martedì 13 maggio 2025

CENA IRLANDESE


cucina irlandese
LA LEGGENDA DELL’IRIS COFFEE
Era il mese di ottobre del 1943: i primi voli internazionali fra l’Europa e gli Stati Uniti avvenivano a bordo di idrovolanti che partivano dal villaggio di Foynes, una piccola cittadina nell’Ovest dell’Irlanda, che ai tempi ospitava un’importante base aerea dei Flying Boats.
Nei primi anni ’40 l’aeroporto vide transitare tanti passeggeri tra cui molti personaggi famosi del mondo della politica e del cinema di Hollywood, e un imprenditore del posto decise di aprire un ristorante al servizio dei VIP dell’epoca. Quel giorno una brutta perturbazione costrinse uno di questi idrovolanti, decollato da Foynes per New York via Botwood, a fare ritorno alla base per aspettare un miglioramento delle condizioni meteo. I passeggeri, stanchi e infreddoliti, vennero accolti all’interno del ristorante del terminal e lo chef e capo dei barman nel bar dell'aeroporto di Shannon, Mr. Joe Sheridan, decise di offrire loro una bevanda speciale con l’intento di riscaldare gli ospiti e risollevarne l’umore. Al caffè caldo e molto forte addolcito con zucchero integrale di canna aggiunse del whiskey irlandese (un abbinamento inusuale fino a quel momento) e completò con una elaborata semimontatura di panna liquida fredda. Un passeggero, deliziato, gli chiese se si trattasse di caffè brasiliano, Sheridan gli rispose: “No, it’s Irish coffee!”. L’Irish Coffee riscosse quindi un grosso successo e Joe lo inserì nel menu del suo ristorante.
Un giorno, Stanton Delaplane, un giornalista del "San Francisco Chronicle", atterrato a Shannon, scoprì la bevanda e l'apprezzò molto, arrivando a dedicarle un articolo sul quotidiano a grande tiratura di cui era corrispondente.
Il 10 novembre 1952, Jack Koeppler del Buena Vista Cafe, mitico bar su Hyde Street, chiese al giornalista di aiutarlo a ricreare il drink che aveva provato all'aeroporto di Shannon in Irlanda. Trascorsero gran parte della serata a sperimentare, modificando attentamente le quantità ma non riuscirono a farlo bene. Il problema lampante era che che la crema non galleggiava sopra il caffè irlandese che erano riusciti a ricreare ma invece affondava, in maniera poco attraente, nel bicchiere. Il loro problema venne risolto addirittura dal sindaco di San Francisco, proprietario di un caseificio: bisognava invecchiare la crema per 48 ore prima di emulsionarla alla consistenza perfetta. In questo modo, galleggiava perfettamente in cima al caffè accuratamente bilanciato e al whiskey irlandese sottostante.
Fu così che i bar di San Francisco cominciarono a preparare l'Irish Coffee, lasciando credere in tutto il mondo che fossero loro gli inventori. Nel 1988, l'Autorità Irlandese degli Standard Nazionali pubblicò lo standard di preparazione dell'Irish Coffee, noto sotto la voce "I.S. 417: Irish Coffee".
LA CUCINA IRLANDESE
