lunedì 27 gennaio 2025

Corso di cucina: 27 Molluschi e crostacei: come pulirli

Come pulire e preparare molluschi e crostacei senza perdere il sorriso

Pulire molluschi e crostacei è un po’ come prepararsi a un appuntamento galante: ci vuole pazienza, delicatezza… e la certezza che alla fine ne varrà la pena. Le cozze, con quella loro “barbetta” ribelle, sembrano chiedere un pettine da parrucchiere; le vongole, diffidenti, ti fanno credere di essere pronte, ma poi rilasciano ancora un po’ di sabbia come fossero custodi gelosi di un tesoro; i gamberi, invece, indossano un’armatura che nemmeno un cavaliere medievale. Eppure, con qualche piccolo trucco, si riesce a trasformare questo lavoro da “missione impossibile” a piacevole rituale da cucina, con il vantaggio che il risultato finale profuma di mare e conquista tutti a tavola.


1. Cozze: le regine con la barbetta

  1. Sciacquale sotto acqua corrente.
  2. Elimina la “barbetta” tirandola verso il basso con decisione.
  3. Raschia i gusci con un coltello o una retina d’acciaio per togliere incrostazioni.
  4. Scarta quelle rotte o già aperte.

👉 Consiglio: dopo la pulizia, falle aprire in padella con un filo d’olio: si apriranno da sole come sipari a teatro.


2. Vongole: le diffidenti con la sabbia

  1. Immergile in acqua fredda salata (30 g di sale per litro).
  2. Lasciale spurgare per almeno 2 ore, cambiando l’acqua un paio di volte.
  3. Sciacquale bene sotto l’acqua corrente.
  4. Scarta quelle rotte o che non si chiudono se le tocchi.

👉 Trucco: se vuoi essere sicuro al 100%, lasciale in frigo in una ciotola con acqua e sale per una notte: la mattina saranno “pulitissime”.


3. Gamberi e gamberoni: i cavalieri in armatura

  1. Stacca la testa ruotandola leggermente.
  2. Togli il carapace, partendo dalle zampe.
  3. Incidi delicatamente il dorso con un coltellino.
  4. Rimuovi il filetto nero (l’intestino).

👉 Variante: se la ricetta prevede cottura in padella o alla griglia, puoi lasciare la testa per dare più sapore.


4. Scampi: gli aristocratici del mare

  1. Sciacquali velocemente sotto acqua corrente.
  2. Con le forbici da cucina, taglia il ventre (il guscio più morbido).
  3. Elimina il filetto nero dorsale come per i gamberi.
  4. Per cotture eleganti (alla catalana o al forno), puoi lasciarli interi e inciderli solo a metà.

5. Aragosta e astice: i “boss” della crostaceria

  1. Immergili per qualche minuto in acqua ghiacciata per intorpidirli.
  2. Lessa in acqua bollente salata (circa 10 minuti per ogni 500 g).
  3. Una volta raffreddati, apri il carapace con forbici robuste o appositi schiaccianoci.
  4. Recupera la polpa di coda e chele.

👉 Eleganza in tavola: servi con burro fuso o maionese fresca.


Conclusione

Pulire molluschi e crostacei non è solo un’operazione tecnica: è un piccolo rito che prepara il palato e la mente al piacere del mare in tavola. Con questi passaggi semplici, tra cozze sbarbate, vongole spurgate e gamberi disarmati, il risultato è assicurato. E a quel punto… l’appuntamento galante con il gusto può davvero iniziare.


1. Distinguere crostacei e molluschi

I crostacei sono invertebrati dotati di una corazza esterna che ricopre il loro corpo, detta carapace; tale corazza ha una consistenza più o meno robusta, a seconda della taglia e del tipo di crostaceo. In alcuni casi, si presenta come un vero e proprio scudo protettivo. Dal capotorace di questi animali (la parte anteriore) si dipartono cinque paia di zampe; in alcuni crostacei il primo paio si è trasformato in chele, utilizzate come arma di difesa e di attacco. All’interno dell’addome e delle chele si trova la parte commestibile dei crostacei.

I molluschi sono invertebrati dal corpo molle; si distinguono in cefalopodi e conchiglie. I primi hanno il corpo a forma di sacco, dal quale sporge il capo con otto/dieci tentacoli; a seconda della specie possono essere dotati di un sostegno interno, come l’osso nella seppia o la penna nel calamaro. Le conchiglie si dividono in due grandi gruppi: quello dei molluschi bivalve, nei quali il mollusco è racchiuso in una conchiglia doppia, e quello degli univalve, a conchiglia unica, come le «lumachine» di mare o di terra.

2. Individuare la freschezza

Gli indici di freschezza da tenere presente per i crostacei sono:

- l’aspetto generale, che deve essere brillante e vivace,

- l’occhio nero e luccicante,

- i muscoli rigidi

- e l’odore appena accennato.

I crostacei che si presentano opachi, con membrana addominale verdastra, occhi appannati, muscolatura rilassata e odore accentuato presentano uno stato di alterazione più o meno avanzato.

Per quanto riguarda i molluschi, gli indici di freschezza variano in base ai due gruppi principali in cui si suddividono questi animali. I cefalopodi devono avere colore bianco e lucido, occhi brillanti, carni sode, tentacoli resistenti e odore appena accennato; all’acquisto scartate invece quelli dal corpo giallastro e opaco, con carni e tentacoli rilassati e molli, dall’odore molto accentuato. Le conchiglie dovranno essere ben chiuse, con il mollusco ancora vivo, di peso consistente rispetto al volume. Non acquistate mai conchiglie aperte o che si aprono facilmente, leggere, senza liquido all’interno, con corpo morto e molle. Controllate sempre la data di raccolta impressa sulla fascetta della retina: le conchiglie possono essere conservate fino a cinque giorni, ma è preferibile consumarle entro tre.

3. Regole di conservazione

I crostacei devono essere conservati in frigorifero a 0 °C, coperti con un panno bagnato. Aragoste, astici, gamberi di fiume e canocchie vanno acquistati ancora vivi (devono reagire al tocco degli occhi o delle antenne), poiché alla morte si avvia rapidamente il processo di decomposizione responsabile del progressivo disfacimento della polpa. In ogni caso non si possono conservare per più di tre giorni. Alcuni crostacei, in particolare gamberi e scampi, sopportano molto bene la surgelazione, anche se sarebbe preferibile mantenerli a una temperatura inferiore ai –20 °C, per evitare un’eccessiva disidratazione.

I molluschi possono essere conservati in frigorifero a una temperatura di 0-2 °C, per non più di 3 o 4 giorni. Le conchiglie devono essere avvolte in un panno bagnato; mentre queste ultime forniscono risultati appena accettabili nella surgelazione, perché tendono a indurirsi, i cefalopodi talvolta ne traggono beneficio, dal momento che hanno la tendenza a diventare troppo teneri.

Crostacei e molluschi nell’alimentazione

Crostacei e molluschi hanno valori nutrizionali sostanzialmente simili a quelli dei pesci magri; oltre all’ottimo apporto proteico forniscono infatti una buona quantità di sali minerali e vitamine. Per non correre gravi rischi, è necessario seguire alcune semplici norme igieniche: acquistate solo molluschi con la conchiglia ben chiusa, provenienti da allevamenti controllati dall’ufficiale sanitario, racchiusi in confezioni integre, provviste di etichetta con zona di provenienza e data di scadenza (o di raccolta).

Crostacei e molluschi, tecniche di base

Nel corso della lavorazione di molluschi e crostacei osservate scrupolosamente le norme igieniche: lavatevi spesso le mani; tenete crostacei e molluschi sul tavolo di lavoro lo stretto tempo necessario per la preparazione; servitevi di un tagliere riservato esclusivamente a questo scopo.

Preparazione dei crostacei

È importante conoscere alla perfezione le regole per la preparazione dei crostacei; di seguito verranno forniti alcuni consigli pratici relativi alle tecniche maggiormente diffuse.

