sabato 18 gennaio 2025

Corso di cucina: 18 RAZZE OVINE


🐑 Razze ovine (e qualche caprina)
guida spigliata per chi ama la buona tavola

Introduzione: quando il consumatore incontra il gregge

Non serve essere pastori per appassionarsi alle pecore: basta avere un forno acceso o una griglia pronta. In Italia, le razze ovine non sono solo “pecore che brucano”, ma vere custodi di tradizioni culinarie e casearie. Alcune ci danno carni delicate, altre latti profumatissimi, altre ancora si accontentano di regalarci lana (che magari pizzica un po’, ma scalda).

Classificazione tipologica (senza troppe complicazioni)

  • Ovini da carne: quelli che finiscono spesso nelle ricette delle feste.
  • Ovini da latte: le “mucche travestite da pecore”, perché con il loro latte si fanno formaggi da urlo.
  • Ovini misti: pecore multitasking, che danno carne, latte e lana.
  • Capre: le “pecore alternative”, sempre un po’ più rock, ma fondamentali per certi formaggi e un latte più leggero.

Ora vediamo alcune razze simboliche, con lo sguardo del consumatore curioso (e un po’ goloso).


🏔️ Agnello d’Alpago

Piccolo, rustico, un po’ montanaro. L’Alpagota vive tra i boschi e i pascoli del Veneto, in provincia di Belluno. La riconosci perché ha le orecchie minuscole e delle simpatiche macchie scure che sembrano fatte con il pennello.

  • In cucina: carne tenera, magra ma saporita, con sentori di erbe alpine. Ideale per chi ama il gusto delicato ma non anonimo.
  • Curiosità da buongustaio: Slow Food l’ha preso sotto la sua ala protettiva, quindi trovarlo è garanzia di qualità (e un po’ di orgoglio da intenditore).

🌄 Agnello del Centro Italia

È il vero “figlio della transumanza”: viaggia tra Abruzzo, Lazio, Toscana e Umbria, pascolando nei parchi naturali e respirando aria buona. Le razze qui sono tante (Appenninica, Sopravissana, Fabrianese, Pomarancina, Zerasca… praticamente un album di figurine geografiche).

  • Tipologie da banco:

    • Leggero (8-13 kg): rosa chiaro, carne delicata, grasso minimo.
    • Pesante (oltre 13 kg): più sostanza, ideale per ricette di carattere.
    • Castrato (oltre 20 kg): più raro, per intenditori, con carni mature e intense.
  • In cucina: perfetto per gli arrosti della domenica, per gli spezzatini che profumano la casa, o per le grigliate che mettono d’accordo tutti.

  • Curiosità da buongustaio: oggi è IGP, quindi dietro ogni etichetta c’è un territorio ben preciso.


🌿 Agnello di Sardegna IGP

Lui sì che ha pedigree. Nato, cresciuto e macellato solo in Sardegna, l’agnello sardo porta con sé una storia millenaria: già i nuragici facevano banchetti e riti con lui.

  • Tipologie da banco:

    • Da latte (5-7 kg) → dolcissimo, tenero.
    • Leggero (7-10 kg) → carne bianca, magra e digeribile.
    • Da taglio (10-13 kg) → più sostanza e sapore selvatico.
  • In cucina: sapore deciso, quasi “selvatico”. Perfetto al forno con patate, ma anche alla brace per chi ama i gusti forti.

  • Curiosità da buongustaio: il 70% degli allevatori sardi aderisce al Consorzio IGP: non è solo carne, è un pezzo di identità isolana.


🐐 Capra Camosciata delle Alpi

Non è una pecora, ma merita menzione. Con il suo mantello color camoscio, sembra sempre pronta per una sfilata di moda alpina.

  • In cucina: il suo latte è ricco e ottimo per formaggi freschi.
  • Curiosità da buongustaio: non si spaventa dei pascoli ripidi: è la capra “free-climber” delle Alpi.

🐐 Capra Saanen

Svizzera d’origine, ma ormai di casa anche in Italia. È la “mucca delle capre”: latte a volontà, ma meno ricco rispetto alle nostre razze autoctone.

  • In cucina: latte chiaro e delicato, ottimo per chi cerca digeribilità.
  • Curiosità da buongustaio: è mansueta ma produttivissima, il che la rende la preferita degli allevamenti intensivi.

🐑 Pecora Brigasca

Un po’ francese e un po’ ligure, vive tra Imperia e il confine francese. Rustica, forte, cornuta nell’80% dei casi.

  • In cucina: ottima per carne (agnelli venduti a 15-16 kg) e per formaggi dal gusto deciso.
  • Curiosità da buongustaio: d’estate in alpeggio, d’inverno al mare: la pecora col calendario da turista.

🐑 Pecora Marrana

Presente in provincia di Genova con pochissimi capi (21 in tutto!). È come una “limited edition” da collezione.

  • In cucina: solo carne, stanziale e robusta.
  • Curiosità da buongustaio: il suo nome è già un programma: impossibile dimenticarla.

🐑 Pecora Massese

Viene da Massa (da cui il nome) ed è una campionessa da latte. In Toscana e Liguria se ne allevano ancora molte.

  • In cucina: latte perfetto per pecorini dal carattere forte.
  • Curiosità da buongustaio: allevata spesso in aziende piccole, con caseificazione diretta: dal pascolo al formaggio senza intermediari.

🐑 Pecora Sarda

Pecora Sarda

La più numerosa d’Italia, discendente del muflone del Gennargentu. Non dà carni eccellenti, ma latte in quantità (e di grande qualità).

  • In cucina: protagonista assoluta del pecorino sardo (e di tanti pecorini in giro per l’Italia centrale).
  • Curiosità da buongustaio: rappresenta da sola il 40% di tutto il gregge nazionale. Una vera regina delle pecore.

Conclusione: il consumatore felice

Dietro ogni agnello o pecora non c’è solo un animale, ma un pezzo di territorio, di tradizione e di cucina italiana. La prossima volta che vedrete scritto in etichetta “Agnello d’Alpago”, “IGP Sardegna” o “Pecora Massese”, potrete sorridere sapendo di non comprare solo carne o formaggio, ma anche una piccola storia.

venerdì 17 gennaio 2025

Corso di cucina: 17 RAZZE BOVINE


Introduzione ai bovini e alle loro razze

Quando pensiamo a una mucca, di solito ci viene in mente un’unica immagine: un grande animale placido in un prato verde che produce latte. In realtà, il mondo dei bovini è molto più variegato e affascinante di così: esistono centinaia di razze, ciascuna con le proprie caratteristiche, la propria storia e le proprie specializzazioni.

Gli allevatori, nel corso dei secoli, hanno selezionato linee diverse a seconda delle esigenze locali: in certe regioni serviva più latte per produrre formaggi, in altre più muscoli per la carne, e in altre ancora animali resistenti per il lavoro nei campi. Oggi, grazie a questa selezione, possiamo distinguere tre grandi “vocazioni” delle razze bovine:

  • Razze da latte 🥛: ottime produttrici di latte, spesso molto abbondante, adatto alla trasformazione in formaggi, yogurt e burro.
  • Razze da carne 🥩: caratterizzate da una muscolatura sviluppata e da una crescita rapida, ideali per bistecche e arrosti di qualità.
  • Razze a duplice attitudine ⚖️: un po’ via di mezzo, capaci di fornire buone quantità sia di latte sia di carne, spesso apprezzate negli allevamenti familiari o tradizionali.

Dietro queste differenze non c’è solo una questione di resa economica: scegliere una razza significa anche valorizzare un territorio, rispettarne la storia agricola e orientare la qualità del cibo che arriva sulle nostre tavole.

Conoscere le razze bovine non è quindi un esercizio per addetti ai lavori: è un modo per capire meglio cosa mangiamo, da dove arriva e perché ha quel sapore unico.

