Oggi circa 1 miliardo di persone soffrono la fame ed il trend è in continua crescita a causa dell’aumento della popolazione mondiale, ai migranti del climate change, alle carestie, alla distruzione degli ecosistemi e allo sfruttamento delle risorse naturali esauribili. Secondo la FAO nel 2050 ci saranno 10 miliardi di persone nel mondo. Questo renderà necessario un aumento della produzione di cibo del 70% rispetto ad oggi, ma le tecniche di coltivazione attuali non saranno né sufficienti né sostenibili per questa nuova sfida, che vede invece i centri urbani (nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città), l’innovazione tecnologica e le nuove forme di partecipazione attiva dei cittadini, sempre più protagonisti.
Si chiama Urban Farming e prevede che le colture fuori suolo, in particolare idroponica e acquaponica, contribuiscano alla soluzione per uno sviluppo ambientale economico e sociale sostenibile nel tempo. Infatti già oggi occorre trovare alternative al consumo di suolo, che a volte non è disponibile (ad esempio l’Olanda), ma sempre più spesso è contaminato dalle micro e nano plastiche nei terreni. Le coltivazioni fuori suolo, rappresentano la “rivoluzione industriale dell’agricoltura”, hanno rese elevatissime, sono più comode e pratiche nella gestione, più sostenibili rispetto ai metodi tradizionali.
La coltivazione idroponica si realizzata in vasche poste al chiuso (ad es. in una serra). Le radici delle piante sono immerse direttamente nella soluzione nutritiva composta da acqua, sali, minerali e altri microelementi. Non c’è terra, ma solo un substrato di ancoraggio per le radici costituito da argilla espansa, lana di roccia e fibra di cocco.
L’acquaponica, invece, grazie alla presenza di pesci a scopo alimentare, riesce a creare un ecosistema chiuso e circolare: l’ammoniaca presente negli escrementi dei pesci viene trasformata dai batteri in nutrimento delle piante, che a loro volta purificano l’acqua per i pesci. Un processo naturale basato sulla sinergia tra piante, pesci e batteri. Qui il substrato di argilla espansa non costituisce solo l’ancoraggio iniziale delle piante, ma partecipa attivamente allo sviluppo dei batteri poiché fornisce loro spazio per proliferare.
Recentemente le Università di Bologna e di Firenze hanno promosso Urbanfarm2019, un challenge che ha previsto la progettazione di sistemi innovativi di agricoltura urbana per la riqualificazione di tre siti a Bologna, Belluno e Conegliano.
Più in generale l’urban farming, contribuisce ad incrementare il verde nelle città del mondo, aiuta ad assorbire CO2, a ridurre drasticamente l’effetto “isola di calore urbano”, a migliorando la biodiversità rendendo le città più sicure, piacevoli e salubri.
Se serve più cibo, se non c’è più spazio, se le persone saranno sempre più concentrate nelle città, allora è nelle città che occorre creare nuovo verde e produrre nuovo cibo, in modo sostenibile, anche per contribuire ad abbassare il surriscaldamento globale. Le coltivazioni fuori suolo hanno le caratteristiche giuste per questa rivoluzione: rese elevatissime per metro quadro, più raccolti l’anno, risparmio idrico dell’80%-90% rispetto ai metodi di coltivazione tradizionali, indipendenza dalle condizioni climatiche, possibilità di utilizzare varietà ottimizzate che non richiedono uso di prodotti chimici, salubrità dei prodotti coltivati poiché non vengono utilizzati pesticidi e fitofarmaci.
Perché non cominciamo a praticarlo anche a Savona, riutilizzando i capannoni industriali dismessi e fornendo cibo alle mense di carità?
6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTOAlla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/
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