contatto con l'acqua in ebollizione e dunque limitando drasticamente la solubilizzazione del cibo. Con una cottura a bassa temperatura, inferiore ai 100% (a meno che non si utilizzi la pentola a pressione), i cibi potranno quindi conservare la maggior parte delle vitamine e dei minerali in essi contenuti, mantenendo nel contempo sapori ed aromi. Non è necessario insaporire gli alimenti con i condimenti (che non cuocerebbero, vista la bassa temperatura di cottura) e ciò rende la cottura al vapore il sistema più sano e dietetico, in grado di rendere i piatti leggeri ed altamente digeribili (non vanno aggiunti olio né grassi se non - al limite- al termine della cottura). Spezie ed aromi potranno però essere aggiunti direttamente nell'acqua di cottura, facendo sì che gli alimenti si impregnino in modo indiretto.
Per cuocere al vapore, possono essere utilizzate varie attrezzature, che vanno dalle pentole con cestelli sovrapponibili ai cestelli in bambù (utilizzati prevalentemente nella cucina cinese ma molto pratici, poiché fanno coincidere il recipiente con il piatto di portata) fino ai cuoci-vapore elettrici (o "vaporiere") che consentono - composti come sono da due contenitori a vapore - di cuocere due alimenti contemporaneamente o comunque grandi quantità di cibo. Ma, aldilà di pentole o elettrodomestici disponibili in commercio, si può cuocere a vapore con qualsiasi recipiente, se dotato di coperchio, magari arrangiandosi con piatti, griglie e quant'altro impedisca all'acqua di entrare in diretto contatto con l'alimento.
Le regole della cottura al vapore
- l'alimento in cottura non deve mai toccare l'acqua.
- verificare che l'acqua sia sufficiente per la cottura che si intende effettuare: una quantità modesta di acqua potrebbe evaporare nel corso della cottura mentre una quantità elevata può provocare il contatto tra acqua e alimento con conseguente dispersione delle sostanze nutritive e aromatiche (per questo è opportuno che la fiamma del fuoco resti a livello moderato per tutto il tempo della cottura).
- l'alimento va sistemato delicatamente nel recipiente solo dopo l'ebollizione;
- a quel punto bisogna chiudere con un coperchio, lasciando che l'acqua continui a bollire e il vapore a circolare con uniformità (evitare quanto più è possibile di sollevare il coperchio durante la cottura!)
- si possono cucinare anche più alimenti nello stesso tempo, per mezzo di due o più cestelli posizionati l'uno sopra l'altro, ma in questo caso bisognerà fare estrema attenzione ai tempi di cottura, che possono ovviamente variare da alimento ad alimento. Attenzione anche a non cuocere contemporaneamente alimenti incompatibili tra loro per profumi e sapore, che potrebbero combinarsi con effetti poco gradevoli.
Quali cibi cuocere e come
Dal momento che la cottura al vapore è in grado di preservare le vitamine e i minerali contenuti negli alimenti, così come gli aromi, il metodo si rende particolarmente adatto per cucinare gli ortaggi e i pesci. Viceversa è inopportuno cucinare al vapore la carne, soprattutto quelle rosse, per le quali è decisamente preferibile la cottura al grill, la cui alta temperatura consente di mantenerne all'interno il succo senza disperderlo. Nei paesi asiatici, la cottura al vapore è molto utilizzata per la preparazione del riso mentre nel Nord Africa viene cotto al vapore il piatto tradizionale, il cous cous.
La cottura al vapore degli ortaggi e delle verdure
Non esistono preclusioni rispetto agli ortaggi da cuocere per mezzo del vapore. Tuttavia il metodo di cottura risulta particolarmente efficace con le verdure (sia in foglia che carnose) e con le patate, queste ultime da cuocere mantenendo la buccia, così che non venga disperso il contenuto di amido.
Dopo aver pulito gli ortaggi con cura, attendere l'ebollizione dell'acqua e poi disporli nel contenitore in modo da consentire al vapore di circolare. Ad ogni ortaggio o verdura la giusta cottura: i primi, ad esempio, sono più gustosi ed esteticamente più appetitosi se restano 'al dente'. Patate e carote avranno bisogno di una cottura non inferiore ai 10 minuti mentre le verdure a foglia verde saranno pronti anche dopo soli 2 minuti di cottura (ricordare che ad un minore tempo di cottura corrisponde una maggiore integrità vitaminica degli alimenti).
Tagli e disposizione degli alimenti sono anch'essi importanti: le zucchine ad esempio, devono essere tagliate in quattro pezzi in lungo e poi in piccoli tocchi di 2 o 3 centimetri di spessore mentre gli asparagi dovranno essere legati in piccoli mazzi e messi a cuocere verticalmente, in una pentola abbastanza alta da poterli contenere.
La cottura al vapore dei pesci

Tra i pesci che riescono a meglio conservare profumo e compattezza con la cottura al vapore, vi sono tutti i pesci dalla carne bianca e delicata (come le orate e le spigole) e i crostacei. Se volete cuocere i pesci al vapore, ricordarsi di scegliere sempre prodotti dalla grande freschezza. Per un risultato ottimale, si consiglia anche l'utilizzo di spezie, aromi, vino, aceto o limone, tutti da aggiungere all'acqua di cottura per ottenere l'effetto di aromatizzazione del pesce. Il quale può essere cotto in varie forme, intero (e in questo caso è bene aromatizzarli sia all'interno che all'esterno, oltre ad aggiungervi un po' di sale) o tagliato in tranci o filetti. Se il pesce viene cotto sul piatto di portata (che si potrà posizionare all'interno della pentola mantenendo la distanza dall'acqua per mezzo di una grigli o altro), ciò consentirà di preservarne l'integrità a fine cottura. In generale, bisogna fare attenzione a non lascare che il pesce cuoci fino al punto da sfaldarsi.