La serata in cui ho allestito la mia cena irlandese, i segnaposto a tavola erano decorati con raffigurazioni di trifoglio, di San Patrizio, di Joyce e di lepricauni, gli gnomi tipici del loro folklore. Non è certo stata una cena solo a base di patate declinate in tutte le forme e di grandi boccali di Guinness, la birra scura come la notte, che di lei ha il colore ed il sapore. Gli irlandesi conoscono le gioie e la ricchezza della tavola, a cominciare dall’abbondante, vario ed eclettico irish breakfast. Da lì ho preso l’idea di aprire con la bruschetta irlandese. Si prepara spalmando, sul pane nero ai cereali, il burro salato, quindi su un latticello di rucola cosparsa di capperi sotto sale dissalati, si stende una sottile fetta di salmone affumicato, resa agra da una breve marinatura in succo di limone. Il giro delle birre l’ho aperto con una Beamish, la cosiddetta birra protestante, ho intramezzato con una Murphy's la cosiddetta birra cattolica e, naturalmente, ho chiuso con una Guinness.
Per quanto riguarda il primo ho messo in tavola la regina delle zuppe dell’isola verde: il Colcannon, fatto di patate, verza, cipollotti, cotti nel latte, salati e pepati a dovere e mantecati in chiusura col burro.
Per gli amanti della carne, ho servito uno spezzatino di manzo alla Guinness. Come taglio ho usato il cosiddetto cappello del prete, quel bel pezzo leggermente venato di grasso, di forma stretta e allungata, che si trova nella spalla. Va cotto in un delicato soffritto di carote, cipolle, aglio, poi diluito con Birra Guinness e scurito ancora con concentrato di pomodoro. Per aromatiche e spezie ho usato timo, paprika ed una manciata di prezzemolo trito in uscita.
A fianco del ricco e caldo secondo ho messo un contorno fresco: il Coleslaw. Si tratta di  una insalata con cavolo cappuccio, carote e cipollotto fresco, condita con un elaborato dressing, fatto di yogurt magro, aceto di vino bianco, senape, zucchero, erba cipollina tritata, sale fino, pepe nero e maionese.
Per dessert ho sfoderato delle ricche coppe di Trifle, il più anglosassone dei dolci al cucchiaio. Inzuppato il pan di Spagna con panna fresca liquida resa dolce con zucchero a velo, ho costruito i miei strati alternando fragole con crema pasticcera.
La chiusura è stata a sorpresa. Ho cominciato con una favola. Questa.
Era il mese di ottobre del 1943: i primi voli internazionali fra l’Europa e gli Stati Uniti avvenivano a bordo di idrovolanti che partivano dal villaggio di Foynes, in Irlanda. Quel giorno una brutta perturbazione costrinse uno di questi idrovolanti a fare ritorno alla base per aspettare un miglioramento delle condizioni meteo. I passeggeri, stanchi e infreddoliti, vennero accolti all’interno del ristorante del terminal e lo chef, Joe Sheridan, decise di offrire loro una bevanda speciale con l’intento di riscaldare gli ospiti e risollevarne l’umore. Al caffè caldo addolcito con zucchero integrale di canna aggiunse del whiskey irlandese (un abbinamento inusuale fino a quel momento) e completò con una elaborata semimontatura di panna liquida fredda. Un passeggero, deliziato, gli chiese se si trattasse di caffè brasiliano, Sheridan gli rispose: “No, it’s Irish coffee!”.
La serata è finita sorseggiando quella calda delizia tra canti fraterni in una intemerata imitazione della lingua regina. Oh yes.

