Il cappero (Capparis spinosa L., 1753) è un piccolo arbusto o suffrutice ramificato a portamento prostrato-ricadente. Della pianta si consumano i boccioli, detti capperi, e più raramente i frutti, noti come cucunci. Entrambi si conservano sott'olio, sotto aceto o sotto sale.
Il portamento è cespitoso, con fusto subito ramificato e rami lignificati solo nella parte basale, spesso molto lunghi, dapprima eretti, poi striscianti o ricadenti.
Le foglie sono alterne e picciolate, a lamina subrotonda e a margine intero, glabre o finemente pelose, di consistenza carnosa. La forma della lamina è ovata, il margine è liscio, le nervature sono pennate e non è una foglia composta. Il nome dato alla specie è dovuto alla presenza, alla base del picciolo, di due stipole trasformate in spine. Nella varietà inermis, la più comune, le stipole sono erbacee e cadono precocemente.
I fiori sono solitari, ascellari, lungamente peduncolati, vistosi. Calice e corolla sono tetrameri, composti rispettivamente da 4 sepali verdi e 4 petali bianchi. L'androceo è composto da numerosi stami rosso-violacei, provvisti di filamenti molto lunghi. L'ovario è supero, con stimma sessile.
Il frutto è una capsula oblunga e verde, a forma di fuso, portata da un peduncolo di 2–3 cm, fusiforme e carnosa, con polpa di colore rosaceo. Contiene numerosi semi reniformi, neri o giallastri, di 1–2 mm di dimensioni. A maturità si apre con una fessura longitudinale. Comunemente i frutti sono chiamati cucunci o cocunci.
Il cappero è coltivato fin dall'antichità ed è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo. È spontaneo solo su substrati calcarei: nel suo ambiente naturale cresce sulle rupi calcaree, nelle falesie, su vecchie mura, formando spesso cespi con rami ricadenti lunghi anche diversi metri. È una pianta eliofila e xerofila con esigenze idriche limitatissime.
Pur essendo una pianta rupicola, il cappero trae vantaggio dalla coltivazione in piena terra e irrigato moderatamente ha uno sviluppo più rigoglioso, producendo fiori da maggio a ottobre. Si propaga per seme o preferibilmente per talee. La talea si esegue in estate, prelevando un pezzo di 7–10 cm di un ramo legnoso di 2-3 anni d'età, quindi lo si pone in una cassetta riempita di torba e sabbia.
Per favorire la radicazione è consigliato l'uso di polveri radicanti. Formatesi le radici, si prelevano le piantine e si invasano singolarmente in vasetti di circa 10 cm di diametro. La propagazione per seme è difficoltosa dato che la germinazione dei semi è buona solo se i semi sono seminati immediatamente dalla raccolta dai frutti, è invece molto difficoltosa (germinabilità del 5 - 10%) quando entrano in dormienza (cioè si essiccano), la preparazione con semi in acqua calda e poi in ammollo per qualche giorno aumenta la germinabilità. La possibilità di germinazione aumenta anche qualora la semina venga eseguita nei mesi invernali (dicembre - gennaio).
Si semina in cassette, riempite di torba e sabbia, lasciate all'aperto nel periodo estivo e riparate in autunno–inverno. Nella primavera successiva si può trapiantare la nuova pianta direttamente nel terreno o singolarmente in un vaso. La semina può avvenire anche direttamente nelle fessure di muri a secco ben esposti al sole in autunno. Occorre però inserire i semi pressati in una manciata di muschio che proteggerà il seme durante l'inverno e lo terrà umido, altra soluzione: inserire dei semi dentro un fico maturo, o in una zolletta di fango pressato inserendo poi il tutto nella fessura del muro. Le piantine nasceranno verso maggio-giugno.
Le proprietà aromatiche sono contenute nei boccioli del fiore, comunemente chiamati capperi. Utilizzati in gastronomia da millenni, si raccolgono ancora chiusi e si conservano in macerazione sotto sale o sotto aceto. I capperi sono solitamente usati per aromatizzare le pietanze e si sposano bene con una grande varietà di cibi: dalla carne, al pesce, alla pasta.
