L'aglio (Allium sativum L.) è una pianta coltivata bulbosa, assegnata tradizionalmente alla famiglia delle Liliaceae, ma che la recente classificazione APG III attribuisce alle Amaryllidaceae (sottofamiglia Allioideae).
Il suo utilizzo primo è quello di condimento, ma è ugualmente usato a scopo terapeutico per le proprietà congiuntamente attribuitegli dalla scienza e dalle tradizioni popolari.
A causa della sua coltivazione molto diffusa l'aglio viene considerato quasi ubiquitario, ma le sue origini sono asiatiche (sono state rintracciate sia nella Siberia sud-occidentale), velocemente diffusosi nel bacino mediterraneo e già conosciuto nell'antico Egitto.
L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile.
Alcune delle cultivar di aglio più rinomate:
Aglio di Caraglio - (aj 'd Caraj), L'aglio di Caraglio, un paese della provincia di Cuneo, è un aglio dal caratteristico aroma delicato. La caratteristica è data dal clima e dai terreni calcarei, dolomitici e cristallini delle montagne della Valle Grana. È stato creato, nel 2009, un Consorzio di tutela e valorizzazione.
Piacentino bianco
Aglio rosso di Sulmona - una delle poche varietà italiane se non l'unica che va in fiore.
Aglio di Vessalico (bianco), è presidio Slowfood.
Aglio rosso di Nubia - L'aglio rosso di Nubia, una frazione di Paceco (Trapani), è presidio Slowfood. Il bulbo è costituito tipicamente da dodici bulbilli o spicchi, con le tuniche esterne bianche e le tuniche interne di colore rosso vivo. Molto intenso e profumato.
Aglio di Voghiera (Fe), di sapore delicato.
Aglio di Resia - L'aglio della Valle di Resia presenta un bulbo di piccole dimensioni, rossastro. I bulbilli sono dotati di odore e sapore più accentuato degli agli normalmente in commercio.
Aglio Rosso di Proceno (VT) - Aglio coltivato nel Comune di Proceno (VT) sin dai tempi antichi. È un aglio dal profumo intenso e da un sapore forte e gradevole. Ha lo scapo fiorale (Tarlo).
Coltivazione
Per coltivare l'aglio, bisogna prima dividerlo in spicchi uguali e poi piantarli uno a uno con la punta dello spicchio rivolta verso l'alto. Si pianta nello strato attivo.
I fiori sono sterili, e così anche i semi. L'unica via di propagazione si ha attraverso divisione e piantumaggio dei singoli bulbetti, previa una attenta selezione dei singoli spicchi. Questo aumenta la probabilità che le future piante siano maggiormente resistenti alle malattie, più forti, etc.
La pianta non ama il freddo autunno-invernale. Allora comincia ad afflosciarsi, fino a seccarsi del tutto. È a questo punto che il tubero sotterraneo andrebbe raccolto. I bulbi che invece si lasciano in loco, rivegeteranno l'anno seguente, coi primi caldi. Formeranno anche bulbilli (piccoli bulbi cresciuti lateralmente al bulbo-madre). La raccolta dei bulbi dunque non è solo una necessità alimentare, ma anche una intelligente pratica colturale che impedisce un eccessivo affollamento dell'area.
In cucina
L'aglio in cucina è molto utilizzato come condimento, ad esempio come ingrediente per salse come bagna caoda, pesto, aioli, tzatziki. La parte commestibile sono i bulbilli (spicchi). Si consuma crudo o cotto, fresco o secco, intero, a fettine, tritato, in polvere. Talvolta gli spicchi vengono utilizzati per insaporire la pietanza ma non vengono direttamente consumati.
Valori nutrizionali
Dal punto di vista nutrizionale la pianta non presenta elementi quali grassi, carboidrati e proteine; infatti, a parte un buon apporto di vitamine (A, C, PP, B1 e B2), le virtù dell’aglio consistono soprattutto in una serie di benefici apportati all’organismo. L'aglio ha infatti spiccate proprietà ipotensive, è un ottimo battericida ed antimicotico, ha azione espettorante ed è ricco di potassio.
L’aglio ha diverse proprietà benefiche, alcune delle quali particolarmente vantaggiose per chi pratica sport. Infatti esercita un’azione: cardioprotettiva (migliora la forza contrattile del cuore e regola il polso), digestiva (aumenta l’acidità di stomaco agendo anche come calmante a livello gastrointestinale), antisettica.
Cenni storici
Si ritiene che l'aglio sia originario dell'Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono le sue patrie. Li gli agricoltori locale riuscirono in quell'impresa che trasforma una pianta da selvatica a coltivabile e da li inizia il viaggio che ha portato oggi l'aglio ad essere uno dei pochi ortaggi globali, utilizzato indistintamente un po' ovunque. Oggi allo stato selvatico lo si può ancora trovare solo in Siberia e nella parte sud dei monti Urali. Anticamente lo si riteneva originario dell'Egitto perché lo si trovava raffigurato nelle piramidi. Ora si ritiene che la sua diffusione nel Mediterraneo inizi da li.
Fin dall’antichità l’aglio è stato apprezzato sia come alimento, per il sapore caratteristico che dà ai cibi, che come pianta medicinale. Ippocrate, il più grande medico dell’antichità che basò le sue teorie sulla osservazione dei fatti, in più occasioni raccomanda di usare l’aglio per le sue qualità medicinali avallando così la tradizione e l’esperienza popolare. Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis, ne indica con dovizia di particolari vari usi terapeutici e non è un mistero che i legionari romani usavano l’aglio abitualmente come vermifugo e per combattere varie malattie infettive. Nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni, metodo tutt'oggi utilizzato nella medicina popolare.
Coltivazione
Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, è attualmente coltivato in tutti i continenti ed è molto noto per l’uso culinario. In Italia viene coltivata maggiormente in Campania, Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia. E’ una perenne rustica, coltivata come annuale.
Come scegliere
Il bulbo dell'aglio deve avere forma compatta, essere sodo e non presentare ammaccature, muffe e fenomeni di germogliazione.
Come conservare
L'aglio si conserva a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto. Importante è controllare che non presenti muffe e fenomeni di germogliazione
L'aglio (
Allium sativum L.) è una pianta coltivata bulbosa, assegnata tradizionalmente alla famiglia delle Liliaceae, ma che la recente classificazione APG III attribuisce alle Amaryllidaceae (sottofamiglia Allioideae).
Il suo utilizzo primo è quello di condimento, ma è ugualmente usato a scopo terapeutico per le proprietà congiuntamente attribuitegli dalla scienza e dalle tradizioni popolari.
