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mercoledì 15 maggio 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 1 Vini liguri piemontesi valdostani

 

VINI LIGURI 1

VINI LIGURI 2




ALBA



L'Alba è un vino a DOC prodotto nelle Langhe cuneesi.
 Sono previste le tipologie "Alba" e "Alba riserva", entrambe prodotte con une Nebbiolo almeno al 70% e Barbera almeno al 15%, con un massimo del 5% di altre uve piemontesi. Il disciplinare è stato approvato con DM il 30 novembre 2011.

ALTA LANGA

 

La zona di produzione delle uve dei vini appartenenti alla denominazione Alta Langa Doc è costituita dai terreni collinari situati nei territori di 142 comuni, nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria, alla destra del fiume Tanaro. Vitigni sono Pinot Nero e/o Chardonnay 90-100%; per l’eventuale restante percentuale possono concorrere le uve di altri vitigni non aromatici, autorizzati nella zona. L’Alta Langa Docg è un vino spumante metodo classico prodotto nelle tipologie: Bianco e Rosato. La gradazione minima deve essere di 11,5 gradi. All’esame visivo l’Alta Langa spumante bianco si presenta brillante, con spuma fine e persistente e colore giallo paglierino più o meno intenso; l’odore è netto, fruttato e complesso, con sentori che ricordano il lievito, la crosta di pane e la vaniglia; il sapore è secco, sapido e strutturato. Lo spumante rosato si presenta brillante, con spuma fine e persistente e colore rosa più o meno intenso; l’odore è netto, fruttato e complesso con sentori che ricordano il lievito, la crosta di pane e la vaniglia; il sapore è secco, sapido e ben strutturato. E' un vino da degustare alla temperatura di 6-8°C. Ottimo come aperitivo si abbina facilmente con pesci e carni bianche ma anche con antipasti e primi leggeri.

ARNEIS


Roero Arneis D.O.C.G. - D.M. 23 marzo 2006. Sulle arenarie siccitose del Roero, terreni soffici e permeabili dove gli strati sabbiosi sono inframmezzati da sottili strati di marne, l'Arneis acquista profumi sottili ed eleganti che richiamano i fiori bianchi e suggestioni di frutta fresca che vanno dalla mela alla pesca alla nocciola. Brillante nel suo giallo paglierino che scarica vivaci riflessi verdognoli, si propone secco e delicatamente acidulo al palato, con una gradevole persistenza di retrogusto amarognolo. Deriva dalla vinificazione di uve Arneis in purezza e la gradazione alcolica minima complessiva è di 11 gradi.
Accanto alla tradizionale vinificazione esiste la possibilità di produrre il Roero Arneis Spumante: in questo caso abbinato ad una spuma persistente emergono sentori di lievito, di crosta di pane e di vaniglia. Questo vino bianco che nasce dalle uve di un vitigno antico e spesso ricordato con il nome latino "Renexium" nelle zone viticole del Piemonte, è stato protagonista negli ultimi trent'anni di un singolare caso di rinascimento vitivinicolo nel Roero, la zona collinare alla sinistra del fiume Tanaro. Citato a partire dalla fine del '400 in vari documenti che si riferiscono a questo territorio, oggetto di esperimenti di vinificazione come vermout verso la fine del '700, fino all'800 era considerato uno dei vitigni più validi e radicati nella mentalità produttiva, tanto che il suo vino era citato espressamente negli inventari contabili come "bianco Arnesi" mentre il resto andava sotto la voce di "bianco di uve diverse".
Secondo l'usanza del tempo era prodotto probabilmente come vino dolce, ma le sue scorte nelle cantine equivalevano, quando non le superavano, a quelle del Nebbiolo.
Ancora agli inizi del '900 era talvolta definito come Nebbiolo bianco e la sua immagine era già legata esclusivamente al Roero.
Poi fu fatalmente colpito dalla crisi della viticoltura e dallo spopolamento delle campagne a cavallo delle due guerre mondiali, al punto che alla fine degli anni sessanta era ridotto a pochi ettari di impianto, filari sparsi qua e là tra quelli di Nebbiolo, soprattutto a contorno dei vigneti per tenere lontani gli uccelli dalle uve nere, più remunerative, con acini dolcissimi e di precoce maturazione.
E' stata intuizione imprenditoriale di alcuni produttori vitivinicoli che hanno voluto imporre un bianco di valore in una terra che sembrava destinata solo ai vini rossi, a ridare visibilità e prestigio al vino e al suo territorio d'elezione: il Roero.
Cavalcando l'onda dei vini bianchi richiesti dal mercato negli ultimi decenni è diventato in poco tempo il bianco piemontese più di moda, dando fiato agli impianti ed alla produzione. Ama la cucina semplice ed elegante, il pesce naturalmente, soprattutto quello di lago e di fiume, le carni bianche, le verdure, i primi delicati di pasta e di riso. Nella versione passita, che profuma deliziosamente di miele e di frutta secca, accompagna i dolci più sontuosi con sicura personalità.
Nel 1994 viene costituito l'attuale Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Roero, punto di riferimento per le aziende vitivinicole del territorio tra Langa e Roero, che hanno individuato in questa struttura lo strumento più idoneo per affrontare insieme ed in modo autorevole i problemi di sviluppo e di organizzazione della propria realtà e del settore nel suo complesso.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino più o meno intenso, con riflessi leggermente ambrati.
odore: delicato, fresco ed erbaceo o legnoso.
sapore: asciutto, gradevolmente amarognolo, erbaceo e tannico (aspro)

ASTI

Denominazione di Origine Controllata e Garantita dal 1993 l’Asti è un vino di color giallo paglierino caratterizzato da un'intensa componente aromatica che ricalca il profumo dei grappoli maturi dell'uva moscato, accompagnata da un basso tenore alcolico e da un'armoniosa dolcezza. Deriva dalla vinificazione in purezza del vitigno moscato bianco e si presenta nelle due tipologie Asti Spumante" e Moscato d'Asti. Il primo è un vino spumante caratterizzato da un perlage fine e persistente, una gradazione compresa tra 7 e 9,5 gradi, mentre il secondo, fermo o talvolta vivace con un tenore alcolico inferiore, compreso nei limiti di 4,5 - 6,5 gradi, presenta una maggior dolcezza, dovuta ad una parziale fermentazione dello zucchero contenuto nell'uva. In virtù della diversa pressione interna alle bottiglie, l'Asti Spumante è identificabile dal fratello Moscato d'Asti dal tappo: il primo presenta il classico tappo a fungo, mentre il secondo un tappo raso.
L'area di produzione, delimitata ufficialmente fin dal lontano 1932, comprende 52 Comuni delle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Senza dubbio il moscato fu la prima uva a essere coltivata per via dei suoi profumi intensissimi e la sua dolcezza. Naturalmente non è il moscato che intendiamo oggi, quell'antico vitigno si è trasformato nel tempo nei tanti moscato che popolano le colline che si affacciano sul Mediterraneo ed ognuno ha avuto una vita diversa. Dallo zibibbo di Pantelleria al moscato bianco di Canelli le differenze si notano immediatamente, ma si nota anche una notevole parentela.
Il termine moscato deriva dal vocabolo latino "cuscus", un'essenza che veniva estratta dalla ghiandola di un piccolo animale e che veniva molto usata in profumeria, e significa semplicemente profumato, speziato.
La coltivazione del moscato nelle Langhe e nel Monferrato, inizia presumibilmente nel 1200, mentre la prima documentazione scritta del commercio di vino "moscatello" risale al 1593.
Dai due milioni di bottiglie dell'immediato dopoguerra, oggi la produzione tocca gli ottanta milioni Questo vistoso aumento della produzione è stato possibile grazie all'ampliamento dei vigneti in zona di origine, a scapito di altre varietà di uve meno ricercate e meno nobili.
Moscato d'Asti è un vino dolce a DOCG.

Da notare che Asti spumante e Moscato d'Asti, pur facendo parte della medesima denominazione Asti ed essendo ambedue espressioni di moscato bianco, sono due vini molto diversi: il primo è uno spumante, il secondo no. Spesso sono confusi dal consumatore nonché, cosa più grave, dai ristoratori.
In effetti il Moscato d'Asti, non subendo la presa di spuma, è caratterizzato talvolta da una lieve frizzantezza naturale (si dice che è "vivace") oppure è tranquillo. Il disciplinare prevede entrambe le possibilità.
La prima delimitazione della zona di produzione dell'Asti risale al 1932.
Vitigni con cui è consentito produrlo: Moscato Bianco 100%
Tecniche di produzione: I vigneti possono insistere esclusivamente su terreni collinari. Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4.000 ceppi/ha. Le forme di allevamento consentite sono a controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura ed anche l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona DOC.
Produzione e invecchiamento
La produzione varia ogni anno da una provincia all'altra, secondo un accordo stipulato tra la parte industriale e quella agricola. Non è previsto per legge un invecchiamento minimo, tuttavia il moscato è un vino da bersi giovane, possibilmente nel giro di un anno, un anno e mezzo al massimo.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino giallo più o meno intenso;
odore: caratteristico e fragrante di Moscato;
sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace;
Cenni storici
Il Moscato bianco è un vitigno antico, proveniente dal bacino orientale del Mediterraneo. La diffusione di queste uve è dovuta dal particolare gusto dolce che si otteneva facendole appassire.
A partire dal Trecento, il vino dolce aromatico divenne molto ricercato, e grazie principalmente ai commerci che Venezia aveva nel Mediterraneo orientale si diffuse nella penisola italiana con il nome di "vino greco".
Nel 1511, l'uva è citata come "Muscatellum" negli statuti di La Morra, e nel 1597, sono richieste talee di Moscato alla comunità di Santo Stefano Belbo da parte del duca di Mantova.
Giovan Battista Croce, milanese, si trasferì in Piemonte alla fine del XV secolo, gioielliere del Duca di Savoia Carlo Emanuele I, può essere considerato, secondo Renato Ratti, il fondatore della branca enologica piemontese che ha dato origine ai vini dolci, aromatici e poco alcolici tra i quali primeggia il Moscato d'Asti.
Proprietario di un vigneto tra Montevecchio e Candia, il Croce produsse alcuni vini ottenuti da sperimentazioni da lui stesso eseguite e pubblicate in un libro dal titolo " Della eccellenza e diversità dei vini che sulla montagna di Torino si fanno e del modo di farli" (stampato nel 1606).
In questo manuale Giovan Battista Croce trattò di alcune tecniche ancora attuali al giorno d'oggi dalla spremitura, alla purificazione, che consiste di asportare tutte le sostanze impure dal vino ( sostanze pectiche e mucillaginose ), fino all'uso del freddo per bloccare la fermentazione.
La divulgazione di queste notizie, permise lo sviluppo del "vino bianco" in tutto il Piemonte e l'affermazione di questo sui mercati mondiali.
Il Consorzio per la tutela dell'Asti
Il Consorzio per la tutela dell'Asti è stato ufficialmente costituito il 17 dicembre 1932 e venne riconosciuto nel 1934.
Nato con l'intento di definire la zona d'origine, il vitigno, la tecnica di preparazione e la tipologia finale, oggi ha il compito anche di promuovere la conoscenza e la diffusione dell'Asti in tutto il mondo, oltre che vigilare sulle caratteristiche qualitative.
Nel caso che il prodotto sia ritenuto non idoneo, il marchio consortile non viene concesso.
La sede del Consorzio è in Piazza Roma 10 ad Asti nel Palazzo Gastaldi.
Abbinamenti consigliati
Dolci in genere. Ultimamente si consiglia anche con formaggi e salumi o generiche pietanze salate. Si abbina facilmente con i cibi speziati o piccanti, tipico abbinamento soprattutto negli Stati Uniti è il Moscato d'Asti con la cucina etnica soprattutto indiana.

BARBARESCO


https://youtu.be/KMXn6MYWUdY

La nascita del Barbaresco sconfina quasi nella leggenda. Infatti nel comune di Neive, al servizio del Conte di Castelborgo, operò l’enologo e mercante Louis Oudart che attrezzò la cantina e che, per primo nell’area, produsse con le uve nebbiolo un vino secco, stabile e quindi commerciabile, che, con il nome Neive, ottenne una medaglia d’oro all’Esposizione di Londra del 1862. Con le stesse tecniche utilizzate dall’Oudart per il Neive trent’anni più tardi fu prodotto nel castello di Barbaresco il primo vino Barbaresco.
Il Barbaresco è un vino DOCG la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo (comuni di Barbaresco, Neive, Treiso, Alba ma solo parte della frazione San Rocco). Il vino è ottenuto unicamente dalle uve Nebbiolo (sottovarietà Michet, Lampia e Rosé). Deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni, di cui almeno un anno in botti di rovere o di castagno, a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello della vendemmia.
Ha colore granato con riflessi aranciati, profumo caratteristico, etereo, con note di pepe verde, spezie e mandorla amara e sapore elegante fine, di corpo, speziato.
Il Barbaresco d.o.c.g è adatto per la cucina nazionale ed internazionale. Va servito a 18-20 gradi, eventualmente decantato in bottiglia. A tavola si sposa egregiamente con primi piatti potenti o abbinati al tartufo bianco, funghi porcini e cucina piemontese, tipo tajarin al tartufo bianco o ravioli d'anatra con tartufo bianco. E’ particolarmente indicato con vari tipi di carni rosse alla griglia e carni rosse da pelo, agnello al forno, arrosti, brasato (al Barbaresco), lepre al vino e in salmì, cinghiale, selvaggina in genere, cacciagione a piuma, pollame nobile, rognoncini trifolati, fegatini. Si abbina bene con formaggi stagionati e piccanti, il castelmagno, il grana padano, il pecorino romano, il montasio, il parmigiano reggiano.

