
La pastinaca, conosciuta e coltivata in Italia solamente in alcune regioni ma molto diffusa nel Vecchio Continente, oltre che in quello americano, è una pianta che appartiene alla stessa famiglia delle carote, le Apiacee. È un ortaggio da radice visivamente somigliante ad una carota, dal colore sempre chiaro e dal fittone più lungo. Di pastinaca ne esistono moltissime specie, ma solo 14 sono quelle commestibili e la più diffusa al mondo per la coltivazione è la Pastinaca sativa, anche se altre possono essere trovate nei mercati locali. La pastinaca è più dura rispetto alla carota, e anche se teoricamente è commestibile come ortaggio crudo, per rompere le strette connessioni interne della radice è necessaria la cottura; le tecniche sono le stesse della patata, anche se in questo caso non sono presenti fattori antinutritivi (che sono presenti invece nelle foglie, che sono tossiche e pertanto non vengono utilizzate nemmeno per l’alimentazione animale). La pastinaca è molto fibrosa, più della carota, e di conseguenza è anche meno calorica, anche se le difficoltà di consumo e la maggior facilità di coltivazione delle carote ne limitano la diffusione; il gusto della pastinaca è più acidulo rispetto a quella della carota.
La carota (Daucus carota L., 1753) è una pianta erbacea dal fusto di colore verde appartenente alla famiglia delle Apiaceae; è anche uno dei più comuni ortaggi; il suo nome deriva dal greco Karotón. La carota spontanea è diffusa in Europa, in Asia e nel Nord Africa. Ne esistono molte e diverse cultivar che sono coltivate in tutte le aree temperate del globo.
Allo stato spontaneo è considerata pianta infestante e si trova facilmente in posti assolati ed in zone aride e sassose ma anche in tutti gli ambienti rurali e perfino alle periferie cittadine.
È una specie erbacea biennale, alta fino a 100 cm, che nel secondo anno sviluppa un fusto eretto e ramificato con foglie verdi profondamente divise e villose. Ha grandi ombrelle di forma globulare composte da ombrellette. Queste sono a loro volta formate da fiori piccoli bianchi a cinque petali; il fiore centrale è rosso scuro. L'infiorescenza presenta grandi brattee giallastre simili alle foglie.
Nei fiori sono presenti delle piccole ghiandole profumate che attirano gli insetti. Le infiorescenze dopo la fecondazione dei fiori si chiudono a nido d'uccello. Fiorisce in primavera da maggio fino a dicembre inoltrato. I frutti sono dei diacheni irti di aculei che aiutano la disseminazione da parte degli animali. La radice è lunga a fittone di colore giallastro, a forma cilindrica, lunga 18–20 cm con diametro intorno ai 2 cm. Nel gergo comune si è soliti riferirsi alla carota come alla parte edibile, di colore arancione, che è la radice.
La carota è coltivata a fittone radicale di colore bianco nelle varietà da foraggio ed arancio nelle varietà da ortaggio (cristalli di caroteni nei cromoplasti delle cellule parenchimatiche). La carota è ricca di vitamina A (Betacarotene), B, C, PP, ed E, nonché di sali minerali e zuccheri semplici come il glucosio. Per questo motivo il suo consumo favorisce un aumento delle difese dell'organismo contro le malattie infettive.
La parte edibile della carota – che si coltiva due volte l'anno – è la radice (sviluppata a cono rovesciato): le carote precoci vengono raccolte dopo circa quattro mesi mentre le tardive ne richiedono circa sei. In base al tempo di coltivazione la loro lunghezza può variare da un minimo di 3 cm a un massimo di 20 cm. L'uso in cucina della carota è svariato; può essere utilizzata per preparare puree, succhi, minestre, dolci ecc., ma anche cruda in insalata. Ad una temperatura di 0 °C ed un'umidità percentuale tra 90-95 si può conservare per diversi mesi mantenendo inalterate tutte le sue proprietà organolettiche. Se cotta al vapore o consumata cruda conserva ugualmente ogni sua proprietà.
La parte centrale color porpora del fiore bianco viene usata dagli artigiani della miniatura. Dai suoi frutti si ricava un olio aromatico che viene usato per la produzione di liquori.