Scorticare i gamberi

Separate delicatamente la testa dei gamberi dalla coda ruotandola su se stessa. Staccate quindi gli anelli del carapace con il pollice per mettere a nudo la polpa, lasciando attaccata la frangia caudale, cioè il pezzetto terminale. Servendovi di uno stecchino (o incidendo leggermente la carne nel dorso della coda) eliminate l’intestino, che ha l’aspetto di un lungo filo nero

Preparare l’aragosta per la cottura bollita

Stendete completamente la coda dell’aragosta ancora viva e disponetela su un’assicella, legandola con cura con uno spago per evitare che si incurvi durante la cottura. Quando il court-bouillon è in ebollizione fate scivolare l’assicella nel liquido e procedete come previsto dalla ricetta. Per l’astice bollito procedete nello stesso modo, ricordando di tenere legate le chele, per non correre il rischio di essere feriti.

Sezionare l’astice a metà

Lavate l’astice in acqua corrente e disponetelo su un tagliere; incidete quindi con la punta di un trinciante il crostaceo al centro del capotorace, nel punto in cui convergono tre linee. Affondate il coltello lungo la linea centrale, prima verso la coda, poi passando in mezzo agli occhi. Rimuovete la sacca membranosa situata nel capotorace, pulite l’intestino e conservatelo assieme al corallo. L’astice così preparato può essere cotto alla griglia o in padella.

Sezionare l’astice in pezzi

Staccate le chele dell’astice, quindi separate la coda dal capotorace ruotandola con le mani. Tagliate la coda in 4-5 pezzi e rompete le chele con un coltello pesante per facilitare in seguito l’apertura. Tagliate in due parti il capotorace nel senso della lunghezza ed eliminate lo stomaco; servendovi di un cucchiaino prelevate quindi il corallo e l’intestino. L’astice tagliato in questo modo si presta alla cottura in umido, all’americana, in fricassea ecc.

Scorticare l’astice cotto

Staccate le chele dell’astice tagliando le articolazioni e rompetele con un martelletto, facendo attenzione a non schiacciarle; estraete quindi le carni dalle chele a pezzi interi. Togliete poi la corazza dal capotorace sollevandola verso l’esterno. Tagliate infine la membrana verticale della coda con un paio di forbici e staccate la carne in un sol pezzo.

Scorticare il granchio cotto

Esercitando una piccola torsione staccate dal carapace le chele e le zampe e mettetele da parte. Staccate anche la coda, che è ripiegata sotto l’addome, praticando una leggera torsione, e gettatela. Con un martelletto o un coltello pesante rompete le chele e le zampe senza schiacciarle, quindi estraete la polpa a pezzi interi. Infilate la punta di un coltello tra l’attaccatura delle zampe e la piastra addominale, praticate un taglio seguendone i contorni e staccatela; tagliatela a metà, separate uno a uno gli alveoli e con uno spiedino staccate la carne, che si presenterà quasi tutta sbriciolata. Con l’aiuto di un piccolo cucchiaio prelevate la carne che si trova all’interno del carapace.

Preparazioni dei molluschi

Per pulire e preparare correttamente i molluschi è necessario seguire alcune semplici regole, illustrate dettagliatamente nelle pagine seguenti.



Pulire i molluschi con i tentacoli

Afferrate la testa del mollusco e sfilatela dal corpo estraendo anche le interiora e, se è presente, la vescica contenente l’inchiostro, che dovrà essere forata per estrarre le preziose gocce nere (da utilizzare in seguito per insaporire e colorare salse e farce). Servendovi di un paio di forbici tagliate via gli occhi, facendo attenzione poiché sporcano facilmente; eliminate quindi il becco situato al centro dei tentacoli e lavate accuratamente la testa e l’intestino che, a differenza di quanto comunemente si crede, è commestibile. Nei calamari sfilate la penna che si trova all’interno del sacco; ripulite quindi il corpo del mollusco sotto l’acqua corrente per eliminare la membrana esterna che lo ricopre, senza staccare le due pinne. I calamari di grandi dimensioni, come anche i polpi, prima della cottura devono essere battuti con forza sul tagliere o meglio sulle rocce, per farli diventare teneri. Per la pulizia della seppia intera è consigliabile procedere diversamente: incidete la pelle nella parte in cui si trova l’osso, allargate i bordi del taglio e con le dita estraetelo delicatamente. Rimuovete la membrana che copre i visceri e staccate con precauzione la vescica contenente l’inchiostro, quindi procedete alla pulizia.

Pulire cozze e vongole

Scartate tutte le conchiglie aperte e rotte. Per la pulizia delle cozze eliminate il bisso, cioè la «barbetta» con la quale esse si attaccano allo scoglio. Se le conchiglie sono sporche, grattatele con un coltellino per eliminare tutto ciò che vi aderisce, quindi lavatele in acqua fredda corrente, muovendole vigorosamente con le mani. Ripetete l’operazione fino a quando l’acqua di lavaggio sarà completamente pulita, quindi sgocciolatele.

Per la pulizia delle conchiglie che vivono su fondi sabbiosi, per esempio le vongole e i fasolari, è opportuno procedere alla spurgatura, per eliminare tutte le impurità contenute al loro interno: dovete semplicemente lasciare le conchiglie a bagno in acqua fredda salata per almeno un’ora, quindi procedete al lavaggio.

Aprire le ostriche da presentare crude

Afferrate l’ostrica con la parte concava rivolta verso il basso, proteggendovi la mano con un panno ripiegato in quattro o con un guanto in maglia di metallo. Infilate la punta dell’apposito coltello (detto «apriostriche») nella piccola apertura della cerniera e, ruotando la lama, sollevate le valve. Facendo scorrere la lama sulla valva piatta, tagliate il muscolo adduttore; allontanate quindi la valva piatta, staccate il mollusco anche da quella concava ed eliminate le piccole scaglie che possono rimanere attaccate, facendo attenzione a non disperdere il prezioso liquido. Servite le ostriche su ghiaccio tritato con limone e pepe nero. Il procedimento descritto è quello più adatto per le comuni ostriche cave allungate; se avete la fortuna di avere a disposizione la varietà più pregiata, di forma tondeggiante, cercate una fessura tra le valve, infilatevi il coltello e staccate il mollusco dalla conchiglia piatta, esattamente come si fa con le cappesante.

Aprire le cappesante

Afferrate la cappasanta con un panno ripiegato, quindi introducete con cautela la lama di un coltello per sfilettare tra le due valve: con la mano sinistra forzate leggermente l’apertura e con il coltello staccate il mollusco dalla parte piatta della conchiglia, che a questo punto si aprirà facilmente. Staccate il mollusco anche dalla parte concava, separate quindi con cura la noce e il corallo dalle frange e dalle parti nere. Lavate le due parti pregiate della cappasanta più volte sotto l’acqua fredda corrente, per eliminare ogni traccia di sabbia; lasciatele a bagno in acqua fredda salata per 15 minuti per farle spurgare, quindi sgocciolatele e asciugatele. Se desiderate presentare il mollusco nel suo guscio, lavate e pulite con cura la conchiglia concava e fatela bollire 10 minuti nell’acqua con un pizzico di bicarbonato e sale, quindi risciacquatela.

Preparare le lumache

Ponete le lumache per almeno due giorni in un paniere coperto, in un locale secco e ben aerato, nutrendole solamente con qualche foglia di lattuga. Lasciatele quindi per 2 ore in un recipiente, coperte con acqua cui avrete aggiunto una buona spruzzata di aceto e sale grosso; trascorso questo tempo, lavatele con abbondante acqua fredda e sgocciolatele, ripetendo l’operazione due o tre volte, fino a quando non vi sia più traccia di schiuma. Sbianchite le lumache 10 minuti in acqua bollente, scolatele e con l’aiuto di uno spiedino prelevate il mollusco dalla conchiglia, eliminando la parte nera (il pezzo vicino alla coda). Dopo aver preparato un court-bouillon al vino bianco fortemente aromatizzato, immergetevi le lumache e fatele sobbollire per circa 2 ore e 30 minuti. Lasciate raffreddare i molluschi nel liquido di cottura e conservateli in frigorifero fino al momento dell’uso. Prima di essere utilizzate, le conchiglie delle lumache devono essere bollite per circa 30 minuti nell’acqua con un pizzico di bicarbonato, risciacquate in abbondante acqua fredda e asciugate in forno a calore moderato.


domenica 26 gennaio 2025

Corso di cucina: 26 CONOSCERE I CROSTACEI ED I MOLLUSCHI

Molluschi e crostacei: il mare a tavola

Immaginatevi seduti a tavola, davanti a un piatto fumante di spaghetti con vongole o a un’insalata di polpo appena condito: ogni boccone è un piccolo viaggio sensoriale che vi porta dritti al mare. Molluschi e crostacei non sono semplicemente ingredienti: sono piccoli ambasciatori della freschezza marina, capaci di trasformare anche il pasto più semplice in un’esperienza gourmet. Freschi, nutrienti e straordinariamente versatili, questi tesori del mare hanno un ruolo speciale sia nella cucina quotidiana sia in quella da festa, dove diventano protagonisti indiscussi di antipasti raffinati, primi piatti succulenti e secondi dal grande effetto scenico.