Il cambiamento di colore durante la cottura
Con la cottura il colore delle verdure può mutare in modo significativo; tuttavia, con alcuni semplici accorgimenti, potete evitare i principali effetti indesiderati.
Il verde è dovuto alla presenza di clorofilla: si imbrunisce se cuoce in acqua fortemente calcarea o in ambiente acido, mentre diviene brillante in presenza di rame o in ambiente alcalino. Per questo motivo alcuni consigliano di aggiungere un po’ di bicarbonato nell’acqua di cottura di fagiolini o altre verdure, ma è una pratica errata, poiché ammorbidisce la struttura dell’ortaggio.
Il rosso-porpora è dovuto alla presenza di antocianina: l’ambiente acido lo enfatizza, mentre un ambiente alcalino lo rende opaco. Quando cuocete barbabietole o cavoli rossi aggiungete quindi un po’ di aceto o succo di limone.
Il bianco-giallognolo è dato dai flavoni: l’ossigeno, l’alluminio e l’ambiente alcalino tendono a imbrunirli.
Il giallo-arancio è dovuto ai caroteni: sono pigmenti stabili che non cambiano colore in modo significativo.
La sbianchitura
Alcuni ortaggi necessitano di una scottatura in acqua, detta sbianchitura, prima di essere sottoposti alla cottura vera e propria.
Pomodori e peperoni vengono sbianchiti rispettivamente per 10 e 30 secondi per favorirne la pelatura.
Le verdure amare (quali indivia, scarola, cicoria ecc.) vengono invece sbianchite per ridurre il sapore troppo forte.
Tale pratica risulta indispensabile anche quando si vogliono congelare le verdure, poiché distrugge buona parte dei microrganismi e degli enzimi, che causano l’imbrunimento della maggior parte degli ortaggi e la loro veloce degradazione. Per questi ortaggi adottate il seguente procedimento: immergete i vegetali in acqua bollente a pentola scoperta e, non appena l’acqua riprende il bollore, scolateli, tuffateli per qualche istante in acqua e ghiaccio, quindi stendeteli ad asciugare.
Anche le patate al forno devono essere prima sbianchite, ma sono sottoposte a un trattamento leggermente diverso: dopo averle pelate e tagliate, versatele in una casseruola con acqua fredda, salatele e mettetele sul fuoco. Quando l’acqua è in procinto di bollire e sulla superficie inizia a formarsi un po’ di schiuma, scolate le patate, sgocciolatele con cura, disponetele nella teglia con olio o strutto e aromi, quindi passatele per 1 minuto sul fuoco, poi infornate a 180° C.
La cottura per ebollizione
Nei vari ricettari troverete due scuole di pensiero relative alla cottura per ebollizione: alcuni suggeriscono di utilizzare poca acqua, altri invece di utilizzare molta acqua.
Esistono ragioni valide a sostegno di entrambi i metodi: nel primo caso si limita la dispersione di vitamine e sali minerali e si conserva il sapore dell’alimento; nel secondo si ottengono colori più brillanti e le verdure risultano più tenere.
Evitate di tagliare a pezzetti i vegetali da cuocere, per limitare la dispersione di nutrienti durante la cottura. Immergete le verdure in acqua bollente salata, possibilmente povera di calcio, e utilizzate sempre una fiamma molto viva per far riprendere il più velocemente possibile l’ebollizione. Non aggiungete mai bicarbonato di sodio al liquido di cottura. Lasciate la pentola scoperta nella cottura dei vegetali verdi, in modo che gli acidi contenuti nelle verdure possano volatilizzarsi prima di attaccare la clorofilla; coprite invece la pentola nella bollitura degli ortaggi bianchi per limitare il contatto con l’ossigeno, che tende a imbrunirli.
Unica eccezione è il cavolfiore, che va cotto senza coperchio per allontanare gli odori sgradevoli.
Cuocete gli ortaggi al dente: avranno un aspetto più gradevole, una struttura consistente, sapore inalterato e un più alto contenuto di nutrienti.
Dopo aver scolato le verdure, servitele immediatamente. Se le utilizzate fredde, immergetele per pochi secondi in acqua e ghiaccio, poi asciugatele e conservatele in un contenitore fornito di coperchio: questo brusco raffreddamento ha lo scopo di fissare il colore e bloccare la cottura.
Tempi di cottura indicativi
Di seguito sono elencati i tempi di cottura indicativi delle varie verdure; non vanno presi alla lettera, poiché la dimensione, la varietà e il grado di maturazione dell’ortaggio, oltre ai gusti personali, incidono notevolmente su questi dati.
3-4 minuti: foglie di bietola, spinaci.
6-8 minuti: broccoli (con il gambo tagliato a pezzetti), cavolo affettato.
10 minuti: asparagi, coste di bietola, cavolini di Bruxelles, porri, rape.
15 minuti: cavolfiore, fagiolini, finocchi, patate piccole, zucca a pezzi, zucchine.
30-40 minuti: carciofi, carote, cipolle, patate medie, sedano-rapa.
50-60 minuti: barbabietole, cardi.
Gli ortaggi bianchi (come cardi, rape e cavolfiori) e quelli che anneriscono al contatto con l’aria (carciofi e scorzonera) devono essere cotti in un liquido chiamato bianco speciale per ortaggi.
Bianco per ortaggi
Stemperate 20 g di farina in 1 l di acqua, aggiungete un po’ di sale, un cucchiaio di succo di limone e 20 g di burro; filtrate la preparazione, portate a bollore e cuocetevi gli ortaggi, tenendo presente quanto detto nelle pagine precedenti.
La cottura stufata
 Le verdure più utilizzate sono l’acetosella, le carote, le cipolle, le rape e le zucchine, in particolare quando sono ancora piccole e ricche di acqua.
Pulite e preparate le verdure tagliandole a fette, a rondelle o comunque a pezzi non troppo grandi. Mettete sul fuoco medio una casseruola o una padella con una noce di burro (circa 60 g per chilogrammo), aggiungete la verdura, salate e coprite con un coperchio che sigilli perfettamente. Mescolate di tanto in tanto. Dopo qualche minuto i vegetali tenderanno a cedere una parte di acqua di vegetazione: con il calore le gocce di vapore acqueo si condensano sul coperchio e ricadono a goccioline sulle verdure, mantenendole sempre umide. A cottura ultimata non deve esserci acqua nella casseruola e le verdure devono essere ancora umide, ma colorite.
La cottura brasata
È un metodo di cottura in genere poco utilizzato nelle preparazioni quotidiane, capace tuttavia di valorizzare il sapore delle verdure: quelle più adatte sono la lattuga, il cavolo, l’indivia, la scarola e il porro.
Pulite e preparate le verdure tagliandole a spicchi o a pezzi di grandi dimensioni, quindi sbianchitele come descritto in precedenza. Nel frattempo imburrate abbondantemente un recipiente basso con fondo spesso (un tegame o una padella), disponetevi un letto di sedano, carota e cipolla affettati, qualche grano di pepe e un mazzetto aromatico; adagiatevi sopra le verdure in uno strato regolare e mettete il tutto sul fuoco, coperto e a fiamma bassa, per qualche minuto, affinché prenda sapore, scuotendo di tanto in tanto il recipiente. Bagnate fino a 1/3 dell’altezza con brodo (acqua, per finocchi e indivia), coprite con carta oleata imburrata e con il coperchio e fate cuocere in forno a calore moderato (160° C): a cottura ultimata il liquido dovrà essere in buona parte evaporato. Disponete le verdure in una pirofila eliminando il fondo aromatico, fate restringere il fondo di cottura, versatelo sui vegetali e servite. Prima di versare il fondo di cottura sulle verdure, montatelo con il burro: aggiungete burro molto freddo tagliato a dadini (una parte ogni due di liquido) e mescolate vigorosamente con una frusta, senza far bollire. Il liquido tenderà ad assumere una consistenza cremosa e lucida.
La cottura glassata
È un altro metodo di cottura poco diffuso, estremamente adatto alle verdure di buona struttura e dal sapore tendenzialmente dolciastro, come carote, cipolline e rape.
Pulite le verdure, lasciando intere cipolline e carotine novelle e tagliando a rondelle o tocchetti carote o rape di grandi dimensioni. Disponete gli ortaggi in una casseruola bassa, aggiungete 70g di burro per ogni kg di vegetali, un pizzico di sale, 10 - 15g di zucchero e acqua, in modo da coprire quasi interamente tutte le verdure. Portate a bollore, coprite e fate cuocere a fiamma media fino a completa cottura. Togliete il coperchio e lasciate evaporare il poco liquido rimasto a fuoco vivo, muovendo il recipiente affinché gli ortaggi non si attacchino. Quando notate che il fondo rimasto ha reso lucide le verdure, aggiungete un tocchetto di burro, continuate a muovere in senso rotatorio la casseruola, disponete il tutto in una pirofila e servite cospargendo a piacere con un po’ di prezzemolo tritato.
Una variante riservata alle cipolline è la glassatura scura: caramellate 50 g di zucchero, bagnate con 5 cucchiai d’aceto e un bicchiere di acqua, quindi aggiungete 50 g di burro e 1 kg di cipolline; procedete come per la glassatura chiara.
La cottura in forno delle verdure con buccia
Forse perché rievoca altri tempi e tradizioni contadine ormai dimenticate, preparare e presentare una semplice patata o una cipolla con la propria buccia è più un rito che non una tecnica di cucina.
I procedimenti sono leggermente diversi a seconda dell’ortaggio, mentre la temperatura di cottura è sempre di 170 -180° C.
Disponete patate e melanzane in una teglia su uno strato di sale grosso alto quasi un dito, quindi infornate: sarà necessaria circa 1 ora di cottura (noterete che le melanzane tendono a “gonfiarsi”).
Le cipolle vanno invece poste in una pirofila delle giuste dimensioni (non devono rimanere spazi vuoti), quindi coperte con un foglio d’alluminio e infornate: fate attenzione che il fondo non si bruci, perché il liquido dolciastro che produce tende a caramellarsi nel recipiente; se necessario potete aggiungere un po’ di acqua.
Le barbabietole devono infine essere avvolte con un foglio d’alluminio e cotte lentamente in forno per almeno 3 ore.
La presentazione delle verdure cotte al forno dovrà essere altrettanto semplice: potete servirle intere (cipolle e melanzane), praticare un’apertura nella parte superiore (patate) o sbucciarle (cipolle e barbabietole), quindi condirle con ottimo olio extravergine di oliva, sale e pepe nero macinato al momento; aggiungete qualche goccia di aceto balsamico sulle cipolle. Le patate si prestano anche a essere svuotate e farcite.
Se avete un camino, per deliziare i vostri commensali in un’occasione speciale potete cuocere le verdure sotto la cenere: condite gli ortaggi, avvolgeteli con fogli d’alluminio e ponete i cartocci in un angolo del camino completamente ricoperti di ceneri e braci, lasciandoli cuocere lentamente. In questo modo si possono preparare patate, cipolle, funghi, tartufi e mele.
USI DELLA PASTELLA
La pastella è un preparato utilizzato in cucina la cui funzione principale è quella di costituire un rivestimento agli ingredienti principali cotti secondo il tipico procedimento della frittura. Esistono svariati metodi di preparazione, a seconda delle pietanze da preparare e della ricetta. Partendo dagli ingredienti di base, ovvero la farina (di grano tenero o di grano duro) e l'acqua, con l'aggiunta di altri ingredienti o in base alle tecniche di preparazione se ne possono ottenere di differenti tipi. Qui verranno descritte le ricette delle pastelle di uso più comune per verdura e frutta.
Pastella alla birra per verdure:
Ingredienti
Pastella alla birra per verdure, ingredienti: 70 g di farina, 100 ml di birra, 1 albume, 1 cucchiaio di olio d’oliva, sale.
Preparazione
Per la sua realizzazione, va disposta la farina a fontana, aggiungendo un pizzico di sale e l'olio d'oliva. Fatto ciò va incorporata poco alla volta la birra, mescolando il tutto con una frusta. Durante la fase di amalgama degli ingredienti bisogna far attenzione a non formare dei grumi nella pastella. Quando tutti gli ingredienti saranno incorporati, il composto va fatto riposare per circa mezz'ora, coprendolo con un panno. Dopo questa fase, va incorporato l'albume d'uovo. Questo va preliminarmente separato dal tuorlo e montato a neve con un pizzico di sale ed infine incorporato nella pastella, mescolando con un cucchiaio dal basso verso l'alto, affinché la pastella non si sgonfi. La presenza dell'albume in questa pastella serve a renderla più leggera e soffice. A questo punto vanno preparate le verdure da friggere (ad es. Melanzane, fiori di zucca, zucchine, carciofi, cavolfiore), tagliandole in pezzi più o meno piccoli a seconda del gusto e della pietanza che si vuole realizzare, ed infine immerse nella pastella. Una volta tirate fuori sono pronte per la frittura.
Pastella al latte per frutta e verdura:
Ingredienti
Pastella al latte per frutta e verdura, ingredienti: 200 g di farina, 3 uova. 1 bicchiere e mezzo di latte, 1 limone, sale.
Preparazione
Per la sua preparazione si parte con il porre in una ciotola la farina di grano tenero. Su questa vanno aggiunte le uova ed il latte freddo, sbattendo il tutto con una frusta. Alla fine si può rimescolare bene il tutto con un cucchiaio, cercando di non fare formare i grumi. Va Aggiungo un pizzico di sale e la scorza grattugiata di un limone non trattato. Fatto ciò la pastella è pronta e si può immergete la frutta (es. Mele, pere, ananas, banane) o la verdura desiderata. È consigliabile a questo punto far riposare per qualche minuto il tutto prima di passare alla cottura.

