venerdì 3 ottobre 2025

Corso da sommelier: 6 Vini abruzzesi molisani pugliesi

6 Vini abruzzesi molisani pugliesi





ALEZIO ROSATO

 

L'Alezio rosato è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Lecce.

Caratteristiche organolettiche
colore: rosa corallo intenso.
odore: vinoso persistente.
sapore: asciutto, armonico, vellutato con leggero retrogusto amarognolo.

BIFERNO
 

Il Biferno è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Campobasso.
Rosso
colore: rubino più o meno intenso.
odore: gradevole, caratteristico.
sapore: asciutto, armonico, vellutato, giustamente tannico.
Rosato
colore: rosa più o meno intenso.
odore: fruttato delicato.
sapore: asciutto, fresco, armonico, fruttato.
Bianco
colore: paglierino con riflessi verdognoli.
odore: gradevole, delicato, leggermente aromatico.
sapore: asciutto, armonico, fresco.
Il Biferno Bianco si gusta in calici svasati a 8-10 °C abbinato a fior di latte, Caciocavallo silano, trote al forno.

BRINDISI ROSSO


Il Brindisi rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Brindisi e si concentra nei comuni di Brindisi e Mesagne.
Se invecchiato almeno due anni e con una gradazione alcolica non inferiore al 12,5% può portare la qualifica di "Brindisi rosso riserva".
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno intenso, con lievi toni arancioni se invecchiato.
odore: vinoso con profumo intenso.
sapore: asciutto, armonico, con retrogusto amarognolo, vellutato e giustamente tannico.

CASTEL DEL MONTE NERO DI TROIA



Il Castel del Monte Nero di Troia riserva è un vino rosso a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) prodotto nei comuni di Minervino Murge, Andria, Trani in provincia di Barletta-Andria-Trani ed i comuni di Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi, Palo del Colle, Toritto, Bitonto, Binetto in provincia di Bari
Vitigni con cui è consentito produrlo
Nero di Troia (detto anche Uva di Troia) minimo 90%. Altri vitigni a bacca nera non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Puglia per la zona di produzione omogenea "Murgia Centrale" nella misura massima del 10%
Tecniche di produzione
Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4 000 ceppi/ha allevati ad alberello o controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l'irrigazione di soccorso. Richiede un invecchiamento minimo di due anni (dal 1º novembre dell'anno di produzione delle uve), di cui almeno uno in legno. Tutte le operazioni di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, debbono essere effettuate nella zona DOCG.
Caratteristiche organolettiche
colore dal rosso rubino al rosso granato con l'invecchiamento;
odore: caratteristico, delicato;
sapore: di corpo, armonico;
zucchero riduttore residuo: non superiore a 10,0 g/l.