Il frutto, di sapore simile ma più delicato del cappero, è detto cucuncio, cocuncio o capperone e si trova in commercio sotto sale, sott'olio o sotto aceto. È usato tradizionalmente nella cucina eoliana per condire piatti di pesce. Gli eoliani usano anche dissalare i cucunci o i capperi e consumarli al pari di una qualsiasi verdura, di solito in insalata. In ambito culinario vengono utilizzate anche le giovani foglie come insalata, previa cottura per pochi minuti in acqua bollente.
L'ampia diffusione in Sicilia e l'uso tradizionale che se ne fa nella cucina siciliana hanno portato i capperi ad essere inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) come prodotto tipico siciliano. Il Cappero di Pantelleria ha invece ottenuto l'Indicazione geografica protetta (IGP). Fin dall'antichità è diffusa la credenza che attribuisce proprietà afrodisiache al cappero.
Le 5 specie domesticate, e quindi più comuni, di peperoncino sono:
· Capsicum annuum, probabilmente la più coltivata, comprendente le varietà più diffuse: i peperoni dolci, il peperoncino comune in Italia, il peperoncino di Cayenna, e il messicano jalapeño
· Capsicum baccatum, che include il cosiddetto cappello del vescovo, e gli ají
· Capsicum chinense, il cui nome può trarre in inganno. Difatti la qualità non è cinese, bensì sud-americana, in particolare originario dell'Amazzonia. Tale qualità include l'habanero, rimasto fino al 2006 nel Guinness dei primati come il peperoncino più piccante del mondo, e il suo successore Dorset Naga ibrido con C. frutescens, più lo Scotch Bonnet e il fatalii
· Capsicum frutescens, che include tra gli altri il tabasco
· Capsicum pubescens, che include il sudamericano rocoto
Sebbene siano poche le specie di peperoncino coltivate commercialmente in Italia, ci sono molte cultivar: il peperone verde e quello rosso, ad esempio, sono la stessa cultivar, ma i verdi sono immaturi. A livello amatoriale, invece, vi è una fiorente comunità di appassionati, che coltivano tutte le 5 specie principali e molte delle minori. Per la gran varietà di cultivar, sicuramente C. annuum è il più diffuso, mentre le altre specie sono relativamente meno coltivate.
La sostanza artefice principale della piccantezza è l'alcaloide capsaicina (8-metil-N-vanillil-6-nonenamide o C18H27NO3), insieme ad altre 4 sostanze naturali correlate, chiamate collettivamente capsaicinoidi, che ne comprendono anche altre di sintesi. Ogni capsacinoide ha piccantezza relativa e un sapore diversi nella bocca, e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze determina le diverse sensazioni prodotte dalle diverse varietà, oltre al loro contenuto. La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso, e può addirittura causare vesciche da ustione, se in alte concentrazioni. Rappresenta anche l'ingrediente principale nello spray al pepe, usato come "arma non letale".
La sensazione di bruciore che percepiamo, tanto più intensa e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento di temperatura nella nostra bocca. La capsaicina interagisce semplicemente con alcuni termorecettori presenti nella bocca, nello stomaco e nell'ano, che mandano un segnale al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco "bruciasse". Stessa sensazione si ha quando defechiamo, in quanto gli stessi termorecettori sono presenti anche nell'ano.
La piccantezza dei peperoncini è misurata solitamente tramite la scala di Scoville, ideata al principio del XX Secolo dal chimico statunitense Wilbur Scoville. Il peperone dolce ha ad esempio zero unità Scoville, i jalapeños vanno da 3,000 a 10,000 SU, mentre gli Habaneros arrivano a 600,000 unità Scoville. Il record per il più alto numero di unità Scoville in un peperoncino è stato assegnato dal Guinness dei primati al Bhut Jolokia indiano, che ha fatto segnare oltre 1.000.000 unità. Nel 2006, è stata presentata la varietà Dorset Naga, derivata da quest'ultima, che ha fatto misurare anch'essa oltre 1.000.000 di SU.
Va tuttavia precisato che anche nel C. chinense, che vanta appunto alcune delle più piccanti al mondo, vi sono cultivar a 0 SU. Ad ogni modo, a partire da 250.000 SU, la sensazione di piccantezza cede il posto al dolore, la cui intensità è per lo più costante a prescindere dal contenuto in capsaicina, mentre aumentano la diffusione in bocca e gola, e la persistenza nel tempo. Pertanto, assaggiare un bhut jolokia o un habanero orange, a parte il sapore, dà la stessa sensazione di dolore, solo che il primo dura di più. Uno dei modi migliori per alleviare la sensazione di bruciore è bere latte, mangiare yogurt od ogni prodotto caseario, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti una proteina presente nei latticini, la caseina, agglutina la capsaicina, rimuovendola dai recettori nervosi.