BARBERA


 
 
https://youtu.be/1tWvT3i00uo
 



Per prima cosa il nome: la barbera o il barbera? In Piemonte il vino e' sempre stato indicato al femminile, mentre il maschile si riferisce al vitigno. Quindi chiamiamo questo italianissimo vino "la" barbera, come un simpatico vezzo distintivo. E' il vitigno a bacca rossa piu' diffuso in Piemonte, certo per la sua resistenza al clima e ai parassiti.
Nel Liber Ruralium, celebre trattato di enologia e viticoltura del Medioevo, Pier de' Crescenzi, giudice in Asti, nel 1304 cita, tra le varieta' di uve, la Grissa, cioe' la Grigia, da cui si ricava "un ottimo vino, molto potente, tenuto in grande onore nella citta' di Asti". Con ogni probabilita' era proprio la barbera. Tuttavia le prime notizie certe della sua presenza si hanno nel '700 e da allora il suo successo e' stato grandissimo, sicuramente aiutato dal disastro provocato dalla fillossera. Fu uno dei pochi vitigni a salvarsi e ad essere quindi innestato nella vite americana che non teme il terribile parassita.
Per decenni ha rappresentato il tipico vino da pasto. Poi alcuni produttori ne hanno via via migliorato la qualita' e l’immagine, esaltandone le grandi capacita' di invecchiamento e le ottime potenzialita', facendolo diventare in alcuni casi un vino da meditazione. La Barbera puo' essere messa in commercio l'anno successivo a quello della vendemmia dichiarato in etichetta. Tuttavia, due o tre anni di affinamento esaltano le sue caratteristiche organolettiche. Ne sono riconosciute 7 DOC, tra cui Barbera d'Alba, di Asti e del Monferrato.
Abbinamenti: Antipasti caldi, primi piatti (tajarin con fegatini), pollo alla cacciatora, arrosti, formaggi a media stagionatura o cremosi.

BAROLO

 

Il Barolo è un vino DOCG Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ottenuto dalla fermentazione di uva Nebbiolo in purezza nelle sue tre varietà Michet, Lampia e Rosé anche se quest’ultimo è un vitigno differente dal nebbiolo, anche se uno suo stretto parente
Deve essere invecchiato minimo 3 anni a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo alla vendemmia, di cui almeno 2 in botti di rovere o castagno. Se invecchiato per un periodo minimo di 5 anni, cui almeno 2 in botti di rovere o castagno, può fregiarsi della dicitura Riserva.
La gradazione alcolica minima deve essere di almeno12,5°. La zona di produzione è in provincia di Cuneo, in Piemonte.
Vino di colore rosso granato con riflessi aranciati, al naso si presenta intenso e persistente, ovvero con un patrimonio olfattivo eccezionalmente complesso, che tende a prediligere, a seconda dello stato evolutivo, note fruttate e floreali come viola e vaniglia o note terziarie come goudron e spezie.
In bocca le componenti "dure" (acidità, tannini, sali) risultano piacevolmente equilibrate da quelle "morbide" (alcoli e polialcoli), con una intensità e persistenza eccezionali che fanno del Barolo un vino potente, elegante e di grande personalità. Il Vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo, che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti. Si racconta che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto, 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel "suo nuovo vino"; l'omaggio passò alla storia: le carrà erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri (12 brente). Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale.
Il vino Barolo, vino da meditazione per eccellenza, trova il giusto abbinamento con piatti come arrosti di carne rossa, brasati, cacciagione, selvaggina, cibi tartufati, formaggi a pasta dura e stagionati.

BRACHETTO D'ACQUI




Anche se qualcuno lo vuole importato dalla Provenza, si ritiene il vitigno Brachetto originario delle provincie di Asti e Alessandria, in particolare della zona di Acqui Terme. Pare ce ne siano tracce giaàin epoca romana, tanto che Plinio parla di un vinum aquense, dolce e aromatico, molto apprezzato per i suoi poteri afrodisiaci.
 Il vitigno nasce e cresce in una zona famosa per le sue terme: la cittadina di Acqui Terme e' infatti una rinomata stazione termale, conosciuta gia' dai Romani, come Aquae Statiellae. Famosa per la Bollente, fonte ottocentesca nella piazza principale, da cui sgorga l'acqua a una temperatura di 75 gradi, Acqui quindi coniuga il buon vino con il benessere, elementi che vanno sicuramente d'accordo.
La tradizione popolare vuole che il brachetto fosse il vino preferito da Gianduia, Gioan de la duja, cioe' Giovanni dal boccale, la maschera torinese, che dalla sua spuma fragrante e finemente dolce, traeva la sua allegria e la sua fama di gran bevitore.
Apprezzato già nell'800, ma poi messo da parte dalla moda del brut. Poco alcolico e profumato di rose era considerato il vino delle donne per eccellenza e nelle riunioni domenicali nella campagna piemontese addolciva le chiacchiere femminili.
Offre alla vista un bellissimo colore rosso rubino, tendente al granato chiaro o al rosato ed all'olfatto un profumo di rosa, di fragola, con sentori muschiati; il suo sapore e' dolce, morbido e delicato. Dal corpo debole, ha una sapidita' appena accentuata e una discreta acidita' che lo rende piacevolmente fresco. Si serve ad una temperatura di 8-10 gradi circa, in un calice a tulipano, e si abbina perfettamente a pasticceria secca, crostate ai frutti di bosco, cannoncini alla panna, bavarese ai lamponi, madeleine e pesche ripiene.
Il consumo deve avvenire dopo un anno, massimo due dalla vendemmia, per poter apprezzare al meglio la fragranza del profumo e la freschezza, le sue caratteristiche principali.

DOLCETTO

Dolcetto
Esistono due tipologie di Dolcetto DOCG: il Dogliani superiore la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo e l’Ovada superiore la cui produzione è consentita nella provincia di Alessandria.
La gradazione alcolica minima deve risultare di almeno 12,5 °C. L’acidità totale deve essere minimo del 5‰. E’ ottimo nell'annata, deve essere invecchiato almeno 1 anno, ma si conserva bene per 2÷3 anni.
Ha colore rosso rubino tendente al violaceo o al granato. Il suo odore è vinoso, gradevole, caratteristico, talvolta con sentore di legno. Il sapore risulta di moderata acidita', asciutto, amarognolo, delicato, gradevole, di discreto corpo, armonico, con sentore mandorlato o di frutta. La temperatura di degustazione consigliata varia da 16 a 20 °C. Per gustare completamente tutte le sue qualità occorre sturare la bottiglia a temperatura ambiente, maneggiando delicatamente per evitare di scuotere l'eventuale deposito.
L’abbinamento gastronomico prevede: antipasti robusti, primi piatti con sughi di carne, risotti, minestre, fritto misto piemontese, carne cruda tritata anche insaporita con scaglie di tartufo bianco, carni bianche, cotechino/salamelle, salumi, è vino da tutto pasto.

ERBALUCE DI CALUSO
Le prime notizie del vitigno Erbaluce risalgono al 1606; esso è stato menzionato per la prima volta in un suo libro da Giovan Battista Croce, gioielliere presso il duca Carlo Emanuele I. Il nome del vitigno deriva dal colore che assumono gli acini in autunno: i riflessi rosati e caldi si fanno più intensi, ambrati, nelle parti esposte al sole. Questa Docg viene prodotta in diverse tipologie: oltre il Tranquillo, esistono le versioni Spumante e Passito. Questo vino è ottenuto con le uve del vitigno Erbaluce coltivate in una ristretta zona viticola di cui il comune di Caluso (Torino) è l'epicentro e che si estende fino alle province di Vercelli e di Biella. Può essere usato sia come aperitivo, sia durante il pasto, abbinandolo ad antipasti e piatti a base di pesce.

FREISA D'ASTI
Il Freisa d'Asti è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Asti.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso granato cerasuolo piuttosto chiaro, con tendenza a leggero arancione quando il vino invecchia.
odore: caratteristico, delicato, di lampone e di rosa.
sapore: amabile, fresco con sottofondo assai gradevole di lampone.
In genere la Freisa veniva vinificata soprattutto in versione spumante o "mossa". Se ne ottiene così un vino di facile accesso, beverino e poco impegnativo, abbastanza vicina come tipologia ai lambruschi mantovani e reggiani o alla bonarda dell'oltre Po. Questa scelta deriva anche dal fatto che la Freisa, benché sia genealogicamente una parente stretta del ben più famoso Nebbiolo, l'uva principe del Piemonte, ha con una componente tannica sensibilmente più marcata di questo. Da alcuni decenni è però prodotta in versione "ferma". Vino da tutto pasto, di buon corpo, è secco e asciutto.

GATTINARA
Il Gattinara è un vino DOCG prodotto con il vitigno nebbiolo, con eventuale aggiunta di vespolina (max 4%) oppure bonarda (max 10%) purché tali vitigni non superino il 10% totale,. la cui produzione è consentita nella provincia di Vercelli, esclusivamente nel territorio del comune omonimo.
Di colore rosso granato tendente all'aranciato, ha odore fine di viola e sapore asciutto, armonico, con caratteristico fondo amarognolo.
Titolo alcolometrico minimo 12,5% e affinamento minimo di 36 mesi di cui almeno un anno in botti di legno. Nella versione riserva, con titolo alcolometrico minimo di 13%, l'affinamento è di minimo 48 mesi di cui almeno due anni in botti di legno.
Si abbina bene a carni rosse di selvaggina e cacciagione, arrosti, brasati, formaggi stagionati a pasta dura. Ottimo anche utilizzato per cucinare il risotto che prende il nome di risotto al gattinara.

GAVI

Il Gavi o Cortese di Gavi è un vino bianco piemontese DOCG prodotto esclusivamente da vitigno Cortese in provincia di Alessandria. Se vendemmiata precocemente, l'uva Cortese offre vini acidi, di colore e struttura leggera, da consumarsi nei primi tre anni. Ma il Gavi prodotto da uve più mature, di maggior struttura, può affinare a lungo in bottiglia aprendosi a profumi terziari e minerali di grande eleganza. La gradazione alcolica minima deve essere di 10,5%; l’acidità totale minima 5 per mille. Viene prodotto in tre diverse tipologie: tranquillo, frizzante e spumante.
Di colore paglierino più o meno intenso, limpido ha odore caratteristico, delicato e sapore asciutto, gradevole di gusto fresco e armonico.
Come aperitivo va degustato a 8-10 °C; in tavola a 12 °C. Si accompagna con antipasti, zuppe, primi piatti di pasta, pesce (insalate di mare, alici marinate, gamberi bolliti conditi con olio/limone), fritti di verdure, carni bianche e nelle tipologie più strutturate anche con formaggi caprini o erborinati. Secondi di pesce come trota alla mugnaia, merluzzo bollito condito con olio e limone, orata al forno o al sale.