Congelare e surgelare: sono sinonimi? In realtà no, niente affatto. Anche se spesso capita di confondere i due termini, si tratta di processi di conservazione del cibo che hanno differenze sostanziali.
La surgelazione è un procedimento che avviene a livello industriale, perché comporta un raggiungimento di temperature tali per cui sono necessari macchinari appositi.
La congelazione invece è un procedimento "casalingo" , che può essere effettuato nel freezer di qualsiasi cucina.
La surgelazione avviene in tempi rapidissimi, può raggiungere in fase iniziale anche temperature inferiori ai -80°, non supera mai la temperatura di -18°, ed è regolata da una legge (Decreto Legislativo n.110 del 27 gennaio 1992), poiché riguarda prodotti industriali. Quando invece si impacchetta del cibo e lo si conserva nel freezer, allora lo si congela. In questo caso non ci sono normative, ma è necessario attenersi a qualche fondamentale norma igienica, sia per salvaguardare la salute, sia per conservare al meglio il sapore e i valori nutrizionali degli alimenti.
La differenza sostanziale fra i due processi riguarda la formazione dei cristalli di ghiaccioNel caso della surgelazione, avviene in tempi così rapidi e a temperature così basse che i cristalli di ghiaccio che si formano sono di piccolissime dimensioni. Nel caso della congelazione, invece, I cristalli sono più grandi, comportano la rottura delle strutture cellulari, una maggiore perdita d'acqua quando avviene il processo di scongelamento, e insieme all'acqua, anche di sostanze nutritive. Questo fa sì che un prodotto surgelato, una volta riportato a temperatura ambiente, sia simile o identico al prodotto fresco; il prodotto congelato, invece, a causa dell'acqua persa e alla rottura delle strutture cellulare, appare meno compatto.
Surgelazione
Il primo passo del processo di surgelazione consiste nella scelta del prodotto, che deve essere fresco e non deve contenere sostanze che potrebbero rivelarsi dannose. La surgelazione vera e propria consiste nel portare l'alimento, in genere grazie all'esposizione ad aria a -30°, a una temperatura inferiore ai 18 gradi sotto lo zero, in tempi rapidissimi, anche in pochi minuti. La velocità del processo è fondamentale per evitare che il prodotto venga alterato dall'azione di microorganismi potenzialmente nocivi. I microorganismi vengono bloccati dalla trasformazione dell'acqua in piccoli cristalli di ghiaccio. Da questo momento l'alimento viene conservato a una temperatura che non supera mai i -18 gradi.
I cibi più diffusi in "versione" surgelata, sono pesce e verdure. Per fare un esempio pratico, quando un tipo di verdura viene surgelata, per prima cosa si sceglie il prodotto e si controlla che sia maturo al punto giusto e in buono stato. Quindi l'alimento viene lavato e trattato con acqua calda o vapore, per assicurare che non perda il giusto colore durante le fasi successive del trattamento. A questo punto la temperatura viene portata sotto i -18 gradi, e la verdura viene poi confezionata. La catena del freddo però non deve mai interrompersi, per cui il prodotto deve restare alla stessa temperatura anche nei magazzini, nei depositi, nei furgoni per il trasporto e nei punti vendita. Per questo ogni banco dei surgelati dovrebbe avere, per legge, un termometro che esponga al pubblico la temperatura di conservazione dei cibi.
Come consumare un prodotto surgelato
I surgelati dovrebbero essere tolti dal freezer e immediatamente cotti, sia che richiedano frittura, bollitura o qualsiasi altro tipo di cottura. Lasciarli scongelare comporta il rischio che si sviluppino microorganismi. Al limite, possono essere lasciati scongelare in frigorifero, tenendo però presente che è un metodo che può comportare anche dodici ore di attesa. Mai passarli sotto acqua calda, perché si cuocerebbe la parte esterna del prodotto; in generale, passarli sotto l'acqua comporta comunque la perdita di sali e vitamine. Se il prodotto è stato scongelato per errore, ad esempio per un black-out o per la rottura del freezer, non va ricongelato: va consumato subito o eliminato.
Surgelati e valori nutritivi
Il processo di surgelamento non comporta una significativa perdita di valore nutritivo del prodotto. La fase di scottatura che viene applicata ad alcuni tipi di frutta e verdura prima del processo, può determinare la perdita fino al 20 per cento di vitamina C, ma si tratta comunque di prodotti freschi, appena raccolti, al massimo del loro valore nutrizionale. Quindi in condizioni sicuramente migliori di alimenti che, seppure venduti freschi, sono stati raccolti giorni e giorni prima di essere esposti al pubblico. Per quanto riguarda pesce e carne, si tratta di alimenti che non vengono in alcun modo danneggiati dalla fase di surgelazione. Durante lo scongelamento sali e vitamine possono andare persi nel liquido, che per questo motivo andrebbe recuperato.
Congelazione
La congelazione avviene in tempi molto meno rapidi della surgelazione, e a temperature più alte. Quando si conserva qualcosa nel freezer, lo si sta congelando. Si possono congelare praticamente tutti gli alimenti, compresi piatti già pronti e cotti, tenendo presente che per ogni tipo di cibo c'è un limite di tempo di conservazione diverso, oltre il quale la congelazione comporta un'eccessiva perdita di sostanze nutritive. Quando si decide di congelare un alimento bisogna tenere innanzitutto presente che, al momento di toglierlo dal freezer, dovrebbe essere già pronto per l'utilizzo; per cui è necessario togliere scarti e parti che non verranno usati. L'alimento va pulito, asciugato e "imballato". La fase di confezionamento è fondamentale per proteggere il cibo ed evitare che si deteriori, per cui vanno scelti materiali impermeabili all'acqua, all'aria, al vapore, ai grassi e agli acidi. I migliori in commercio sono il politene, l'alluminio, i contenitori rigidi di alluminio, plastica o vetro.
Quando si congelano grandi quantità di cibo, in pacchetti che non ne consentono il riconoscimento, è sempre bene etichettare la confezione, per evitare brutte sorprese.
Si tenga sempre presente che un liquido, quando si congela, si può espandere, e spaccare il contenitore in cui è conservato.
Materiali per congelare
Come già detto, i materiali che vengono usati per congelare gli alimenti devono avere caratteristiche ben precise:
devono essere impermeabili ad aria e acqua, a prova di perdite, e resistenti alle basse temperature. I contenitori rigidi in plastica e in vetro sono adatti a conservare tutti i cibi, ma bisogna fare attenzione al vetro non temperato, che in un congelatore può rompersi. La carta e il cartone invece sono sconsigliati perché non sono impermeabili, e non proteggono da perdite di vapore e umidità; quindi, per congelare il pane, sarebbe meglio usare appositi sacchetti, così come per la conservazione di latte, panna, gelati in cartone. Stesso discorso vale per la carta oleata, che non protegge da perdite e umidità. Per carne, frutta, pesce e pollame sono perfetti i fogli di alluminio pesante; quello sottile si può rompere facilmente, quindi non è adatto.
Come consumare un prodotto congelato
Per quanto riguarda i prodotti che vanno consumati crudi, possono essere lasciati a scongelare in frigorifero. Se si tratta di alimenti di grande spessore da cuocere a fiamma alta, si possono scongelare a temperatura ambiente o a bagnomaria; i cibi da cuocere a fuoco lento, possono essere cucinati ancora congelati.
Mai congelare di nuovo un prodotto già scongelato. La carne scongelata in frigo può essere conservata per massimo due o tre giorni; il pesce non deve mai essere consumato oltre uno o due giorni di permanenza in frigorifero. Il pane e i prodotti da forno devono essere scongelati nel loro involucro; i prodotti impanati possono essere scongelati in frigo, ma senza involucro.
Il congelatore
Un buon congelatore deve raggiungere temperature anche inferiori a -18 gradi. I congelatori che non raggiungono queste temperature non garantiscono una conservazione del cibo ottimale per lungo tempo. Per garantire il migliore funzionamento, il congelatore deve essere riempito al massimo della sua capienza.
Mai inserire nel congelatore piatti caldibisogna sempre aspettare che si raffreddino completamente, per non modificare la temperatura interna. Non congelare mai, tutto in una volta, una quantità di prodotto che superi il dieci per cento della capienza del freezer; è preferibile congelare gli alimenti in più fasi (nei manuali è sempre indicata la quantità di cibo massima da congelare in una volta). Sarebbe ottimale, quando si deve congelare qualcosa, regolare nelle 24 ore precedenti la temperatura del freezer al livello più basso. Mai comunque farla alzare oltre i - 18 gradi. Il cibo da congelare va sistemato nella zona più fredda, a contatto delle superfici refrigeranti, e va lasciato dello spazio libero intorno alla confezione; i cibi possono essere messi a contatto dopo che sono già congelati.
Che cos’è la congelazione
Fin dai tempi più remoti l'uomo ha cercato di conservare gli alimenti di cui aveva bisogno per il suo sostentamento. Le tecniche di conservazione a lungo termine (salagione, affumicatura, cottura, essiccatura) apportavano però agli alimenti una certa alterazione nel peso, nell'aspetto e nel sapore originario e, cosa più grave, li indebolivano dal punto di vista nutritivo specialmente per quanto riguarda il contenuto di vitamine.
Questo aspetto negativo ha trovato soluzione nel più moderno dei metodi di conservazione: la congelazione a bassa temperatura . Essa consiste nella congelazione a -18°/-25°C e rappresenta per i cibi conservati quello che potremmo definire un "letargo", cioè un lungo sonno invernale, al cui risveglio essi ritrovano, quasi totalmente, le caratteristiche che avevano prima dell'ibernazione.
Perché e cosa congelare
Si possono congelare praticamente tutti i tipi di alimenti, compresi i piatti gastronomici già pronti per il consumo. La lunga conservazione di alcuni degli alimenti, tuttavia, è ovviamente più conveniente della conservazione di certi altri. Due sono i criteri fondamentali, dati per lo più dal buon senso, per la scelta dei cibi da conservare:
La stagionalità: è conveniente congelare i prodotti che sono disponibili soltanto in determinate stagioni: verdure pregiate, frutta rossa, selvaggina… In questo modo la loro disponibilità viene prolungata nel tempo.
La quantità conveniente: la congelazione conviene per quegli alimenti, altrimenti deperibili, il cui acquisto in grosse quantità (acquisto individuale o combinato con un parente o un amico) permette sensibili economie sul prezzo d'acquisto. Inoltre la congelazione conviene per piatti gastronomici raffinati o per comuni piatti pronti che richiedono un tempo di preparazione piuttosto lungo.
Il confezionamento
Il procedimento di congelazione prevede quattro operazioni:
·        preparazione;
·        confezionamento;
·        eventuale etichettatura;
·        stivaggio.
I prodotti da conservare vanno preparati, di norma, in modo da trovarli all'atto del consumo già pronti per l'utilizzo immediato. Vanno quindi eliminati tutti gli scarti e le parti inutilizzabili come ossa, pelli, lische. Il prodotto deve essere lavato ed asciugato, o comunque sempre ben pulito. Il confezionamento mediante imballo è necessario per diversi motivi: protegge i cibi dall'essicazione, dalla brina, evita la trasmissione di odori e l'irrancidimento dei grassi.
Materiali per il confezionamento
Caratteristica fondamentale è l'impermeabilità all'acqua, all'aria, al vapore, ai grassi e agli acidi. Inoltre devono essere chimicamente inerti. I materiali consigliabili sono:
il politene acquistabile in rotoli a metraggio o sacchetti,
il cellophane speciale per alimenti;
l'alluminio, in rotoli a metraggio o in fogli;
contenitori rigidi di alluminio, plastica o vetro .
Consigli utili
- Per una congelazione ottimale dei prodotti bisognerebbe mantenerli nel congelatore, preventivamente regolato al massimo del freddo, per almeno 24 ore. Passate le 24 ore l'apparecchio va riportato al livello di freddo normale (temperatura che deve essere sempre e comunque essere inferiore a 18°gradi sottozero).
- Mai congelare in una sola volta una quantità di prodotti che superi il 10% della capacità del congelatore.
- Una volta decongelato il prodotto, anche se solo parzialmente, mai ricongelarlo.
Come decongelare
Prodotti da consumare crudi:
la decongelazione può essere fatta ponendo il prodotto nel frigorifero per un periodo variabile a seconda del tipo e della dimensione del prodotto. La decongelazione nel frigorifero evita che la parte esterna del prodotto si scongeli prima della parte interna, il che può avere conseguenze spiacevoli sull'aspetto e sulla consistenza del prodotto stesso.
Prodotti di grosso spessore da cuocere a fuoco violento:
è consigliabile decongelarli a temperatura ambiente, oppure in un posto leggermente riscaldato (bagnomaria o forno tiepido), avendo cura di non toglierli dall'imballo ermetico fino a che non saranno completamente decongelati.
Prodotti di grosso spessore da cuocere a fuoco lento:
per questi prodotti non è necessario il decongelamento. Il tempo di cottura è lungo e la temperatura è tale per cui la decongelazione avviene da sé.
Prodotti di piccolo taglio o lieve spessore:
per questi prodotti non è necessario il decongelamento, essi possono essere collocati direttamente nel luogo di cottura.