La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell'habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come anestetico.
Un bicchiere di latte freddo, sorseggiato lentamente, è senz'altro il "rimedio" migliore all'eccessiva piccantezza, da tenere a portata di mano per l'assaggio di salse piccanti o peperoncini sconosciuti. Molto efficace anche mangiare del pane, specie la mollica, perché rimuove meccanicamente il peperoncino dalla bocca.
Il peperone in cucina
Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua capacità di bruciare il palato, si utilizza anche per aromatizzare, nonché per fare salse piccanti. Nelle specie piccanti, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto la base dei propri piatti regionali, come la Calabria, con la sardella e la famosa nduja, la Basilicata con il peperone di Senise (in dialetto locale Zafaran), che ha ottenuto il marchio IGP dall'Unione Europea) e in generale tutto il Sud peninsulare. Il peperone dolce è invece molto utilizzato nella cucina piemontese soprattutto nella sua variante regionale Peperoni di Carmagnola ed è alla base di numerosi antipasti, del bagnet ross e della bagna cauda. All'estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della harissa), in India, in Thailandia e nelle due Coree. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all'uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l'arrivo degli europei. Una volta macinato il peperoncino modifica l'intensità del gusto: il grado di piccantezza però varia non solo in base alla varietà di peperoncino scelta, ma anche in base al grado di maturazione: infatti più è maturo e più è forte. Inoltre lo stress ambientale, tra cui la siccità e il freddo accentua il sapore piccante. L'eccesso di acqua causa anch'esso aumento di piccantezza, ma spesso rovina la pianta e, in C. chinense, può dare sapore amaro ai frutti. Alcune varietà di peperoncino sono indicate per il consumo immediato, perché i frutti non si mantengono a lungo. Altre, possono essere invece essiccate e macinate. In questo modo aumenta la concentrazione di capsaicina e dunque la piccantezza. Inoltre, pressappoco tutte le varietà di C. chinense hanno aroma e sapore intenso, che si perde con l'essiccazione. Ad esempio l'habanero, da fresco ha un intenso odore di albicocca e un sapore fruttato simile al cedro, che si attenuano alquanto con l'essiccazione.
Il peperoncino è un condimento molto popolare, nonostante il dolore e l'irritazione che provoca. Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l'uso di peperoncino ed altre spezie.
I peperoncini sono ricchi in vitamina C e si ritiene abbiano molti effetti benefici sulla salute umana, purché usati con moderazione ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, il peperoncino si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione. Queste virtù sono dovute principalmente alla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di muco e di succhi gastrici. In ultimo il peperoncino stimolando la peristalsi intestinale favorisce il transito e l'evacuazione, il più rapido passaggio intestinale in sinergia col potere antibatterico ed antimicotico evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine, particolarmente le tossine della candida albicans.
Alcuni studi hanno evidenziato un aumento del metabolismo e una riduzione dell'insulina ematica dopo aver mangiato cibi conditi con peperoncini piccanti. Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico in artriti, neuropatia diabetica, nevralgie post-herpetiche e del trigemino, sintomi post-mastectomia, cefalea a grappolo. I capsaicinoidi agiscono a livello dei nocicettori mediante i recettori vanilloidi specifici VR-1, come desensibilizzanti dei recettori stessi agli stimoli dolorosi, in una prima fase attraverso una "desensibilizzazione acuta" ed in seguito attraverso una tachifilassi (una ridotta risposta recettoriale alle successive applicazioni di capsaicinoidi). Si può anche ipotizzare che la sensazione di dolore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a produrre endorfine, un oppiaceo naturale in grado di agire da analgesico e produrre una sensazione di benessere.
Non esiste alcuno studio o prova sperimentale che dimostri le sue presunte proprietà afrodisiache.