Razze bovine: un viaggio tra latte, carne e tradizioni

🥩 Aberdeen Angus – La star della carne

Se amate la carne tenera e saporita, l’Aberdeen Angus è un nome che avrete già sentito. Originaria della Scozia, è diventata famosissima soprattutto in America, dove rappresenta la razza da carne più diffusa.
Di statura relativamente bassa ma molto robusta, si distingue per il mantello nero e per l’assenza di corna. La sua carne è considerata una delle migliori al mondo, ricca di marezzatura (le venature di grasso che rendono la carne più gustosa e morbida). Tuttavia, proprio questa abbondanza di grasso non incontra sempre i gusti dei consumatori italiani, più abituati a carni magre.
Un altro punto forte? L’adattabilità al pascolo e la rusticità, che la rendono perfetta anche in zone difficili. Non a caso, i suoi tori vengono spesso usati negli incroci per migliorare altre razze.

🧀 Abondance – La montanara del formaggio

Dalla Savoia francese arriva la Abondance, una razza che porta con sé tutta la tradizione alpina. È una bovina da latte (ma non disdegna la carne), conosciuta per la capacità di adattarsi ai pascoli di montagna e di trasformare erbe e foraggi poveri in un latte di grande qualità.
Il suo mantello pezzato rosso e bianco la rende subito riconoscibile, così come la testa bianca con le orecchie rosse. Il suo latte è particolarmente apprezzato per la produzione di formaggi tipici delle Alpi, tra cui l’omonimo Abondance AOP, ma anche Reblochon e Beaufort.
Insomma, è una vera “camminatrice” delle valli alpine, custode di una cultura casearia che ancora oggi resiste.

🐮 Agerolese Campana – Il tesoro nascosto

In Campania resiste una piccola popolazione bovina che rischiava di scomparire: la razza Agerolese. Nata dall’incrocio tra Frisona, Bruna, Jersey e bovini locali, oggi è allevata in poche centinaia di esemplari nei dintorni di Napoli.
È una razza “a rischio” e protetta da un registro speciale, ma il suo latte ha caratteristiche uniche, tanto da essere utilizzato nella produzione del celebre Provolone del Monaco DOP. Anche la carne è buona, ma la vera ricchezza è la possibilità di mantenere viva una tradizione contadina preziosa, legata a un territorio unico.

🥛 Ayrshire Scozzese – Il latte per il formaggio

Torniamo in Scozia, questa volta per incontrare la Ayrshire, un’altra regina del latte. Riconosciuta ufficialmente come razza già nell’Ottocento, è apprezzata in tutto il mondo per un latte particolarmente adatto alla caseificazione: globuli di grasso piccoli, cagliata fine, perfetta per formaggi di qualità.
Il suo mantello è rosso e bianco, con corna arcuate e una figura elegante, di media taglia. Oltre alla quantità, spicca la qualità: ottimo contenuto di grassi e proteine.
La carne invece non è il suo punto forte: la vera forza della Ayrshire è nel latte che diventa burro, yogurt e formaggi tipici.

⚖️ Bianca Modenese – L’orgoglio emiliano

In Emilia, invece, sopravvive un’altra razza italiana storica: la Bianca Modenese. Dal mantello bianco latteo e dalla corporatura robusta, in passato era usata anche come animale da lavoro nei campi. Oggi, invece, si punta sulle sue doti produttive: latte di ottima qualità e carne apprezzata.
Purtroppo, il numero di capi si è ridotto drasticamente nel dopoguerra, tanto da essere oggi una razza a rischio. Ma dove resiste, continua a fornire un latte adatto alla caseificazione, perfetto per Parmigiano Reggiano e altri formaggi tipici della zona.
È un esempio di come recuperare e salvaguardare una razza significhi anche difendere un patrimonio gastronomico locale.

🥩 Blonde d’Aquitaine – L’eleganza francese

Dalla regione dell’Aquitania arriva una razza di grande fascino: la Blonde d’Aquitaine. Mantello chiaro, tra il bianco panna e il rossiccio, corpo armonioso e muscolatura ben sviluppata: insomma, una bovina che colpisce per la sua eleganza.
La sua vocazione è la carne, tenera e saporita, apprezzata soprattutto se gli animali sono allevati con cura e alimentati con foraggi di qualità. Non raggiunge dimensioni enormi, ma ha il pregio di offrire un prodotto gustoso e molto richiesto, anche nei mercati internazionali.

💪 Blu Belga – Il “palestrato” delle stalle

Probabilmente la più spettacolare dal punto di vista estetico, la Blu Belga è una razza da carne originaria del Belgio. È inconfondibile per la sua “doppia muscolatura”: una particolare caratteristica genetica che le conferisce un aspetto massiccio e iper-definito.
La carne del Blu Belga è magra, con pochissimo grasso, e per questo molto ricercata da chi predilige un’alimentazione proteica ma leggera. Tuttavia, la selezione estrema ha reso questi animali delicati da gestire e spesso soggetti a difficoltà nei parti naturali. È quindi una razza “estrema”, perfetta per la carne ma meno versatile in allevamento.

Burlina – La Veneta Tenace

Unica razza bovina autoctona del Veneto, la Burlina è piccola ma rustica e frugale, capace di pascolare persino tra le ortiche dell’Altopiano dei Sette Comuni. Salvata dall’estinzione grazie ai formaggi tipici, ha mantello pezzato nero e bianco, peso fino a 400 kg e un passato che la collega ai Cimbri del Nord Europa. Oggi è allevata soprattutto a Montecchio Precalcino per valorizzare il latte nutriente, superiore a quello della Frisona.

🥛 Bruna (ex Bruna Alpina) – La signora della montagna

Una delle razze più antiche e diffuse, la Bruna (in passato chiamata Bruna Alpina) ha origini svizzere e si è fatta conoscere per la sua rusticità e il suo latte di qualità. Introdotta in Italia già nell’Ottocento, si è diffusa in tutta la penisola, soprattutto in Pianura Padana.
Il suo latte non raggiunge i picchi quantitativi della Frisona, ma ha un’ottima composizione: tenore proteico ideale per la trasformazione in formaggi. Inoltre, la Bruna sopporta bene ambienti difficili e pascoli poveri, qualità che la rendono preziosa per gli allevatori. Anche la carne, pur non essendo la sua specialità, è apprezzabile.
Insomma, una bovina versatile e affidabile, ancora oggi protagonista della nostra zootecnia.

🧀 Cabannina della Val d’Aveto – Il gioiello ligure

Piccola, scura, rustica e… golosa di pascoli impervi. La Cabannina è l’unica razza bovina autenticamente ligure, selezionata nella Val d’Aveto. Il suo mantello scuro è attraversato da una caratteristica riga chiara sul dorso, detta “mulina”.
La sua forza non sta nella quantità, ma nella qualità del latte: ricco di aromi e perfetto per la caseificazione. Non a caso, da sempre il suo latte è stato usato per formaggi tipici e per la produzione artigianale locale.
Oggi è una razza rara, ma rappresenta un patrimonio unico da preservare, sia per la biodiversità che per il gusto che porta sulle nostre tavole.

⚖️ Calvana Toscana – La sorella minore della Chianina

Tra le colline toscane resiste la Calvana, razza imparentata con la celebre Chianina, ma più piccola e compatta. Mantello bianco porcellana, muscoli ben sviluppati e resistenza ai pascoli più difficili: è un esempio di come gli animali sappiano adattarsi agli ambienti più esigenti.
In passato era usata soprattutto come animale da lavoro nei campi; oggi, invece, è allevata per la carne, apprezzata per sapore e consistenza. È iscritta tra le razze autoctone da salvaguardare e rappresenta un tassello prezioso della tradizione agricola toscana.