L'olio è un agente di conservazione naturale blandamente antisettico e particolarmente utile se impiegato nella conservazione degli alimenti. Il principio della conservazione sott'olio è quello di isolare l'alimento (quindi il substrato) dall'aria atmosferica, limitando:
La contaminazione dei batteri volatili.
La disponibilità di ossigeno ai germi aerobi.
Ovviamente la conservazione sott'olio a crudo non ha alcun effetto sui batteri anaerobi, cioè quelli che per vivere e riprodursi non hanno bisogno e non tollerano l'ossigeno; pertanto, a fini prettamente igienici ed organolettici, è opportuno svolgere un adeguato trattamento termico (prima e/o dopo l'immersione in olio) in modo da limitare il più possibile il rischio di contaminazione anaerobica, soprattutto da Clostridium Botulinum (batterio responsabile della tossinfezione/intossicazione alimentare nota come Botulismo) e da muffe.
Oltre al trattamento termico degli alimenti da conservare sott'olio, in alcuni casi può essere necessario utilizzare la cottura in aceto e/o in acqua salata, o l'essiccazione.
Linee guida del Ministero della Salute
Dopo averli selezionati, lavati ed eventualmente tagliati, i vegetali devono essere sbollentati per qualche minuto in una soluzione di acqua e aceto in parti uguali. In questo modo, oltre a cuocere, essi verranno acidicati e si conserveranno in sicurezza. Si consiglia di utilizzare aceto di vino con acidità pari o superiore al 6%. Se si utilizza un aceto non di vino, con acidità pari al 5% è consigliabile non diluirlo in acqua, ma utilizzarlo tal quale.
La cottura dei vegetali non deve essere prolungata, essi devono risultare "al dente" altrimenti durante le fasi di conservazione perderanno completamente consistenza. Se oltre ai vegetali si utilizzano anche spezie e erbe aromatiche, anche queste devono essere sbollentate in acqua e aceto. Terminata la cottura devono essere scolati grossolanamente e lasciati raffreddare ed asciugare su un panno asciutto e pulito, quindi inseriti nel contenitore facendo attenzione a colmare tutti gli spazi vuoti, senza però schiacciarli troppo.
A riempimento avvenuto, ricoprire completamente con l'olio e cercare di togliere l'eventuale aria ancora rimasta intrappolata nell'alimento, aiutandosi con una spatola di plastica. Collocare quindi un distanziatore e chiudere il barattolo. Procedere con la pastorizzazione che durerà tanto più a lungo quanto più grande è il contenitore e varierà anche in funzione della tipologia di prodotto preparato.
Se nella ricetta non sono fornite indicazioni diverse, è consigliabile lasciare riposare le conserve per almeno mezza giornata prima di collocarle in dispensa. Potrebbero infatti assorbire olio e quindi potrebbe essere necessario un rabbocco. È assolutamente indispensabile considerare che, nel caso si procedesse con il rabbocco dell'olio, le conserve dovranno essere nuovamente pastorizzate.
Nei 10-15 giorni successivi alla preparazione può essere utile controllare la conserva riposta in dispensa. Se dovessero comparire segni di alterazione come bollicine di aria che dal fondo salgono verso il tappo, oppure l'olio dovesse diventare opalescente è segno che la conserva si sta alterando e potrebbe non essere idonea al consumo.
È importante ribadire che, anche al solo sospetto di alterazione, la conserva non va assaggiata né consumata.
Per poter apprezzarne meglio il gusto, le conserve, dovrebbero essere consumate almeno 2-3 mesi dopo la preparazione. Comunque, se le modalità di preparazione sono state svolte correttamente, i tempi di conservazione possono essere molto lunghi, anche un anno e mezzo.
Tipi di olio per conservare
Esso deve possedere caratteristiche ben determinate, tra le quali una spiccata tendenza alla stabilità chimica o resistenza ossidativa.
In particolare, l'olio extravergine d'oliva sembra possedere un insieme di proprietà che lo rendono estremamente indicato alla conservazione degli alimenti. E' pur vero che gli oli extravergine non sono tutti uguali, così come non lo sono le diverse produzioni alimentari; pertanto, la conservabilità finale (shelf life) di un prodotto sott'olio subisce l'azione di alcune variabili.
Ad esempio:
Presenza di molecole PRO-conservanti, soprattutto antiossidanti come i tocoferoli (vit. E) e polifenoli.
Tipo di tecnologie utilizzate per la conservazione POST copertura: la pastorizzazione e la sterilizzazione determinano una riduzione degli antiossidanti dell'olio stesso.
A tal proposito, l'olio extravergine d'oliva, oltre a contenere un'ottima porzione di antiossidanti, si distingue per l'eccellente stabilità termica che ne favorisce l'integrità anche dopo il trattamento di sterilizzazione. Questo aspetto lo rende particolarmente adatto alla conservazione degli alimenti pastorizzati e/o sterilizzati dopo la copertura. Inoltre, l'olio extravergine d'oliva si caratterizza per una modesta porzione di acidi grassi polinsaturi rispetto a quella di monoinsaturi. Questi ultimi, pur NON essendo essenziali, si caratterizzano per una maggior stabilità ossidativa e termica, e contribuiscono a determinare le proprietà chimiche conservative dell'olio extravergine d'oliva; al contrario, gli oli di semi (con le dovute differenze) non posseggono caratteristiche altrettanto eccelse, essendo molto più ricchi di acidi grassi polinsaturi suscettibili all'ossidazione.
Si consiglia di scegliere accuratamente il tipo di olio extravergine d'oliva da utilizzare in base al tipo di alimento conservato. Per cibi grassi dal gusto deciso è consigliabile un olio gustativamente debole ma ricco in antiossidanti, mentre per ortaggi o altri alimenti dal sapore meno accentuato sarebbe opportuno scegliere un olio forte e possibilmente dal retrogusto amarognolo e piccantino.
Generalità
È importante utilizzare verdure fresche, mature, di stagione e ben lavate. Meglio prodotti biologici, provenienti direttamente dalla raccolta, che non siano stati conservati in frigorifero. Per la cottura usare esclusivamente pentole in acciaio inox, le pentole in ferro e alluminio sono bandite.
Assicurarsi che la verdura non si attacchi sul fondo della pentola per evitare che assuma uno sgradevole gusto amarognolo. Per mescolare, usare solo cucchiai in legno riservati esclusivamente per questo uso.
Assicurarsi che le verdure siano state scolate per bene. Confezionare il prodotto dopo il raffreddamento assicurandosi dell’integrità delle chiusure dei vasi. È bene usare olio d’oliva di ottima qualità ma non un extravergine fruttato, il cui gusto intenso rischierebbe di prevaricare quello del prodotto protagonista.
La durata della conservazione è, teoricamente, illimitata. In pratica, è preferibile consumare le conserve entro due anni dalla produzione, fatta eccezione per le sardine sott’olio che migliorano con il passare del tempo.
È opportuno usare vasetti a collo largo, sia con il tappo a vite sia con la chiusura ermetica a molla con guarnizione di gomma. Prima di tappare, sarà bene inserire il “pressino” e, nei primi

