ALCAMO


L'Alcamo è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Trapani e Palermo.
Nasce nelle colline che da Alcamo arrivano fino a Calatafimi Segesta, con il tempo si estende anche ai territori dei comuni viciniori.
Tipologie
Alcamo Bianco
Alcamo Bianco spumante
Alcamo Bianco classico
Alcamo Bianco vendemmia tardiva
Alcamo Catarratto
Alcamo Ansonica o Inzolia
Alcamo Grillo
Alcamo Grecanico
Alcamo Chardonnay
Alcamo Müller Thurgau
Alcamo Sauvignon
Alcamo Rosato
Alcamo Rosato spumante
Alcamo Rosso
Alcamo Rosso riserva
Alcamo Rosso novello
Alcamo Calabrese o Nero d’Avola
Alcamo Cabernet Sauvignon
Alcamo Merlot
Alcamo Syrah
Alcamo Bianco
Alcamo Bianco spumante
Alcamo Bianco classico
Alcamo Bianco vendemmia tardiva
Alcamo Catarratto
Alcamo Ansonica o Inzolia
Alcamo Grillo
Alcamo Grecanico
Alcamo Chardonnay
Alcamo Müller Thurgau
Alcamo Sauvignon
Alcamo Rosato
Alcamo Rosato spumante
Alcamo Rosso
Alcamo Rosso riserva
Alcamo Rosso novello
Alcamo Calabrese o Nero d’Avola
Alcamo Cabernet Sauvignon
Alcamo Merlot
Alcamo Syrah
ALGHERO

L'Alghero è un vino DOC che prende il nome dalla città sarda nella cui zona è prodotto. Tale vino può essere prodotto in tutta la provincia di Sassari; i comuni dove viene prodotto sono, oltre Alghero, quelli di Ittiri, Olmedo, Ossi, Tissi, Uri, Usini e parte di quello di Sassari.
Alghero bianco
Alghero Chardonnay
Alghero Chardonnay spumante
Alghero frizzante bianco
Alghero passito
Alghero Sauvignon
Alghero spumante bianco
Alghero Torbato
Alghero Torbato spumante
Alghero Vermentino frizzante
Rosati
Alghero frizzante rosato
Alghero rosato
Rossi
Alghero Cabernet
Alghero Cagnulari
Alghero liquoroso
Alghero novello
Alghero rosso
Alghero Sangiovese
Alghero spumante rosso
Il Cannonau (altrimenti detto Cannonao, Cannonadu o Canonau) è il vitigno a bacca nera più diffuso in Sardegna.
La coltivazione di questo vitigno è diffusa in tutta l'isola ma concentrata nelle zone più centrali del territorio. Fino a poco tempo fa non se ne conosceva con certezza l'origine e la maggior parte degli esperti erroneamente lo riteneva importato dalla penisola iberica. Tuttavia recenti studi hanno dimostrato la sua endemicità, infatti resti di vinaccioli risalenti a 3200 anni fa sono stati ritrovati in diverse zone dell'isola (ad esempio a Sa Osa - nella valle del Tirso, sulle colline di Sardara - a nord di Cagliari, a Villanovafranca e nel villaggio nuragico Duos Nuraghes di Borore in provincia di Nuoro), facendo del Cannonau il vino più antico del Bacino del Mediterraneo."Il risultato di analisi già condotte da laboratori spagnoli hanno dimostrato che il Cannonau, Il cui vitigno ritenevano gli esperti fosse stato importato nel '400 dalla Spagna, ha in realtà origini autoctone".
Storia
I recenti ritrovamenti di antichi vinaccioli di cannonau in vari siti archeologici della Sardegna hanno permesso di riscrivere parte della storia dell'origine della domesticazione della vite in Italia e nel Mediterraneo. Da ultimo, in occasione degli scavi condotti nel 2002 a Borore nel sito archeologico di Duos Nuraghes, sono stati rinvenuti centinaia di vinaccioli di vite (i semi contenuti in un acino d'uva), antichissimi, carbonizzati dal tempo, databili intorno al 1200 avanti Cristo, 3.200 anni fa. Questa scoperta - che ha portato alla ribalta nazionale il sito di Duos Nuraghes - oltre a dimostrare che le popolazioni nuragiche coltivavano la vite e producevano vino, ha permesso di capire che il "cannonau sardo, che fino ad oggi si pensava fosse stato importato dalla Spagna, è di una varietà diversa da quella iberica e potrebbe essere nato in Sardegna".
