domenica 5 gennaio 2025

Corso di cucina: 5 Carni non bovine

AGNELLO D'ALPAGO
La pecora alpagota o agnello d'Alpago è una razza ovina di taglia medio-piccola, autoctona della regione dell'Alpago, che interessa i comuni di Chies d'Alpago, Pieve d'Alpago, Tambre, Farra d'Alpago e Puos d'Alpago. La regione Veneto ha ottenuto dal Ministero il riconoscimento sotto la denominazione di Pecora alpagota. L'agnello è invece protagonista di un presidio di Slow Food. La pecora alpagota è una razza autoctona di taglia medio-piccola, priva di corna e con orecchie minute. Ha un profilo montonino, una curiosa maculatura scura sulla testa e sulla parte inferiore degli arti ed è ricoperta interamente da un mantello folto, fine e ondulato. è una razza rustica, adatta all'ambiente alpino, ma altrettanto idonea all'allevamento in stalla. Considerata ovino a triplice attitudine, cioè valida sia per la carne sia per la produzione di latte e di lana, oggi l'Alpagota è allevata quasi esclusivamente per l’ottima carne. L'agnello d'Alpago, macellato quando arriva a 5-6 mesi di vita, ha una carne tenerissima, con un giusto equilibrio fra grasso e magro e sensazioni di erbe aromatiche. Gli agnelli migliori sono quelli macellati a 55, 65 giorni dalla nascita e con un peso da vivi di 15, 25 chilogrammi.

AGNELLO DEL CENTRO ITALIA
La designazione Agnello del Centro Italia viene utilizzata – fin dagli anni ’60 – dagli operatori della filiera carne ovina e dai consumatori per riferirsi agli agnelli nati e allevati – grazie anche alla transumanza – in tutta l’area del Centro Italia (specificatamente: Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Umbria) e che derivano da ovini ivi storicamente presenti, la cui attitudine era fino alla metà del secolo scorso a triplice attitudine (carne, latte e lana), e successivamente – ad opera del miglioramento genetico – si è specializzata nella produzione della carne.
Le principali razze sono rappresentate da:
Appenninica,
Fabrianese,
Merinizzata Italiana,
Pomarancina,
Sopravissana,
Zerasca,
ma anche da altre razze a duplice attitudine (carne/latte):
Garfagnina Bianca,
Massese
Quasi tutti questi nomi testimoniano l’origine geografica delle razze stesse e il loro legame con i luoghi dove esse meglio si sono ambientate e nel tempo valorizzate (Fabriano, Massa Carrara, Pomarance, Visso, Zeri). Gli agnelli ottenuti sono caratterizzati da un rapido accrescimento ponderale, da una elevata resa in carne e da un basso contenuto di grasso, grazie alla loro elevata capacità di utilizzare le essenze foraggere tipiche costituenti i pascoli del Centro Italia.
Le carcasse reperibili in commercio si possono classificare in diverse tipologie, le cui più rappresentative sono:
A. l’agnello leggero, di peso compreso tra gli 8 e i 13 kg;
B. l’agnello pesante, di peso superiore ai 13 kg;
C. il castrato, di peso superiore ai 20 kg.
La qualità delle carcasse di agnello leggero, oltre al peso, è caratterizzata dal colore della carne (rosa chiaro o rosa) e da un tenore di grasso scarso o mediamente importante per la prima qualità, mentre per la seconda qualità il colore della carne è diverso dal rosa chiaro o rosa e ha un tenore di grasso molto scarso o abbondante.
La qualità delle carcasse di agnello pesante più rappresentata è caratterizzata da 3 classi di conformazione (U “ottima” – R “buona” – O “abbastanza buona”) e anche dallo stato di ingrassamento (compreso tra scarso” e “abbondante”):
La qualità delle carcasse di castrato (da cui deriva il prodotto tipico Castrato di agnello del centro Italia) più rappresentativa è caratterizzata da 3 classi di conformazione (E “eccellente” – U “ottima” – R “buona”) e anche dallo stato di ingrassamento (compreso tra scarso” e “abbondante”).
Per valorizzare questa produzione il "Comitato promotore della IGP Agnello del Centro Italia" ha presentato  al Ministero delle Politiche Agricole la richiesta di riconoscimento del prodotto come IGP e recentemente l'ha ottenuto.
Al momento la regione Emilia-Romagna ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani l'agnello da latte delle razze sarda e massese.
Le tecniche di allevamento tradizionali prevedono che gli agnelli – per loro elevata rusticità e adattabilità ai sistemi di produzione adottati dagli allevatori – vengano allevati sia allo stato brado o semibrado, ma anche stabulato, e in combinazione tra di loro, in base alle fasi produttive del gregge e alla stagionalità. Fino allo svezzamento gli agnelli vengono sempre allattati esclusivamente con latte materno e in seguito l’alimentazione è costituita da fieni e foraggi freschi. L’agnello del Centro Italia è rinomato dai consumatori per la preparazione di ricette tradizionali e perché rievoca la salubrità degli ambienti in cui gli animali sono allevati (in considerazione del fatto che il Centro Italia è ricco di Parchi naturali per circa 700.000 ha).

AGNELLO DI SARDEGNA
Agnello di Sardegna è una denominazione di carne ovine riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna.
Dal gennaio 2001, a livello europeo, la denominazione « Agnello di Sardegna » è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP) e suo disciplinare di produzione modificato nel 2010.
L'allevamento ovino e in particolare dell'agnello è un'attività tipicamente sarda risalente all'epoca della civiltà nuragica dell'Età del bronzo. Negli scavi archeologici effettuati nei nuraghi del centro Sardegna sono stati rinvenuti resti di ossa d’agnello ed utensili relativi alla caseificazione datati 3000 a.C. che testimoniano questa antica tradizione. Altri ritrovamenti attestano invece l'esistenza di riti religiosi sacrificali relativi all'agnello, come ad esempio la statuina rinvenuta a Serri di un orante che offre agli dei delle pelli di agnello. È importante considerare che nonostante l’abbondanza di pascoli e della pastorizia soprattutto ovina, nel ventesimo secolo la consumazione della carne (d’agnello ma anche di maiale e di pecora) era piuttosto secondaria, per lo più festiva, rispetto al pane.
Nel ventunesimo secolo il patrimonio ovino dell'isola ammonta a circa tre milioni di capi; circa il 70% degli allevatori, ovvero più di 3.000, sono soci del Consorzio per la tutela dell’IGP Agnello di Sardegna; ciò equivale designare l'agnello Sardo originario di questa determinata regione e ad assicurare una determinata qualità al consumatore. In dettaglio, la Disciplinare di Produzione IGP del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali "Agnello di Sardegna" garantisce che: L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) Agnello di Sardegna è riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna che siano in regola con le norme dettate dal presente disciplinare di produzione e identificazione.
Di piccole dimensioni, l'agnello di Sardegna IGP si distingue per una carne morbida e bianca, per un odore intenso e l’estrema digeribilità e magrezza della carne. Suo sapore è deciso e selvatico, determinato dalle particolari condizioni degli allevamenti in cui l’agnello viene nutrito con latte materno e con alimenti naturali e in piena libertà.
Commercializzato fresco, può essere immesso sul mercato intero e/o porzionato secondo tre tipologie: da latte (5-7kg), leggero (7-10kg) e da taglio (10-13kg).

CAPPONE DI MOROZZO
A Morozzo tradizionalmente i capponi si fanno con la razza Bionda e, quando sono pronti, hanno una lunga coda nera con riflessi metallici e penne lucide rosso mattone orlate di blu o di verde. Si riconoscono perché non hanno né creste né bargigli e per un particolare che notano soltanto gli allevatori: durante le fiere e le mostre, nelle gabbiette e nelle ceste, i capponi sono placidamente affiancati in coppie, comportamento impensabile per due galli.
La preparazione del cappone è prerogativa esclusiva delle donne, perché richiede mani fini e abili. Ed è il coronamento di un lavoro paziente iniziato in primavera, con la schiusa dei pulcini. Nei primi giorni la loro dieta è a base di mangime vegetale e poi sono lasciati liberi: i galletti (e poi i capponi) devono disporre di almeno cinque metri quadrati di spazio all’aperto e sono rinchiusi solo la notte. La castrazione avviene ad agosto, permettendo ai capponi di crescere per altri quattro, cinque mesi e di essere pronti a Natale (non si macellano mai prima di 220 giorni). 
La carne del cappone è morbida, tenera e delicata: i puristi la gustano semplicemente lessa e bagnata nel sale (o al limite accompagnata dal bagnet verde) ma può anche essere ingrediente di piatti raffinati, come il pasticcio o il cappone ripieno.

CAPRA CAMOSCIATA
Originaria della Svizzera, la capra camosciata delle Alpi si è diffusa in molti paesi, tra cui l'Italia, dove è allevata soprattutto in Piemonte e nel Trentino Alto Adige in allevamenti semistabulati e stabulati di medie e grandi dimensioni. E' detta "camosciata" per il mantello simile a quello del camoscio: il colore di fondo è marrone con riga più scura dalla nuca alla coda. In Liguria sono circa presenti 20 capi. L'attitudine naturale di questa razza è la produzione di latte. Il pascolamento apporta un grosso vantaggio produttivo visto dal punto di vista quali - quantitativo, nonché ha un benefico effetto sullo stato di salute degli animali.

CAPRA SAANEN
Originaria della Svizzera, ha preso il nome dalla valle di Saanen nel cantone di Berna, si è diffusa in molti paesi europei ed extra-europei. Razza altamente produttiva con temperamento vivace ma mansueto, è la tipica razza da allevamento intensivo prevalentemente stabulato e con ricorso al pascolo. La resa in formaggio è inferiore a quella delle capre di origine italiana nonostante la produzione di latte sia alta, poichè il contenuto in residuo secco è più basso. Si registra un unico allevamento di 150 capi in provincia di Savona, nella zona del Giovo Ligure, nel comune di Pontinvrea.

CINTA SENESE
La cinta senese è una razza suina italiana.
A livello europeo, nel marzo 2012, la denominazione Cinta Senese - riservata esclusivamente alle carni suine di animali nati, allevati e macellati in Toscana secondo tradizione - ottiene il marchio denominazione di origine protetta (DOP).
È una razza particolarmente antica - che trae il nome dalla sua area di diffusione, le colline del senese - e probabilmente già allevata a tempo dei romani. Le prime attestazioni sicure della sua presenza risalgono al tardo medioevo quando Ambrogio Lorenzetti ritrasse la specie in un proprio affresco del 1338, dal nome Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo (nel riquadro La campagna ben governata), conservato nel Palazzo Comunale di Siena.
Poiché è poco prolifica, andò in via di estinzione dopo l'introduzione delle razze straniere e ne fu salvata quando oramai erano presenti solo poco più di 150 esemplari. Caratteristiche morfologiche: È una razza di tipo fine, di taglia media, con scheletro leggero ma solido. Il peso adulto è di 300 kg per i verri e di 250 kg circa per le scrofe.
È una razza molto rustica e resistente che non necessita di particolari cure. Il corpo è longilineo e snello, mentre gli arti, lunghi, appaiono robusti rispetto alla tronco dell'animale. La testa è allungata e presenta un profilo rettilineo mentre il muso è affusolato. Le tinte del mantello è di colore scuro con una banda di pelo bianco che cinge il torace dell'animale.

CONIGLIO GRIGIO DI CARMAGNOLA
Questa razza ha pelliccia soffice, folta, grigia (un poco più chiara sul ventre, sugli arti e nella parte terminale della coda). Di taglia media, con un corpo allungato e lombi muscolosi, pare discenda da un incrocio con il cincillà. La salute molto delicata e la pelle sottilissima lo rendono molto difficile da allevare nelle comuni gabbie: l’ideale è un recinto con un pezzetto di prato e un piccolo ricovero in caso di intemperie, lontano da correnti, umidità e dal sovraffollamento degli allevamenti intensivi.
L’alimentazione migliore è a base di erba e mangimi naturali, la macellazione deve avvenire quando raggiunge un peso tra i 3,5 e i 5,5 chilogrammi per i maschi e i 3,5 e i 4 chilogrammi per le femmine.Il coniglio Grigio di Carmagnola si segnala per l’ottima resa: la sua struttura ossea è molto fine e la massa muscolare superiore a quella delle altre razze. Le carni sono fini, tenere, sapide, particolarmente bianche e per niente stoppose. Un tempo il coniglio ai peperoni fatto con le carni del Grigio di Carmagnola era un piatto immancabile in ogni menù delle osterie piemontesi, così come il coniglio all’Arneis nel Roero, piatto antico ed erede diretto della lepre al civet (dalle squisite carni marinate nel sangue e nel vino). Varianti più moderne lo propongono in agrodolce, al cioccolato, in salsa d’uovo.

CONIGLIO VENETO

Il coniglio veneto (cunicio, conejo) è inserito nell'elenco dei prodotti tipici veneti. Il Veneto è tradizionalmente una delle regioni con il maggior numero di allevamenti cunicoli del mondo: fino a trent'anni fa ogni famiglia aveva un piccolo allevamento di conigli sia per il proprio consumo che per garantirsi un reddito integrativo attraverso il commercio di carne e pelli.
La Marca trevigiana, possiede a tutt'oggi la più alta concentrazione al mondo di tali allevamenti: delle circa 50 razze di conigli allevati nel mondo 40 sono selezionate in Italia, per lo più in quest'area dove sono presenti industrie che producono attrezzature e mangimi. Il coniglio viene consumato giovane, possibilmente prima che raggiunga la maturità sessuale (ad una età di 84/90 giorni, al raggiungimento di 2,5 kg di peso) per evitare che la carne assuma un odore acre e sgradevole, tagliandolo a pezzi e cuocendolo in una casseruola di terracotta per due ore dopo averlo lasciato marinare una notte con un trito di verdure, alloro e vino rosso. Anche il coniglio, come molti piatti veneti, era servito con la polenta e, in stagione, con un contorno di pissacan in tecia ovvero foglie di tarassaco leggermente amarognole, cucinate con aglio, olio e lardo.

GALLINA BIONDA PIEMONTESE E GALLINA BIANCA DI SALUZZO
In Piemonte, fino a pochi decenni orsono, non c’era cascina che non allevasse polli, anatre, oche e conigli: piccoli animali da cortile destinati al consumo familiare o venduti per arrotondare i modesti bilanci aziendali. Le tradizionali razze di polli allevate erano due: la Bionda Piemontese (detta anche Bionda di Cuneo, Bionda di Villanova, Rossa delle Crivelle o Nostralina) e la Bianca di Saluzzo (conosciuta anche come Bianca di Cavour).
La Bionda ha piumaggio dorato e camosciato, la coda alta, nera con riflessi metallici, il becco giallo e la cresta ben sviluppata, eretta, con quattro, sei denti. La Bianca di Saluzzo è simile alla Bionda, ma è bianchissima (compresa la coda). Più rara della prima, la Bianca ha un’area di allevamento molto ristretta: in pratica, l’antico Marchesato di Saluzzo (realtà politica forte che rimbalza, nei secoli, tra il dominio francese e quello dei Savoia) più qualche comune a nord (come Cavour, Villafranca e Garzigliana). Un tempo, in questa zona, molte cascine allevavano fino a 200-300 galline e producevano anche 10-15 dozzine di uova al giorno. Galline, polli, capponi e uova finivano sui mercati e le donne contrattavano il prezzo con i polaié: il ricavato serviva per le spese di casa e per comprare il corredo.
È molto più ampia, invece, l’area della Bionda, che copre quasi tutto il Piemonte. Negli anni Sessanta l’avvento dell’allevamento industriale e, in particolare nel Saluzzese, lo sviluppo di un’agricoltura intensiva, hanno soppiantato queste razze tradizionali (adatte esclusivamente all’allevamento all’aperto). Da sempre il pollo, nelle osterie di Langa e un po’ in tutto il cuneese, si cucina «alla cacciatora»: piccoli pezzi di pollo soffritti in un trito di aromi, un poco di vino bianco, cipolle e pomodori a pezzetti. Le carni acquistano sapore e morbidezza dalla salsa e la stessa salsa serve di condimento per la polenta. Infine è ottima la gallina lessa – in particolare la Bianca di Saluzzo – servita con il suo brodo, in gelatina o in insalata.