In conclusione i benefici dei peperoncini sono numerosi, anche se non tutti confermati, e questi frutti delle piante di Capsicum (della famiglia delle Solanaceae come le piante del tabacco, delle melanzane e dei pomodori) sono sempre al centro di numerosi studi in atto per certificarne le effettive proprietà benefiche. Moltissime tradizioni medicinali popolari usano come rimedio il peperoncino, e la medicina Ayurvedica lo consiglia per il trattamento di ulcere peptiche.
Gli uccelli, al contrario dei mammiferi, non sono sensibili alla capsaicina, poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. A ragione di ciò i peperoncini costituiscono il cibo preferito di molti volatili; essi costituiscono infatti una fonte di vitamina C e carotene, necessari agli uccelli soprattutto durante la muta del piumaggio. In cambio gli uccelli spargono i semi della pianta sia mentre consumano i frutti, sia attraverso le feci, poiché questi semi riescono a oltrepassare l'apparato digerente inalterati. Si pensa che questo tipo di relazione abbia promosso l'evoluzione dell'attività protettrice della capsaicina.
Valori nustrizionali
La caratteristica principale del peperone è il suo elevato contenuto di vitamina C, e contiene anche vitamina A; è decisamente poco calorico, poiché è costituito per oltre il 90% da acqua, e il che lo rende adatto alle diete dimagranti.
Le varietà dolci sono generalmente quelle preferite dai consumatori, per la migliore digeribilità e appetibilità.
Le varietà piccanti sono più ricche di vitamine delle altre, tanto che raggiungono valori 300 volte maggiori di ciascuno degli altri ortaggi coltivati, inoltre hanno un tenore medio di acido ascorbico altissimo, e sono sconsigliate a chi soffre di ulcera o iperacidità gastrica e ai bambini; però, per la presenza di carotenoidi (contro i radicali liberi e l’invecchiamento cellulare) e sali minerali, hanno il pregio di stimolare la vitalità dei tessuti e di attivare il circolo venoso
Cenni Storici
Il peperone ha fatto la sua comparsa sulle tavole europee quando venne importato in Spagna verso la metà del 1500; poi arrivò in Italia, e solo nel 1700 in Ungheria, una delle principali produttrici di paprika, spezia ottenuta da particolari varietà di peperoni, che vengono fatti essiccare, ridotti in polvere e mescolati con farina di frumento.
Il nome latino "capsicum" deriva da capsa= scatola, per la particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi.
Coltivazione
Le moltissime specie di peperone, sono largamente coltivate e diffuse in tutto il mondo (circa 1,26 milioni di ettari), in aree come l' America centro-meridionale, Asia, Africa ed Europa; in Italia invece la coltivazione di questa pianta si sta lentamente riducendo tanto che ultimamente si tende più ad importare che ad esportare, con flussi di prodotti provenienti prevalentemente da Spagna ed Olanda; le regioni italiane maggiormente interessate dalla coltura sono la Sicilia, la
Varietà peperoni
Peperoni rossi/gialli/verdi quadrati
Sono ortaggi grossi, di forma quadrata a quattro lobi.
Il colore dapprima verde,diventa a maturazione rosso, giallo oppure mantiene lo stesso colore a seconda delle sottovarietà di appartenenza.
Possiedono una polpa carnosa e un sapore dolce.
Peperoni rossi/gialli/verdi lunghi
Questi peperoni hanno una forma allungata, La polpa è carnosa e sempre di sapore dolce. Sono questi i peperoni più diffusi.
I peperoni di Senise
Sono peperoni coltivati sulle valli del Sinni e dell'Agri, in Basilicata.
Sono caratterizzati da uno spessore sottile e da un basso contenuto in acqua del pericarpo.
Il trapianto si effettua dopo la seconda decade di maggio mentre La raccolta avviene manualmente a partire dalla prima decade di agosto quando le bacche raggiungono la tipica colorazione rossa.
Può essere consumato fresco o conservato.
Come scegliere
Al momento dell’acquisto i peperoni devono avere il picciolo ben attaccato, teso e turgido devono essere lucidi, sodi al tatto, con la pelle ben tesa e privi di ammaccature; in più ricordate: se sono ben maturi risulteranno dolciastri, se immaturi e verdi saranno piuttosto asprigni ma ugualmente apprezzati.
I peperoncini piccanti si conservano in genere sott'olio. Quelli di Cajenna, dai quali si ricava la paprika, si essiccano al sole e poi si macinano.