MOLISE DI CAMPOBASSO E DI ISERNIA

La storia e la civiltà agricola del Molise hanno tra le proprie singolarità, per riconosciuta e rinsaldata tradizione, i fattori umani legati al territorio agrario che hanno contribuito a produrre uve, con specifiche caratteristiche, per ottenere vini di alta qualità.
La viticoltura, conosciuta già ai tempi dei Greci con un vino denominato Paetrutianum, e Plinio parla di un famoso vino prodotto da una vite chiamata pumula, enunciando parole di elogio per quelli della zona di Isernia, si è consolidata nel medioevo all’ombra del castello feudale, che con il placet del “Signore” era possibile coltivare la vite e poche altre colture per i vassalli e il fabbisogno delle famiglie dei coloni.
L’intero territorio regionale è cosparso di testimonianze che documentano la presenza della vite e la illustre qualità dei vini ottenuti. Le prime notizie dettagliate e ordinate secondo un criterio scientifico, sulla produzione dei vini prodotti in Molise dalle varietà presenti e coltivate, risalgono agli scritti di Raffaele Pepe. Giuseppe del Re, nel 1836, indica che “i vigneti, quasi tutti piantati sopra colli e poggi, formano un totale di 56.948 moggi (circa 4.000 ha), e contengono varie specie di uve, che maturano quali presto quali tardi, ma vanno tutte al posto nei giorni di vendemmia”.Nel 1892, su iniziativa di Angelantuono Baranello, sorge a Ferrazzano la Società Operaia che svolge un’intensa attività di promozione nel sottore agricolo locale. L’influenza dei fattori umani, nel corso dei tempi ha portato alla costituzione di numerose cantine cooperative e cantine private, portando nel contempo a definire aspetti tecnici e produttivi, puntualmente riportati nel vigente disciplinare di produzione, con 34 diverse denominazioni di cultivar diffuse in quasi tutti i comuni della regione Molise.
I vini a denominazione di origine controllata «Molise» o «del Molise» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Molise” Greco Bianco:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino, più o meno intenso;
odore: delicato, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, intenso, armonico.
“Molise” Trebbiano:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino;
odore: delicato, fruttato;
sapore: sapido, fresco ed armonico, anche leggermente vivace.
“Molise” Moscato bianco:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino, più o meno intenso, a volte dorato;
odore: caratteristico, armonico;
sapore: armonico, caratteristico.
 “Molise” Moscato bianco spumante di qualità:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l;
tenore zuccherino: superiore a 32 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino, più o meno intenso, a volte dorato;
odore: intenso, caratteristico, armonico;
sapore: demi-sec o dolce, armonico, fragrante, caratteristico.
 “Molise” Moscato bianco passito:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,0% vol., di cui almeno 13% svolti;
acidità totale minima: 4,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
colore: giallo dorato;
odore: tipico di moscato, aromatico, caratteristico, intenso e delicato;
sapore: dolce, armonico, gradevole.
“Molise” Pinot bianco:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino con riflessi verdolini;
odore: fresco, fruttato;
sapore: delicato ed armonico, a volte leggermente vivace.
 “Molise” Pinot bianco frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino, più o meno intenso, a volte dorato;
odore: intenso, caratteristico, armonico;
sapore: armonico, caratteristico, anche dolce, fragrante.
“Molise” Pinot bianco spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l;
tenore zuccherino: inferiore a 12 g/l.
spuma: fine e persistente
colore: giallo paglierino con riflessi verdolini;
odore: fresco, fruttato;
sapore: brut nature o extra brut o brut, delicato ed armonico.
 “Molise” Rosso:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;
odore: vinoso, intenso, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, armonico, morbido, a volte, leggermente tannico.
 “Molise” Sauvignon:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino, più o meno carico;
odore: delicato, fresco, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, morbido, moderatamente vellutato.
 “Molise” Rosso riserva:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,5% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato;
odore: vinoso, intenso, etereo, pieno, caratteristico;
sapore: ampio, caldo, armonico, morbido, a volte, leggermente tannico.
“Molise” novello:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso;
odore: gradevole, caratteristico;
sapore: morbido, armonico, vellutato.
“Molise” Rosato o Rosato “del Molise”:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;
acidità totale minima: 4,50 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: rosso ciliegia o rosa delicato;
odore: vinoso, fruttato caratteristico;
sapore: secco morbido.
 “Molise” Rosso spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol.;
acidità totale minima: 5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18 g/l;
tenore zuccherino: inferiore a 12 g/l.
spuma: fine e persistente
colore: rosso rubino, più o meno intenso;
odore: gradevole e caratteristico di fruttato;
sapore: brut nature o extra brut o brut, delicato, armonico.
 “Molise” Bianco spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol.;
acidità totale minima: 5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l;
tenore zuccherino: inferiore a 12 g/l.
spuma: fine e persistente
colore: giallo paglierino, più o meno intenso, con eventuali riflessi verdolini o dorati;
odore: gradevole, intenso, con delicati sentori floreali e fruttati;
sapore: brut nature o extra brut o brut, delicato, armonico.
 “Molise” Rosato spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol.;
cidità totale minima: 5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l;
tenore zuccherino: inferiore a 12 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: rosato, più o meno intenso;
odore: gradevole con delicati sentori fruttati;
sapore: brut nature o extra brut o brut, delicato, armonico.
 “Molise” Sangiovese:
titolo alcolometrico volumico minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, talora con riflessi violacei;
odore: vinoso, gradevole, caratteristico;
sapore: asciutto, caldo, delicato retrogusto amarognolo.
 “Molise” Cabernet sauvignon:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;
odore: vinoso, intenso, gradevole, caratteristico;
sapore: robusto, vivace ed armonico.
 “Molise” Aglianico:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,5% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, talora con riflessi violacei;
odore: vinoso, intenso, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, armonico, morbido, caratteristico.
 “Molise” Aglianico riserva:
titolo alcolometrico volumico minimo: 12,5% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino più o meno intenso, talora con riflessi violacei;
odore: vinoso, intenso, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, armonico, morbido, caratteristico.
 “Molise” Chardonnay:
titolo alcolometrico volumico minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino con riflessi verdolini;
odore: fresco, fruttato;
sapore: delicato ed armonico.
Molise” Chardonnay frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
spuma: lieve ed evanescente
colore: giallo paglierino con riflessi verdolini;
odore: fresco, fruttato;
sapore: delicato ed armonico.
Molise” Chardonnay spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l;
tenore zuccherino: compreso tra 12 e 17 g/l.
spuma: fine e persistente
colore: giallo paglierino con riflessi verdolini;
odore: fresco, fruttato;
sapore: extra dry, delicato ed armonico.
 “Molise” Falanghina:
titolo alcolometrico: volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: giallo paglierino, più o meno intenso;
odore: delicato, gradevole, caratteristico;
sapore: secco, leggermente vivace, armonico.
 “Molise” Falanghina Passito:
titolo alcolometrico volume totale minimo 14% vol;
acidità totale minima 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 22 g/l;
residuo zuccherino: minimo a 25 g/l.
colore: dal giallo dorato all’ambrato;
odore: delicato, tipico;
sapore: caratteristico, alcolico.
 “Molise” Falanghina Spumante di qualità:
titolo alcolometrico volume totale minimo 10,5% vol;
acidità totale minima 5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 22 g/l;
tenore zuccherino: inferiore a 12 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: dal giallo paglierino al dorato;
odore: delicato, gradevole, caratteristico;
sapore: brut nature o extra brut o brut, delicato, aromonico.
 “Molise” Fiano:
titolo alcolometrico volume totale minimo 11,5% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l.
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: intenso gradevole, caratteristico;
sapore: secco, armonico.
“Molise” Fiano spumante di qualità:
titolo alcolometrico volume totale minimo 10,5% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l;
tenore zuccherino: compreso tra 12 e 17 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino più o meno intenso, brillante;
odore: intenso, fine, caratteristico;
sapore: extra dry, delicato ed armonico.
“Molise” Fiano frizzante:
titolo alcolometrico volume totale minimo: 10,5% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l.
spuma: lieve;
colore: giallo paglierino più o meno intenso;
odore: intenso gradevole, caratteristico;
sapore: secco, armonico.
 “Molise” Pinot grigio:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
colore: dal giallo paglierino al ramato intenso secondo i metodi di vinificazione;
odore: intenso,persistente, caratteristico;
sapore: vellutato, armonico, morbido.
 “Molise” Pinot grigio frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
spuma: lieve e persistente;
colore: giallo paglierino;
odore: intenso, persistente, caratteristico;
sapore: vellutato, armonico, morbido.
 “Molise” Pinot grigio spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l;
tenore zuccherino: compreso tra 12 e 17 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino;
odore: intenso,persistente, caratteristico;
sapore: extra dry ,vellutato, armonico, morbido.
“Molise” Pinot Nero:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,5° % vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
colore: rosso granato più o meno intenso;
odore: fine e gradevole;
sapore: asciutto, pieno, armonico, piacevolmente amarognolo.
“Molise” Merlot:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto secco netto minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino, tendente al granato con l’invecchiamento;
odore: vinoso, intenso, caratteristico; se invecchiato, più delicato, etereo e gradevole;
sapore: asciutto o abboccato, sapido, di corpo, leggermente tannico, armonico.
“Molise” Merlot novello:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
colore: rosso rubino;
odore: gradevole, intenso, caratteristico;
sapore: fruttato, armonico, vellutato.
“Molise” Merlot frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
spuma: lieve e persistente;
colore: rosso rubino più o meno intenso;
odore: vinoso, intenso, caratteristico;
sapore: asciutto, armonico, vellutato.
“Molise” Malvasia:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 9,0% vol.;
acidità totale minima: 4,5 g/l.;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l.
colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;
odore: intenso, persistente, aromatico, caratteristico;
sapore: vellutato, morbido, di medio corpo.
“Molise” Malvasia frizzante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,0%.
acidità totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l.
colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;
odore: intenso, persistente, aromatico, caratteristico;
sapore: dal secco all’amabile, aromatico.
“Molise” Malvasia spumante di qualità:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 16 g/l;
tenore zuccherino: superiore a 32 g/l.
spuma: fine e persistente;
colore: giallo paglierino, più o meno intenso, a volte dorato;
odore: intenso, persistente, aromatico, caratteristico;
sapore: demi-sec o dolce, armonico, caratteristico, fragrante.

PECORINO
Il vitigno Pecorino è un'uva autoctona a bacca bianca originaria delle valli comprese tra le Marche e l'Abruzzo. Diffuso soprattutto nel Piceno porta questo nome perchè la zona di coltivazione era dedita alla pastorizia. Riscoperto e valorizzato negli ultimi anni produce vini particolarmente interessanti.
L'elaborazione dell'uva Pecorino è fatta spesso in purezza anche se il disciplinare della DOC ammette piccole percentuali integrative di uve a bacca bianca.
Porta alla creazione di vini dal colore giallo carico paglierino con riflessi verdognoli.
I profumi sono morbidi, con sentori di frutta matura, mela renetta, pera william, fiori d'acacia e gelsomino, ed anche un lieve sentore di liquirizia.
Ha una buona mineralità ed acidità, che vengono in parte nascoste dalla morbidezza. Caratteristica del vino prodotto da questa uva è la piacevole nota leggermente amara che resta nella bocca con persistenza.
Le sue insolite caratteristiche gli hanno meritato l'attributo di rosso vestito di bianco.
Ottimo in abbinamento con primi saporiti, pesci e carni bianche. Interessante con i salumi tipici ascolani come il ciauscolo, un salame tipico a consistenza morbidissima spalmabile.
Temperatura di servizio 12°.

PRIMITIVO DI MANDURIA

Il Primitivo di Manduria dolce naturale è un vino DOCG la cui produzione è consentita nelle province di Brindisi e Taranto.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso tendente al violaceo ed all'arancione con l'invecchiamento.
odore: aroma leggero, caratteristico.
sapore: gradevole, pieno, armonico, tendente al vellutato con l'invecchiamento.
Abbinamenti consigliati
Dessert particolarmente dolci come pasticceria a base di pasta di mandorla o ancora meglio a base di cioccolato, anche con taluni formaggi erborinati


giovedì 2 ottobre 2025

Corso da sommelier: 5 Vini toscani e laziali

5 Vini toscani e laziali


ALEATICO DI GRADOLI


L'Aleatico di Gradoli è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Viterbo.
colore: rosso granato con tonalità violacee.
odore: finemente aromatico, caratteristico.
sapore: di frutto fresco, morbido, vellutato, dolce.
L'Aleatico di Gradoli è stato introdotto nei Monti Volsini dagli Etruschi, che lo avrebbero acquisito dai Greci. Leggenda vuole che in una grotta poco fuori il paese di Gradoli (chiamata ancora oggi Poggio del Diavolo) vivesse un demonio; questo era solito terrorizzare con brutti scherzi gli abitanti di Gradoli. Molti giovani valorosi avevano tentato di ucciderlo ma erano stati tutti sconfitti. Un giorno il demonio, tornando a casa, trovò un leone che dormiva nella sua grotta. Tentò di svegliarlo e di cacciarlo, ma il leone riuscì a sconfiggerlo e il povero demonio dovette sprofondare nell'Inferno. Il suo bastone però rimase conficcato nel terreno. Il leone casualmente vi dormì sopra e l'indomani sul bastone era cresciuta una vite: la vite dell'Aleatico. Per riconoscenza gli abitanti di Gradoli misero nel loro stemma proprio il leone e il bastone con la vite.


