martedì 20 settembre 2022

MOUSSELINE

70 ml di panna leggermente montata
2 tuorli d'uovo (devono essere a temperatura ambiente)
1 cucchiaio di acqua
125 g di burro
1 scalogno finemente tritato
1 cucchiaio di cerfoglio tritato
1 rametto di timo
1/2 foglia di alloro
50 ml di aceto di vino
50 ml di vino bianco secco
un pizzico di sale
pepe q.b
In un pentolino mettete lo scalogno, tutte le erbe aromatiche, bagnate con l'aceto ed il vino, condite con un pizzico di sale, aggiungete qualche grano di pepe e portate ad ebollizione fino a quando il liquido si è ridotto di 2/3. Fatelo raffreddare, filtratelo e rimettetelo nella casseruola, immersa in un altra riempita a metà con dell'acqua calda (fate attenzione che non arrivi mai ad ebollizione) per continuare la cottura a bagnomaria. Aggiungete ora i tuorli stemperati con 1 cucchiaio di acqua e sbattete aiutandovi con la frusta finché i tuorli incominciano ad ispessirsi. A questo punto aggiungete il burro a piccoli pezzetti sbattendo sempre finché la salsa sarà montata e avrà la consistenza di una maionese. Controllate la salatura e, se necessario, aggiungete dell'altro succo di limone. Per ultima aggiungete la panna leggermente montata, mescolate con delicatezza e la vostra salsa è pronta. Ottima come accompagnamento per pesci e verdure cotte al vapore. Praticamente è una salsa olandese a cui si aggiunge della panna montata.

11 SALSE
 (2^ Edizione)

 
Salse. In queste 120 pagine ho raccolto oltre 100 ricette di salse, criteri di classificazione e di abbinamento pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Esiste una teoria generale della derivazione delle salse. Da sole 5 salse madri derivano tutte le altre per piccole variazioni, aggiunte o sottrazioni. Le salse completano primi, secondi, contorni, pesce, carne, verdure, pasta, tutto. Impariamo insieme a fare le salse. Senza giungere agli eccessi di una cucina troppo salsamentaria come era d’uso nell’800, le salse completano e danno quel tocco in più di sapore che non guasta.

FARINA DI MIGLIO


miglio
Miglio è il nome di un cereale ipoteticamente originario dell'Asia. Nel linguaggio comune, abbraccia varie Specie appartenenti alla famiglia delle Poaceae (Graminacee); quelle impiegate per l'alimentazione aviaria sono prevalentemente il Panicum miliaceum e la Setaria italica; esistono poi il miglio indiano o Eleusine coracana e il miglio melega africano o Holcus sorghum.
Farina di Miglio
Il miglio viene utilizzato prevalentemente nell'alimentazione del bestiame e, solo in minor parte (soprattutto nell'alimentazione naturista e macrobiotica), per quella umana; di recente, è stato inserito tra i cereali idonei all'alimentazione del celiaco (gluten-free).
La sua coltivazione non ha particolari esigenze di terreno o di irrigazione ma richiede sempre un clima temperato caldo. In Italia, il miglio fa parte dei così detti cereali minori e le sue coltivazioni si limitano a certe aree del Sud Italia (dove prende il nome di Volpioca). Al contrario, viene prodotto in abbondanza sia in Asia che in Africa.
Si dice che il miglio destinato all'alimentazione dell'uomo (il Panicum miliaceum) vanti diverse proprietà nutrizionali degne di nota; la farina che se ne ricava viene utilizzata prevalentemente in miscela alla polvere di frumento per la panificazione, mentre quella pura si presta essenzialmente alla formulazione di biscotti secchi.
Il miglio viene colto prima della completa maturazione e "dovrebbe" essere macinato solo prima del consumo. Tale precisazione è fondamentale, poiché il suo abbondante contenuto in lipidi (contenuti nel germe) ne limita sensibilmente la conservazione. La farina di miglio è quindi un prodotto integrale, ricavato dalla macinazione dei semi interi, solo parzialmente abburattati per eliminarne le impurità.
A dir il vero, in commercio si trovano prodotti denominati in maniera piuttosto diversa (in genere di tipo BIO), ma aventi sempre un costo maggiore delle farine di grano (circa 3.30 €/kg). In effetti, bisognerebbe chiedersi per quale motivo la produzione di un cereale minore, poco pregiato e che non urge di trattamenti particolari (irrigazione o concimazione), giunga al dettagliante con un costo elevato invece che contenuto; ma passiamo oltre.
Certe aziende propongono la farina di miglio integrale, altre la farina di miglio decorticato.

 12 CONSERVE (2^ Edizione)


Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/).
Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.