GALLINA COMUNE ARGENTATA O GALLINA DORATA LIGURE

È un pollo di tipo mediterraneo caratterizzato da cresta semplice sviluppata, bargigli rossi sviluppati, orecchione bianco o crema, pelle gialla, tarsi gialli e nudi, uova a guscio bianco. La colorazione fondamentale del piumaggio è l'argentato.Zona di produzione: Tutte le province della Liguria.
Lavorazione: Il pollo comune dorata ligure viene allevato con metodo estensivo. La macellazione deve essere eseguita almeno dopo il quarto mese di vita. La concentrazione dei capi deve essere la seguente: in ambiente chiuso 10 capi a metro quadrato, se destinati all'ingrasso; 4 capi a metro quadrato, se destinati alla riproduzione.

GALLINA POLVERARA
La Polverara è una razza di pollo a cui è stata ufficialmente riconosciuta l'origine italiana. Come per la "cugina" gallina padovana, pare che le origini della gallina di Polverara vadano ricercate nell'est europeo. Nel 1300, l'astronomo e filosofo Giovanni Dondi dell'Orologio avrebbe riportato dalla Polonia dei meravigliosi polli ciuffati. Questi, col tempo fuoriusciti dalla sua tenuta in quel di Padova ed accoppiatisi con i polli allevati nei villaggi vicini, avrebbero dato origine a questa pregiata razza avicola. Tale teoria, che viene riportata da numerosi scrittori del passato (come Teodoro Pascal) e moderni (come Periquét) non ha finora, però, trovato conferme storiche. Pare più plausibile a tutt'oggi l'ipotesi secondo cui i polli ciuffati sarebbero giunti nella regione del padovano sotto forma di viatico vivente dei pellegrini dell'est europeo, che, diretti verso i luoghi sacri della cristianità in Italia, si fermavano nei monasteri della regione, come quello di Santa Maria della Riviera a Polverara. Recentemente è stata scoperta la prima raffigurazione conosciuta di una gallina ciuffata nel padovano: si tratta di un affresco risalente al 1397 e presente nell'oratorio di San Michele Arcangelo a Padova. Nei secoli successivi, i polli ciuffati vennero ad essere allevati soprattutto nella zona di Polverara, divenendo tanto famosi per la loro bellezza e grossezza da divenire oggetto di dono al sultano Maometto II, colui che prese Costantinopoli. A darcene notizia è Ermolao Barbaro, che verrà poi ripreso da Ulisse Aldrovandi nella sua opera sull'ornitologia. Questi uccelli, forma ancestrale degli odierni Polli di Polverara, vennero per secoli chiamati galline padovane, e a causa della loro fama divennero merce per i traffici dei Veneziani che le vendettero in diverse zone dell'Europa (Belgio, Francia, Paesi Bassi). I polli di Polverara erano allevati all'aperto tutto l'anno, dormivano sugli alberi la notte e si nutrivano nelle campagne, liberi. Nel corso dei secoli questi animali conobbero alterne fortune, e furono pure citati nelle opere letterarie di Bernardino Scardeone e di Alessandro Tassoni. La razza entrò in crisi verso l'inizio del Novecento, tanto che a stento si riuscì a salvarla. Un secondo tracollo, più grave, si ebbe negli ultimi 50 anni, con la perdita di molti allevamenti amatoriali e l'ibridazione con polli di tipo meramente commerciale. Pressoché estinta nel 2000, la gallina di Polverara si salvò grazie all'opera di Bruno Rossetto, che per cinquant'anni continuò ad allevare questi avicoli, acquistati nel '54 dalla Sig.ra Ruzza.
Verso la fine degli anni ottanta, venuti meno gli altri allevatori che, al pari di Bruno Rossetto, allevavano la razza, il ragionier Antonio Fernando Trivellato iniziò il lavoro di recupero numerico della stessa, partendo inizialmente da incroci di Gallina Padovana e Cornish, ma inserendo il patrimonio genetico di alcuni capi ricevuti da Bruno Rossetto e quello di un'altra ventina di polli (ibridi di Polverara) reperiti tra mille difficoltà nel territorio del padovano. Oggi grazie all'opera pionieristica di questi due allevatori e all'interesse del Comune di Polverara la razza vanta alcune migliaia di esemplari, distribuiti in 5 grandi allevamenti e tra numerosi altri avicoltori amatoriali. La Polverara è anche una delle razze oggetto del progetto CO.VA., che si occupa di varietà avicole venete minacciate. A Polverara uno dei maggior allevatori di queste galline è il Sign. Francesco Pianta.
La gallina di Polverara è provvista di una cresta ridotta che dovrebbe, nei migliori esemplari, prendere la forma di una coppia di cornetti disposti a "V" davanti al ciuffo. In alcuni esemplari un terzo cornetto più piccolo sovrasta le narici. Il caratteristico ciuffo composto da piume fitte non è dovuto, come nella gallina padovana, ad un'ernia cerebrale e ad una modifica del cranio. sono presenti barba e favoriti, i bargigli sono rudimentali se non assenti.
Presente oggi con due varietà di colore, la nera e la bianca, ufficialmente riconosciute dalla FIAV (Federazione Italiana Associazioni Avicole), in passato erano note altre colorazioni, come la camoscio o la dorata. In molti ceppi dall'incrocio di bianche e nere emergono esemplari blu, segno che sotto la colorazione bianca si celano ancora esemplari splash. Recentemente il rag. Trivellato ha affermato di aver ricostituito anche altre varietà di colore[6]. La carne è scura (morata) e dal sapore delicato. Il suo peso varia da 2,8/3 chilogrammi per i maschi ai 2 chilogrammi per le femmine.
La gallina di Polverara depone uova bianche di circa 40 grammi di peso. Le galline di Polverara non sono buone chiocce - di norma solo una su dieci presenta l'istinto alla cova. Diventa quindi quasi indispensabile il ricorso ad una balia (gallina, tacchina) o ad una incubatrice artificiale. La schiusa delle uova avviene, come negli altri polli, dopo 21 giorni. I giovani impiegano molti mesi (fino a 9) prima di arrivare a completa maturazione.

GALLINA SICILIANA
La Siciliana è un'antica razza leggera di pollo originaria della Sicilia, da cui prende il nome, presente nei libri dedicati all'avicoltura di tutto il mondo, ma estremamente rara. È il tipico pollo leggero di origine mediterranea, presente in diverse varietà di colore, ma che si differenzia dalle altre razze per la peculiare forma della cresta, definita "a coppa", caratteristica che l'ha resa popolare e unica al mondo. Come per la Livorno, anche la Siciliana è stata oggetto di allevamento in USA, tanto che si possono osservare due tipi distinti: la Siciliana di tipo italiano, che è da considerarsi l'originale, e quella di tipo americano, definita Sicilian Buttercup, o semplicemente Buttercup.
Le origini della razza sono piuttosto controverse; tuttavia, pare che esista da molti secoli, come attestano opere pittoriche che la riproducono, risalenti al sedicesimo secolo. Secondo alcuni studiosi la razza si sarebbe originata da accoppiamenti tra polli locali e polli provenienti dall' Africa settentrionale; in effetti la razza nordafricana chiamata Tripolina, oltre a vantare un ciuffo di penne, presenta anche una cresta a coppa proprio come la Siciliana. Tra il 1850 e il 1860 il Capitano Daves acquistò un notevole numero di polli, al fine di rifornire l'equipaggio di uova e carne durante il suo viaggio di ritorno a Boston. Le galline dimostrarono di essere ottime ovaiole, e così gli esemplari che arrivarono vivi negli Usa divennero oggetto di intensa selezione da parte di alcuni allevatori statunitensi che divennero sostenitori della razza, tra cui l'avvocato Cough e il reverendo Brown. La razza venne ribattezzata Flower Bird, grazie alla forma della cresta, e poco più tardi Sir Loring importò i polli dalla Sicilia anche in Inghilterra, dove furono chiamati Sicilian Buttercup. Gli allevatori statunitensi crearono una Siciliana diversa da quella originale, più pesante e con orecchioni bianchi, chiamata appunto Sicilian Buttercup, un ceppo discretamente allevato all'estero, mentre la Siciliana originale è andata progressivamente scomparendo. Fortunatamente alcuni allevatori italiani si sono impegnati nel conservare questa razza e salvarla dall'estinzione.
Caratteristiche morfologiche
È un pollo di tipo campagnolo, snello e leggero, dalle forme eleganti ma meno vistose di altre razze mediterranee.
Il tronco è di media grandezza. La testa è arrotondata, abbastanza larga e profonda. Il becco è forte, di media lunghezza, striato di nero. Gli occhi sono vivaci, grandi, prominenti e di colore rosso. La cresta rappresenta il punto forte della razza: è rossa e di tessitura fine, inizia come cresta semplice alla base del becco per acquisire la forma a coppa ben arrotondata ; si chiude nella parte posteriore. I denti della cresta devono essere cinque e regolari, non troppo lunghi, ben definiti e senza una base troppo larga. La cresta è portata ben dritta in entrambi i sessi. I bargigli sono rossi, di media grandezza, ben distesi e non aperti. La faccia è rossa, liscia e senza peluria. Gli orecchioni sono medi, ben arrotondati, fini e di colore rosso; è ammessa una leggera presenza di bianco.
Il collo è arcuato ed elegante, dotato di un'abbondante mantellina. Le spalle sono larghe e ben arrotondate. Il dorso è largo e non troppo lungo. Le ali sono lunghe, aderenti al corpo e portate alte. La coda è abbastanza larga, con timoniere abbastanza lunghe, portata alta fino ad angolo retto. Il petto è portato abbastanza alto, è pieno, largo ed arrotondato.
Le zampe sono di media grandezza, ben staccate dal tronco, dotate di tarsi sottili, nudi e abbastanza lunghi, di colore verde salice. Il peso è di kg 2,000/2,400 per il gallo e di kg 1,600/1,800 per la gallina. Il piumaggio si presenta abbondante e morbido, ben aderente su tutto il corpo.
Qualità
La Siciliana è un pollo molto rustico e vivace, con una spiccata attitudine alla produzione di uova. Un pollo con poche pretese, dalla grande resa: in sintesi questa è la Siciliana.
Molto resistente ai climi caldi e asciutti, ha un temperamento vivace, sanguigno ma in genere non è una buona volatrice.
Il suo aspetto è fiero e battagliero, coraggioso e territoriale, particolarmente resistente alle malattie più comuni, di indole vagabonda: se lasciata libera di pascolare può procurarsi buona parte dell'alimentazione giornaliera, anche se può continuare a vivere e a produrre confinata in piccoli ambienti.
Inoltre è una razza molto precoce: i pulcini nascono vispi e robusti, quasi sempre con un anticipo di 12 ore circa; prima dei 20 giorni si distinguono già i sessi, le galline depongono già dal quinto mese di vita uova dal caratteristico guscio affusolato color bianco ed in numero di oltre 150 per ciclo; anche la carne è gustosa, si avvicina molto al gusto della pernice, con buone caratteristiche organolettiche.
Nonostante non sia stata oggetto di grossi programmi di recupero, la sua particolare resistenza e adattamento al territorio ha permesso la sua sopravvivenza fino ai giorni nostri, non è difficile trovarla distribuita nel territorio Siciliano.
La razza è allevata a scopo di recupero con l'obiettivo di essere conservata e recuperata, non ha mai assunto una notevole importanza economica ma culturale. Il peso minimo dell'uovo è di 45 grammi.

GALLO NERO DELLA VAL DI VARA
Nella Val di Vara, nell'entroterra spezzino, esiste il gallo nero, una razza di taglia gigante, selezionata alla fine degli anni Venti dal Pollaio Provinciale di Genova ma pressoché scomparsa nel dopoguerra. È una razza maestosa, con il piumaggio completamente nero, setoso, dai riflessi verdi metallici. La cresta grande, color rosso vivo, è unica, a cinque punte. Una delle ragioni del suo abbandono è indubbiamente la sua caratteristica principale, ovvero le dimensioni, assolutamente inadatte ai consumi delle piccole famiglie moderne. Con una sola gallina di razza gigante nera è possibile sfamare almeno sei commensali mentre il mercato attuale richiede polletti di piccole dimensioni. Raggiungono il peso ideale di oltre tre chilogrammi solo dopo dieci mesi. Grazie all'alimentazione naturale (granaglie, avanzi dell'orto, erbe e insetti), integrata dal pascolo, la qualità della carne è eccellente, è soda e saporita, più scura sulle cosce che sul petto: un indicatore fondamentale che segnala che il pollo ha pascolato, e quindi ossigenato molto la muscolatura. Il pollaio tipo ospita un maschio e dieci femmine, è sempre circondato da ampi spazi aperti dove gli animali razzolano liberamente.

GIGANTE NERA D'ITALIA
La razza Gigante Nera fu selezionata in Liguria a partire dal 1929, appositamente per le caratteristiche di questa regione. Raggiungendo il ragguardevole peso di 4 Kg, è 42 classificata tra le razze pesanti. È riconoscibile per il piumaggio nero dagli eleganti riflessi verdi. Allevamento: la Gigante nera, come tutte le razze pesanti, ha la caratteristica di essere sedentaria e avere scarsa attitudine al pascolo. Zona di produzione: Val di Vara (La Spezia)

PECORA BRIGASCA
L'origine del nome della razza è da attribuirsi al monte Briga e all'omonimo passo sulle Alpi Marittime, zona di confine tra Italia e Francia. La popolazione è di circa 2000 capi.
L'attitudine principale di questa razza è duplice (carne e latte) con una certa prevalenza della prima.
Taglia: medio-grande, con un peso che si aggira sui 50 kg e più per le femmine, nei maschi adulti di 3-4 anni il peso minimo è di 80 kg; in alcuni soggetti sono oltrepassati i 100 kg.
Testa: medie dimensioni, più potente nei maschi, in ogni caso in equilibrio con il corpo nel suo insieme. Profilo fronto-nasale montonino, più accentuato nei maschi. Corna presenti in circa l'80% dei capi, inserite al di sopra della fronte, robuste, portate all'indietro e lateralmente, a semispirale nelle femmine; di più grandi dimensioni e più robuste, avvolte a spirale, nei maschi.
Collo: tendenzialmente lungo e ben inserito sull'anteriore.
Tronco: medio-grande con garrese spesso e torace in genere abbastanza lungo e profondo (da preferire animali con torace lungo e molto profondo di tipo respiratorio), con dorso e lombi larghi, groppa larga ed abbastanza lunga, tendenzialmente inclinata posteriormente.
Apparato mammario: mediamente si presenta ben sviluppato, abbastanza quadrato e ripartito nei quarti, con buon legamento mediale e capezzoli di media grandezza.
Arti: robusti e di media lunghezza, con unghielli forti e di colore prevalentemente scuro, ben adattati al pascolo in zone impervie.
Vello: ricopre tutto il corpo ad eccezione della testa, addome, parte interna delle cosce e degli arti e distalmente all'articolazione tibio-tarsica per gli arti posteriori e del ginocchio per quelli anteriori.
Pelle e pigmentazione: la pelle si presenta al tatto sottile ed elastica, mediamente di colore roseo o rosa antico, talvolta sono presenti macchie scure più o meno estese.
Difetti di tipo zoognostico che precludono l'iscrizione al Registro
Mantello completamente nero o con pezzature, macchie nere.
Profilo rettilineo o concavo della testa.
Vello di tipo chiuso, merinizzato.
Dati biometrici: peso medio nelle femmine 50 kg, nei maschi minimo 70 kg a tre anni, negli agnelli alla nascita 4-5 kg. Negli adulti sono da preferire animali più pesanti.
Allevamento: l'attitudine principale di questa razza è duplice (carne e latte) con una certa prevalenza della prima. La carne è costituita principalmente dalla vendita degli agnelli del peso vivo di 15-16 kg, raggiunto a circa due mesi di età. L'allevamento tradizionale prevede, infatti, un periodo di sette otto mesi in alpeggio, e di circa quattro mesi in bandia, la zona costiera ove il clima mite permette di mantenere il pascolo all'aperto anche nei mesi invernali.
Zona di produzione:Valle Arroscia, valle Argentina e alcuni comuni litoranei delle province di Imperia e Savona
L'origine del nome della razza è da ascriversi al monte Briga e all'omonimo passo sulle Alpi Marittime, zona di confine tra il nostro paese e la limitrofa Francia. L'area di allevamento comprende diversi comuni della valle Arroscia, della valle Argentina e alcuni altri comuni litoranei per la provincia di Imperia, il comune di Albenga per la provincia di Savona.