GHEMME



https://youtu.be/cStmL_tEqEk

Il Ghemme è un vino DOCG la cui produzione è consentita nell'omonimo comune ed in parte nel comune di Romagnano Sesia, in provincia di Novara. Vino prodotto con i vitigni nebbiolo (biotipo spanna) e vespolina (fino ad un massimo del 25%) e/o eventualmente uva rara (bonarda novarese). Titolo alcolometrico minimo 11,5%. Affinamento minimo di tre anni di cui almeno venti mesi in botti di rovere e almeno nove mesi in bottiglia.
Può essere designato in etichetta con la menzione "riserva" qualora derivi da uve aventi un titolo alcolometrico naturale minimo del 12,5% e sia stato sottoposto ad un periodo di invecchiamento di quattro anni, di cui almeno venticinque mesi in botti di legno e almeno nove mesi in bottiglia.
 Il colore è rosso granato intenso con riflessi mattonati dopo lunga maturazione; l’odore ha profumo caratteristico intenso di violette, con sentori speziati, etereo e di liquirizia; il sapore è tannico e particolarmente strutturato, buona acidità con fin di bocca amarognolo. L'uvaggio con l'uva rara (vitigno inserito nella disciplinare insieme alla vespolina) ammorbidisce i toni del nebbiolo che è il vitigno principale di questa docg.
La prima testimonianza del Ghemme risale ad una iscrizione romana sulla lapide di Vibia Earina, di proprietà di Vibio Crispo, senatore romano ai tempi di Tiberio, rinvenuta nei pressi di Ghemme, un reperto archeologico che è la prova della coltivazione nella zona della vite fin dai tempi dei Romani. Essi possedevano in queste terre delle vere e proprie vigne modello che coltivavano seguendo regole stabilite in tutte le fasi di produzione, dall'impianto delle viti alla vinificazione. La località, quella appunto che oggi conosciamo, era chiamata ‘pagus Agamium’, da cui il nome Ghemme. Già Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia del 77 d.C., parla di “un vitigno ‘spionia’ (nome che ricorda da vicino un altro vino novarese, lo Spanna, ndr)” caratteristico per la maturazione che avviene alle prime nebbie di autunno, particolarità questa tipica delle uve di Nebbiolo. Un'importante testimonianza non tanto sul vino in sé, ma sui luoghi dove nasce, l'ha lasciata Stendhal ne La Certosa di Parma (romanzo), romanzo storico scritta alla fine del 1838. Lo scrittore attribuisce alla madre di Fabrizio Del Dongo, il protagonista, una proprietà a Romagnano Sesia: “Si stabilì a poca distanza da Romagnano, in un magnifico palazzo […] disabitato da una trentina d'anni, tanto che vi pioveva in tutte le stanze e neppure una finestra chiudeva. S’impossessò dei cavalli dell'amministratore, che egli montava senza soggezione tutto il giorno…”. Forse lo stesso Stendhal aveva cavalcato fra le colline del Ghemme, dimostrazione della dovizia di particolari con cui lo scrittore descrive quelle zone. Lo storico novarese Angelo Luigi Stoppa parla della “villa del Cavanago che in quegli anni si trovava nelle misere condizioni descritte da Stendhal”, come aveva potuto appurare lui stesso da alcuni documenti locali dell'epoca. Oggi quel palazzo è stato ristrutturato ed è raggiungibile percorrendo una strada che fiancheggia la collina con i vigneti che producono l'uva del Ghemme. Un'altra testimonianza nei secoli del Ghemme ci è data dallo storico Carlo Dionisotti che, nel 1871, citando proprio Plinio, parla del metodo di coltivazione della vite e asserisce che nella zona del Ghemme è “ancora praticato” come allora. Con il tempo le testimonianze si moltiplicano: da Fogazzaro che nel primo capitolo di Piccolo mondo antico, del 1895, cita il “vin di Ghemme” come accompagnamento di un pranzo organizzato dalla marchesa Maironi, a Mario Soldati che nel suo racconto L'albergo di Ghemme decanta questo vino: “Il Ghemme: eccellente, prim’ordine. Lo definirei un Gattinara più spesso, più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso, meno raffinato: ma forse più genuino”. Il Ghemme diventa DOC nel 1969, mentre il disciplinare che istituisce la denominazione DOCG è stato istituito il 14 giugno del 1997.
Questo vino si abbina a primi piatti con ragù robusti, brasato al Ghemme, arrosti di carne rosse, selvaggina da piuma in salmì e allo spiedo, lepre in civet e tupalone, oltre che a tutti i formaggi stagionati.

MOSCATO D'ASTI




Da notare che Asti spumante e Moscato d'Asti, pur facendo parte della medesima denominazione Asti ed essendo ambedue espressioni di moscato bianco, sono due vini molto diversi: il primo è uno spumante, il secondo no. Spesso sono confusi dal consumatore nonché, cosa più grave, dai ristoratori. In effetti il Moscato d'Asti, non subendo la presa di spuma vera e propria, è caratterizzato da una leggera frizzantezza.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Moscato Bianco 100%
Tecniche di produzione
I vigneti possono insistere esclusivamente su terreni collinari. Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4.000 ceppi/ha. Le forme di allevamento consentite sono a controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura ed anche l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona DOC.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino giallo più o meno intenso;
odore: caratteristico e fragrante di Moscato;
sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace;
Abbinamenti consigliati
Dolci in genere. Ultimamente si consiglia anche con formaggi e salumi o generiche pietanze salate. Si abbina facilmente con i cibi speziati o piccanti, tipico abbinamento soprattutto negli Stati Uniti è il Moscato d'Asti con la cucina etnica soprattutto indiana

NEBBIOLO D'ALBA
Il Nebbiolo d'Alba è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno carico con riflessi di granato per il vino invecchiato.
odore: profumo caratteristico, tenue e delicato che ricorda la viola che si accentua e perfeziona con l'invecchiamento.
sapore: dal secco al gradevolmente dolce di buon corpo, giustam. tannico da giovane, vellutato, armonico.
Abbinamenti consigliati
Ottimo con le carni di manzo, maiale e pollo. Come antipasti, è ben adatto ad affettati o formaggi. Comunque questo vino, pur essendo gustoso, si abbina molto bene con risotti, pasta e lasagne.

PINOT CHARDONNAY SPUMANTE PIEMONTE

Il Piemonte Pinot Chardonnay spumante è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Caratteristiche  organolettiche
colore: giallo paglierino
odore: caratteristico, fruttato
sapore: sapido, caratteristico
Resa (uva/ettaro) 110 q
Resa massima dell'uva 70,0%
Titolo alcolometrico naturale dell'uva 9,5%
Titolo alcolometrico minimo del vino 10,5%
Estratto secco netto minimo 17,0‰
Vitigni con cui è consentito produrlo Chardonnay: 0.0% - 100.0% Pinot Nero: 0.0% - 100.0%

ROERO
Il Roero è un vino DOCG la cui produzione è consentita in 19 comuni sulla riva sinistra del Tanaro, vicino ad Alba, nella provincia di Cuneo. Prende il nome dall'omonimo territorio, appunto il Roero.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno intenso con riflessi granati se invecchiato.
profumi: delicato, fragrante fruttato e con profumo caratteristico, etereo se invecchiato.
sapore: asciutto, di buon corpo, vellutato, armonico di buona persistenza.
Cenni storici
Il 4 marzo 2014 è stato costituito il "Consorzio di tutela Roero" che ha la funzione di tutelare e valorizzare la DOCG "Roero". Tale DOCG si articola su due vini: il Roero, un vino rosso a base di uve nebbiolo, e il Roero Arneis, un vino bianco a base di uve arneis. Entrambi sono vitigni autoctoni.
Abbinamenti consigliati
La "Terra dei Vini" consiglia di accompagnare il vino Roero con carni in umido e bollite tipiche della regione Piemonte. Si può accompagnare anche con carni arrosto principalmente rosse. Ottimo con piatti a base di tartufo

RUCHÉ
Il Ruché di Castagnole Monferrato è un vino DOCG piemontese rosso della provincia di Asti, prodotto da un vitigno autoctono omonimo, presso una piccola zona nord-orientale del suo capoluogo. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con Decreto ministeriale 8 ottobre 2010, ne ha delimitato la DOCG in soli sette comuni astigiani: oltre Castagnole Monferrato, anche i vicini paesi di Montemagno, Grana, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. Attualmente la denominazione ha un'estensione vitata di 110 ettari.
Caratteristiche
colore: rosso rubino non troppo carico, con leggeri riflessi violacei che poi divengono tendenti all'aranciato con l'invecchiamento.
odore: intenso persistente leggermente aromatico, fruttato.
sapore: secco o amabile, armonico leggermente tannico di medio corpo, leggera componente aromatica.
Cenni storici
Il suo nome ha etimologia incerta, tuttavia alcuni ipotizzano un legame in merito ai primi vigneti coltivati vicino a una chiesetta benedettina dedicata a san Roc (san Rocco), oggi inesistente, che si doveva trovare neri pressi di Portacomaro o Castagnole Monferrato. Il vitigno fu probabilmente importato durante il XII secolo da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna. Altri ancora pensano che il nome possa derivare dai tipici luoghi collinari, da cui il dialettale ruché, indicando l'erto arroccamento della vigna ben esposto al sole.
Ha un gusto unico e particolare, mediamente strutturato e generoso. Fino al XIX secolo, il vitigno veniva coltivato anche tra Monferrato e Langhe, ma il terreno a nord-est di Asti (leggermente meno alcalino) si presta meglio ad esaltarne le qualità. A Castagnole Monferrato verso la fine degli anni settanta, il parroco don Giacomo Cauda, insieme al sindaco Lidia Bianco - già segretaria della scuola d’agraria di Asti - si impegnarono nella sua rivalutazione qualitativa, fino a ottenerne la DOC nel 1987. Da allora, Il Ruchè un posto di nicchia nell'enologia, a livello nazionale e internazionale, di tutto rispetto. Infatti, sebbene ne sia autorizzato legalmente un taglio d'uvaggio del 10% di altre uve, quali brachetto e/o barbera, si preferisce produrlo puro. Successivamente, alcuni comuni limitrofi a Castagnole Monferrato si impegnarono con quest'ultimo per diffondere l'eccellenza qualitativa di tale vino.
Abbinamenti consigliati
È un ottimo vino da formaggi saporiti di media-alta stagionatura (Castelmagno, Grana Padano, tome varie) e per i piatti tipici piemontesi come la bagna cauda, la finanziera e gli agnolotti, si abbina molto bene con secondi di selvaggina.

ARNAD-MONTJOVET

Il Valle d'Aosta Arnad-Montjovet è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
colore: rosso rubino brillante con riflessi granata.
odore: fine, caratteristico, lievemente mandorlato.
sapore: secco, con fondo amarognolo, armonico.

BLANC DE MORGEX ET DE LA SALLE

Il Valle d'Aosta Blanc de Morgex et de La Salle è un vino DOC la cui produzione è consentita nella Regione Valle d'Aosta. Il vino pare prendere il nome da due comuni tra i vari in cui viene prodotto (Morgex e La Salle). Viene prodotto tra i più alti vigneti d'Europa, dai 900 ai 1200 m di altitudine.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino tendente al verdino.
odore: delicato con sottofondo di erbe di montagna.
sapore: secco, acidulo, leggermente frizzante, molto delicato.
Cenni storici
La data di inizio produzione è ancora incerta, alcune fonti la fissano intorno all'VIII secolo, altre invece lo vorrebbero importato in Valle d'Aosta verso l'anno 1630. Un'altra ipotesi è quella che il vitigno sia autoctono, scelto attraverso i secoli secondo una selezione attuata partendo da eventuali modificazioni o da spontanee seminagioni.
Abbinamenti consigliati
Adatto come aperitivo, si accompagna con antipasti delicati, con piatti di pesce o con carni bianche, è ottimo anche con formaggi come Fontina e Reblec.

CHAMBAVE MOSCATO

Il Valle d'Aosta Chambave Moscato (conosciuto soprattutto nella denominazione in francese Vallée d'Aoste Muscat de Chambave) è un vino DOC la cui produzione è consentita nella Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino.
odore: intenso, caratteristico di moscato.
sapore: secco, fine, delicato e aromatico.
Cenni storici
È un vino prodotto da una varietà di vitigni, appartenenti alla famiglia dei moscati, giunta in Italia dall'Asia Minore in epoca pre-romana.
La zona di coltivazione dell'uva è situata lungo il corso della Dora Baltea, tra i paesi di Chambave, Châtillon, Pontey, Montjovet, Saint-Vincent, Saint-Denis e Verrayes, a quote collinari.
Abbinamenti consigliati
Vino da dessert adatto ad accompagnare biscotti e pasticceria secca; ottimo nello zabaione. Tuttavia si può servire anche come aperitivo, o abbinato a piatti di crostacei, pesce o a base di uova, oppure semplicemente come vino da degustazione.

ENFER D'ARVIER
Enfer d'Arvier
Il Valle d'Aosta Enfer d'Arvier è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
colore: rosso granata piuttosto intenso.
odore: delicato, con bouquet caratteristico.
sapore: secco, vellutato, di giusto corpo, gradevolmente amarognolo. L'Enfer d'Arvier doc si abbina gradevolmente a carni rosse, arrosti e selvaggina, bollito misti ma anche a piatti tipici come agnolotti di carne canavesani, fonduta, soupe paysanne con toma e fontina, polenta e salsicce, pernice e formaggi locali.

NUS
Il Valle d'Aosta Nus rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso intenso con riflessi granata.
odore: vinoso, intenso, persistente.
sapore: secco, vellutato, leggermente erbaceo.