Atina è la denominazione relativa al disciplinare di alcuni vini a DOC prodotti nei comuni di Atina, Gallinaro, Belmonte Castello, Picinisco, Sant'Elia Fiumerapido, Alvito, Villa Latina, San Donato Val di Comino, Vicalvi, Casalattico, Casalvieri e Settefrati in provincia di Frosinone
I vini “Atina” sono prodotti in provincia di Frosinone, nella valle di Comino e sulle colline circostanti, un territorio di circa 11 350 ettari.
In collina troviamo suoli superficiali, calcarei marnosi con abbondante scheletro, ricchi di carbonato di calcio e con la presenza di frazioni argillose; a fondovalle, terreni alluvionali o sedimentari con presenza di arenarie, calcari marnosi e marne di colore giallastro e tessitura limosa.
I vigneti sono compresi tra i 70 e i 600 m s.l.m. con pendenza variabile. L'esposizione generale è verso ovest, sud-ovest. “Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati e, in particolare, quelli ubicati nelle zone alluvionali in corrispondenza dei fiumi Melfa e Mollarino”.
Il clima dell’area è temperato con temperatura media annua compresa tra i 12,0 ed i 14,2 °C, inverno molto freddo con temperatura media giornaliera inferiore ai 10 °C per 4-5 mesi e temperatura media minima del mese più freddo tra 0,1 e 2,º C. Le precipitazioni medie annue sono molto abbondanti comprese tra i 1 234 ed i 1 606 mm, piove anche in estate per complessivi 123-160 mm.
La combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina nei vini rossi un'ottimale maturazione fenolica e un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi e nei bianchi la produzione di significative quantità di precursori aromatici. Si ottengono così vini di grande pregio.
Attraverso una consistente documentazione è possibile seguire, nei secoli, la coltivazione della vite nella Valle di Comino. Le prime testimonianze risalgono ai georgici latini. Nei monasteri della zona (particolarmente quelli benedettini) sono conservati i contratti agrari riguardanti le vigne dell'epoca medievale.
Giovanni Paolo Mattia Castrucci, nella Descrizione del Ducato d'Alvito nel Regno di Napoli in Campagna felice (1632), lo descrive così:
« …vaghi e ameni colli pieni di arboreti, e vigne, e altre piante, che portano copiosi e delicati frutti e soavissimi vini…»
Altre testimonianze si trovano nel Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli (1797) di Lorenzo Giustiniani, nella Corografia dell'Italia (1833) del Rampoldi e nel «Giornale di scienze mediche» (1848).
Durante i secoli XIX e XX la viticoltura locale ha subito profonde modificazioni. Infatti, accanto alle varietà tradizionalmente coltivate, ad opera di Pasquale Visocchi, insigne agronomo di Atina, sono state introdotte numerose varietà francesi, sia a bacca bianca, sia a bacca rossa, che costituiscono ormai la base della enologia in tutta la Valle di Comino.
Precedentemente all'attuale disciplinare questa DOC era stata:
Approvata con DM 26.04.1999, G.U. 103 - 05.05.1999
Modificata con DM 02.08.2011, G.U. 203 - 01.09.2011
Questi i vini Atina:
Atina rosso
Atina rosso riserva
Atina Cabernet
Atina Cabernet riserva
Atina Semillon

BOLGHERI SASSICAIA
 
Il Bolgheri Sassicaia è un vino DOC la cui produzione è consentita in una specifica zona del comune di Castagneto Carducci, prodotto con almeno l'80% di Cabernet Sauvignon. Il Bolgheri Sassicaia è uno dei vini italiani più pregiati e costosi ed è prodotto esclusivamente dall'azienda Tenuta San Guido, che possiede tutti i vigneti all'interno dell'area delimitata dalla DOC.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino intenso, tendente al granato con il lento invecchiamento
odore: ricco, elegante, maestoso
sapore: asciutto, pieno, robusto e armonico, con buona elegante struttura.
Cenni storici
Intorno agli anni quaranta il marchese Mario Incisa della Rocchetta, grande esperto di cavalli e grande appassionato di vini francesi, importò dalla tenuta dei Duchi Salviati a Migliarino alcune barbatelle di cabernet sauvignon e di cabernet franc. La decisione di piantare questi vitigni fu in parte dovuta alla somiglianza morfologica che egli aveva notato tra la zona di provenienza denominata Graves, a Bordeaux, e quella dove avrebbe poi fatto crescere i vitigni. E fu così che il marchese piantò i vitigni all'interno della tenuta San Guido, nella Maremma livornese, ne ebbe grande cura e nel 1944 ottenne le prime bottiglie di Sassicaia. Il vino venne prodotto, inizialmente ad esclusivo uso familiare, in controtendenza con gli standard produttivi dei tempi che tendevano a privilegiare la quantità alla qualità. La prima annata commercializzata fu il 1968.
Alla fine del 2013, con la pubblicazione del relativo decreto da parte del Mipaaf, il Sassicaia si è staccato dalla DOC Bolgheri (di cui era sottozona sino dal 1994, anno di nascita della DOC) ed è diventato una DOC autonoma. Questo ultimo passo completa il percorso cominciato come semplice vino da tavola, successivamente vino IGT, sottozona DOC e, finalmente, DOC a sé stante,
Il Sassicaia detiene un primato: è il primo (e per ora unico) vino italiano di una specifica cantina, che, come succede in Francia per altri pochissimi vini celeberrimi, ha una DOC riservata appositamente. Infatti, la denominazione Bolgheri Sassicaia la può utilizzare esclusivamente la Tenuta San Guido (di proprietà della famiglia Incisa della Rocchetta) per il suo vino corrispondente (questo perché Sassicaia è un cru in Bolgheri interamente posseduto da Tenuta San Guido).
Abbinamenti consigliati
Particolarmente indicato per i cibi dal sapore intenso e prodotti da caccia, in particolar modo il piccione arrosto, i filetti alla bordolese, i formaggi dal sapore deciso. Consigliato anche il semplice abbinamento con qualche gheriglio di noce e fungo porcino a crudo, condito solo con poche gocce di olio di oliva e qualche intensa erba aromatica dal profumo mediterraneo.