BIRRE 49: PORETTI


Poretti
Il Birrificio Angelo Poretti è una società produttrice di birra facente parte del gruppo Carlsberg.
L'azienda venne fondata il 26 dicembre 1877, ossia quando venne prodotta in Italia la prima birra boema Pilsner.
Angelo Poretti, il fondatore dell’omonimo stabilimento, nasce a Vedano Olona nel 1829, e decide in gioventù di emigrare in Europa, spostandosi tra Austria, Germania e Boemia. Arricchito dall’esperienza all’estero, a metà degli anni settanta del XIX secolo, tornò in Italia per diffondere la birra nel suo paese. Infatti i vari anni trascorsi all’estero diedero ad Angelo Poretti anche la possibilità di acquisire una profonda conoscenza della birra, grazie all’incontro con alcuni tra i migliori mastri birrai del tempo. Cercò allora nella provincia di Varese, di cui era originario, la migliore zona dove costruire il suo birrificio, investendo i risparmi accumulati con fatica assieme alla moglie boema Franziska Peterzilka. A Induno Olona, nei pressi delle grotte della Valganna, acquistò la fabbrica dismessa di amido Amideria del Dones; dall’estero importò i macchinari, le materie prime e il primo mastro birraio, mentre la purezza dell’acqua, elemento fondamentale per una birra di qualità, era garantita dalla fonte della Valganna nota come “fontana degli ammalati”, che Angelo Poretti aveva acquistato. La scelta dettata dalla ricerca della qualità ebbe anche un forte impatto pubblicitario in quanto l’acqua della “fontana degli ammalati”, famosa per i suoi effetti curativi, divenne così l’elemento base delle birre prodotte nel nuovo birrificio Poretti. Un altro elemento chiave nella scelta della zona era la presenza dei laghi di Ganna e di Ghirla dai quali attinse il ghiaccio per la conservazione della bevanda.
Nel 1901 Angelo Poretti morì e, non avendo figli, gli subentrarono i suoi quattro nipoti: i fratelli Angelo e Tranquillo Magnani, Edoardo Chiesa e Francesco Bianchi. L'azienda continuò a crescere, posizionandosi stabilmente al vertice della graduatoria nazionale per ettolitri di birra prodotti e fu in grado di superare momenti difficili, come la prima guerra mondiale, anche attraverso fasi di ampliamento e ammodernamento del birrificio. Nel 1905 infatti i nipoti decisero di rinnovare l'impianto produttivo di Induno Olona per soddisfare l’accresciuto consumo di birra Poretti. L’opera venne affidata allo studio tedesco Bihl e Woltz che realizzò uno stabilimento in stile Jugendstil. Nel 1922 l'impresa si trasformò in società anonima con un processo di rimodellamento gestionale e organizzativo. La crisi mondiale scoppiata nell'autunno del 1929 e la prematura scomparsa di due dei nipoti succeduti ad Angelo Poretti rischiarono però di portare lo storico birrificio alla chiusura.
Nel 1939 la famiglia Bassetti, proprietaria del birrificio Spluga di Chiavenna, acquistò e rilanciò l'impresa, arrivando a produrre oltre mezzo milione di ettolitri di birra. La crescita avvenne sia diversificando la produzione di birra (l'intera attività dello stabilimento chiavennasco della Birra Spluga venne concentrata nell'impianto di Induno Olona), sia potenziando la struttura e la rete commerciale. Nel 1969 fu lanciato il marchio “Splügen Bock” (protagonista tra l’altro di uno spot firmato Ermanno Olmi) e le prime birre “dry”.
Nel 1975 le Industrie Poretti firmano con la multinazionale danese United Breweries A/S (che di lì a breve prenderà il nome di Carlsberg Breweries), fondata a Copenaghen nel 1847 dal mastro birraio J.C. Jacobsen, un accordo per la produzione e la commercializzazione dei marchi “Tuborg” e “Carlsberg” in Italia. Nel 1982, il gruppo Carlsberg acquista dalla famiglia Bassetti il 50% del pacchetto azionario dell'impresa, seguito nel 1998 da un ulteriore 25% del capitale arrivando così a detenerne il 75%. Contemporaneamente le Industrie Poretti cambiano denominazione in Carlsberg Italia Spa. Nel 2002 il gruppo danese acquista il restante 25% e ottiene così la piena proprietà dell'impresa di Induno Olona.
ll luppolo è l’ingrediente che crea le note amare e fornisce al mosto aromi e profumi. Combinando più tipologie si ottengono birre diverse e ricercate.
3 Luppoli è una birra appartenente al segmento Lager caratterizzata da un colore chiaro ed un amaro equilibrato.
Le materie prime sono acqua, malto d'orzo, sciroppo di glucosio e luppolo.
Grado Alcolico: 4.8% VOL
4 Luppoli Originale è una birra Lager a bassa fermentazione, dal colore chiaro, note aromatiche fruttate e amaro moderato.
Le materie prime sono acqua, malto d'orzo, sciroppo di glucosio e luppolo.
Grado Alcolico: 5,5% VOL
5 Luppoli Bock Chiara è una birra doppio malto dal corpo rotondo, aroma fruttato, amaro deciso ma non troppo accentuato.
Le materie prime sono acqua, malto d’orzo, sciroppo di glucosio e luppolo.
Ha una schiuma fine e compatta e un colore oro carico.
Grado Alcolico: 6,5% VOL
6 Luppoli Bock Rossa è una birra doppio malto con corpo rotondo, caratterizzata da aroma di cereale tostato con venature di caramello e liquirizia.
Le materie prime sono acqua, malto d’orzo, sciroppo di glucosio e luppolo.
Ha una schiuma fine e un colore ambrato.
Grado Alcolico: 6,5% VOL
Non Filtrata ai 7 Luppoli è una birra ambrata non filtrata in stile Vienna, dall'intensa luppolatura che le dà un gusto pieno.
Le materie prime sono acqua, malto d’orzo, granturco, luppolo.
Ha una schiuma fine e colore ambrato opaco.
Grado Alcolico: 7% VOL