5 SETTE ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/. Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici.

BRANCALEONE FOX TERRIER
 

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini.
Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine). 

lunedì 12 maggio 2025

CENA TEDESCA

OKTOBERFEST DE NOATRI

Ottobre è stato il mese della birra e credo che valga la pena condividere con voi una cena un po’ speciale di stampo teutonico che ho avuto il piacere-onere di mettere su per i miei adorati (ma severissimi) commensali. Teutonica sì, ma rivisitata all’italiana, perché la gioia più grande del “cuoco amatoriale” è vedere gli occhi dei propri ospiti quando il boccone dal palato scende giù con un lieve sospiro di soddisfazione. Insomma non Wagner ma un romantico lied.
In tavola pane con farina di segale integrale e farro, quel pane dal tipico colore scuro, fatto con un cereale di montagna che si adatta molto bene ad altitudini elevate e resiste ai climi freddi; che cresce in terreni difficili e poveri e matura in fretta. Un pane, una volta, considerato povero, consumato dagli agricoltori, ma oggi decisamente gourmand, molto gustoso, specie arricchito di semi misti, di lino, sesamo o girasole, che gli vengono fatti aderire spennellandolo con poca acqua.
Apriamo con un currywürst, uno street food berlinese, creato da tal Herta Heuwer nel suo chiosco ambulante, nel dopoguerra, quando ottenne dai soldati inglesi – in cambio di alcune bottiglie di liquore – dell’ottima polvere di curry, che pensò subito di utilizzare per insaporire e condire i bratwürst, ossia quei salsicciotti scuri che dopo essere stati bolliti vengono cosparsi con una salsa a base di pomodoro, ketchup e abbondante curry giallo. Li ho abbinati con delle alette di pollo cucinate in un intingolo a base di una salsina alla birra, servite con della senape tedesca, più delicata di quella di Digione.
Per rompere il gusto ho messo lì accanto, in un cestello, i miei nodi d’amore, i pretzel, dal colore marron bruciato, con la superficie lucida, illuminata dai granelli di sale grosso. Sono andati a ruba ed il sale ha decisamente aumentato la sete.
Per preparare lo stomaco al piattoforte ho servito una bier suppe, minestra di birra chiara con l’orzo, in cui galleggiano isole fluttuanti di bianchi d’uovo montati. Il piattoforte era costituito da una variante triveneta del gulash, più delicata di quella strong ungherese, uno spezzatino di manzo, insaporito da cipolle, patate, peperoni e paprika che conferisce al piatto un gusto dolce, deciso e regala quel bel colore rosso acceso. Al gulash, per completare la gamma dei quattro gusti base, ho abbinato i classicissimi crauti con mele (che sono ricchi di vitamina C, minerali e oligoelementi e che, in più, favoriscono la digestione).
Un tris di dolci ha concluso la cena. Sorvolo sul classico strudel di mele, che in definitiva è una rivisitazione asburgica della turca baklava, e passo al bienenstich, una delicatissima torta lievitata farcita di crema diplomatica (misto di pasticcera e chantilly) e sovrastata da un leggero strato di caramello alle mandorle e miele. Ha origini a Magonza, sul fiume Reno, ed il suo nome, puntura d’ape, rievoca la sua creazione, una eroica vittoria militare su nemico preminente e meglio armato, le cui orde furono scacciate lanciandogli contro degli alveari. Al candore del ripieno della precedente contrappunto quello scuro della Baumkuchen, la torta a tronco d’albero, dove diversi strati di impasto sottile, cotti in forno con funzione grill, sono farciti con marmellata di albicocche e cioccolato fondente.
E la birra? È scorsa a fiumi naturalmente. Cela va sans dire, mais ça va mieux en le disant. Le sei classiche Märzen (rigorosamente fatte a marzo) della Oktoberfest di Monaco di Baviera: Augustiner (6,0%), Hofbräu (6,3%), Hacker-Pschorr (5,8%), Löwenbräu (6,1%), Paulaner München (5,8%) e Spaten Bräu (5,9%).