La teoria storica ufficiale fino alle recenti scoperte sui vinaccioli sardi raccontava che la domesticazione della vite, nata nell'area del Caucaso e della Mesopotamia, venne trasferita progressivamente in Anatolia e in Egitto, da qui nelle isole egee, in Grecia e nel resto dell'Europa, infine grazie ai Fenici arrivò nel Mediterraneo Occidentale ed in Sardegna. Oggi, con le recenti scoperte archeologiche, si può affermare con certezza che con l'arrivo dei Fenici, in Sardegna la coltivazione e domesticazione della Vitis vinifera era già conosciuta.
Cannonau di Sardegna
Dalle uve cannonau si produce prevalentemente il vino DOC Cannonau di Sardegna, rosso o rosato, ottenuto per il 99% di uve Cannonau e il restante 1% massimo da uve di produzione locale. L'invecchiamento obbligatorio minimo di questo vino è di un anno, del quale, almeno 6 mesi, trascorsi in botti di rovere o castagno.
Cannonau di Sardegna rosso
Sottodenominazioni
Cannonau di Sardegna Capo Ferrato se le uve provengono dai territori comunali di Castiadas, Muravera, San Vito, Villaputzu e Villasimius (provincia di Cagliari)
Cannonau di Sardegna Jerzu se le uve provengono dai comuni di Jerzu, Ulassai, Osini, Tertenia e Cardedu (provincia d'Ogliastra)
Occorre precisare che il Cannonau di "Jerzu" ha la sua storia produttiva in Ogliastra. Jerzu però, a causa della morfologia del terreno, nel proprio territorio comunale ha poche vigne, le quali non sarebbero in grado di soddisfare la produzione presente sul mercato. Ne discende che le uve appena vendemmiate sono trasportate presso le cantine che hanno sede sìa, nel territorio comunale di Jerzu, (Cantina di Jerzu, sita nel paese, oppure le cantine del "Perda Rubia" sita più a valle lungo il percorso della strada statale 125 Orientale Sarda, ed altre di più contenute dimensioni), da qui il nome di "Cannonau di Jerzu". In realtà le uve sono coltivate nei territori di: Jerzu; Tertenia a ridosso del paese e a mare dello stesso, ma specialmente dalle zone a sud di quest'ultimo paese fino alle campagne di "Quirra" e poi nel territorio comunale di Cardedu, quelle invece considerate di montagna sono presenti a Ulassai.
Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena (o Oliena) se le uve provengono dal territorio comunale di Oliena e, in parte, di Orgosolo (provincia di Nuoro)
Riserva
Con un invecchiamento di due anni (di cui almeno 6 mesi in botti di castagno o rovere) e una gradazione minima del 13% può portare la qualifica riserva.
Cannonau di Sardegna rosso riserva
Cannonau di Sardegna Capo Ferrato riserva
Cannonau di Sardegna Jerzu riserva
Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena riserva
Rosato
Tramite la fermentazione in bianco si produce il tipo rosato dal colore rosa brillante.
Cannonau di Sardegna rosato
Liquoroso
Il tipo liquoroso si ottiene con l'aggiunta di alcol di origine viticola al mosto o al vino naturale.
Cannonau di Sardegna liquoroso secco con una gradazione alcolica del 18% svolto e con zuccheri residui non superiori a 10 g/l
Cannonau di Sardegna liquoroso dolce naturale con gradazione alcolica del 16% svolto, con zuccheri residui di 50 g/l e un invecchiamento di due anni in botti di rovere o castagno
NERO D'AVOLA
Il Vermentino di Gallura è un vino DOCG la cui produzione è consentita nelle province di Olbia-Tempio e Sassari. Vitigni con cui è consentito produrlo: Vermentino: 95,0% - 100,0%, altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna: 5,0% Tecniche di produzione: Sono idonei solo i terreni costituitisi per disfacimento granitico e situati a un’altitudine non superiore ai 500 m s.l.m. Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 3 250 ceppi/ha. È vietata ogni pratica di forzatura, ma consentita l'irrigazione di soccorso. Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona DOCG, ma sono ammesse eccezioni per i comuni limitrofi. Il vino non può essere commercializzato prima del 15 gennaio successivo all'annata di produzione delle uve.
NERO D'AVOLA

Il Nero d'Avola è un vino rosso da taglio prodotto in tutto il territorio della Sicilia, dall'omonimo vitigno. Attualmente Nero d'Avola non esiste più come Denominazione autonoma, ma può essere inserita nelle etichette dei vini che sono prodotti con uva dell'omonimo vitigno. Tali vini sono riportati nella Categoria:Vini DOC e DOCG prodotti con uva Nero d'Avola a cui si rimanda.