 giorni dopo la chiusura dei vasi, controllare che il livello dell’olio sia rimasto costante; in caso contrario sarà necessario un rabbocco e un ulteriore controllo.
Conservare in luogo fresco, asciutto e lontano dalla luce.
Verificare prima di consumare il prodotto che non ci siano muffe, segni di fermentazione o cattivo odore. In tal caso vanno eliminate. Le conserve aperte vanno messe in frigorifero e consumate dopo massimo qualche giorno.
Tindalizzazione
Una volta sistemata la verdura e l’olio nei vasi si deve poi procedere alla Tindalizzazione. Che cosa è la Tindalizzazione? E’ un processo che consiste nel portare a ebollizione per tre volte a distanza di 24 ore, i vasetti pieni avvolti in una tela in modo che non si crepino. La bollitura deve durare circa 45 minuti e i vasetti devono restare nella pentola finchè l’acqua non sarà fredda.
Una procedura utile nel caso fossero presenti spore di microrganismi: in tal caso sbocciano, ossia sporificano, liberando il batterio che si moltiplica ma senza aver tempo di produrre spore. Non dimenticare di apporre su ogni contenitore un’etichetta con la data di preparazione.
RICETTE
Peperoni sott’olio
1 kg di peperoni rossi e gialli
aceto di vino bianco
olio vergine di oliva
un pizzico di sale
Pulire i peperoni privandoli anche dei filamenti bianchi interni e dei semi e tagliarli a strisce. Portare a bollore l’ acqua acidula (per ¼ di aceto un litro d’acqua) e aggiungere un pugno di sale. Immergere i peperoni e scottarli per tre minuti circa. Scolare i peperoni e lasciare raffreddare su un piano inclinato. Una volta raffreddati, confezionare i peperoni nei barattoli e ricoprirli con olio di oliva.
Carciofi sott’olio
1 kg di carciofi
1 limone
1 l di aceto di vino bianco
olio extra vergine di oliva biologico
sale
pepe nero in grani
foglie di alloro
2-3 chiodi di garofano
rametto di dragoncello
foglie di basilico
3 spicchi d’aglio
Scartare le foglie esterne del carciofo fino ad arrivare a quelle interne tenere e bianche. Spuntare la parte alta delle foglie e tagliare il gambo lasciandone circa 1 cm, da cui andremo a togliere i filamenti. In un recipiente contenente acqua fredda aggiungere del succo di limone e immergere i carciofi. In un altro recipiente (che non sia di alluminio) bollire un litro d’acqua con un litro di aceto. Salare l’acqua e aggiungere il pepe, l’alloro, i chiodi di garofano, il dragoncello, il basilico e gli spicchi d’aglio schiacciati. Appena bolle il liquido immergere i carciofi e lasciate poi cuocere per 6-7- minuti a fiamma abbassata. Scolare i carciofi per bene fino ad asciugarli su un piano inclinato.
Appena saranno asciutti, disporre i carciofi nei contenitori, aggiungere qualche grano di pepe nero e un poco di aromi e coprirli di olio d’oliva. Ogni tanto controllare il livello dell’olio e, se occorre, aggiungerne dell’al tro.
Melanzane sottolio
2 melanzane medie
1 bicchiere di aceto di vino bianco
2 ciuffetti di prezzemolo tritato
4 spicchi d'aglio affettati fini o q.b.
3 peperoncini a pezzettini
olio extra vergine di oliva q.b.
Sbucciare e affettare le melanzane in fette da 1/2cm di spessore. Cospargere ciascuna fetta con del sale grosso e raccogliere tutte a strati, in uno scolapasta.
Adagiare sopra un peso in modo da esercitare una pressione sulle melanzane e appoggiare lo scolapasta su un piatto o in una ciotola più grande. Lasciarle a macerare per 4-5 ore o finché avranno perso un bel po' di liquido. Eliminare il sale e passare le melanzane in una ciotola con 1 bicchiere di acqua e 1 bicchiere di aceto di vino bianco. Lasciarle in ammollo per qualche ora.
Quindi strizzarle, asciugarle e tagliarle a striscioline sottili. Preparare un trito di prezzemolo, peperoncino e aglio. Riempire un vasetto di vetro già sterilizzato con un primo strato di melanzane da 1 dito di spessore circa; condirle con qualche il trito di aglio, peperoncino e prezzemolo. Aggiungere un secondo strato di melanzane e procedere allo stesso modo con il resto degli ingredienti. Man mano che si procede, spingere bene le melanzane verso il fondo in modo che si compattano. Riempire il vasetto con l'olio, fino in cima e attendere qualche minuto che si depositi sul fondo. Assicurarsi che non ci siano vuoti d'aria e che dunque il barattolo sia pieno di olio, prima di avvitarlo bene con il tappo. Potrebbe essere utile servirsi di un pressello di plastica per assicurarsi che le melanzane siano sempre immerse nell'olio. Con queste dosi si realizzeranno all'incirca 2 vasetti da 350g. Non ci sarà bisogno di bollire i vasetti, ma si dovrà aver cura di rabboccare il livello dell'olio ogni volta che si utilizzano. Conservarle almeno 2-3 settimane in un luogo buio ed asciutto prima di consumarle. Una volta aperto il vasetto, conservarlo in frigo e consumarlo entro un paio di settimane.
Zucchine sottolio
1l d'aceto di vino bianco
2 dozzine di piccole zucchine
5 spicchi d'aglio
peperoncino a piacere
5 foglie d'alloro
olio extravergine d'oliva q.b.
Portate l’aceto ad ebollizione (magari con le finestre aperte) e immergetevi le zucchine private solo della parte che attacca alla pianta. Alzate il bollo e lasciate scottare 3 minuti. Scolatele bene e lasciatele asciugare su un panno da cucina belle sparse e rigirandole per asciugare ogni parte. Riempite vasetti di vetro con le zucchine. Condite con aglio, peperoncino e alloro. Coprite con l’olio e tappate. Son buone dopo una decina di giorni.