🏛️ Chianina Toscana – Il “gigante buono”

È la razza bovina italiana più famosa al mondo, e non a caso: la Chianina è monumentale. Bianco porcellana, arti lunghi ed eleganti, mole imponente (i maschi arrivano a 1.700 kg!). Originaria della Val di Chiana, vanta oltre 2000 anni di storia: citata già da Plinio il Vecchio, era usata nei cortei romani per la sua imponenza e purezza cromatica.
Oggi la Chianina è regina assoluta della carne. Non ama gli allevamenti intensivi: dà il meglio al pascolo, dove la sua rusticità trova equilibrio con la natura. La carne è magra e saporita, resa celebre dal taglio forse più iconico della cucina italiana: la bistecca alla fiorentina. Alta, succosa e cotta al sangue, è un simbolo gastronomico che porta con sé tradizione e qualità certificata dall’IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale.

🌿 Cinisara – Il tesoro siciliano

Rustica, elegante e perfettamente adattata ai paesaggi aspri della costa palermitana, la Cinisara è una razza autoctona che merita attenzione. Mantello scuro, resistenza straordinaria e capacità di nutrirsi anche di essenze selvatiche poco appetibili: tutto questo si riflette nella qualità del latte e della carne, ricchi di aromi e sostanze antiossidanti.
Produce oltre 3.000 kg di latte a lattazione, perfetto per formaggi tipici; i vitelli raggiungono incrementi di crescita notevoli, con carne saporita e sempre più tutelata (è in corso la richiesta della DOP Carne di Cinisara). È il classico esempio di razza “identitaria”, che non punta sulla quantità, ma sulla tipicità e sul legame col territorio.

🐄 Frisona – La regina del latte

Se pensi a una mucca bianca e nera, stai pensando alla Frisona. È la razza lattifera più diffusa al mondo, e in Italia rappresenta la colonna portante della produzione di latte. Originaria della Frisia (Olanda), si è diffusa ovunque grazie alle rese altissime: una vacca Frisona italiana può produrre oltre 9.000-10.000 kg di latte all’anno, base di latte fresco, yogurt e formaggi di larga distribuzione.
Non ha rivali in quantità, ma il suo latte, meno ricco in grassi e proteine rispetto ad altre razze, non è sempre ideale per i formaggi più pregiati. È insomma la razza dell’abbondanza, quella che ha cambiato la zootecnia mondiale, ma anche quella che più di altre è legata a sistemi intensivi di allevamento.

🐂 Garfagnina – La custode della biodiversità

Piccola e compatta, con il mantello grigio brinato e le occhiaie scure, la Garfagnina è una delle razze italiane più a rischio di estinzione. Originaria della Garfagnana (Toscana), discende dalla Podolica e rappresenta un patrimonio genetico prezioso.
A duplice attitudine, con prevalenza per il latte, ha rese modeste ma prodotti caratteristici, legati a un’agricoltura di montagna rispettosa e a basso impatto. È iscritta al Registro delle popolazioni autoctone a rischio e il suo valore oggi è più culturale e ambientale che produttivo. Scegliere i suoi derivati significa contribuire alla salvaguardia di una razza unica.

⛰️ Grigio Alpina – La montanara instancabile

Mantello grigio-argento, taglia medio-piccola e grande resistenza: la Grigio Alpina (Tiroler Grauvieh) è una razza tipica delle Alpi orientali. È rustica, longeva e fertile, perfettamente adattata ai pascoli d’alta quota.
La produzione media si aggira sui 5.000 kg di latte all’anno, con buon contenuto di grasso e proteine: perfetto per burro, yogurt e formaggi di malga. Non solo latte: i vitelli crescono bene e forniscono carni apprezzate per gusto e qualità.
Una razza polivalente, che incarna lo spirito della montagna: robusta, essenziale e legata a un modello di allevamento sostenibile.


🥩 Limousine – la “sportiva elegante” della carne

Originaria della regione francese del Limousin, questa razza dal mantello rosso fuoco è un vero bolide da carne: lunga, muscolosa e scolpita come un atleta olimpico. I vitelli nascono piccoli e robusti, i parti sono facili e le mamme hanno buone capacità materne. La produzione di latte è giusto quella che serve al vitellino, mentre la carne è di ottima qualità, tenera e saporita.
Se vogliamo trovare un difetto? Non ama molto gli ambienti difficili: è un po’ “principessa” nelle condizioni avverse, ma quando è allevata bene regala rese al macello davvero invidiabili.


🐂 Marchigiana – la “forzuta gentile” delle colline

Nata nelle Marche dall’incontro tra la rusticità podolica e la maestosità di Chianina e Romagnola, la Marchigiana è una razza possente ma sorprendentemente docile. Il suo mantello bianco-grigiastro la rende elegante, mentre la struttura solida e muscolosa ricorda la sua antica vocazione al lavoro nei campi.
Oggi è apprezzata per la carne di grande qualità e per la sua fertilità. Resiste bene anche nei pascoli collinari e montani, adattandosi con facilità. In poche parole: una gigante buona, con muscoli da atleta e un cuore da mamma.


🌾 Maremmana – la “selvatica nobile” della Maremma

Con le sue corna lunghissime, il mantello grigio perlaceo e l’aria fiera, la Maremmana sembra uscita da un dipinto ottocentesco. Vive ancora oggi allo stato brado, guidata dai leggendari butteri che la custodiscono nei pascoli toscani e laziali.
Rustica, resistente e indipendente, discende da antichi bovini indoeuropei e porta nel DNA una forza primordiale. La sua carne, un tempo poco apprezzata per i costi e le rese limitate, è oggi una prelibatezza: saporita, proteica e salutare, amata da chi cerca gusto autentico e qualità naturale. È l’essenza della Maremma selvaggia trasformata in bontà.


🧀 Modicana – la “rossa ribelle” di Sicilia

Con il suo mantello rosso scuro e un ciuffo sbarazzino in fronte, la Modicana è la regina dimenticata della Contea di Modica. Un tempo numerosissima, oggi conta pochi esemplari e rischia l’estinzione. È rustica e caparbia, abituata alle estati torride e ai pascoli scarsi, tanto che produce latte solo se ha accanto il vitellino.
Il suo latte è speciale: ricco e profumato, perfetto per il Ragusano DOP e altri formaggi di pregio. La carne, poco conosciuta, è di altissima qualità ma ha bisogno di una frollatura esperta per esprimere tutta la sua bontà. È una ribelle orgogliosa, che non si piega ai ritmi moderni ma premia chi sa rispettarla.


⛰️ Ottonese-Varzese – la “montanara tenace”

Ottonese-Varzese

Piccola, fromentina e instancabile, la Ottonese-Varzese è la bovina che non molla mai. Originaria delle valli appenniniche tra Pavia, Piacenza e Genova, si accontenta di pascoli poveri e resiste come poche altre.
È una vera “tuttofare”: un tempo utilizzata per il lavoro, oggi resta preziosa per il latte dalle ottime qualità casearie (circa 3500 litri a lattazione), che dà formaggi saporiti e genuini. La carne è modesta ma saporita, e la sua rusticità la rende una razza di montagna da salvare assolutamente: da decine di migliaia di capi negli anni ’60, oggi ne sopravvivono meno di cento. Una piccola guerriera contro l’oblio.


🌿 Pasturina – la “toscana curiosa” tra Maremmana e Chianina

Pasturina

La Pasturina è un piccolo gruppo di bovini originario del Casentino, in Toscana, nato dall’incontro tra la possanza della Chianina e la rusticità della Maremmana. Con il mantello bianco-grigiastro e le corna a lira, questi bovini avevano arti corti e robusti, pronti soprattutto al lavoro nei campi.
Un tempo estinti a causa dello spopolamento, oggi qualche incrocio moderno li fa vivere di nuovo: non sono ancora una razza vera e propria, ma sono come dei “cuginetti curiosi” che portano avanti la memoria dei loro antenati.