PECORA MARRANA
La razza ha probabili origini da alcune razze da carne italiane, bergamasca, biellese e appenninica, presenti ancora in numero assai diffuso in Pianura Padana, Alpi ed Appennini. E' presente nella provincia di Genova, nel comune di Montaggio, per un totale di 21 capi. 39 L'attitudine di questa razza è da sempre la produzione di carne, l'allevamento è tipicamente stanziale, agro-pastorale.

PECORA MASSESE
La massese è una pecora da latte originaria della Valle del Forno, in provincia di Massa, allevata in Toscana, Emilia, Umbria, Liguria con presenze in espansione nelle regioni limitrofe. E' presente nella provincia della Spezia, zona di Sarzana, presso sette aziende, per un totale di 1.000 capi. Il sistema di allevamento tradizionale prevede l'utilizzo del pascolo durante tutto l'anno, con rientro delle pecore per la mungitura serale e mattutina. La caseificazione avviene presso le singole aziende con vendita diretta del prodotto ottenuto.

PECORA SARDA
Pecora Sarda
Sarda è una razza ovina italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Razza autoctona della Sardegna, si è diffusa in tutta l'Italia centrale. Si ritiene che derivi dal muflone che vive allo stato selvatico sui monti del Gennargentu. La razza Sarda rappresenta circa il 40% della popolazione ovina nazionale. E' una razza rustica e molto produttiva. Poco adatta alla produzione di carne e di lana (modeste quantità e poco pregiata).
Taglia: media.
Testa: distinta leggera, solitamente un po’ allungata con profilo diritto o leggermente montonino nei maschi, faccia uniformemente bianca con espressione vivace, occhi grandi e vivaci con leggero rigonfiamento palpebrale, narici larghe, bocca ampia, orecchie di media grandezza o piccole, mobili, portate orizzontalmente e talvolta anche un po’ pendenti, corna assenti nelle femmine o poco sviluppate, assenti o rudimentali nei maschi.
Collo: ben unito alle spalle ed al petto, lungo ed esile nelle femmine, più forte e più robusto nei maschi.
Tronco: allungato e di forma tronco-conica, garrese ben serrato, leggermente pronunciato e piuttosto affilato nella pecora, più muscoloso nell’ariete; torace profondo e leggermente piatto, spalle ben attaccate, leggere, giustamente inclinate ed in armonia con le regioni circostanti; dorso forte e diritto; linea superiore corretta; lombi larghi e robusti allineati con il dorso, ventre capace, arrotondato e ben modellato, fianchi pieni, larghi e profondi, groppa leggermente spiovente, più lunga che larga, coscia piatta, scarna e ben discesa. Coda esile e lunga. Mammella sferica, larga, ben sostenuta, forte negli attacchi, con tessitura morbida, spugnosa, elastica, quasi floscia dopo la mungitura, bene irrorata dalla corrente sanguigna periferica e con capezzoli proporzionati e ben diretti.
Vello: bianco, aperto, costituito da bioccoli appuntiti, con presenza di peli morti nel sottovello, esteso fino a metà dell’avambraccio e poco sopra il garretto.
Pelle e pigmentazione: pelle sottile, elastica e di colore bianco rosato, talora con lieve picchiettatura nera o marrone sulla testa, negli arti, e, in genere nelle parti prive di lana.
Altezza media al garrese:
- Maschi a. cm. 71
- Femmine a. cm. 63
Peso medio:
- Maschi a. Kg. 59
- Femmine a. Kg. 42
Produzioni medie:
Latte (senza poppata - grasso 6,0% proteine 5,3%)
- primipare lt. 130
- pluripare lt. 180
Carne:
- Maschi Kg. 44,5
- Femmine Kg. 32,5
Lana: (in sucido)
- Arieti Kg. 2,5
- Pecore Kg. 1,2

sabato 4 gennaio 2025

Corso di cucina: 4 Carni bovine

ABERDEEN ANGUS
Razza da carne. Originaria della contea di Aberdeen nel nord-est della Scozia. Razza antichissima. Molto diffusa anche negli USA (dove è la razza da carne più rappresentata) e nel sud America.
La Aberdeen Angus è una delle razze da carne più celebri al mondo.
Il mantello è di colore nero con pelo raso. Mucose e cute pigmentate nere. Corna assenti e sincipite pronunciato.
Animali di bassa statura (arti brevi) ma di pesi elevati (femmine 7-7,5 q.li; maschi 10-11 q.li). Testa leggera, ossatura fine, torace ampio e profondo. Pelle morbida ed elastica.
Resistente alle radiazioni solari; sopporta le infestazioni dei ditteri e le verminosi. Ottima adattabilità al pascolo.
Buona fertilità e longevità.
Pochissimi problemi al parto.
Carne di ottima qualità (tenera e saporita) ma non è gradita al consumatore italiano per l'eccessiva presenza di grasso.
I tori Aberdeen sono usati anche per l'incrocio. 

ABONDANCE

Originaria della valle dello Chablais nel cuore delle Alpi (Alta Savoia - Francia). Il nome deriva dal nome del piccolo paese di Abondance che si trova in tale valle. E' pervenuta in tale zona con la discesa dei Burgundi. Ha avuto origini in comune con la Valdostana. Nel tempo si è adattata alle difficili condizioni della zona di origine (ambiente, alimentazione, clima). Oggi è allevata nelle Alpi francesi, nel Massiccio Centrale e sui Pirenei. E' una delle 11 razze che aderiscono alla Federazione Europea delle razze del Sistema Alpino (Abondance-Francia; Grigio Alpina-Italia; Herens-Svizzera; Hinterwälder-Germania; Pinzgauer-Austria; Rendena-Italia; Tarentaise-Francia; Tiroler Grauvieh-Austria; Valdostana-Italia; Vordelwälder-Germania; Vosgienne-Francia).

Caratteristiche morfologiche

Il colore del mantello è pezzato rosso tendente al fromentino. Rosso intenso e più scuro predominante. Estremità degli arti e regione ventrale in genere bianchi. Testa bianca con orecchie rosse. Raramente macchie rosse sulla testa.
Musello color rosso carnicino.
Corna corte, di color giallo ceroso come gli unghioni.
Animali di minor statura e taglia rispetto alle altre Pezzate Rosse Francesi.
Altezza femmine inferiore ai 140 cm
Peso vivo femmine circa 6,0 q.li
Caratteristiche produttive
Razza a duplice attitudine, con prevalenza per il latte. Molto adattabile agli ambienti difficili, ottima camminatrice, ottima utilizzatrice di foraggi grossolani, parto facile. Più che accettabile anche l'attitudine alla carne.

AGEROLESE CAMPANA

Originaria della Provincia di Napoli, oggi sono allevate poche centinaia di capi nei comuni di Agerola, Pagani e Gragnano. Deriva da incroci di bovini di razza Frisona, Bruna e Jersey con la popolazione locale. La popolazione, considerata in pericolo di estinzione dalla FAO (1992), ha subito nel corso degli anni una forte riduzione a causa del continuo ricorso all'incrocio di sostituzione con la Frisona Italiana.
Dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è stato istituito per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la salvaguardia di questi patrimoni genetici. Sono state ammesse le seguenti razze: Agerolese, Bianca Val Padana (Modenese), Burlina, Cabannina, Calvana, Cinisara, Garfagnina, Modicana, Mucca Pisana, Pezzata Rossa d'Oropa, Pinzgau, Pontremolese, Pustertaler, Reggiana, Sarda, Sardo-Modicana, Varzese.
Il colore del mantello può variare dal castano al nero con un’orlatura di peli chiari intorno al muso anch'esso scuro, presenta corna di medio sviluppo, chiare, dirette lateralmente ed in avanti.
Le produzioni di carne e latte sono di buona qualità e talvolta aleatorie a causa delle difficoltà della razza di adattarsi ad ambienti marginali o difficili.

AYRSHIRE SCOZZESE
Originaria della Contea di Ayr, nei pressi di Glasgow nel sud-est della Scozia. Si ritiene discenda da bovini brachiceri celtici. Riconosciuta come razza già nel 1814. Apprezzata come lattifera perché produce un latte particolarmente adatto alla caseificazione (cagliata fine - globuli piccoli). Esportata in tutto il mondo e in particolare nel Nord America (Stati Uniti e Canada), Finlandia e Svezia. Elevata adattabilità al pascolo in tutti gli ambienti (specie nei climi freddi).
Il colore del mantello è pezzato rosso, mogano o marrone. Le macchie sono irregolari e il bianco prevale nettamente. Il fiocco della coda è bianco.
Musello roseo o rosso carnicino.
Corna di lunghezza media, rivolte in alto e avanti (a forma di lira).
Animali di taglia media:
- femmine: 138 cm; 550-600 kg
- maschi: 145 cm; 850-900 kg
Animale non eccessivamente spigoloso, con profili piatti o leggermente concavi.
Collo lungo e sottile.
Ottima profondità toracica e capacità addominale.
Ottima la morfologia della mammella con attacchi forti.
Ottime capacità lattifere, quantitative e qualitative, per tenore di grasso e proteine.
Mediocre l'attitudine alla produzione di carne.
Buone precocità come sviluppo somatico e sessuale.
Buona fertilità e non presenta problemi al parto.

BIANCA MODENESE
La Bianca Modenese è una razza bovina autoctona dal mantello bianco latteo allevata in Italia. Nata come razza utilizzata dai contadini italiani anche per la lavorazione dei campi, questa sua terza attitudine viene gradualmente a perdersi nel dopoguerra grazie all'invenzione dei trattori e dei mezzi agricoli e sarà allevata solo per la produzione di latte e carne.
Questa è stata anche una delle cause per le quali il numero di capi allevati si è ridotto notevolmente in poco più di un cinquantennio, facendo rientrare questa bovina nella lista delle razze in pericolo di estinzione.
Produzione: Latte e Carne
Mantello: Semplice ed uniforme (BIANCO)
Ossatura: Media
Particolarità: Cute depigmentata; lingua, palato, nappa della coda ed unghioni color ardesia
Altezza al garrese : Cm 155 per i maschi e cm 145 per le femmine
Peso vivo: Kg 1050 i maschi e 650 le femmine
Esigenze di allevamento : MEDIE
Precocità: BUONA
Qualità della carne : BUONA
Attitudine del latte alla caseificazione : BUONA
Resa al macello : OTTIMA
Resistenza agli ambienti difficili: BUONA
Utilizzo di foraggi scadenti: BUONA
Utilizzo del pascolo : MEDIO

BLONDE D'AQUITAINE
La Blonde d'Aquitaine è una razza bovina francese originaria dell'Aquitania.
Conosciute anche come garonnesi, le femmine possono arrivare ai 650 kg e i maschi a 750 kg. Non notevolmente alte al garrese, la loro colorazione è il bianco panna o il rossiccio, con varie tonalità. Se allevate con i giusti mangimi, hanno una carne di notevole qualità.

BLU BELGA
La Blu belga è una razza di bovini da carne del Belgio. Questi bovini sono indicati in francese come Race de la Moyenne et Haute Belgique, o più comunemente come Blanc Bleu Belge. I nomi alternativi per questa razza includono: Blu-bianca, la belga bianca, e la blu pezzata; Belga bianca blu, blu e blu belga. L'aspetto della loro muscolatura possente è conosciuta come "doppia muscolatura". Il fenotipo della doppia muscolatura è una condizione ereditaria risultante dal numero accresciuto di fibre muscolari (iperplasia) piuttosto che un ingrandimento normale delle fibre muscolari individuali (ipertrofia). Questa particolare caratteristica è condivisa con un'altra razza bovina, la piemontese. Entrambe le razze hanno una capacità aumentata nella conversione del loro nutrimento in muscolatura magra, che causa queste particolari tipologie di carne che hanno un ridotto contenuto di grassi, Il Blue belga prende il nome dal colore del pelo a chiazze blu-grigio, ma il suo colore può variare anche dal bianco al nero.

BRUNA ALPINA
La Bruna, in passato denominata Bruna Alpina, è una razza bovina originaria della Svizzera, derivata dal Bos taurus brachycerus.
Le particolari doti di rusticità, affiancate ad una spiccata attitudine lattifera ne hanno favorito la diffusione in molte regioni dell'Europa e dell'America e la differenziazione di ceppi genetici adattati a specifiche condizioni ambientali. In Italia, l'introduzione della Bruna Alpina ha avuto inizio attorno al 1850 interessando il versante sud dell'arco alpino. In seguito si è diffusa sempre più nella Pianura Padana e, con il progredire dello sviluppo dell'agricoltura nell'Italia centro-meridionale, in tutta la penisola e nelle isole. Spesso è stata impiegata in incroci di sostituzione con razze autoctone.
Dopo il 1940, grazie soprattutto all'impiego massiccio della fecondazione artificiale, la Bruna Alpina ha subito l'insanguamento con il ceppo statunitense Brown Swiss, che rispetto ai ceppi europei presentava una mole maggiore e una maggiore attitudine lattifera. I programmi di selezione hanno drasticamente modificato le caratteristiche di questa razza, rispetto al tipo alpino, perciò si è sostituita l'attuale denominazione, "Bruna", a quella di "Bruna Alpina" con cui era conosciuta fino al 1981. Nel 1950 contava ben 1.900.000 capi ed era la razza da latte più diffusa in Italia. Oggi il patrimonio complessivo si è praticamente dimezzato e un quarto della popolazione iscritto a libro genealogico (A.NA.R.B.).
La Bruna è una razza da latte a tutti gli effetti, con una produzione di latte che, nei tipi di buona genealogia, si attesta sui 6000-9000 kg per lattazione, in media con tenore in proteine del 3,39% e in grasso del 3,95%. Rispetto alla Frisona ha una minore attitudine lattifera ma presenta una maggiore rusticità e, quindi, una migliore capacità di adattamento. Migliore è anche l'attitudine alla produzione della carne, ma con uno standard inferiore rispetto alle razze da carne o a duplice attitudine.

CABANNINA DELLA VAL D'AVETO
La cabannina è l'unica razza bovina autenticamente ligure o, per meglio dire, autoctona della Val d'Aveto, nell'entroterra di Chiavari. Qui esiste una frazione, nel comune di Rezzoaglio, che si chiama Cabanne, e si dice che proprio gli abitanti di queste poche case, nel tempo, abbiano selezionato e conservato i capi migliori. Una razza rustica, piccola, dal manto scuro e sfumature rossicce, con la caratteristica striscia chiara (la riga mulina) sulla schiena.
Razza a spiccata attitudine da latte, si caratterizza per una produzione di grande qualità, con tenore di grasso e caseina ottimale per la caseificazione. Il latte, inoltre, è ricco di aromi e sapori del territorio perché la cabannina è un'eccellente pascolatrice, capace di sfruttare i pascoli magri e in forte pendenza di questa zona dell'entroterra genovese.