Come conservare
I peperoni si possono conservare in frigorifero per 4-5 giorni nel cassetto delle verdure, in alternativa potete conservarli sott’aceto o sott’olio. Se essiccate e macinate dei peperoncini piccanti potete conservarli in vasi di vetro, lontani da luce o fonti di calore.
I 10 peperoncini più piccanti del mondo
Gli uomini che amano il cibo piccante sono pieni di testosterone: non è la boutade del presidente del consorzio della ‘Nduja calabrese, lo afferma uno studio dello scienziato venuto dal regno della cucina snob, il professor Laurent Bègue dell’Università di Grenoble (si chiama “Some like it hot” A qualcuno piace caldo, solo il titolo vale la lettura).
Lo studio si spinge a sostenere che l’amore per il peperoncino, nei maschi più virili, è la conseguenza della passione per il rischio, dimostrata dalla capsaicina, sostanza che si lega con il recettore del dolore e provoca bruciore, battito accelerato e sudorazione.
In Inghilterra, dove sospinto dalla massiccia immigrazione indiana il cibo piccante è ormai la regola, i quotidiani usano lo studio per dileggiare i francesi, che lo snobbano abbastanza.
Pare che l’abuso di peperoncino aumenti le percentuali di testosterone negli uomini (ma per il momento è stato provato solo sui roditori).
Comunque, chi vuole portarsi avanti col lavoro può insaporire la propria dieta con uno di questi 10 peperoncini, i più piccanti del mondo secondo la scala ufficiale di Scoville (unità di misura è lo shu: Scoville heat units).
10 Byadagi
Coltivato dello stato indiano del Karnataka, da questo peperoncino si estrae un olio venduto negli stati uniti e in Europa come base per lo smalto per le unghie.
La sua forza relativa, 100.000 shu, lo ha reso una delle spezie base nella cucina dell’India del Sud.
9 Bird’s eye
E’ il peperoncino della cucina thailandese, del Kerala, del Vietnam e dello Sri Lanka: arriva fino a 250.000 shu.
8 Habanero
L’Habanero con i suoi 350.000 shu è entrato a far parte del Guinness dei primati nel lontano 1999.
E’ spesso confuso con lo Scotch Bonnet con cui condivide il sapore e la carnosità, ma l’Habanero è rosso e famoso ai più.
7 Scotch Bonnet
Coltivato soprattutto nei Caraibi e in Guyana, ne esistono anche delle varietà dolci.
E’ molto diffuso, anche se non lo sappiamo, in Occidente.
6 Habanero Orange
Arancione, messicano e sottovalutato.
L’Habanero Orange è stato per errore spodestato dalla varietà Red Savina, ma doveva essere lui a detenere il Guinness dei primati fino al 2006.
5 Habanero Red Savina
Il più piccante secondo il Guinness dei primati dal 1999 al 2006. Misura circa 300.000 shu, ma il Chile Pepper Institute ha determinato che quello di attribuirgli una così alta percentuale di capsaicina è stato un errore di calcolo: l’Habanero Orange è più piccante, arriva infatti a 360.000 shu.
4 Bhut Jokolia
Dal 2007 al 2011 è stato il peperoncino più piccante del mondo. E’ conosciuto anche con i simpatici nomignoli di “peperoncino velenoso” e di “peperoncino cobra”.
E’ comunemente usato negli spray anti aggressione, e qualche tempo fa si era pensato di trarne una bomba chimica. Misura poco più di 1 milione di shu.
3 Naga Viper
Per un breve periodo nel 2011 è stato anche lui il peperoncino più piccante del mondo (titolo che evidentemente non si nega a nessuno) con i suoi 1.400.000 shu. E’ però una varietà ibrida, creata in Inghilterra, incapace di riprodursi da sola.
2 Trinidad Moruga Scorpion
Il peperoncino terribile dei Caraibi che misura 2 milioni sulla scala di Scoville è dal 2011 il più piccante ufficialmente.
Oltre al più forte è anche il più grosso, e qui le battute sulla sua mascolinità si potrebbero sprecare.
1 Carolina Reaper
C’è sempre qualcuno più grande.
Avrà pensato questo il T scorpion quando dopo solo un anno di permanenza nel Guinness dei primati, nel 2013 è stato spodestato dal Carolina Reaper, un ibrido nato in South Carolina ad oggi il più piccante conosciuto con i suoi 2.200.000 shu. La sua caratteristica è avere la codina, come uno scorpione.