Il sottaceto o sottoaceto è un metodo di conservazione degli alimenti tramite fermentazione anaerobica data da una salamoia che produce i batteri dell'acido lattico o marinando il cibo in una soluzione acida come l'aceto. Il cibo così conservato è quindi noto come "sottaceto". Questa procedura, oltre a conservare i cibi, conferisce ai prodotti un sapore tipicamente salato o aspro.
Tipico dei sottaceti è il pH, che risulta inferiore al 4.6, sufficiente ad eliminare la maggior parte dei batteri. Il sottaceto può durare fino a qualche anno mantenendo invariate le proprie qualità nutritive. Tuttavia per aumentare le capacità antibatteriche vengono a volte aggiunte erbe e spezie con qualità antimicrobiche come semi di senape, aglio, cannella o chiodi di garofano. Se il tipo di cibo utilizzato per la conservazione è sufficientemente umido si usa aggiungere del sale per permetterne la seccatura. Ad esempio i crauti del Trentino-Alto Adige o il Kimchi coreano vengono posti in una salamoia per asciugare l'acqua in eccesso. La naturale fermentazione a temperatura ambiente produce poi la tipica acidità. Il metodo più comune rimane tuttavia la conservazione sotto aceto, da cui deriva il nome.
Diversamente dal metodo della conserva, come le conserve di pomodoro, il sottaceto (che invece include la fermentazione) non necessita di una preventiva sterilizzazione prima della salatura o dell'acetizzazione. L'acidità o salinità della soluzione, la temperatura di fermentazione, e l'esclusione dell'ossigeno determinano quali microrganismi prevarranno, determinando di conseguenza il tipo di sapore che il cibo assumerà. Quando sia la concentrazione di sale che la temperatura risultano abbastanza basse è il batterio Leuconostoc mesenteroides a prevalere, producendo un aroma misto tra l'acido e l'alcolico. Ad alte temperature è invece il Lactobacillus plantarum a dominare, producendo principalmente acido lattico. La maggior parte dei sottaceti inizia il processo di conservazione insieme al Leuconostoc, per poi cambiare nel Lactobacillus ottenendo un'altissima acidità.
Metodi di conservazione
La conservazione sott'aceto (scritta anche sottaceto) indica due tipologie di lavorazione alimentare ben distinte, entrambe caratterizzate dalla presenza esclusiva di ingredienti naturali: mentre la prima si basa sulla fermentazione lattica intrinseca, la seconda prevede l'aggiunta di una componente acida esterna (aceto) ad un alimento precotto.
Sottaceto fermentato
Il sott'aceto fermentato è un alimento (ortaggio) sottoposto a proliferazione microbica; lo starter biologico è costituito dai microorganismi naturalmente presenti sulla verdura e l'agente conservativo è costituito dall'acido lattico; i sott'aceti fermentati più diffusi sono i crauti e i cetriolini.
La tecnica di produzione è più o meno la stessa per entrambe le verdure sott'aceto, ed anche le colture microbiche coinvolte risultano pressoché sovrapponibili; sia i crauti che i cetriolini fermentati sfruttano l'azione di alcuni batteri lattici quali L. mesenteroides, E. faecalis, P. cerevisiae, L. brevis e L. plantarum; tra tutti, i pedicocchi e L. plantarum sono quelli di maggior rilievo, mentre L. brevis (soprattutto per i cetriolini) rappresenta una specie potenzialmente dannosa.
Il sott'aceto fermentato necessita (dopo il lavaggio, la mondatura ed il taglio) l'aggiunta di sale da cucina (NaCl), utile a selezionare la colonia microbica idonea per il processo (poiché in tal modo si attiveranno solo i batteri necessari alla liberazione di acido lattico).
Nel caso in cui la selezione batterica dovesse fallire, potrebbero manifestarsi rammollimenti, marcescenza, rigonfiamenti, alterazione del colore, viscosità ecc.
Sottaceto con aggiunta di aceto
Quella sott'aceto è un'altra tecnica di conservazione "naturale" degli alimenti (soprattutto ortaggi, funghi e pesci) precedentemente lavati, mondati, precotti ed immersi in un liquido di governo acido bollente, con pH alimentare di circa 4,6; si tratta di un metodo conservativo prevalentemente "chimico", più artefatto del precedente e ottenuto mediante l'aggiunta di aceto alimentare (quello di vino, ad esempio, contiene circa il 6% di acido acetico - CH3COOH). La scelta di un pH di 4,6 rappresenta il giusto compromesso tra appetibilità del sott'aceto (che possiede sapore ed aroma aciduli caratteristici) e sicurezza igienica dello stesso, poiché i batteri si sviluppano prevalentemente a pH di 6,5-7,5, le muffe a circa 6, ed i lieviti in un range di pH oscillante tra 3 e 4 (risultando pertanto potenzialmente attivi nel sott'aceto non sterilizzato). Tuttavia, mediante la precottura e la successiva immersione del sott'aceto nel liquido di governo bollente, è possibile abbattere a tal punto la carica microbica (lieviti compresi!) da prevenirne "quasi" totalmente lo sviluppo nell'alimento conservato.
Nonostante l'acido acetico vanti proprietà antibiotiche, per le preparazioni maggiormente deperibili è consigliabile fortificarne l'effetto antisettico/battericida con l'aggiunta di sale da cucina (cloruro di sodio - NaCl) e spezie; questi ingredienti rappresentano ulteriori fattori di conservazione naturale utili al prolungamento della vita dell'alimento. D'altro canto, la concentrazione di acido acetico nel sott'aceto può variare in base al tipo di alimento conservato; per esempio, sull'etichetta di un sott'aceto commerciale si possono distinguere 3 diciture differenti:
Aromatizzato con aceto: se l'acidità del liquido di governo del sott'aceto è inferiore all'1,2%.
All'aceto o con aceto: se l'acidità del liquido di governo è superiore all'1,2%
In aceto: se l'acidità del liquido di governo è superiore al 2,2%.
RICETTE
Cetriolini sottaceto
Scegliete 1 kg di cetriolini lunghi 4-5 cm freschi, puliteli e lavateli, metteteli in un contenitore con molto sale per almeno 8 ore per far perdere l'acqua di vegetazione. Quindi lavateli e asciugateli, sistemateli ben aggiustati nei vasi, coprite con aceto e qualche granello di pepe. Chiudete i vasi e metteteli in pentola coperti di acqua tiepida, portate a bollore per 10 minuti. Spegnete e lasciate raffreddare.
Cipolla rossa sottaceto
Sbucciate una grossa cipolla rossa e tagliatela a fettine molto sottili e poi mettetela in un vasetto di piccole dimensioni. Per la salamoia, portare a ebollizione e fate sobbollire per 5 minuti 240 ml di aceto di mele, 240 ml d’acqua, un cucchiaio di miele o di zucchero di canna e un cucchiaino di sale. Raffreddate leggermente, versare sopra la cipolla e conservate in frigorifero. Deliziosa con cracker, panini e insalate.
Cipolline sottaceto
Pulite le cipolline, sbollentatele per 7 minuti in acqua salata, raffreddatele in un contenitore con abbondante cqua fredda e mettetele nei vasi, coperti di aceto per 24 ore per farle macerare. Togliete l'aceto dai vasi, fatelo bollire e rimettetelo sulle cipolline, sigillate e tenete in luogo fresco.
Giardiniera sottaceto
100 g di cimette di cavolfiore, 130 g di carote a rondelle o a bastoncino, 80 g di peperone giallo a fette, 80 g di peperone rosso a fette, 4 peperoncini interi e mezzo cucchiaino di peperoncino rosso secco. Portate a ebollizione 350 ml di aceto bianco, 250 ml d’acqua e 1 cucchiaino abbondante di sale. Cuocete nella salamoia le verdure per 5 minuti, poi raffreddate leggermente, versate tutto nel barattolo e conservate in frigorifero. Ottima per accompagnare un bollito o per insalate di riso.
Peperoni sottaceto
Tagliate a rondelle 16 mini peperoni e uno scalogno. In un barattolo unite i peperoni, lo scalogno e due spicchi d’aglio schiacciati. Portare a ebollizione e fate sobbollire per 5 minuti 60 ml di aceto bianco, 240 ml d’acqua e un cucchiaino di sale. Fate raffreddare leggermente, versate sopra i peperoni e conservate in frigorifero. Da usare come condimento per panini.