BRUNELLO

Zona di produzione: tutto il territorio del comune di Montalcino (Siena).
Il territorio del Comune di Montalcino, borgo senese la cui Rocca svetta a 564 m di quota sulla valle dell'Orcia, è costituito da un insieme di dolci colline. Fin dal Medioevo questo borgo svolse un ruolo di primo piano nelle vicende politiche della Toscana.
Fra i tanti motivi che lo resero un'interessante terra di conquista bisogna proprio ricordare la vocazione enologica: i vini locali, sia rossi che bianchi, erano apprezzati già nel lontano Medioevo. Il Brunello di Montalcino è discendente diretto del "vermiglio", largamente prodotto nei vigneti terrazzati delle colline di Montalcino. Ancora ai primi dell'Ottocento il termine "brunello" non era usato per indicare un vino, ma un'uva rossa, "sangiovese grosso", diffusa sul colle di Montalcino.
Nella seconda metà dell'Ottocento ebbe luogo un'importante svolta enologica a opera di Clemente Santi ed, in seguito, del nipote Ferruccio Biondi (che aggiunse al proprio cognome quello del nonno materno, diventando Biondi-Santi). Questi, operando una selezione clonale di uve sangiovese, realizzarono un vino ottenuto dalla vinificazione di un solo vitigno: nel 1865 ebbe luogo la prima vinificazione in purezza di cui si ha notizia. Invecchiato per un certo periodo in botti di legno ne scaturì un vino corposo, caldo, armonico, vellutato, nettamente superiore alla media: il vino fu battezzato con lo stesso nome dell'uva utilizzata per produrlo, Brunello. Il Brunello riscosse successo in tutte le mostre a cui partecipò, e fu apprezzato anche per la sua longevità. La bottiglia più antica giunta a noi è datata 1888, ed è naturalmente conservata dalla famiglia Biondi-Santi.
La consacrazione definitiva del Brunello a vino di livello internazionale è avvenuta negli ultimi decenni del Novecento, sia per il miglioramento generalizzato dello standard qualitativo, sia per l'immagine derivatagli dai sempre più frequenti contatti, anche a livello promozionale, con gli operatori di tutto il mondo. Nel 1980 il Brunello di Montalcino ha ottenuto il riconoscimento della DOCG.
Il vitigno è esclusivamente Sangiovese Grosso (Brunello di Montalcino). Con titolo alcolometrico di minimo: 12,5%. Acidità totale minima: 5,0 g/l. Deve invecchiare cinque anni obbligatori, di cui due anni di affinamento in botti di rovere e quattro mesi di affinamento in bottiglia.
Di colore rosso rubino intenso tendente al granato, con l'invecchiamento assume sfumature bordeaux con unghia aranciata. Ha odore ampio, elegante e di grande armonia, con profumi nitidi, eterei, profondi e potenti per il supporto del grado alcolico. Il sapore è asciutto, caldo, robusto, carnoso, con perfetto equilibrio delle componenti e persistente sentore di vaniglia e di spezie.
Il Brunello di Montalcino in bottiglia può durare, se di buona annata, anche un secolo, migliorando continuamente le sue qualità. E' un grande vino per arrosti di carni rosse, cacciagione e carne alla griglia. Va servito a 20° - 22° di temperatura, sturando la bottiglia almeno 24 ore prima di mescere.

CANNELLINO DI FRASCATI

Una fresca DOCG (2011) per il Cannellino di Frascati. Il territorio di produzione del vino Frascati Superiore ha un’altitudine compresa tra 70 e 500 metri s.l.m, origine vulcanica, di tipo basaltico e tufaceo, poco azoto, calcare totale ed attivo, sostanza organica, molta anidride fosforica assimilabile, potassio assimilabile, a pH quasi sempre neutro o sub-acido. L’esposizione del territorio verso il mare Tirreno permette di godere di una piacevole brezza marina che mitiga il calore delle ore più calde ed evita il ristagno dell’umidità. Il clima di tipo mediterraneo è caratterizzato da temperature moderate, piovosità concentrata nel periodo autunno-inverno con lunghe siccità nel periodo primaverile estivo. La vite trova qui condizioni ambientali assai favorevoli, con elevata temperatura ed insolazione nei mesi di settembre ed ottobre che consentono alle uve di maturare lentamente e completamente.
Il vino Cannellino di Frascati deve essere ottenuto da uve raccolte tardivamente e all'atto dell'immissione al consumo deve avere colore paglierino intenso con riflessi dorati; odore caratteristico che ricorda la frutta matura; sapore tipico, sapido, dolce; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol;  acidità totale minima 4,5 g/l.

CHIANTI
Il Chianti è un vino DOCG che si produce nelle sottozone: Colli Fiorentini, Montalbano, Rufina, Montespertoli, Colli Aretini, Colline Pisane e Colli Senesi.
Il primo documento risale al 1398 da cui risulta che il Chianti è bianco. Nel 1427 si era affermato come vino rosso e viene consumato anche dai Papi, ad esempio papa Paolo III attorno al 1536 su consiglio del proprio bottigliere Sante Lancerio.
Nel 1713 furono emanati due bandi da parte di Cosimo III Granduca di Toscana; il primo fissava, in modo preciso, i confini delle zone vitivinicole più pregiate nelle quali si produceva il vino Chianti, mentre il secondo abbozzava una sorta di disciplinare. Il bando determinò un primato assoluto, perché fino ad allora in nessuna altra parte del mondo si era deciso di individuare legalmente l'area di produzione di un vino pregiato e dovevano passare due secoli perché altri lo facessero.
Dopo la metà dell'Ottocento apparvero le prime vere opere specifiche di enologia e viticoltura toscana da parte di vari autori: Blasiis (1860), Lawle (1865), Pollacci (1871) e Bizzarri (1888), ma la figura più importante fu Bettino Ricasoli, intelligente ed appassionato agricoltore e valido enologo.
Egli produsse nel Castello di Brolio un vino rosso capace di tenere testa ai famosi vini rossi superiori italiani e francesi e, come uomo politico di stato, aprì la via del mondo al vino Chianti, che da allora iniziò ad essere esportato in vari paesi del mondo. Il Ricasoli, dopo numerosi esperimenti condotti tra il 1834 e 1837 nei vigneti di Brolio, riuscì ad individuare quello che lui riteneva essere l'uvaggio adatto per produrre vino Chianti. Ecco, quindi, l'originale composizione del Chianti: due varietà di uve rosse, il Canaiolo (5 - 10%) ed il Sangiovese, vera anima di questo vino (75 - 90%); poi due varietà di uve bianche, Malvasia e Trebbiano (2 - 5%), quest'ultima non era però presente nell'uvaggio definito da Ricasoli. Il Chianti prodotto con tali criteri, non tardò ad imporsi sui mercati: nel 1860 - 1870, con Firenze capitale d'Italia, il Chianti venne commercializzato in Italia ed in Europa (soprattutto in Inghilterra). Nel 1967 il Chianti Classico fu uno dei primi vini ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata; nel 1984, è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita e risale al 2003 l'ultimo decreto ministeriale che apporta modificazioni al disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata e garantita "Chianti". La storia del vino Chianti è legata in modo indissolubile al suo più famoso contenitore: il fiasco.Composto di Sangiovese minimo 75%; Canaiolo nero fino al 10%; Trebbiano toscano e Malvasia del Chianti singolarmente o congiuntamente fino al 10%.  I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere tali da non modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino. In particolare è vietata ogni forma di allevamento su tetto orizzontale tipo tendone.
Titolo alcolometrico minimo 11,50% Acidità totale minima 4,5 g/l.
Il colore è rubino vivace tendente al granato con l’invecchiamento; l’odore intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento; il sapore risulta armonico, asciutto (con un massimo di 4 g/l di zuccheri riduttori), sapido, leggermente tannico, che si affina col tempo al morbido vellutato.
I Chianti dotati di corpo sottile, fruttati, di contenuta alcolicità, sono da gustare giovani, serviti a 16° C di temperatura. Gradevole vino da tutto pasto; accompagna bene zuppe saporite, pesce in umido, carni alla brace, reale di manzo bollito. Il Chianti leggero, dal sapore immediato da servire con zuppe, pesce in umido, carni arrosto. Il Chianti moderatamente invecchiato, va servito alla temperatura di 16-18° C, accompagna bene pollo in umido e carni alla griglia. Il Chianti mediamente corposo si presta ad accompagnare carni bianche saporite sottoposta a cottura prolungata in intingolo; ma, ancor meglio, si accosta a carni rosse cucinate alla griglia, arrostite, petto di fagiano in salsa al vino rosso, bistecche di capriolo ai funghi. Il Chianti Rufina è particolarmente pregiato ed è da degustare a fine pasto come vino da "meditazione". A tavola si serve con brasati di manzo, lepre in salmì ed in genere con i piatti di carne più ricchi e saporiti.

COLLI ALTOTIBERINI
Il Colli Altotiberini rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Perugia.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino.
odore: vinoso, gradevole.

sapore: asciutto, rotondo, gradevole.