20 BIRRA (2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.


AVIATION

DRINK - Alcolico | Predinner / Unforgettables
Gin 4,5 cl
Maraschino 1,5 cl
Succo di limone 1,5 cl
Viene preparato prendendo una coppetta da cocktail riempiendola di ghiaccio. Tutti i componenti vengono versati in uno shaker pieno di ghiaccio e agitati. E quindi il contenuto viene versato nella coppetta svuotata dal ghiaccio. Si guarnisce con una ciliegia o con una scorza di limone a spirale. Nella versione originale conteneva la crema di violetta di difficile reperibilità. Proprio per questo nel 1930 si introdusse il maraschino al posto della crema di violetta.
16 COCKTAIL (2^ Edizione)
 

Cocktail.In queste 340 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, attrezzature e ricettepubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Mixology. Con questa parola si indica l'arte di mescolare con sapienza distillati, liquori, soft drink ed altro. Una preventiva conoscenza degli elementi che compongono un cocktail è la base del successo. Imparate a preparare quelli canonici riconosciuti dall'IBA e poi lanciatevi a prepararne dei nuovi. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro Barman di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER
 

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).


Cucina Ligure

 



Sčiattamàiu, Scarbassa e Pin de verdûa Colla Primavera che batte alle finestre e ci chiede di aprirle, qui in Liguria amiamo tanto cucinare ricette rustiche e genuine che sanno di campo e di orto. Per esempio il polpettone, una pietanza semplice ma sostanziosa da servire come piatto unico, caldo o tiepido. Si tratta di uno
sformato di patate arricchito con fagiolini, formaggio Parmigiano Reggiano, uova, pangrattato, con una crosta dorata e un interno morbido. Semplicità, per fare gusto, vuol dire abilità in cucina nel dosare gli ingredienti e nell’aromatizzare, nel nostro caso con abbondante maggiorana, che è una delle erbe principi della cucina ligure, che recita “dovunque ci siano uova, deve esserci maggiorana”.

Dati questi punti fermi si riscontrano numerose varianti della ricetta: aggiungere altri tipi di ortaggi ad esempio le zucchine; insaporire il ripieno saltandolo in padella prima di infornare; utilizzare la prescinsêua, un tipico formaggio genovese dalla consistenza cremosa; arricchire con mortadella, pancetta o altri salumi e insaccati per renderlo ancora più sfizioso; speziare con un po' di noce moscata. Ma fondamentale è la cottura in forno statico preriscaldato a 180° per 50 minuti, poi in modalità grill per circa 2 minuti, così da dorarlo in superficie.
Due delle più celebri definizioni del polpettone ligure sono: lo Sčiattamàiu ossia schiatta marito, la tradizione vuole infatti che sia talmente buono che gli uomini ne mangiassero così tanto da arrivare a stare male, e lo Scarbassa, di origini addirittura medievali, che prende il nome dalla cesta che, posizionata sulla groppa degli asini, veniva usata per trasportare le erbe e le verdure colte nei campi.

Quando poi le finestre restano sempre aperte per la prossimità dell’Estate, fa molto ligustico affiancare al polpettone le verdure ripiene “di magro”, röba pinn-a” o pin de verdûa, altro must della cucina ligure, leggere ma anche saporite. Le verdure ripiene alla ligure sono adatte in tutte stagioni, ma d’estate sono davvero ideali, sono semplici da realizzare, sono un piatto economico e sono squisite sia calde che fredde, con una bella insalata fresca sono un secondo da re, da sole sono un ricco antipasto.
Si tramanda che questo piatto fosse nato nelle cucine dell’allora fertile Val Bisagno, l’orto del Genovesato, per poi diffondersi in tutta la regione. Gio Batta Ratto, nella sua “La cuciniera genovese, ossia la vera maniera di cucinare alla genovese” pubblicata per la prima volta nel 1863, li definì ripieni di magro sfatando ogni dubbio sulla presenza di carni tra gli ingredienti tradizionali della loro farcia. Infatti la verdura ripiena in Liguria non ne contempla l’impiego, a differenza di quanto accade in altre regioni italiane quali il Piemonte, l’Emilia, la Campania, la Puglia e la Sicilia. La particolarità di utilizzare la polpa delle stesse verdure per il ripieno la rende delicatissima e unica. Il sapore dei ripieni di verdura dovrà però essere rafforzato con la persa, come a Genova si chiama la maggiorana, che va usata sbriciolata dopo averla fatta seccare, per esaltarne il profumo. Ingredienti tradizionali sono zucchine, patate e cipolle, ma la stessa farcitura può valere anche per peperoni e melanzane. Servono inoltre aglio fresco, prescinsêua ossia la quagliata o cagliata, (prodotto caseario tipicamente ligure, che con il suo gusto acidulo e la consistenza simile alla ricotta, conferisce ai ripieni di verdura un sapore inimitabile), uova sbattute, parmigiano, pane raffermo ammollato nel latte, olio di oliva. Qualche trucco? Il sapore acre della prescinsêua va stemperato con la mollica di pane cotta nel latte, ma soprattutto per poter ottenere le verdure adeguatamente croccanti e fragranti occorre cogliere il loro esatto punto di prebollitura. C’è chi preferisce un ripieno più grossolano, altri lo passato al mixer. Cuocere in forno ventilato, a 200° per circa 20 minuti.
Mamma mia quanto son buone, non dimagrirò mai!