5 SETTE ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/. Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici.

BRANCALEONE FOX TERRIER

 
“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini.
Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

domenica 11 maggio 2025

CENA FRANCESE

CUCINARE ALLA FRANCESE 
Complici le feste natalizie si rinsaldano legami antichi di amicizia e lavoro. Il virtuale WhatsApp quotidiano lascia il posto delle parole agli analogici fatti.
E quale fatto migliore di un momento conviviale?
L’occasione è una cena alla francese cucinata per i miei colleghi universitari d’oltralpe, partner di tanti Progetti Interreg Europei, che mi permette lo spunto di questa riflessione.
Già, ho cucinato alla francese. Ma che vuol dire?
Non esiste una, singola, cucina francese. Esistono tante variopinte espressioni regionali, così come in Italia, diversissime fra loro, i cui piatti più noti e gustosi hanno contribuito, tutti insieme, a dare vita all’idea di cucina francese, per poi approdare alla cucina tout court.
Quanti sono i termini francesi transitati nel vocabolario internazionale? Vediamo: chef, haute cuisine, nouvelle cuisine, hors d'œuvre, dessert, pasta choux, bigné, crêpes, paté, quiche, canapé, gratin, croissant, soufflé, béchamel, bouillabaisse, puré, omelette, crème caramel, mousse, crème brûlée, mayonnaise, ecc.
Apro la mia cena con una Quiche Lorraine, che è un trionfo di uova, parmigiano pancetta e bechamelle, salsa base per le cosiddette salse bianche, amalgamate e stese su di una brisée, dorata a puntino in una cottura al forno.
A seguire una Fondue Savoyarde à la Baguette, il tipico pane lungo affettato a tocchetti resi ancora più croccanti da una rapida passata in forno. Infilzati in appositi spiedini li si intinge nello splendido caquelon, che mi hanno portato in dono, recipiente che serve a tenere in caldo una crema al cucchiaio fatta di comtébeaufortgruyère, rinforzata da vin bianco aromatico e coagulata con maizena.
Proseguo con una Soupe à l’oignon à la Pompadour, in cui le cipolle si sperdono in una buona quantità di brodo di carne, reso cremoso da farina, burro e formaggio (ho usato gruyère grattugiata a filetti), reso gustoso da sale e pepe.
Il piattoforte è una classicissima Sole à la meunière Parisienne, marinata in un bicchiere di latte, infarinata e fritta nel burro, resa agretta giusta col succo di mezzo limone e insaporita con sale, pepe ed un cucchiaino di prezzemolo tritato, sparso giusto prima di andare in tavola per dare una nota di verde freschezza.
Servo un contorno di patate cucinate come Gratin Dauphinois, cotto in forno, con latte, panna, formaggio, burro e l’onnipresente aglio.
Concludo con un dessert Napoleon Varennaise, una Millefeuille farcita con crema pasticcera, crema al cioccolato e decorata con ghirigori di crema chantilly.
Ho stappato Beaujolais nouveau e Gewurztraminer.
Abbiamo concluso con un virile Calvados (che portava in remota memoria le mele del sidro da cui era stato distillato) ed un Grand Marnier, per le signore.
Questa è la Francia in tavola? Sarebbe superbo sostenerlo.
Si è trattato di un piccolo tour de France nei meandri di una cucina ricchissima che riserva sorprese a non finire.