ELBA ALEATICO PASSITO
Elba Aleatico passito
La zona di produzione é l’Isola d'Elba (Provincia di Livorno) dove la viticoltura era già praticata fin dal tempo della dominazione etrusca. Tra il XIX e il XX secolo, la viticoltura rappresentava una grande risorsa per l'economia elbana, con un quarto circa della superficie totale dell'isola destinata a vigneti. Punta di diamante della viticoltura elbana è l'Aleatico dell'Elba Passito, ottenuto da uve di Aleatico sottoposte ad almeno 10 giorni di appassimento all'aria. L'Aleatico è un vitigno a bacca rossa coltivato soprattutto in Toscana, Lazio e Puglia; è considerato una mutazione genetica del Moscato Bianco. Il vino può essere realizzato unicamente con vitigno  Aleatico. Ha titolo alcolometrico minimo pari al 19%, un’acidità totale minima 6,5 per mille ed un estratto secco netto minimo pari al 35 per mille. Di colore rosso rubino carico ha odore intenso e caratteristico, sapore dolce, armonico e ricco di corpo. Grande vino da meditazione; l'abbinamento gastronomico ottimale è con la "schiaccia briaca", dolce tipico elbano a base di frutta secca; ottimo anche con crostate di frutta e preparazioni a base di crema e frutti di bosco. Temperatura di servizio: 12-14°C.

FRASCATI SUPERIORE

Il territorio di produzione del vino Frascati Superiore comprende per intero i comuni di Frascati, Grottaferrata e Monteporzio Catone e, in piccola parte, il X° Municipio di Roma ed il Comune di Montecompatri. L’altitudine è compresa tra 70 e 500 metri s.l.m.; l’esposizione generale è orientata verso Nord-Ovest ed Ovest. I terreni del comprensorio del Frascati sono di origine vulcanica, di tipo basaltico e tufaceo e, da approfonditi studi, è risultato che per la maggior parte sono di medio impasto o leggermente compatti, presentando il 56,1% di sabbia, il 17,8% di limo ed il 26,1% di argilla. Sono scarsamente dotati di azoto, normalmente ricchi di anidride fosforica assimilabile, molto ricchi di potassio assimilabile, poveri di calcare totale ed attivo, scarsamente forniti di sostanza organica ed a pH quasi sempre neutro o sub-acido.Il clima di tipo mediterraneo è caratterizzato da temperature moderate, piovosità concentrata nel periodo autunno-inverno con lunghe siccità nel periodo primaverile estivo. L’esposizione del territorio verso il mare Tirreno permette di godere di una piacevole brezza marina che mitiga il calore delle ore più calde ed evita il ristagno dell’umidità.
La vite trova qui condizioni ambientali assai favorevoli. Un ulteriore aspetto particolarmente vantaggioso è rappresentato dalla relativa elevata temperatura ed insolazione che si riscontra nei mesi di settembre ed ottobre che consentono alle uve di maturare lentamente e completamente.
Il vino «Frascati Superiore», all'atto dell'immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche: avere un colore paglierino più o meno intenso; avere un odore vinoso, con profumo caratteristico delicato; avere un sapore sapido, morbido, fine, vellutato, secco; possedere un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 11,50%vol ed una acidità totale minima di 4,5 g/l.

MERLOT DI APRILIA
 

Il Merlot di Aprilia è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Latina e Roma.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso granato tendente talvolta al rosso mattone con l'invecchiamento.
odore: vinoso, gradevole.
sapore: pieno, morbido, armonico di giusto corpo.

MONTECUCCO SANGIOVESE
Il Montecucco Sangiovese è prodotto alle pendici del Monte Amiata, in Provincia di Grosseto, nelle zone vocate dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano. Il vitigno è il Sangiovese almeno l’85%. Altri vitigni a bacca rossa non aromatici raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Grosseto, da soli o congiuntamente fino al 15%. Il colore è rosso rubino intenso; l'odore vinoso, fruttato e caratteristico; il sapore armonico, asciutto leggermente tannico; il titolo alcolometrico volumico totale minimo é di 12% vol; l'acidità totale minima: 4,5 g/l. Si abbina bene a carni rosse, arrosti, cinghiale e i formaggi pecorini stagionati.

NOBILE DI MONTEPULCIANO

Il Vino Nobile di Montepulciano ha come zona di produzione il comune di Montepulciano, tranne la parte bassa della Val di Chiana, con altitudine compresa fra i 250 e i 580 metri s.l.m.
Fin dalle sue origini remotissime Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una kylix (tazza da vino) rinvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca nei pressi di Montepulciano.
Il documento più antico riferibile al vino di Montepulciano è del 789: il chierico Arnipert offre alla chiesa di San Silvestro o di San Salvatore a Lanciniano sull'Amiata, un pezzo di terra coltivata a vigna posta nel castello di Policiano. Fin dall'Alto Medioevo i vigneti di Mons Pulitianus producevano vini eccellenti e alla metà del 1500 Sante Lancerio, cantiniere di papa Paolo III Farnese, celebrava le qualità del vino prodotto a Montepulciano.
Nel XVII secolo, Francesco Redi, insigne non solo come medico e naturalista, ma anche come poeta, esalta, nel suo ditirambo "Bacco in Toscana" del 1685, con la bontà regale di tale vino.
Negli anni sessanta si assiste al lancio del Vino Nobile. DOC (1966) e poi DOCG.
Composto da vitigni Sangiovese (detto in loco Prugnolo gentile), minimo 70%, può concorrere il Canaiolo nero e altri vitigni autorizzati fino ad un massimo del massimo 20% ma la percentuale dei vitigni a bacca bianca non deve superare il 10%.
Titolo alcolometrico minimo 12,50% vol., acidità totale minima: 4,5 g/l.
Invecchiamento di 2 anni (da 12 a 24 mesi in botti di legno).
Il Vino Nobile di Montepulciano è un prodotto di quantità ridotta  con colore rubino tendente al granato con l’invecchiamento. Ha profumo intenso, etereo, caratteristico. Il sapore è asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.
Vino speciale per arrosti di carni bianche e pollame nobile. Si serve ad una temperatura di 18° - 20°C, stappando la bottiglia due ore prima.

VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO DOCG
https://youtu.be/E8HY3TDMxYM

La Vernaccia di San Gimignano ha come zona di produzione: tutto il territorio del comune di San Gimignano (Siena). Tra i vini toscani, è quello con le origini storiche più incerte. Prende il nome dal latino vernaculum che significa del posto, nativo. Marchio Lucidi, poeta seicentesco, scrive che il nome Vernaccia deriverebbe da Verno, freddo, gelido. Altri scrittori del XIV e XV secolo farebbero derivare il nome da una corruzione del nome Vernazza, uno dei paesi della Cinque Terre. In Italia si producono tre vini DOC di Vernaccia: la Vernaccia di Oristano, in Sardegna, la Vernaccia di Serrapetrona nelle Marche, vino rosso, e la Vernaccia di San Gimignano, il primo vino ad essere insignito della DOC (oggi D.O.C.G.). Introdotto dalla Grecia nel XIII secolo, di questo vitigno si trovano tracce certe sin dal 1276 in quanto lo troviamo citato negli Ordinamenti di gabelle del Comune di San Gimignano. Decantata dal Redi nei suoi scritti, la Vernaccia di San Gimignano venne divulgata da Lorenzo il Magnifico che mise a dimora nei suoi possedimenti. Sante Lancerio, bottigliere del Papa Paolo III Farnese, ne trascrive le qualità organolettiche riscontrate nelle degustazioni durante i suoi viaggi gastronomici.Ha vitigno prevalente Vernaccia di San Gimignano ma possono concorrere altri vitigni a bacca bianca non aromatici raccomandati o autorizzati per la provincia di Siena fino ad un massimo del 10%. Titolo alcolometrico minimo dell’11%. Acidità totale minima di 5 g/l. Di colore giallo paglierino tenue, tendente al dorato con l'invecchiamento, ha odore fine, penetrante, caratteristico, fruttato e floreale. Il sapore è asciutto, fresco, di buon corpo, di buona persistenza, armonico, con caratteristico retrogusto amarognolo (mandorla amara). Ottimo l'abbinamento con piatti a base di pesce, primi piatti con salse bianche, fritture varie, uova e carni bianche. Può essere servito anche come aperitivo e con gli antipasti in genere. Temperatura di degustazione piuttosto fredda, 8° - 10°C.