La sua commercializzazione su scala industriale risale agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso. È considerato un vino da taglio, data la sua elevata gradazione alcolica, che raggiunge facilmente i 15 gradi. Nonostante ciò alcune aziende siciliane decisero di farne un vino da tavola con nuove tecniche di vinificazione più rispondenti alle esigenze del mercato che prevedevano una diminuzione del grado zuccherino ed un aumento dell'acidità. Da allora è coltivato anche fuori dalla Sicilia e dall'Italia, per esempio in California e in Australia. La zona più vocata per il nero d'Avola è l'area a sud-est della Sicilia compresa nei territori di Noto e Pachino, con le contrade di Buonivini, Bufalefi, Maccari, Archi. In questa zona negli ultimi dieci anni si è avuto un vero boom di nuove imprese, provenienti anche da fuori Sicilia, che hanno investito nell'impianto di nuovi vigneti, preferibilmente allevati a controspalliera o con il tradizionale alberello, più costoso e meno produttivo, ma con rese qualitativamente superiori dal punto di vista organolettico e del potenziale d'invecchiamento. Il Nero d'Avola si presenta alla vista di un gradevole rosso rubino, più o meno intenso a seconda delle tipologie del vigneto, della sua giacitura e dell'invecchiamento, ha un gusto con sentori di bacca, di ciliegia, prugna, nelle migliori zone presenta note speziate e balsamiche. Va servito a 15-18 °C e si abbina a carni rosse, arrosti e formaggi stagionati.
MARSALA

Il Marsala è un vino liquoroso a Denominazione di Origine Controllata (DOC) prodotto in Sicilia, nella provincia di Trapani, con esclusione dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo.

Il Marsala è un vino liquoroso a Denominazione di Origine Controllata (DOC) prodotto in Sicilia, nella provincia di Trapani, con esclusione dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo.
La versione più accreditata sulla nascita del Marsala come vino liquoroso (o fortificato) è incentrata sulla figura del commerciante inglese John Woodhouse il quale nel 1773 approdò con la nave su cui viaggiava nel porto di Marsala.
Secondo la tradizione, durante la sosta egli ebbe modo, insieme al resto dell'equipaggio, di gustare il vino prodotto nella zona, che veniva invecchiato in botti di legno di rovere assumendo un gusto analogo ai vini spagnoli e portoghesi molto diffusi in quel periodo in Inghilterra.
In realtà gli inglesi ben conoscevano i vini dell'agro marsalese, in quanto da decenni si fermavano nello specchio d'acqua antistante il porto di Marsala per caricare con l'ausilio di apposite barche a basso pescaggio, detti schifazzi, varie vettovaglie, acqua, viveri e, per l'appunto, i vini. È doveroso ricordare che all'epoca il Mediterraneo era assai frequentato da imbarcazioni inglesi, spagnole e francesi, che si contendevano il predominio di Mare Nostrum: Malta diventò terra inglese nel 1800. Il metodo di invecchiamento utilizzato dalla gente del luogo, denominato in perpetuum, consisteva nel rabboccare le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l'anno con il vino di nuova produzione, in maniera da conservarne le caratteristiche.
Il vino così trattato piacque a tal punto che Woodhouse decise di imbarcarne una cinquantina di barili, addizionandolo però con acquavite di vino, al fine di elevarne il tenore alcolico e di preservarne le caratteristiche durante il lungo viaggio in mare.
Quel vino siciliano meno costoso riscosse in Inghilterra un grande successo, tanto che Woodhouse decise di ritornare in Sicilia e di iniziarne la produzione e la commercializzazione, utilizzando per l'affinamento il metodo soleras.
Il metodo soleras, già conosciuto in Portogallo ed in Spagna per la produzione rispettivamente del Madeira e dello Sherry, consisteva nel disporre delle botti di rovere su alcune file sovrapposte, iniziando a riempire di vino solo le botti più in alto; dopo un anno una parte del vino veniva travasato nelle botti che si trovavano al livello inferiore, e quelle superiori venivano riempite con il nuovo vino, ed il procedimento si ripeteva di anno in anno; in tale maniera il vino che si trovava nelle botti alla base, pronto per il consumo, risultava composto da uve di annate diverse, e di anno in anno si arricchiva di particolari sapori.