TORTA PASQUALINA

Storia

La torta pasqualina (in ligure torta pasqualiña o torta de giæe) è una torta salata, tipica della Liguria (più precisamente del Genovesato e di Borgotaro). Si prepara nel periodo di Pasqua per celebrare la primavera e il risveglio della natura, infatti è l’ideale per le merende all’aria aperta nelle consuete gite fuori porta del Lunedì dell’Angelo insieme alla sua cugina meno nota, la torta de gee. In passato era l'apoteosi dell'abilità delle casalinghe, che leggendariamente si narra riuscissero a sovrapporre sino a trentatré sfoglie in omaggio agli anni di Cristo.
Le sue origini sono molto antiche, era conosciuta già nel 1400 e per la prima volta fu citata dal letterato Ortensio Lando nel suo “Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevono” dandole però un nome diverso da quello che conosciamo noi; non Pasqualina ma Gattafura, “perché le gatte volentieri le furano et vaghe ne sono”, ma anche lo stesso scrittore ne era ghiotto tanto da scrivere: "A me piacquero più che all'orso il miele".

Preparazione

Il ripieno si prepara facendo bollire le bietole e strizzandole bene. Si tritano e si strizzano ancora. Versate in un tegame mezzo bicchiere di olio extravergine d'oliva ed unitevi la cipolla tritata. Fatela imbiondire, quindi unitevi l'aglio tritato, la maggiorana ed il prezzemolo tritato. Togliete il tegame dal fuoco ed unitevi le bietole, il sale, il pepe ed un uovo. La crema densa si prepara amalgamando in una ciotola pezzetti di quagliata (prescinsêua in lingua ligure), asciuttissima (in precedenza strizzata del suo siero in un tovagliolo, legato con uno spago da cucina e con sopra un peso), sale, pepe, 2 uova, un pugno di formaggio grattugiato, il latte e la farina. La sfoglia si prepara con farina, acqua e olio di oliva (senza lievito). Si dispone la farina a fontana e si crea un buco nel centro dove viene versato un pizzico di sale e mezzo cucchiaio d'olio extravergine d'oliva. Si inizia ad impastare aggiungendo via via dell'acqua fino ad ottenere un composto morbido ed elastico. Lo si ripone in una ciotola, lo si copre con un canovaccio e si lascia riposare per almeno un quarto d'ora. Lo si divide in 33 parti. Le sfoglie circolari si tirano sottilissime (quasi trasparenti) con un mattarello lungo e sottile, di dimensione più grande del tegame perché devono pendere fuori dal recipiente. Si unge il fondo della teglia e si stendono 17 sfoglie spennellandole tra l’una e l’altra con un po' d'olio. Indi si versa il ripieno e lo si spiana con una spatola, si versa quindi la crema densa. Su di esso si praticano, con l'aiuto di un cucchiaio, alcuni incavi nei quali vengono fatte cadere alcune uova intere che diventeranno sode con la cottura della torta. Su ogni uovo si mette sale, pepe e un ricciolo di burro. Si completa con la copertura delle restanti 16 sfoglie sempre spennellate d’olio. Si taglia col coltello l'eccesso di pasta sull'orlo e aiutandosi con la punta di uno spiedino, si arrotola il bordo su sé stesso formando un festone. Si spennella sopra l'ultimo strato un po' d'olio. Si infila nella parete esterna una cannuccia e si soffia, in maniera da creare all'interno una camera d'aria. Per controllare la cottura delle sfoglie si lascia un pezzo della pasta fuori dalla festonatura, chiamato oêgin (orecchietta). Si inforna per un'ora. Gli strati di pasta soprastanti il ripieno con la cottura si gonfiano e formano una cupola che cuoce al meglio.

Varianti

Della Pasqualina esistono molte varianti. La torta Cappuccina" (o capussinn-a in genovese) prevede che tutti gli ingredienti vengano mescolati tra loro senza fare gli strati tra verdure, cagliata e uova. Per altri periodi dell’anno si prevede l'uso dei carciofi, spinaci, cipolle, cardi, funghi, zucca, piselli, borragine.

A Ventimiglia si usano nel ripieno erbe selvatiche (caccialepre, ortica, allattalepre, songino), al posto delle bietole

Oggi viene sovente usata la pasta brisé o la pasta sfoglia pronta stesa su carta forno che, poiché non viene più soffiata, va bucherellata in superficie con i rebbi della forchetta, pennellata con albume, riposta in frigo per 30 minuti, quindi cotta a 200° in forno statico ben caldo per circa 25 minuti nella parte medio bassa del forno, poi a 180° per ancora 15 – 20 minuti fino a doratura del rustico. Sfornata la si lascia raffreddare 15 minuti in teglia. Poi si sforma e lascia a temperatura ambiente per almeno 5 – 6 h.

Meglio se viene gustata il giorno dopo abbinata con vino bianco giovane, profumato, secco ma morbido e sapido, come il Vermentino, servito a 10 °C.