Charles De Gaulle sosteneva l’impossibilità di governare un popolo con così tanti formaggi (350 tipi). Beh, l’Italia ne ha più del doppio!
IL PRANZO DI BABETTE
Il pranzo di Babette (Babettes gæstebud) è un film del 1987, sceneggiato e diretto da Gabriel Axel, tratto dall'omonimo racconto di Karen Blixen, vincitore dell'Oscar al miglior film straniero. È stato presentato nella sezione Un Certain Regard al 40º Festival di Cannes, ottenendo la menzione speciale della giuria ecumenica.
Trama
Alla fine dell'Ottocento in un piccolo villaggio della Danimarca vivono due anziane sorelle, Martina e Philippa, così chiamate in onore di Martin Lutero e Filippo Melantone. Figlie di un pastore protestante, decano e guida spirituale del posto, dopo la sua morte hanno ereditato la direzione della locale comunità religiosa respingendo le proposte di matrimonio e continuando a vivere una vita semplice e frugale, per aiutare i compaesani in difficoltà. Un giorno si presenta alla loro porta, stremata, la parigina Babette Hersant, sfuggita alla repressione della Comune di Parigi, durante la quale il generale Galliffet le ha fatto uccidere il figlio e il marito. Babette viene accolta dalle anziane signorine grazie alla lettera di Achille Papin, un vecchio corteggiatore di una delle due, e si guadagna l'ospitalità facendo da governante e contribuendo all'attività di beneficenza. Dopo quattordici anni da Parigi arriva a Babette la vincita di diecimila franchi d'oro alla lotteria. Le due sorelle pensano che Babette userà la grossa somma per tornare in Francia, ma lei chiede di poter dedicare un pranzo alla memoria del pastore loro padre, nel centenario della sua nascita. Martina e Philippa, anche se lusingate, vedono il banchetto come una minaccia alla loro vita tranquilla, e ottengono dagli abitanti del villaggio la promessa di non proferire parola sul cibo. I dodici invitati arrivano e con loro il generale Lorens Lowenhielm, in gioventù spasimante di una delle sorelle, che capisce subito che quello sarà un pranzo speciale. Aiutati dalla bontà del cibo, dall'atmosfera e dall'amore con cui i piatti sono stati cucinati da Babette, tutti diventano gioviali e felici. Mentre i ricordi passati riaffiorano, arrivano le splendide quaglie en sarcophage. Il generale racconta del Café Anglais di Parigi, dove cucinava uno chef donna che avrebbe fatto poi perdere le proprie tracce, una persona che riusciva con la sua cucina sublime a trasformare un banchetto «in una avventura amorosa». I commensali, seguaci di una vita priva di piaceri, saranno letteralmente sedotti ed inebriati dal pranzo che Babette – è proprio lei la cuoca del Café Anglais, ma loro non lo sanno – ha voluto organizzare per poter nuovamente esprimere il suo talento di artista. Pur evitando ogni commento sulle vivande ed eludendo i commenti entusiasti del generale, trovano la forza per superare le discordie che li dividevano, arrivando alla fine a danzare tutti insieme tenendosi per mano sotto il cielo stellato, prima di riguadagnare le proprie abitazioni. Il generale durante il brindisi dice che a quel pranzo «rettitudine e felicità si sono baciate», riprendendo le parole che il decano aveva pronunciato in presenza di Babette molti anni prima. La cuoca, per procurarsi gli ingredienti, le bevande, i cristalli e le stoviglie, senza dirlo a nessuno ha speso tutto il suo denaro e, nuovamente povera, rimane in Danimarca – del resto, in Francia non ha più nessuno – ma, come lei sottolinea alle due sorelle quando tutti gli invitati sono andati via ignari della sua identità, «un artista non è mai povero».
Menù
Brodo di tartaruga
Blinis Dermidoff
Quaglie in crosta
Insalata mista:
Radicchio belga e noci in vinaigrette
Formaggi francesi
Savarin al rum
Frutta mista:
Uva, pesche, papaia, ananas e melograne
Caffé
Friandises
Vini
Amontillado
Clos de Vougeot 1845
Champagne Veuve Clicquot 1860