A causa della sua coltivazione molto diffusa l'aglio viene considerato quasi ubiquitario, ma le sue origini sono asiatiche (sono state rintracciate sia nella Siberia sud-occidentale), velocemente diffusosi nel bacino mediterraneo e già conosciuto nell'antico Egitto.
L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile.
Alcune delle cultivar di aglio più rinomate:
Aglio di Caraglio - (aj 'd Caraj), L'aglio di Caraglio, un paese della provincia di Cuneo, è un aglio dal caratteristico aroma delicato. La caratteristica è data dal clima e dai terreni calcarei, dolomitici e cristallini delle montagne della Valle Grana. È stato creato, nel 2009, un Consorzio di tutela e valorizzazione.
Piacentino bianco
Aglio rosso di Sulmona - una delle poche varietà italiane se non l'unica che va in fiore.
Aglio di Vessalico (bianco), è presidio Slowfood.
Aglio rosso di Nubia - L'aglio rosso di Nubia, una frazione di Paceco (Trapani), è presidio Slowfood. Il bulbo è costituito tipicamente da dodici bulbilli o spicchi, con le tuniche esterne bianche e le tuniche interne di colore rosso vivo. Molto intenso e profumato.
Aglio di Voghiera (Fe), di sapore delicato.
Aglio di Resia - L'aglio della Valle di Resia presenta un bulbo di piccole dimensioni, rossastro. I bulbilli sono dotati di odore e sapore più accentuato degli agli normalmente in commercio.
Aglio Rosso di Proceno (VT) - Aglio coltivato nel Comune di Proceno (VT) sin dai tempi antichi. È un aglio dal profumo intenso e da un sapore forte e gradevole. Ha lo scapo fiorale (Tarlo).
Coltivazione
Per coltivare l'aglio, bisogna prima dividerlo in spicchi uguali e poi piantarli uno a uno con la punta dello spicchio rivolta verso l'alto. Si pianta nello strato attivo.
I fiori sono sterili, e così anche i semi. L'unica via di propagazione si ha attraverso divisione e piantumaggio dei singoli bulbetti, previa una attenta selezione dei singoli spicchi. Questo aumenta la probabilità che le future piante siano maggiormente resistenti alle malattie, più forti, etc.
La pianta non ama il freddo autunno-invernale. Allora comincia ad afflosciarsi, fino a seccarsi del tutto. È a questo punto che il tubero sotterraneo andrebbe raccolto. I bulbi che invece si lasciano in loco, rivegeteranno l'anno seguente, coi primi caldi. Formeranno anche bulbilli (piccoli bulbi cresciuti lateralmente al bulbo-madre). La raccolta dei bulbi dunque non è solo una necessità alimentare, ma anche una intelligente pratica colturale che impedisce un eccessivo affollamento dell'area.
In cucina
L'aglio in cucina è molto utilizzato come condimento, ad esempio come ingrediente per salse come bagna caoda, pesto, aioli, tzatziki. La parte commestibile sono i bulbilli (spicchi). Si consuma crudo o cotto, fresco o secco, intero, a fettine, tritato, in polvere. Talvolta gli spicchi vengono utilizzati per insaporire la pietanza ma non vengono direttamente consumati.
Valori nutrizionali
Dal punto di vista nutrizionale la pianta non presenta elementi quali grassi, carboidrati e proteine; infatti, a parte un buon apporto di vitamine (A, C, PP, B1 e B2), le virtù dell’aglio consistono soprattutto in una serie di benefici apportati all’organismo. L'aglio ha infatti spiccate proprietà ipotensive, è un ottimo battericida ed antimicotico, ha azione espettorante ed è ricco di potassio.
L’aglio ha diverse proprietà benefiche, alcune delle quali particolarmente vantaggiose per chi pratica sport. Infatti esercita un’azione: cardioprotettiva (migliora la forza contrattile del cuore e regola il polso), digestiva (aumenta l’acidità di stomaco agendo anche come calmante a livello gastrointestinale), antisettica.
Cenni storici
Si ritiene che l'aglio sia originario dell'Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono le sue patrie. Li gli agricoltori locale riuscirono in quell'impresa che trasforma una pianta da selvatica a coltivabile e da li inizia il viaggio che ha portato oggi l'aglio ad essere uno dei pochi ortaggi globali, utilizzato indistintamente un po' ovunque. Oggi allo stato selvatico lo si può ancora trovare solo in Siberia e nella parte sud dei monti Urali. Anticamente lo si riteneva originario dell'Egitto perché lo si trovava raffigurato nelle piramidi. Ora si ritiene che la sua diffusione nel Mediterraneo inizi da li.
Fin dall’antichità l’aglio è stato apprezzato sia come alimento, per il sapore caratteristico che dà ai cibi, che come pianta medicinale. Ippocrate, il più grande medico dell’antichità che basò le sue teorie sulla osservazione dei fatti, in più occasioni raccomanda di usare l’aglio per le sue qualità medicinali avallando così la tradizione e l’esperienza popolare. Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis, ne indica con dovizia di particolari vari usi terapeutici e non è un mistero che i legionari romani usavano l’aglio abitualmente come vermifugo e per combattere varie malattie infettive. Nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni, metodo tutt'oggi utilizzato nella medicina popolare.
Coltivazione
Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, è attualmente coltivato in tutti i continenti ed è molto noto per l’uso culinario. In Italia viene coltivata maggiormente in Campania, Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia. E’ una perenne rustica, coltivata come annuale.
Come scegliere
Il bulbo dell'aglio deve avere forma compatta, essere sodo e non presentare ammaccature, muffe e fenomeni di germogliazione.
Come conservare
L'aglio si conserva a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto. Importante è controllare che non presenti muffe e fenomeni di germogliazione
Lo scalogno
Lo scalogno (Allium ascalonicum L.) (detto anche scalogna) è una pianta della famiglia Liliaceae (Amaryllidaceae secondo la moderna classificazione APG). Affine alla cipolla con la quale condivide molte caratteristiche e similitudini di utilizzo. Il nome designa tanto la pianta quanto il suo bulbo.
Le prime zone in cui lo scalogno è comparso si trovano in Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan), regione in cui molte specie esistono ancora allo stato selvaggio. Da qui la pianta si sarebbe diffusa verso l'India e verso il Mediterraneo orientale, anche se le zone esatte in cui le prime varietà di scalogno sarebbero state addomesticate non sono ancora state individuate.