CALVANA TOSCANA
Un tempo era diffusa nell'Appennino Toscano; oggi restano pochi capi allevati fra i monti della Calvana e del Mugello, ad est di Prato. Come la Perugina, è considerata un ecotipo della Chianina, con una mole più ridotta rispetto a quest'ultima, a causa dell'ambiente di allevamento più difficile.
Dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è stato istituito per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la salvaguardia di questi patrimoni genetici. Sono state ammesse le seguenti razze: Agerolese, Bianca Val Padana (Modenese), Burlina, Cabannina, Calvana, Cinisara, Garfagnina, Modicana, Mucca Pisana, Pezzata Rossa d'Oropa, Pinzgau, Pontremolese, Pustertaler, Reggiana, Sarda, Sardo-Modicana, Varzese.
Il mantello è di colore bianco porcellana.
Mucose pigmentate nere.
Unghioni ed estremità della corna nere.
Masse muscolari ben sviluppate; zoccoli robusti.
Più compatta e con dolicomorfismo meno accentuato rispetto alla Chianina.
Peso:
- Tori: 950-1100 kg
- Vacche: 650-750 kg.
Da sempre considerata una razza a duplice attitudine, in passato è stata usata per lo più per il lavoro mentre oggi è allevata per la produzione di carne. Si adatta bene al pascolo anche in condizioni difficili.

CHIANINA TOSCANA
La chianina è una razza bovina italiana allevata esclusivamente per la produzione di carne. Deve il suo nome alla Val di Chiana: è una razza autoctona dell'Italia centrale (Toscana e Umbria). È una razza di antiche origini, conosciuta da più di 2000 anni. Fu già citata da Plinio il Vecchio e altri autori latini ("Bos magnus et albus") ed era utilizzata come razza da lavoro da Romani ed Etruschi; inoltre per il suo candido mantello era utilizzata nei cortei trionfali e nei sacrifici alle divinità. Uno studio condotto dall'equipe del professor Paolo Ajmone Maran dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha analizzato il DNA di tale razza e il risultato è stato che è geneticamente simile a quelli dei bovini dell'Anatolia (Turchia).
È un bovino di taglia molto grande, nei maschi più di 190 cm di altezza al garrese, con un peso che può arrivare a 1700 kg; nelle femmine si superano i 155 cm al garrese e si arriva ad un peso di 1100 kg.
È caratterizzata da gigantismo somatico, tra le razze bovine è quella che raggiunge le maggiori dimensioni. Il mantello è bianco porcellana in entrambi i sessi con aperture naturali pigmentate. Nei maschi si può a volte osservare qualche sfumatura grigia sul collo. I vitelli fino a sei mesi sono color fromentino. Le mucose sono nere. Le corna sono corte e tozze ed hanno la punta nera. La testa è leggera ed elegante, nella femmina si presenta più allungata rispetto ai maschi. Presenta ottimi appiombi, il piede è piccolo ma con unghioni molto resistenti. La giogaia è di dimensioni molto ridotte, quasi assente. Gibbosità presente solo nei tori.
È una razza che non si adatta bene ai sistemi di allevamento intensivi, particolarmente per la produzione del vitellone e della scottona da carne, risentendo tuttavia negativamente della scarsa disponibilità di capi da ristallo e anche del fatto che raggiunge la maturità per la macellazione a pesi vivi elevati, cosa che costringe a tempi di ingrasso più lunghi di altre razze da carne. Comunque l'elevata rusticità le permette un'ottima vita anche al pascolo dove è favorita dagli arti lunghi e dalla capacità di cibarsi di fogliame (pascolo aereo). Ha una discreta longevità ma in compenso è poco precoce. La carne più pregiata deriva dalla femmina (Scottona) per tenerezza e le dimensioni non elevate. Il suo allevamento, per poter dare il meglio come animale da carne, deve essere stanziale, o come lo chiamano in Val di Chiana, "legato", cioè con l'animale legato sopra la mangiatoia, o confinato in box che contengono un certo numero di animali. Da anni è stato istituito un Libro Nazionale Genealogico, gestito dalla Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne (ANABIC) dove vengono iscritti i soggetti di razza pura. Azione di controllo e di certificazione viene garantita dall' IGP del Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale. L'esibizione della relativa certificazione presso i punti vendita è obbligatoria, e comunque il consumatore ha tutto il diritto di richiederla in forma originale.
Questa razza fornisce una carne magra, solo in soggetti molto grandi troviamo infiltrazione di grasso tra le masse muscolari (marezzatura), che ne accentuano il sapore. Dalla carne di questa razza si ottiene la bistecca alla fiorentina, taglio di carne molto pregiato ottenibile solo da questa razza, che è considerata gigante per l'elevato sviluppo della mole. Infatti una bistecca fiorentina deve essere alta e di un peso superiore a 1000 g. La sapidità di questo taglio di carne dipende inoltre dai tempi elevati di frollatura non inferiori a 15 giorni, necessari per migliorarne la tenerezza e aumentare la proteolisi del muscolo, il cui risultato finale è la formazione di polipeptidi e aminoacidi che conferiscono il caratteristico sapore di questo taglio.
La Chianina è una razza molto distribuita nel mondo, molti soggetti sono stati esportati in Asia, Cina, Russia, Canada, Stati Uniti, Brasile ed Australia, e utilizzati sia in purezza che come incrocio su razze locali.

CINISARA
La Cinisara è una razza bovina autoctona siciliana a duplice attitudine, secondo alcuni autori mantenutasi in purezza per l’isolamento territoriale della sua zona di origine, costituita da una fascia costiera delimitata dalle montagne carbonatiche del palermitano, nel territorio di Cinisi (PA) da cui la razza trae il nome.
Nel 2000 il numero totale di riproduttrici è stato valutato in 3.500 capi così come riportato nel Piano di Sviluppo Rurale della Regione Siciliana redatto ai sensi del Reg.CE 1257/99 (GURS n°5 del 2/02/2001).
La razza ha antichissime origini, testimoniate da documenti risalenti al 1200, conservati presso l’archivio del monastero di San Martino delle Scale. Riconosciuta razza sul finire del 1995, sin dal 1975 figurava nel libro genealogico della Modicana anche se, sin dall’inizio degli anni ’80, veniva considerata una popolazione ben definita di tutto rispetto, sia per il profilo funzionale che morfologico, tanto da richiamare l’attenzione degli studiosi che unitamente agli allevatori puntualizzavano, in diversi convegni scientifici e rassegne nell’area di maggiore diffusione (la provincia di Palermo ed in particolare i comuni di Cinisi, Torretta e Carini), le peculiarità tipiche come premessa di notevole interesse zootecnico.
Razza a duplice attitudine produttiva, data la notevole rusticità, formatasi nel tempo la bovina cinisara, a volte anche per mancanza di altre essenze sicuramente più appetibili, ha sviluppato un elevato grado di adattamento anche verso essenze che solitamente non sono appetibili e scarsamente pabulari (ad esempio l’Ampelodesmos mauritanicus, la Trigonella spp etc) ma molto ricche di sostanze anti-ossidanti che si trasferiscono poi nel latte o nella carne. In merito alla produzione di latte, questa supera anche i 3000 Kg per lattazione col 3,5% di grasso. Per quanto riguarda l’attitudine alla produzione della carne i vitelloni Cinisari hanno fatto registrare incrementi giornalieri che si avvicinano al Kg, con peso vivo all’età di circa due anni supera i 500 Kg e con resa a caldo vicina al 60% (Leto et al. 1987). Attualmente è in corso la richiesta per la per l’ottenimento della D.O.P. “Carne di Cinisara” presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali intrapresa dal Consorzio di Tutela della Carne Bovina Cinisara di Palermo.

FRISONA

La razza Frisona è una razza bovina. La razza allevata in Italia è detta Frisona italiana e rappresenta il ceppo italiano della razza.
La razza Frisona, come suggerisce il nome, è originaria della regione olandese Frisia. L'Olanda è particolarmente vocata all'allevamento bovino da latte, grazie al clima mite, che consente la crescita del pascolo e più in generale delle essenze foraggere per buona parte dell'anno. Solitamente in questo paese il sistema di allevamento è semintensivo e gli animali sono condotti dalle stalle al pascolo e viceversa per buona parte dell'anno. Sin dalle origini l'aspetto esteriore di questi bovini è stato quello di animali armonici e vigorosi, con buoni diametri trasversali e con una eccellente capacità addominale. Il temperamento è vivace e nervoso. Caratteristica della razza è la pezzatura con aree a pigmentazione bianca e nera che si alternano sul mantello e solitamente sono nettamente delineate le une rispetto alle altre.
I pregevoli risultati ottenuti dal bestiame olandese sono storicamente ascrivibili all'utilizzo di tori miglioratori o preferent, che sono individuati sin dal 1910 tramite progeny test o confronto madri figlie. La Frisona olandese approdò negli Stati Uniti nel 1621 al seguito dei coloni olandesi ma successivamente venne sterminata da una epidemia di pleuropolmonite. Le importazioni ripresero nella seconda metà del 1800 e continuarono creando una base genetica di circa 8.000 soggetti su cui si basa la selezione del ceppo americano di Frisona chiamato Holstein Friesian. La selezione Holstein prevede inizialmente la creazione di un animale fortemente lattifero che, successivamente, prende in considerazione anche l'aspetto della longevità funzionale, curando arti e piedi, mammella e fertilità. Altri ceppi locali della razza sono: la Frisona austriaca, la Frisona canadese, la Frisona finnica, la Frisona francese, la Frisona inglese, la Frisona israeliana, la Frisona olandese, la Frisona svedese, la Frisona svizzera, la Frisona tedesca. In Italia è presente un ceppo, la Frisona italiana, che in realtà è una popolazione geneticamente eterogenea in quanto derivata da processi di selezioni differenziata nelle varie regioni.

GARFAGNINA
Originaria della Garfagnana (provincia di Lucca - Toscana). Discenderebbe dalla razza Podolica primitiva. Ha subito una drastica riduzione dopo la seconda guerra mondiale. Ormai è ridotta a poche centinaia di capi. Allevata prevalentemente al pascolo. Dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è stato istituito per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la salvaguardia di questi patrimoni genetici.
Mantello di colore grigio "brinato", con variazioni dal grigio chiaro al grigio scuro.
Pigmentazione più scura alle occhiaie, orli delle orecchie, spalle, ginocchi, cosce e lati del collo.
Mucose nere. Musello nero con alone bianco. Fiocco della coda nero, come gli unghioni e la parte terminale delle corna. Animali armonici. Statura e taglia piccola. Razza a duplice attitudine con prevalenza per il latte. Discreta la produzione di carne.

GRIGIO ALPINA
La Grigio Alpina (Tiroler Grauvieh in tedesco) è una razza bovina a duplice attitudine (soprattutto latte), allevata principalmente nel Sudtirolo e nella Provincia autonoma di Trento. Marginalmente invece nelle zone montuose e pedicollinari delle provincie di Belluno e Treviso.
Caratteristiche morfologiche
La razza è caratterizzata da un mantello di colore generalmente grigio-argento, con sfumature più scure intorno agli occhi, sul collo, sulla spalla e sui fianchi, mentre i tori sono più scuri. Le mucose sono nere e il musello sempre nero con un alone bianco. Le corna sono chiare e nere in punta. La taglia e la statura sono solitamente medio-piccola. Sono animali di costituzione particolarmente robusta, perfettamente adattati alle condizioni più difficili di pascolamento, grazie alla loro agilità e resistenza degli unghioni. Inoltre possiedono ottima fertilità e longevità.
Produzione
La produzione di latte di attesta sui 5000 kg in media all'anno (17 kg circa al giorno) di latte al 3,8% di grasso per lattazione. Gli incrementi ponderali giornalieri sono intorno a 1-1,2 kg con una buona resa al macello e pregevoli caratteristiche delle carcasse.

LIMOUSINE

Limousine è una razza bovina da carne originaria della regione di Limousin nella Francia sud-occidentale. In Italia viene utilizzata come vitello da ristallo, per l'ingrasso e il macello, sia come allevamento, per ottenere femmine fattrici da inserire nella linea vacca - vitello.
Il mantello è di colore rosso, l'altezza media è di 145 cm al garrese, il peso medio va dagli 1100 kg per i tori ai 650 kg per le vacche.
Presenta una buona produzione di carne, mentre quella di latte è sufficiente solo ai bisogni del vitello. È una delle tre razze (le altre due sono la Blonde d'Aquitaine e la Bazadaise) che concorrono alla generazione dei buoi da carne detti di Chalosse, tipici dell'omonima regione.
Morfologia: Tipica da carne, pelle sottile, testa leggera corta e ampia, scheletro leggero, collo corto e muscoloso, spalle e cosce spesse e muscolose, arti corti e muscolosi, tronco lungo e cilindrico.
Caratteri funzionali:
rusticità: non elevata, difficile l'adattamento in condizioni sfavorevoli, con suscettibilità a malattie e dismetabolie.
fertilità: buona capacità materna, facilità al parto 97-98% (i vitelli alla nascita sono di taglia contenuta), fecondità 94%.
produzione latte: sufficiente allo svezzamento dei vitelli.
produzione carne: vitellone peso alla macellazione 6,5- 7 ql. all'età di 20-24 mesi, resa al macello 63-65%, I.P.M.G (incremento peso medio giornaliero) 1200 - 1350 g. I.C.An (indice conversione alimentare) 6,6 kg di sostanza secca. Carne di buona qualità, con maturazione precoce (8 mesi). Resa allo spolpo 80%, allevato in purezza negli ambienti più favorevoli.

MARCHIGIANA
La Marchigiana è una razza bovina tipica della regione Marche. Un tempo utilizzata solo per il lavoro, deriva da incroci di bovini di ceppo Podolico non migliorati, con soggetti di razza Chianina e Romagnola.
Grazie ai progenitori di origini asiatiche, questa razza è dotata di un’elevata adattabilità a condizioni ambientali difficili. Dei progenitori di razza Chianina, è evidente il caratteristico mantello bianco (tendente al grigio), collo corto nei tori e corna incurvate in avanti. Dei progenitori di razza Romagnola, invece, presenta mole poco eccessiva al garrese, arti abbastanza brevi e robusti, fronte larga, tronco quasi cilindrico, groppa ampia, addome molto sviluppato e torace rotondeggiante.
È dotata di notevole fertilità, spiccate attitudini alla produzione di carne, ottima precocità e buona resa alla macellazione. Per la sua rusticità, è particolarmente adatta al pascolo, in zone collinari e montane.
Essendo un bovino di taglia piuttosto elevata, a 14-16 mesi può arrivare ai 600-700 kg di peso, con rese al macello del 60-65%; i vitelli nascono, in media, sui 50-55 kg.

