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mercoledì 15 maggio 2024

Corso di cucina: Lezione 4 Frittelle salate e fritture

CAZZILLI
cazzilli palermitani
gr. 500 patate da gnocchi
2 uova
sale
olio
prezzemolo
Alla purea di patate bollite e ben amalgamate aggiungere una manciata di prezzemolo finemente tritato con uno spicchio d’aglio, sale e pepe. Al raffreddamento si formeranno piccole crocchette cilindriche della grandezza di un dito mignolo. Si tuffano nel bianco d’uovo battuto e si friggono in abbondante olio molto caldo.

FIORI DI ZUCCA FRITTI
Acqua 275 ml
Farina 185 gr
Fiori di zucca 270 gr
Olio di semi q.b.
Sale q.b.
Immergete delicatamente i fiori di zucca in acqua fredda poi sgocciolateli e poneteli a scolare su di un panno asciutto con il quale li tamponerete delicatamente; eliminate il gambo divaricate leggermente i fiori di zucca con le dita ed estraete i pistilli carnosi posti all’interno e sulla base dei fiori stessi. Una volta puliti ponete i fiori di zucca in una ciotola. Nel frattempo preparate la pastella: mettete la farina setacciata in una capiente ciotola, aggiungete poco alla volta l’acqua mescolando con una frusta per evitare i grumi. Una volta che avrete ottenuto un composto liscio aggiungete il sale. Ponete a scaldare un’ampia padella con l’olio di semi per la frittura. A questo punto avvolgete delicatamente nella pastella i fiori, ad uno ad uno, cercando di non romperli e subito dopo immergete il fiore nell’olio bollente, girandolo durante la cottura. Appena cotti, scolate i fiori di zucca e lasciateli asciugare su un vassoio rivestito di carta assorbente. Servite i fiori di zucca fritti ben caldi.

FOCACCINE DI MAIS

farina di mais,

olio,
acqua,
sale.
Unisco la farina, l'olio, l'acqua e il sale, ottenendo un impasto denso. La cottura la eseguo in forno, con gli appositi testetti.
Le focaccine di mais (
fugassette de mega) sono diffuse su quasi tutto il territorio regionale e cambiano nome e dimensioni a seconda del luogo di produzione: fugassetta in val Petronio e dintorni, revzora in valle Stura. Anche il metodo di cottura subisce delle variazioni a seconda delle consuetudini locali: in val Petronio e levante ligure si cuociono utilizzando i testetti, tegami di argilla fatti arroventare direttamente sul fuoco, in altre zone nel forno a legna, come in valle Stura. Dopo la cottura il prodotto risulta friabile e decisamente saporito. Muta anche il companatico: se nel levante sono le erbette di campo (prebuggiùn e cavolo nero), nel ponente si prediligono i salumi come ad esempio la testa in cassetta. Quest'ultimo abbinamento viene riproposto nella sagra di primavera che si svolge a Campo Ligure (in valle Stura, Genova). Nell'entroterra del levante (Chiavari, Lavagna, Sestri) la fugassetta si degusta insieme ai cavoli broccoli di Lavagna (cavoli neri) per assaporare l'olio novello, appena franto. Nelle fugassette de mega, la farina bianca viene sostituita da quella più povera e rustica del mais che conferisce all'impasto un aspetto più grezzo e un delizioso colore dorato. Le zone di produzione sono la Val Petronio (GE), la valle Stura (GE), la val di Vara (SP).

Frittelle di baccalà

600 grammi di baccalà bagnato,
farina bianca,
olio extravergine di oliva,
lievito di birra,
due uova,
sale.
Per la pastella unite la farina bianca con l'acqua e aggiungete il lievito di birra, precedentemente sciolto in acqua tiepida, e salate. Sbattete le uova, aggiungendo la pastella e i pezzetti di baccalà, quindi friggete in olio ben caldo. Quando le frittelle sono dorate, scolatele e asciugatele per eliminare l'unto in eccesso.