Il nome, scientifico quanto volgare, sembra derivare da quello dell'antico porto mediterraneo di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Gaza. Plinio scrive che i greci avevano sei tipi di cipolle, tra cui appunto la scalogna, mentre lo scrittore del I secolo Columella sostiene le virtù dello scalogno, affermando che questa cipolla è la migliore di tutte le varietà. Non è tuttavia certo, date le somiglianze fra alcune varietà di cipolle e gli scalogni, se gli Antichi si riferissero alle stesse varietà a noi note.
Lo scalogno che coltiviamo attualmente arrivò in Europa tra il XII-XIII secolo per opera dei crociati che rientravano dalla Terra santa (si ricordi la Battaglia di Ascalona durante la prima crociata); già nel Duecento in Francia, lo scalogno aveva un ruolo importante nella cucina tradizionale. In un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno.
Alcune fonti riportano che lo scalogno sia stato introdotto nelle Americhe da Hernando de Soto durante la sua esplorazione della Lousiana.
Lo scalogno era ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale è citato anche da Ovidio) e nelle campagne di tutta Italia molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprietà afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586.
Lo scalogno è una pianta di circa 20–30 cm di altezza, con foglie cilindriche.
Tutte le varietà di scalogno rassomigliano alle cipolle, ma a differenza di queste posseggono un bulbo composito (non unico) e, almeno tradizionalmente, prediligono una riproduzione per via vegetativa. L'infiorescenza, quando si manifesta in alcune varietà appositamente selezionate, è, come in tutte le specie del genere Allium, di tipo ombrellifero, ed i semi sono piccoli e neri.
Il bulbo è tunicato come quello della cipolla, ma più piccolo (generalmente il suo diametro una volta pelato non supera i 4–5 cm), ed è spesso composto da due o tre più piccoli bulbilli uniti in un bulbo tunicato unico poco più grande, nel complesso leggermente più affusolato della cipolla. In genere raggiunge un peso che varia da 5 a 25 grammi circa ed è di diverse varietà, che si distinguono tra loro in funzione del colore delle guaine esterne (verde violaceo, rosso, rosso-bruno, rosso rosaceo, viola, giallo, grigio e bianco), della loro forma (sferica, rotondeggiante ed allungata) e infine dal sapore, il quale è molto influenzato anche dalla zona di coltivazione.
In base al colore della buccia si raggruppano in genere le varietà coltivate in Europa:
Rosa. La più importante di queste varietà è lo scalogno di Jersey, fra i più sofisticati, che ha un bulbo sferico rigonfio (corto e piuttosto largo), una buccia dal rame al rosa, una polpa venata e un aroma poco piccante; altre varietà sono la Pesandor e la Rondeline;
Grigi. Famosa è la varietà di scalogno comune, che ha un bulbo piccolo di forma allungata, guaine di colore grigio con testa violacea, una polpa soda ed un aroma pungente; varietà comuni sono la Griselle e la Grisor.
Gialli. Tipici dell'Olanda, hanno un bulbo relativamente arrotondato e corto, fra i più simili alla cipolla.
Bruno rossastri. La più diffusa in Italia è certamente lo Scalogno di Romagna, prodotto IGP (dal 1997) coltivato dall'inizio del XX secolo nelle zone tra Faenza, Forlì ed Imola, che possiede foglie slanciate, un bulbo a forma di fiaschetto talvolta contorto, un apparato radicale ben sviluppato, guaine di colore scuro dorato o ramato, una polpa dalle sfumature rosa-lilla e un sapore piccante. Altre varietà sono la Arvro, la Germor e la Longor.
Lo scalogno è una pianta erbacea poliennale, ma viene usualmente coltivata come annuale. A differenza delle altre piante della sua famiglia, come aglio e cipolla, in genere non produce fiori, motivo per cui molte varietà, selezionate per l'alimentazione umana, non sono diffuse allo stato selvatico. Per tradizione lo scalogno è sempre stato riprodotto per via vegetativa.
L'operazione d'interramento dei bulbi va ripetuta, cicilicamente, ogni anno. Nell'emisfero boreale viene eseguita nei mesi di fine autunno (ottobre-dicembre) in Paesi come l'Italia, mentre in aree dal clima più rigido quali Nord America o Europa settentrionale, si preferisce aspettare fine inverno.
I bulbilli si piantano separati l'uno dall'altro, pertanto se venduti in cespi vanno preventivamente divisi. La densità d’impianto ottimale può variare in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione: i migliori risultati si ottengono interrando di pochi centimetri bulbilli dal peso medio di 15-20 grammi allineati in rettilineo a distanza di circa 10–15 centimetri uno dall'altro, con file distanti fra loro 40–55 centimetri (anche in funzione del mezzo meccanico disponibile per la sarchiatura), in tutto circa 13-20 piante/m2. Per l'impianto sono necessari circa 25–40 kg per ara, considerando che 1 kg di bulbi sono approssimativamente 35-40 bulbi di calibro 25–30 mm. La punta del bulbo deve essere posizionata verso l'alto, appena sotto il livello del suolo.
In genere i bulbi più grossi sono riservati al consumo, per cui spesso vengono piantati dei bulbi più piccoli, i quali avendo un minor numero di aree meristematiche (vegetative) tendono a dare origine a pochi bulbi, più grandi. Viceversa, l'impianto di grandi bulbi con molti punti di crescita ha come conseguenza una maggior filiazione, e quindi la produzione di un ciuffo di bulbi più esteso, ma con bulbi di dimensioni ridotte. Come per molte altre piante, si consiglia di utilizzare i bulbi che si sono rivelati più sani e vitali.
Analogamente a molti altri ortaggi, lo scalogno predilige i climi temperati, dal momento che temperature inferiori ai 7-8 °C e superiori ai 30 °C ne ostacolano lo sviluppo vegetativo (valori termici prossimi allo zero possono in particolare provocare la morte della pianta, anche se alcune varietà hanno tolleranza a gelo fino a -8 °C). Sono consigliabili temperature più basse durante lo sviluppo (7-15 °C) che durante la formazione dei bulbi (15-25 °C). Le esposizioni migliori sono quindi gli ambienti completamente soleggiati, perché la crescita dei bulbi è accelerata dalle lunghe giornate e dalle alte temperature estive.
Se gli scalogni piantati a fine autunno sono sottoposti a un inverno lungo e mite potrebbe verificarsi un periodo di crescita intermittente che aumenta il numero di punti vegetativi sulla superficie del bulbo. Gli scalogni piantati in primavera hanno invece una crescita più uniforme e producono bulbi più grandi.