A FUGASSA DE SANNA

La buona sera sta alla farinata come il buon giorno sta alla focaccia (a fugàssa). Si comincia prestissimo con la focaccia consumata a colazione, inzuppata nel caffellatte, si prosegue a metà mattina, come rompi digiuno, accompagnata da un buon bicchiere di vino bianco (u gianchettu) con la scusa che ne favorisce la digestione, o come aperitivo-antipasto nella versione per signorine snob.
Le nonne la compravano per viziare i nipoti, all’insaputa delle madri, che poi lamentavano inspiegabili disappetenze prandiali nei pargoli. La compravano a occhio, senza pesature: il Quadretto (bocconcino quadrato per togliersi lo sfizio uscendo dalla bottega), la Striscia (da condividere con l’amica del cuore in barba alla linea), il Mille lire (per fare una sorpresa a tavola al marito accanto al pane), la Sleppa (o slerfa) per gli appetiti robusti (nella versione con le cipolle, fugàssa co-a çiòula, capace di saziare molto, in quanto la cipolla blocca i recettori dello stimolo della fame; era la consueta mancia del datore di lavoro ai suoi camalli, per incentivarli al lavoro), oppure la Leccarda (corrispondente a una lama, una teglia) in occasione di piccoli rinfreschi.
C’è chi la preferisce calda, appena uscita da una infornata mattutina, buonissima, ma chi bada al borsellino sa che paga un 30% di vapore acqueo.
C’è chi ne teorizza le virtù per i nottambuli discotecari alticci: esistono forni assaliti in ore antelucane come prosciuga budella dagli eccessi alcolici. Insomma la focaccia piace a tutti.
Ingredienti minimali e poveri: farina bianca di grano tenero, tipo 00 o 0, di media forza (W 200-300), lievito di birra, acqua pura o meglio una miscela di acqua e vino bianco, sale fino per l'impasto, sale grosso per il condimento, olio d'oliva extravergine (per l'impasto e per ungerla).
Serve comunque una grande arte nel realizzarla, Giove pluvio permettendo, poiché la focaccia, che non ama l’umidità, risente decisamente delle condizioni climatiche. Una lunga lievitazione e un'accurata lavorazione della pasta richiedono una ventina di ore. L'optimum di cottura lo garantisce soltanto un forno da panettiere (meglio se a legna, ma chi se lo può ancora permettere?).
La nostra società opulenta ha pensato di elaborare varianti per soddisfare tutti i gusti (ma soprattutto per alzare notevolmente il prezzo del venduto con poca fatica e minimo investimento). Ci sono ingredienti messi sopra, come le olive, le cipolle e i pomodori, e quelli messi nell’impasto come la salvia, il rosmarino, le patate, le noci o l'uvetta passa (nella sua forma più dolciastra). E si stanno sempre sperimentando nuovi abbinamenti. Insomma la focaccia, alimento vecchissimo, è un evergreen gastronomico.
Ma a Savona dove si può mangiare una buona focaccia? In molte panetterie il prodotto è molto buono, ma segnaliamo quelle savonesi in cui, secondo noi è veramente ottimo.
Rigorosamente in ordine alfabetico:
Il Panificio Emj in Via Don Bosco. 10 Tel: 019814885
Il Panificio Pedesini in Via Montenotte. 42 Tel: 019850869
Il Panificio Peisino in Via Boselli 5/R Tel: 019 829786
Il Panificio F.lli Ventura in Via De Amicis. 29 Tel: 019813718
Buona focaccia a tutti (anche gluten free per celiaci)





IN CERCA DI SCIAMADDE

A dispetto di molte credenze la farinata non è un prodotto tipicamente ligure, bensì pisano, tuttalpiù livornese, con radici assai antiche: latine e greche. In Liguria ci è arrivato per fatalità nel 1284. Le galee di Genova, vincitrice su Pisa, alla Meloria, furono coinvolte in una terribile tempesta. Nel putiferio, barilotti d'olio e sacchi di farina di ceci si rovesciarono e mescolarono con acqua di mare. La fame fece il resto. Non essendoci altro a bordo si allestì un pasto fatto di purea salata di farina di ceci e olio, asciugato al sole. Non doveva certo essere granché. Ma tornati a casa, carichi di gloria e di fame, il racconto epico infervorò la mente di qualche ingegnosa massaia che replicò con successo l’improbabile ricetta, cuocendola però al forno, in un "testo", una teglia bassa in rame stagnato, e chiamandola, per scherno agli sconfitti, l'oro di Pisa.
Era nata la farinata. Cibo povero, usato come piatto unico, certamente ingegnoso, dà un buon sostentamento grazie alle vitamine, B e C e al fosforo contenuti nella farina di ceci. Sazia certamente la pancia, ma non c’è prova comunque che faccia diventare anche più intelligenti.
Come spesso succede per ogni cibo povero che si rispetti, la sua riscoperta ha portato in tempi più recenti e ricchi, molte varianti. Ed eccola abbinata al rosmarino, ai cipollotti, ai carciofi, con stracchino, con gorgonzola, con pomodorini e rucola, con salsiccia o bianchetti.
Una variante di quella di ceci, tipica di Savona, è prodotta con farina di grano spolverata di pepe nero, ha colore bianco, uno spessore minore ed una maggiore croccantezza rispetto a quella di ceci.
La diffusione nel Mediterraneo ne ha cambiato il nome. Così la fainâ de çeixi del genovese è diventata il turtellassu nel savonese, la socca nel nizzardo, la cade a Tolone, la calda calda nel carrarese, la cecìna in Versilia, la bela cauda nell'oltregiogo, la fainè nel sassarese, il fainò nel carlofortino, la calentita a Gibilterra, la caliente in Marocco. Il bello è che oggi tutti ne rivendicano l’invenzione e l’esclusiva tipicità. Paradossi dell’era della DOP e della IGP.
Il successo dell’alimento è stato comunque tale da creare locali specifici in cui la si può acquistare per l’asporto o la si può mangiare accompagnandola con un bicchiere di buon vino. Sono le sciamadde (letteralmente "fiammate") caratterizzate dal grande forno a legna e da un odore tipico di fritto e di legna arsa.
In cerca di sciamadde a Savona ne ho trovate tre che voglio raccomandarvi.
La prima, storica e centralissima, è Vino e Farinata in via Pia 15r cell.3473784276, la seconda risponde al nome incredibile di Esco Pazzo in via Montenotte 75r tel.0198489309 ed infine in periferia fornacina si trova L’Arcata dell’Homo in via Saredo 100r tel. 019801670.