BRODO DI TARTARUGA
Ingredienti
1 tartaruga marina,
1 cipolla,
1 spicchio d’aglio,
2 rametti di rosmarino,
qualche foglia di salvia,
qualche foglia di alloro,
3 chiodi di garofano,
1 noce moscata,
un po’ di zenzero,
un bicchiere di vino Vernaccia,
olio extravergine d’oliva,
aceto,
burro,
sale, pepe, crostini di pane.
Preparazione
Tagliare la testa alla tartaruga quindi appenderla per gli arti posteriori affinché fuoriesca tutto il sangue. Conclusa l’operazione, adagiare la tartaruga in una capiente pentola colma d’acqua bollente e separarne la carne dal guscio. sciacquare poi la carne, inciderla e ripulirla dalle interiora. Disporla ora in un recipiente con olio, sale, aceto, pepe ed erbe aromatiche, lasciandola a marinare per almeno 3 ore. Fare sgocciolare la carne e sistemarla in una casseruola con l’aggiunta di olio, qualche noce di burro, sale, spezie, un po’ di zenzero, un trito di cipolla e aglio e far rosolare il tutto; unire un cucchiaino di zafferano, un bicchiere di vernaccia e coprire con acqua cuocere a fuoco moderato per un’ora e servire con crostini di pane.
BLINIS DERMIDOFF CON SALSA SMETANA
Ingredienti e dosi per 4 persone
150 g di farina di grano tenero tipo 00,
2 uova,
100 ml di panna da montare,
10 g di lievito di birra,
250 ml di latte,
burro q.b,
1 pizzico di sale
per la Salsa Smetana 500 gr. di panna da montare,
60 gr. di Yogurt naturale,
3 gocce di limone.
Preparazione
Per la Salsa Smetana. Mescolare gli ingredienti e lasciare maturare coperto per 2 giorni a temperatura ambiente. Filtrare, montare con le fruste, condire con sale, pepe, limone. E’ pronta quando il cucchiaio resta in piedi.
In una terrina sciogliete il lievito di birra con il latte tiepido; unite metà farina mescolando bene con una frusta e lasciate riposare l’impasto coperto da un canovaccio per almeno 2 ore. Trascorso il tempo di riposo, incorporate al composto la restante farina e 2 tuorli, facendo attenzione che non si formino dei grumi. Montate la panna e gli albumi a neve con un pizzico di sale, aggiungete entrambi all’impasto e lasciate riposare per circa 30 minuti. Cuocete quindi le frittelle per pochi minuti mettendo un mestolo dell’impasto in un padellino imburrato e rigirandole una sola volta a metà cottura. I blinis dovranno risultare soffici e dorati.
QUAGLIE IN CROSTA
Ingredienti e dosi per 4 persone
4 Quaglie disossate,
tartufo nero,
2 cucchiai di vino Madera,
brodo,
4 vol-au-vent,
Per il paté
75 gr. Fegatini di pollo,
50 gr. di champignons tritati,
12 scalogni tritati,
60 gr. di lardo a cubetti,
4 fettine di lardo,
50 gr. di burro,
sale,
pepe,
timo,
vino bianco.
Preparazione
Rosolate il lardo nel burro, toglietelo e nel fondo rosolate i fegatini, riaggiungete il lardo, gli champignons, lo scalogno, il timo, il sale, il pepe e saltate tutto per 2 minuti. Togliete i fegatini e sfumate col vino bianco, poi passate tutto al mixer aggiungendo il burro. Mettete in frigorifero. Riempite le quaglie col patè, mettetevi sopra una lamella di tartufo e avvolgete con la fetta di pancetta. Cuocete in pirofila con burro a 200 gradi per 15-18 minuti.
Togliete le quaglie e diluite il fondo con il madera e il brodo. Mettete le quaglie nei vol-au-vent, bagnate col fondo e infornate per 5 minuti.
SAVARIN AL RUM CON FRUTTA GLASSATA
Ingredienti
Per la pasta Farina 450 gr
Burro 120 gr
Zucchero 40 gr
Uova 4
Latte intero 500 ml
Lievito di birra 15 gr
Gelatina neutra per lucidare 100 gr
Sale 1 cucchiaio da tè
Per la bagna Acqua 500 Ml, Zucchero 250 Gr, Rum 100 Ml
Per farcire Panna montata zuccherata - 250 ml, Frutti rossi misti 200 gr
Preparazione
Sciogliete il lievito di birra e impastate il composto con 150 g della farina a disposizione. Amalgamate gli ingredienti e mettete il composto a lievitare per un'ora. Trascorsa l'ora, riprendete il lievitino ed unitevi lo zucchero, le uova e la farina; lavorate l'impasto fino ad ottenere una buona incordatura ovvero il composto deve essere bello elastico. Aggiungete, quindi il burro morbido a fiocchetti e continuate la lavorazione dell'impasto fino a quando quest'ultimo ingredienti risulti completamente incorporato e assorbito. Trasferitelo in uno stampo per savarin. Coprite lo stampo con un canovaccio e lasciate lievitare per circa 2 ore. Infornate i savarin a 200°C per 20 minuti verificando la cottura con la prova stecchino. Sfornate i savarin, lasciateli riposare per un paio di minuti, quindi sformateli. Mentre i savarin si raffreddano, preparate la bagna: fate bollire l'acqua con lo zucchero, spegnete il fuoco ed unite il rum. Bagnate i savarin immergendoli nella bagna ancora tiepida, quindi trasferiteli su di una griglia a scolare dalla bagna in eccesso. Lasciate riposare il tutto per circa 3 ore, spennellate con della gelatina neutra. Prima di servirli decorate con la panna montata e i frutti rossi.