Nel 1833 l 'imprenditore palermitano, di origine calabrese, Vincenzo Florio, iniziò a Marsala la produzione di vino Marsala in concorrenza con le aziende inglesi, fondando le Cantine Florio. Nel 1853 la produzione del Marsala ammontò a 6.900 botti, di cui il 23% prodotto dalle cantine Florio, il 19% dalle cantine Woodhouse ed il 58% dalle cantine Ingham & Whitaker. Successivamente la Florio acquisì lo stabilimento Woodhouse, divenendo il primo produttore. Nacquero anche produttori locali: Don Diego Rallo (1860), Vito Curatolo Arini (1875) e la Carlo Pellegrino (1880), ancora oggi tra i maggiori produttori di marsala. Nel 1920 la Cinzano acquisì le cantine Florio e diversi stabilimenti, unificando la produzione sotto il marchio Florio.
La fortuna del vino Marsala ha conosciuto alterne vicende. Una grave crisi attraversò la città e il suo vino dopo la prima guerra mondiale soprattutto per l'operare di commercianti privi di scrupoli che sfruttavano la fama del Marsala per vendere prodotti di qualità scadente.
Per questo, già nel 1931 venivano mossi i primi passi verso una legislazione che proteggesse il Marsala originale dalle imitazioni e che ne circoscrivesse la zona di produzione, e fu tutelato dal governo, con un decreto degli allora ministri Acerbo e Bottai (D.M. 15 ottobre 1931).
Il vino Marsala è stato il primo vino DOC della storia vinicola italiana. Un grande orgoglio per quanti lo producono e per tutto il territorio è stato infatti il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel 1969. Il disciplinare di produzione è stato aggiornato nel 1986 e nel 1995.
Un Consorzio per la tutela del vino Marsala DOC è nato nel 1963 ad iniziativa dei produttori, e riconosciuto nel 2003 dal ministero delle Politiche agricole.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Marsala oro e ambra: Grillo e/o Catarratto e/o Ansonica (detto localmente Inzolia) e/o Damaschino;
Marsala rubino: Perricone (localmente chiamato Pignatello) e/o Nero d'Avola e/o Nerello mascalese e/o (fino al 30% delle uve impegnate in totale) le uve a bacca bianca previste per i Marsala oro ed ambra.
Come forme di coltivazione di tali vitigni sono ammesse tutte quelle "verticali", come spalliera e controspalliera, ma è particolarmente raccomandato l'"alberello".
Sono inoltre vietate tutte le pratiche di "forzatura", ma con l'eccezione della irrigazione di soccorso.
La resa massima di uve non deve superare le 10 tonnellate per ettaro per i vitigni a bacca bianca ed le 9 tonnellate per ettaro per i vitigni a bacca nera.
Vinificazione
Il Marsala è un vino liquoroso. Durante la fermentazione si effettuano i travasi che favoriscono l'ossidazione del vino; alla fine della fermentazione si procede all'aggiunta di etanolo (alcol etilico) di origine vitivinicola e/o di acquavite di vino, al fine di elevare il tenore alcolico, e dopo si procede all'invecchiamento.
La resa massima delle uve in mosto non deve essere superiore all'80% e quelle delle uve in vino base non superiore al 75%.
Tutte le operazioni di elaborazione a partire dalle uve che sono necessarie per ottenere un Marsala pronto al consumo dopo l'invecchiamento, devon essere effettuate nella zona di produzione.
Il Marsala è un vino liquoroso. Durante la fermentazione si effettuano i travasi che favoriscono l'ossidazione del vino; alla fine della fermentazione si procede all'aggiunta di etanolo (alcol etilico) di origine vitivinicola e/o di acquavite di vino, al fine di elevare il tenore alcolico, e dopo si procede all'invecchiamento.
La resa massima delle uve in mosto non deve essere superiore all'80% e quelle delle uve in vino base non superiore al 75%.
Tutte le operazioni di elaborazione a partire dalle uve che sono necessarie per ottenere un Marsala pronto al consumo dopo l'invecchiamento, devon essere effettuate nella zona di produzione.
Tipi di Marsala
Senza considerare per il momento le vecchie denominazioni che, non più inserite nel disciplinare, sono però tuttora tollerate, il Marsala si presenta oggi sul mercato con due distinte categorie:
Marsala vergine
derivato da sole uve bianche e addizionato, dopo la fermentazione, con solo etanolo di origine vitivinicola e/o acquavite di vino.
il Marsala "vergine" è di due tipologie in funzione del periodo di invecchiamento:
Marsala vergine denominato anche "Marsala soleras", con invecchiamento di almeno cinque anni;
Marsala vergine denominato anche "Marsala soleras", con invecchiamento di almeno cinque anni;
Marsala vergine riserva denominato anche "Marsala soleras riserva" o Marsala vergine stravecchio o Marsala soleras stravecchio, con invecchiamento di almeno dieci anni.