🥩 Piemontese – il “muscoloso elegante” d’Italia

Piemontese

Con il suo mantello fromentino che schiarisce con gli anni e la testa ampia e quadrata, il Piemontese è la superstar italiana della carne. In passato utilizzato anche per latte e lavoro nei campi, oggi è il bovino più diffuso destinato al macello, amato per la qualità della carne.
Solido, con torace largo e arti robusti, il Piemontese non passa certo inosservato: elegante e muscoloso, è un po’ il bodybuilder delle stalle italiane, pronto a trasformarsi in bistecca succulenta per gli amanti della buona tavola.


🥛 Pinzgauer – il “rustico gourmet” delle montagne

Pinzgauer

Allevata in Alto Adige, Austria e Germania, la Pinzgauer ha un mantello pezzato rosso con zone bianche, media statura e muscolatura armoniosa. La sua forza? Latte di qualità (fino a 4300 kg per lattazione) e carne fine e saporita.
Adatta ai climi rigidi e ai terreni scoscesi, la Pinzgauer è la “bovina da montagna” per eccellenza: resistente, robusta e capace di arrampicarsi su qualsiasi pendio, senza perdere mai stile e gusto.


🐄 Pisana – la “gentile contadina” della bassa Toscana

Pisana

Originaria della bassa Valle del Serchio, la Pisana è un incrocio tra Bruna e Chianina, elegante e armonica nel fisico, con mantello dal bruno al nero e muso scuro circondato da un delicato alone bianco.
Rustica e a duplice attitudine, predilige il latte ma regala anche carne di buona qualità. La Pisana è la “contadina gentile”: modesta, laboriosa e affidabile, capace di adattarsi ai pascoli della sua Toscana senza perdere charme.


🌾 Podolica Pugliese – la “globetrotter resistente” del Sud

Podolica Pugliese

La Podolica Pugliese è una delle più autentiche Podoliche italiane, originaria dell’Oriente asiatico e adattatasi alle zone depresse del Sud Italia. Mantello grigio nelle femmine, più scuro nei maschi, corna lunghe a semiluna e a lira, unghioni robusti: è una razza capace di adattarsi ovunque, dai pascoli cespugliati ai terreni difficili.
Rustica, indipendente e con latte anche abbondante, la Podolica è la “bovina globe-trotter”: lavora duro, si arrangia da sola e regala formaggi e carne di qualità senza lamentarsi, con pochissime cure dall’uomo.


🏔️ Pontremolese – il “supereroe sparito della Garfagnana”

Pontremolese

La Pontremolese è la razza bovina italiana più rara di tutte, con solo 45 esemplari rimasti! Originaria delle valli dei fiumi Magra e Vara, tra Massa Carrara e La Spezia, questa vacca era l’instancabile compagna degli agricoltori che affrontavano un’agricoltura povera ma variata, e persino dei trasporti di marmo di Carrara fino al mare.
Con il mantello fromentino chiaro e gradazioni scure strategiche su testa, collo e arti, questi bovini erano davvero pronti a qualsiasi lavoro. La loro rusticità li rende perfetti per allevamenti “vacca-vitello” nelle zone marginali e per produrre carne di qualità, mentre il latte potrebbe diventare un tesoro locale se valorizzato. La Pontremolese è un vero supereroe in miniatura della Garfagnana: resistente, laboriosa e quasi magica nella sua rarità.


❄️ Pustertaler-Barà – la “stella alpina pezzata”

razza bovina

Dalla Val Pusteria arriva la Pustertaler, conosciuta in Piemonte anche come Barà, dal tipico “disegno a riga bianca” sul dorso. Mantello rosso o nero, linea mulina elegante e simmetrica, testa larga e muscolosa: un vero capolavoro delle Alpi!
Adattata a pascoli ripidi e a climi rigidi, questa bovina produce circa 12 litri di latte al giorno, perfetti per formaggi tipici come Toma, Tomini, ricotta e burro, senza dimenticare specialità locali come il Cevrin di Coazze. La Pustertaler è quindi la “pezzata gourmet”: resistente e instancabile, ma con il cuore nel latte e nella caseificazione.


🐮 Razzeta d’Oropa – la “piccola rosso mogano delle Alpi”

Dal Biellese arriva la Razzeta d’Oropa, piccola e compatta, con mantello rosso mogano e testa e ventre bianchi. Taglia minuta ma cuore grande: vacche fertili e madri attente, perfette per il pascolo di montagna.
Il loro latte è il segreto del Maccagno, tipico formaggio biellese: ricco e saporito, adattissimo ai sapori delle Alpi. La Razzeta è la “deliziosa alpina”: piccola, elegante e infaticabile, che porta avanti una tradizione casearia preziosa.


🧀 Reggiana – la “rossa parmigiana”

La Reggiana è la razza rossa della provincia di Reggio Emilia, portatrice di un patrimonio antico dall’Europa orientale. Mantello color cariosside del frumento, testa espressiva e muso rosa, corpo armonioso e robusto: è l’eleganza incarnata tra i bovini.
Con latte ad alto contenuto proteico e caseina, la Reggiana è la star indiscussa per il Parmigiano Reggiano, regalando una coagulazione perfetta e una stagionatura lunga e digeribile. La Reggiana è quindi la “nobildonna dei formaggi”: raffinata, utile e indispensabile nelle nostre tavole.


🏞️ Rendena – la “alpinista del latte”

Originaria della Val Rendena (Trentino), la Rendena è rustica, piccola ma instancabile. Perfetta per l’alpeggio, produce latte per formaggi tipici come la Spressa delle Giudicarie.
La Rendena è a duplice attitudine: carne e latte, resistente alle montagne e alle difficoltà dei pascoli poveri. Grazie a una selezione attenta, la razza mantiene una grande variabilità genetica, ed è ancora la regina dei pascoli alpini. Piccola, rustica e laboriosa: la Rendena è l’alpinista che non si stanca mai!


Romagnola – La Robusta Romagnola

La Romagnola, storica bovina della Romagna, era un tempo impiegata per il lavoro nei campi, oggi è selezionata solo per la carne. Deriva dall’antico uro europeo e forse anche dai bovini raffigurati dagli etruschi. Diffusa nelle province di Forlì, Ravenna, Bologna e Ferrara, è nota per la sua struttura massiccia, arti corti e robusti, testa piccola e occhi grandi.

Il mantello va dal fromentino dei giovani al grigio chiaro o scuro negli adulti, spesso con peli neri attorno agli occhi (“occhialutura”). Le corna sono a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. La Romagnola cresce mediamente 1 kg al giorno e produce carne di qualità eccellente, tenace e ben marezzata, con ottime rese di macellazione.


Savoiarda – La Francese Alpina

La Savoiarda, o Tarina, è una vecchia razza italiana derivata dalla francese Tarentaise. Un tempo diffusa in Val di Susa, oggi è quasi scomparsa. Mantello fromentino scuro nei giovani, occhi spesso circondati da occhiaie nere, corna bianco-giallastre.

Rustica e longeva, è una bovina a duplice attitudine, ma il latte resta il suo punto forte. Adatta al pascolo alpino, resiste bene alle malattie e produce carne discreta.


Simmental – La Tuttofare Svizzera

Originaria delle valli del fiume Simme in Svizzera, la Simmental è famosa per latte, carne e lavoro agricolo. Mantello variabile: chiazze rosse e bianche o dorato-rosso, muso bianco tipico dei vitelli incrociati. Cresce rapidamente e produce latte in abbondanza, combinando rusticità e resa produttiva. Ha contribuito a numerose razze europee, come Montbeliarde e Fleckvieh.


Toro de Lidia – Il Guerriero Spagnolo

Il Toro de lidia, allevato in Spagna, Portogallo e America Latina, è selezionato per coraggio e temperamento battagliero. Di taglia medio-piccola (500-650 kg i maschi), mantello variabile dal bianco al nero con molte sfumature, corna robuste e forme diverse.