Dal punto di vista del consumatore, molluschi e crostacei offrono una combinazione unica di sapore, texture e spettacolarità. Per chi acquista, la freschezza è la chiave: molluschi vivi, crostacei con carapace integro e occhi brillanti, cozze e vongole ben chiuse. Per chi cucina, la sfida è rispettare i tempi di cottura: troppo breve significa crudo, troppo lungo significa gommoso. Per chi degusta, il piacere sta nella varietà dei sapori e delle consistenze, dall’irresistibile croccantezza dei gamberi fritti alla morbidezza vellutata delle capesante.


1. Cozze

Le cozze sono tra i molluschi più accessibili e versatili. Vendute vive, con la conchiglia ben chiusa, si prestano a una molteplicità di preparazioni:

  • Antipasto: cozze alla marinara con aglio, prezzemolo e un filo d’olio extravergine; oppure gratinate al forno con pangrattato aromatico e un tocco di limone.

  • Primo piatto: spaghetti alle cozze, risotto con cozze e zafferano, o pasta con cozze, pomodorini e vino bianco.

  • Secondo piatto: semplicemente saltate in padella con aglio, olio e peperoncino, servite con pane croccante per raccogliere il sughetto.

Le cozze sono ideali anche per preparazioni al vapore o in zuppa, come nella classica zuppa di cozze alla provenzale, dove il vino bianco e l’aglio esaltano la dolcezza naturale del mollusco.


2. Vongole

Le vongole hanno un sapore più delicato rispetto alle cozze e una consistenza tenera che le rende perfette per piatti raffinati.

  • Antipasto: vongole al vino bianco con erbe aromatiche, oppure al cartoccio con burro aromatizzato.

  • Primo piatto: linguine alle vongole, risotto con vongole e limone o spaghetti con crema di vongole e bottarga.

  • Secondo piatto: vongole gratinate con pangrattato, prezzemolo e un filo d’olio, ideali per un aperitivo o come finger food elegante.

Le vongole possono essere abbinate a zuppe e brodi di pesce, aggiungendo un tocco di mare a piatti più complessi. La stagionalità è importante: migliori da primavera a inizio autunno.


3. Ostriche

Le ostriche sono il simbolo del lusso e della freschezza. Servite crude, offrono un gusto marino intenso e leggermente iodato.

  • Antipasto: ostriche crude con una goccia di limone o salsa mignonette; un classico delle tavole eleganti.

  • Primo piatto: raramente utilizzate, ma possono insaporire risotti delicati con sfumature di mare.

  • Secondo piatto: gratinate al forno con burro, prezzemolo e pangrattato per un effetto scenografico.

Oltre al gusto, le ostriche offrono un’esperienza multisensoriale: l’apertura della conchiglia, il profumo salmastro e la consistenza unica rendono il consumo un rituale conviviale.


4. Polpo

Il polpo è nutriente e versatile, con una consistenza che varia secondo la cottura: morbido se bollito o stufato, leggermente più robusto se grigliato.

  • Antipasto: insalata di polpo con patate, sedano e prezzemolo; perfetto anche con una spruzzata di limone.

  • Primo piatto: spaghetti con polpo e pomodorini, o polpo alla Luciana, cotto lentamente con pomodoro e olive nere.

  • Secondo piatto: polpo alla griglia con olio, limone e paprika, oppure stufato con vino bianco e spezie aromatiche.

Il polpo è ideale per chi ama sperimentare: può diventare crema vellutata per crostini, oppure protagonista di piatti etnici, come il polpo alla gallega spagnolo con paprika e patate.


5. Calamari

I calamari sono leggeri e digeribili, ottimi sia per cotture rapide che per ricette più elaborate.

  • Antipasto: calamari fritti o ripieni con pangrattato, erbe aromatiche e formaggio; ottimi anche al cartoccio.

  • Primo piatto: risotto con calamari e piselli, spaghetti con calamari e pomodorini.

  • Secondo piatto: calamari grigliati con contorno di verdure di stagione o calamari stufati in umido con vino bianco e aromi mediterranei.

Il loro sapore delicato li rende perfetti anche per piatti estivi, accompagnati da insalate fresche o da salse leggere a base di yogurt e limone.


6. Gamberi

Dolci, succosi e scenografici, i gamberi sono versatili e veloci da cucinare:

  • Antipasto: cocktail di gamberi, gamberi in pasta fillo, oppure al vapore con salsa rosa.

  • Primo piatto: linguine gamberi e zucchine, risotto gamberi e limone, spaghetti con gamberi e pomodorini.

  • Secondo piatto: gamberi saltati in padella con aglio, olio e peperoncino, oppure al curry leggero con latte di cocco.

I gamberi si prestano a piatti sia leggeri sia ricchi, come torte salate di mare o pasta al forno con crema di gamberi.


7. Scampi

Gli scampi sono delicati, dalla carne fine e saporita, ideali per piatti eleganti:

  • Antipasto: scampi crudi marinati con agrumi, oppure gratinati con erbe aromatiche.

  • Primo piatto: tagliolini agli scampi, risotto con crema di scampi, spaghetti agli scampi e bottarga.

  • Secondo piatto: scampi alla griglia, al vapore o in umido con pomodoro e vino bianco.

Sono perfetti per cene importanti: la loro presentazione scenografica e il gusto delicato conquistano al primo assaggio.


8. Aragosta

L’aragosta è il simbolo della raffinatezza e richiede una certa attenzione in cucina:

  • Antipasto: carpaccio di aragosta con emulsione di agrumi e un filo d’olio.

  • Primo piatto: spaghetti all’astice o lasagne di mare con aragosta.

  • Secondo piatto: aragosta al forno con burro, erbe aromatiche e limone, servita intera per un grande effetto scenico.

La carne dell’aragosta è soda e dolce, perfetta per piatti delicati e per accompagnamenti a base di verdure croccanti o creme vellutate.


9. Astice

Robusto e saporito, l’astice è ideale per piatti scenografici e ricchi:

  • Antipasto: insalata di astice con avocado, pomodorini e una leggera vinaigrette.

  • Primo piatto: risotto con crema di astice, tagliolini all’astice o gnocchetti di patate con salsa di astice.

  • Secondo piatto: astice alla catalana o al forno con salsa bernese leggera, perfetto per cene importanti.

L’astice è anche protagonista

di piatti fusion, come astice alla asiatica con zenzero, lime e coriandolo.


10. Capesante

Le capesante sono molluschi pregiati, dal gusto dolce e delicato, perfette per chi cerca eleganza e raffinatezza:

  • Antipasto: capesante gratinate con pangrattato aromatico, oppure scottate in padella con burro e limone.

  • Primo piatto: risotto alle capesante con zafferano o spaghetti con capesante e bottarga.

  • Secondo piatto: capesante scottate in padella con crema di piselli, vellutata di carote o verdure croccanti.

La loro stagione va da ottobre a maggio, e la loro freschezza è fondamentale per un gusto pieno e una consistenza perfetta.