Nonostante quello che si crede o, erroneamente, è anche riportato sul web, il Marsala di questa tipologia mutua solo il nome ma non (più) la tecnica soleras che invece è utilizzata per il jerez e altri pochi famosi vini (fortificati o meno) ottenuti tramite questo metodo. L'invecchiamento del marsala soleras, descritto nel relativo disciplinare DOC, è di tipo ordinario (botte di legno).
Marsala conciato
a cui, dopo la fermentazione, è stato aggiunto:
etanolo
mosto cotto, che influirà sugli aromi ed il colore del vino
mosto cotto, che influirà sugli aromi ed il colore del vino
mistella (o sifone) cioè una miscela di mosto d'uva tardiva che influisce sul grado zuccherino e sui profumi, e mosto concentrato per conferire maggiore morbidezza ai quali si aggiunge etanolo per bloccare la fermentazione.
il Marsala "conciato" deve essere anch'esso sottoposto ad invecchiamento per arrivare alla commercializzazione nei seguenti tipi:
Marsala fine, minimo 1 anno di invecchiamento.
Marsala fine, minimo 1 anno di invecchiamento.
Marsala superiore, minimo 2 anni di invecchiamento.
Marsala superiore riserva, minimo 4 anni di invecchiamento.
Ciascuna delle seguenti denominazioni dà luogo a ulteriori suddivisioni per tenere conto del colore:
oro, prodotto da uve a bacca bianca, è vietata l'aggiunta di mosto cotto.
ambra, prodotto da uve a bacca bianca, con aggiunta di mosto cotto superiore all'1%.
rubino, prodotto da uve a bacca nera, con eventuale aggiunta massima del 30% di uve a bacca bianca; è vietata l'aggiunta di mosto cotto.
e del residuo zuccherino:
secco, con zuccheri inferiori a 40 gr. per litro
semisecco, con zuccheri superiori a 40 gr. per litro e inferiori a 100 gr. per litro
dolce, con zuccheri superiori a 100 gr. per litro
Infine il disciplinare approvato con la legge n.851/1984 prevede che con il termine Cremovo possono essere indicati quei vini aromatizzati che utilizzano almeno l'80% di vino Marsala e una gradazione non inferiore a 16 gradi.
Antiche denominazioni
Il disciplinare di produzione (DPR 2 aprile 1969) prevede la possibilità di aggiungere in etichetta alcune sigle derivanti dalle antiche denominazioni dei vari prodotti.
Il Marsala Fine può riportare la sigla I.P. (Italia Particolare).
Il Marsala Superiore può riportare le sigle S.O.M. (Superiore Old Marsala), L.P. (London Particular), G.D o Garibaldi Dolce. Quest'ultima denominazione risale ad una visita allo stabilimento Florio di Marsala che effettuò il Generale dei Due Mondi nel 1862, dopo l'unificazione dell'Italia. Egli, appassionato di buoni vini ma non particolarmente competente, fu particolarmente colpito da un vino molto dolce ancora in lavorazione e destinato a successivi tagli: in suo onore questo vino entrò in produzione e prese il nome di Garibaldi Dolce.
Alcune denominazioni sono ancora consentite dal Disciplinare, ma solo a corredo della classificazione "ortodossa". Osservando le etichette, potrete ancora ritrovarci impresso "S.O.M.", e leggervi Superior Old Marsala, oppure "G.D.", il Superiore Garibaldi Dolce di cui vi abbiamo già parlato, più raramente "L.P.", London Particular, una altra qualità di Superiore, meno secco del "S.O.M.". Frequentemente, il Marsala Fine si chiamerà, invece, "I.P.", Italian Particular. Altre denominazioni, come "O.P." (Old Particular), C.O.M. (Choice Old Marsala), P.G. (Particular Genuin), P.D. (Pale Dry) ed I.M.(Italian Marsala), ed ancora "Parigi", "Stromboli", "Trinacria", "Margherita", "Erice dolce", insieme a tante altre di cui si è persa qualsiasi traccia, appartengono, ormai, soltanto alla gloriosa Storia di questo vino.VERMENTINO DI GALLURA DOCG

Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino intenso con leggeri riflessi verdognoli
odore: intenso, gradevole
sapore: dal secco all'amabile, talvolta con retrogusto lievemente amarognolo. Nei prodotti affinati in legno il sapore può essere più intenso e persistente, anche con leggere note di vaniglia;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
Abbinamenti consigliati
È apprezzabile come aperitivo se servito fresco.
Ben si accompagna con i primi saporiti della cucina sarda avendo un buon corpo e un'ottima struttura. Viene servito anche con il pesce arrosto, con i molluschi e con i crostacei. Di sicuro interesse è l'abbinamento con il pecorino dolce (preferibilmente sardo).