Per quanto riguarda i parametri pedologici, lo scalogno da orto si adatta meglio ai terreni sciolti o sabbiosi, di medio impasto, ben drenati, con un pH nel range 6.0-7.5[23], una profondità utile di almeno
40 cm e con un buon contenuto di materia organica, mentre rifugge quelli troppo argillosi e compatti in quanto potrebbero risultare soggetti a ristagni idrici. Per evitare questi ultimi è consigliata talvolta una prosatura per facilitare lo sgrondo delle acque.
Lo scalogno non presenta particolari esigenze nutritive, ma risulta comunque favorito da una buona fertilità del terreno, e si consiglia una rotazione lunga, di almeno 4-5 anni, prima di ripiantarne i bulbi nella stessa parcella (non è ammesso il cosiddetto ristoppio), e, più in generale, di non coltivare lo scalogno in successione ad altre liliacee, solanacee, cavoli o barbabietole, mentre è ammessa la rotazione con carote, frumento, lattuga, orzo e radicchio.
La concimazione va effettuata preferibilmente con concimi minerali in quanto quelli organici rendono la pianta più sensibile all'attacco dei parassiti (per quanto riguarda l’apporto di letame occorre in particolare che questo sia ben maturo). Prima della messa a dimora si devono somministrare concimi binari fosfo-potassici a base di solfato, dal momento che lo scalogno assorbe dal terreno considerevoli quantità di zolfo, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore. L’azoto invece si distribuisce in maniera frazionata prima dell’impianto, all’emissione della terza o quarta foglia ed all’inizio dell’ingrossamento dei bulbi. Lavorando il terreno, bisogna fare sempre attenzione a non danneggiare le radici, in genere sono poco profonde.
Per il controllo delle erbe infestanti negli orti famigliari si ricorre alla scerbatura manuale. Nelle colture in pieno campo si possono eseguire invece delle sarchiature tra una fila e l’altra e, qualora venga utilizzata la pacciamatura non sono necessari trattamenti erbicidi, negli altri casi si ammette il diserbo chimico.
In assenza di precipitazioni nei mesi di maggio e di giugno si interviene con l’irrigazione, avendo cura di lasciare asciugare il terreno tra un intervento e l’altro, perché come detto lo scalogno è sofferente ai ristagni d'acqua.
Nel complesso il ciclo colturale dura 7-8 mesi nel caso di propagazione per interramento. L'epoca di raccolta è un momento fondamentale della filiera produttiva che influenza in maniera determinante la qualità globale del prodotto. Non è disponibile un metodo oggettivo del tutto affidabile ed universalmente accettato per valutare la maturità e di conseguenza l'epoca di raccolta dello scalogno, ma in genere essa avviene quando le foglie della pianta iniziano ad appassire, presentandosi ingiallite e reclinate verso terra per la perdita di turgidità dei tessuti.
La resa agricola è in media di 10-20 bulbi per pianta, sull'ordine dei 4 kg/m2.
La raccolta avviene in periodi differenti in base all’utilizzo previsto: quella effettuata nel mese di giugno fornisce un prodotto da consumare fresco, mentre quella effettuata verso la metà del mese di luglio un prodotto utilizzabile per la conservazione e la trasformazione. Nella tradizione contadina, le verdure a bulbo (cipolla, aglio, scalogno) sono raccolte durante le fasi di luna calante.
La raccolta si effettua con zappa o vanga nei piccoli apprezzamenti, dove i bulbi sono estirpati a mano e lasciati sul terreno per una settimana in modo da permettere l'essiccazione delle parti verdi sia della pianta che delle radici. Negli appezzamenti industriali l'operazione è totalmente meccanizzata, le foglie vengono tagliate ad una altezza variabile da 3 a 10 cm dal bulbo, dalla stessa macchina che effettua l'estirpazione o da una che la precede. I bulbi sono quindi convogliati (subito o dopo 1 o 2 giorni di permanenza in campo) in contenitori costituiti da pallet-box o carri (trasporto alla rinfusa) per il loro trasporto al magazzino. L'asportazione della maggior parte delle foglie aumenta la quantità del prodotto stivabile nei contenitori e facilita la circolazione dell'aria al loro interno. La distribuzione verso il commercio al dettaglio viene fatto con cassette o sacchi a rete.
Negli ultimi decenni tuttavia la ricerca agricola da parte delle aziende agricole dei Paesi Bassi De Groot en Slot Allium B.V. e Bejo-Zaden B.V. ha portato all'individuazione del seme, ed aperto la strada a una nuova, più recente, modalità di produzione. Semi di scalogno sono disponibili sul mercato dal 1998, e tali varietà sono chiamate échalote de semis in francese, Säschalotte in tedesco e sown shallot in inglese. Si tratta, strettamente parlando, di un incrocio tra cipolle e scalogni, che attraverso la selezione ha combinato le caratteristiche positive di sapore e di moltiplicazione delle sementi.
La semina diretta si effettua nell'emisfero boreale in febbraio appena il terreno è lavorabile (i semi possono anche essere interrati in serra circa otto settimane prima di essere trapiantati nei campi); il ciclo culturale è più breve, circa quattro o cinque mesi. Sono necessari 1.500.000-2.000.000 di semi (5 kg) per ettaro.
Questi progressi della tecnica hanno portato ad adattare di conseguenza la normativa europea, in particolare il Catalogo comune delle varietà delle specie di ortaggi della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per il quale lo scalogno oramai è considerato tale anche se non riprodotto da bulbo.
Questo passaggio normativo tuttavia non è stato immediato. In Francia ad esempio ad esempio la legislazione risalente al 1990 riservava espressamente diritto di essere commercializzato con il nome di "scalogno" alle sole varietà dette di "tradizione", riprodotte per interramento dei bulbi. Il contenzioso avviato in merito dalla società olandese De Groot en Slot Allium B.V. davanti al Consiglio di Stato ha visto quest'ultimo sancire espressamente l'appartenenza delle varietà seminate alla specie botaniche "scalogno", dato che entrambe le varianti (seminata e "tradizionale") condividerebbero con le altre varietà di scalogno proprietà che contraddistinguono tutti gli scalogni dalle cipolle. Conseguentemente, nonostante la paura da parte dei produttori "tradizionali" della Bretagna e della Valle della Loira di perdere il monopolio che avevano da molti anni, un nuovo decreto è stato adottato 16 gennaio 2007 (NOR: AGRP0700153A)[36], il quale stabilisce la coesistenza di due modi di produzione (seminato e piantato), dalle simili qualità nutrizionali.
Dopo l'estirpazione e la loro essiccazione, i bulbi di scalogno possono essere conservati a temperatura ambiente, in un luogo buio, fresco, asciutto (umidità relativa sotto il 70%) e ben ventilato per circa 2-3 settimane, controllando, come nel caso di altri bulbi, che non avvengano fenomeni di germogliazione. Dopo questa prima fase i bulbi possono essere venduti.