Consigli pratici per il consumatore

  1. Freschezza prima di tutto: molluschi vivi con conchiglia chiusa, crostacei con carapace integro e occhi brillanti.

  2. Tempi di cottura: rispettare sempre la delicatezza di ciascun mollusco o crostaceo per evitare che diventino gommosi.

  3. Abbinamenti: vino bianco fresco, olio extravergine di qualità, agrumi e erbe aromatiche esaltano senza coprire i sapori naturali.

  4. Preparazioni multiple: dal semplice saltato in padella ai piatti più complessi, molluschi e crostacei si prestano a infinite combinazioni di sapori.

  5. Stagionalità e provenienza: conoscere la stagione di raccolta e l’origine permette di gustare sempre prodotti al massimo della qualità.

  6. Creatività in cucina: non abbiate paura di sperimentare: brodi di molluschi per risotti, salse delicate, gratinati croccanti e combinazioni con verdure di stagione.


Conoscere molluschi e crostacei significa entrare in contatto con la natura del mare e con tradizioni culinarie antiche. Che si tratti di un pranzo veloce in famiglia o di una cena elegante, questi ingredienti sanno sorprendere e soddisfare. Dalla dolcezza dei gamberi alla forza del polpo, dall’eleganza dell’astice alla delicatezza delle capesante, ogni specie porta con sé un piccolo frammento di oceano, trasformando ogni piatto in un’esperienza multisensoriale.

ARAGOSTA

Tipo: Crostacei
Nome scientifico: Palinurus vulgaris
Famiglia: Palinuridae (Palinuridi)
Ordine: Decapoda (Decapodi)
Crostaceo dal corpo robusto provvisto di due lunghissime antenne tra le quali sono disposti numerosi denti appuntiti. La parte anteriore (cefalotorace) è ricoperta da carapace da cui si diramano 13 paia di appendici. La parte posteriore (addome) è costituita da 6 segmenti. E' priva di rostro. Presenza di più serie di rilievi a forma di scaglie. Tutte le zampe mancano di chele. Colorazione bruno-rossastro-violacea. Ha una taglia medio-grande con una lunghezza media di 20-40 cm e massima di 50 cm ed il peso fino a 8 kg. Il corpo è di forma sub-cilindrica, rivestito da una corazza che durante la crescita cambia diverse volte per ricrearne una nuova.
La coda ha la forma di un ventaglio. Possiede diverse gambe ma solo una parte vengono utilizzate per camminare. A differenza di altri crostacei (ad esempio granchio ed astice), non ha chele.
Durante tutta la sua vita non smette mai di crescere, ed è un animale piuttosto longevo, può infatti vivere anche fino a 70 anni.
Caratteristiche organolettiche
Ha carni pregiatissime di sapore squisito. Commercializzata viva o congelata. E' il prodotto ittico più pregiato ed il crostaceo nobile per eccellenza e delicatezza di carni. Tutti i crostacei, dopo bollitura, diventano rosa o rossi.
Come riconoscere se è fresco
E' un prodotto molto delicato per cui deve essere commercializzata ancora viva per garantirne la freschezza.
Pulizia e trattamento
Normalmente viene cucinata intera, risciacquandola prima in acqua corrente. Mettere a bollire dell'acqua e aggiungere l'aragosta ancora viva.
Preparazioni tipiche
E' ottima cucinata in vari modi. Come antipasto o secondo piatto bollita con l'aggiunta di salsa maionese. Come primo unita a riso o pasta; tagliata a pezzi, dopo bollitura, unita a pomodorini freschi.
Ricette suggerite
Bouillabaisse, aragosta all'americana, aragosta alla griglia, cappon magro, insalata di aragosta e avocado.
Dove si pesca
Vive di preferenza su fondo roccioso, più raramente su fondo sabbioso, a profondità variabili fino a 100 metri a seconda della stagione. E' diffusa sia nel Mediterraneo che nell'Atlantico.
Stagionalità
E' reperibile durante tutto l'anno.

ARSELLA
arsella
Donax trunculus, conosciuto comunemente col nome di arsella, arsellina o raramente tellina sebbene non appartenga al genere omonimo, è un mollusco bivalve della famiglia Donacidae.
In Italia la raccolta di questo mollusco viene praticata comunemente. La raccolta professionale viene fatta mediante un attrezzo chiamato "rastrello da natante", simile a quello usato per la pesca delle vongole, che viene trainato da imbarcazioni in possesso di licenza di pesca. Tale attività può essere svolta unicamente in tratti di mare con acque classificate dai competenti organi di vigilanza sanitari; se la classe delle acque è definita "A" il prodotto può andare direttamente al consumo umano altrimenti deve essere avviato ad un trattamento di depurazione presso centri opportunamente autorizzati.
La raccolta manuale avviene attraverso uno strumento composto principalmente da un setaccio che raccoglie le telline e le separa dalla sabbia. Tale strumento viene azionato mediante una fascia intorno alla vita che serve per spostarlo orizzontalmente e da un lungo manico che fuoriesce dall'acqua. Il manico permette al setaccio di essere inclinato con un angolo utile a rimanere 3-4 cm immerso nel fondale sabbioso, contrastando in tal modo le forze che lo tirerebbero a galla esercitate dal traino.

ASTICE
Tipo: Crostacei
Nome scientifico: Homarus gammarus
Famiglia: Nephropidae (Nefropidi)
Ordine: Decapoda (Decapodi)
Crostaceo di grande mole con corpo allungato ricoperto, nella parte anteriore, (cefalotorace) da un carapace, liscio, da cui si diramano 13 paia di appendici. Rostro robusto privo di denti; il primo paio di zampe sono trasformate in chele. Sul carapace è visibile un solco che raggiunge la parte codale. La parte posteriore del corpo (addome) è formata da 6 segmenti.
Colorazione azzurro intenso, può raggiungere i 65 cm di lunghezza e 5/6 Kg di peso.
Caratteristiche organolettiche
Carni ottime. Si commercializza vivo e congelato.
Detto "astice blu" per la colorazione azzurrata, è un prodotto da intenditori grazie alla squisitezza delle sue carni. E' più grande e ha corpo più affusolato rispetto all'astice americano, carni più pregiate, più morbide e delicate. Tutti i crostacei, dopo bollitura, diventano rosa o rossi.
Come riconoscere se è fresco
E' un prodotto molto delicato per cui deve essere commercializzato ancora vivo per garantirne la freschezza.
Pulizia e trattamento
Normalmente viene cucinato intero, risciacquandolo prima in acqua corrente. Mettere a bollire dell'acqua e aggiungere l'astice ancora vivo.
Preparazioni tipiche
E' ottimo cucinato in vari modi: come antipasto o secondo piatto bollito con salsa di maionese, come primo tagliato a pezzi e unito a riso o pasta, dopo bollitura, con pomodorini freschi.
Ricette suggerite
Linguine all'astice
Dove si pesca
Vive su fondali rocciosi; la pesca avviene principalmente di notte con le nasse. Specie comune nel Mediterraneo occidentale (meno frequente nell'area orientale) e nell'Atlantico orientale.
Stagionalità
E' reperibile durante tutto l'anno.
Non è un prodotto da allevamento, esistono tuttavia delle vasche di mantenimento per mantenerlo vivo e garantirne la freschezza.
Denominazioni dialettali
Elefante di mare, Lupicante, Lupo di mare (Italiano); Longobardo (Liguria); Astese, Astise (Veneto); Baticulo, Grillo de mar (Venezia G.); Lupicante, Lupo di mare, Elefante (Toscana); Alifante mare (Campania); Alifante di mare, Astrice, Karrile (Puglie); Liafanti (Calabria); Liafanti, Lempitu di fora (Sicilia); Lenfra, Lungufanti
(Sardegna)
Inglese: Lobster
Francese: Homard, Homara, Lorman, Legrest, Llangaou, Lingoumbau
Spagnolo: Gruman, Lubrigante, Lobricanto, Lliebrecanta, Llobagante, Bogavante, Estrabagante, Abacanto, Centolla, Locantantaro, Mishera, Langosta francesa