MAREMMANA
La maremmana è una pregiatissima razza bovina allevata nei pascoli che si estendono tra la bassa Toscana e l'alto Lazio, a ridosso della fascia costiera grossetana e viterbese nel cuore della Maremma.
Le vacche e i vitelli pascolano liberamente allo stato brado e vengono controllati e seguiti nei loro spostamenti dai butteri in sella al loro inseparabile cavallo maremmano; i pascoli sorgono prevalentemente su substrati salini per la presenza nei secoli scorsi di aree paludose oramai bonificate. Le erbe spontanee che crescono su questi terreni sono il cibo preferito degli animali ed è proprio grazie alla loro alimentazione che la carne bovina di razza maremmana presenta al palato caratteristiche di sapidità molto intenso.
I bovini maremmani discendono da razze indoeuropee che nei secoli scorsi, provenendo dall'Asia minore, hanno attraversato l'Europa orientale e, una volta valicate le Alpi e gli Appennini, si sono stabilite nei territori attuali.
Il codice genetico della razza bovina maremmana presenta peraltro diversi tratti comuni a quelli che si riscontrano in vitelloni che si sono stanziati nei territori della puszta ungherese, a dimostrazione della discendenza comune.
Il caratteristico colore chiaro tra il bianco sporco ed il grigio ha da sempre protetto i bovini dal caldo e dal sole potente, dal quale è impossibile sfuggire nelle aperte praterie maremmane; molto caratteristiche le lunghe corna color avorio con punta nera che, nei tori e nelle femmine adulte, possono superare il metro di lunghezza. Inoltre, la mole molto robusta ha fatto sì che molti capi venissero sfruttati dall'uomo per lavoro (caratteristiche le raffigurazioni nei dipinti dei Macchiaioli e dei post-Macchiaioli di fine Ottocento e inizio Novecento).
La carne di razza maremmana non era molto richiesta in passato, a causa dei costi elevati dovuti alla particolare tipologia di allevamento e alla bassa resa in carne. Tuttavia, dagli anni novanta in poi, l'emergenza BSE che ha interessato molti paesi europei, Italia inclusa, ha portato ad una maggiore valorizzazione e ad un notevole incremento delle richieste sul mercato della carne maremmana, proveniente da bovini allevati allo stato brado nei quali non è mai stata rintracciata la presenza del morbo.
Le disposizioni di legge entrate in vigore a livello nazionale ed europeo tra il 1º aprile 2001 e il 31 dicembre 2005, non hanno risparmiato neppure ai capi di razza maremmana imponendo in macellazione l'asportazione della colonna vertebrale col midollo spinale.
Le caratteristiche tipiche della carne proveniente da bovini di razza maremmana sono la sapidità che si accompagnano ad un elevato contenuto proteico e ad una moderata presenza lipidica, con un ottimo equilibrio tra acidi grassi saturi e insaturi. Tutto ciò fa sì che questo alimento sia molto richiesto dai buongustai e, al tempo stesso, sia consigliato per soggetti anemici e nelle diete iperproteiche ed ipolipidiche.

MODICANA
La modicana è la razza bovina tipica della Sicilia, precisamente originaria dell’antica Contea di Modica da cui prende il nome. È considerata una razza minore per via dei pochi esemplari presenti tutt’ora in Italia, circa 2000 di cui solo 650 nella sua zona d'origine.
Origine e diffusione
È originaria dell’antica Contea di Modica, che si identifica con l’attuale provincia di Ragusa, ma si è in breve tempo diffusa in diverse parti della Sicilia arrivando anche in Sardegna. Qui, agli inizi del 1900, grazie alla sua rustica frugalità e attitudine al lavoro, è stata incrociata con delle razze autoctone, dando così vita alla razza Sardo-Modicana. Il dibattito sul suo arrivo sull’isola sicula è ancora irrisolto: secondo alcuni è giunta dal Mediterraneo, secondo altri dall’Europa continentale, a seguito di Normanni e Angioini. In ogni caso, è allevata da sempre in Sicilia, fin da quando essa è popolata. Il suo declino è legato all’introduzione dei mezzi meccanici, alla scarsa resa sia in latte (3000 litri l’anno) sia al macello (inferiore al 55%) e al fatto che molte aziende smettono di trasformare direttamente il latte in formaggio. Per questi motivi il numero degli esemplari si è fortemente ridotto, passando dai 25 000 capi allevati negli anni ‘60 ai 2000 attuali. Essa è stata inserita nel Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione, istituito nel 1985 al fine di salvaguardare le razze bovine allevate in Italia, minacciate di estinzione e per la salvaguardia di tali patrimoni genetici.
L’allevamento
Per quanto riguarda le modalità di allevamento risulta brada tutto l’anno ed è ricoverata solamente per la mungitura. Come tutte le vacche selvagge dà latte soltanto se, al suo fianco, c’è il vitellino. La presenza del vitellino stimola la produzione di un ormone, detto Ossitocina, che provoca una contrazione delle cellule muscolari dei dotti lattiferi delle mammelle e l'escrezione del latte. Ciò avviene in risposta allo stimolo della poppata e quindi possiamo dire che abbiamo un rilascio semi-volontario. Il suo è un latte straordinario, materia prima ideale per uno dei formaggi siciliani più pregiati, il Ragusano. L’allevamento completamente brado garantisce anche l’altissima qualità e salubrità delle carni. Questa seconda risorsa è ancora poco valorizzata, poiché il prezzo di mercato della carne di Modicana è addirittura inferiore ai 2 euro al chilogrammo (peso vivo). Questa razza è estremamente rustica, infatti riesce a sopravvivere alle torride estati mediterranee, alimentandosi prevalentemente al pascolo con un'integrazione in stalla nei periodi in cui questo scarseggia.
Caratteristiche morfologiche
Nel maschio, il mantello risulta più scuro rispetto alla femmina, anche se generalmente si presenta di colore uniforme rosso scuro, spesso ingentilito da un grazioso ciuffo sulla testa e dal fiocco nero della coda. Inoltre può avere sfumature che vanno dal nero dei tori al fromentino chiaro delle vacche. Le sfumature nere sono presenti,per lo più, nella parte anteriore e sulla faccia esterna delle cosce. Il musello, invece, si presenta rosso scuro, le aperture naturali nero ardesia, gli unghioni neri e le corna giallastre alla base e nere in punta. La mammella è grande con i capezzoli lunghi, grossi e spesso disarmonici. La taglia e la statura sono modeste, con forme molto angolose e scheletro molto solido. Il maschio può arrivare a 160 cm al garrese per un peso di 900–1000 kg, mentre la femmina solitamente arriva ai 145 cm al garrese per un peso di 550–600 kg.
Caratteristiche produttive
La razza Modicana si presenta come una razza a triplice attitudine. presenta ottime caratteristiche per il lavoro (grazie agli arti e agli unghioni molto forti) e discrete per il latte (tenuto conto anche del trattamento alimentare dovuto al sistema di allevamento brado). La produzione di latte oscilla fra i 18 e i 22 kg al giorno in una lattazione di 200-220 giorni, avente una percentuale di grasso di circa il 4%, da cui vengono prodotti formaggi tipici siciliani come il Ragusano DOP. L’attitudine alla produzione di carne è molto scarsa, anche se molto pregiata e ricercata nella cucina tradizionale.
La conservazione della razza Modicana
Fin dal 1994 l'istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia si è attivato per la conservazione e lo studio del germoplasma della razza Modicana: sono state prelevate 12.000 dosi seme che sono oggi custodite presso il Centro Italiano Zootecnico. Tali dosi vengono messe a disposizione degli allevatori tramite l'ARAS. Presso l'azienda Giardinello è allevato un nucleo di soggetti Modicani di elevato valore genetico dove vengono studiate, in collaborazione con il Dipartimento S.EN.FI.MI.ZO. dell'Università di Palermo, le caratteristiche produttive e riproduttive.
La valorizzazione della razza Modicana: Il Presidio Slow Food
Il Presidio sta lavorando per valorizzare, oltre al Ragusano DOP, anche la qualità della carne puntando sul miglioramento dei sistemi di produzione, di lavorazione ed educando il consumatore a distinguerne la qualità. Le carni degli animali allevati al pascolo sono più difficili, infatti se non si individua il grado esatto di frollatura, cioè quel particolare processo di stagionatura che rende le carni più tenere, esse possono risultare più dure e tenaci delle altre. Inoltre, non sempre incontrano il favore del consumatore medio, il quale non gradisce il colore rosso più intenso delle carni e il colore giallognolo delle parti grasse (dovuto alla presenza di carotene nei pascoli). Grazie alla collaborazione con la Soat di Santa Croce Camerina e la Soat di Ragusa sta prendendo vita un progetto pilota che coinvolgerà alcuni allevatori di Modicana e macellai per iniziare a far conoscere le carni di questa razza coinvolgendo le mense scolastiche e i ristoratori locali.

OTTONESE-VARZESE
Ottonese-Varzese
La razza Ottonese-Varzese è una razza bovina italiana, originaria delle zone montane-appenniniche delle province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova.
Un tempo allevata nell'alta Valle Staffora e nelle confinanti zone appenniniche emiliane.
La razza è caratterizzata da un mantello fromentino, taglia contenuta (3-3,5 quintali i capi adulti) ed elevata rusticità. Viene ricordata in particolare perché riesce a dare delle buone produzioni anche con alimenti scadenti, frequenti nell'alto Appennino.
Resistente anche se usata per il lavoro, diventando in questo modo razza a triplice attitudine (latte, carne, lavoro).
La produzione di latte, dalle ottime rese casearie, è di circa 3500 kg per lattazione con un tenore in grasso del 4%.
La razza Varzese-Ottonese può essere chiamata anche Tortonese (da Tortona) e Montana perché il suo ambiente originario era l'appennino. Viene definita (ma molto di rado) anche Bobbiese (da Bobbio). Il nome Ottonese deriva invece dal comune di Ottone.
Un tempo molto diffusa, arrivando a oltre 40000 capi negli anni 60, attualmente la razza è ad alto rischio estinzione con una popolazione inferiore alle 100 unità.

PASTURINA
Pasturina
Pasturina: Modesto gruppo di bovini che si trova nel Casentino (Arezzo), deriva dall'incrocio della podolica locale (Maremmana) con la Chianina con sangue prevalente di questa. I soggetti si presentano con incornatura a lira, mantello bianco tendente al grigio, arti abbastanza corti e robusti, pelle scura. Sono atti soprattutto al lavoro.
La razza Pasturina fu ottenuta in Toscana (Italia) per incrocio e successivo meticciamento fra le razze Maremmana e Chianina. La razza si estinse completamente in seguito allo spopolamento delle zone di allevamento. Recentemente l'incrocio sopracitato è stato nuovamente effettuato ed esistono alcuni capi che comunque per ora non possono ancora essere considerati razza ma semplicemente incroci Mar x Chian.

PIEMONTESE
Piemontese
La piemontese è una razza bovina.
Il mantello alla nascita è fromentino carico e si schiarisce con la crescita dell'animale. Nei tori sono presenti peli grigi. La testa è ampia e quadrata con corna medie, il collo corto e possente, il torace ampio e la groppa e le zone lombari sono larghe. Gli arti sono solidi e di medio sviluppo. In passato allevato anche per la produzione di latte e per il lavoro nei campi oggi è un bovino prevalentemente destinato al macello. È la razza da carne italiana più diffusa.
La piemontese si è originata dal mescolamento di uri e zebù pakistani.

PINZGAUER
Pinzgauer
La Pinzgauer è una razza bovina a duplice attitudine allevata principalmente nella provincia autonoma di Bolzano (Val Aurina e Val Pusteria), in Austria e Germania.
La produzione di latte nelle primipare è di 3500 kg per lattazione, mentre nelle pluripare arriva a 4300 kg; la razza è famosa anche per la finezza delle carni.
La Pinzgauer sopporta bene il rigido clima di montagna ed è perfettamente adattata ai terreni declivi per la resistenza e la durezza degli unghioni.
Gli individui sono di media taglia, raggiungendo l'altezza di 145 cm al garrese per i tori e i 138 cm per le vacche. Il peso vivo è di 1200 kg per i tori e 700 kg per le vacche. La razza ha il mantello pezzato rosso con le zone bianche limitate alle zone dorso-lombo-caudale e ventrale.

PISANA
Pisana
La Pisana, o Mucco Pisana, è originaria della bassa Valle del Serchio in provincia di Pisa (Toscana). Sembra si sia formata a metà del XIX secolo a partire da Bruna e Chianina. Razza in pericolo di estinzione.
Caratteristiche morfologiche
Mantello di colore dal bruno al nero.
Mucose nere e musello nero con alone bianco.
Animali armonici. statura medio-alta e taglia media.
Caratteristiche produttive
Razza a duplice attitudine con prevalenza per il latte.
Razza rustica.

PODOLICA PUGLIESE
Podolica Pugliese
E' - tra le popolazioni bovine cosiddette Podoliche, giunte nel nostro Paese dall'Oriente asiatico - quella che maggiormente mantiene le caratteristiche originarie. Allevata soprattutto in Puglia, ha preso il nome di Pugliese ma, fino agli anni '50, ha avuto una notevole diffusione in tutto il Paese. Attualmente, malgrado la sua rusticità ed una discreta produzione di carne e di latte, è ridotta a pochi esemplari allevati in alcune zone depresse dell'Italia centro-meridionale.
L'Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne A.N.A.B.I.C. gestisce, dal 1966, i libri genealogici delle razze bianche italiane (Chianina, Romagnola, Marchigiana, Maremmana, Podolica).
Caratteristiche morfologiche
Mantello di colore grigio nelle femmine, più scuro nei maschi.
I vitelli dalla nascita a 4-6 mesi sono fromentini.
Mucose e cute pigmentate nere.
Gli unghioni (duri) non sono neri e non sono così robusti come nella Maremmana.
Le corna lunghe (70 ed anche 100 cm) e caratteristiche si presentano a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine.
Altezza media e con pesi non elevati.
Caratteristiche produttive
Carne di buona qualità. Originariamente razza da lavoro e secondariamente latte. Ha un eccezionale potere di adattamento ad ambienti difficili ed una straordinaria capacità di usare risorse alimentari che non potrebbero essere sfruttate diversamente (pascoli cespugliati, stoppie, macchie, foglie di essenze arbustive, ecc.). Ha bisogno di pochissime cure da parte dell'uomo. Produzione di latte anche eccessiva per vitello (in genere vengono munte).
Con il latte della Podolica si produce un ottimo caciocavallo.

PONTREMOLESE
Pontremolese
E’ la razza Bovina italiana con il minor numero di esemplari, tutti radunati presso tre aziende nel comprensorio della Garfagnana, al di fuori del antico territorio di allevamento situato nelle valli dei fiumi Magra e Vara, situate nelle province di Massa Carrara e La Spezia.
Intorno al 1940 il numero dei capi si aggirava circa a 15000 per passare nel 1960 a 5700 fino a giungere al definitivo tracollo della popolazione, 13 capi censiti nel 1983, per poi attestarsi agli attuali 45 capi. La sorte della razza è stata determinata dal ricorso continuo all'incrocio di sostituzione con la più produttiva Bruna Italiana.
Secondo molti studiosi presentava affinità con gruppi etnici locali dell’Emilia Romagna (Bardigiana, Valtarese, Cornigliese) tutte ascrivibili ad una popolazione di tipo iberico insediatasi sulle zone collinari e montane dell'Appennino.
Purtroppo delle Razze Emiliane non resta che il ricordo e qualche foto sbiadita e anche nell’area del Pontremolese solo pochi ricordano i forti buoi Bettolesi, instancabili compagni degli agricoltori del posto che praticavano un'agricoltura povera ma estremamente diversificata.
Un uso proprio della razza era l’impiego nella zona di Carrara per il trasporto dei pregiati marmi dalle Apuane fino al mare per l’imbarco.
Dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è stato istituito per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la salvaguardia di questi patrimoni genetici. Sono state ammesse le seguenti razze: Agerolese, Bianca Val Padana (Modenese), Burlina, Cabannina, Calvana, Cinisara, Garfagnina, Modicana, Mucca Pisana, Pezzata Rossa d'Oropa, Pinzgau, Pontremolese, Pustertaler, Reggiana, Sarda, Sardo-Modicana, Varzese.
Caratteristiche morfologiche
Nel toro il mantello è fromentino carico, con striscia chiara lungo la linea dorso-lombare e con gradazioni scure sulla testa (provvista di occhiaie), sui lati del collo, sull'esterno delle spalle, sulla faccia anteriore degli avambracci e degli stinchi, sul cercine coronario dei quattro arti e sul terzo inferiore della faccia laterale del tronco; il musello è di color ardesia; la testa è relativamente leggera a profilo rettilineo; il tronco è piuttosto corto con garrese un po' rilevato rispetto alla linea dorsale. Nelle vacche il mantello è fromentino chiaro con lievi gradazioni scure nelle regioni indicate per il toro; la testa è più leggera e un po' più lunga di quella del toro; la mammella è globosa, ben attaccata in avanti e con capezzoli relativamente grandi.
Caratteristiche produttive
Vista la grande rusticità questa razza si adatterebbe molto bene al sistema di allevamento Vacca-vitello in zone marginali per la produzione di animali da ingrasso. A tale proposito è stato istituito un marchio apposito dal settembre del 1999 “ Carni bovine della Garfagnana e della Valle del Serchio” che riunisce anche le produzioni di un'altra razza locale a rischio (Garfagnina).
Considerando l’attitudine della razza alla produzione latte utile sarebbe legare questa produzione ad un prodotto tipico locale. Limite a questa iniziativa è dato dalla conservazione ex-situ che non permette un vero recupero culturale e produttivo della razza.