sabato 10 maggio 2025

CENA TIROLESE

Al Caffé del Duomo di Savona rivive la cucina della periferia d'Italia
CENA TIROLESE
Giovedì 26 Gennaio 2017 alle ore 20.30 al Caffè del Duomo di Savona in via Manzoni Casa Bergese organizza con Casa Kettmeier una cena degustazione denominata Cena Tirolese. Nat Russo parlerà sul tema Cucina di confine. Interprete della serata lo chef Christian Stantero. Lo spartito prevede il seguente concerto di sapori:
Entrées
Tirtlen
Smacafam
Minestre
Knödelsuppe
Spätzle
Piattoforte
Capriolo con mirtilli
Rape alla trentina
Dessert
Pane dolce alla tirolese con frutta secca
Mousse di panpepato
Alcools
Hugo
Alto Adige Metodo Classico Brut DOC Kettmeier
Alto Adige Pinot Nero DOC Kettmeier
Bombardino
 
Cena 25 euro (tutto incluso).


5 SETTE ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/. Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici.

BRANCALEONE FOX TERRIER

 
“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini.
Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, mii, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

venerdì 9 maggio 2025

CENA MESSICANA

 


cucina messicana
LA CUCINA MESSICANA
Con l’avvicinarsi della primavera torna la voglia di cucina esotica.
Addomesticata naturalmente. La mia avventura da cuoco alchimista ha preso spunto questa volta da una curiosa lettura “Storia degli Indios di Nuova Spagna” (1541), scritta da Frate Toribio di Benaventa (detto Motolinia, parola che in nahuatl significa umile), che mi ha sintonizzato con quel paradiso che è lo Yucatan. "Yukatlàn", "luogo della ricchezza", ma l'origine della parola sta nell'equivoco in cui sarebbero caduti gli Spagnoli, che "parlando con gli Indios di quella costa", alla domanda su come essa si chiamasse "...risposero: «Tectetán, Tectetán», «Non ti capisco, non ti capisco»: i cristiani corruppero il vocabolo, e non intendendo, conclusero: «Yucatán è il nome di questa terra»". Mentre voi sorridete, io cucino.
Prendo qualche ingrediente azteco, qualche condimento maya, qualche ricetta inca, mischio con prodotti spagnoli, aggiungo un tocco di caraibi e una spruzzata di francese. La cena messicana colorata e saporita, esempio di contaminazione culturale gastronomica perfettamente riuscita, è servita. Mais, peperoncino, fagioli, pomodori, patate e cacao se Colombo avesse sbagliato strada, da noi non sarebbero mai arrivati. Lui in compenso portò riso, manzo, maiale, pollo, cipolle e vino. Direi un cambio alla pari.
Ormai quella messicana è una cucina a sé, che si è costruita una precisa identità nel corso dei secoli, tale da essere una delle più amate e rinomate al mondo. Al Messico si associano tacos, burritos, tortillas, guacamole, tequila. La tortilla è la focaccia a base di farina di mais che ricopre il ruolo che da noi è dato al pane ed alla pasta: può servire da accompagnamento ai piatti, ma spesso li racchiude.
Già questo ci fa capire che ci troviamo in un altro continente gastronomico, poco paragonabile con le portate della cucina europea. Se aggiungiamo poi che la cucina messicana si è contaminata con quella californiana creando il Cal-Mex e con quella texana creando il Tex-Mex la confusione è dietro l’angolo. Ma a tavola serve chiarezza.
Comincio con un aperitivo specialissimo la Michelada, o cerveza preparada, sorta di Bloody Mary col sombrero. Mi chela helada, ossia la mia birra fredda e leggera: succo di lime, cerveza clara Corona, Tabasco, Worcestershire, succo di pomodoro, cubetti di ghiaccio e sale (per orlare il bordo del bicchiere all’uso della tequila bum bum).
Accanto al fresco bicchiere pongo un Tacos al chimichanga, una ghiottissima tortilla fritta ripiena di macinato di manzo, fagioli rossi, formaggio cheddar, pomodoro, cipolla, cumino e jalapenos (un peperoncino esplosivo), una vera bomba di gusto.
Da una tortilla rafferma, fritta in olio bollente fino a quando diventa dorata, rigida e croccante, ricavo la Tostada, che uso come contenitore (piatto edibile) per le Frijole refritos, una crema di fagioli al coriandolo in polvere.
Ecco il turno del Chili con carne all’enchilada. Teneri bocconcini di carne avvolti nella tradizionale tortilla conditi con la salsa chili piccante realizzata con ingredienti dai sapori intensi: fagioli rossi, pomodori, peperoni, cipolle, aglio e un mix di spezie e aromi sapientemente miscelati per creare una salsa dal gusto inconfondibile con un profumo che stuzzica senza dubbio l’appetito.
Si conclude con un dolce meraviglioso, la Cocada mexicana una sorta di crema catalana fatta di cocco grattugiato, zucchero, latte, uova, burro e cannella. Per quello della staffa servo un classicissimo Margarita frozen. Tequila bianca (meraviglioso distillato dell’agave azzurra), Triple Sec Cointreau (delizia all’arancia), succo di lime e fettina di lime per decorare. Affogato nel ghiaccio tritato con frullatore, naturalmente.

5 SETTE 
ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini.
Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine.
Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra.
Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).


