Le testimonianze di questo antico condimento risalgano addirittura a Virgilio che lo descrive nelle Georgiche.
La produzione dell’aceto balsamico, conosciuto e
riconosciuto in tutto il mondo per la sua prelibatezza nell’accompagnare piatti
salati e non, si compone di 3 passaggi fondamentali:
-
la raccolta dell’uva
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la pigiatura e la cottura del mosto
-
l’invecchiamento
Le viti più idonee sono quelle
del Lambrusco e del Trebbiano, entrambi presenti nella provincia Modenese. Il
secondo passaggio è quello che richiede la cottura del mosto che deve avvenire
quasi in contemporanea con la raccolta dell’uva. Questa va cotta a “vaso aperto”
(cioè letteralmente in una sorta di calderone, una vera caldaia, senza
coperchio) e tanto a lungo da raggiungere una concentrazione del 50%. Il mosto
viene travasato nelle cosiddette “batterie”, tanti piccoli barili di legni e
volumi diversi – ognuno marchiato a fuoco e catalogato nel registro delle botti
destinate all’aceto - posti una accanto all’altro e comunicanti, collocati come
una volta nel sottotetto (un tempo quelli delle abitazioni) e lasciati
invecchiare. Con il passare del tempo, ogni anno, il barile più piccolo ha
pronto qualche litro mentre il mosto dei barili più grandi che ormai si è
ridotto viene reintegrato con del nuovo e cosi via, anno dopo anno in un
processo che si ripete ormai da secoli. I successivi controlli su tutta la
filiera certificano poi da parte di un ente predisposto il marchio DOP di Aceto
Balsamico Tradizionale di Modena.