La canditura è un metodo di conservazione di parti di piante commestibili (solitamente frutta) mediante immersione in uno sciroppo di zucchero. La parola "candire" viene dall'arabo qandat, trascrizione della parola in sanscrito khandakah ("zucchero"). I prodotti ottenuti mediante canditura si chiamano canditi o frutta candita.
Nel processo di canditura, per osmosi viene ridotto il contenuto in acqua della frutta e il contenuto in zucchero viene gradualmente portato a più di 70%. Le qualità nutrizionali della materia prima utilizzata vanno quasi del tutto perdute, anche se alcune vitamine si mantengono. La conservazione degli aromi dipende dal tipo di procedura e dall'abilità del dolciere: possono sparire quasi del tutto, come nei canditi di lavorazione industriale, ma anche addensarsi in un concentrato di aromi. L'opportunità che la canditura offre al pasticciere è infatti quella di poter effettuare l'intero ciclo di lavorazione a freddo, senza snaturare per effetto di riscaldamenti le componenti aromatiche dei frutti utilizzati.
Normalmente, si impiega zucchero di barbabietola, ma tutti gli zuccheri alimentari sono (almeno teoricamente) utilizzabili. Della frutta candita particolarmente pregiata si ottiene mediante canditura nel miele, in Italia esistono ancora pregiatissime preparazioni in cui la frutta è candita e conservata nel mosto cotto, una di queste è la saba o sapa dell'Emilia-Romagna.
Già le antiche culture della Cina e della Mesopotamia conoscevano la conservazione mediante zuccheri (sciroppo di palma e miele). Spesso era l'unico metodo di conservazione conosciuto: gli antichi Romani mantenevano addirittura il pesce immergendolo nel miele. I veri precursori della canditura moderna sono gli arabi, che servivano agrumi e rose candite nei momenti topici dei loro banchetti. Grazie ai mercanti veneziani prima e genovesi poi, la canditura si fece strada in Occidente, anche se già la Sicilia, tra il IX e XII sec., proprio grazie agli Arabi, la conosceva. I primi documenti che testimoniano l'uso di frutta candita in Europa risalgono al Cinquecento. All'epoca, i canditi venivano assimilati alle spezie. In Italia, diventano un ingrediente cardine di alcuni dei dolci più famosi della tradizione culinaria: tra questi, il panettone milanese e la cassata siciliana.
La materia prima viene posta in una vasca di canditura e coperta di sciroppo. Per osmosi, avviene uno scambio del liquido cellulare con la soluzione zuccherina. Dopo un certo periodo di tempo (da un giorno ad una settimana), lo sciroppo, ormai diluito, viene separato dalla materia prima e riscaldato al fine di fargli perdere acqua per evaporazione ed eventualmente rinforzato con aggiunta di altro zucchero. Arrivato alla concentrazione desiderata, lo sciroppo viene nuovamente versato sulla frutta. Questa operazione, chiamata giulebbatura (dall'arabo giulab, "acqua di rose"), viene poi ripetuta finché la concentrazione di zucchero nei canditi non si sarà stabilizzata. A questo punto questi possono essere consumati oppure conservati nello sciroppo di canditura fino al momento dell'utilizzo.
Per facilitare il processo osmotico, la frutta da candire viene porzionata; se si vuole candire un frutto intero, è necessario inciderlo o praticarvi dei fori con un ago. Anche una previa sbollentatura può essere utile per avviare l'osmosi.
I canditi possono ulteriormente essere ghiacciati, cioè ricoperti di uno strato di zucchero (canditi "alla parigina").
Vengono spesso utilizzate delle autoclavi di canditura: si tratta di recipienti a chiusura ermetica, dentro i quali frutta e sciroppo vengono tenuti a bassa pressione. Il punto di ebollizione risulta così abbassato a 55-60 °C. L'autoclave è riscaldata alla temperatura corrispondente, finché non si giunge, per evaporazione, alla concentrazione finale.

La temuta gommosità dei canditi industriali è dovuta ad un uso massiccio di glucosio, che evita il formarsi di cristalli anche ad elevate concentrazioni zuccherine. Inoltre, la grande industria fa uso massiccio di additivi alimentari (coloranti, aromatizzanti e conservanti), fino a snaturare il gusto della materia prima. Come conservante è ampiamente impiegato l'anidride solforosa e suoi derivati (E220-E229), approfittando anche del fatto che tali additivi per una legislazione tollerante non devono essere dichiarati se sono contenuti nella materia prima e non aggiunti durante la lavorazione.

Essiccare la frutta è un processo molto semplice: bisogna disidratare gli alimenti, togliendo circa l'80/90% di acqua che normalmente contengono.
La frutta più adatta: albicocche, fragole, mele, ananas, more, lamponi, ananas, fichi, ciliegie, prugne, pere, banane, more, arance, frutti di bosco. Un passaggio fondamentale per essiccare la frutta è quello di immergerla in acqua e limone per accorciare i tempi.
microonde
Posizionate un foglio di carta da forno all'interno del microonde. Disponetevi quindi le fettine di frutta, ricordatevi: la sottigliezza in questo caso è tutto. Azionate il timer per un minuto circa al massimo, dopodiché procedete aumentando il tempo di cottura di circa 30 secondi finché il frutto non sarà completamente disidratato.
forno
In forno, a una temperatura costante tra i 40° e i 60° in modalità ventilata. Iniziate tagliando a fette molto sottili la frutta precedentemente denocciolata. Quindi disponete le fettine di frutta senza sovrapporla su una leccarda rivestita di carta da forno e lasciate in forno dalle 4 alle 12 ore, a seconda della percentuale di acqua contenuta nel frutto.
essiccatore
Ovviamente, avendo a disposizione un essiccatore, tutto sarà molto più facile.

Un metodo che attualmente è in forte riscoperta a causa del desiderio di avere per tutto l’anno cibi con ottime qualità nutrizionali, senza additivi vari (conservanti) è l’essiccazione. Tra i metodi naturali di conservazione, l’essiccazione è sicuramente il più antico e il più salutare, perché il più naturale, oltre che il più economico ed ecologico. Infatti, né vi sono drastici interventi di natura fisica né aggiunte di sostanze chimiche e/o di ingredienti, come sale, aceto, olio, zucchero, che, seppur naturali, alterano la composizione degli alimenti destinati alla conservazione. Tali ingredienti, del resto, anche se non nocivi, comportano variazioni nutritive in termini di contenuto calorico, di sali minerali e vitaminico.
Se si scegli il metodo di essiccazione solare, i costi energetici vengono ridotti a zero, mentre pesi ed ingombri possono essere ridotti anche dell’80-90%.
La logica alla base del processo di essiccazione è semplice: privando gli alimenti del loro contenuto di acqua per circa l’80-90%, si inibiscono i microrganismi, che necessitano dell’acqua stessa per sopravvivere, bloccando ogni loro attività per periodi anche lunghi. In genere l’essiccazione evita i problemi che si hanno con altri metodi.
L’uso di alte temperature (sterilizzazione ecc.) distrugge una buona percentuale di sostanze utili. Le medie temperature (pastorizzazione) consentono una conservazione molto limitata (pochi giorni). Le basse temperature bloccano l’attività dei microrganismi che riprende appena il prodotto torna a temperatura ambiente. L’aggiunta di conservanti naturali (sale, olio ecc.) altera le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto.
Altri vantaggi non secondari sono l’economicità del metodo e la drastica riduzione dei volumi e dei pesi che consente un facile trasporto e un facile stoccaggio.
Metodi tradizionali
Vediamo insieme alcune verdure che possiamo essiccare con una vecchio metodo della nonna:
Carote: Pulite bene le carote, raschiatele bene e tagliatele a fettine sottili per il senso della lunghezza. Fate sbollentare in acqua per un minuto e poi estraetele e sgocciolatele facendole asciugare con cura con dei panni puliti e ponetele sopra a della carta assorbente su un luogo aerato e buio. Ogni tanto procedete a smuoverle e lasciatele così fino a completa essiccazione. Le carote potranno essere conservate in vasetti di vetro o in sacchetti di carta per insaporire minestre, soffritti o anche per essere consumate così.
Cipolle: Pulite bene le cipolle e tagliatele a fette sottili, ponetele su un graticcio in un luogo aerato e buio, muovetele di tanto in tanto finchè non saranno completamente secche. Distribuitele a questo punto in vasi di vetro, e teneteli in un luogo asciutto e buio.
Fagioli: Puliteli bene e gettateli per qualche minuto in acqua bollente. A questo punto scolateli e lasciateli a asciugare, dopo di che poneteli in un luogo aerato e buio, rigirandoli spesso. Quando saranno completamente asciutti riponeteli in vasetti di vetro o in sacchetti di carta oleata.
Funghi: Puliteli bene dalla terra con un panno pulito e tagliateli poi a fette sottili per il senso della lunghezza. Riponeteli in un luogo aerato e asciutto. Girateli di tanto in tanto e poi una volta essiccati riponeteli in sacchetti di carta o di cotone. Tenete presente che non tutti i funghi sono adatti all’essiccazione. Distinguiamo in primavera ad esempio il prugnolo, le spugne, le gambesecche, l’orecchio di Giuda. Questi funghi fra l’altro interessanti perchè al momento di rinvenire in acqua ritornano allo stato fresco e possono essere utilizzati per le stesse preparazioni come funghi freschi, cosa che invece con i porcini non avviene.
Peperoncini rossi: Pulite bene i peperoncini e infilateli uno a uno con un ago grosso e spago sottile. Teneteli distanziati un pò gli uni dagli altri. Appendete questa corda in un luogo aerato e asciutto e una volta secchi conservateli in vasetti di vetro oppure in sacchetti carta. Piselli: I piselli vanno essiccati nel loro baccello, in un luogo aerato e asciutto. Una volta ben asciutti, sgranateli e conservateli in sacchetti di tela. Quando dovete procedere a cucinare questi dovranno essere lasciati in ammollo almeno 6 ore prima di essere cucinati.
Melanzane e zucchine: Pulite melanzane e zucchine con un panno pulito (partiamo sempre dal presupposto che siano di provenienza biologica) e tagliatele a fette sottili. Le melanzane andranno anche sbucciate. Con un ago e filo infilate le fette e lasciate lo spazio fra una fetta e l’altra. Ponetele fuori in un luogo aerato e asciutto e lasciatele asciugare, ritirandole dentro alla sera. Fate questo per circa un mese, dipende sempre dalle zone. In alcune zone il tempo si dimezza.
Pomodori: I pomodori si prestano ad essere essiccati al sole con una certa facilità e durante la bella stagione si possono ottenere degli ottimi risultati in tempi relativamente brevi. Per l’essiccazione mediante l’esposizione al sole è bene ricordare che: il piano di appoggio deve essere abbastanza ampio da consentire il distanziamento degli alimenti da essiccare; meglio utilizzare pannelli in legno sui quali fisseremo delle griglie metalliche o piani in acciaio inox che al sole raggiungono facilmente alte temperature; dotarsi di un secondo pannello da utilizzare come protezione o coprire con un panno di garza grezza molto sottile. Dopo avere selezionato i pomodori più maturi e sodi, lavateli e tagliateli a metà, disponendoli sul vostro ripiano e cospargendoli di sale grosso in modo che buttino fuori l’acqua. Esponeteli al sole in un luogo secco e ben ventilato e all’imbrunire ritirateli in casa per evitare l’umidità della notte. Mediamente il tempo necessario per ottenere una perfetta essiccazione è di 6-8 giorni, ma a seconda del clima, della ventilazione e della dimensione dei pomodori è possibile che i tempi si allunghino. Se con il passare del tempo notate che i bordi dei pomodori tendono ad arricciarsi su se stessi distendeteli ad uno ad uno in modo che non si formino ristagni d’acqua (e quindi muffe) all’interno delle arricciature. Una volta secchi, i pomodori possono essere conservati al naturale in barattoli di vetro ben chiusi o sott’olio.
Come essiccare verdura con il forno
Se preferite procedere all'essiccazione mediante il forno domestico (elettrico o a gas): la temperatura deve essere costante e regolata sui 50-60 C°; lasciate lo sportello socchiuso per favorire la ventilazione; se il vostro forno ha l’opzione ‘ventilato’ potete chiudere lo sportello, tagliate a fette sottili le verdure da essiccare per ridurre i tempi. Generalmente questo metodo prevede esposizioni al calore per più ore per più giorni consecutivi, a seconda della tipologia di frutta o verdura da essiccare.
Nel caso dei pomodori è sufficiente cuocere su una teglia o, ancora meglio, direttamente sulla griglia del forno per 6-12 ore a 65 C°. 
Come essiccare verdura con l’essiccatore
Oggi esistono essiccatori professionali elettrici che garantiscono un risultato veramente sorprendente. In genere sono costituiti da: una resistenza elettrica che funge da generatore di calore, azionabile manualmente o con termostato regolabile; una ventola che smuove l’aria attorno al prodotto; ripiani forati (da 2 a 15 o più) su cui riposa l’alimento da essiccare. A seconda del movimento dell’aria esistono due tipi di essiccatori, a flusso d’aria verticale o orizzontale.
Flusso d’aria verticale Come dice il nome, sono a ripiani sovrapposti con la ventola in basso (raramente è superiore); il flusso dell’aria è dall’alto al basso, minimo all’inizio del processo (il prodotto da essiccare occupa gran parte dello spazio), sempre più facile quando il prodotto si è “ritirato”.
Flusso d’aria orizzontale I ripiani sono rettangolari, posti all’interno di un contenitore pure lui rettangolare in pile di 4-6, in modo che un flusso d’aria orizzontale possa lavorarli tutti in modo efficiente.
Se il prodotto da essiccare è poco, è conveniente riempire l’essiccatore vicino al flusso d’aria per velocizzare le operazioni, anche se sarebbe buona regola caricare il prodotto dalla parte opposta della ventola. Se si vuole risparmiare tempo è anche possibile intervenire manualmente ridisponendo il materiale parzialmente essiccato in posizione più vicina alla sorgente di calore.
Chi invece vuole un’essiccazione ottimale e non ha fretta deve considerare che il percorso del prodotto è contrario a quello della direzione dell’aria: si carica l’essiccatore dalla parte opposta alla ventola e si scarica dalla parte di quest’ultima. La verifica della completa essiccazione (tasso d’acqua rimasto non superiore al 15%) non può che farsi visivamente e in base all’esperienza. Infatti la consistenza al tatto è tipica di ogni alimento: duri e quasi croccanti i cibi con pochi zuccheri e pectine, più morbidi gli altri.
Cosa essiccare
In genere si essiccano: funghi, verdure, erbe. Poiché l’essiccazione avviene per evaporazione dell’acqua, è necessario che il processo la estragga a livello cellulare portandola in superficie. Poiché per un millimetro di spessore ci possono essere anche dieci strati di cellule, quanto più le fette dell’alimento sono spesse e tanto più durerà il processo di essiccazione. Ovviamente diminuendo lo spessore delle fette queste aumentano di numero, richiedendo un’area più grande. È necessario quindi raggiungere un compromesso fra area totale da essiccare e spessore delle singole