PUSTERTALER-BARÀ
razza bovina
La Pustertaler-Barà è una razza bovina italiana proveniente dal Trentino-Alto Adige e diffusa fino al Piemonte occidentale. La razza Pustertaler è originaria della Val Pusteria, e nel tempo si è diffusa anche nelle vallate limitrofe e in Valle Isarco.
Appartiene al ramo delle pezzate rosse di montagna; discende da razze austriache come la Pinzgauer incrociate con pezzate rosse o pezzate nere. Dopo la Seconda guerra mondiale, la razza conobbe un inesorabile declino legato a due aspetti: da una parte la diffusione di razze sempre più specializzate, dall'altra le nuove norme introdotte sulla riproduzione animale.
Solo tra il 1954 e il 1967, con l'inizio dell'autonomia regionale, il Trentino tentò di risollevare le sorti della razza ricominciando ad attuare gli schemi di selezione. Nel 1985 la razza bovina pustertaler fu dichiarata in pericolo e considerata come popolazione da salvare.
Negli anni sessanta e settanta sono comparsi nelle provincie di Torino e di Cuneo molti esemplari di una razza sconosciuta in Piemonte e chiamata Barà (nel dialetto locale significa "barrata") a causa della tipica pigmentazione del mantello che presenta la caratteristica linea bianca sul dorso. Recenti studi sulla Barà hanno evidenziato una grandissima somiglianza tra questa razza e la Pustertaler; le caratteristiche del genotipo emerse dagli accertamenti effettuati indicano che i bovini Barà oggetto di indagine sono riconducibili alla razza Pustertaler.
Per quanto riguarda l'origine della Barà in Piemonte sono state formulate diverse ipotesi: la prima farebbe risalire la provenienza di questi capi ad epoche remote in seguito alle migrazioni delle popolazioni Walser. Un'altra deriva dalla testimonianza di alcuni allevatori che ricondurrebbero la presenza di questi capi ai primi anni del Novecento in conseguenza ai numerosi spostamenti di persone (tra cui allevatori) avvenuti negli anni della Prima guerra mondiale.
Morfologia
Mantello
La pigmentazione del mantello presenta la cosiddetta riga mulina, una caratteristica linea bianca che si estende dal collo al perineo protraendosi lungo il dorso e la groppa ininterrottamente e continuando poi ancora per i lati interni delle cosce e del ventre. Le parti pigmentate si estendono più o meno marcatamente sulle parti laterali dell'animale: simmetricamente lungo i fianchi, soprattutto a livello del costato e con minore regolarità a livello addominale, sulle mascelle e sulla faccia; possono anche essere colorate il musello, le palpebre, le sopracciglia, le orecchie, le parti distali degli arti e la punta delle corna. La pezzatura può essere molto piccola, con macchie di piccole dimensioni simili a spruzzature ("fiurinà" o "sfrisà" nel dialetto locale) oppure più larga con macchie grosse fino ad avere un mantello quasi chiuso. Il colore può essere nero (più frequente) oppure rosso-castano.
Taglia
L'altezza al garrese è in media di 135 cm per le vacche; i tori possono superare i 145 cm. La testa è piuttosto pesante con la fronte larga e mascella forte; le corna tendono ad essere pesanti, di media lunghezza, bianche (spesso con punte scure). La circonferenza toracica è di circa 2 m e un individuo adulto pesa circa 660 kg.
Arti e piedi
L'ossatura è forte ma non troppo pesante. Gli appiombi sono regolari, i garretti asciutti con angolo che tende spesso ad una legger falciatura; le pastoie sono corte e forti; l'unghia regolare e ben serrata.
Mammella
È di media grandezza con quarti regolari e simmetrici, capezzoli ben posizionati e orientati. La base dev'essere al di sopra del garretto e il legamento sospensorio mediano forte e robusto.
Attitudine
La Pustertaler è molto apprezzata dai "margari" per la sua ottima ed equilibrata duplice attitudine (latte e carne); produce infatti circa 12 litri di latte al giorno. Per quanto concerne le caratteristiche compositive e sanitarie del prodotto, esse si pongono ad un livello intermedio tra quello di Valdostana e di Piemontese, evidenziando una spiccata attitudine alla caseificazione.
Consistenza
Attualmente la popolazione di bovini Barà-Pustertaler in Piemonte è di circa 2500 capi distribuiti sulle provincie di Torino e Cuneo. Sono comunque diffusi anche nelle Valli di Lanzo, Val Sangone, Val Susa, Val Pellice e Val Chisone.
Prodotti
L'indirizzo produttivo è orientato prevalentemente alla produzione di latte da destinare alla caseificazione. I prodotti ottenuti più comunemente sono:
Toma (con molta variabilità a seconda della stagionatura, delle dimensioni e del tipo di latte utilizzato);
Tomini;
Ricotta;
Burro.
Accanto a queste tipologie di prodotti, se ne possono trovare anche altre meno diffuse e a volte limitate ad una sola vallata alpina, come il Cevrin di Coazze (prodotto con 60% di latte caprino e 40% di latte bovino) o il Sarass del Fen (particolare tipo di ricotta stagionata nel fieno, tipica delle vallate del Pinerolese).

RAZZETA D'OROPA
La Razzeta d'Oropa è una razza bovina italiana che viene anche detta pezzata rossa Oropa.
Appartiene al ramo pezzate rosse di montagna. Origina dalla provincia di Biella, nel massiccio alpino dove è considerata una sottorazza della valdostana pezzata rossa. Introdotta nel V secolo dai Burgundi, essa è una cugina della francese abondance. Il suo libro genealogico data dal 1964, ma è stata iscritta soltanto nel 1985 sul registro ufficiale delle razze bovine. Si tratta di una razza poco diffusa al di fuori della sua regione. Nel 2002 si contavano circa 4.326 vacche su 2.500 iscritte sui registri e 53 tori.
Ha una livrea rosso mogano. In generale, la testa e il ventre sono bianchi. Sui lati ha macchie più o meno estese. Si tratta di una razza di taglia piuttosto minuta. La vacca misura 125 cm al garrese per 625 kg di peso, ed il toro 135 cm per 850 kg.
Si tratta di una razza classificata mista.
La vacca è fertile, partorisce facilmente ed è una buona madre. Si adatta molto bene al pascolo di montagna sule Alpi. Il latte prodotto dalla Pezzata Rossa di Oropa è spesso utilizzato per la produzione del Maccagno, un tipico formaggio biellese.

REGGIANA
La razza reggiana è una razza bovina, e rappresenta il ceppo italiano della razza rossa originaria dell'Europa orientale, allevata nella provincia di Reggio Emilia.
I bovini arrivarono in Italia durante il periodo delle invasioni barbariche, probabilmente al seguito di popolazioni della Russia meridionale. Grazie alla rusticità e alla robustezza della razza, l'allevamento della razza rossa divenne comune in tutto il nord e centro Italia, fino alla metà del XX secolo, quando molti allevatori passano all'allevamento della razza frisona.
Intorno agli anni ottanta le bovine di razza rossa nella provincia di Reggio Emilia erano rimaste solamente un migliaio. Nacque così l'Associazione Nazionale Allevatori di Bovine di Razza Reggiana (ANABoRaRe) per la tutela e la garanzia della razza rossa e dei suoi prodotti.
Caratteristiche morfologiche
Vacca
Mantello: color di rosso simile alla cariosside del frumento.
Statura: al garrese una vacca adulta misura 140 cm. circa.
Taglia medio grande
Testa: espressiva, molto distinta e piuttosto lunga; fronte spaziosa, musello rosa con labbra pronunciate.
Corna a sezione leggermente ellittica.
Peso femmina adulta: 650-700 kg
Produzione lattea annua media al 2007 8.872 kg
Mammella: di forma e sviluppo normale; vene ben sviluppate, cute fine, capezzoli a volte abbondanti per lunghezza e spessore.
Toro
Mantello: colore più carico sul collo e sulle spalle
Statura: al garrese, un toro adulto misura 155 cm. circa.
Corna: sono più grosse e meno incurvate che nella vacca;
Peli del pisciolare dello stesso colore del mantello, cute dello scroto senza macchie, testicoli molto pronunciati e ben penduli, frequenti i capezzoli rudimentali.
Caratteristiche del latte
Il latte di vacca rossa presenta un contenuto di proteine, caseina e calcio più elevato rispetto al latte di altre razze lattifere, rendendolo particolarmente adatto alla lavorazione del parmigiano reggiano. La diversa qualità si nota già nelle fasi di lavorazione pre-caldaia, con una miglior coagulazione e un miglior affioramento del grasso. In caldaia la formazione di grumi omogenei permette di lavorare a una temperatura superiore. Anche in fase di stagionatura il formaggio ha una minor attitudine alla proteolisi, consentendo una più lunga stagionatura e quindi un prodotto di maggior digeribilità.

RENDENA
La Rendena (o Tiroler Rhendenavieh) è una razza bovina autoctona delle regioni alpine, originaria dell'omonima valle trentina facente allora parte del Tirolo meridionale (Sued-Welschtirol). È considerata a rischio di estinzione: la sua consistenza attuale si aggira sui 7000 capi (circa 4000 vacche).
Le origini di questa razza risalgono ai primi del Settecento quando la peste bovina proveniente dall'est europeo diffusasi in Val Rendena aveva quasi azzerato il patrimonio zootecnico locale. Proprio a quel periodo risalgono le prime importazioni di bestiame dalla Svizzera, tali soggetti incrociati con il bestiame indigeno sopravvissuto alle epidemie e successivamente selezionato diede origine all'attuale razza Rendena che si diffuse in tutto il nord Italia soprattutto grazie alla sua spiccata attitudine per la produzione di latte. Verso la fine dell'800 raggiunse la consistenza di oltre 800.000 capi allevati, a quel periodo seguirono poi le guerre e le leggi fasciste che ne ridussero la consistenza a poche migliaia di capi.
Molto adatta all'alpeggio fornisce una produzione media a lattazione di circa 47 quintali. È una razza a duplice attitudine (latte e carne) produce carcasse con valutazione SEUROP mediamente di classe R, attualmente è maggiormente diffusa nella provincia di Trento (Val Rendena) e nella province di Padova e Vicenza. Di particolare importanza è lo schema di selezione applicato sulla popolazione che prevede l'impiego di giovani tori (soggetti senza valutazione genetica) come padri di toro (genitori di nuovi riproduttori), questo schema ha permesso di mantenere elevata la variabilità genetica e di preservare la razza dal pericolo consanguineità.
Dal latte della Rendena viene prodotto un formaggio tipico trentino chiamato Spressa delle Giudicarie.
L'introduzione della Rendena in provincia della Spezia ha inizio intorno al 1980 con l'importazione di alcuni capi direttamente dalla Val Rendena da parte di allevatori del comune di Varese Ligure che, visitando tale valle, erano stati favorevolmente colpiti da questa vacca piccola e rustica che ben si adattava a pascoli poveri e di montagna. Oggi se ne contano circa 40 capi.

ROMAGNOLA
La Romagnola è una razza bovina tipica della Romagna. In passato i bovini di tale razza erano usati anche per scopi lavorativi, mentre oggi vengono esclusivamente selezionati per la loro carne.
La razza Romagnola ha origini antichissime, e deriva dal Bos taurus macroceros ("uro dalle grandi corna"), un bovino proveniente dalle steppe dell'Europa centro-orientale, nella regione della Podolia, in Ucraina.
Alcuni studiosi ritengono tali bovini originari dell’Italia peninsulare, identificandoli con i bovini a corna lunghe raffigurati nelle pitture e nelle sculture etrusche. Secondo questa teoria, la razza sarebbe stata esportata dai Romani nel resto della penisola italiana e nelle zone da loro conquistate.
Molto diffusasi nelle attuali province di Forlì, Ravenna, Bologna, Ferrara e Pesaro, questa razza ha trovato un ambiente favorevole, ricco di foraggi e con un buon clima. Originariamente questa razza era adibita a scopi lavorativi, che nelle terre forti e tenaci di Romagna rendevano necessari particolari attributi fisici, di natura presenti in questa razza, come anteriore ben sviluppato, struttura solida, arti brevi e robusti. Altre caratteristiche della specie sono l'aspetto imponente, massiccio e raccolto, la testa piccola e breve, l'occhio grande ed espressivo e la notevole giogaia. Il manto si presenta fromentino alla nascita, grigio chiaro o appena brizzolato nelle femmine adulte, più scuro nel toro, con presenza di peli neri nel treno anteriore, sulle cosce e spesso attorno agli occhi, caratteristica detta occhialutura. Le corna sono lunghe e nere in punta, a forma di semiluna nel maschio e di lira nella femmina. Presenta arti corti rispetto alla profondità toracica ed è più piccola in confronto alla razza Chianina e alla Marchigiana, pur avendo gli stessi pesi. Gli arti sono assai robusti, con unghioni duri e ben conformati. La statura varia dai 1.45-1.55 m nelle femmine (7-8 quintali), 1.55-1.70 m nei tori (12-14 qunitali). Nei giovani l’accrescimento medio è di 1 kg al giorno.
La razza Romagnola, originariamente a duplice attitudine, è oggi selezionata solo per la carne. La produzione di latte è tendenzialmente scarsa, mentre la qualità della carne è ottima, con giusta marezzatura e tenerezza. Le rese della macellazione sono: 58-63% nei vitelloni, 55-60% nelle vacche ingrassate e nei buoi. La comprovata qualità delle sue carni, organoletticamente superiori, collocano la Romagnola nel novero delle migliori razze bovine da carne esistenti.
L'evoluzione delle tecniche agricole e la progressiva meccanizzazione, contribuirono ad indirizzare la selezione dei bovini verso la produzione di carne. Grazie alle caratteristiche morfologiche e funzionali di razza specializzata per la produzione di carne, unitamente ai trascorsi dinamici e lavorativi che ne garantiscono una grande robustezza, la Romagnola è stata notata da numerosi allevatori stranieri.