VIN SANTO DEL CHIANTI CLASSICO
Il Vin Santo Del Chianti Classico è un vino passito DOC la cui produzione è consentita nelle province di Firenze e Siena.
colore: dal giallo paglierino al dorato, all'ambrato intenso
odore: etereo, intenso, caratteristico
sapore: armonico, vellutato con più pronunciata rotondità per il tipo amabile

https://youtu.be/_LOb-STk2E4

Il vin santo (o vinsanto) è un tipo di vino da dessert. Questo vino tradizionale toscano e umbro è fatto con uva di tipo Trebbiano e Malvasia. Spesso si tratta di un vino dolce. Può essere anche prodotto con uve Sangiovese e in questo caso si parla di vinsanto occhio di pernice. Ci sono varie teorie sull'origine di questo nome. Una versione da Siena parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa; subito si diffuse la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, portandogli l'epiteto santo. Un'altra versione viene da Firenze: durante il Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vin pretto: "Questo è il vino di Xantos!", forse riferendosi a un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola "Xantos" con 'santos', credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite "sante". In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo. Una variante della storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos (in greco ξάνθος significa giallo) mentre parlava del vino. L'origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l'associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa. Tradizionalmente il vinsanto veniva prodotto raccogliendo i migliori grappoli (vendemmia "per scelti") e quindi appassendoli in modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci (tradizionalmente le uve venivano stuoiate o appese in periodi di luna calante, o dura, con la convinzione di evitare così che marcissero). Ad appassimento avvenuto le uve venivano pigiate e il mosto (con o senza vinacce dipendendo dalla tradizione seguita) veniva trasferito in caratelli di legni vari e di dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena tolto il vinsanto delle produzione precedente. Durante questa operazione si prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso, tanto da chiamarla madre del vinsanto. I caratelli erano sigillati e in genere dislocati nella soffitta delle villa padronale o comunque in un sottotetto in quanto si riteneva che le forti escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori del vino. Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni. 

Difficoltà fermentative
Il mosto del vin santo a causa del forte appassimento delle uve ha una concentrazione zuccherina molto alta che poi si rispecchia in un tenore alcolico altrettanto alto, fino a oltre il 19% nei vini secchi. Tradizionalmente in Toscana (e in moltissime altre regioni vinicole) non si usava il lievito per produrre il vino. In realtà si utilizzavano inconsapevolmente quei lieviti cosiddetti indigeni che si trovano sulla pruina e generalmente sugli attrezzi di cantina, nell'aria etc. Questi lieviti appartenenti a varie famiglie e provenienti dai più diversi mondi (dipendendo dalla zona: panificazione, industria della birra, altri viticoltori, presenza naturale etc.) difficilmente riescono a sopravvivere in ambiente con un titolo alcolometrico maggiore del 13%. La fermentazione completa o quasi completa del mosto del Vin Santo risultava quindi cosa non automatica. Per ovviare a questo nei tempi passati si poneva a fermentare il mosto in diversi recipienti piccoli (i caratelli) nella speranza che almeno uno venisse attaccato da un lievito capace di tollerare le alte concentrazioni alcoliche. Quando questo succedeva, si conservava gelosamente la feccia di quel caratello, che veniva divisa negli altri caratelli per stimolare la fermentazione dei nuovi mosti e poi più volte riusata nel corso degli anni, chiamandola appunto madre. In effetti la feccia contiene anche lieviti, così come rimangono lieviti nel legno del caratello, che infatti non veniva mai lavato e veniva riusato innumerevoli volte.
Produzione moderna
Nella produzione moderna, si tende a usare esclusivamente contenitori in legno nuovo o relativamente nuovo e a innescare la fermentazione con l'inoculo di lieviti selezionati adatti alle alte concentrazioni zuccherine. Moltissimi produttori, comunque, aggiungono una minima quantità di madre per ricreare lo spettro dei sentori tradizionali.
È comune fare "cantucci e vin santo"; un bicchiere di vin santo servito con cantucci. Questi biscotti possono essere inzuppati nel vino per ammorbidirli e accentuarne il sapore. In Umbria il consumo è associato alle fave dei morti, biscotto di pasta di mandorle tipico del periodo della Commemorazione dei Defunti, alla ciaramicola (dolce tipico della Pasqua) e al ciambellone (o torcolo).


lunedì 29 settembre 2025

Corso da sommelier: 4 Vini emiliano romagnoli umbro marchigiani

4 Vini emiliano romagnoli umbro marchigiani



ALBANA


https://youtu.be/x2Va9EnEgu4

ASSISI
 
L'Assisi rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Perugia.
colore: rosso rubino
odore: vinoso, caratteristico, profumato
sapore: asciutto, corposo, armonico, intenso e persistente

 BIANCHELLO DEL METAURO

Il Bianchello del Metauro è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Pesaro e Urbino. I suoi confini abbracciano una sottile fascia di colline che dal mare Adriatico risale verso l'interno, sviluppandosi lungo le sponde del fiume Metauro. La zona di produzione migliore è però quella situata a nord del fiume, dove si trovano i produttori storici della denominazione.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino.
odore: delicato, caratteristico.
sapore: secco, fresco, armonico, gradevole.
Il Bianchello del Metauro, con rare eccezioni, è un bianco facile e di pronta bevuta ma che nelle sue espressioni migliori può mettere in luce una sottile personalità.

CAGNINA DI ROMAGNA
Il Cagnina di Romagna è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna. Dal 2011 la denominazione è modificata in Romagna Cagnina.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso violaceo.
odore: vinoso, caratteristico.
sapore: dolce, di corpo, un po' tannico, leggermente acidulo.