TORRETTE
Il Valle d'Aosta Torrette è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso vivace con riflessi violacei.
odore: profumo di rosa selvatica, tendente a mandorlarsi con l'invecchiamento in bottiglia.
sapore: secco, vellutato, di buon corpo, con fondo amarognolo
Abbinamenti consigliati
Salumeria tipica, carni bianche e rosse, formaggi locali di media stagionatura (Toma e Fontina).
Produzione
Le uve provengono da vigneti situati nei comuni di Quart, Saint-Christophe, Aosta, Sarre, Villeneuve, Saint Pierre, Aymavilles, Jovençan, Gressan, in destra e sinistra orografiche della Dora Baltea. La vendemmia è scaglionata nell’arco di dodici/quindici giorni in riferimento alle diverse altitudini ed esposizioni dei vigneti. I vigneti sono situati tra i 600 e gli 800 metri s.l.m..

Il Valle d'Aosta è dal 2002 un vino DOC rosso e bianco della Valle d'Aosta.
Attualmente, la denominazione Valle d'Aosta è suddivisa in sette sotto-denominazioni geografiche e in nove sotto-denominazioni secondo i vitigni in questione.
Le condizioni climatiche della Valle d’Aosta unitamente alle caratteristiche dei terreni, alla loro esposizione, giacitura e pendenza sono i punti di forza di una viticoltura di montagna che, inserita in un ambiente ancora incontaminato, ha saputo evolversi con modernità e oggi rappresenta una realtà significativa anche in termini economici.
A partire dagli anni ‘60, la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha investito notevoli risorse finanziarie nel settore viticolo, attivando numerose iniziative che, nel volgere di pochi anni, hanno contribuito al recupero e successivamente allo sviluppo della coltivazione della vite.
Negli anni successivi il mondo viticolo valdostano ha assunto la piena consapevolezza che lo strumento di valorizzazione delle produzioni viticole locali si basava sul binomio qualità-territorio e che pertanto ogni sforzo doveva essere compiuto per ottenere il riconoscimento di origine per i principali vini prodotti.
La denominazione di origine controllata Valle d'Aosta Müller Thurgau, Pinot grigio, Pinot bianco, Chardonnay, Petite Arvine, Blanc de Morgex et de La Salle, accompagnata dalla menzione vendemmia tardiva è riservata ai vini ottenuti da uve sottoposte a parziale appassimento naturale sulla vite. La vinificazione del vino Valle d'Aosta Pinot nero può essere effettuata anche in bianco. La denominazione di origine controllata Valle d'Aosta Novello deve essere ottenuta con macerazione carbonica di almeno il 30% delle uve. La denominazione Valle d'Aosta Blanc de Morgex et de La Salle spumante può essere utilizzata per designare i vini spumanti naturali ottenuti con vini derivati dal vitigno Prié blanc e rispondenti alle condizioni stabilite dal presente disciplinare. La tipologia spumante deve essere ottenuta esclusivamente per rifermentazione naturale in bottiglia con permanenza sui lieviti per almeno 9 mesi e la durata del procedimento di elaborazione deve essere non inferiore a 12 mesi e deve essere posto in commercio nei tipi "extra-brut", "brut", "demi-sec" e "pas dosé" con l'indicazione del tenore zuccherino.

domenica 1 gennaio 2023

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 15 Liquori

ALKERMES
L'Alkermes sembra risalire al XV secolo ed il suo nome deriva dalla parola araba qirmiz che vuol dire rosso, dato il suo colore rosso vivo. L'aspetto è inconfondibile: rosso rubino acceso con aromi molti complessi è un liquore caldo e persistente. Corroborante e rigenerante, nell'antichità veniva somministrato alle donne dopo il parto o a chi era appena uscito da una malattia. Per il suo gusto intenso e piacevole divenne molto gradito ai viandanti e ai signori ospitati nel Convento di Santa Maria Novella, suo luogo di produzione. A Firenze l'Alkermes era già molto conosciuto ai tempi dei Medici e venne fatto conoscere anche in Francia da Caterina de' Medici, quando andò in sposa ad Enrico D'Orleans.
Nello storico convento l'Alkermes viene imbottigliato a mano e viene riprodotto con la stessa preziosa ricetta risalente al 1743. Tale ricetta è stata tramandata dal direttore dell'officina dell'epoca, fra' Cosimo Becelli. La preparazione parte dalla "tintura" che si ottiene dalla macerazione con le spezie e dal passaggio in uno strumento detto percolatore. Nel percolatore, che lavora in continuo per 4 giorni, avviene l'estrazione da parte dell'alcol delle sostanze contenute nelle spezie (il tutto avviene alla temperatura di 20°). Dopo la percolatura si passa all'aromatizzazione (acqua di rosa, di fior d'aranci e cocciniglia) e poi il liquore viene affinato 6 mesi in botti di rovere.
L'Alkermes delle Officine dal 2003 è stato riconosciuto come "prodotto agroalimentare tradizionale". E' molto adatto ad accompagnare dolci complessi, come le pesche di Prato, la zuppa inglese, la focaccia briaca dell'Elba, la pasta di mandorle e la crema pasticcera. Ha un profumo pastoso, è avvolgente, con un bouquet riccamente speziato e un gusto molto persistente.

AMARETTO DI SARONNO

Il termine liquore Amaretto indica un liquore italiano aromatico a base di erbe e mandorle amare. Non si deve confondere con l'amaro.Come molte ricette a base di mandorle, è di antica tradizione e affonda le sue origini nel 1500. Nella città di Saronno venne commissionato al pittore Bernardino Luini un affresco che ritrae la Madonna e l'Adorazione dei magi. L'affresco è tutt'oggi visibile nel Santuario della Beata Vergine dei Miracoli. La leggenda narra che nel periodo in cui il pittore soggiornò a Saronno alloggiasse presso una locandiera di particolare bellezza, di cui si innamorò al punto da usarla come modella per la sua Madonna. Per ringraziarlo, lei gli offrì un elisir di erbe, zucchero tostato, mandorle amare e brandy che venne immediatamente apprezzato e si diffuse in pochissimo tempo. Il liquore mantenne quindi un significato di affezione e amicizia ed è oggi uno dei prodotti italiani più diffusi all'estero. Non viene tradotto e il nome resta invariato in tutte le lingue. Nella città di Saronno ha sede lo storico stabilimento dell'azienda Illva Saronno S.p.a., produttrice del liquore con il marchio "Disaronno".Il liquore Amaretto non è un liquore distillato, ma un preparato per infusione in base alcolica, come il Nocino o il Limoncello, per tale motivo è molto diffusa anche la preparazione casalinga che ha diverse varianti, la più diffusa è quella di utilizzare anche albicocche oltre le mandorle amare. Il sapore del liquore ricorda lontanamente il marzapane e ha una gradazione alcolica di 28% vol. Viene bevuto liscio, con o senza ghiaccio e talvolta usato per preparare cocktail, come per esempio il Messicano o il Godfather, ma è prevalentemente indicato a essere miscelato in bevande a base di caffè.

AMARO 18 ISOLABELLA
L'Amaro 18 Isolabella è un amaro italiano prodotto dalla Illva di Saronno dal 1871. La Casa Isolabella venne fondata da Egidio Isolabella come azienda produttrice di vermut e liquori tra i quali il Mandarinetto Isolabella. L'amaro si presenta di colore scuro e con gradazione alcolica del 30%, è ricavato dall'infusione di 18 tipi di erbe. Si può consumare sia come digestivo sia come dissetante con l'aggiunta di seltz ed una scorza di limone. È inoltre utilizzabile nella preparazione di cocktail quali il Baby darling. Il numero 18 ricorre spesso nella storia Isolabella: la licenza ottenuta per la produzione di vermut era la numero 18, 18 è la prima parte di 1870, anno in cui la casa si affermò con il Mandarinetto, l’amaro 18 Isolabella è composto da 18 erbe.

AMARO AVERNA
L'Averna è un liquore amaro prodotto a Milano dal Gruppo Campari. La società è stata acquisita nel 2014 dal Gruppo Averna. Nel 1802, da un'agiata famiglia di commercianti di tessuti, nasceva Salvatore Averna. Cresciuto a Caltanissetta divenne uno dei membri più attivi della comunità, giudice di pace e benefattore del convento dell'Abbazia di Santo Spirito. Qui, secondo una tradizione antichissima nata nelle abbazie fortificate benedettine e diffusa in Europa attraverso i conventi cistercensi e cluniacensi, i frati producevano, con una loro ricetta, un elisir di erbe che, pur essendo "amaro", era gradevole e possedeva, nelle credenze popolari, doti toniche e terapeutiche. Nel 1859, in segno di riconoscenza, i frati decisero di consegnare a Salvatore la ricetta dell'infuso e nel 1868 iniziò la produzione per gli ospiti di casa Averna. Fu Francesco Averna, figlio di Salvatore, che prese l'iniziativa di promuovere l'amaro, partecipando a diverse fiere, in Italia e all'estero. Durante una visita privata del re Umberto I, nel 1895, l'amaro siciliano era già molto conosciuto, e Francesco ricevette una spilla d'oro con le insegne di casa Savoia. Dopo altri successi, nel 1912 Vittorio Emanuele III concesse alla Società Averna di apporre lo stemma reale con la scritta "Brevetto della Real Casa" sulla etichetta del proprio liquore. La Società Averna divenne così Fornitrice della Real Casa. Tutti questi riconoscimenti, nel corso degli anni, portarono Francesco a ridisegnare l'etichetta iniziale dell'Amaro arricchendola di tutti questi attestati e riconoscimenti. Alla morte prematura di Francesco, la moglie, Anna Maria, prese le redini dell'azienda. Anche se presto fu aiutata dai giovani figli, lei rappresentò un esempio più unico che raro di imprenditrice, donna, nel cuore della Sicilia di inizio novecento. La terza generazione, cioè i figli di Francesco (Salvatore, Paolo, Emilio e Michele) consolidarono il successo dell'amaro e contribuirono all'evoluzione aziendale anche attraverso le difficoltà dei due conflitti mondiali, tant'è che l'azienda continuò la produzione senza mai fermarsi, trovando anzi il modo di avviare l'attività di esportazione in America. Nel 1958 l'Azienda Averna divenne una società per azioni (la Fratelli Averna S.p.a) e qualche anno dopo fu anche costruito un nuovo stabilimento. Il 1978 è stato un anno molto significativo nella storia dell'azienda perché dopo 110 anni e tre generazioni si riuscì a trasformare quello che era nato come un prodotto artigianale di famiglia in una azienda importante del mercato italiano. Dal 1978, la quarta generazione degli Averna, ha mantenuto tale posizione sul mercato, consolidandola ulteriormente attraverso una gestione basata anche sulla diversificazione dei prodotti. Il "Gruppo Averna" comprende infatti anche l'azienda vinicola Villa Frattina (vini e spumanti). Nell'ultimo decennio, al consolidamento sul mercato nazionale si è affiancato un intenso lavoro di internazionalizzazione che ha visto un crescente sviluppo anche sui mercati esteri. Nel 2014 il Gruppo Campari acquisisce il 100% di Fratelli Averna. Il controvalore dell’operazione è di 103,75 milioni di euro, composto da un prezzo di 98 milioni e da un debito finanziario netto di 5,75 milioni di euro.
Caratteristiche e degustazioneSi presenta di colore scuro (caramello scuro), con un sapore non eccessivamente amaro e una gradazione alcolica pari a 29°, la ricetta originale prevedeva una gradazione alcolica pari a 34° diventati, negli anni 2000, 32°. Il liquore si beve liscio o con ghiaccio, come digestivo o bevanda estiva (con molto ghiaccio) o a temperatura di frigorifero.

AMARO MONTENEGRO
L'Amaro Montenegro è un amaro italiano prodotto per la prima volta nel 1885. Il creatore dell’amaro fu Stanislao Cobianchi, un nobile bolognese predestinato dalla famiglia alla carriera ecclesiastica. Per sottrarsi al suo destino Stanislao fuggì da Bologna girando per il mondo. Durante il suo soggiorno nel principato del Montenegro venne colpito dalle strepitose proprietà digestive di una bevanda detta Karik. Ritornato in Italia si impiegò in una liquoreria piemontese dove, imparato il mestiere, riuscì a riprodurre la ricetta della bevanda montenegrina. Tornato a Bologna aprì prima un piccola bottega di liquoreria e successivamente una distilleria per la produzione dell'Amaro Montenegro. La bevanda fu molto apprezzata, al punto che Gabriele d'Annunzio la definì liquore delle Virtudi.