CALAMARO
Tipo: Molluschi 
Nome scientifico: Loligo vulgaris
Famiglia: Loliginidae (Loliginidi)
Ordine: Decapoda (Decapodi)
Corpo cilindrico, allungato. Provvisto di 2 pinne all'estremità dorsale, di 8 braccia e 2 tentacoli più lunghi muniti di ventose presenti attorno alla bocca. All'interno del corpo è presente una conchiglia (gladio o calamo) lunga, appiattita e trasparente.
Colorazione rossastra con puntinatura sul dorso. Lunghezza 30-50 cm.
Caratteristiche organolettiche
Carni buone, delicate e gustose; viene commercializzato fresco e congelato.
Particolarità
Il calamaro mediterraneo si differenzia dalle altre specie di calamari poiché le pinne laterali sono lunghe quasi quanto tutto il corpo del mollusco. La colorazione assume al buio una certa fluorescenza, questo serve, soprattutto in primavera, ad attrarre la specie di sesso opposto. Per riconoscerne la freschezza si deve osservare il colore del mollusco; più la colorazione è viva e intensa, nelle sue varie sfumature, più è garantita la freschezza. La carne deve essere bianca.
Pulizia e trattamento
Lavare i molluschi sotto l'acqua corrente strofinando i tentacoli, con le mani, per eliminare i residui di sabbia ed asciugare bene con un foglio di carta da cucina, staccare la testa dal corpo, eliminare da questa gli occhi e la bocca (la protuberanza a forma di becco di pappagallo), estrarre la conchiglia trasparente e le interiora, dai molluschi più grossi togliere la pelle che li riveste. Alcune preparazioni richiedono che la testa resti attaccata alla sacca, in questo caso, aprire la sacca con un taglio verticale, per estrarre le interiora.
Un trucco per spellare più facilmente i calamari, consiste nel metterli mezzo minuto in acqua bollente e passarli poi in acqua fredda.
Preparazioni tipiche
Il calamaro si presta a diverse preparazioni: quale antipasto come insalata di mare dopo bollitura; in questo caso deve essere bollito intero perché non perda le caratteristiche organolettiche e la pelle viene tolta dopo la bollitura. Il corpo cilindrico può essere tagliato ad anelli che, passati in una pastella, vengono fritti in olio bollente. Si può cucinare ripieno tritando testa e pinne unite a pangrattato, aglio, prezzemolo, formaggio grattugiato e, a piacere, unendo del tonno sott'olio; con questo composto si riempie il corpo cilindrico, si richiude con uno stuzzicadenti e si cuoce al forno o in umido.
Ricette suggerite
Calamari alla marchigiana, Calamari ripieni, Fritto misto, Il pasticcio di pesce, Paella, Spaghetti al sugo di mare
Dove si pesca
Vive preferibilmente nelle zone costiere su fonadali fangosi. Specie comune nel Mediterraneo e nell'Atlantico orientale.
Stagionalità
E' reperibile durante tutto l'anno.
Caratteristiche nutrizionali
I calamari sono ricchi di sali minerali, quali sodio, potassio, calcio, fosforo, magnesio e vitamina A, è un alimento ricco di proteine e di tessuto connettivo, per questo richiede un’accurata masticazione. Per via dei pochi grassi, il calamaro è inoltre un alimento altamente dietetico. Nella carne di questi molluschi vi è una grande quantità di sostanze superattive speciali che assumono il controllo della produzione dei succhi gastrici necessari al processo digestivo. Inoltre inserire regolarmente la carne di calamaro nella nostra rotazione alimentare avrà un’azione stabilizzante del numero di colinesterasi nel sangue e nel fegato, importante per prevenire eventuali malattie epatiche.
Cenni storici
Il Calamaro è specie apprezzata fin dall'antichità. Raffigurazioni di questa specie sono presenti su piatti di epoca Attica e della Magna Grecia. Il Calamaro Gigante (Architeuthis dux) è il più grande cefalopode vivente che si conosca, ed è stato al centro, fin dall'antichità, di numerose leggende di mare: già Plinio parla dell'esistenza di un cefalopode mostruoso con braccia lunghe non meno di 10 metri e testa grande quanto 15 anfore romane messe insieme.
Varietà
ll calamaro comune è diffuso in tutto il Mediterraneo e nell’Atlantico orientale, dalle isole britanniche fino alle coste della Namibia. In Italia è presente in tutti i mari sebbene risulti più comune in Adriatico e in Sicilia. Nei mari del mondo esistono 22 specie appartenenti al genere Loligo mentre in Mediterraneo esiste solo un’altra specie, Loligo forbesi, che si distingue da L. vulgaris per la diversa grandezza delle ventose centrali presenti all’estremità delle mazze tentacolari delle braccia più lunghe. Le diverse specie si distinguono in genere per la forma e la dimensione delle pinne laterali, per le dimensioni del mantello, per la forma della conchiglia cornea interna, per le ventose sulle mazze tentacolari.
Come scegliere
Un modo semplice per riuscire ad individuare i calamari freschi è quello di osservarne la colorazione, che si deve presentare brillante, nitida e intensa, mentre col passare del tempo sbiadisce e compare un lieve ingiallimento. Un’altra prova per verificarne la freschezza, valida anche per gli altri molluschi, è toccarne la superficie: il tocco provoca un mutamento dei colori dell’area dove è avvenuto il contatto. La carne deve essere bianca.
Come conservare
I calamari sono molluschi molto delicati, che devono essere consumati o congelati il prima possibile. Appena acquistati devono essere eviscerati e lavati accuratamente sotto acqua corrente. Quindi è possibile conservarli in frigorifero, ben coperti da pellicola alimentare o chiusi in un sacchetto freezer, per 1 o 2 giorni al massimo. Se sono molto freschi, è possibile anche congelarli, a -18°C, in appositi sacchetti ben chiusi, avendo l’accortezza di eliminare quanta più aria possibile. Si possono così conservare 3 mesi.
Denominazioni dialettali
Calamaro comune, Calamaretto (Italiano); Caamà, Totano gentile (Liguria); Calamàr, Calamaretto (Veneto); Calamarello, Totano del riso (Venezia G.); Tòtano, Totanino (Toscana); Trufèllo, Calamaretti (Marche); Calamare (Abruzzi); Calamaio (Lazio); Calamaro verace, Calamaio, Calamarielli (Campania); Calamàre, Calamaricchie (Puglie); Calamàru (Calabria); Cadamàru, Calamàru, Calamaricchiu (Sicilia); Tòtanu, Toutinus, Calamarèddus, Toutinèddus (Sardegna).
Denominazioni straniere
Inglese: Squid, Flying squid, Calamary.
Francese: Encornet, Calamar, Corniche, Taute, Tauteno, Lauteno.
Tedesco: Tout, Glaougeau, Seiche rouge, Tifelek.
Spagnolo: Calamar, Calamarcò, Calamares, Lura, Jibiones, Chipirones, Maganos, Puntillas