LAMBRUSCO
Il termine Lambrusco indica una serie di vitigni differenti e il vino prodotto con questi.
Le uve del Lambrusco sono rosse, coltivate maggiormente in Emilia-Romagna nelle province di Modena e Reggio Emilia ed in Lombardia nella Provincia di Mantova. Vengono utilizzate per produrre uno dei pochi vini rossi o rosé frizzanti.
Esistono quattro tipi di Lambrusco DOC: il Lambrusco rosso Salamino di Santa Croce secco o amabile; il Lambrusco di Sorbara che può essere rosso o rosé, secco o amabile; il Lambrusco Reggiano, rosa e dolce o rosso e secco e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro secco o amabile. Il Lambrusco Salamino, il cui nome trae origine dai grappoli che ricordano dei salami, possiede un colore scuro con una intensa schiuma viola e un corpo medio. Il Lambrusco di Sorbara rosso è forse il più pregiato e viene prodotto nelle zone della provincia di Modena. È tipicamente un vino leggero con aromi di fragole lamponi e ciliegie. Il Lambrusco Reggiano dalla schiuma vivace ed evanescente possiede un gradevole profumo che varia dal fruttato al floreale, con un gusto fresco e fragrante. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro fortemente aromatico si presenta con una schiuma color ciliegia con aromi più ampi rispetto agli altri tre tipi di Lambrusco.
Il Lambrusco viene anche prodotto anche nella Lombardia orientale dove si produce un altro DOC, il Lambrusco Mantovano, il quale però porta in etichetta il riferimento alla sottodenominazione di origine, non rientrando nei quattro vini DOC prima citati. Questo vino, tipicamente leggero e dall'aroma fruttato, può essere rosso o rosé ed è composto con differenti varietà di Lambrusco.
I vitigni minori sono il Lambrusco Marani, il Lambrusco Maestri, il Lambrusco Ancellotta, il Lambrusco Montericco e il Lambrusco Viadanese o Grappello Ruberti.
Il Lambrusco è o frizzante o spumante (e, in questo caso, può essere secco, amabile, dolce). Sia la versione frizzante che spumante può essere anche rosé. Molto raro è il lambrusco tranquillo. Esiste anche qualche lambrusco spumante metodo classico (la tecnologia tradizionale, anche per il frizzante, è lo charmat).
L'etimologia del nome è incerta, esistono principalmente due ipotesi al proposito.
La prima vuole che il nome derivi da labrum (margine dei campi) e ruscum (pianta spontanea): la vite "la-brusca" sarebbe quella che cresce incolta ai margini dei campi.
La seconda attribuisce l'origine alla fusione dei termini labo (prendo) e ruscus (che punge il palato), da qui anche l'origine della parola "brusco". Questa parola infatti, è identificativo di quella caratteristica tipica dei vini giovani, collegata ad una contenuta acidità e tannicità vivaci e gradevoli.
Le testimonianze relative all'esistenza del Lambrusco ruotano attorno all'origine stessa del nome. Il significato di pianta spontanea, selvatica, può essere ricondotto in seguito al rinvenimento di semi di vite silvestre (selvatica) proprio nelle zone di produzione attuale del Lambrusco. Testimonianze dirette ci giungono dai latini e precisamente da Virgilio, nativo del mantovano, altra preziosa zona di produzione attuale, il quale parla dell'esistenza della vitis labrusca duemila anni fa, nella sua quinta bucolica. Anche altri scritti di quell'epoca parlano di quel tipo di vite, come il "De agri cultura" di Catone, il "De re rustica" di Varrone e il "Naturalis Historia" in cui Plinio il Vecchio dice: "la vitis vinifera le cui foglie, come quelle della vite labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere". Non sono certe le origini della coltivazione di questa vite, in un trattato di agricoltura del 1305 il bolognese Pietro de' Crescenzi, suggerisce di prendere in considerazione l'allevamento della vite labrusca.
Nel 1567 Andrea Bacci, medico del papa Sisto V e botanico afferma che "sulle colline di fronte alla città di Modena si coltivano lambrusche, uve rosse, che danno vini speziati, odorosi, spumeggianti per auree bollicine, qualora si versino nei bicchieri".
Nel 1700 circa, si ebbe un'importante innovazione tecnica per la conservazione di questo vino frizzante: l'introduzione di una particolare bottiglia denominata Borgognona, caratterizzata da un vetro resistente e spesso e il relativo tappo di sughero tenuto fermo con l'aiuto di uno spago che altrimenti tenderebbe a saltare a causa della rifermentazione degli zuccheri che crea anidride carbonica.
Nel 1867 Francesco Aggazzotti, prezioso descrittore anche dell'aceto balsamico, propone una prima suddivisione esauriente delle tre tipologie prevalenti dei vitigni coltivati: Il lambrusco della viola o di Sorbara, il lambrusco Salamino, il lambrusco dai Graspi Rossi dai quali si ricaveranno tutti i vari tipi di Lambrusco.
Nella prima metà del Novecento il Lambrusco era un vino decisamente secco e la sua schiuma, proprio come per lo Champagne, era prodotta mediante una seconda fermentazione in bottiglia. Con l'avvento di nuove tecnologie nel campo vinicolo la produzione del Lambrusco aumentò notevolmente dai primi anni '60, con l'introduzione del metodo Charmat. Così nel ventennio successivo il Lambrusco venne venduto notevolmente all'estero in particolar modo negli Stati Uniti dove ebbe molto successo tanto da rappresentare circa il 50% dei vini italiani importati in America. In quel luogo infatti, venne promosso come una specie di Coca Cola italiana. Ma negli anni '90 la produzione di Lambrusco ebbe una svolta dal punto di vista qualitativo ai danni di quello quantitativo. Si tentò così di ritornare alle origini del lambrusco, più secco e consistente e meno dolce. Oggigiorno la maggior parte dei Lambrusco migliori non vengono ancora esportati e quelli venduti sui mercati esteri non sono DOC e solitamente di qualità mediocre.
Abbinamenti
Il Lambrusco è un vino che si sposa con i prodotti della cucina emiliana, talvolta caratterizzata da prodotti ricchi di grassi e aromi. Si abbina bene anche con cibi robusti come la carne suina, le salsicce e l'agnello; è ottimo da gustare con i formaggi tipici della zona: il parmigiano-reggiano ed il grana padano.
Viene utilizzato in cucina anche nella preparazione di piatti, specialmente tipici emiliani, come lo zampone e il cotechino, o primi piatti come il risotto al Lambrusco e la pasta al Lambrusco. Questo tipo di vino viene inoltre utilizzato nella preparazione di cocktail, quindi miscelato ad altri alcolici e frutta e servito come aperitivo. È anche utilizzato nella vinoterapia per le sue proprietà di conservazione della pelle.
Ultimamente il Lambrusco viene utilizzato anche nella produzione di cocktail particolari come la "spuma di Lambaroni" vincitore del premio Barman Day del 2010 svoltosi al salone del lingotto a Torino nella rassegna della manifestazione dello "slow food".
Luoghi di produzione
I vini di lambrusco DOC si trovano nel Modenese, nel Reggiano, e nel Mantovano:
Colli di Scandiano e di Canossa Lambrusco Montericco rosato frizzante
Lambrusco di Sorbara
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro
Lambrusco Modena
Lambrusco Salamino di Santa Croce
Lambrusco Reggiano
Lambrusco Grasparossa Colli di Scandiano e Canossa
Lambrusco Mantovano
Poi, esistono i Lambruschi IGP (Indicazione Geografica Protetta):
IGP della Provincia di Mantova
IGP di Quistello
IGP Emilia che partono da Piacenza fino a Forlì e Cesena passando da Ravenna
Infine, molto vino lambrusco è prodotto fuori dalle denominazioni/indicazioni (vino generico).

PAGADEBIT DI ROMAGNA
Il Pagadebit di Romagna è un vino bianco prodotto nella provincia di Forlì-Cesena.
Il nome curioso, che in dialetto romagnolo significa "paga debiti", deriva dal nome locale dato al vitigno Bombino Bianco, concorrente almeno per l'85% nella formazione del suo uvaggio, che ha particolari caratteristiche di resistenza alle avversità climatiche. In questo modo il contadino, anche nelle annate peggiori, produceva comunque del vino utilizzabile per pagare i debiti contratti nell'annata precedente. Per questo motivo un altro nomignolo dato al vitigno è Straccia Cambiale.
Nel 1989 ha ottenuto la DOC Pagadebit di Romagna e comprende le tipologie:
Pagadebit di Romagna amabile
Pagadebit di Romagna secco
Pagadebit di Romagna Bertinoro amabile
Pagadebit di Romagna Bertinoro secco