Al momento dell'acquisto lo scalogno deve presentarsi ben sodo (forma compatta), con una buccia liscia priva di muffe, ammaccature e macchie; i bulbi che presentano fenomeni di germogliazione sono in generale molli al tatto e hanno la buccia rovinata.
Una volta acquistato, lo scalogno, se conservato in locali freschi, asciutti e ben aerati o ventilati (tettoie o alcune cantine), può durare fino a sei mesi senza perdere le sue caratteristiche. Il bulbo con un poco di stelo può essere ad esempio conservato in mazzetti, oppure nelle regioni francofone in trecce, poi appese, come si usa fare con l'aglio. Si deve evitare di conservare i bulbi in frigorifero o di riporli in confezioni impermeabili che ne favoriscono la decomposizione.
Lo scalogno non processato ha nel complesso un periodo di conservazione limitato ai sei mesi, un fatto di fondamentale importanza per la propagazione di varietà tradizionali, le quali devono quindi essere ripiantate ogni anno. I bulbi più piccoli hanno una durata minore, per questo se non possono essere piantati vengono consumati per primi.
Per il consumo alimentare, lo scalogno viene processato in molti modi diversi. Una volta tagliato, lo scalogno può essere conservato, avvolto nella pellicola per alimenti, in frigorifero, dove può rimanere al massimo per una settimana, mentre, come le cipolle, i bulbi possono essere grossolanamente tritati e conservati in congelatore.
Un altro metodo di conservazione è quello di porli, preventivamente sbucciati, in contenitori di vetro sott'olio o sott'aceto.
In cucina
Anche se le foglie giovani verdi delle piante sono molto saporite e possono essere usate tritate al posto dell'erba cipollina, lo scalogno è coltivato soprattutto per i suoi bulbi, edibili al 70%. In genere le stesse foglie non sono mai raccolte in grande quantità proprio perché questo ridurrebbe la resa agricola dei bulbi.
Prima dell'utilizzo si deve eliminare la parte esterna (di consistenza cartacea) e tagliarne le estremità. Non si devono mai mettere gli scalogni sotto l'acqua per mitigare il bruciore che provocano agli occhi, poiché questo influisce negativamente sul loro sapore.
I bulbi hanno un sapore meno intenso della cipolla, più aromatico e leggermente agliaceo, ma, a differenza dell'aglio, non sono troppo acri. In generale proprio per il suo delicato e caratteristico apporto aromatico lo scalogno è proposto come sostituto della cipolla per l'elaborazione di antipasti e piatti di portata nella cucina più raffinata o più attenta ai gusti delicati (ha inoltre il vantaggio di appesantire di meno l'alito).
Lo scalogno viene consumato sia cotto che crudo, anche se quest'ultimo uso è più consigliato perché, ad esempio, nei soffritti, di cui è suggerito come base per zuppe o risotti, lo scalogno tende a divenire amaro. Lo scalogno contiene inoltre leggermente meno acqua della cipolla, pertanto è più soggetto a carbonizzare durante la cottura.
Spesso viene fatta confusione nell’utilizzo della parola cipollotto. Per alcuni, infatti, indica una cipolla piccola di forma allungata e di vari colori, mentre per altri una pianta dal bulbo esile e simile al fusto. La risposta corretta è la seconda, perché il cipollotto è una pianta che appartiene a una specie diversa da quella della cipolla. Quando invece si parla dei “cipollotti” di colore rosso, si intende una varietà di cipolla in grado di formare i bulbilli che viene messa in terra tutta insieme. In questo modo, i singoli bulbilli crescono formando tante piante diverse ma che occupano tutte lo stesso spazio; visto che non hanno la possibilità di espandersi, rimangono piccole e di forma allungata, spesso con lati perfettamente lisci e non arrotondati dove sono venute in contatto con le altre cipolle; tuttavia, nonostante il nome, si tratta a tutti gli effetti di una cipolla, che ha le stesse caratteristiche della cipolla “grande”.
Esistono poi cipolle, come il Cipollotto Nocerino DOP, che sono cipolle a tutti gli effetti, anche se piccole.
Il cipollotto propriamente detto, chiamato anche cipolla d’inverno, è una pianta che appartiene al genere Allium fistulosum, quindi diversa dalla cipolla e coltivata principalmente in Oriente, da poco importata nelle nostre zone. Il cipollotto è diverso dalla cipolla principalmente per la forma del bulbo, che è allungato e non molto più ampio rispetto al fusto. È di colore bianco, oppure rosa, e non è conservabile, a differenza delle cipolle, per cui viene consumato solamente fresco, di solito come condimento dell’insalata. Essendo però molto correlato alla cipolla, spesso viene usato in sua sostituzione.
Lo scalogno (Allium ascalonicum L.) (detto anche scalogna) è una pianta della famiglia Liliaceae (Amaryllidaceae secondo la moderna classificazione APG). Affine alla cipolla con la quale condivide molte caratteristiche e similitudini di utilizzo. Il nome designa tanto la pianta quanto il suo bulbo.
Le prime zone in cui lo scalogno è comparso si trovano in Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan), regione in cui molte specie esistono ancora allo stato selvaggio. Da qui la pianta si sarebbe diffusa verso l'India e verso il Mediterraneo orientale, anche se le zone esatte in cui le prime varietà di scalogno sarebbero state addomesticate non sono ancora state individuate.
Il nome, scientifico quanto volgare, sembra derivare da quello dell'antico porto mediterraneo di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Gaza. Plinio scrive che i greci avevano sei tipi di cipolle, tra cui appunto la scalogna, mentre lo scrittore del I secolo Columella sostiene le virtù dello scalogno, affermando che questa cipolla è la migliore di tutte le varietà. Non è tuttavia certo, date le somiglianze fra alcune varietà di cipolle e gli scalogni, se gli Antichi si riferissero alle stesse varietà a noi note.
Lo scalogno che coltiviamo attualmente arrivò in Europa tra il XII-XIII secolo per opera dei crociati che rientravano dalla Terra santa (si ricordi la Battaglia di Ascalona durante la prima crociata); già nel Duecento in Francia, lo scalogno aveva un ruolo importante nella cucina tradizionale. In un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno.
Alcune fonti riportano che lo scalogno sia stato introdotto nelle Americhe da Hernando de Soto durante la sua esplorazione della Lousiana.
Lo scalogno era ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale è citato anche da Ovidio) e nelle campagne di tutta Italia molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprietà afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586.