Tempi di essiccazione consigliati

Verdura

Tempi

(in h)

Aglio

6-8

Asparago

4-6

Barbabietola

10-12

Broccolo

12-15

Carciofo

4-6

Carota

10-12

Cavoletto di Bruxelles

12-18

Cavolfiore

12-15

Cavolo

10-12

Cipolla

3-9

Fagiolo

8-14

Fungo

8-10

Melanzana

12-14

Patata

8-12

Peperone/Peperoncino

8-12

Piselli verdi

8-10

Pomodoro

10-18

Prezzemolo

1-2

Sedano

10-16

Verdure a foglie verdi

8-10

Zucca

10-16

Zucchina

10-12


 fette, spessore che è correlato alla durata dell’essiccazione. L’esperienza dimostra che lo spessore delle fette deve essere compreso fra 4 e 10 mm, non escludendo casi particolari.
Per  esempio per le erbe aromatiche a foglia larga, lucida e pelosa l’uso dell’essiccatore non è consigliato perché lo spessore non può essere ulteriormente ridotto e la foglia presenta una superficie di  per sé molto resistente all’evaporazione; in questo caso è preferibile la vecchia procedura dell’essiccazione all’aria per diversi giorni. In altri casi (piante officinali) si deve evitare una temperatura superiore ai 35 °C che distruggerebbe i principi attivi della pianta, molto più critici dei normali principi nutrizionali. Per verdura di medie dimensioni ( pomodori ecc.) è possibile limitarsi a tagliare in due il singolo pezzo. I tempi tipici di essiccazione sono di 2-3 ore per ogni millimetro di spessore, anche se è opportuno rifarsi al manuale dell’essiccatore usato per avere una maggiore precisione nel prevedere la durata del processo. Al termine dell’essiccazione è opportuno conservare il prodotto in recipienti ermeticamente chiusi (in teoria non è necessario, ma si allungano notevolmente i tempi di conservazione), al riparo dalla luce. Alcuni ortaggi possono essere conservati sottolio; il caso classico è quello dei pomodori, ma il metodo vale anche per melanzane, peperoni, zucchine, funghi, fagiolini, carote ecc. La conservazione sottolio Il vantaggio per cui si conserva sottolio il prodotto secco (anziché usare quello fresco) è sicuramente lo spazio; coltivatori, ristoratori, appassionati (pensiamo ai funghi) possono conservare per lunghi periodi quantità notevoli di un alimento in pochissimo spazio. In genere per conservare sottolio si restituisce al prodotto un po’ d’acqua (4-8 etti per chilo di prodotto secco; meglio acqua e aceto o addirittura aceto puro, a seconda dei gusti), in modo da ammorbidire l’ortaggio; quest’ultimo viene immerso nella miscela di acqua e aceto all’ebollizione per al massimo un paio di minuti, avendo cura di mescolare il tutto con vigore. Si lascia poi riposare per un’intera notte (possono bastare anche due o tre ore, dipende dal tipo d’ortaggio). Dopodiché si procede alla messa sottolio in vasetti ermetici. Per utilizzare gli ortaggi secchi sottolio basta metterli a bagno la sera precedente in poca acqua. Per esempio per un ottimo sugo di pomodoro, ai pomodori secchi rinvenuti con un po’ d’acqua si uniscono gli aromi freschi (timo, cipolla, sedano ecc. a proprio piacimento) e si passa (o si frulla) il tutto, aggiungendo alla fine aromi secchi polverizzati. L’igiene È buona norma pretrattare i cibi da essiccare per evitare che la contaminazione con additivi e/o microrganismi possa essere trasportata anche al prodotto finito. In genere per gli additivi e i microrganismi patogeni è sufficiente immergere il prodotto in acqua bollente fino a 2′; per le larve d’insetto è opportuno lasciare il prodotto in forno a 80 °C per circa un quarto d’ora.
C
ome consumare e reidratare la verdura essiccata
Le verdure essiccate sono un ottimo ingrediente per minestre, risotti, sughi, umidi, stufati. Ortaggi essiccati in foglia possono essere ridotti in polvere, con un frullatore od un macinatutto e stemperati in acqua calda per ottenere zuppe o creme. Un mix di cavoli, carote, patate, piselli, prezzemolo, cipolle e zucchine costituisce un’ottima base per minestre sughi e stufati. Carne, riso, pasta ed altri ingredienti freschi, possono essere aggiunti successivamente, durante la cottura, quando gli ingredienti essiccati saranno sufficientemente reidratati. La reidratazione degli ortaggi dovrebbe fargli recuperare buona parte della consistenza e dimensione originale. Iniziare l’operazione con almeno un paio di tazze di acqua fredda per ogni tazza di prodotto, le verdure devono essere ben coperte dall’acqua. Portare a lenta ebollizione in una casseruola con coperchio ed aggiungere acqua se necessario. I tempi di reidratazione dipendono dal tipo di verdura e dalla pezzatura, possono variare da ½ ora fino ad un paio d’ore.Se volete aggiungere verdura essiccata ad una zuppa o ad un sugo, non preoccupatevi tanto di reidratarla, aggiungetela all'inizio della cottura, ci sarà tutto il tempo necessario per una buona reidratazione.