Scala di ScovilleLa scala di Scoville è una scala di misura della piccantezza di un peperoncino. Questi frutti del genere Capsicum contengono alcune sostanze, dettecapsaicinoidi, di cui la più abbondante è la capsaicina, un composto chimico che stimola i recettori del caldo VR1 (recettori per i vanilloidi 1) situati anche sulla lingua e ciò provoca la sensazione di "bruciore".
Il numero di unità di Scoville che indica l'appartenenza alla scala (SHU) (Scoville Heat Units) indica la quantità di capsaicina equivalente contenuta. Molte salse piccanti in uso sia in America del Nord che del Sud indicano la loro piccantezza in unità di Scoville. La scala di Scoville prende il nome dal suo ideatore, Wilbur Scoville che sviluppò il SOT (Scoville Organoleptic Test) nel1912. Questo test originariamente prevedeva che una soluzione dell'estratto del peperoncino venisse diluita in acqua e zucchero finché il "bruciore" non fosse più percettibile ad un insieme di assaggiatori (generalmente 5); il grado di diluizione, posto pari a 16.000.000 per la capsaicina pura, dava il valore di piccantezza in unità di Scoville. Il valore 16.000.000 per la capsaicina fu posto arbitrariamente da Scoville.
Quindi un peperone dolce, che non contiene capsaicina, ha un valore zero sulla scala Scoville, a significare che l'estratto di peperone non è piccante anche se non diluito. Al contrario uno dei peperoncini più piccanti, l'Habanero, fa misurare un valore superiore a 300.000 sulla scala Scoville: posto 16.000.000 la capsaicina pura, significa che l'estratto di Habanero ha un contenuto di capsaicina equivalente di in peso.
Il record, registrato nel Guinness dei primati nel dicembre del 2013, appartiene al Carolina Reaper con 2.200.000 SHU. Precedentemente apparteneva allo Scorpione di Trinidad, e ancora prima al Naga Viper con 1.382.118 SHU. Come sempre, va ricordato che essendo prodotti naturali e non industriali, non tutti i peperoncini hanno lo stesso valore: è semplicemente il massimo valore registrato e ufficialmente riconosciuto.
Sedici unità di Scoville sono equivalenti a una parte di capsaicina per milione, ma il suo grande limite è che pur basandosi su una scala oggettiva, la rilevazione dipende dalla soggettività umana. Successivamente sono stati sviluppati altri tipi di test, molto più sofisticati, come il test HPLC (High performance liquid chromatography, noto anche come "Metodo Gillett") che misura direttamente la quantità di capsaicinoidi invece che affidarsi alla sensibilità dell'uomo. La capsaicina pura è una sostanza tossica e la sua assunzione in grandi quantità può avere effetti letali.
Classifica della piccantezza di alcuni peperoncini sulla scala Scoville
I valori sulla scala Scoville possono variare sensibilmente per almeno tre ragioni:
· Variano all'interno della stessa specie, anche di un fattore 10 o più, a seconda della semenza, del clima e del suolo.
· Le vere "Unità di Scoville" erano il risultato di un test organolettico, che dipende dalla sensibilità umana e varia anche di ± 50%.
· Il test HPLC non misura direttamente le unità di Scoville, ma le "unità di piccantezza ASTA". Queste sono poi convertite in unità Scoville, ma dato che la piccantezza assoluta dei capsaicinoidi ha un errore di circa il 20%, anche la conversione ne risente. L'HPLC stesso ha un errore di circa il 12%.