AMARO RAMAZZOTTI
L'Amaro Ramazzotti è un amaro italiano. Il marchio appartiene alla Pernod Ricard Italia, filiale italiana del gruppo multinazionale francese Pernod Ricard. Apprezzato e conosciuto in tutto il mondo, ha conquistato la leadership del mercato tedesco, diventando il primo brand della categoria amari importato in Germania.
Amaro Ramazzotti viene prodotto per la prima volta a Milano nel 1815. Nasce come "Amaro Felsina Ramazzotti" da una ricetta segreta di Ausano Ramazzotti un farmacista bolognese trasferitosi a Milano. Fu il primo aperitivo a non avere il vino come base. Nel 1848 Ramazzotti aprì un bar in Via Canonica, 86 vicino al Teatro alla Scala, dove si iniziò a servire l’Amaro Ramazzotti. Nel 1994 chiude lo stabilimento di Lainate e sposta la produzione negli stabilimenti di Canelli, in provincia di Asti. L'amaro viene ricavato dalla macerazione di almeno 33 varietà tra erbe, spezie e radici. Il metodo di preparazione rispetta con costanza la ricetta originale del 1815, tuttora segreta. Tra gli ingredienti principali le scorze di arance di Sicilia, l'anice stellato, il cardamomo e i chiodi di garofano, che vengono ridotti in polvere e miscelati con zucchero caramellato e alcool. Presenta una gradazione alcolica del 30% nella versione classica e del 32% nella variante Ramazzotti Menta. Nel 2010 Amaro Ramazzotti ha avviato un progetto equo-solidale in Kerala per l'acquisto di erbe e spezie al fine di sostenere i piccoli produttori locali e promuovere un modello alimentare rispettoso dell’ambiente, delle tradizioni e delle identità culturali. L'acquisto delle materie prime avviene attraverso la PDS Organic Spices – unità di produzione organica della ONG Peermade Development Society - garantendo loro, al contempo, un programma di formazione agraria, commerciale e finanziaria. Un progetto sviluppato insieme a due organizzazioni riconosciute a livello internazionale: l'ONG Planet Finance, attiva in 80 paesi con progetti di micro-finanza e l'impresa federale tedesca GIZ. Nel 2012 è stato dichiarato kosher. L'amaro è principalmente consumato liscio o con ghiaccio, come digestivo dopo pasto. Può essere degustato anche come aperitivo, con acqua gassata ed una fetta limone.Inoltre, alcuni cocktail utilizzano il prodotto come base: il RamaTonic, è un long drink con amaro Ramazzotti e acqua tonicail 1815, in onore dell'anno di nascita dell'azienda, miscelato con ginger ale e servito con una fetta di limone e una di aranciol'High Tea in Milan prevede l'uso dell'amaro, insieme a Lucano, Cynar, succo di limone e acqua tonica
il Friar Minor lo vede mescolato con bourbon, succo d'arancia e club sodaTra i valori veicolati dal brand, è molto forte il legame con la città di Milano, elemento presente in tutte le campagne pubblicitarie. Tra queste, sicuramente la più famosa è quella che riprende il celebre slogan "Milano da Bere", coniato da Marco Mignani, utilizzato per lo spot tv del 1987. Nel 2013 il sito viene aggiornato, in preparazione al prossimo 200esimo anniversario. Tra il 1920 e il 1950, la comunicazione è avvenuta attraverso locandine. A partire dal 1972, la comunicazione si è trasferita anche in televisione con i primi caroselli. Nel 1995, Amaro Ramazzotti insieme alle distillerie Branca e Montenegro, chiede ed ottiene una censura sullo spot tv delle Ferrovie dello Stato con testimonial Adriano Celentano. Motivo della disputa: un comportamento lesivo nei confronti dei produttori di amaro, dovuto ad un capostazione-figurante che sputa un amaro "perché è amaro". Riconoscimenti Negli anni ha ricevuto diversi riconoscimenti: 2009 entra a far parte della "Top 10 Best Growing Brands", 2013 ottiene l'ISW Spirit Brand e la medaglia Gran Oro nella categoria herbal liquors, 2014 ha ricevuto il marchio "Sapore dell'anno".

ANISETTA MELETTI
L’Anisetta nasce ad Ascoli Piceno nel 1870 grazie a Silvio Meletti, allora proprietario dello storico Caffè Meletti, che ideò un originale sistema di distillazione perfezionando la ricetta del liquore di sua madre a base di anice. Per iniziare a far conoscere il proprio prodotto, Silvio Meletti partecipò alle fiere internazionali dell’epoca e ricevette una menzione onorevole all’esposizione internazionale di Parigi del 1878. 
L’anisetta è un prodotto fortemente legato al territorio in quanto le piante di anice dalle quali si ottengono i semi utilizzati nella distillazione, sono coltivate nei terreni argillosi delle colline adiacenti la città di Ascoli Piceno e riescono ad essere fino a due, tre volte più profumate di quelle che crescono nelle altre zone del Mediterraneo.
Il sapore di questa varietà d'anice è simile a quello del finocchio con un retrogusto di menta. La pimpinella anisum è una pianta alta 60-70 cm, originaria del Mediterraneo orientale e dell'Asia, e le sue foglie sono ovali e di colore verde brillante. Durante l'estate fiorisce e produce piccoli frutti verdi, ovali, ruvidi, che vengono raccolti per essere essiccati e poi utilizzati in cucina. Il sapore di questo liquore può essere assimilato alla sambuca, al mistrà, all’ouzo greco e al raki turco.
Il punto centrale della produzione è la distillazione di alcool in presenza di semi di anice, mediante l'uso di un alambicco a bagno maria con evaporazione molto lenta per estrarre tutto il sapore dai semi e rendere più profumato possibile il liquore. L'anisetta viene bevuta liscia come liquore di fine pasto oppure viene servita “con la mosca”, cioè con un chicco di caffé tostato dentro il bicchiere. Può essere anche diluita con ghiaccio o acqua per renderla più dissetante, oppure aggiunta in piccole dosi come correzione aromatica per il caffé. Viene anche utilizzata per la realizzazione di dolci e cocktail. 

APEROL

L'Aperol è un aperitivo alcolico italiano con una gradazione di 11°, dal colore rosso e dal sapore dolce amaro. Creato nel 1919 dai fratelli Barbieri, dal 2003 è di proprietà del Gruppo Campari.
L'Aperol è un aperitivo alcolico, dal colore rosso e dal sapore dolce amaro, ottenuto per infusione in alcol di arancia, erbe (tra cui il rabarbaro) e radici. La ricetta, segreta, è rimasta invariata dalla nascita. La gradazione alcolica standard dell'Aperol è di 11°, mentre in Germania viene venduto in una versione a 15°. L'Aperol viene spesso abbinato ad altre bevande per formare cocktail, il più noto dei quali è lo spritz.
L'Aperol viene creato dai fratelli Barbieri di Bassano del Grappa e presentato ufficialmente in occasione della prima Fiera Campionaria di Padova nel 1919. Sin dalla sua nascita l’Aperol si presenta con un distintivo colore arancione. Dato il successo del prodotto, i produttori Barbieri decidono di investire in pubblicità: negli anni venti l'arancione diventa la firma cromatica di Aperol e nei bar spuntano i primi poster pubblicitari che invitano a consumare un Aperol.
Negli anni trenta Aperol realizza una campagna dedicata alle donne sui principali quotidiani in cui si vede una sarta che misura il girovita di una cliente ed esclama: "Signora! L’Aperol mantiene la linea". Alle signore era consentito un Aperol in quanto aperitivo leggero.
Negli anni cinquanta, dal tradizionale spritz veneto (vino bianco con seltz) nasce la nuova ricetta con Aperol: 4 cl di Aperol, 6 cl di Prosecco e uno spruzzo di seltz o soda. Da allora l’Aperol si lega allo spritz.
Dal secondo dopoguerra l’Aperol conosce un grande sviluppo e una rapida diffusione grazie anche al carosello in cui Tino Buazzelli, portandosi la mano alla fronte, pronuncia le parole "Ah, Aperol!".
Negli anni ottanta viene creata la pubblicità in cui Holly Higgins si tira su la minigonna per raggiungere in moto gli amici in un bar di Miami mentre dice "Non so voi, ma io bevo Aperol".
Nel 1991 la F.lli Barbieri è stata acquisita dalla Barbero 1891 che, a sua volta, nel dicembre 2003, diventa di proprietà del Gruppo Campari.
A partire dai primi anni 2000, anche grazie al successo dell'happy hour e del fenomeno spritz, Aperol incrementa la sua produzione espandendosi anche in Germania, Austria e altri Paesi. Nel 2008 il marchio si impone ulteriormente sul mercato grazie a una riuscita campagna pubblicitaria ispirata al rito tutto veneto dello spritz e lancia l'Aperol Spritz portandolo così a conoscenza del grande pubblico. L'Aperol Spritz si ottiene miscelando in un bicchiere con ghiaccio tre parti di prosecco, due di Aperol e una di seltz aggiungendo alla fine una fetta di arancia. Aperol Spritz è anche un brand del gruppo Campari.

AURUM

L’Aurum è un liquore con una gradazione di 40°, a base di brandy ed infuso di arance. È una specialità di Pescara. Si abbina molto bene ai dolci, specialmente con il parrozzo, altra specialità di Pescara. Oltre che come bevanda, viene utilizzato anche come ingrediente per i dolci e per bagnare le fette di pan di spagna da usare per fare le torte, o per affogare vari tipi di gelato. Il nome del liquore venne scelto dal fondatore della fabbrica Amedeo Pomilio, su suggerimento dell'amico poeta Gabriele D'Annunzio ai primi del Novecento, in riferimento alle origini romane attribuite alla ricetta. La parola deriva dal gioco delle parole latine aurum, che significa oro, ed aurantium, l'arancio. La produzione industriale del liquore è iniziata nel 1925. Negli anni trenta, venne costruito il liquorificio, con una struttura a ferro di cavallo disegnata dall'architetto Giovanni Michelucci, esempio di architettura industriale. Agli inizi degli anni settanta, lo stabilimento produttivo è stato trasferito nel territorio del comune di Città Sant'Angelo.

BAILEYS IRISH CREAM
liquori
Baileys Irish Cream (il marchio depositato omette l'apostrofo) è un liquore a base di whiskey irlandese e crema di latte, fabbricato dalla R. A. Bailey & C. di Dublino, società del gruppo britannico Diageo. Il suo tasso d'alcool è pari al 17%. Baileys è la creazione di IDV (International Distillers and Vintners) e di I&M, una società di sviluppo di nuovi prodotti. Jago e David Gluckman, i protagonisti dietro questo liquore, da allora hanno creato molte altre bevande e prodotti, in particolare il liquore di crema Jago's, lanciata nel 2004.
Baileys Irish Cream, lanciato in commercio il 26 novembre 1974, è stato messo a punto per soddisfare tutti i consumatori americani.
Il Baileys è una crema di whiskey densa e corposa dal color Fallow brillante; il profumo è di crema e di toffee, con aromi di mandorla e di nocciola; il gusto è morbido e zuccherato.
Oltre l'80% degli ingredienti è di origine irlandese: la crema di latte, fornita da due aziende, è prodotta con latte di circa 40.000 vacche allevate in 1500 fattorie della costa orientale irlandese; il whiskey, fornito da "The Old Midleton Distillery" della Contea di Cork, è una miscela di tre whiskey. Entro 36 ore dalla mungitura, la crema di latte viene mescolata al whiskey, dopodiché vengono aggiunti gli aromi: cacao, vaniglia, caramello e zucchero. Secondo il fornitore, il Baileys ha una durata di imbottigliamento di 24-30 mesi, conservata a una temperatura variabile fra i 0° e i 25° (32-77 °F), lontana da fonti di luce.
Varietà
Baileys Original, Chocolat Mint, Crem Caramel e Coffee
Oltre all'originale, il marchio propone alcune varianti:
Baileys Glide (2003-2006): lanciata sul mercato nel 2003, la bevanda meno gustosa e più lunga con 4.0% ABV (Volume di alcool, una misura del contenuto di alcool delle bevande alcoliche), per puntare sul mercato dell'alcolpop, bevande a bassa gradazione alcolica. La vendita del prodotto è stata interrotta nel 2006.
Baileys Mint Chocholate (2005): durante il periodo pre-natalizio del 2005, la Baileys propone nei duty free degli aeroporti britannici la variante con menta e cioccolato; la distribuzione di massa ebbe inizio nei primi mesi del 2006. In questa variante, alla ricetta originale, vengono aggiunti cioccolato fondente e menta.
Baileys Crème Caramel (2005): durante il periodo pre-natalizio del 2005, la Baileys propone nei duty free degli aeroporti britannici la variante con crème caramel; la distribuzione di massa ebbe inizio nei primi mesi del 2006. In questa variante, alla ricetta originale, è aggiunto il crème caramel.
Baileys Coffee (2008): ripetendo la campagna di marketing precedenti, questa variante venne presentata prima negli aeroporti inglesi, per poi sbarcare sul mercato mondiale dal 28 febbraio; alla ricetta originale viene aggiunto il caffè.