FRITTELLE DI BORRAGINE
500 grammi di borragini,
50 grammi di formaggio grana grattugiato,
200 grammi di farina,
alcune foglie di maggiorana,
acqua minerale gassata,
olio extra vergine d'oliva, sale.
Lavate e strizzate la verdura, tagliatela finemente. Tritate le foglioline della maggiorana e unitele alle verdure tagliate, poi aggiungete anche il formaggio. Diluite la farina con poca acqua minerale e mescolate fino ad ottenere una pastella piuttosto liquida. Fate riposare mezz'ora, quindi aggiungetevi la verdura mescolando. Fate scaldare dell'olio abbondante in padella e quando è caldissimo, versatevi a cucchiaiate il composto. Scolate le frittelle su una carta assorbente e servitele subito.

FUGASSETTE DI SAVONA 

Panissa,

farina di semola,
olio.
Le fugassette si preparano con farina di semola fine cui si aggiunge olio e acqua, emulsionati, in uguale quantità. Lavoro con cura, aggiungendo acqua sino ad ottenere un impasto morbido. Divido l'impasto in tante parti della grandezza di un'arancia, formo dei pani e faccio riposare per un'ora. Stendo i pani fino a raggiungere l'altezza di due centimetri e cuocio in forno a 180°, per 20 minuti. Nel frattempo taglio la panissa a fette sottili come le patatine, le friggo in abbondante olio e le mantengo calde. Le focaccine si tagliano a metà e si farciscono con le panissette cui si può provare ad aggiungere una fetta di formaggetta.

GNOCCO FRITTO
Farina 500 g
Strutto 70 g
Zucchero 1 cucchiaino
Sale 10 g
Acqua 180 ml circa
Lievito di birra 12 g
per  friggere
Olio di oliva q.b. (oppure secondo la tradizione strutto q.b.)
Per preparare lo gnocco fritto, sbriciolate in una ciotola il lievito di birra, unite il cucchiaino di zucchero quindi versate 50 ml di acqua tiepida: fate sciogliere bene il lievito mescolando con un cucchiaino unite poi 2 cucchiai di farina, quanta ne serve per formare una pastella molto morbida, che lascerete riposare per mezz'ora. Passata la mezz'ora versate la restante farina in una ciotola capiente ed unite la pastella, aggiungete lo strutto, dopodiché fate sciogliere i 10 gr di sale in circa 125 ml di acqua tiepida; quando il sale si sarà disciolto versate tutta l'acqua all'interno della ciotola e cominciate a impastare. Quando il liquido sarà stato interamente incorporato alla farina, trasferite l'impasto su un piano infarinato e lavoratelo fino a quando sarà diventato liscio ed omogeneo, quindi date all'impasto una forma di palla, e incidetela a croce, e posizionatelo in una ciotola capiente che avrete precedentemente spolverizzato con una manciata di farina, sigillate la ciotola con della pellicola trasparente. Lasciate lievitare per circa 4 ore in un ambiente tiepido e privo di correnti d'aria, fino a quando l'impasto avrà circa triplicato il volume. Trascorso il tempo necessario, riprendete l'impasto e lavoratelo su un piano infarinato e stendetelo in una sfoglia dello spessore di circa 3 mm; con un tagliapasta con la lama liscia ricavate dei rombi o dei quadrati di 8-10 cm di lato. A questo punto preparate una pentola, con abbondante olio di oliva (o strutto) e fatelo riscaldare per bene. Immergete pochi gnocchi per volta nell' olio di oliva (o nello strutto bollente), fateli friggere, scolateli con una schiumarola e mettete gli gnocchi fritti ad asciugare su un pezzo di carta assorbente per eliminare l'olio in eccesso. Servite lo gnocco fritto ancora caldo accompagnandolo con un bel tagliere di salumi misti, lardo e con qualche formaggio con cui andrete a riempirli dopo averli tagliati a metà.
Lo gnocco fritto, denominazione tipica nelle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia (luoghi in cui viene citato con l'articolo il), è un prodotto alimentare italiano tipico dell'Emilia di origine longobarda il cui nome varia da un'area all'altra.
Per esempio in gran parte della provincia di Parma viene chiamato torta fritta e nella provincia di Ferrara viene chiamato pinzino. Nella parte nord-orientale della provincia di Piacenza è comune la dizione dialettale chisulén (italianizzata in chisolino), ma anche qui è diffuso il nome parmense di torta fritta; nella parte meridionale e in Val Trebbia si ritorna alla denominazione tipica dello gnocco fritto. Nel bolognese viene chiamato più comunemente crescentina.
In alcune zone dell'appennino modenese è chiamato paste fritte (quasi sempre al plurale). Nel centro - sud Italia, in Campania e nelle zone appenniniche comprese tra l'alto Lazio, l'Umbria e una parte delle Marche viene denominato al plurale, le pizze fritte, o anche paste fritte, in quest'ultima forma specialmente nel casertano e in alcune zone del napoletano. Infine, in Sicilia nel palermitano viene preparata col nome di vastedda fritta. In provincia di Reggio Emilia lo gnocco (citato sempre con l'articolo il) è una focaccia fatta al forno con lardelli di maiale, molto diffusa. Fondamentale per tanto aggiungere l'attributo "fritto" che indica un prodotto piuttosto differente.
Dapprima viene preparato un impasto di farina di frumento, sale, strutto e lievito. Dopo la lievitazione, la pasta viene ridotta in una sfoglia alta pochi millimetri (da circa 2 a 6) e tagliata in rombi di circa 10 cm di lato, che vengono fritti secondo la tradizione in abbondante strutto bollente. Lo strutto di maiale ha un punto di fumo molto alto (ca. 230 °C). Le moderne norme di sicurezza imposte a bar, ristoranti, mense e comunità rendono difficile reperire in commercio friggitrici che superano la temperatura di 190 °C.
Dovendo calare la temperatura di frittura, almeno negli ambienti industriali e della ristorazione, si è costretti ad usare vari olii al posto dello strutto, che alla temperatura di 190 °C lascerebbe lo gnocco eccessivamente unto. Si ricorre quindi all'utilizzo di olii di semi o di palma, frazionato o bifrazionato ad una temperatura di frittura che può variare fra i 180 °C ed i 188 °C in relazione allo spessore della pasta da friggere. La pasta viene quindi fritta (normalmente circa un minuto per lato) e si gonfia formando una "pancia". Lo gnocco fritto può essere gustato dopo averlo riempito con affettati, formaggi.
Impasto della versione bolognese
Nella versione bolognese (denominata localmente "crescentina") l'impasto è composto da:
farina tipo 00 (grano tenero)
lievito istantaneo (1 bustina ogni circa 500 grammi di farina)
un pizzico di sale
latte per impastare
A volte si aggiunge anche un po' d'olio, ad esempio un paio di cucchiai per 1 o 2 kg di impasto, per far sì che durante la frittura assorba meno grasso.
Riconoscimenti
La regione Emilia-Romagna e il Ministero hanno incluso lo gnocco fritto, con la settima revisione, nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.).