Vive quasi sempre al pascolo in ampi recinti (“dehesa”), segue gerarchie sociali complesse e i vitelli affrontano la “tienta”, prova di coraggio che decide chi diventerà riproduttore o combattente. Il dimorfismo sessuale è ridotto; maschi adulti si distinguono per muscolatura e gibbosità dietro la nuca (morrillo).


Valdostana – La Montanara Perfetta

Originaria della Valle d’Aosta, esistono tre varietanti: Pezzata Rossa, Pezzata Nera e Castana. Robuste e adattate agli alpeggi oltre i 2.500 m, sono prevalentemente da latte, con buona produzione di carne. Mantello armonico e taglia contenuta, corna corte, musello rosa o nero. La Pezzata Nera discende dalla Hérens svizzera, pesa 450–650 kg e resiste bene ai climi alpini.


Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale – Il Supereroe Italiano

Raggruppa Chianina, Marchigiana e Romagnola, tutte a mantello bianco fromentino e pigmentazione nera di musello e lingua. Carne IGP di eccellenza: magra, sapida, grana fine, ricca di proteine e ferro. Allevamento storico fin dai tempi etruschi, con macellazione fra i 16 e 20 mesi. La fama culinaria è mondiale, dalla “bistecca alla fiorentina” alle carni da arrosto o bollito.


Wagyu – Il Marmorizzato Giapponese

Famoso per le carni striate di grasso come marmo, tenerissime e saporite. Allevato con attenzione estrema in Giappone, Australia, USA e ora anche in Italia. Tecniche speciali: massaggi e birra/sake per ammorbidire i muscoli. Razze principali: Nera (90% dei capi), Bruna/Rossa, Senza corna, Shorthorn. Prezzo elevatissimo, pregio mondiale, vero lusso da gustare in piccole porzioni.



giovedì 16 gennaio 2025

Corso di cucina: 16 I TAGLI DEI SUINI


Alla scoperta del maiale: guida semiseria ai suoi tagli

Il maiale, da sempre, è l’animale più democratico della tavola: non si butta via nulla. Ogni parte del suo corpo, dal muso alla coda, ha trovato nel tempo un posto d’onore in ricette celebri o in preparazioni rustiche. Entriamo allora in questa sorta di “atlante gastronomico” e scopriamo i tagli principali, uno per uno.


🐷 Guanciale – Il ribelle saporito

La guancia del maiale non è timida: ricca di grasso nobile, più pregiato persino di pancetta e lardo, è l’ingrediente segreto di piatti che hanno fatto la storia. Senza guanciale, niente amatriciana e niente carbonara (almeno, secondo i puristi!). Tagliato a dadini, trasforma un piatto di pasta in poesia. E nei salami, regala quella scioglievolezza che fa felice il palato.


🐷 Lardo – Il velluto bianco

Lo strato superiore della schiena regala il lardo, che nasce davvero solo dopo la salatura e stagionatura. Bianco, compatto e profumato, è un grasso nobile che si spalma come burro ed è amato dagli intenditori. Se invece lo si fonde e si priva della cotenna, diventa strutto, grasso da cottura che per secoli ha nutrito generazioni di nonne indaffarate ai fornelli.


🐷 Collo o coppa – Il chiacchierone conviviale

Conosciuto come coppa, capocollo o, in Centro Italia, lonza, è un taglio versatile che si presta ad arrosti succosi e fette pronte per la padella. Ma il suo vero destino è l’insaccato che porta il suo nome: la coppa. Un salume che, affettato sottile, trasforma anche un semplice panino in un banchetto festoso.


🐷 Carré o arista – Il signore delle costine

Ecco la parte superiore delle costole, chiamata anche arista. Da qui nascono le braciole, cioè quelle fette con l’osso che finiscono volentieri sulla griglia, regine delle tavolate estive. Se lasciato intero, il carré diventa un arrosto scenografico che porta in tavola un tocco di nobiltà.


🐷 Spalla – L’onesto lavoratore

Parte superiore della zampa anteriore, non è certo il taglio più pregiato, ma ha carattere e sostanza. Spesso trattata come la coscia, regala il cosiddetto cotto di spalla: simile al prosciutto cotto, ma con una personalità più rustica e meno raffinata. È il “pane quotidiano” dei salumi.


🐷 Pancetta – La regina dei travestimenti

Strati di grasso e carne intrecciati come un mosaico. La pancetta è trasformista: può essere grigliata in fette generose, arrotolata e insaccata, oppure distesa e affumicata. In quest’ultimo caso prende il nome internazionale di bacon, protagonista della colazione all’inglese. C’è persino la pancetta coppata, quando si sposa con il capocollo: un matrimonio da buongustai.


🐷 Lombata o lonza – La classica elegante

Una carne magra e versatile, che può diventare fettina in padella o arrosto importante. Non ha il carattere chiassoso della pancetta o del guanciale, ma conquista con la sua sobrietà raffinata. È il “taglio da fidanzare ai genitori”.


🐷 Filetto – Il principe tenero

La parte più tenera del maiale, gemello del filetto bovino. Morbido, delicato, adatto a ricette raffinate, è la prova che il maiale non è solo rusticità ma anche finezza gastronomica.


🐷 Coscia o cosciotto – L’eroe dei prosciutti

La parte più pregiata, la coscia, è il cuore dei grandi salumi italiani: prosciutti crudi e prosciutti cotti. Ma non solo: arrosti, brasati, spezzatini… ogni ricetta importante ha un posto per lui. È il Re Sole del maiale.


🐷 Zampe – I comprimari gustosi

Poco nobili, certo, piene di ossicini, ma in cucina regalano soddisfazioni. Senza le zampe, non avremmo lo zampone di Modena, piatto simbolo delle feste natalizie. Una rivincita in piena regola per un taglio apparentemente minore.


Conclusione

Ogni parte del maiale ha un carattere, un ruolo e una storia da raccontare. Dal guanciale impertinente al filetto aristocratico, dal lardo vellutato al cosciotto regale, questo animale ha saputo trasformarsi in un protagonista assoluto della cultura gastronomica europea. Insomma, il maiale non si limita a sfamare: racconta, diverte e – soprattutto – mette tutti d’accordo a tavola.