BARATHIER
Fin dalla fine del 1800, un elisir d'erbe è prodotto a Pomaretto (To), con il nome di Amaro Cozie (dalle Alpi Cozie). Il nome cambia in Barathier nel 1905. Nasce solo per consumo famigliare e solo in seguito commercializzato.
Con un grado alcolico di 20% in vol. viene prodotto solo con la macerazione in acqua di sette qualità di erbe e fiori spontanei, provenienti dalla Val Germanasca (To), dalla Val Chisone (To), dalla Valle di Susa (To) e dalla Val Pellice (To).
La lavorazione tradizionale e invariata nel tempo, Vengono raccolte le erbe manualmente, selezionate e messe ad essiccare al sole. Le erbe essiccate vengono messe a bagno in un composto di acqua di sorgente, zucchero cristallino e alcol, in contenitori non porosi, come il vetro e l'acciaio.
Il suo colore varia a seconda dell'aggiunta di caramello di zucchero o meno: marrone scuro o giallo chiaro.
E' un Elisir dal gusto fine e gradevolmente amaro, con un principio amarognolo, che diventa sempre più caldo (tipico della pianta Angelica), concludendo con un misto di liquerizia e noci mature.

BIANCOSARTI
Il Biancosarti è un liquore dolce prodotto tramite distillazione di erbe, spezie e fiori, con un sapore caratterizzato dalla forte presenza di cortecce e radici. È prodotto e distribuito dal Gruppo Campari dal 1995, dopo l'acquisizione del marchio dal gruppo olandese Bols Wessanen. Il Biancosarti è di colore chiaro e brillante e ha un sapore dolce. La sua gradazione alcolica è del 28%, da cui il famoso slogan "Biancosarti: l'aperitivo vigoroso" che lo ha reso celebre in numerose pubblicità che hanno visto tra i testimonial personaggi come il tenente Sheridan nel dopoguerra, e successivamente il tenente Kojak negli anni settanta. Anche Giorgio Gaber ha interpretato vari caroselli per il Biancosarti, nel 1967 e nel 1968, infine anche il compositore di ballo liscio Raoul Casadei è stato testimonial del liquore Biancosarti.
Il Biancosarti può essere bevuto come aperitivo, liscio, con ghiaccio, con selz, oppure in cocktail e long drink.

BITTER CAMPARI
Campari è un bitter prodotto come bevanda di punta dall'azienda italiana Gruppo Campari. Si tratta di un bitter alcolico ottenuto dall'infusione di erbe amaricanti, piante aromatiche e frutta in una miscela di alcool e acqua, dall'aroma intenso e dal colore rosso rubino.
Campari è distribuito in oltre 190 paesi ed è tra i marchi più famosi al mondo.
L'azienda inizia in un piccolo bar di Novara: il Caffè dell'Amicizia, acquistato da Gaspare Campari nel 1860 e dove, in quegli anni, nascerà e si perfezionerà la ricetta di Campari, rimasta invariata da allora.
Le sue origini risalgono all’arrivo di Gaspare Campari a Milano nel 1862. Dopo anni di alterne vicende economiche tra Torino e Novara, apre il "Caffè Campari", prima sotto il "Coperto dei Figini" (oggi lato destro della piazza del Duomo,) poi all’angolo tra piazza Duomo e Galleria Vittorio Emanuele II. Nel retro bottega Gaspare allestisce un laboratorio in cui crea gli elisir che lo avrebbero reso famoso, primo fra tutti il Bitter all'uso d'Hollanda e successivamente il Cordiale.
La moglie di Gaspare Campari, Letizia Galli, alla morte del marito, nel 1882 prende le redini dell’attività di famiglia, per consegnarla in seguito al figlio.
Davide Campari, figlio di Letizia e Gaspare, nel 1915 apre il Camparino, sull'angolo opposto rispetto al Caffè Campari. Nel 1919 cede il Campari e il Camparino. L’azienda si concentra sulla produzione di Campari e Cordial, i prodotti con la maggior penetrazione di mercato. Campari entra in borsa nel 2001 al prezzo di 31 euro per azione. Il 3 settembre 2012 Campari acquista l'81,4% di Lascelles de Mercado, un'azienda giamaicana produttrice di rum.
Il 15 aprile 2014 Gruppo Campari acquista per la cifra di 103,75 milioni di € la Fratelli Averna S.p.A.

CHINA MARTINI
China Martini deriva dalla corteccia del “China Calissaia”, un albero che cresce sulle Ande di Bolivia e Perù. Furono i cinesi a scoprire le qualità di questa corteccia e, unendola a un distillato di riso, riuscirono a produrre un liquore digestivo. In Europa è arrivato solo nel XIX secolo e si è diffuso col nome di “Elisir della Cina”. Oggi questo infuso è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

CYNAR
Il Cynar è un liquore a base di foglie di carciofo e infuso di 13 erbe e piante, ha un sapore dolce-amaro e un colore ambrato scuro. La sua gradazione alcolica è di 16,5°. Nasce come digestivo, dal momento che contiene cinarina, estratta dal carciofo che favorisce la digestione. Il Cynar può essere bevuto anche come aperitivo, generalmente con ghiaccio, o come cocktail, mescolato con seltz e una fetta di limone o d'arancia, oppure con cola, acqua tonica o soda amara al limone. In alcune zone d'Italia viene utilizzato per arricchire il vino bianco o come ingrediente aggiuntivo per lo spritz. Creato nel 1952 da Angelo Dalle Molle, dal 1995 Cynar è entrato a far parte del Gruppo Campari.

DOPPIO KÜMMEL

Il Kümmel, anche denominato kummel o kimmel, è un liquore aromatizzato con il seme di cumino dei prati, cumino e finocchio, dolce e incolore.
Originariamente, le parole kümmel, kummel e kimmel sono rispettivamente i termini in qualche modo generici nelle lingue tedesca, olandese e Yiddish, ed indicano sia il cumino dei prati che il cumino. Per esempio, il cumino dei prati tedesco è denominato Echter Kümmel mentre il cumino è denominato Kreuzkümmel, ma il termine Kümmel è usato anche per il liquore aromatizzato con queste spezie.
Secondo la tradizione, il liquore del kummel in origine sarebbe stato distillato in Paesi Bassi, durante il tardo sedicesimo secolo, da Erven Lucas Bols. Da allora è stato ripreso in Germania e poi in Russia, il principale produttore e consumatore di kümmel. Il Gilka Kümmel o Kaiser-Kümmel, prodotto a Berlino, è ottenuto da un processo di distillazione più lungo ed ha un gusto più morbido rispetto ai kümmel russi.

DRAMBUIE
Drambuie è un liquore scozzese all'aroma di miele ed erbe ricavato da whisky, miele di brugo e una miscela segreta di erbe e spezie. Il sapore rimanda a zafferano, miele, anice, noce moscata ed erbe. È prodotto in Broxburn, nel Lothian dell'ovest, in Scozia e può essere servito "puro" (a temperatura ambiente senza ghiaccio), on the rocks (con ghiaccio), o usata come ingrediente in un cocktail. La gradazione alcolica del Drambuie è del 40%.
Il nome Drambuie proviene dalla frase in gaelico scozzese An Dram Buidheach, che significa "la bevanda che soddisfa". Fu coniata nel 1893 alla locanda di Broadford, sull'isola di Skye. Dopo la battaglia di Culloden (1746), il principe Charles Edward Stuart fuggì sull'isola di Skye. Qui fu accolto dal capitano John MacKinnon del clan MacKinnon. Secondo la leggenda, il principe lo ricompensò con la preziosa ricetta della bevanda, inventata anni prima dal suo farmacista personale. Alcuni storici considerano la storia solo una trovata pubblicitaria. Un'altra leggenda sostiene che la ricetta fu tramandata nella seconda metà del XIX secolo dal clan MacKinnon a James Ross, il gestore del Broadford Hotel sull'isola di Skye. Ross sviluppò e migliorò la ricetta, inizialmente per una ristretta cerchia di amici, uno dei quali avrebbe poi battezzato il liquore. Ross si espanse, esportando il liquore in Francia e negli Stati Uniti e brevettò la ricetta a Londra. Ross morì giovane; per provvedere all'istruzione dei figli la vedova vendette la ricetta a un differente MacKinnon, nella prima metà del XX secolo e da allora la ditta MacKinnon ha prodotto la bevanda. La prima distribuzione commerciale di Drambuie si ebbe ad Edimburgo nel 1910. Ne furono vendute solo dodici casse. Nel 1916 il Drambuie fu il primo liquore ammesso nelle cantine della Camera dei Lords e fu spedito in tutto il mondo alle guarnigioni dell'Esercito di Sua Maestà. Negli anni 1980 i produttori cominciarono a pubblicizzare il liquore, e recentemente si è cercato di rafforzare il marchio dopo un calo di popolarità e di vendite.

FERNET BRANCA

Il Fernet Branca è un liquore di sapore amaro composto da erbe e spezie provenienti da 4 continenti, tra le quali agarico, china, genziana, zedonia, galanga, brionia, arancia amara, curacao, poi zafferano, mirra, in una base di alcool di vite. Tutte le componenti delle erbe entrano a far parte della formula di Fernet-Branca: fiori, erbe, radici e piante con cui si producono infusi alcolici, estratti e decotti che, opportunamente miscelati, conservano le benefiche proprietà che si trovano nel prodotto. Successivamente viene maturato con un invecchiamento di almeno un anno in botti di rovere.
La gradazione alcolica è di 39°. La ricetta è segreta e fu creata a Milano dal dott. Fernet e Bernardino Branca, e risultò efficace contro un'epidemia di colera, nella drogheria speziale fondata da Bernardino Branca e Maria Scala nel 1845, sita in Porta Nuova a Milano, vicino alla vecchia stazione. Fernet Branca è ancora oggi prodotto a Milano dalla Distillerie fratelli Branca.
Fernet Branca è servito di solito come digestivo dopo un pasto, ma può essere anche gustato liscio a temperatura ambiente, con ghiaccio, con il caffè o in aggiunta alla Coca-Cola.
Branca Menta è una versione aromatizzata con menta del Fernet-Branca, nato nel 1965.

GALLIANO

Il Galliano è un liquore prodotto per la prima volta nel 1896 dalla Distilleria Arturo Vaccari di Livorno ed oggi prodotto nei Paesi Bassi dalla Lucas Bols, azienda controllata dalla ABN AMRO Capital. Il Liquore Galliano è un'infusione idroalcolica dolcificata di diverse erbe e spezie tra cui anice, liquirizia e vaniglia. Il processo di produzione del Galliano è molto laborioso perché sono richieste sette infusioni e sei distillazioni. La fase finale è data dalla miscela di tutti gli ingredienti con i distillati aromatici e l'estratto di vaniglia. Si presenta di colore giallo con gradazione alcolica del 42.3%. Il liquore si beve liscio o con ghiaccio e viene usato in diversi cocktail, come per esempio il Messicano. Il suo creatore, Arturo Vaccari, titolare della distilleria, volendo ricordare, in occasione della morte, le eroiche gesta del capitano Giuseppe Galliano in Etiopia, diede alla sua creazione il nome del militare. Nel 1989 il liquore viene acquisito dalla società francese Rémy Cointreau e nel marzo 2006 rivenduto al fondo di investimenti europeo ABN AMRO Capital. È venduto nelle caratteristiche altissime bottiglie di forma piramidale che ricordano una mazza da baseball ed è stato citato dagli scrittori: Emilio Salgari nel racconto “Lo Schiavo della Somalia” e da John Fante in "Full of Life". Il Liquore Galliano è anche stato posto in commercio in bottiglie da collezione a forma di Carabiniere in alta uniforme, con feluca e pennacchio posto quale tappo di chiusura e in bottiglie mignon, sempre da collezione dette Gallianino.

GENZIANELLA TRENTINA
La genzianella ha proprietà medicamentose e digestive, viene prodotta dalla tipica pianta della genziana, che cresce nei pascoli. 20 -30 grammi di radici di genziana, vengono fatte bollire in un litro e mezzo d'acqua, portate ad ebollizione e ridotte in liquido fino a mezzo litro, filtrato ed imbottigliato la bevanda e' pronta per il consumo.