COZZA
La cozza o mitilo (Mytilus galloprovincialis Lamarck 1819), Regolamento (CE) N. 1638/2001 e Regolamento (CE) N. 216/2009), è un mollusco bivalve ed equivalve. I mitili vengono chiamati comunemente in Italiano regionale anche cozze, muscoli, peoci, pedoli, móscioli, a seconda della zona geografica. Quando è necessario distinguere questa specie dalle altre del genere Mytilus, essa viene indicata con l'espressione mitilo mediterraneo.
È un mollusco lamellibranco, dotato cioè di branchie a lamelle che assorbono l'ossigeno per la respirazione e che trattengono contemporaneamente il cibo per l'alimentazione, costituita soprattutto da plancton e particellato organico in sospensione.
La valva, composta principalmente da carbonato di calcio, si presenta esternamente di colore nero o nero-viola, con sottili cerchi d'accrescimento radiali e concentrici verso la parte appuntita; internamente si presenta invece di colore madreperla, ma con una superficie liscia. Le due valve sono tenute insieme da una cerniera con tre o quattro dentelli.
La forma è grossolanamente a goccia, con il margine valvare arrotondato da un lato e appuntito e leggermente incurvato dall'altro.
Una volta aperto, il mollusco mostra il mantello che contiene tutti gli organi interni, tra cui quelli riproduttivi.
La distinzione tra i due sessi è possibile grazie all'osservazione del colore del mantello stesso, il quale, una volta raggiunta la piena maturità sessuale, si presenta di colore giallo crema nei maschi e di colore rosso arancio nelle femmine.
L'animale si lega al supporto attraverso fibre composte da L-3,4-diidrossifenilalanina (DOPA), sostanza studiata per la sua straordinaria resistenza alla trazione.
Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]
La distribuzione naturale del mitilo mediterraneo comprende tutte zone ove vi siano scogli, emersi o sommersi, in tutto il Mediterraneo, il Mar Nero e la fascia costiera dell'Atlantico orientale, dal Marocco alle Isole Britanniche.
Il mitilo si è naturalizzato in diverse regioni del mondo: in Giappone, California, Sudafrica, Australia meridionale e Nuova Zelanda. In queste località il mitilo mediterraneo compete con la fauna locale ed è perciò considerata specie invasiva, dannosa per gli ecosistemi. Per questo motivo esso compare nella lista delle cento specie invasive più dannose.
I mitili sono frutti di mare molto apprezzati. Per questo motivo essi sono allevati in vivai distribuiti in tutto il Mediterraneo e in alcune zone, particolarmente vocate, si pratica la pesca dei mitili selvatici.
Nella parte edibile del mitilo si ha una media di 58 calorie ogni 100 gr. I mitili sono caratterizzati dalla presenza di sostanze importanti dal punto di vista nutrizionale: il ferro ammonta a 5,8 mg ogni 100 gr di parte edibile e significativa è l'alta percentuale di acidi grassi polinsaturi, tra cui l'acido eicosapentaenoico e l'acido docosaesaenoico, come anche è rilevante la presenza di pochi acidi grassi saturi, rispetto ad altri cibi di orgine animale. Altrettanto importante è la presenza nei mitili di sostanze antiossidanti, come il selenio e la vitamina E.
Molte sono le ricette gastronomiche che vedono i mitili come protagonisti[14]; se ne segnalano alcune:
in pentola o padella (eventualmente con vino bianco, pepe o altri aromi) insieme ai loro gusci;
come componente di spiedini;
fritti in pastella;
come componente di sughi per condire la pasta, da soli o con altri frutti di mare;
gratinati al forno con pan grattato, prezzemolo, aglio ed olio di oliva;
in pentola con solo pepe e cotte con il coperchio (dopo opportuna pulizia dei gusci e del bisso - il filamento tipo spago che le tiene ancorate). Nel napoletano questa preparazione si chiama "impepata di cozze", mentre se vi si aggiunge l'aglio e l'olio si chiama "sauté di cozze".
Il mitilo mediterraneo è edule, ma il suo consumo richiede molte precauzioni poiché esso, se cresciuto in zone marine prossime a scarichi urbani od in zone ove le correnti marine trascinano elementi provenienti da acque reflue, può essere facilmente ricettacolo di batteri e/o virus molto pericolosi. Infatti i mitili, come d'altro canto tutti i lamellibranchi, filtrano attraverso le loro branchie una gran quantità di acqua trattenendone particelle e microorganismi in essa sospesi.
I mitili potrebbero essere utilizzati per la depurazione delle acque, in quanto possono filtrare fino a 1000 litri di acqua al giorno.
Per i motivi suddetti è sconsigliabile l'uso invalso di mangiarli crudi, conditi con succo di limone. In alcune zone del meridione d'Italia questo modo di cibarsene è considerato, erroneamente, apportatore di effetti afrodisiaci. La credenza poi, che succo di limone spruzzato sul mollusco uccida i batteri è assolutamente infondata, dato che per eliminare tutti i batteri il succo di limone impiegherebbe diverse ore, o addirittura giorni.
Le patologie più comuni che possono insorgere a seguito di ingestione di mitili crudi cresciuti in acque non perfettamente sane sono: tifo, paratifo, colera, Norovirus ed epatite virale. Le tossine algali DSP e PSP rispettivamente causa di sindromi gastroenteriche e neurologiche di cui i mitili sono accumulatori qualora presenti nell'acqua, sono termoresistenti.
In ogni caso nella cottura i mitili devono necessariamente aprirsi in modo tale da far fluire il calore al centro del mollusco uccidendo tutti i batteri, il che richiede idoneo tempo.
Cozze:
Nell'Italia meridionale il mitilo è conosciuto con il nome di "cozza", termine derivante dal latino cochleam, ossia "chiocciola" e quindi "guscio". Il termine meridionale "cozza" è compreso in tutta Italia e negli ultimi decenni viene spesso usato anche nel resto d'Italia, a livello però esclusivamente commerciale. In ambito non commerciale, continuano invece a prevalere i nomi locali.
In Campania, nel gergo dialettale corrente si pronuncia anche còzzeca; in particolare a Napoli, il termine "cozza" o còzzeca viene anche usato per connotare una donna molto brutta. Il corrispettivo maschile, però, non è cozzo, ma cuozzo e sta ad indicare un uomo di bassa cultura.
Nel Centro-Sud, il termine "cozza" ha assunto recentemente un'accezione gergale e metaforica, di probabile provenienza romanesca, connotante una donna o ragazza decisamente brutta.
In alcune zone della Sicilia le cozze vengono chiamate cozzole di Messina; anche se effettivamente questo nome specificherebbe semplicemente i mitili provenienti dagli allevamenti situati in prossimità dello stretto (orientativamente caratterizzati da un sapore più deciso rispetto a quelli delle altre zone) il senso di questa definizione si è poi allargato facendo sì che con la parola cozzola si possano intendere vari tipi di mitili e con cozzola di Messina le cozze vere e proprie.
Muscoli:
In Liguria e nella Toscana costiera (provincia di Massa-Carrara e provincia di Lucca tra Marina di Carrara e Viareggio) il termine locale per indicare i mitili è muscoli. A la Spezia la tradizione dei coltivatori di mitili (detti, muscolai) risale alla fine del 1800. Da notare che i muscoli di Spezia sono citati da Fabrizio De André nell'album album Creuza de ma all'inizio della canzone Jamin-a. Il termine "muscolo" deriva dal latino musculus, dal quale hanno avuto origine anche i corrispondenti termini di numerose lingue europee. Alcuni esempi sono: il tedesco Muscheln, l'inglese mussels, il francese moules, il catalano musclos, l'olandese mosselen, il danese muslinger, lo svedese musslor.
Móscioli
Ad Ancona, alle pendici del promontorio del Conero, i mitili non vengono allevati, ma si pratica la raccolta di quelli selvatici, molto abbondanti sugli scogli. Il nome locale dei mitili è móscioli. Il mósciolo selvatico di Portonovo è un Presidio Slow Food e cresce tra la spiaggia del Passetto di Ancona e la spiaggia dei Sassi Neri di Sirolo; tali zone sono considerate un presidio di bio-sociodiversità dal Comune e dalla Provincia di Ancona. Il guscio del mósciolo è caratterizzato da uno spesso strato di concrezioni ed è tradizione degli anconetani raccoglierlo sul fondale "facendo i fiati", ovvero in apnea. Il sapore del mósciolo è più intenso di quello dei mitili d'allevamento.
Gli usi culinari della zona prevedono ricette in cui i móscioli sono preparati in vario modo, ma specie impanati e poi grigliati; in altre ricette essi sono utilizzati per la preparazione di sughi per la pasta; se utilizzati da soli si hanno le tipiche paste con i móscioli, bianche o con il pomodoro, se invece i móscioli sono associati ad altri frutti di mare si ha la pasta "alla marinara" (in bianco) o "alla pescatora" (con il pomodoro).
Peoci e Pedoli
In Veneto il mitilo viene chiamato peocio o pedocio, generando omonimia con il termine dialettale per pidocchio e anche con l'aggettivo gergale, presente anche nella variante peocìn, per definire una persona spilorcia, equivalente dell'italiano "pidocchioso". In lingua friulana si usa un termine corrispondente a quello veneto: "pedoli" (pidocchi).
Altre denominazioni:
Nel dialetto di Comacchio i mitili vengono chiamati "denti di vecchia".
A Livorno si chiamano "datteri".
Mitilicoltura
La mitilicoltura è un tipo particolare di acquacoltura; quella italiana, nonostante l'incremento della produzione degli ultimi decenni, non riesce a coprire il fabbisogno nazionale di mitili: nel 2006 l’importazione di questi molluschi in Italia è stata di circa 25700 tonnellate, di cui più della metà proveniente dalla Spagna.
In Italia si utilizzano tre diversi sistemi di allevamento:
il sistema fisso è il più antico ed è tipico delle aree lagunari o comunque molto riparate, non potendo resistere a condizioni di mare agitato;
il sistema "a monoventia" è stato introdotto a partire dagli anni novanta del Novecento e in breve tempo è diventato quello prevalente. È utilizzato in mare aperto in quanto ha un'alta resistenza, anche nei confronti di burrasche violente.
il sistema a "pluriventie" si è diffuso nei primi anni ottanta del Novecento, e viene utilizzato soprattutto nel Golfo di Trieste; è adatto a zone parzialmente riparate dalle condizioni meteomarine avverse.
Gli addetti alla mitilicoltura in Italia sono circa 1400.
Le zone in cui la mitilicoltura è di più antica tradizione sono il golfo di Taranto (cozza tarantina), il golfo della Spezia, la Laguna Veneta, il litorale Flegreo. Furono i pescatori tarantini che emigrarono nel 1800 ad esportare a La Spezia il modo di allevare i mitili.
Zone di mitilicultura più recenti sono il litorale Triestino (Friuli-Venezia Giulia), il golfo di Olbia (Sardegna), l’Emilia-Romagna, l’Abruzzo e il litorale adriatico della Puglia, specie nel territorio di Cagnano Varano, nel Gargano.
Nelle Marche la mitilicoltura è recente e di sviluppo limitato, in quanto in questa regione prevale la pesca subacquea in banchi di mitili selvatici, praticata nella zona di Ancona, Portonovo e in genere in tutto il Promontorio del Conero.