CINGHIALE

Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi. Originario dell'Eurasia e del Nordafrica, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale e anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza e adattabilità, che viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione ed è arduo tracciarne un profilo tassonomico preciso, in quanto le varie popolazioni, originariamente pure, hanno subito nel tempo l'apporto di esemplari alloctoni o di maiali rinselvatichiti. Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne e un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, solo nel corso del XX secolo ha cessato di essere una fonte di cibo di primaria importanza per l'uomo, soppiantato in questo dal suo discendente domestico, il maiale. Per lo stretto legame con l'uomo, il cinghiale appare frequentemente, e spesso con ruoli da protagonista, nella mitologia di molti popoli.
L'utilizzo del cinghiale in cucina ha radici molto antiche: lo possiamo trovare nell'antica cucina romana, molto famoso è ad esempio l'aper conditum o cinghiale candido, ne parla anche Apicio nei suoi libri di ricette. La carne del cinghiale è assai apprezzata un po' in tutto il mondo, eccezion fatta per quei Paesi in cui la religione impone il divieto di assaggiarla in quanto appartenente a un suino: è il caso dei Paesi arabi o di Israele. In Italia, la carne di cinghiale proviene perlopiù da esemplari di allevamento o da esemplari selvatici uccisi all'estero, principalmente in Ungheria, Balcani ed Europa centrale, ad eccezione della Sardegna, dove viene cacciato nell’entroterra e consumato dalla popolazione isolana. Prima del consumo, le carni di cinghiale andrebbero per legge sottoposte a esame trichinoscopico dall'Azienda Sanitaria Locale, e solo dopo un responso negativo dell'esame potrebbero essere destinate alla vendita e al consumo: tuttavia, questa normale prassi attuata dai cacciatori non viene eseguita nel caso di esemplari abbattuti da bracconieri, che nella maggior parte dei casi destinano la carne dell'animale ucciso al consumo familiare e rifiutano di addossarsi le spese dell'esame. La carne di cinghiale è rinomata e apprezzata, in quanto unisce al sapore della carne suina quello della cacciagione. Essendo piuttosto fibrosa, essa si presta particolarmente a cotture in padella, come stufati, cotture in umido o sughi (ad esempio le pappardelle al cinghiale o il cinghiale alla maremmana): non sfigura tuttavia nemmeno in arrosti o carni allo spiedo, purché venga sottoposta a lardellatura per renderla meno asciutta: spesso i piccoli, ritenuti particolarmente gustosi dagli intenditori, vengono arrostiti interi, previa eviscerazione. Per la loro polposità vengono prediletti i tagli della coscia di cinghiale, ma in alcune zone anche la carne della testa è considerata una prelibatezza. Trattandosi di selvaggina, risulta conveniente sottoporre la carne a marinatura prima di passare alla cottura, per evitare spiacevoli note di selvatico nella carne quando la si va ad assaggiare (in acqua, aceto, vino o latte). La frollatura non è invece solitamente praticata sulla carne di cinghiale, anche perché essa tende ad andare a male assai più velocemente di altri tipi di carne. Proprio il suddetto motivo, con la conseguente esigenza di poter conservare la carne in eccesso il più a lungo possibile quando la surgelazione ancora non esisteva, ha fatto sì che, in particolare in Italia centrale, divenisse popolare l'insaccatura della carne di questo animale, dando origine ai famosi e pregiati prosciutti e salami di cinghiale.

MAIALE

Il maiale (Sus scrofa domesticus L.), chiamato anche suino o porco, è un suide addomesticato appartenente ai mammiferi dell'ordine artiodattili suiformi. Il maschio fertile si chiama verro, la femmina scrofa e i cuccioli lattonzoli; questi ultimi, in particolare, a loro volta si definiscono verretti se maschi o scrofette se femmine.
Si tratta di uno tra gli animali da macello più diffusi e più utilizzati dall'uomo, anche in ragione dell'ampia gamma di sottoprodotti derivati, che vanno da articolatissime specifiche lavorazioni delle sue carni allo sfruttamento delle setole (da qui il detto "del maiale non si butta via niente"). Il maiale domestico appartiene alla stessa specie del cinghiale (sus scrofa) e può riprodursi con esso.
Il termine maiale deriva dal latino majalem ("porco castrato"), così chiamato poiché era spesso utilizzato come sacrificio a Maia, madre di Mercurio.

L'utilizzo del maiale in cucina è sempre stato il principale e spesso unico scopo del suo allevamento. La sua carne viene utilizzata in svariati modi culinari, cotta con tecniche simili a quelle della carne bovina, oppure utilizzata per farne salumi di vario genere o per utilizzarne il solo grasso, a seconda del taglio. Si usano in cucina anche alcune frattaglie, fra cui il cervello, il fegato, il sangue (come, ad esempio, nel migliaccio pistoiese) e addirittura i piedi. Le varie forme culinarie di utilizzo possono variare da paese a paese e, all'interno dello stesso, da regione a regione. Nemmeno il grasso distribuito nella parte interna del maiale viene sprecato: si tratta della sugna, che viene fusa e poi utilizzata in vari modi, tra i quali la ricopertura della parte magra del prosciutto nella fase di stagionatura di quest'ultimo. In Italia la cottura delle carni avviene quasi sempre in padella o sulla griglia, mediante frittura o a fuoco lento nella preparazione di arrosti e brasati. Nei paesi nordici quali Germania e Austria parti delle carni di maiale idonee vengono anche servite bollite.

mercoledì 15 gennaio 2025

Corso di cucina: 15 I TAGLI DELLE CARNI DEGLI OVINI


🐑 I tagli della carne ovina spiegati come in una chiacchierata a tavola

Quando si parla di carne ovina – che sia agnello, pecora o castrato – entriamo in un mondo antico e saporito, fatto di tradizione, ricette popolari e piatti da festa. Ogni taglio ha la sua personalità, i suoi segreti e persino il suo carattere, come se la carne parlasse e dicesse: “Ehi, io rendo al meglio in forno!” oppure “No, no, io voglio solo la pentola con il fuoco lento e il vino rosso!”.

Vediamoli uno per uno, immaginandoli come protagonisti di una brigata di cucina.


🍖 La coscia: la regina elegante

È il taglio più scenografico. Intera, soprattutto quando parliamo di agnello giovane, è perfetta per gli arrosti domenicali, quelli che fanno riunire tutta la famiglia. Può essere anche tagliata a pezzi per brasati ricchi e profumati. E non dimentichiamo che da qui nascono salumi pregiati come il prosciutto d’agnello, raro ma delizioso.
👉 È la parte che si mette in tiro per le grandi occasioni.


🍴 Il carré: il principe mondano

Conosciuto anche come costolette, è il taglio che fa bella figura alla griglia o in padella. È tenero, raffinato, pregiato. Il carré intero è spettacolare, ma già dividerlo in costolette è una festa: croccanti fuori, succose dentro.
👉 È il taglio che ama i riflettori, sempre pronto per la brace.


🥩 La sella: il gentiluomo discreto

Parte posteriore, tenerissima, molto versatile. Va bene per arrosti, brasati, ma anche tagliata a fettine sottili come bistecche delicate. È meno appariscente della coscia, ma non meno preziosa.
👉 È il taglio che non fa rumore ma conquista.


🍲 La spalla: il lavoratore instancabile

Un taglio saporito, un po’ più fibroso, che dà il meglio di sé con cotture lente: spezzatini, stufati, arrosti succosi. Se fosse una persona, sarebbe quello che non si lamenta mai e porta avanti il lavoro con pazienza.
👉 È il taglio “comfort food”, che sa di casa e di tradizione.


🧅 Il collo: il filosofo grassottello

Un po’ più grasso degli altri tagli, ma proprio per questo è perfetto per spezzatini e ragù pieni di sapore. Se disossato, diventa un ottimo arrosto rustico.
👉 È il taglio che ama i tempi lunghi, come chi riflette davanti al camino.


🥘 Il petto: lo stratega delle lunghe attese

È un taglio che non ama la fretta: richiede cotture lente e umide. Può essere arrotolato, farcito e cotto al forno, oppure lasciato sobbollire a lungo in pentola.
👉 È il taglio che ti insegna la pazienza e poi ti ricompensa con bontà.


🫀 Il quinto quarto: il ribelle gourmet

Qui entrano in scena cuore, fegato, rognoni e altre parti meno “nobili”, ma in realtà amatissime da chi cerca i sapori autentici. Sono tagli che sanno di tradizione contadina, di cucina povera diventata ricca di gusto.
👉 È il taglio rock, quello che non segue le mode ma detta le regole del sapore.


🔍 I tagli anatomici “tecnici” della coscia

Dentro la coscia ci sono delle vere gemme:

  • Fesa interna: magra e versatile, perfetta per fettine e scaloppine.
  • Girello di coscia: taglio elegante, magro, ideale per roast-beef e arrosti.
  • Scamone: muscolo vicino all’anca, ottimo per involtini e persino tartare.
  • Noce: grande e compatta, perfetta per fettine o arrosti da manuale.

🔥 Consigli pratici per cucinare

  • I tagli pregiati (coscia, carré, sella) vogliono cotture veloci e intense: griglia, padella, forno. Sono come cavalli di razza: se li tieni troppo, perdono slancio.
  • I tagli più duri (spalla, collo, petto) hanno bisogno di tempo: brasati, stufati, umidi. Qui serve il calore lento che trasforma fibre tenaci in morbidezza irresistibile.
  • La carne ovina in generale ama il calore prolungato e la convivialità: non è mai una carne da “spuntino veloce”, ma da tavola piena e bicchieri alzati.