LATTE BRUSCO
un litro di latte,
150 grammi di farina,
60 grammi di burro,
100 grammi di pane grattugiato,
6 uova,
mezza cipolla, un ciuffo di prezzemolo, olio evo, sale.
Tritate la cipolla con il prezzemolo e fateli rosolare nel burro a fiamma dolce per una decina di minuti, unite la farina e mescolate. Aggiungete sempre mescolando il latte e continuate così per altri 20 minuti. Ritirate la casseruola dal fuoco, aggiungete due uova intere e quattro tuorli leggermente sbattuti, tenendo da parte gli albumi. Amalgamate, salate e rimettete di nuovo sul fuoco facendo cuocere a fiamma bassa per mezz'ora sempre mescolando. Ungete un grande piatto con un po' d'olio e versate la crema di latte, stendetela con la lama di un coltello o una spatola in modo che mantenga uno spessore di circa due centimetri. Fatela raffreddare. Tagliate delle losanghe di circa 4 centimetri per lato, passatele negli albumi sbattuti, quindi nel pangrattato e friggetele in olio caldissimo. Servite subito.

PANELLE

gr.200 farina di ceci;
per friggere
lt. 2 olio di arachidi.
Fare sciogliere in ½ lt. di acqua fredda la farina di ceci con sale e pepe a mescolare bene fino alla scomparsa di eventuali grumi. Mettere il tegame a fuoco moderato e mescolando continuamente ottenere all’ebollizione un impasto denso che si stacchi dal fondo. Versare su un ripiano di marmo o su di una teglia molto bassa e larga, livellando con una spatola la polenta in uno strato regolare di non più di 3 cm. Al raffreddamento tagliare a rombi o quadri di 5 cm. di lato e friggere in abbondante olio molto caldo.