Lo scalogno è una pianta di circa 20–30 cm di altezza, con foglie cilindriche.
Tutte le varietà di scalogno rassomigliano alle cipolle, ma a differenza di queste posseggono un bulbo composito (non unico) e, almeno tradizionalmente, prediligono una riproduzione per via vegetativa. L'infiorescenza, quando si manifesta in alcune varietà appositamente selezionate, è, come in tutte le specie del genere Allium, di tipo ombrellifero, ed i semi sono piccoli e neri.
Il bulbo è tunicato come quello della cipolla, ma più piccolo (generalmente il suo diametro una volta pelato non supera i 4–5 cm), ed è spesso composto da due o tre più piccoli bulbilli uniti in un bulbo tunicato unico poco più grande, nel complesso leggermente più affusolato della cipolla. In genere raggiunge un peso che varia da 5 a 25 grammi circa ed è di diverse varietà, che si distinguono tra loro in funzione del colore delle guaine esterne (verde violaceo, rosso, rosso-bruno, rosso rosaceo, viola, giallo, grigio e bianco), della loro forma (sferica, rotondeggiante ed allungata) e infine dal sapore, il quale è molto influenzato anche dalla zona di coltivazione.
In base al colore della buccia si raggruppano in genere le varietà coltivate in Europa:
Rosa. La più importante di queste varietà è lo scalogno di Jersey, fra i più sofisticati, che ha un bulbo sferico rigonfio (corto e piuttosto largo), una buccia dal rame al rosa, una polpa venata e un aroma poco piccante; altre varietà sono la Pesandor e la Rondeline;
Grigi. Famosa è la varietà di scalogno comune, che ha un bulbo piccolo di forma allungata, guaine di colore grigio con testa violacea, una polpa soda ed un aroma pungente; varietà comuni sono la Griselle e la Grisor.
Gialli. Tipici dell'Olanda, hanno un bulbo relativamente arrotondato e corto, fra i più simili alla cipolla.
Bruno rossastri. La più diffusa in Italia è certamente lo Scalogno di Romagna, prodotto IGP (dal 1997) coltivato dall'inizio del XX secolo nelle zone tra Faenza, Forlì ed Imola, che possiede foglie slanciate, un bulbo a forma di fiaschetto talvolta contorto, un apparato radicale ben sviluppato, guaine di colore scuro dorato o ramato, una polpa dalle sfumature rosa-lilla e un sapore piccante. Altre varietà sono la Arvro, la Germor e la Longor.
Lo scalogno è una pianta erbacea poliennale, ma viene usualmente coltivata come annuale. A differenza delle altre piante della sua famiglia, come aglio e cipolla, in genere non produce fiori, motivo per cui molte varietà, selezionate per l'alimentazione umana, non sono diffuse allo stato selvatico. Per tradizione lo scalogno è sempre stato riprodotto per via vegetativa.
L'operazione d'interramento dei bulbi va ripetuta, cicilicamente, ogni anno. Nell'emisfero boreale viene eseguita nei mesi di fine autunno (ottobre-dicembre) in Paesi come l'Italia, mentre in aree dal clima più rigido quali Nord America o Europa settentrionale, si preferisce aspettare fine inverno.
I bulbilli si piantano separati l'uno dall'altro, pertanto se venduti in cespi vanno preventivamente divisi. La densità d’impianto ottimale può variare in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione: i migliori risultati si ottengono interrando di pochi centimetri bulbilli dal peso medio di 15-20 grammi allineati in rettilineo a distanza di circa 10–15 centimetri uno dall'altro, con file distanti fra loro 40–55 centimetri (anche in funzione del mezzo meccanico disponibile per la sarchiatura), in tutto circa 13-20 piante/m2. Per l'impianto sono necessari circa 25–40 kg per ara, considerando che 1 kg di bulbi sono approssimativamente 35-40 bulbi di calibro 25–30 mm. La punta del bulbo deve essere posizionata verso l'alto, appena sotto il livello del suolo.
In genere i bulbi più grossi sono riservati al consumo, per cui spesso vengono piantati dei bulbi più piccoli, i quali avendo un minor numero di aree meristematiche (vegetative) tendono a dare origine a pochi bulbi, più grandi. Viceversa, l'impianto di grandi bulbi con molti punti di crescita ha come conseguenza una maggior filiazione, e quindi la produzione di un ciuffo di bulbi più esteso, ma con bulbi di dimensioni ridotte. Come per molte altre piante, si consiglia di utilizzare i bulbi che si sono rivelati più sani e vitali.
Analogamente a molti altri ortaggi, lo scalogno predilige i climi temperati, dal momento che temperature inferiori ai 7-8 °C e superiori ai 30 °C ne ostacolano lo sviluppo vegetativo (valori termici prossimi allo zero possono in particolare provocare la morte della pianta, anche se alcune varietà hanno tolleranza a gelo fino a -8 °C). Sono consigliabili temperature più basse durante lo sviluppo (7-15 °C) che durante la formazione dei bulbi (15-25 °C). Le esposizioni migliori sono quindi gli ambienti completamente soleggiati, perché la crescita dei bulbi è accelerata dalle lunghe giornate e dalle alte temperature estive.
Se gli scalogni piantati a fine autunno sono sottoposti a un inverno lungo e mite potrebbe verificarsi un periodo di crescita intermittente che aumenta il numero di punti vegetativi sulla superficie del bulbo. Gli scalogni piantati in primavera hanno invece una crescita più uniforme e producono bulbi più grandi.
Per quanto riguarda i parametri pedologici, lo scalogno da orto si adatta meglio ai terreni sciolti o sabbiosi, di medio impasto, ben drenati, con un pH nel range 6.0-7.5[23], una profondità utile di almeno 40 cm e con un buon contenuto di materia organica, mentre rifugge quelli troppo argillosi e compatti in quanto potrebbero risultare soggetti a ristagni idrici. Per evitare questi ultimi è consigliata talvolta una prosatura per facilitare lo sgrondo delle acque.
Lo scalogno non presenta particolari esigenze nutritive, ma risulta comunque favorito da una buona fertilità del terreno, e si consiglia una rotazione lunga, di almeno 4-5 anni, prima di ripiantarne i bulbi nella stessa parcella (non è ammesso il cosiddetto ristoppio), e, più in generale, di non coltivare lo scalogno in successione ad altre liliacee, solanacee, cavoli o barbabietole, mentre è ammessa la rotazione con carote, frumento, lattuga, orzo e radicchio.