PRANZO QUOTIDIANO DI LAVORO: CROCE E DELIZIA

Oggi parliamo della pausa pranzo. Dove può andare chi lavora in città a godersi un momento di relax gastronomico? Le esigenze sono parecchie. C’è la donna in carriera che deve badare alla linea ma non può mangiare sempre insalatine e verdure scotte. C’è il manager che ha fretta ma ha imparato a staccare un quarto d’ora e se lo vuole godere. C’è il crocierista che approfitta per gustare qualcosa di tipico ma senza appesantirsi troppo, per proseguire dopo la passeggiata. C’è l’allievo pendolare che ha il rientro pomeridiano e non ce la fa a mangiare panini tutto l’anno. Tutti hanno comunque fretta, la cucina deve essere express, ma il fast food non è per tutti e per tutti i giorni.
Insomma le esigenze sono molte e difficili da conciliare, non ultima quella del portafoglio.
Chi ci riesce è bravo. Io credo di averlo trovato e ve lo segnalo.
Non è propriamente un ristorante, ma la cucina è pari a quella di uno chef. Non è un lounge bar, ma gli aperitivi ed i cocktail sono o.k., per non parlare degli apetizer dell’apericena. Non è propriamente una cremeria, ma la caffetteria è chic ed i dolci sono di tutto rispetto, sempre freschi di giornata. Non è certamente un wine bar, ma la cantina è fornitissima e di gran classe.
L’arredo è raffinato senza ostentazione, tra la modernità del vetro e l’antichità del legno, la toilette sempre aperta (in quanti locali bisogna chiedere la chiave e spesso ti rispondono che i servizi sono rotti?), pulita e profumata, la cortesia e la simpatia dello staff fatto di giovanissimi baristi camerieri fa il resto. Ti viene perfino da lasciar loro la mancia (che per certi savonesi è quasi un gesto contro natura, pare che negli ingauni manchi quel cromosoma nella spiraletta del DNA).
Eccovi il nome: Caffé del Duomo, si trova alla fine di Via Manzoni in prossimità dei portici. Sempre pieno. Si fa la coda leggendo il giornale al bancone e spiluccando stuzzichini, quando si libera un tavolo, via.

Il menù cambia tutti i giorni, tre primi ed una decina di secondi, sempre diversi. Ci vado spesso. Adoro alcuni suoi primi chiccosissimi: i cuoricini tricolore in salsa di taleggio, gli gnocchetti di castagne al ragù battuto al coltello, il risotto alla Mazzini (buonissimo anche se il mio idolo risorgimentale era Cavour e come lui adoro il “bicerin”), ecc. I vini proposti al calice sono di solito due, un bianco ed un rosso: non tradiscono mai. Dolci ammirevoli: io adoro la torta di mele calduccina in crostina friabile con cannella, ma la vecchia cara sacripantina ha il suo perché. Insomma si mangia sempre bene e la rapidità di servizio è ammirevole. Ma la virtù si vede nei dettagli, posateria di marca, cestino del pane con striscioline di focaccia a volontà, formaggiera del parmigiano sul tavolo con grattugiata sempre fresca e non lanugine di crosta, calice per degustare il vino di forma professionale, set di oliaceto con prodotti di qualità. Prezzi quasi popolari (non si paga il coperto).

 