PANISSA LIGURE
g 280 farina di ceci
Sale fino g 10
Per condire
2 limoni
Olio evo
Per friggere
1 l olio di semi di arachidi
Mettete la farina di ceci in pentola. Mescolando con una frusta, versate a piccole dosi l’acqua leggermente tiepida: amalgamate bene per evitare la formazione di grumi. Salate, ponete su fuoco lento e rimestando in continuazione con un cucchiaio di legno portate a cottura per almeno un’ora. La panissa sarà cotta quando si staccherà dalle pareti della pentola. La panissa può essere servita calda, nei piatti, condita con olio, limone e pepe. Oppure: fate cuocere ancora un po’ l’impasto, finché avrà la consistenza di una soda polenta, poi rovesciatelo su un largo piatto o su un piano di marmo, distendendolo, con una spatola, in modo uniforme. Appena la panissa sarà ben raffreddata, tagliatela a grossi fiammiferi di 7-8 cm e friggeteli in abbondante olio bollente a 180 °C. Scolateli e sistemateli su carta di tipo assorbente. Serviteli caldi con un pizzico di sale e una spruzzata di succo di limone. Nel Savonese, per tradizione, da aprile a settembre, la panissa viene tagliata a fette e usata per farcire un riquadro di focaccia all’olio o pane azzimo.
La panissa è un piatto tipico della cucina ligure per il quale si usano gli stessi ingredienti della farinata di ceci, con l'esclusione però dell'olio di oliva. Si unisce la farina di ceci con l'acqua ed il sale e si mette sul fuoco, quando ha raggiunto una certa consistenza si rovescia dentro a dei piatti fondi oppure, più spesso, in appositi stampini lunghi e stretti con profilo semicircolare di 7-10 cm di diametro. Dopo che si è solidificata si taglia a fette con sezione semicircolare, si taglia a cubetti e si serve fredda o tiepida, condita con olio e limone, o si condisce con cipolla. Oppure si friggono le striscioline in abbondante olio, dando origine alle Fette, analoghe alle panelle palermitane; si servono salate da sole o, più spesso, dentro un panino speciale, a forma di piccola focaccia bianca senza crosta, rotonda, piatta e senza sale: sono le "fette con le fugassette". Il piatto ligure è totalmente diverso dall'omonimo piatto tipico della cucina piemontese. Sicuramente dovuto ai rapporti commerciali con le Americhe confluenti in Europa attraverso il porto di Cadice (Spagna), questo piatto esiste anche nella cucina della città iberica con il nome di paniza. La versione spagnola è preparata usando la farina di ceci in una percentuale variabile fino al 20% insieme alla farina di frumento per dar consistenza al tipico fritto di pesce locale. È un cibo di origine povera, ma nutriente.

PASTE CRESCIUTE

400 gr di farina
25 gr di lievito di birra
sale, pepe (facoltativo)
olio per friggere
Sciogliete, in una ciotolina, il lievito di birra con un po' d'acqua tiepida. Aggiungete un pizzico di sale, la farina e acqua tiepida, un po' alla volta, fino ad ottenere un impasto molle. Mettete la pastella a riposare, coperta da uno strofinaccio pulito, in un luogo fresco ed asciutto per circa 2 ore. Trascorso il tempo friggetela a cucchiaiate nell'olio ben caldo creando delle palline. Quando saranno cotte e ben dorate da entrambe le parti scolatele ed asciugatele sulla carta assorbente, spolverate con il sale e il pepe (se piace) e servite subito in tavola.
Le paste cresciute (pasta crisciute in napoletano) sono un prodotto tipico napoletano di friggitoria, dette anche zeppole, da non confondersi con le omonime pietanze da pasticceria.
Sono frittelle salate sferiche irregolari fatte di pastella di farina, acqua e lievito naturale. Vengono fritte in abbondante olio bollente. Si vendono nelle friggitorie tipiche di Napoli insieme ad altri prodotti caratteristici come gli scagliozzi/scuppette (fette triangolari di polenta fritte), i sciurilli (fiori di zucchini), le fette di melanzane fritte in pastella (simili alla tempura giapponese), piccoli arancini rotondi (palle di riso) e crocchè di patate.
Una variante molto apprezzata nel napoletano prevede l'aggiunta all'impasto di pezzetti di alghe di mare. Questa variante è diffusa come antipasto nei ristoranti, ma in genere non è venduta nelle friggitorie tipiche. Altre possibili aggiunte sono acciughe salate o cicenielli.