La carota è molto usata in cosmesi perché antiossidante e ricca di betacarotene, perciò stimola l'abbronzatura prevenendo la formazione di rughe e curando la pelle secca e le sue impurità; la sua polpa è un ottimo antinfiammatorio adatto a curare piaghe, sfoghi cutanei e screpolature della pelle.
Le carote si possono cucinare in vari modi, sia grattugiate con il succo di limone per contrastare con la sua acidità la dolcezza della carota. Si possono anche cucinare al vapore. Vengono talvolta usate per accompagnare il soffritto con il sedano e le cipolle. Inoltre sono famose le torte di carote, spesso insieme alle mandorle.
Molto apprezzate già nell’antica Roma in quanto considerate diuretiche, utili nelle malattie del fegato, nelle artropatie e soprattutto per il mantenimento di una pelle fresca e giovanile. Quest’ultima attività è stata oggi riconosciuta dalla Scienza per la sua elevata ricchezza in provitamina A, o beta-carotene (che proprio dalla carota deriva il suo nome), un potente antiossidante che consente alla pelle di abbronzarsi evitando l’eritema solare, ma anche di limitare la comparsa dell’acne, di rughe precoci e di impurità in genere. L’azione del beta-carotene si estrinseca inoltre nella prevenzione dell’invecchiamento, di alcuni tumori e dell’aterosclerosi. Da non sottovalutare poi la presenza di vitamine e di sali minerali, utili nel trattamento della gotta e nelle convalescenze, dopo un’assunzione prolungata di antibiotici, in quanto ripristinano l’equilibrio dei batteri probiotici intestinali. Il succo fresco e la polpa della carote combattono i foruncoli e le discromie cutanee.
Cenni storici
La carota non ha sempre avuto quella colorazione arancione che conosciamo. Questo tubero, che in diverse lingue si traduce con il termine "radice", viene dall’Asia Minore. Si pensa che all’origine, più di duemila anni fa, la sua polpa fosse biancastra e fibrosa e la buccia molto dura. Tanto per intenderci, i Greci e i Romani se ne interessarono pochissimo, e solo dal Rinascimento in poi si iniziò a coltivarne delle varietà più appetitose.
Secondo una buona parte di studiosi la varietà di carota oggi coltivata deriverebbe dall’Afghanistan, probabilmente zona di origine di questa specie orticola. La carota era già conosciuta ed utilizzata dai Greci e dai Romani che però se ne interessarono pochissimo. In ogni modo la apprezzavano per le sue proprietà medicinali considerandola, in alcuni casi, cibo afrodisiaco e di lusso.
La diffusione della carota dall’area mediterranea all’Europa Occidentale avviene tuttavia solo a partire dal 1300. E’ certo che nel 1400 la produzione penetra in Francia e in Germania, dove la carota veniva utilizzata come dolcificante per cibi e bevande, mentre in Olanda arriva nel 1600, ma solamente nella cultivar dal colore arancio come evidenziano alcuni dipinti conservati nei musei olandesi. Solo dal Rinascimento in poi, dunque, si iniziò a coltivare la carota in Europa costantemente e ad ottenere varietà più saporite.
Coltivazione
Può crescere sia allo stato selvatico (con radice dura e non commestibile) che per coltivazione. Circa i due terzi della produzione mondiale di carote si ottiene in Europa ed Asia. Il 75% della produzione italiana, che si attesta attorno alle 500.000 tonnellate, proviene da tre sole regioni: Sicilia (42%), Abruzzo (21%) e Lazio (12%). Altre aree importanti per questa coltura sono Veneto, Emilia-Romagna e Puglia. le varietà precoci si seminano in gennaio - marzo, e in questo caso si raccolgono le radici in agosto; le semiprecoci in aprile - maggio, le tardive da fine agosto a tutto ottobre per ottenere una produzione nel periodo autunno-inverno; è consigliabile seminare scalarmente ogni 15-25 giorni, in questo modo si ottengono radici a diverse epoche e di conseguenza sarà possibile avere carote fresche per un lungo periodo di tempo.
Varietà
Le carote si distinguono secondo il colore e la forma della radice. Dal punto di vista orticolo le varietà più importanti sono quelle rosse, intendendo con questo termine tutte quelle che producono radici di colore rosso o arancio. Per quanto riguarda la forma, vengono suddivise in corte, mezzane e lunghe. Altro carattere molto importante è l'epoca di maturazione, in base alla quale le varietà si distinguono in precoci medie o tardive.