CERCANDO LOW COST E TRADIZIONE

E’ possibile pranzare a meno di 10 euro a Savona? La crisi si combatte scegliendo bene dove mangiare
Prosegue la nostra indagine presso i ristoranti low cost del comune di Savona, per rispondere alla fatidica domanda: è possibile mangiare dignitosamente sotto la soglia di 10 euro con un rapporto qualità prezzo adeguato? La risposta è semplice: è possibile farlo a pranzo, non a cena.
Evidentemente il primo è considerato una necessità ed il secondo un lusso.
Segnaliamo comunque due locali che praticano due diverse filosofie.
Il primo centralissimo di trova in via Caboto 25r dirimpetto alle scuole elementari, e si chiama ovviamente Bar Ristorante Caboto. Se la fantasia del nome un poco difetta, certamente non si può dire così della cucina. Mangerete delle ottime orecchiette ed un coniglio alla ligure decisamente gustoso, completerete con frutta, dolce, bevande (un quarto di vino sfuso passabilissimo) e caffè.
Porzioni abbondanti. Il tutto per 10 euro tutto compreso. Prendere o lasciare. Se volete saltare il primo il secondo raddoppierà la porzione ma la cifra non cambierà.
Chi è di pasto buono ha trovato la sua sponda. Chi pensa alla dieta… guardi l’ambiente attorno ben curato, vivace e ben frequentato; spesso con i crocieristi stranieri (un must del locale) si possono intavolare interessanti conversazioni per rinverdire il proprio inglese scolastico semidimenticato.
Il secondo è decisamente decentrato, bisogna sapere la sua esistenza per rintracciarlo, ma il tam tam virale del  gastrospetteguless non tarda a fartelo trovare.
Si chiama Ristorante Trattoria La Cantina, ma non è assolutamente un’osteria. Anche qui la coerenza verbale difetta. Si trova in via Frascheri 14 rosso tel. 0194500107, un traversa di Via XX Settembre, nelle prossimità della ex Fabbrica del Ghiaccio.
Qui si trova un animatissimo ambiente multietnico di artigiani, in tute e canotte da lavoro, con i quali puoi fraternizzare facilmente, specialmente se cerchi un idraulico, un elettricista, un imbianchino, un piastrellista, un serramentista, tutte figure non più facilissime da trovare se non sei un amministratore di condominio. La specialità riconosciuta della casa è il minestrone: sublime. Evidentemente la cottura si prolunga, come è giusto, per le ore adeguate a fuoco basso. Qui si possono gustare anche piatti singoli, a prezzi supercompetitivi, ad esempio un primo sotto i 5 euro. Porzioni da appetiti robusti, per gente a cui non bastano le 5000 Kcal quotidiane per il lavoro che fa. Se il piatto non trabocca ti chiedono se era l’ultima porzione scarsa rimasta.
Tra un momento folkloristico e l’altro si mischiano le discussioni tra i tavoli in un intreccio verbale che farebbe la gioia di un glottologo o di un autore di cabaret in crisi di ispirazione.
Entrambi i locali comunque sono sempre stracolmi. Si racconta di pensionati “ricchi” che si siedono a tavola alle 12 per avere l’offerta completa del menu, altrimenti va in rapido esaurimento per i piatti speciali del giorno. Anche questa è Savona, una parte di città che mi piace molto.

6 ALLA RICERCA DEL BUONGUSTO

Alla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog  HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/


lunedì 19 settembre 2022

MARY PICKFORD

DRINK - Alcolico | Predinner / Unforgettable
Rum bianco 6 cl
Maraschino 1 cl
Succo di ananas 6 cl
Sciroppo di granatina 1 cl
Si prepara nello shaker e si serve in una doppia coppetta da cocktail. Non prevede guarnizione. E’ nato nell’America degli anni 30 e rappresenta uno dei precursori dei cocktail a base di rum seguito poi dal Bacardi e dal Daiquiri. Può essere servito anche come long drink aumentando la dose di succo di ananas e servendolo in un tumbler.

16 COCKTAIL (2^ Edizione)
 

Cocktail.In queste 340 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, attrezzature e ricettepubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Mixology. Con questa parola si indica l'arte di mescolare con sapienza distillati, liquori, soft drink ed altro. Una preventiva conoscenza degli elementi che compongono un cocktail è la base del successo. Imparate a preparare quelli canonici riconosciuti dall'IBA e poi lanciatevi a prepararne dei nuovi. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro Barman di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER
 

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).


BIRRE 48: BERLINER PILSNER


La Berliner Pilsner è un birrificio tedesco. È stato fondato nel 1902 a Berlino da Gabriel e Richter. È nato come una piccola fabbrica di birra con un ristorante con giardino adiacente. Oggi è una marca di birra di proprietà del Gruppo Radeberger (la divisione birra e bevande analcoliche appartenente alla holding tedesca Oetker)
Radeberger Gruppe Italia S.p.A. è la filiale italiana del Gruppo Radeberger, oggi il più importante produttore tedesco di birra. La sua missione è quella di far conoscere e diffondere in Italia le migliori birre tedesche, con una gamma di marchi rispettosi della cultura, della territorialità e della tradizione birraria made in Germany.
Le birre distribuite da Radeberger Gruppe Italia
- rappresentano la cultura tedesca della birra
- rinnovano e valorizzano i diversi stili e le diverse tradizioni regionali della produzione birraria tedesca
- rispettano l'editto della Purezza del 1516: sono fatte solo di acqua, malto e luppolo
- soddisfano ed emozionano i consumatori più curiosi ed esigenti per varietà e qualità
Radeberger Gruppe Italia svolge funzioni commerciali e di marketing avanzato nel territorio. In particolare, l'azienda è impegnata a rilevare, comprendere e assecondare le continue evoluzioni del mercato.
Con la crescita e la trasformazione del mercato globale, Radeberger Gruppe Italia è sempre di più il punto di contatto tra trade e produzione, in modo da semplificare l'operatività, soddisfare i bisogni del mercato italiano, nel rispetto della qualità e delle esigenze del consumatore finale.

20 BIRRA
(2^ Edizione)

Birra. In queste 200 pagine ho raccolto oltre 150 schede di preparazioni, stili e prodotti, pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Dopo l'acqua ed il the, fin dalla notte dei tempi, la birra è la bevanda più diffusa nel mondo. Pane liquido, così era chiamata poiché accanto al pane solido costituiva il principale alimento e gli ingredienti (acqua, cereali e lievito), anche se in proporzioni diverse, erano identici. Ampliamo la nostra conoscenza sulle birre e scopriremo sapori deliziosi ed inattesi. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro birraio di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.