PETTOLE PUGLIESI
500 gr di farina
50 gr di lievito
12 gr di sale
300 ml di acqua tiepida
acciughe q.b.
olio per frittura q.b.
Impastate in una pentola di creta con un cucchiaio di legno la farina, il lievito, il sale e l'acqua tiepida. Lavorate per bene fino al momento in cui, seppur ancora lentamente, l'impasto si staccherà dalla pentola. Lasciate lievitare l'impasto finchè non vedrete apparire le bolle sulla superficie. Riempite una padella con un'abbondante quantità di olio e mettetelo a riscaldare sul fuoco. Con un cucchiaino bagnato di acqua, strappate dei piccoli pezzi di impasto e inseritevi all'interno un'acciuga per ognuno. Mettete le pettole a cuocere nell'olio bollente, nel quale assumeranno la forma di pallottole leggere e soffici. Le pettole devono essere belle dorate da entrambi i lati, quindi in cottura vanno girate con una pinza. Estraetele con uno stecchino dalla padella e poggiatele su della carta da cucina per far assorbire l'olio in eccesso. Servite le pettole pugliesi salate ben calde e croccanti. Le pèttole (pèttëlë a Foggia, nel Tarantino e nel Materano, scorpelle a San Severo, pèttuli nel Brindisino, pìttule nel Leccese, pèttule nel Potentino) sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell'olio bollente, tipiche delle regioni Puglia e Basilicata. A Foggia è usanza preparare l'impasto per le pettole dal primo mattino del 24 dicembre per friggerle e consumarle ancora calde verso mezzogiorno come "spuntino" in attesa del cenone della vigilia. Come variante c'è l'aggiunta di alici sott'olio (prima della frittura) o la preparazione di vere e proprie pizzette fritte da condire con pomodoro, basilico e pecorino. Alcune famiglie ripropongono le pettole la mattina del 31 dicembre. A Monte Sant'Angelo nell'impasto si aggiungono anche delle patate lesse affinché la pettola risulti essere più morbida. A Brindisi, tradizione vuole che le pettole vengano preparate il 7 dicembre, ovvero il giorno della vigilia dell'Immacolata Concezione, per poi essere riproposte nel periodo natalizio. In molte altre località, la data di inizio della preparazione delle pettole è invece la festa dell'Immacolata Concezione, l'8 dicembre, infatti nel Salento tarantino e precisamente a Lizzano, c'è un proverbio che dice: Ti la Mmaculata la prima ffrizzulata, ti la Cannilora l'ultima frizzola, cioè: Nel giorno dell'Immacolata, la prima preparazione di pettole, nel giorno della Candelora, l'ultima. Nella zona leccese del Salento la prima frittura avviene l'11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e, secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto che coincide quindi con l`arrivo sulle mense del vino nuovo o novello. È costume ancora molto praticato tra i leccesi, per l'occasione, festeggiare Santu Martinu ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura estiva. L`usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale. Nell'area di Taranto si preparano nel giorno in cui si festeggia Santa Cecilia, il 22 novembre, e a seguire durante le festività natalizie. In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 23 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere. Questo piatto è noto a Gallipoli a partire dal 15 ottobre giorno in cui si festeggia Santa Teresa d'Avila che introduce nella stessa città il periodo natalizio. Possono essere rustiche o dolci, semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane, oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano utilizzando farina, patata, lievito di birra, acqua e sale, ma ne esiste anche una versione più semplice che non prevede l'utilizzo della patata e comunque la pasta deve risultare piuttosto fluida per poterla versare nell'olio senza fare un panetto solido destinato ad inzupparsi di olio. La forma può essere quella della "pallottola" oppure di una ciambella, come è tradizione a Ferrandina, Bernalda, Salandra e Pomarico. La ricetta tipica usata a Taranto è quella che le vede cosparse di zucchero, ma anche di sale. In altre zone della Regione è possibile degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà.