GRAND MARNIER
Grand Marnier è un marchio di liquore creato nel 1880 a Neauphle-le-Château (dipartimento dello Yvelines in Francia) da Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle. Il Grand Marnier è una miscela composta da vari cognac, essenze d'arancia ed altri ingredienti. Contiene il 40% di alcool (vol.), è prodotto in molte varietà, che possono essere consumate senza ghiaccio, senza acqua o in cocktail.
Marche prodotte
Cordon Rouge
Il Grand Marnier Cordon Rouge o Nastro rosso, è un liquore originale creato nel 1880 da Alexandre Marnier-Lapostolle. Viene usato in vari cocktail. Questo liquore ha ottenuto vari riconoscimenti come la Medaglia d'oro al World Spirits Competition, a San Francisco nel 2001.
Cordon Jaune
Il Grand Marnier Cordon Jaune o Nastro giallo, venduto in alcuni paesi europei ed in alcuni principali aeroporti internazionali, ma poco diffuso in America Settentrionale. Il Grand Marnier Cordon Jaune è un triple-sec, e quindi non ha cognac al suo interno e viene utilizzato soprattutto nella creazione di bevande miscelate.
Navan
Il Grand Marnier Navan è stato prodotto dal 2004 al 2010. È composto da cognac fini invecchiati 10 anni con l'aggiunta di vaniglia naturale al 100%. Il nome deriva dalla città di Navana in Madagascar, dove si coltiva la vaniglia.
Cuvée du Centenaire
Il Cuvée du Centenaire è stato commercializzato per la prima volta in quantità limitate nel 1927 per commemorare il centenario della distilleria. È composto da cognac fini invecchiati 25 anni e viene esposto nella vendita al prezzo di circa 120 $ alla bottiglia. Questo liquore ha vinto una doppia Medaglia d'oro al World Spirits Competition, a San Francisco nel 2001
Cuvée Spéciale Cent Cinquantenaire
Il Grand Marnier 150, chiamato Cuvée Spéciale Cent Cinquantenaire è stato creato nel 1977[6], ed è il liquore più fine della marca. È prodotto con cognac invecchiati 50 anni, venduti in una bottiglia lucidata, dipinta e decorata a mano e viene venduto al prezzo di circa 225 $ alla bottiglia. Nel 1983 ha vinto la medaglia d'oro al Salone des Arts Ménager di Bruxelles ed ha ottenuto il massimo punteggio al Beverage Tasting Institute. Ha inoltre ottenuto il riconoscimento di Migliore liquore al World Spirits Competition, a San Francisco nel 2001
Cuvée Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle
Il Cuvée Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle è un miscuglio speciale di cognac che provengono dalle migliori annate di questa regione, (Grande Champagne, Petite Champagne, Borderies, Fins Bois e Bons Bois), invecchiati in barili di quercia. È venduto soltanto in Francia, in Canada e nei Paesi Bassi.

LIMONCELLO DI SORRENTO
limoncello della costa di Sorrento
Il limoncello è un liquore dolce ottenuto dalla macerazione in alcol etilico delle scorze del limone ed eventualmente di altri agrumi, miscelata in seguito con uno sciroppo di acqua e zucchero. Generalmente, si utilizza per l'infusione alcol etilico a gradazione di almeno 90%, in cui vengono macerate le scorze (solo la parte gialla) di dieci grossi limoni per ogni litro di alcol. Il periodo di macerazione varia a seconda delle ricette ma mediamente si aggira sui venti giorni, dopodiché viene aggiunto lo sciroppo, in cui le porzioni sono sommariamente di 600-700 grammi di zucchero per litro d'acqua. Il liquore viene quindi filtrato e imbottigliato. Mediamente dopo almeno un mese di maturazione (ma per certe ricette la durata è molto minore) in bottiglia, diviene il classico liquore giallo da gustare sia come aperitivo che come digestivo dopo i pasti.
La buccia di colore giallo citrino, ottenuta dai migliori limoni di forma ellittica, simmetrica e di dimensioni medio-grandi, è l'ingrediente principale del limoncello contenente oli essenziali che conferiscono al liquore un aroma molto deciso nonché un gusto molto forte.
Secondo la tradizione il limoncello nasce agli inizi del Novecento e la sua paternità viene contesa tra sorrentini, amalfitani e capresi: molto rinomato infatti è quello prodotto in Campania utilizzando il limone di Sorrento (il "femminello") o lo sfusato amalfitano IGP.

MIDORI


Midori è un liquore prodotto col melone, prodotto dall'azienda giapponese Suntory. Il Midori è un liquore verde limpido, con un grado alcolico pari al 20-21%. L'ingrediente di base è il melone Yūbari, località nota per la produzione di meloni di ottima qualità. I siti di produzione sono in Giappone, Messico e Francia, nonostante fino al 1987 venisse prodotto solo in Giappone. Ha un sapore decisamente dolce, viene usato per produrre cocktail o long drink a base di limonata, succo di limone, lime, ananas o arancia e altre bevande acide utilizzate per bilanciare la sua dolcezza. Il nome deriva dal termine giapponese midoriiro, che significa "verde", ovvio richiamo al colore della bevanda. Il verde è stato scelto per richiamare il colore della natura giapponese. Nel 1971 la Suntory presentò al campionato Internazionale di Bartending di Tokio un liquore al melone, che ebbe immediato successo fra i giudici. Sulla spinta dell'entusiasmo, l'azienda giapponese dedicò sette anni allo sviluppo del prodotto e del marketing per il mercato internazionale. Per la presentazione venne scelto lo Studio 54, noto locale di New York, ad una festa con il cast del film La febbre del sabato sera. Il liquore venne presentato sotto forma di cocktail, sotto il nome di "Japanese Gin Tonic". Il prodotto venne immesso sul mercato statunitense a partire dal maggio del 1978. Nel 1981 le vendite raggiunsero le 100.000 casse, per poi essere triplicate nel 2007. Nel 1978 fu aperta la prima sede di produzione estera, in Messico. La seconda venne aperta in Francia nel 2003. Il primo cocktail premiscelato, il Midori lemon, venne commercializzato in Australia nel 1993.

MISTRÀ
Il mistrà è un liquore tipico marchigiano e laziale ottenuto per distillazione di alcol di vino e aromatizzato tramite l'infusione di anice (gradazione alcolica attorno al 40%-45%).
Trae le sue origini dalla conquista dell'omonima città (situata a circa 8 km dall'antica Sparta) da parte della Repubblica di Venezia, avvenuta nel 1687 e terminata nel 1715. I veneziani scoprirono l'ouzo e lo portarono in patria, battezzandolo con il nome della città conquistata. Da quel momento il mistrà divenne il liquore per eccellenza della Serenissima. Le dominazioni austriaca e francese segnarono il declino della sua popolarità in Veneto.
Il mistrà, a differenza dell'anisetta e della sambuca, entrambi dal sapore dolce, ha un gusto molto secco, che lo rende ideale per correggere il caffè ma può essere bevuto anche liscio. A Venezia era anche bevuto alla maniera dell'ouzo e del pastis francese, mischiato con acqua. Alla fine dell'Ottocento il mistrà venne riscoperto da Girolamo Varnelli, che ne interpretò e perfezionò la ricetta, partendo dall'intenzione di creare un decotto contro la malaria per i pastori transumanti in Maremma, creando il Varnelli, l'Anice Secco Speciale, tipico prodotto marchigiano.
Essendo un prodotto di tradizione contadina, normalmente viene prodotto e consumato in casa, il Varnelli invece è commercializzato su vasta scala.

PERNOD
Pernod è una bevanda liquorosa francese all'anice da consumarsi come aperitivo, che appartiene alla società Pernod, del gruppo Pernod Ricard.
Il Pernod non è tecnicamente un pastis, anche se è spesso designato come tale, poiché contiene soltanto poca liquirizia.
Il liquore deve il suo gusto alla distillazione di piante e non alla macerazione, utilizzata per la produzione di pastis. Il prodotto è elaborato con essenze d'anice stellato, chiamato anche con il nome Badiane chinoise (spezia vicina all'anice). Quando si estrae in seguito viene mescolato e distillato con essenze di piante aromatiche, in una quantità uguale di menta e coriandolo.
Il liquore è l'eredità del Pernod 45, commercializzato per la prima volta nel 1938, che coincide con l'emissione della legislazione francese che permette nuovamente la vendita di liquori e bevande alcoliche che hanno 45°.
Dal 1951 al 1954, Pernod commercializza un liquore etichettato Pernod 51, in riferimento al suo anno di nascita (gli aperitivi a base di alcool e anice, erano proibiti sul mercato francese, furono nuovamente autorizzati nel 1951). Nel 1954, Pernod 51 ribattezzato pastis 51, quindi semplicemente 51.
Dal 2005 Pernod commercializza Pernod agli estratti di piante di assenzio romano. L'alcool all'anice fece fare un grosso successo alla casa Pernod alla fine del XIX secolo, approfittando della fine del divieto della vendita dell'assenzio romano in Francia. Questo liquore senza zucchero a 68°, ha una parte di tujone (è un chetone e un terpene, presente nell'assenzio romano inferiore a 10mg/l, che risponde alle costrizioni legislative francesi in vigore.
Pernod si consuma tradizionalmente diluito nell'acqua naturale con ghiaccio, ma può fungere da ingrediente in vari cocktail, ad esempio mescolato a vodka, limonata e sciroppo di ribes nero, o diluito con succo di mirtillo, una bevanda molto diffusa in America Settentrionale.

RATAFIA' ALLE AMARENE
Il termine ratafià, denominato localmente anche ratafia o rataffia, indica qualsiasi tipo di liquore composto da un infuso a base di succhi di frutta e alcool. Il ratafià piemontese è ottenuto dallo sciroppo di amarene. Il ratafià abruzzese è ottenuto dalle amarene e dal Montepulciano d'Abruzzo.
Il ratafià Piemontese viene prodotto su tutto l'arco alpino dove è bevanda tradizionale (conosciuta e prodotta anche sul versante francese delle Alpi). Storica è la produzione ad Andorno Micca, paese della provincia di Biella, dove già nel 1600 il ratafià veniva prodotto nel monastero di Santa Maria della Sala. Successivamente la lavorazione divenne caratteristica di alcune famiglie del paese, che dal 1880 è sede della storica fabbrica "Cav. Giovanni Rapa". Storica è anche la produzione del Ratafia prodotto nella Antica Distilleria Alpina Bordiga in Cuneo dal 1888.
In Abruzzo e Molise, la ratafià è un liquore diffuso in tutta la regione a base di amarene e di vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano. È tradizionalmente prodotta ponendo, in proporzioni variabili secondo la ricetta locale, amarene mature intere o snocciolate e zucchero dentro recipienti di vetro esposti al sole per circa 30 giorni, al fine di favorire la fermentazione. Al prodotto così ottenuto si aggiunge poi il vino rosso, lasciando macerare e agitando periodicamente il tutto per almeno altri 30 giorni, ma si può arrivare anche a 5-6 mesi. Il prodotto è poi filtrato e imbottigliato. In alcuni casi dopo la filtrazione si aggiunge dell’alcool per aumentarne la gradazione. In Ciociaria, nella zona vicina alla dorsale appenninica, e quindi all'Abruzzo, viene aggiunta anche qualche goccia di caffè insieme alla cannella ed alla vaniglia. È un liquore dal gusto dolce e piacevole, con una gradazione alcolica variabile secondo la tecnica di produzione: da 7-14% vol. a 20-22% vol. con l’aggiunta di alcool. Il colore è rosso più o meno intenso e ha l’odore caratteristico di amarene e frutti di bosco. È normalmente consumato giovane, per apprezzarne la maggiore freschezza degli aromi. La preparazione e l’uso della Ratafia rientrano nella secolare tradizione contadina tramandata di generazione in generazione. Come riferisce Alessio de Berardinis in "Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori" (Teramo 1868) "il nome... gli fu dato da quell'uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine Pax rata fiat!" A parte queste ipotesi, forse pittoresche e fantasiose, il liquore era usato, più prosaicamente, per sancire gli accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.
Il ratafià è stato uno dei liquori principi del Settecento e dell'Ottocento. Inoltre nel Lazio a Nettuno la rattafia è una vera e propria tradizione quanto il Cacchione DOC tipico vino nettunese.
Ratafia dels Raiers (Catalogna)
Si producono bevande simili in altri paesi europei, in particolare in Spagna, Francia e la Svizzera. Il ratafià catalano è quasi la bevanda nazionale al nord della Catalogna.
Etimologia
Da alcuni il termine è fatto risalire a tafià, un'acquavite delle Antille ricavata dalla canna da zucchero, ma è più verosimile la spiegazione popolare paretimologica che fa lo derivare dal latino rata fiat (da cui i termini italiano "ratificato" e francese "ractifié"), col significato approssimativo di "si decida", evidentemente allusivo alla bevuta di questo liquore come suggello di un contratto verbale, atto sostitutivo della più comune stretta di mano.
In piemontese "rata fià" significa "gratta fiato".
Riconoscimenti
La regione Piemonte ha ottenuto dal ministero il riconoscimento del ratafià tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Il medesimo riconoscimento è stato ottenuto dal prodotto denominato ratafia o rataffia (regione Abruzzo) e dal ratafià prodotto in Valle d'Aosta.