FARRO DELLA GARFAGNANA

Questo Farro viene coltivato in Garfagnana, nel nord-ovest della Toscana (prov. di Lucca).
Viene prodotto dalla popolazione locale della specie Triticum dicoccum Schrank (grano vestito). E' il cereale più antico fra tutti quelli pervenuti fino ai nostri giorni, coltivato già nel settimo millennio a.C. in Mesopotamia, Siria, Egitto e Palestina. In Garfagnana la coltivazione del farro non ha mai subito interruzioni.
Il Farro costituiva la base della dieta delle popolazioni latine, che utilizzavano la farina per farne polenta o focacce. Con l’avvento delle nuove varietà di frumento il farro quasi sparì dalle coltivazioni italiane. Attualmente in Garfagnana ci sono quasi 100 aziende agricole che producono farro, su di una superficie di circa 100-110 ettari e con una produzione complessiva media di 200 tonnellate annue di farro "vestito". Il farro della Garfagnana deve essere coltivato su terreni idonei, poveri di elementi nutritivi, in una fascia altimetrica fra i 300 e i 1.000 m s.l.m. La semina avviene in autunno, su terreno precedentemente preparato , utilizzando seme vestito derivante dalla popolazione locale di Triticum dicoccum. La produzione di farro della Garfagnana deve avvenire, secondo la normale consuetudine della zona, senza l'impiego di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti: data l'elevata rusticità della pianta, il farro coltivato con la tecnica tradizionale risulta di fatto un prodotto biologico. La raccolta del farro avviene in estate, con le normali mietitrebbiatrici da grano, le spighette alla trebbiatura si distaccano interamente dal rachide, senza far uscire le cariossidi dalle glume e glumelle (per questo viene denominato "grano vestito" ). La produzione massima consentita per ettaro è di 25 quintali di farro vestito. Prima dell'utilizzazione la granella di farro deve essere brillata, cioè privata dei rivestimenti glumeali e di una parte del pericarpo; questa operazione (brillatura) veniva tradizionalmente effettuata con particolari molini a macine, attualmente vengono utilizzate anche semplici macchine di cui può dotarsi ogni azienda produttrice. La resa in brillato risulta pari a circa il 60-70% del prodotto iniziale, a seconda del metodo impiegato. La granella di farro brillata viene tradizionalmente impiegata intera per preparare zuppe, minestre con legumi, torte salate; può anche essere macinata per altri impieghi (paste, pane, biscotti, ecc.). Il legame geografico del farro con la Garfagnana deriva principalmente dal fatto che la popolazione locale di Triticum dicoccum, essendo stata riprodotta nella zona, ininterottamente, da tempo immemorabile, oltre ad essere geneticamente adattata all'ambiente locale (terreni, clima, tecniche di coltivazione, ecc), forma con esso un binomio inscindibile e presenta requisiti peculiari tali da renderlo perfettamente distinguibile rispetto al farro prodotto in altre zone.
Il Farro e' ricco di vitamine del gruppo A-B-C-E e sali minerali, contiene fosforo, sodio, calcio, potassio e magnesio. Il farro è povero di aminoacidi essenziali per questo si tende ad accostarlo alle leguminose che ne compensano la mancanza. Il farro contiene proteine, acidi grassi polinsaturi ed essenziali, ferro, manganese, rame,cobalto e un alto contenuto di selenio ed acido fitico che lo rendono un potente antiossidante.
Il Farro della Garfagnana è stato riscoperto oggi per le sue eccellenti proprietà dietetiche e perché le sue fibre svolgono un'azione benefica per l'apparato digerente. Questo cereale è ricco di amido, quindi particolarmente adatto per preparare torte salate, ma in cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre: unito a fagioli e verdure si presenta come piatto semplice ma con gusti e profumi del tutto particolari. Ottimo per insalate fredde, farrotti (risotti) con funghi porcini. Si abbina in maniera eccellente ai vini rossi. La granella di farro brillata può anche essere macinata per altri impieghi (paste, pane, biscotti ecc.).

 12 CONSERVE (2^ Edizione)


Conserve. In queste 230 pagine ho raccolto circa 300 schede di ricette, prodotti e consigli di degustazione pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. La dispensa delle conserve deve essere sempre ben fornita. Molto meglio se sarete voi a produrre una parte di queste delizie. Confetture, marmellate, gelatine, sottolio, sottaceto, frutta essiccata, frutta candita, ecc. Nelle stagioni in cui certi prodotti non sono disponibili, la nostra dispensa dei sapori mostra il suo tesoro.

TROPEANA


basilico
aglio
peperoncino
tonno
origano
capperi
pomodori secchi
olio
Mettere tutto, tranne il basilico che va aggiunto all'ultimo momento, nel mixer, frullare. Alla fine aggiungere il basilico e l'olio.Quando si prepara la pasta, mettere il pesto in una terrina, allungare con l'acqua di cottura ed altro olio, quindi insaporire la pasta nell'intingolo e servire con abbondante pecorino a scaglie.
11 SALSE (2^ Edizione)

 
Salse. In queste 120 pagine ho raccolto oltre 100 ricette di salse, criteri di classificazione e di abbinamento pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Esiste una teoria generale della derivazione delle salse. Da sole 5 salse madri derivano tutte le altre per piccole variazioni, aggiunte o sottrazioni. Le salse completano primi, secondi, contorni, pesce, carne, verdure, pasta, tutto. Impariamo insieme a fare le salse. Senza giungere agli eccessi di una cucina troppo salsamentaria come era d’uso nell’800, le salse completano e danno quel tocco in più di sapore che non guasta.