La concimazione va effettuata preferibilmente con concimi minerali in quanto quelli organici rendono la pianta più sensibile all'attacco dei parassiti (per quanto riguarda l’apporto di letame occorre in particolare che questo sia ben maturo). Prima della messa a dimora si devono somministrare concimi binari fosfo-potassici a base di solfato, dal momento che lo scalogno assorbe dal terreno considerevoli quantità di zolfo, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore. L’azoto invece si distribuisce in maniera frazionata prima dell’impianto, all’emissione della terza o quarta foglia ed all’inizio dell’ingrossamento dei bulbi. Lavorando il terreno, bisogna fare sempre attenzione a non danneggiare le radici, in genere sono poco profonde.
Per il controllo delle erbe infestanti negli orti famigliari si ricorre alla scerbatura manuale. Nelle colture in pieno campo si possono eseguire invece delle sarchiature tra una fila e l’altra e, qualora venga utilizzata la pacciamatura non sono necessari trattamenti erbicidi, negli altri casi si ammette il diserbo chimico.
In assenza di precipitazioni nei mesi di maggio e di giugno si interviene con l’irrigazione, avendo cura di lasciare asciugare il terreno tra un intervento e l’altro, perché come detto lo scalogno è sofferente ai ristagni d'acqua.
Nel complesso il ciclo colturale dura 7-8 mesi nel caso di propagazione per interramento. L'epoca di raccolta è un momento fondamentale della filiera produttiva che influenza in maniera determinante la qualità globale del prodotto. Non è disponibile un metodo oggettivo del tutto affidabile ed universalmente accettato per valutare la maturità e di conseguenza l'epoca di raccolta dello scalogno, ma in genere essa avviene quando le foglie della pianta iniziano ad appassire, presentandosi ingiallite e reclinate verso terra per la perdita di turgidità dei tessuti.
La resa agricola è in media di 10-20 bulbi per pianta, sull'ordine dei 4 kg/m2.
La raccolta avviene in periodi differenti in base all’utilizzo previsto: quella effettuata nel mese di giugno fornisce un prodotto da consumare fresco, mentre quella effettuata verso la metà del mese di luglio un prodotto utilizzabile per la conservazione e la trasformazione. Nella tradizione contadina, le verdure a bulbo (cipolla, aglio, scalogno) sono raccolte durante le fasi di luna calante.
La raccolta si effettua con zappa o vanga nei piccoli apprezzamenti, dove i bulbi sono estirpati a mano e lasciati sul terreno per una settimana in modo da permettere l'essiccazione delle parti verdi sia della pianta che delle radici. Negli appezzamenti industriali l'operazione è totalmente meccanizzata, le foglie vengono tagliate ad una altezza variabile da 3 a 10 cm dal bulbo, dalla stessa macchina che effettua l'estirpazione o da una che la precede. I bulbi sono quindi convogliati (subito o dopo 1 o 2 giorni di permanenza in campo) in contenitori costituiti da pallet-box o carri (trasporto alla rinfusa) per il loro trasporto al magazzino. L'asportazione della maggior parte delle foglie aumenta la quantità del prodotto stivabile nei contenitori e facilita la circolazione dell'aria al loro interno. La distribuzione verso il commercio al dettaglio viene fatto con cassette o sacchi a rete.
Negli ultimi decenni tuttavia la ricerca agricola da parte delle aziende agricole dei Paesi Bassi De Groot en Slot Allium B.V. e Bejo-Zaden B.V. ha portato all'individuazione del seme, ed aperto la strada a una nuova, più recente, modalità di produzione. Semi di scalogno sono disponibili sul mercato dal 1998, e tali varietà sono chiamate échalote de semis in francese, Säschalotte in tedesco e sown shallot in inglese. Si tratta, strettamente parlando, di un incrocio tra cipolle e scalogni, che attraverso la selezione ha combinato le caratteristiche positive di sapore e di moltiplicazione delle sementi.
La semina diretta si effettua nell'emisfero boreale in febbraio appena il terreno è lavorabile (i semi possono anche essere interrati in serra circa otto settimane prima di essere trapiantati nei campi); il ciclo culturale è più breve, circa quattro o cinque mesi. Sono necessari 1.500.000-2.000.000 di semi (5 kg) per ettaro.
Questi progressi della tecnica hanno portato ad adattare di conseguenza la normativa europea, in particolare il Catalogo comune delle varietà delle specie di ortaggi della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per il quale lo scalogno oramai è considerato tale anche se non riprodotto da bulbo.
Questo passaggio normativo tuttavia non è stato immediato. In Francia ad esempio ad esempio la legislazione risalente al 1990 riservava espressamente diritto di essere commercializzato con il nome di "scalogno" alle sole varietà dette di "tradizione", riprodotte per interramento dei bulbi. Il contenzioso avviato in merito dalla società olandese De Groot en Slot Allium B.V. davanti al Consiglio di Stato ha visto quest'ultimo sancire espressamente l'appartenenza delle varietà seminate alla specie botaniche "scalogno", dato che entrambe le varianti (seminata e "tradizionale") condividerebbero con le altre varietà di scalogno proprietà che contraddistinguono tutti gli scalogni dalle cipolle. Conseguentemente, nonostante la paura da parte dei produttori "tradizionali" della Bretagna e della Valle della Loira di perdere il monopolio che avevano da molti anni, un nuovo decreto è stato adottato 16 gennaio 2007 (NOR: AGRP0700153A)[36], il quale stabilisce la coesistenza di due modi di produzione (seminato e piantato), dalle simili qualità nutrizionali.
Dopo l'estirpazione e la loro essiccazione, i bulbi di scalogno possono essere conservati a temperatura ambiente, in un luogo buio, fresco, asciutto (umidità relativa sotto il 70%) e ben ventilato per circa 2-3 settimane, controllando, come nel caso di altri bulbi, che non avvengano fenomeni di germogliazione. Dopo questa prima fase i bulbi possono essere venduti.
Al momento dell'acquisto lo scalogno deve presentarsi ben sodo (forma compatta), con una buccia liscia priva di muffe, ammaccature e macchie; i bulbi che presentano fenomeni di germogliazione sono in generale molli al tatto e hanno la buccia rovinata.
Una volta acquistato, lo scalogno, se conservato in locali freschi, asciutti e ben aerati o ventilati (tettoie o alcune cantine), può durare fino a sei mesi senza perdere le sue caratteristiche. Il bulbo con un poco di stelo può essere ad esempio conservato in mazzetti, oppure nelle regioni francofone in trecce, poi appese, come si usa fare con l'aglio. Si deve evitare di conservare i bulbi in frigorifero o di riporli in confezioni impermeabili che ne favoriscono la decomposizione.