PIGNOLETTO

Il Colli Bolognesi Classico Pignoletto è un vino a DOCG prodotto in Emilia-Romagna
Zona di produzione
Comprende l'intero territorio dei comuni di Monte San Pietro e Monteveglio della provincia di Bologna e parte del territorio dei comuni di Sasso Marconi, Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Crespellano, Bazzano, Castello di Serravalle della provincia di Bologna e Savignano sul Panaro della provincia di Modena.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Pignoletto minimo 95% altri vitigni idonei alla coltivazione nella regione Emilia-Romagna, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 5%
Tecniche produttive
Sono da considerarsi inadatti i vigneti situati in terreni molto umidi a fondo valle.
I nuovi impianti ed i reimpianti dovranno avere una densità non inferiore ai 3 000 ceppi/ettaro.
Sono consentite solo forme di allevamento a spalliera.
È vietata ogni pratica di forzatura, ma consentita l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione e imbottigliamento debbono essere effettuate nella zona DOCG.
Richiede un invecchiamento fino al 1º aprile dell'anno successivo alla vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino più o meno intenso, con eventuali riflessi verdognoli;
odore: delicato, caratteristico;
sapore: fine, armonico, caratteristico;
zuccheri riduttori residui: massimo 6 g/l sino ad un titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol.; sono consentiti ulteriori 0,2 g/l di zuccheri riduttori residui per ogni 0,10% vol. di alcol totale eccedenti il titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol..
Informazioni sulla zona geografica
L'area geografica della DOCG include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra la vallata del Samoggia e l'ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Lavino e Idice. Tutti questi corsi d'acqua hanno andamento perpendicolare all'asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.
L'area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:
Contrafforti e Rupi
Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti). Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l'unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati. Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie epiliguri. Si tratta di corpi rocciosi stratificati. I versanti sono generalmente acclivi e boscati. Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell'area.
I Colli con Frane e Calanchi
Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti. A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l'aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso. Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette "Argille Scagliose": un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate. Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all'erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati. Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell'area (in sinistra Lavino).
I Primi Colli Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli. Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie sommità dove affiorano le "sabbie gialle". Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie Gialle (Pliocene – Pleistocene). Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell'area (in sinistra Reno).
Piana dei Fiumi Appenninici
Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d'acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali. I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un gradiente deposizionale trasversale all'asse del corso d'acqua. Talvolta lungo i fondivalle e lungo il margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili a quelli già descritti nel paesaggio precedente.
All'ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde un'altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura, scheletro, profondità) che di livello evolutivo.
La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m.., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei. I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleosuperfici subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali. I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei Primi colli.
Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di base secondo le convenzioni dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale), l'area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800 mm nell'alta pianura a 1 200 mm nelle zone collinari più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14 °C e 12 °C. Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 m s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche elevato (fino a 800 mm annui).
Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0 °C, vanno dai 4 500 ai 4 900 gradi giorno nella bassa collina. Sono inferiori a 500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 m s.l.m.m. L'Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2 100 nelle zone a quote meno elevate. La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un'ampia gamma di vitigni. In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.
Cenni storici
Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei Galli Boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone. I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l'uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama "arbustum gallicum", particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare. È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell'agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.
Plinio il Vecchio - I secolo d.C. - nel capitolo "Ego sum pinus laeto" tratto dalla monumentale opera di agronomia "Naturalis historia", enuncia che in "apicis collibus bononiensis" vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l'epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto "maturo" in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà. Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare. Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell'operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite. Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante. OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente ".. un vino superiore per bontà a tutti gli altri" e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come "pignole". I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.
Nel 1300, Pier de' Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale "Ruralium commordorum - libro XII" descriveva le caratteristiche organolettiche del "pignoletto" che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma. Agostino Gallo ne "Le venti giornate dell'agricoltura" del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre ricercate. Medico e botanico di Papa Sisto V, il Bacci, nel personale trattato del 1596 "De naturalis vinarium istoria de vitis italiane", asseriva le ".rare et optime..." qualità intrinseche dell'uva pignola. Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche. Trinci - 1726 - pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l'odierno pignoletto si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime. Ulteriori conferme sono riportate nel "Bullettino Ampelograficho" del 1881, in cui è nominata l'uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell'urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l'attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito a dubbi di sorta. Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della "Strada dei vini" per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città. A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.
Precedentemente all'attuale disciplinare questa DOCG era stata: Approvata come tipologia della DOC "Colli Bolognesi"con DM 04.08.1997 Approvato DOCG con DM 08.11.2010 (G.U. 278 - 27.11.2010) Modificato con DM 30.11.2011 (Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)[1]
Il disciplinare del 1975 (G.U. 02/05/1975 n. 318) prevedeva:
produzione massima di uva: 90 ql/ha
resa dell'uva in vino: massimo 65,0%
Titolo alcolometrico dell'uva: minimo 12,0%
Titolo alcolometrico totale del vino: minimo 12,0%
Estratto no riduttore: minimo 16,0‰
Vitigni:
Pignoletto: 95.0% - 100.0%
colore: paglierino chiaro, con riflessi verdognoli
odore: delicato, caratteristico
sapore: tranquillo, fine

ROSSO DEI COLLI AMERINI


Il Rosso dei Colli Amerini è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Terni.
colore: rosso rubino.
odore: vinoso e gradevole.
sapore: fresco, spumeggiante e corposo.

SANGIOVESE
 


https://youtu.be/tHpWtPJikZw

Il Sangiovese è un vitigno italiano a bacca nera. È tra i più diffusi (le aree coltivate coprono l'11% della superficie viticola nazionale); viene coltivato dalla Romagna fino alla Campania ed è tradizionalmente il vitigno più diffuso in Toscana. Entra negli uvaggi di centinaia di vini, tra i quali alcuni dei più prestigiosi vini italiani: Carmignano, Rosso Piceno Superiore, Rosso Conero riserva, Chianti e Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano, Montefalco rosso, Sangiovese di Romagna, Morellino di Scansano e molti altri meno conosciuti ma altrettanto pregevoli.

TORGIANO ROSSO RISERVA DOCG
Zona di produzione del  Torgiano Rosso Riserva DOCG è tutto il territorio del comune di Torgiano in provincia di Perugia. Il nome Torgiano deriva dalla contrazione di Torre di Giano, la torre, resto di un castello medioevale, che ancora oggi sovrasta l'antico borgo omonimo. Giano, secondo una leggenda, non sarebbe altri che il biblico Noè, sceso in Italia e fermatosi dopo il diluvio universale, proprio sulla riva sinistra del Tevere. La coltivazione della vite, in questa zona, risale almeno all'età etrusca. Non a caso sullo stemma del Comune di Torgiano da sempre campeggiano grappoli di uva accanto alla torre. Il vitigno principale è il Sangiovese minimo 70% ma possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino le uve a bacca rossa idonee alla coltivazione per la provincia di Perugia, fino ad un massimo del 30%. Titolo alcolometrico minimo: 12,50% vol. Acidità totale minima: 4,0 g/l. Il periodo di invecchiamento è di almeno tre anni, dei quali almeno sei mesi in bottiglia. Limpidezza brillante. Colore rosso rubino. Odore vinoso, delicato. Sapore asciutto, armonico, di giusto corpo. Il Torgiano Rosso Riserva è considerato vino da tutto pasto, comunque ideale con pastasciutte, pollame nobile, arrosti, selvaggina e cacciagione. Temperatura di degustazione: 18°-20°C.

VERDICCHIO DI MATELICA RISERVA DOCG


Il verdicchio è un pregiato vitigno autoctono delle Marche. La sua origine non è certa, ma la sua coltivazione, soprattutto nell’alta valle dell’ Esino, ha radici antichissime. La zona di produzione delle uve atte a produrre i vini a Denominazione di Origine Controllata e garantita “Verdicchio di Matelica Riserva” comprende parte del territorio dei comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco in provincia di Macerata e parte del territorio dei comuni di Cerreto d’Esi e Fabriano in provincia di Ancona. Deve essere ottenuto dalle uve del vitigno Verdicchio, presente in ambito aziendale, per un minimo dell’85%. Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione nella regione Marche, congiuntamente o disgiuntamente per un massimo del 15%. Il titolo alcolometrico minimo è 12,50%. L’acidità totale minima 5 g/l. In relazione all’eventuale conservazione in recipienti in legno il sapore del vino può rivelare lieve sentore di legno. Il colore è giallo paglierino. L’odore delicato, caratteristico; il sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo. Può essere utilizzato come aperitivo o abbinato a piatti di pesce o a primi piatti con condimenti vegetali o di mare. Si accompagna spesso a zuppe di pesce e a pesci al cartoccio o al forno; è ottimo anche con le carni bianche.