SAVOIARDA
La Savoiarda (Tarina o Tarantasia) è una vecchia razza italiana considerata appartenente ad una branca della razza francese Tarentaise. Un censimento di metà del secolo passato stimava una popolazione di circa 12.500 capi diffusi nella sola provincia di Torino ed in particolare in Val di Susa. Attualmente la razza ha subito una tale contrazione numerica che ha portato nel 1983 in seguito ad uno studio CNR alla totale soppressione di qualsiasi forma di registrazione dei capi compreso il registro anagrafico.
Tuttavia un certo numero di animali riconducibili alla vecchia Savoiarda sopravvive tuttora. Purtroppo non esistono iniziative di sostegno della selezione e i pochi capi superstiti sono per lo più incrociati con tori da carne generando progenie di nessun valore.
Caratteristiche morfologiche
Mantello fromentino carico quasi fulvo. I giovani nascono di colore molto scuro che schiarisce con l'età. Sono neri il bordo libero delle palpebre, l'orlo delle orecchie. Attorno agli occhi sovente si hanno larghe occhiaie nere (occhiali). Nera è pure la corona gli unghioni ed il fiocco della coda.
Musello ardesia. Corna bianco giallastre a sezione ellittica e punta nera.
Peso maschi 600-800 Kg, altezza al garrese 125-130 cm.
Peso femmine 400-450 Kg con altezza al garrese 117-122 cm.
Se incrociata la razza tende a mantenere i caratteri etnici ma compaiono macchie bianche che svelano gli incroci.
Caratteristiche produttive
La razza Savoiarda o Tarina, è una razza a duplice attitudine, in cui però quella della produzione di latte è maggiormente sfruttata. La razza si caratterizza per grande rusticità, longevità e attitudine al pascolo. Buona la resistenza alle parassitosi. Discrete le prestazioni come produzione di carne.

SIMMENTAL
Simmental è una razza bovina originaria delle valli del fiume Simme, nell'Oberland Bernese nel Canton Berna in Svizzera. Tra le più antiche e più ampiamente distribuite di tutte le razze bovine nel mondo, conosciuta sin dal Medioevo, la razza Simmental ha contribuito alla creazione di parecchie altre famose razze europee come ad esempio la Montbeliarde (Francia), la Razzetta d'Oropa (Italia) e la Fleckvieh (Germania).
La Simmental è storicamente utilizzata per il latte, la carne e come animale da tiro. È particolarmente apprezzata per la rapida crescita dei vitelli, se nutriti adeguatamente. La Simmental presenta un rendimento combinato di crescita allo svezzamento e produzione di latte maggiore di qualsiasi altra razza.
Il colore tradizionale della Simmental è stato variamente definito come "a chiazze rosse e bianche" o "dorato e bianco" anche se non esiste una specifica colorazione e le sfumature predominanti spaziano da un giallo-oro pallido fino ad un rosso molto scuro (quest'ultima molto comune negli Stati Uniti d'America). Il muso è solitamente bianco e questa caratteristica viene spesso trasmessa ai vitelli incrociati con altre razze. Il muso bianco è geneticamente differente dalla testa bianca della razza Hereford.

TORO DE LIDIA
Il Toro de lidia è una razza bovina caratteristica della Spagna e importata anche in Portogallo, Francia e America latina. Si tratta di una varietà molto primitiva e piuttosto eterogenea, anche a causa della vastità del territorio sul quale è allevato e delle differenze tra i vari allevamenti, che spesso tendono a selezionare tori con caratteristiche particolari proprio a fini distintivi. Gli spagnoli spesso si riferiscono agli individui di questa razza chiamandoli semplicemente ganado bravo (bestiame coraggioso) o reses bravas (capi coraggiosi).
L'antenato del toro de lidia è stato certamente il Bos taurus ibericus, una sottospecie dell'uro diffusa nell'Europa sudoccidentale, dalla Camargue al delta del Guadalquivir. Questo animale si differenziava dalla sottospecie dell'Europa centrale Bos taurus primigenius per le dimensioni minori e la corporatura più snella e agile. Razze che ricordano molto da vicino questi Bovini selvatici dell'Europa meridionale, oltre a quella di cui stiamo trattando, sono la Camarghese e la Corsa. Dopo la domesticazione i discendenti di questo animale, a differenza dei discendenti degli uri dell'Europa centrale, non persero mai il carattere battagliero e aggressivo che aveva reso proverbiali i loro antenati selvatici; anzi, col tempo e con le regole sempre più precise imposte dall'Ottocento in poi per gli spettacoli taurini, i vari allevamenti diedero origine a una vera e propria metodologia selettiva caratteriale, tesa proprio ad esaltare queste qualità.
Morfologia
Nell'aspetto generale, la maggior parte degli individui di questa razza non si discosta di molto dall'aspetto originario dell'uro iberico, tanto che essa, insieme alla Camarghese, giocò un ruolo importante nel tentativo di ricostruzione dell'uro da parte dei fratelli Heck, che portò appunto alla creazione dei bovini Heck.
Anche se i dati metrici variano molto da un allevamento all'altro e anche tra individuo e individuo all'interno di una singola mandria, il Toro de lidia si può considerare una razza di dimensioni medio-piccole se riferite alla media delle razze bovine, con pesi che variano tra i 500 e i 650 kg e un'altezza al garrese di 140 cm circa. Tali misure si riferiscono ai maschi adulti: le femmine sono molto più piccole e snelle, non superano quasi mai i 400 kg di peso e i 130 cm di altezza.
La variabilità del mantello del toro da combattimento è notevole, potendo variare dal bianco (ensabanado) al nero profondo (zaino) attraverso tutte le sfumature intermedie. Ogni sfumatura assume un termine specifico. I principali mantelli del toro da combattimento sono i seguenti:
Ensabanado: bianco puro
Albahío: bianco paglierino, tendente al giallastro
Jabonero: beige-giallastro chiaro (Isabella (colore))
Barroso: rosso-castano chiaro
Colorado: castano rossiccio piuttosto acceso
Castaño: castano profondo (marrone scuro)
Mulato: tra il marrone e il nero
Zaino: nero profondo
I tipi di mantello sopradescritti, tuttavia, si adattano solamente ad animali di pelo totalmente uniforme. Più di frequente, il pelo del toro da combattimento ha sfumature di più colori, tracce, macchie e altri segni, che determinano variazioni della denominazione. Per esempio, il mantello bianco a pezze scure si indica con il termine berrendo en... seguito dal colore della pezzatura: berrendo en castaño, berrendo en colorado e via dicendo.
Uno dei mantelli più diffusi in assoluto (quasi la metà degli animali in certi allevamenti) è quello che prende il nome di listón: consiste in una base di colore nero più o meno profondo (mulato o zaino) con una sfumatura di pelo più chiaro verso la parte alta del dorso, che forma al centro di esso come una sorta di "striscia" marrone-dorata, non ben distinguibile da lontano, che percorre l'animale dalla nuca all'attaccatura della coda. Questo mantello è identico a quello dell'uro.
Un numero limitato di esemplari di questa razza mostra l'oriblanco, la sfumatura bianca intorno alle labbra spesso presente anche in altre razze bovine.
Le corna del toro de lidia sono presenti in entrambi i sessi e sono generalmente rivolte dapprima all'esterno, quindi in avanti (talora leggermente verso il basso) e infine, in punta, verso l'alto. Non mancano tuttavia individui con punte divergenti, rivolte verso l'esterno (corniabertos) o, al contrario, convergenti in modo da "guardarsi" (corniapretados), asimmetriche (bizcos) o addirittura tendenti verso il basso, similmente alla razza da carne americana Hereford (capahchos).
Le corna sono già presenti in forma di grossi spuntoni negli esemplari di un anno, e a tre anni sono già grandi quasi quanto nell'adulto. La vacca presenta corna lunghe quasi come quelle dei tori, ma notevolmente più sottili.
Segno distintivo del toro da combattimento sono i frontali molto allargati che conferiscono al capo un aspetto triangolare, lo sviluppo, specie nel maschio, della muscolatura delle spalle e del collo, gli zoccoli di colore chiaro e piuttosto larghi (non dimentichiamo che l'uro viveva di preferenza presso il delta dei fiumi e le zone paludose in genere), le orecchie piccole se confrontate con altre razze bovine, la coda invece molto lunga e dotata di un fiocco di peli che può arrivare a sfiorare il suolo.
Rispetto alla maggioranza delle razze bovine, il dimorfismo sessuale nel bestiame da combattimento spagnolo è abbastanza ridotto e riguarda soprattutto le dimensioni. I maschi, come già detto, sono infatti notevolmente più pesanti e più muscolosi, nonché dotati di una evidente gibbosità muscolare (morrillo) situata subito dietro la nuca; sono inoltre provvisti del caratteristico ciuffo all'estremità del prepuzio, detto "pennello".
Tali caratteri sessuali secondari sono tuttavia chiaramente distinguibili solo in età matura, così che i tori e le vacche più giovani sono piuttosto difficili da distinguere gli uni dagli altri. La difficoltà è dovuta anche al fatto che entrambi i sessi hanno corna molto sviluppate e le femmine, tranne durante l'allattamento, non hanno mammelle esternamente distinguibili.
Allevamento e criteri di selezione
I più importanti allevamenti di tori da combattimento sono situati nella Spagna meridionale (soprattutto in Andalusia ed Estremadura), anche se ve ne sono in altre regioni spagnole nonché in Portogallo, Colombia e Messico. Tali allevamenti sono detti ganaderías, dal termine ganado che significa "bestiame", e spesso comprendono decine di ettari di terreno incolto, dominato dalla macchia mediterranea (dehesa in spagnolo) con alberi sparsi di leccio o sughera. Tali ampi spazi sono recintati, ma permettono ai bovini una vita allo stato quasi completamente brado, con interazioni sociali e gerarchie molto simili a quelle dei loro antenati, gli uri.
Negli allevamenti più tradizionalisti, i mayorales, cioè le persone che si occupano del bestiame, girano tra i recinti rigorosamente a cavallo; tuttavia esistono allevamenti in cui si è passati al trattore, che viene impiegato specialmente in operazioni quali la somministrazione del pienso (integrazione alimentare a base di cereali, utile per l'accrescimento dei bovini e anche per mescolarvi, ove occorra, farmaci, vitamine o altre sostanze).
Nei recinti da riproduzione, che hanno spesso superfici di svariati ettari, vivono insieme 25-30 vacche, tutte selezionate nel tentadero, e un semental (toro riproduttore) che può essere stato anch'esso selezionato tramite una tienta oppure essere sopravvissuto ad una corrida grazie all'indulto. Il riproduttore è attivo generalmente fino all'età di 10-12 anni; trascorsa questa età, l'animale è anziano e inutile, tuttavia è tradizione degli allevamenti non uccidere questi riproduttori "in pensione" e lasciare che muoiano di morte naturale.
All'inizio della primavera o spesso già alla fine dell'inverno, la vacca dà alla luce un vitello (ternero), più raramente due. L'allevatore non interviene minimamente durante il parto e non si avvicina alla coppia madre-figlio finché lo svezzamento non sia completato, anche perché le vacche da combattimento difendono i propri figli con un ardore battagliero di gran lunga superiore a quello delle loro cugine da latte o da carne.
Annualmente in primavera, i vitelloni nati nell'anno precedente, maschi e femmine, vengono finalmente separati dalla mandria originaria e posti in un recinto a parte. Tale operazione si svolge a cavallo, con l'aiuto di perros de presa (alani spagnoli) e di cabestros. In questa occasione, agli animali vengono attribuiti un numero progressivo, un marchio a fuoco con il simbolo dell'allevamento, nonché il nome individuale.
Il nome individuale del bestiame da combattimento si pone sempre tra virgolette, deve essere una parola in spagnolo e, dato che le "famiglie" dei tori da combattimento sono tradizionalmente matriarcali, deve iniziare con le stesse 2 o 3 lettere del nome della madre. La scelta del nome può essere anche difficile, perché oltre alla regola delle iniziali, generalmente si tende a cercare una parola che possa descrivere il carattere dell'animale, quale l'allevatore ha avuto modo di osservare in un anno trascorso dalla sua nascita.
In un nuovo recinto, maschi e femmine tra l'anno e i due anni resteranno insieme, fino a superare la prima, terribile prova di coraggio e resistenza al dolore: la tienta. Gli animali che la supereranno brillantemente saranno scelti per essere riproduttori, riproduttrici o combattenti.

VACCA BURLINA
La vacca Burlina è l'unica razza bovina autoctona del Veneto, precisamente dell'Altopiano dei Sette Comuni, ma sta rischiando di scomparire. È tutelata da un presidio Slow Food che riguarda la vacca Burlina e il Morlacco del Grappa.
La vacca Burlina è inserita nel "Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione" istituito nel 1985 per salvaguardare le razze bovine italiane a rischio di estinzione.
Sin dall'epoca del fascismo, periodo in cui fu incentivato l'allevamento di razze che producessero più latte, solo pochi esemplari di questa razza sono allevati nelle province di Vicenza e Treviso, ma attualmente la vacca Burlina è stata salvata dall’estinzione grazie alla produzione di formaggi tipici. Le Burline sono rustiche e frugali tanto da sopravvivere bene nei pascoli del Grappa ove vivono libere alimentandosi persino di ortiche. Attualmente a Montecchio Precalcino l'Azienda Agricola Sperimentale "La Decima" (di proprietà della Provincia di Vicenza) ne alleva alcuni esemplari allo scopo di incentivarne il reimpiego come vacca lattifera in virtù delle caratteristiche nutritive del suo latte, migliori di quelle, ad esempio, della Frisona.
Fino al 1930 circa, costituiva la razza da latte più diffusa negli allevamenti dell’Altopiano di Asiago, dei Colli Berici, dei Monti Lessini, del Monte Grappa, sia versante vicentino che trevigiano (nel censimento del 1931 la consistenza raggiungeva i 15.000 capi in Veneto).
La Burlina ha un’origine comune alle altre razze pezzate del Nord Europa e sarebbe giunta nelle nostre terre portata dai Cimbri, popolazione originaria dell’attuale penisola dello Jutland (Danimarca). Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che gli abitanti dell’Altopiano di Asiago sono costituiti in prevalenza da Cimbri e che anatomicamente le Burline sono simili alle razze della Frisia orientale dei Paesi Bassi e della Danimarca, ad esempio per il grande sviluppo del bacino, la lunghezza della testa, la sottigliezza del collo, i caratteri della cute, ecc.
Da notizie storiche risulta che i popoli Cimbri, battuti dalle legioni romane intorno al 100 a.C., si ritirarono dalla pianura risalendo i monti dell'Altopiano di Asiago, dove si stabilirono. Essendo questo un territorio isolato, gli abitanti mantennero invariati per molto tempo i loro usi e costumi e perciò si può ritenere che questa condizione si sia mantenuta anche per i loro animali (Chiodi, 1927).
A suffragare tale ipotesi sono stati compiuti dagli zoologi studi genetici che dimostrano la vicinanza di tale razza ad altre vacche del nord Europa. Inoltre, come suggerisce l'illustre studioso Johu Zimmermann, una leggenda danese parla della regina Burhlina, secondo la quale la regina viveva nel palazzo reale di Børglum kloster presso Hjørring, proprio nella penisola dello Jutland settentrionale, in Danimarca.
L'aspetto è caratterizzato dal mantello pezzato nero e bianco, le dimensioni sono piccole rispetto alle più diffuse vacche frisone, l'altezza al garrese 120-125 cm e il peso non supera i 4 quintali.
Il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste ha definito ufficialmente le caratteristiche morfologiche della razza Burlina con DM 24 aprile 1940. Nel DM venivano riconosciute come aree di allevamento i Comuni di Vallonara (oggi frazione del Comune di Marostica) e la frazione di S. Floriano di Marostica, Lusiana, Salcedo, Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Recoaro Terme e le zone a fondo valle dei Comuni di Valdagno, Cornedo Vicentino e Castelgomberto, tutti nella provincia di Vicenza.