👉 In sintesi: la carne ovina è un grande racconto di pazienza e festa, di piatti antichi e moderni, di tagli che vanno conosciuti e rispettati. Perché in cucina, come nella vita, ogni parte – anche la più umile – può diventare protagonista.


ABBACCHIO

L'abbacchio è un agnello giovane, lattante o slattato da poco, destinato al macello.
Sull'origine del termine ci sono discordanze: quella puramente etimologica lo fa risalire ad abecula o avecula, a sua volta derivante da ovacula o ovecula, diminutivo del latino ovis (pecora); altra interpretazione fa derivare il termine da ad baculum, "vicino al bastone", ad indicare l'agnello da latte, non ancora svezzato e che, in quanto tale, si usa tutt'oggi legare ad un bastone conficcato nel terreno (ad baculum), al fine di costringere la madre a rimanere nei pressi senza allontanarsi; l'altra popolana dal termine abbacchiare, nel senso di abbattere, uccidere con il bastone (dal latino baculum, quindi un agnello che è prossimo all'abbattimento "ad baculum", "vicino al bastone").
In tutta la fascia centrale dell'Italia, Sardegna compresa, la pastorizia era la principale fonte di approvvigionamento di carne; nell'antichità si macellavano soprattutto montone e pecora adulta. La macellazione dell'agnello era vietata, tranne che nel periodo di Pasqua e fino a giugno.
Gli agnelli o abbacchi originariamente erano destinati alla mensa dei giudei e a quella dei meno abbienti, perché la loro carne era considerata di basso livello. Oggi la tradizione culinaria laziale, abruzzese e sarda della carne ovina è soprattutto rivolta all'agnello, che viene offerto non solo nel periodo pasquale (quando la macellazione di tali ovini è detta sbacchiatura), ma anche durante le festività natalizie.
La maggior parte dell'agnello è di produzione italiana, ma esiste una quota significativa (congelata) di importazione neozelandese.
Secondo la classificazione dell'Agnello di Sardegna IGP:
l'abbacchio è un agnello da latte che ha poco più di un mese di vita e fino a 7 chili di peso (media 4-6 kg), peso raggiunto spesso forzando lo sviluppo dell'animale;
agnello leggero, dai 7 ai 10 chili di peso;
agnello da taglio, dai 10 ai 13 chili.

CAPRA
La capra domestica (Capra hircus Linnaeus, 1758 o, per alcuni autori, Capra aegagrus hircus) è il discendente addomesticato dell'egagro (Capra aegagrus) dell'Asia Minore e dell'Est europeo. L'esemplare maschio è detto becco, capro, caprone o, più raramente, irco.
La carne di capra ha un sapore piuttosto simile alla carne d'agnello, al punto che alcuni paesi asiatici usano un'unica parola per descriverle entrambe; tuttavia, a seconda dell'età e delle condizioni dell'animale prima di morire, la carne può assumere tonalità simili alla selvaggina. Dal punto di vista nutrizionale, la carne di capra contiene meno grassi e colesterolo di quella di pecora; su questo piano è paragonabile alla carne di pollo, anche se in generale è meno grassa delle altre carni, poiché le capre non hanno depositi di grasso inframuscolari. Rispetto alle altre carni rosse, la carne di capra dev'essere cotta più a lungo e a temperature più basse; poco considerata nei paesi occidentali, è molto apprezzata invece in Medio Oriente, Asia meridionale, Africa, Brasile nord-orientale e nell'area caraibica.
Oltre alla carne, altre parti della capra commestibili sono il cervello, il fegato e, nei capretti, alcuni tratti dell'intestino. La testa e le zampe, pulite ed affumicate, vengono usate per preparare zuppe.
In Lombardia tra i prodotti agroalimentari tradizionali è ricompreso il violino di capra, cosce e spalle conservate mediante salatura a umido, affumicatura ed essiccazione.
Il latte e lo yogurt di capra sono molto apprezzati da persone con problemi di digestione del latte vaccino, in quanto è più facilmente digeribile, avendo composizione molto simile al latte umano; pur avendo un minore contenuto di lattosio, il suo consumo è però sconsigliabile a chi soffre di intolleranza verso questo zucchero.[4]Se il becco non viene separato per tempo dalle femmine, il latte risulterà avere un odore più forte e deciso, sgradevole per alcuni.
Il latte di capra può essere lavorato per ottenere burro, formaggi e ricotte: il burro caprino è sempre bianco, in quanto nelle capre il carotene (che dà il caratteristico colore giallo al burro vaccino) viene trasformato in un precursore della vitamina A.
I formaggi di capra annoverano, fra gli altri, il caprino e la feta.
Un detto popolare ritiene che la lana caprina non esista, dato che solitamente è la pecora ad essere tosata.
Con l'espressione "questioni di lana caprina" ci si riferisce al voler indagare se le capre abbiano il pelo o la lana: quando si vuol criticare qualcuno che discute di argomenti (apparentemente) futili, si dice che perde tempo intorno a "questioni di lana caprina".
In realtà, le capre diffuse in zone assai fredde spesso sono ricoperte da una soffice peluria isolante oltre ad un primo strato di lana più ruvida. Tale peluria viene utilizzata per produrre vari tipi di lana, di cui la più nota è il cashmere. Si ricorda anche il mohair.
L'animale non dev'essere ucciso per tagliare la lana, che può essere tosata o strappata.
La carne di capra è la carne della capra domestica o selvatica.
Rispetto alle altre carni rosse, la carne di capra dev'essere cotta più a lungo e a temperature più basse; poco considerata nei paesi occidentali, è molto apprezzata invece in Medio Oriente, Asia meridionale, Africa, Brasile nord-orientale e nell'area caraibica.
In Calabria e in Basilicata, nel periodo natalizio e pasquale, è abitudine cucinare capretto e non agnello.
La carne di capra ha un sapore piuttosto simile alla carne d'agnello, al punto che alcuni paesi asiatici usano un'unica parola per descriverle entrambe; tuttavia, a seconda dell'età e delle condizioni dell'animale prima della macellazione, la carne può assumere tonalità simili alla selvaggina.
Dal punto di vista nutrizionale, la carne di capra è ricercata per il suo basso contenuto lipidico; in generale è meno grassa delle altre carni, poiché le capre non hanno depositi di grasso inframuscolari. Su questo piano è paragonabile alla carne di pollo.
Nelle carcasse infatti la percentuale di tessuto magro è pari al 60-65%, mentre quella di tessuto grasso si aggira attorno al 12-14%, inferiore a quella che si riscontra in altre carni rosse.
Oltre alla carne, altre parti della capra commestibili sono il cervello, il fegato e, nei capretti, alcuni tratti dell'intestino. La testa e le zampe, pulite ed affumicate, vengono usate per preparare zuppe.
In Lombardia tra i prodotti agroalimentari tradizionali è ricompreso il violino di capra: cosce e spalle conservate mediante salatura a umido, affumicatura ed essiccazione.
La capra e fagioli è un saporito stufato tipico della cucina dell'estremo ponente ligure.
Alcune ricette prevedono la possibilità di usare tanto la carne di pecora che quella di capra, per esempio l'aneloto, una preparazione abruzzese di interiora di agnello o capretto, o la mucisca molisana, carne di pecora o capra salata essiccata al sole e condita con erbe aglio e peperoncino.