Fra quelle a radice corta e di forma sferoidale, si ricordano Rossa parigina o Mercato di Parigi, Rossa corta e Signal; tra quelle a radice media, le più pregiate sono Nantes, Chantenay, Amsterdam e Touchon. Per quanto riguarda le cultivar a radice lunga, infine, la più diffusa in Italia è la Fiumicino.
Come scegliere
Le foglie sono il miglior parametro visivo della qualità. Foglie fresche sono sempre correlate a carote appena colte che si presentano di colore brillante e turgide. Le carote fresche si spezzano ma non si piegano. Il colore delle carote dipende molto dalla varietà e dal contenuto di carotenoidi, che se è elevato ne cambia il sapore. È possibile trovare sul mercato vecchie varietà di carote di colore verde pallido e violaceo, che, però, sono più fibrose e non hanno un valore nutrizionale maggiore di quelle comuni. In genere, le baby carote più comuni sono quelle ottenute dal taglio e abrasione di quelle comuni lunghe; ma è possibile trovare quelle ottenute da semine fitte e vendute a mazzetti.
Come conservare
Le carote, mondate e lavate per eliminare eventuali tracce di terra, si conservano per alcune settimane nella parte più fredda del vano frigo. L’inserimento in sacchetti di polietilene microforati è opportuno per contenere l’appassimento, ma al contempo, è necessario evitare un eccessivo ristagno di umidità che favorirebbe lo sviluppo di marciumi. È consigliabile, inoltre, attuare ricambi d’aria all’interno dei contenitori per evitare l’accumulo di etilene (sostanza prodotta dagli organi vegetali) che favorirebbe la comparsa del retrogusto amaro.
Prodotti a marchio
Carota dell'Altopiano del Fucino IGP: presenta una radice di forma prevalentemente cilindrica con punta arrotondata, priva di peli radicali e senza cicatrici profonde nei punti di emissione del capillizio. Di colore arancio intenso, è prodotta nell'intero comprensorio dell'Altopiano del Fucino in provincia di L'Aquila; si caratterizza per l'epidermide liscia e la polpa estremamente croccante.

La scorzonera Hispanica L., è una specie erbacea perenne, annuale in coltura. Nel primo anno forma una radice fittonante carnosa di colore scuro in superficie e all'interno di colore bianco crema, il secondo anno emette lo scapo fiorale. La radice è cilindrica allungata (fino a 20 cm di lunghezza). La zona di produzione è Mendatica, in valle Arroscia. È in realtà un ortaggio di importanza secondaria nel mercato nazionale, ma ha invece grande significato locale poiché rientra nella preparazione di pietanze tradizionali.
Esiste pure la scorzobianca o radice amara. Prende questo nome in contrapposizione alla scorzonera o radice dolce. Scorzonera Originaria e ancora diffusa allo stato spontaneo in Europa centrale e meridionale, la troviamo anche nel Caucaso, in Crimea e Asia. Il suo nome deriva dalla parola catalana escorso che significa vipera, perché, nel Medioevo, a questa radice si attribuivano poteri taumaturgici contro il veleno di questi rettili. Non ci è dato sapere con quale efficacia.
La cima di rapa appartiene come il cavolo alla famiglia delle Brassicacee, ma ad una specie diversa che è Brassica rapa. Si coltiva sia per consumarne la radice, che ha una forma globosa, sia per la sua infiorescenza (ed è per questo che rientra nella categoria degli ortaggi a fiore) che è simile a quello del cavolo; è conosciuta anche come broccolo di rapa o cima di rapa. Le rape coltivate per la raccolta delle cime fanno parte della varietà Esculenta, e si caratterizzano per la radice a fittone, che non ingrossa e quindi non può essere consumata. Nella parte superiore delle rape si formano le infiorescenze, a forma di ombrello, che devono essere raccolte, come accade per il cavolo, prima dell’apertura dei fiori. Le cime di rapa possono essere classificate in molti modi, sono ortaggi da radice, ma anche sono ortaggi a fiore a tutti gli effetti, ma si distinguono dal cavolo per tollerare meno il freddo ed è per questo che sono particolarmente coltivate (e di conseguenza consumate) nel Sud Italia, rispetto alle regioni del nord.