GAMBERO

Il nome volgare gambero identifica varie specie di crostacei acquatici appartenenti prevalentemente all'ordine dei Decapodi (Astacidea, Penaeoidea, Caridea ecc.) e marginalmente agli ordini degli Euphausiacea (krill), degli Stomatopoda (cannocchie), dei Mysida e degli Amphipoda.
Il termine generico "gambero" viene utilizzato per indicare sia le specie marine sia quelle d'acqua dolce (p.es. famiglia Astacidae).
Comunemente vengono chiamati gamberi o "gamberetti" i rappresentanti dei generi Alpheus, Crangon, Heteropenaeus, Palaemon, Parapenaeus, Penaeus e Periclimenes. Sono detti comunemente "gamberi rossi" le due specie marine Aristeus antennatus e Aristaeomorpha foliacea, raramente Aristaeopsis edwardsiana.
La normativa legale specifica quali sono i casi in cui si può usare in commercio la dizione "gambero" senza aggettivi (Solenocera membranacea), in quali si può usare la dizione "gambero" seguita da un aggettivo (p.es. gambero grigio, Crangon crangon, gambero rosso, Aristaeomorpha foliacea), in quali "gamberetto" (p.es. Palaemon elegans) o "gamberone" (p.es. Metapenaeus intermedius) e infine in quali è obbligatorio usare altri termini (p.es. Penaeus kerathurus = "mazzancolla" e non "gambero", anche se in Sicilia viene chiamata popolarmente "gambero barbuto" o "gambero imperiale").
I gamberi si distinguono a prima vista dai granchi, che sono pure crostacei decapodi, per il corpo allungato. Il corpo dei gamberi è suddiviso in tre parti: capo, torace e addome.
Il capo presenta l'antenna, l'antennula, due mascelle e una mandibola.
Nel torace sono presenti cinque appendici ambulacrali più tre paia di appendici modificate a massillipedi. Tre paia di questi, muniti di chele, sono utilizzati per il nutrimento. Infine nell'addome sono presenti sei paia di appendici che non hanno funzione ambulacrale, ma rappresentano invece appendici atte al movimento dell'acqua in avanti. In questo modo l'acqua viene spinta in avanti e fatta filtrare nelle branchie che si trovano su una parte delle appendici biramose del torace.
Conducono un'esistenza prevalentemente notturna.
Cacciano con l'ausilio delle appendici frontali (le chele) e individuano la preda grazie alle antenne che percepiscono le vibrazioni e forniscono un'identificazione della preda.
La femmina non può accoppiarsi prima della muta del carapace e generalmente tre volte l'anno.
La quantità di uova prodotte varia a seconda dell'età della femmina. Una volta fecondate le uova si trovano sospese sull'addome fino alla schiusa, che varia da qualche settimana a qualche mese in relazione alla temperatura dell'acqua. Commestibili, vengono vendute sia fresche (più costose) ma più in generale surgelate e scongelate (più economiche). Si possono preparare in varie ricette culinarie o secondo i gusti ma generalmente previa cottura in quanto questa facilità l'eliminazione della corazza esterna.

GRANSEOLA

La granseola (Maja squinado Herbst, 1788), è un crostaceo decapode della famiglia dei Majidae.
Carapace colore bruno-arancio, talvolta rosso-arancio, ricco di spine ai bordi di colore bruno. Zampe sottili e lunghe, adatte al movimento sul fondale sabbioso. Chele anteriori piccole, punta più chiara, al termine di braccia snodate, dello stesso spessore delle zampe.
Questo crostaceo vive sui substrati rocciosi marini. La sua essenziale arma di difesa è l'eccezionale mimetismo, che le consente di nascondersi perfettamente tra le alghe e le rocce colorate del fondale marino. A periodi costanti la granseola cambia il proprio carapace, attraverso una muta. Durante questo periodo l'animale è indifeso e vulnerabile a qualsiasi attacco. Perciò quando il vecchio carapace si rompe l'animale è coperto da un involucro molto tenero e, quindi, in breve tempo deve trovarsi un luogo sicuro ove rifugiarsi. Si nutre principalmente di alghe, bivalvi, larve di insetti, vermi e di piccoli pesci intrappolati nelle reti e in concave. Nei mari italiani questo granchio del peso di circa 500 g vive alla profondità di circa 100 m ma può raggiungere profondità di migliaia di metri soprattutto nei mari della Sardegna, ma è possibile incontrarlo anche a basse profondità nell'alto Adriatico. In genere è ricoperto da lattuga di mare per meglio mimetizzarsi nei fondali. Viene pescato con delle nasse.

MOLECHE
moleche
Le moleche sono prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Col termine di moleche si indicano nella laguna veneta i granchi verdi in fase di muta, quando cioè, nello spazio di poche ore, nei mesi primaverili (aprile e maggio) e autunnali (ottobre a novembre), abbandonano il loro rivestimento (carapace) e si presentano tenere e molli, da cui il nome. Sono state presidio Slow Food. La produzione di moleche è unica in Italia e forse nel mondo. Le moleche vanno cotte vive. Esistono due ricette principali: la prima prevede un taglio sulla schiena in modo che l'acqua rimasta fuoriesca, quindi vengono impanate e fritte; l'altra le pone vive nell'uovo sbattuto e salato, fino a che queste deglutiscano in parte il composto, quindi sono passate nella farina bianca e fritte.

sabato 25 gennaio 2025

Corso di cucina: 25 PULIRE E SFILETTARE IL PESCE

🐟 Pulire e sfilettare il pesce… senza farsi sfilettare le dita!

Pulire e sfilettare il pesce è una di quelle operazioni che fanno sentire un cuoco principiante un po’ come un chirurgo alle prime armi: coltello in mano, paziente sul tavolo e… tanta paura di rovinare tutto.
Ma niente panico: con qualche trucco (e un pizzico di ironia) si può trasformare questa “missione impossibile” in un’arte culinaria quasi zen.


👩‍🍳 Step 1 – La preparazione: attrezzi da “sala operatoria”

Prima di partire, serve l’attrezzatura giusta:

  • Un coltello affilato (non la lama del coltellino svizzero con cui apri i pacchi Amazon).

  • Un tagliere stabile, preferibilmente largo.

  • Carta assorbente per “asciugare” il paziente scivoloso.