CAPRIOLO
Il capriolo (Capreolus capreolus, Linnaeus, 1758) è un ungulato che vive in Europa e Asia. Ha palchi corti, in genere con tre punte per lato nei soggetti adulti. Il corpo è di un colore tra il rosso ed il marrone, il muso verso il grigio. E' molto veloce e vive su altopiani e montagne, sebbene originariamente fosse prevalentemente prevalentemente nelle pianure. 
La carne di capriolo è molto amata e non soltanto per il suo sapore. Questo tipo di selvaggina possiede un piacevole aroma selvatico, anche se meno accentuato rispetto alla carne di cervo. Inoltre è ricca di preziose sostanze nutritive: è sorprendente quanto la carne di capriolo sia povera di grassi e ricca di proteine, di vitamine del gruppo B e di ferro.
Il fatto che la carne di capriolo non provenga da allevamenti intensivi è per molti amanti della carne, un grande punto a favore sia per la qualità, sia per il suo gusto intenso e naturale.

PECORA
La pecora (Ovis aries Linnaeus, 1758) è un mammifero della famiglia dei Bovidae. Si tratta di un animale addomesticato in epoca antichissima, diffuso attualmente in ogni continente. Vive principalmente in greggi, per gestire i quali l'uomo si affida spesso a cani pastore. Il nome pecora (lat. pecus "bestiame di piccolo taglio" passato poi a identificare un singolo animale) è riservato all'adulto femmina, il maschio della specie è chiamato anche montone, mentre il piccolo è denominato agnello fino a un anno di età. L'età di una pecora si stabilisce dal grado di usura degli incisivi, che come in tutti i bovidi sono presenti esclusivamente nella mandibola, mentre la mascella presenta nella zona corrispondente una formazione ossea continua. Gli agnelli, alla nascita, hanno otto denti da latte provvisori. A un anno i due incisivi frontali sono sostituiti da quelli permanenti; all'età di due anni si aggiungono altri due incisivi permanenti e fra i 3-4 anni si completa la dentizione permanente per arrivare intorno al quarto anno d'età agli otto incisivi definitivi. La pecora è di carattere timido ma, al contrario di quanto si possa pensare, è molto intelligente, dotata di buona memoria e facilità di apprendimento. Generalmente il vello delle pecore è marcatamente folto e fitto, estremamente riscaldante e di rapida crescita; è solitamente di colore bianco, biancastro, bianco sporco, talvolta anche nocciola. Spesso nei piccoli agnelli il pelo, non ancora lanoso, può essere transitoriamente molto scuro, quasi nero. 
La carne ovina è la carne ricavata dalla macellazione della pecora domestica. È chiamata anche carne di pecora, ma tale espressione si riferisce in modo più specifico alla carne di femmina adulta a fine carriera, mentre la carne ovina comprende anche quella di agnello da latte (abbacchio), agnellone e montone.
Il nome pecora (dal latino pecus, "bestiame di piccolo taglio", passato poi ad identificare un singolo animale) è riservato in senso stretto all'adulto femmina.
Le principali denominazioni sono:
agnello, il piccolo fino a un anno di età. Solo una parte degli agnelli viene destinata alla riproduzione, e questi ultimi vengono allevati principalmente per la carne, di colore bianco-rosato e ritenuta più tenera di quella degli esemplari adulti; si definiscono in particolare agnelli da latte gli animali che hanno un peso alla macellazione inferiore ai 15 kg, agnelli leggeri quelli che hanno un peso compreso fra i 15 e i 25 kg e agnelloni quelli che superano i 25 kg. L'agnello bianco o maturo è quello che viene macellato fra i 2-3 e i 5-6 mesi di vita dopo essere stato nutrito solo di erba, fatto che fornisce alla sua carne un sapore forte e aromatico.
abbacchio è il nome dato in molte zone dell'Italia centrale all'agnello da latte, cioè con poco più di un mese di vita.
ariete o montone indica invece il maschio, macellato dopo almeno un anno di vita (solitamente intorno ai due e mezzo);
castrato indica invece il maschio castrato a un mese di età, macellato di solito alla stessa età del montone di cui comunque non raggiunge il peso, anche se può superare i 20 kg.
La carcassa dell'animale decapitato e privato degli zoccoli viene commercializzata come tale o svuotata del cuore e di organi molli quali polmoni, reni, fegato ed intestini.
Dal punto di vista merceologico, gli animali possono essere acquistato al dettaglio o con tagli di circa la metà dell'animale, che prendono il nome di mezzena, ovvero la parte che si ottiene da una sezione longitudinale all'altezza della colonna vertebrale, oppure sella e busto, ovvero i tagli posteriore e anteriore ottenuti per sezione trasversale a livello dell'ottavo spazio intercostale.
Le mezzene vengono eventualmente suddivise in quarti, da cui poi si ricavano i tagli più specifici, analoghi a quelli delle carni caprine, che sono:
collo, che insieme con la spalla costituisce il quarto anteriore;
petto, la parte più grassa dell'agnello;
spalla, la porzione superiore dell'arto anteriore (più soda e gelatinosa del cosciotto);
carré, il dorso o porzione anteriore dell'animale con le costole;
costole o costine;
filetto, ovvero la parte inferiore delle costole;
sella, ovvero la continuazione del carré, i fianchi dell'animale, che va costole ultime costolette del carrè fino alla coda o all'attaccatura del cosciotto;
cosciotto, ovvero agli arti posteriori, una dei tagli più magre;
barone, un taglio che comprende la metà posteriore dell'animale (cosciotti e sella);
La parte più pregiate sono considerate il carré (e quindi le costole), la sella, il cosciotto (e quindi il barone) e il filetto.
Sebbene ogni taglio abbia un metodo di cottura più adeguato, la cottura della carne ovina in generale richiede tempi medi o lunghi e viene usualmente servita calda.
Cottura a umido
La carne usata per stufati, lessi e brasati proviene generalmente dai tagli meno pregiati dell'animale, quali la pancia e il collo (talvolta la spalla), che contengono alte percentuali di tessuto adiposo e connettivo, sono duri e gelatinosi, e devono quindi sottostare a lunghe cotture.
Carré e Scottadito
Il carré, uno dei tagli più pregiati dell'agnello, viene spesso cotto arrosto intero o disossato, e servito a volte intero dato il suo effetto scenografico. Viene tuttavia spesso tagliato per ricavarne le costolette, che vengono passate a fuoco vivo sulla griglia e prendono il nome di "scottadito". Le costolette sono in genere tagliate abbastanza spesse per evitare che induriscano troppo durante la cottura.
Arrosto
Le carni di agnello come quelle di capretto, se cucinate arrosto, richiedono una temperatura di circa 200 °C e un tempo di cottura proporzionale al loro peso (circa 40-50 minuti per kg di carne). Le carni di montone necessitano di temperature anche più elevate.
Solitamente in arrosto vengono preparato il cosciotto, marinato con vino o erbe aromatiche, o il petto, disossato.
Prosciutto
Il prosciutto di pecora, ricavato dalle cosce, ha un peso variabile a fine stagionatura fra 1,5 e 2 kg ed un colore scuro. È tipico della Sardegna.
Carne di pecora affumicata
È tipica della conca lamonese-sovramontina, in Veneto. Viene preparata a partire dalle carcasse (del peso morto di 28–35 kg), in particolare di agnello, agnellone o di castrato della razza autoctona di Lamon o di agnelloni derivati da incroci di quest'ultima con arieti di razza Bergamasca o Biellese. Per prepararla, la carcassa dell'animale viene frollata per due settimane, poi macellata con l'aggiunta di sale e pepe e dopo due giorni di riposo affumicata per circa sei ore in apposite stufe dove bruciano trucioli di faggio e foglie di ginepro. Viene servita come carpaccio.
Ricette a base di carne di pecora o di capra
Alcune ricette prevedono la possibilità di usare tanto la carne di pecora che quella di capra, per esempio l'aneloto, una preparazione abruzzese di interiora di agnello o capretto, o la mucisca molisana, carne di pecora o capra salata essiccata al sole e condita con erbe aglio e peperoncino.