Lo scalogno non processato ha nel complesso un periodo di conservazione limitato ai sei mesi, un fatto di fondamentale importanza per la propagazione di varietà tradizionali, le quali devono quindi essere ripiantate ogni anno. I bulbi più piccoli hanno una durata minore, per questo se non possono essere piantati vengono consumati per primi.
Per il consumo alimentare, lo scalogno viene processato in molti modi diversi. Una volta tagliato, lo scalogno può essere conservato, avvolto nella pellicola per alimenti, in frigorifero, dove può rimanere al massimo per una settimana, mentre, come le cipolle, i bulbi possono essere grossolanamente tritati e conservati in congelatore.
Un altro metodo di conservazione è quello di porli, preventivamente sbucciati, in contenitori di vetro sott'olio o sott'aceto.
In cucina
Anche se le foglie giovani verdi delle piante sono molto saporite e possono essere usate tritate al posto dell'erba cipollina, lo scalogno è coltivato soprattutto per i suoi bulbi, edibili al 70%. In genere le stesse foglie non sono mai raccolte in grande quantità proprio perché questo ridurrebbe la resa agricola dei bulbi.
Prima dell'utilizzo si deve eliminare la parte esterna (di consistenza cartacea) e tagliarne le estremità. Non si devono mai mettere gli scalogni sotto l'acqua per mitigare il bruciore che provocano agli occhi, poiché questo influisce negativamente sul loro sapore.
I bulbi hanno un sapore meno intenso della cipolla, più aromatico e leggermente agliaceo, ma, a differenza dell'aglio, non sono troppo acri. In generale proprio per il suo delicato e caratteristico apporto aromatico lo scalogno è proposto come sostituto della cipolla per l'elaborazione di antipasti e piatti di portata nella cucina più raffinata o più attenta ai gusti delicati (ha inoltre il vantaggio di appesantire di meno l'alito).
Lo scalogno viene consumato sia cotto che crudo, anche se quest'ultimo uso è più consigliato perché, ad esempio, nei soffritti, di cui è suggerito come base per zuppe o risotti, lo scalogno tende a divenire amaro. Lo scalogno contiene inoltre leggermente meno acqua della cipolla, pertanto è più soggetto a carbonizzare durante la cottura.
Il porro, Allium porrum, è una pianta erbacea non presente in natura ma modificata anticamente per creare una specie a sé. Il suo corrispettivo naturale, da cui deriva, è Allium ampeloprasum, che non si consuma.
È un ortaggio da bulbo per classificazione botanica, perché di fatto il bulbo di questa pianta è praticamente inesistente, o comunque è solo leggermente accentuato ed è comunque lungo appena un paio di centimetri. Dal bulbo, come negli altri ortaggi, escono le foglie, che sono bianche nella parte più bassa, verdi in quella più alta. La differenza tra le due è data dalla possibilità di effettuare la fotosintesi clorofilliana, che nella parte bassa semplicemente non avviene perché si trova sotto terra e non è quindi a diretto contatto con la luce. È anche il motivo per il quale, quando viene coltivato, si tende a rincalzare la terra intorno al porro, così da aumentare la parte bianca a scapito di quella verde non commestibile.
Si mangiano quindi le foglie, e la parte commestibile può arrivare a 30 centimetri di lunghezza; se lasciato nel terreno per due anni di seguito forma l’infiorescenza, quindi i semi che poi verranno coltivati in vivaio per il successivo trapianto nel terreno.
I porri si distinguono in cultivar e vanno in base al periodo di semina (estivo, autunnale o invernale) e in base alla lunghezza della parte bianca che è proporzionale al tempo di crescita.
Quando vengono raccolti si estraggono dal terreno, si lavano (perché vengono venduti con le radici) e poi vengono messi in vendita esclusivamente come ortaggi freschi, che si possono conservare a bassa temperatura, ad esempio in frigorifero, fino a tre mesi. Non si conservano in ambiente asciutto perché non avendo bulbo ma le foglie come parte commestibile, seccherebbero e non sarebbe più possibile mangiarle.
Il porro è originario della regione mediterranea, probabilmente dal Vicino Oriente.
La sua coltivazione è di antichissima memoria: il porro era conosciuto dagli Egizi e dai Romani.
La parte edule è rappresentata dalla parte basale delle foglie (la parte bianca), mentre viene comunemente scartata la parte apicale verde delle stesse.
La varietà Allium ampeloprasum var. kurrat chiamato comunemente kurrat è coltivata in Egitto e Medio Oriente. Viene largamente utilizzato nella cucina araba e maghrebina principalmente per le foglie.
Il porro, Allium porrum, è una pianta erbacea non presente in natura ma modificata anticamente per creare una specie a sé. Il suo corrispettivo naturale, da cui deriva, è Allium ampeloprasum, che non si consuma.
È un ortaggio da bulbo per classificazione botanica, perché di fatto il bulbo di questa pianta è praticamente inesistente, o comunque è solo leggermente accentuato ed è comunque lungo appena un paio di centimetri. Dal bulbo, come negli altri ortaggi, escono le foglie, che sono bianche nella parte più bassa, verdi in quella più alta. La differenza tra le due è data dalla possibilità di effettuare la fotosintesi clorofilliana, che nella parte bassa semplicemente non avviene perché si trova sotto terra e non è quindi a diretto contatto con la luce. È anche il motivo per il quale, quando viene coltivato, si tende a rincalzare la terra intorno al porro, così da aumentare la parte bianca a scapito di quella verde non commestibile.
Si mangiano quindi le foglie, e la parte commestibile può arrivare a 30 centimetri di lunghezza; se lasciato nel terreno per due anni di seguito forma l’infiorescenza, quindi i semi che poi verranno coltivati in vivaio per il successivo trapianto nel terreno.
I porri si distinguono in cultivar e vanno in base al periodo di semina (estivo, autunnale o invernale) e in base alla lunghezza della parte bianca che è proporzionale al tempo di crescita.
Quando vengono raccolti si estraggono dal terreno, si lavano (perché vengono venduti con le radici) e poi vengono messi in vendita esclusivamente come ortaggi freschi, che si possono conservare a bassa temperatura, ad esempio in frigorifero, fino a tre mesi. Non si conservano in ambiente asciutto perché non avendo bulbo ma le foglie come parte commestibile, seccherebbero e non sarebbe più possibile mangiarle.
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La varietà Allium ampeloprasum var. kurrat chiamato comunemente kurrat è coltivata in Egitto e Medio Oriente. Viene largamente utilizzato nella cucina araba e maghrebina principalmente per le foglie.
10 ORTAGGI (2^ Edizione)
Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e tecniche di cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.ata come foraggera;