👉 Consiglio da amico: tieni a portata di mano anche una ciotola per gli scarti. Così eviti di trovarti spine sotto la tastiera del computer, se stai cucinando con Spotify a tutto volume.


🐟 Step 2 – La pulizia: via le interiora (momento splatter 🎬)

  • Prendi il pesce e fai un taglio lungo la pancia, dalla coda verso la testa.

  • Elimina le interiora con delicatezza (ma senza troppa poesia: non ti sei iscritto a “CSI – Grado Edition”).

  • Sciacqua bene sotto l’acqua corrente per rimuovere ogni residuo.

👉 Trucco: tieni il pesce con carta da cucina per non inseguirlo come una saponetta impazzita.


🔪 Step 3 – La sfilettatura: precisione da samurai

Qui entra in gioco la parte “zen”. Respira, rilassati e ricorda: il coltello deve scivolare, non segare.

  1. Incidi dietro la testa fino alla lisca.

  2. Fai scivolare la lama lungo la spina dorsale, mantenendoti aderente all’osso.

  3. Separa il primo filetto.

  4. Ripeti dall’altro lato.

Et voilà: due filetti perfetti (più un po’ di pesce “bonus” se non sei ancora Gordon Ramsay).


🦴 Step 4 – Le spine ribelli

Con una pinzetta da cucina (o quelle delle sopracciglia, ma non dire in giro che te l’ho consigliato) rimuovi le spine rimaste.
👉 È come giocare a “Forza 4”: calma, concentrazione e una bella mano ferma.


🎉 Missione compiuta!

Ora hai due filetti pronti da cucinare come vuoi: alla griglia, in padella, al forno… oppure da postare subito su Instagram con l’hashtag #MasterChefInErba.

La cottura di un pesce presuppone una serie di fasi preliminari che vanno dall'eliminazione delle pinne alla sventratura, alla squamatura e così via. Queste operazioni, in genere, sono ritenute lunghe e laboriose, tuttavia è importante saperle fare e anche bene. Come prima operazione mettete il pesce su un tagliere e cominciate a eliminare le pinne. A questo proposito tenete presente che quelle dorsali sono profondamente piantate nella carne. Se toglierle vi riesce piuttosto difficile, niente paura, lasciate perdere: potrete eliminarle facilmente quando il pesce è già cotto. Poi procedete alla squamatura e infine alla sventratura del pesce, che può essere fatta attraverso l’apertura che è sotto le branchie se il pesce è grosso oppure con una incisione nel ventre se il pesce è piccolo o medio oppure se è piatto. Per tutte le operazioni di pulitura ci sono gli appositi utensili, per esempio gli spelucchini (coltellini a lama curva) e lo squamatore. Se non li avete, usate un normale coltello purché con lama ben affilata per non rovinare la carne delicata del pesce.


Come togliere le pinne al pesce
Usate un paio di forbici da cucina per togliere tutte le pinne (caudali, anali, dorsali, pettorali e ventrali). Asportate le dorsali partendo dalla coda verso la testa. Voltate il pesce e asportate la pinna anale, poi le ventrali e quelle pettorali. Accorciate leggermente la pinna caudale (cioè la coda), tagliandola diritta. Fate molta attenzione nel maneggiare certi pesci, come lo scorfano o il pesce ragno, perché le punture delle loro pinne sono dolorose. Meglio usare i guanti.

Come si fa a squamare il pesce
Questa operazione va fatta dalla coda verso la testa. Prendete un coltellino da cucina avendo l’avvertenza di usarlo dalla parte della costa e non della lama per non rischiare di tagliare la pelle.
Per renderla più facile questa operazione vi suggeriamo di usare l’apposito utensile con serbatoio nel quale si depositeranno le squame. Si acquista nei negozi di casalinghi a poco prezzo.

Eliminare e pulire le interiora del pesce
Per un pesce grosso, togliete i visceri attraverso l’opercolo che si trova sotto la testa. Sollevate l’opercolo introducetevi l’indice della mano destra piegato a uncino, in modo da afferrare gli intestini, tirandoli delicatamente. Controllate che, all’interno lungo la lisca, non siano rimasti dei residui sanguigni; in tal caso introducete il manico di un cucchiaino e toglieteli. Lavate il pesce sotto l’acqua corrente facendo entrare il getto attraverso l’opercolo. Per il pesce piatto potete procedere con un taglio ventrale oppure potete asportare gli intestini dall’opercolo come si fa con i pesci grossi.
Per i pesci piccoli procedete alla sventratura attraverso il ventre: fate una piccola incisione in corrispondenza dell’orifizio anale e procedete verso la testa per qualche cm. Infilate l’indice all’interno dell’incisione ed estraete gli intestini. Attraverso questa apertura potete eliminare anche l’eventuale pelle scura interna. Poi lavate la cavità sotto l’acqua corrente.



Fatta la pulizia del pesce, il pesce potrebbe essere pronto per andare in pentola o in padella, intero. Ma se invece vogliamo sfilettarlo? È possibile, con un’operazione delicata. Inoltre, questa fase della preparazione prevede anche la spellatura che va eseguita con molta attenzione. Infatti i filetti di pesce, dopo questi “trattamenti”, sono pronti per il consumo e si devono presentare con la carne perfettamente pulita e priva di pelle o di qualsiasi altra “scoria”. La sfilettatura si può fare con diversi sistemi. Per esempio, una sogliola richiede una serie di operazioni preliminari diverse da quelle necessarie per un nasello; infatti, la sogliola, come tutti i pesci piatti va trattata in modo differente da quelli tondi tenendo conto del fatto che, in certi casi, da un pesce tondo si possono ricavare due filetti e in certi altri invece un filetto solo. Ma vediamo nel dettaglio come fare.
Come sfilettare il pesce tondo
Per ricavare 2 filetti da un pesce tondo (noi abbiamo scelto un nasello di medie dimensioni) posate il pesce sul tagliere con la coda verso di voi e l’addome in basso. Con il coltello incidete in profondità il dorso lungo la lisca, partendo dalla testa.
Procedendo sempre nella stessa direzione, staccate il filetto dalla lisca, poi tagliatela con la forbice in prossimità della testa e della coda: si staccherà così il primo filetto. Voltate il pesce e staccate l’altro con le stesse operazioni.
Con una pinzetta asportate le eventuali spinette rimaste, poi, mettete il filetto con la pelle sul tagliere, penetrate tra questa e la polpa con il coltello e separatele.
Per ricavare un solo filetto, incidete il pesce dalle branchie alla coda, lungo il ventre, poi staccate la lisca dalla polpa, incidetela un cm sopra la coda e staccatela con la testa.

Come sfilettare il pesce piatto
Per sfilettare una sogliola occorre prima spellarla. Praticate un taglio sopra la coda e con la punta del coltello staccate un lembo di pelle; poi fate un altro taglio sotto la testa incidendo la pelle scura.
Prendete un canovaccio e con la mano destra afferrate il lembo di pelle e tiratelo verso la testa: dovrà staccarsi con facilità (tenete fermo il pesce con la sinistra); eviscerate il pesce, quindi staccate la pelle bianca con lo stesso sistema.
Mettete il pesce con la testa rivolta verso di voi e praticate una incisione lungo il bordo esterno, dalla coda fino alla testa. Quindi ruotate il pesce di 180° e incidete la polpa lungo la lisca e sotto la testa. Introducete il coltello di piatto tra la lisca centrale e la polpa del pesce e, manovrandolo lentamente, staccate tutto il filetto. Procedete allo stesso modo con il secondo filetto dalla stessa parte e poi con gli altri due filetti.

Abbiamo parlato qui di sfilettare il pesce; ma sapete quanti filetti hanno i vari pesci? Eccovi qualche esempio:
La sogliola, la passera, la platessa, la razza, il rombo, hanno 4 filetti.
Merluzzi, naselli, merlani, sardine, acciughe, orate, dentici, pagelli, triglie, hanno solo 2 filetti.
I pesci di grosse dimensioni, invece, non vanno sfilettati ma divisi in tranci. Ne sono gli esempi più classici il tonno, il pesce spada e tutti quei gustosi “giganti” del mare.