giovedì 8 maggio 2025

CENA BERBERA



5 SETTE 
ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici. 

mercoledì 7 maggio 2025

CENA PERUVIANA


peruviana


 
 IL PERÙ: UN PAESE BIODIVERSO
Se una volta si diceva “vale un Perù” per via della sua ricchezza in oro, oggi possiamo ripeterlo per la ricchezza dei suoi prodotti e per la sua biodiversità alimentare. Il Perù è uno dei 12 paesi del mondo che possiedono il maggior indice di biodiversità.
La Cordigliera delle Ande che lo attraversa e la sua vicinanza con l'equatore, permettono l'esistenza di una serie di microclimi diversissimi: dalle zone dei ghiacciai alle selve tropicali. 84 delle 104 zone climatiche del pianeta sono presenti, condizioni adatte per la coltivazione di frutta e verdura durante tutto l'anno.
La fredda corrente di Humboldt, che scorre nell'Oceano Pacifico di fronte alla sua costa, permette l'esistenza di una grande varietà di pesci e di frutti di mare, che fanno di lui uno dei principali mercati di pesce al mondo per qualità, varietà e quantità. Pensate che in Perù sono presenti circa 2000 (duemila) specie di pesci, sia marini che di fiume; in particolare è il primo luogo al mondo per la quantità e la varietà di pesci di fiume.
L'immensa varietà degli ingredienti (sia nativi, che importati) che esiste nelle terre peruviane ha permesso l'evoluzione di una delle cucine più diversificate del mondo.
Al giorno d'oggi convivono, senza opporsi, forti tradizioni regionali e una moderna e continua reinvenzione dei piatti che permette l’utilizzo di molti ingredienti di origine ancestrale. Si pensi alla patata. L'antenata di tutte le varietà di patate del mondo è di origine peruviana. Attualmente si coltivano 4.000 (quattromila) varietà di patate in Perù. Il Centro Mondiale di investigazioni e conservazione genetica della patata (CIP) ha la sua sede a Lima. Se passiamo al camote (in Italia nota come patata americana o patata dolce), scopriamo che sono presenti 2.016 varietà al mondo; in Perù viene prodotto il 65% del totale mondiale.
Il peperoncino, pianta originaria del Messico e del Perù, fu diffusa in tutto il mondo principalmente dai navigatori spagnoli e portoghesi, per il suo alto valore vitaminico che proteggeva dallo scorbuto. Al giorno d'oggi alcune delle sue varietà, come l'ají amarillo o peperoncino giallo e il rocoto si coltivano quasi unicamente in Perù.
Passiamo al pomodoro. Le ricerche più recenti sembrano indicare che l'origine del pomodoro fu nell'attuale territorio dell'Ecuador; ma una pianta di coltivazione parallela vide la luce in Messico (da dove ebbe il nome) e in Perù.
La fruttiera peruviana che portiamo in tavola è immensa. 650 specie di piante da frutta sono originarie di questo territorio. Altre, come il platano (frutto simile alla banana ma coi semi), furono introdotte dall'Africa e dall'Asia.
Il frutto più buono pare sia la chirimoya, dalla buccia verde, con una polpa bianca sugosa, di aroma peculiare e sapore dolce. Fernando Cabieses Molina, esperto nutrizionista, noto studioso della alimentazione e storico della medicina dell'antico Perù, dichiara: "È una frutta regina e non necessita di essere gustata accompagnata da altri cibi, né di essere camuffata per trionfare in qualunque tavola... Chi la prova non smetterà di mangiarla." Chissà quando potremo mangiarla.
Simile a lei è la lùcuma, che grazie ad un sapore e un aroma molto intensi è componente di numerosi dolci e gelati. L’achiote, seme di colore rossiccio si usa invece per dare sapore e colore alle pietanze.
Si contano 35 ecotipi differenti di mais, che da qui partono per le preparazioni delle tavole del mondo intero.
Ma non crediate che queste coltivazioni ancestrali appartengano al passato e giacciano nel dimenticatoio, anzi. Segnaliamo la loro crescente popolarità ed un uso addirittura avanguardista (ad es. il nutrimento degli astronauti): il tarwi (una sorta di lupino) è una leguminosa con un altissimo contenuto proteico, la quinoa, la kañiwa e la kiwicha.
Similmente si possono incontrare nel Perù prodotti commestibili nativi della selva, che funzionano come ricostituenti e medicinali naturali: il saùco , il camu camu (contenente alti livelli di vitamina C) o il yacón (raccomandato per i diabetici).
Preparate i bagagli, si parte per Lima, prima fermata Machu Picchu.

5 SETTE ANNI DI CASA BERGESE


 

7 anni di Casa Bergese raccoglie in maniera sistematica la documentazione di tutte le manifestazioni organizzate dall’omonimo gruppo savonese di amanti della buona tavola pubblicata sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

Nino Bergese è stato il più grande chef italiano di tutti i tempi. Definito "il re dei cuochi il cuoco dei re" per la sua lunga attività al servizio delle case regnanti di tutta Europa è l'inventore della cucina italiana di gran classe. In suo onore esiste una Associazione culturale denominata Casa Bergese che organizza corsi, degustazioni, menù tematici.

6 ALLA RICERCA DEL BUON GUSTO


Alla ricerca del buon gusto raccoglie in maniera sistematica le recensioni pubblicate sul mensile savonese Il Letimbro nella rubrica Dalla parte del gusto e poi apparse nel blog  HOMO LUDENS https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

7 LUOGHI PROIBITI LUOGHI INCANTATI

 
Luoghi proibiti Luoghi incantati raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di mete inconsuete pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/


8 GUIDA ALLA LIGURIA

 
Guida alla Liguria 
raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di ristoranti, negozi ed alberghi pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

9 GUIDA ALL'ITALIA SETTENTRIONALE


 

Guida all’Italia Settentrionale raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di ristoranti, negozi ed alberghi pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

10 GUIDA ALL'ITALIA CENTROMERIDIONALE

 
Guida all’Italia Centro Meridionale 
raccoglie in maniera sistematica le suggestioni di ristoranti, negozi ed alberghi pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)