SCAGLIOZZI PUGLIESI
1500 g di acqua
380 grammi farina di mais (polenta)
120 grammi di ciccioli di maiale
120 grammi di pecorino romano a dadini
2 cucchiai di olio evo
1 cucchiaio di sale fino,
pepe
olio di semi di girasole (per friggere)
In una pentola mettere l’acqua, la polenta il sale e l’olio e cuocere a fuoco medio fino al completo assorbimento dell’acqua, girando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando la polenta è pronta, spegnere il fuoco e aggiungere il pepe, i ciccioli di maiali e il pecorino romano tagliati a dadini; girare per qualche minuto. Trasferire la polenta ottenuta su un tagliere rotondo e aiutandosi con una spatola stenderla nello spessore di circa 1,5 cm. Lasciarla riposare per almeno un paio di ore finchè non diventa compatta. Portare a temperatura l’olio in una padella antiaderente, nel frattempo ricavare gli scagliozzi in questo modo, tagliare a metà la polenta, poi ancora a metà, finchè non avrete ottenuto 16 triangoli. Quando l’olio ha raggiunto la temperatura giusta, friggere gli scagliozzi fino a completa doratura, metterli su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. Trasferiteli su un vassoio da polenta e aggiungere il sale e il pepe. Servire belli caldi. Gli scagliozzi sono un prodotto tipico di cucina foggiana da friggitoria anche presente nella cucina napoletana e quella toscana e barese. Sono fette di polenta, la quale generalmente viene lasciata a seccare qualche giorno dopo la preparazione per perdere un po' del suo contenuto d'acqua e poter essere fritta senza sciogliersi nell'olio bollente, tagliate a forma di piccoli triangoli, fritte in abbondante olio bollente e salate. Si vendono nelle friggitorie tipiche di Foggia. A Bari è invece tradizione trovare questa preparazione in bancarelle allestite nel centro storico, in particolare nei giorni di festa.

SCHITA
La schita è una frittella composta da acqua, farina e strutto tipica dell'Oltrepò Pavese.
Si prende una biella (ciotola), si mette un po’ di farina, un pizzico di sale e si “bagna” il tutto con l’acqua. Poi si frigge in una padella, versando il preparato fino a stenderlo in modo omogeneo su tutta la superficie. Dopo qualche minuto si gira, si attende finché è ben dorata ed è pronta per essere servita. Tipica dell'Oltrepò Pavese (dove viene anche chiamata schita d’ra nona, “la schita della nonna”) è conosciuta anche come farsùla o paradèla. In base alla tradizione, una volta fritta, viene mangiata senza nessun'altra aggiunta. Tuttavia oggi ci sono diverse versioni: dolce (aggiungendo un pizzico di zucchero oppure anche una goccia di miele) e salata. Si può accompagnare anche ai salumi locali.
100 g farina,
50 g acqua tiepida,
10 g latte,
10 g sale,
strutto per friggere
E' una ricetta povera delle terre dell'Oltrepò pavese. Unisci alla farina il latte e l'acqua tiepida a filo, mescolando in modo da non avere grumi. la consistenza dev'essere di un liquido denso (appena più denso della crepe), se la farina assorbe troppa acqua aggiungine ancora un po'. Fai scaldare lo strutto in una padella sufficientemente larga e versaci l'impasto. Se aumenti le dosi versalo con un mestolo. Aggiungere sale.

SCUGNIZZIELLI
250 gr di polenta
100 grammi di ciccioli
sale, pepe
olio (per friggere)
Preparare la polenta. Nel frattempo prendere i ciccioli, cioè grasso del maiale lavorato, tagliateli a pezzettini molto piccoli ed andate ad incorporali nella polenta ancora calda. Stendere la polenta e farla raffreddare. Con un coltello affilato ricavate dei triangoli. Friggere in padella con l’olio di semi bollente finchè non saranno ben dorati su ambo le parti, scolate su carta assorbente da cucina.
Gli scugnizzielli sono un antipasto tipico napoletano. Consiste in strisce di pasta da pizza, fritte e servite come antipasto con pomodori tagliati a tocchetti, oppure salsa di pomodoro, olio extravergine di oliva, sale e pepe. Esiste anche la variante dolce. Si tratta di una variante delle pastacresciute, con l'aggiunta del condimento.

TIRTLEN

200 g di farina bianca
200 g di farina di segale
1/8 l di latte tiepido
1 uovo
400 g di spinaci
200 g di ricotta fresca
cipolla, noce moscata, sale.
Impastare i vari ingredienti e lasciar riposare la pasta per una mezz'ora. Con la pasta tirata sottile formare quindi dei dischi di circa 10 centimetri di diametro. Riempirli con gli spinaci, richiudere bene con un altro disco e friggere in olio bollente.