VALDOSTANA
La razza Valdostana è la razza autoctona della Valle d’Aosta, regione italiana dove vengono allevati la quasi totalità dei suoi capi (85%). Esistono 3 razze di Valdostana che si differenziano per le loro caratteristiche morfologiche, mantello, produzione di latte e carne e temperamento. Queste razze sono: la Valdostana Pezzata Rossa, la Valdostana Pezzata Nera e la Castana. Per i soggetti di tali razze esistono 2 Libri Genealogici; in uno vengono iscritti solo i soggetti di razza Valdostana Pezzata Rossa e nell’altro sia i soggetti di razza Valdostana Pezzata Nera sia quelli di razza Castana.
La Valdostana Pezzata Rossa è una delle poche razze indigene italiane a spiccata attitudine da latte che si distingue per la buona produzione di carne e per la robustezza. Deriva, come la Simmental, da bestiame pezzata del Nord Europa introdotto in Italia dai Burgundi verso la fine del V secolo. In seguito queste popolazioni si sono adattate alle particolari condizioni ambientali. La maggior parte degli esemplari presenti in Italia sono concentrati in Val d'Aosta. Nel 1937 viene fondata l'Associazione Nazionale Allevatori Bovini Razza Valdostana A.N.A. Bo.Ra.Va.
E' una delle 11 razze che aderiscono alla Federazione Europea delle razze del Sistema Alpino (Abondance-Francia; Grigio Alpina-Italia; Herens-Svizzera; Hinterwälder-Germania; Pinzgauer-Austria; Rendena-Italia; Tarentaise-Francia; Tiroler Grauvieh-Austria; Valdostana-Italia; Vordelwälder-Germania; Vosgienne-Francia).
Caratteristiche morfologiche
Il mantello è pezzato rosso carico (intenso e scuro), tendente al violetto.
Arti e regioni ventrali in genere bianchi.
Testa bianca con orecchie rosse; raramente macchie rosse sulla testa.
Musello roseo. Corna corte, di colore giallo ceroso come gli unghioni.
Animali armonici. Taglia e statura piccola.
Caratteristiche produttive
E' una razza a duplice attitudine con prevalenza per il latte.
Razza perfettamente adattata al difficile ambiente di allevamento (alpeggio anche ad oltre 2.500 m di altitudine). la razza si caratterizza per l'elevata capacità motoria per spostamenti, per pascolare anche in zone poco produttive e per la resistenza alle patologie.

VALDOSTANA PEZZATA NERA
La Valdostana pezzata nera è una razza bovina italiana.
La Valdostana Pezzata Nera assieme alla Hérens allevata in Svizzera (da cui probabilmente deriva), appartiene al gruppo bovino autoctono che ha popolato originariamente l’arco alpino.
Il mantello è pezzato di nero e esente da peli rossi. La testa e il musello sono neri spesso con una stella bianca in fronte. Di taglia media, il peso è mediamente di 550-650 kg per i maschi e 450-550 kg per le femmine.
Questa razza è classificata con tendenza mista latte. Produce un ricco contenuto di proteine del latte ed è molto apprezzata nel settore delle carni. Queste sono le mucche efficaci nelle loro zone di origine in climi avversi, dove vengono sfruttate nel sistema di transumanza con la piena estate all'aperto sulle Alpi.

VITELLONE BIANCO APPENNINO CENTRALE
L’Indicazione geografica protetta “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” è riferita alle carni provenienti da bovini, maschi e femmine, esclusivamente di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola, di età compresa fra i 12 ed i 24 mesi. Tali razze hanno infatti significative caratteristiche morfologiche comuni quali: la pigmentazione apicale nera (cute, musello, lingua e palato, ecc.), il mantello bianco che si presenta fromentino alla nascita e nei primi tre mesi di vita, la struttura somatica. Caratteristiche comuni di pregio sono anche: la particolare precocità (l'età tipica di macellazione si colloca fra i 16 e i 20 mesi), le caratteristiche di accrescimento, la resa al macello (62-64%), e l'eccellente qualità delle carni che si presentano magre, sapide e a basso contenuto di colesterolo. L’IGP “Vitellone bianco dell’Appennino centrale”, unica denominazione attribuita alla carne bovina fresca in Italia, ha voluto in effetti legittimare il valore pregiato delle migliori razze bovine da carne italiane a mantello bianco: la Chianina, che ha conquistato fama nel mondo gastronomico per la mitica “bistecca alla fiorentina”, la Marchigiana, antica razza da carne e lavoro nei campi molto diffusa anche nelle aree interne della Campania, la Romagnola, nota per le sue carni di eccezionale qualità. Il “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” IGP deve la sua rinomanza alle pregiate carni delle razze sopra indicate, particolarmente succulenti, oltre che nutrienti e dalle caratteristiche commerciali superiori: colore rosso vivo, grana fine, consistenti, sode ed elastiche al tempo stesso, con piccole infiltrazioni di grasso (bianco) che solcano la massa muscolare. Qualità che derivano dalla razza dell’animale ma anche dal regime alimentare durante il periodo dell’ingrassamento. Il valore altamente nutritivo delle carni del “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” IGP è costituito dall’elevato tasso di proteine di alto valore biologico, il basso contenuto in grasso (il valore medio dell’IGP è del 2%), l’ottimo contenuto in ferro, nella forma più facilmente assorbibile dall’organismo, e la buona percentuale di vitamine del gruppo B. Il bestiame destinato alla produzione della carne IGP, identificato ed iscritto ai libri genealogici, viene allevato secondo le norme prescritte dal disciplinare di produzione e marchiato a fuoco. La marchiatura viene effettuata al mattatoio da un esperto incaricato dall'organismo di controllo. Il logo deve viene impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza della faccia esterna dei 18 tagli di carne previsti dal disciplinare. La carne è posta in vendita al taglio o in confezioni sigillate e sempre in punti vendita convenzionati che si impegnano a mantenere separate tale prodotto dalle altre carni. L’eccezionale fama conquistata in cucina dalle carni del “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” IGP non ha bisogno di altre specificazioni: la tenerezza e il sapore delle squisite bistecche, alla griglia o in padella, dell’arrosto, allo spiedo o al forno, del bollito, dello spezzatino, richiamano solo la bontà e il valore delle antiche tradizioni alimentari italiane.
Cenni storici
Le razze Chianina, Marchigiana e Romagnola appartengono all’antico patrimonio genetico della zootecnia italiana e le cui origini risalgono addirittura all’epoca etrusca. Già in era pre-romana, in vaste aree dell'Appennino centrale, erano allevati, infatti, animali riconducibili alle razze su indicate, contraddistinti dall’avere il mantello bianco, un notevole sviluppo somatico adatto soprattutto al lavoro dei campi, ed altre affinità e similitudini dovute sia alla comune origine filogenetica che all'omogeneo areale di allevamento. Le tre razze sono di ceppo podolico, discendono infatti, dal Bos Taurus Primigenius; sia la razza Chianina che quella Romagnola hanno contribuito al miglioramento della Marchigiana, perciò con fondate ragioni si è giunti, nel tempo, a considerarle come un unico “tipo animale”. La Chianina, allevata soprattutto in Toscana e Umbria, per le sue intrinseche qualità, dovute anche ad un lavoro di selezione durato secoli, è stata esportata nel secolo scorso anche in America latina, Stati Uniti e Canada ed è a buon diritto la razza bovina da carne più famosa al mondo. La Romagnola, originaria delle fertili terre della Romagna e in parte del bolognese, è il frutto anch’essa del laborioso lavoro di selezione sugli antichi animali allevati dai barbari nel sesto-settimo secolo dC, con risultati di grande valore per quel che riguarda soprattutto la qualità della carne prodotta. La storia della Marchigiana, la razza da carne più diffusa in Campania e nelle altre regioni centro-meridionali limitrofe, è diversa: essa infatti è il frutto dell’incrocio tra le prime due razze operato intorno alla metà dell’800 da parte degli allevatori marchigiani, completato da successivo lavoro di selezione nel secolo scorso. L'effetto di questi incroci fu una trasformazione evidente del bovino iniziale: miglior sviluppo muscolare, mantello più chiaro, corna più corte e testa più leggera; la statura viene ad abbassarsi, per rendere la razza adatta ancor meglio al lavoro dei campi, rimanendo comunque, i vitelloni, particolarmente vocati per la produzione di una carne di assoluto pregio qualitativo.
Area di produzione
L'area di produzione del “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” IGP comprende le aree interne collinari e montane degli Appennini centrali, dal Tosco-Emiliano fino alla Campania, in cui sono comprese le province per intero di Benevento ed Avellino.
Dati economici e produttivi
Attualmente la produzione di “Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale” IGP è in fase di notevole crescita. I dati della certificazione al 31.12.05 ci forniscono le seguenti informazioni: gli allevamenti in Campania (tutti di razza Marchigiana) iscritti al registro dell'IGP sono 386, di cui 353 nel beneventano e 33 in Irpinia. In Campania risultano iscritti anche 4 macelli (3 a Benevento e uno ad Avellino), mentre le macellerie autorizzate alla vendita sono 62 (2 ad Avellino, 18 a Benevento, 7 a Caserta, 32 a Napoli e 3 a Salerno).
I capi certificati, nel 2005, in Campania sono stati 2.570, su un totale dell'IGP in Italia di 42.126 capi.
Registrazione
L'Indicazione Geografica Protetta (IGP) “Vitellone bianco dell'Appennino centrale” è stata riconosciuta con Regolamento (CE) n. 134/98 (pubblicato sulla GUCE n. L 15/98 del 21 gennaio 1998). Con Decreto dell'11 novembre 2009 (pubblicato sulla G.U. n. 277 del 27.11.2009), il MiPAF ha accordato la protezione transitoria nazionale alla modifica del Disciplinare di produzione, richiesta dal Consorzio di tutela in ordine alla disciplina produttiva e all’ampliamento della zona di produzione. Tale richiesta è stata anche pubblicata a cura della competente Commissione Agricoltura della UE sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea C082 del 16.03.2011. Trascorsi sei mesi dalla pubblicazione entro i quali altri Stati membri possono presentare eventuali opposizioni, come prevede la procedura comunitaria, le modifiche saranno definitivamente approvate con apposito Regolamento.
Organismo di controllo
L'organismo di controllo autorizzato è la Società “3A-PTA Parco Tecnologico Agroalimentare dell'Umbria”, con sede in: Frazione Pantalla - 06050 Todi (PG), tel. 075.89571, fax 075.8957257. Sito web: www.parco3a.org.
Consorzio di tutela
Il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale I.G.P. è stato riconosciuto dal Mipaaf con D.M. del 29 marzo 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 80 del 5 aprile 2004) in base all'art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilazna e valorizzazione del prodotto. Esso ha sede legale in via B. Simonucci 3, loc. Ponte S. Giovanni - Perugia; tel. 0756079257 - fax 075398511. Sito web: www.vitellonebianco.it

WAGYU
Wagyu è un termine riferito a diverse razze bovine giapponesi, le più famose delle quali sono state geneticamente selezionate per avere carni intensamente marmorizzate, ovvero per produrre una elevata quantità di tessuto ricco di grassi insaturi, che tendono a distribuirsi e lasciare striature simili a quelle del marmo nello spessore delle masse muscolari, anziché nello strato peri-muscolare e sottocutaneo, come normalmente accade. Questa caratteristica rende la carne di Wagyu particolarmente saporita, tenera e costosa.
Vi sono diverse aree del Giappone specializzate nell'allevamento di questi bovini, ciascuna delle quali dà il proprio nome agli animali e alla carne che produce. Tra gli esempi più famosi vi sono il manzo di Kobe e quelli di Mishima, Matsusaka, Ōmi e Sanda.
In Giappone
La carne bovina giapponese è famosa in tutto il mondo per le sue caratteristiche, nonché per il suo elevato prezzo di mercato, che può avvicinarsi ai 1000 € al kg, ma può anche attestarsi su valori più modesti, intorno ai 100 €/kg. Normalmente il prezzo sale con la marmorizzazione della carne, che indica anche il rapporto tra grassi insaturi e grassi saturi. Questo manzo nasce da allevamenti giapponesi estremamente isolati, per via delle caratteristiche socio/geografiche dell'arcipelago nipponico. Da quando furono importati in Giappone alcuni secoli fa, questi bovini iniziarono il loro isolamento genetico. Il Wagyu ha un tasso di crescita molto più lento degli altri bovini.
Il bue domestico fu importato in Giappone dall'Asia continentale nel II secolo, e fu usato principalmente per i lavori pesanti nell'agricoltura. I primi esemplari arrivarono nella regione di Shikoku e, data la natura montuosa del territorio, si diffusero nel resto del Paese molto lentamente e in gruppi geograficamente isolati. Per diversi secoli i buoi non furono mangiati per motivi religiosi, fino a quando un comandante militare ne impose il consumo alimentare sostenendo i soldati sarebbero stati fisicamente più forti. Dopo essersi ampiamente diffuso il consumo tra i militari, continuava ad essere un sacrilegio mangiare e cucinare i bovini nelle civili abitazioni, e i contadini che si erano abituati a mangiarne erano costretti a cucinarli all'aperto, inizialmente scaldando il vomere con delle braci ed usandolo come piastra.
I primi allevatori di bovini per il consumo alimentare iniziarono a selezionare le razze più adatte nella prima metà del XIX secolo; i libri in cui furono registrate le prime selezioni risalgono agli anni trenta di quel secolo e sono tuttora esistenti. Tra il 1868 ed il 1910 furono incrociate diverse razze di mucche, tra le quali la Brown Swiss, la Shorthorn, la Devon, la Aberdeen Angus, la Ayrshire, la Coreana, la Frisona e la Simmental. Nei primi anni del XX secolo, quando le tipologie di mucche formatesi divennero eccessive, gli incroci con razze provenienti dall'estero furono vietati e da allora la fecondazione è sottoposta al controllo del Registro del Wagyu Giapponese, che si attiene strettamente ai criteri genetici e di allevamento prescelti. Il controllo qualità è concentrato su una soddisfacente quantità di marmorizzazione e una bassa percentuale di colesterolo. Particolarmente protettivi sulla genetica delle razze Wagyu, i giapponesi hanno fatto diventare i bovini un patrimonio nazionale.
Tecniche di allevamento
Vi sono svariati accorgimenti che gli allevatori di wagyu utilizzano per rendere le carni più tenere e saporite. Fra queste vi sono uno speciale regime alimentare, che comprende la somministrazione di birra o sake, ed il massaggio degli animali, che è probabilmente utilizzato per prevenirne i crampi in piccole fattorie dove non hanno spazio sufficiente per tenere in esercizio i muscoli.
Razze
Vi sono le seguenti quattro razze di wagyu:
La razza nera giapponese costituisce il 90% delle razze Wagyu nazionali, con diversi allevamenti a Tottori, Tajima, Shimane e Okayama.
La razza bruna giapponese detta anche razza rossa, è la seconda per quantità ed ha allevamenti a Kōchi e Kumamoto
La razza senza corna giapponese
La razza Shorthorn giapponese comprende l'1% delle razze Wagyu del Paese
In Australia
La Australian Wagyu Association è la più grande associazione fuori del Giappone. Vengono allevati sia i capi importati dal Giappone che quelli derivati da incroci operati in Australia, e la carne viene esportata in Asia, Europa e Stati Uniti.
Negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti sono stati importati alcuni capi ormai svariati decenni fa, e sono stati incrociati con la razza Angus. La nuova razza ottenuta è stata chiamata "manzo di Kobe in stile americano". I capi vengono alimentati secondo la tradizione giapponese, con utilizzo di granoturco, alfalfa, orzo e fieno di grano.
In Italia
In Italia questo tipo di bestiame è tuttora poco diffuso, i primi esemplari italiani sono stati dichiarati il 24 gennaio 2008 in Lombardia. Un'importante azienda veneta fondata da Ferdinando Borletti, imprenditore milanese cofondatore anche de La Rinascente e della Standa, alleva nella località di Ca' Negra, dal 2009, alcuni esemplari di wagyu seguendo il metodo tradizionale giapponese.