ROSSO ANTICO
Il Rosso Antico è un famoso vino aromatizzato prodotto dal 1962 dall'antica fabbrica di liquori Buton, di San Lazzaro di Savena. Il Rosso Antico, di color rubino vivo, presenta un sapore dolce-amaro con retrogusto di agrumi e vaniglia.La sua gradazione alcolica è del 15% e ne viene consigliato il consumo come aperitivo, servito liscio con una fettina d'arancia.Oggi Rosso Antico è distribuito da Montenegro Srl 

SOUTHERN COMFORT
Southern Comfort è un famoso liquore statunitense creato nel 1874 e attualmente prodotto dalla Brown-Forman Corporation. La ricetta originale consiste in un mix di whiskey, arancia, vaniglia e derivati di cannella; a differenza di questa, l'attuale formulazione contiene solo aromi piuttosto che vero whiskey ad eccezione della versione "Special Reserve".
Negli Stati Uniti il Southern Comfort è disponibile in versione 100 US proof (gradazione alcolica 50%), 70 US proof (gradazione alcolica 35%) e 42 US proof (gradazione alcolica 21%). La versione Special Reserve, venduta solo nei duty-free, è un mescola di Southern Comfort e bourbon (80 US proof).
È da molti considerato come il parente più dolce dei liquori che hanno come base lo Scotch.
Pare che l'ideatore di questo liquore sia Martin Wilkes Heron (1850 - 1920), barman irlandese di New Orleans, Louisiana, che lo produsse nel 1874. Trasferitosi a Memphis, Tennessee nel 1889, cominciò a vendere il suo prodotto sotto l'etichetta "Non genuino, ma prodotto da me".
Il marchio Southern Comfort nasce ufficialmente nei primi anni '30 del '900 e da allora la sua produzione avviene all'interno della piantagione di Woodland, a West Point a la Hache, Louisiana.

VERMUT CINZANO
Il nome Cinzano ha origine antichissime, una delle prime registrazioni ufficiali risale al 1568 e si trova negli archivi parrocchiali del piccolo borgo di Pecetto Torinese, ancora sul finire del XIX secolo un territorio tra la strada tra Pecetto e Chieri si chiamava Cinzano. I Cinzano erano specializzati in colture di alberi da frutto e vite e producevano rosolio, un liquore derivato dal petalo della rosa, usato spesso come base per altri liquori, vini ed elisir, con proprietà benefiche.
Già nel 1707 la fama dei rosoli e degli elisir Cinzano varcano i confini del piccolo villaggio, tanto che il Maestro Acquavitaio Giovanni Battista Cinzano ottiene la licenza governativa per distillare e vendere elisir e rosoli fino a Torino. Il 6 gennaio 1757 i Cinzano sono investiti del titolo di maestri acquavitai.
Dopo questo riconoscimento gli eredi di Giovanni Battista Cinzano, Giovanni Giacomo e Carlo Stefano Cinzano, ottengono un’ulteriore licenza dalla corte Sabauda e aprono la bottega laboratorio di Via Dora Grossa, oggi via Garibaldi, nel centro di Torino.
La famiglia Cinzano diviene molto presto una produttrice eccellente di vermouth, tanto che nel 1786 viene insignita dai reali di Casa Savoia quale miglior produttore di una specialità torinese di Vermouth (il Vermouth Rosso).
Nel 1786 i Cinzano vengono incaricati dal Re di Piemonte e Sardegna di emulare i metodi francesi di produzione dello Champagne, nei domini reali di Santo Stefano Belbo e Santa Vittoria d'Alba. La ricerca e la sperimentazione porta alla produzione del primo spumante italiano e pone le basi per la rinomata tradizione nazionale di spumanti.
I Savoia continuano a incentivare le sperimentazioni dei fratelli Cinzano offrendo loro le tenute di Santa Vittoria D’Alba come base per le loro ricerche. Dagli anni Sessanta i Cinzano iniziano a produrre su scala industriale i loro prodotti, soprattutto i vermouth; negli stessi anni viene inaugurato il primo stabilimento a Santo Stefano Belbo che con Santa Vittoria d’Alba e Chambery diviene la base del successo di Cinzano nel mondo. In Europa, poi in Sud America e in Africa. In tutto il mondo, dalle origini fino ad oggi, Cinzano afferma la maestria nel “saper fare” e il carattere sempre fedele a se stesso.
Nel settembre 1999 il marchio Cinzano viene acquisito dal gruppo Campari.
Cinzano Bianco è l’aperitivo a base vino prodotto dalla omonima casa Cinzano, marchio del gruppo Campari. Di colore giallo pallido ha gradazione alcolica pari al 14,4% vol. Può essere servito sia liscio che con ghiaccio.
Cinzano rosso è l’aperitivo a base vino prodotto dalla omonima casa Cinzano, marchio del gruppo Campari. Ha un colore ambrato e deve il suo pieno bouquet all’infusione di erbe e spezie. Viene principalmente usato come ingrediente nei cocktail (miscelato). Insieme a Campari è uno degli ingredienti dei famosi cocktail Americano e Negroni. La sua gradazione alcolica è di 14,4% vol.
Cinzano Extra Dry è l’aperitivo a base vino prodotto dalla omonima casa Cinzano, marchio del gruppo Campari. E’ secco e aromatizzato. Si può bere liscio o con ghiaccio, ma soprattutto è una base perfetta per i cocktail secchi. La sua gradazione alcolica è di 15% vol.

VERMUT MARTINI
Martini
Martini è un marchio di bevande, principalmente alcoliche, che fa capo alla multinazionale di origini italiane, Martini & Rossi, nata il 1º luglio 1863 a Torino. Dal 1993 fa parte del Gruppo Bacardi-Martini, al terzo posto nel mondo nella graduatoria dei produttori di bevande alcoliche, con il quale forma un'unica entità internazionale di produzione, commercio e distribuzione. Con il marchio Martini vengono commercializzati principalmente aperitivi, bitter, amari e spumanti. Il marchio è uno dei principali simboli del made in Italy ed è celebre anche per le sponsorizzazioni sportive (Martini Racing) e culturali.
Un tempo denominati "Vermut", oggi la dicitura non compare più in quanto la gradazione alcolica per quasi tutti è di 14,4°,quindi inferiore ai 16 stabiliti legalmente per determinarne la definizione merceologica.
Martini Bianco: deriva il suo nome dai fiori bianchi di vaniglia. Fu lanciato nel 1910 e si guadagnò l'appellativo di ‘Bianchissimo’. È basato su una miscela di erbe aromatiche, spezie dolci e floreali. Il colore è giallo pallido, paglia chiara colorata. L'aroma è intenso e dolce, con profumo di vaniglia.
Martini Rosso: deve il suo inequivocabile colore scuro al caramello aggiunto durante la miscelazione degli ingredienti. Ha un gusto persistente che stimola i sensi ed un aroma intenso. Il gusto è piacevolmente amaro. La gradazione è di 14,4°.
Martini Rosato: è una combinazione di sapori speziati e fruttati equilibrati con abilità. Chiodi di garofano, cannella e noce moscata si sposano con la freschezza di lamponi e limone. Martini Rosato è caratterizzato da un aroma elegante e pieno: in perfetto equilibrio tra l’amaro del Rosso e la delicatezza del Bianco. La gradazione è 14,4°
Martini Extra Dry: il gusto secco e delicato l’ha reso celebre sin dalla nascita, agli inizi del Novecento. È caratterizzato dal colore pallido paglia verde e da aromi freschi e fruttati, con un profumo intenso e dolce al palato. L'aroma è definito intenso, con aromi delicati di lampone e limone su uno sfondo di iris, con note di legno e sherry. Il gusto è fruttato e fiorato seguito da un palato dolce e rotondo. Ha una gradazione di 18°.
Martini Bitter: è la base ideale per i cocktail più conosciuti a livello internazionale. Creato da Luigi Rossi nel 1863, Martini Bitter è ancora oggi prodotto utilizzando la ricetta originale. I suoi ingredienti naturali, si fondono per creare un gusto vivacizzato da intensi aromi di arancia e note erbose, dolci e amare, finemente bilanciate. Il cardamomo e la cannella sono esaltati da fragranze più morbide, come la rosa e lo zafferano. È definibile come un aperitivo amaricante, dal colore rosso brillante. Ha un gusto dolce ed agrumario, decisamente amaro e persistente. La gradazione è di 25°.
China Martini: prodotto storico di Casa Martini, è il risultato di un armonico complesso di erbe ed essenze aromatiche che si fondono per dare una sensazione dolce-amara. È caratterizzata da un colore bruno ambrato intenso. Per quanto riguarda il profumo, sono inizialmente presenti note agrumarie (arancio), seguite da sensazioni floreali e balsamiche dovute a essenze e legni aromatici (rabarbaro, china). La gradazione raggiunge i 25°.

VOV
Vov è il nome commerciale di un liquore a base di uova avente gradazione alcolica di 17,8%. Per antonomasia il medesimo sostantivo è comunemente impiegato anche per indicare preparati casalinghi di zabajone liquoroso ed anche gli analoghi prodotti della concorrenza.
Il liquore poi denominato Vov fu ideato nel 1845 da Gian Battista Pezziol, pasticcere di Padova specializzato nella produzione del torrone, alimento per la cui confezione s'impiega il solo albume delle uova. Pezziol decise d'usare i restanti tuorli, in unione a vino marsala, alcol e zucchero, per avviare la produzione d'un tipo di zabajone liquoroso, bevanda energetica assai in voga a quel tempo anche come ricostituente. Il termine veneto vovi, indicante le uova, venne contratto nel celebre palindromo monosillabo Vov tuttora impiegato per designare il prodotto.
Nel 1856 il successo commerciale del nuovo liquore è già notevole e Pezziol riceve una medaglia d'argento per la qualità della sua bevanda. Lo stesso anno Vov viene presentato alla corte di Vienna ove gli arciduchi d'Austria, apprezzatone il buon gusto, rilasciano un solenne brevetto con aquila a due teste. Nel corso della seconda guerra mondiale, per le sue riconosciute proprietà energizzanti, Vov viene fornito alle truppe impegnate in combattimento col nome di VAV2, acronimo di Vino Alimento Vigoroso.
La bevanda raggiunse la sua massima diffusione a cavallo degli anni Sessanta e Settanta del 1900, anni in cui ebbe numerose imitazioni e concorrenti, di cui oggi sopravvive a livello industriale solo lo Zabov della Distillerie Moccia. Mentre, paradossalmente, il Vov veniva distribuito ed apprezzato all`estero, negli anni Ottanta e Novanta, soprattutto a causa dell'esasperata attenzione alle mode ed alla spiccata esterofilia anche nelle abitudini alimentari da parte dei consumatori giovani del periodo, unite alla comparsa delle prime bevande energetiche gassate straniere, Vov conobbe un periodo di declino, sopravvivendo però grazie alla sempre consistente richiesta nelle località di montagna, in particolare nei bar delle stazioni di sport invernali.
Le radici padovane del prodotto si sono andate via via perdendo: la produzione è stata dapprima spostata a Pozzilli dalla Società Italiana Liquori, e nel 2012, dopo l'acquisizione del marchio e della ricetta da parte della Molinari S.p.A., presso la Torino Distillati di Moncalieri. Negli anni recenti Vov ha conosciuto una nuova fortuna grazie soprattutto al cocktail bombardino, di cui è il componente fondamentale, tornato di moda soprattutto sulle piste da sci. Vov si giova inoltre di una generale tendenza a rivalutare i prodotti eno-gastronomici storici della tradizione italiana. L'attuale proprietà ha espresso l'intenzione di voler sfruttare il momento positivo per un rilancio commerciale del prodotto.
La bottiglia cilindrica in vetro bianco di Vov, presente fin dagli esordi commerciali, è progressivamente divenuta un'icona della liquoristica italiana. Durante il secondo conflitto mondiale, periodo in cui la produzione di Vov fu destinata quasi esclusivamente all'esercito come VAV2, per praticità di trasporto il liquore venne confezionato in contenitori di cartone impermeabilizzato. Negli anni Sessanta fu proposta la confezione in flacone di vetro ambrato zigrinato, che non ebbe particolare fortuna e che restituì in seguito il testimone alla classica bottiglia in vetro bianco.
Attualmente il prodotto è confezionato in una bottiglia di comune vetro trasparente ricoperto da un foglio di plastica bianca, la quale imita la tradizionale bottiglia in vetro bianco ma oltre ad essere di minor pregio rispetto a questa pone problemi al consumatore circa il corretto smaltimento e riciclo dei materiali componenti. In etichetta, di stampo molto tradizionale ed immutata da decenni, troneggia l'altrettanto iconica scritta tridimensionale Vov gialla su sfondo blu, sovrapposta ad una stilizzazione della Basilica di Sant'Antonio di Padova. Il prodotto è descritto come zabajone confortante.
In etichetta e nelle reclames è consigliato il consumo di Vov sia come cordiale liscio, sia caldo come corroborante, sia refrigerato o addirittura congelato come granita (frozen Vov). Il suo sapore sostanzialmente assimilabile allo zabajone, di cui è però più liquido e con una percentuale alcolica più alta, lo rende adatto ad accompagnare molte tipologie di dessert, eventualmente anche come topping. Compare spesso nelle ricette del gelato affogato allo zabajone.