Scala di Scoville (unità di misura in Scoville Heat Units - SHU) |
16.000.000.000 | Resiniferatossina |
5.300.000.000 | Tinyatossina |
15.000.000 - 16.000.000 | Diidrocapsaicina, Capsaicina pura |
8.800.000 - 9.100.000 | Nordiidrocapsaicina |
6.000.000 - 8.600.000 | Omodiidrocapsaicina, Omocapsaicina |
2.500.000 - 5.300.000 | Spray al peperoncino in uso alla polizia |
2.483.584 - 2.723.058 | Dragon's Breath |
2.000.000 - 2.200.000 | Carolina Reaper |
1.067.286 - 2.000.231 | Trinidad Scorpion Moruga, Trinidad Scorpion Butch Taylor, Naga Viper, Infinity Chili, Komodo Dragon Chili, Spray al peperoncino di uso comune |
855.000 - 1.041.427 | Naga Morich, Naga Dorset, Seven Pod (o Seven Pots) |
876.000 - 970.000 | Bhut Jolokia (noto anche come Ghost Chili), Naga Jolokia (Ibrido) |
350.000 - 855.000 | Habanero Red Savina, Indian Tezpur |
100.000 - 350.000 | Habanero, Jamaican Hot, Bird's Eye (o "Piripiri", "Pilipili", "African Devil") |
50.000 - 100.000 | Scotch Bonnet, Santaka, Chiltecpin, Rocoto, Thai Pepper (o Thai Dragon), |
30.000 - 50.000 | Ají, Cayenne, Tabasco, Piquin |
15.000 - 30.000 | Chile de Arbol, Calabrese, Manzano |
5.000 - 15.000 | Peter Pepper, Serrano, Jalapeño |
2.500 - 5.000 | Mirasol, Chipotle, Poblano |
1.500 - 2.500 | Sandia, Cascabel, NuMex Big Jim, NuMex Suave |
1.000 - 1.500 | Ancho, Anaheim, Pasilla Bajio, Española |
100 - 1.000 | Mexican Bell, Cherry, New Mexico Pepper, Peperone, Paprica |
0 - 100 | Peperone dolce, Pimento (Pimenta dioica), Paprica dolce |
Caratteristiche nutrizionali degli ortaggi da frutto
Quando si leggono le caratteristiche nutrizionali di prodotti vegetali crudi bisogna sempre tenere conto della grandissima quantità di acqua che contengono, e gli ortaggi a frutto non sono da meno. Questo significa che se in cottura la perdita d’acqua è importante, per gli ortaggi che si cuociono, in proporzione le altre sostanze nutritive cresceranno, e questo porta a differenze importanti dal punto di vista alimentare.
Nella tabella seguente vengono considerate le sostanze nutritive principali di ogni singolo alimento; tutti gli ortaggi erano crudi nel momento in cui sono stati analizzati (nonostante qualcuno, come le melanzane, non sia commestibile crudo).
Inoltre, tutti i valori sono da intendersi per 100 grammi di prodotto, buccia compresa (tranne nel caso della zucca).
| Zucchina | Zucca | Cetriolo | Pomodoro(maturo) | Melanzana | Peperone (giallo e rosso) |
Acqua | 93,6 | 94,6 | 96,5 | 94 | 92,7 | 91,5 |
Proteine | 1,3 | 1,1 | 0,7 | 1 | 1,1 | 0,9 |
Lipidi | 0,1 | 0,1 | 0,5 | 0,2 | 0,4 | 0,3 |
Carboidrati | 1,4 | 3,5 | 1,8 | 3,5 | 2,6 | 6,7 |
Fibra | 1,2 | 0,5 | 0,8 | 2 | 2,6 | 2 |
Energia (Kcal) | 11 | 18 | 14 | 19 | 18 | 31 |
Sodio (mg) | 22 | 1 | 13 | 6 | 26 | 2 |
Potassio (mg) | 264 | 340 | 140 | 297 | 184 | 210 |
Ferro (mg) | 0,5 | 0,9 | 0,3 | 0,3 | 0,3 | 0,7 |
Calcio (mg) | 21 | 20 | 16 | 9 | 14 | 17 |
Vitamina A(ug) | 6 | 599 | Tracce | 610 | Tracce | 424 |
Vitamina C(mg) | 11 | 9 | 11 | 25 | 11 | 166 |
Acqua
Il componente principale di tutti gli ortaggi a frutto è l’acqua che protegge e nutre il seme; l’acqua è un nutriente essenziale ed è facilissimo da recuperare, per la pianta, che lo assorbe dall’aria e dalla terra. Tutti gli ortaggi superano il 90% di contenuto in acqua, e anche se qualcuno è più “solido”, come i peperoni (cosa che aumenta se, come nel caso dei peperoncini, vengono essiccati) e qualcuno meno, come il cetriolo (che è essenzialmente solo acqua) la situazione è sempre molto simile; tutti gli ortaggi da frutto dissetano, e nessuno è particolarmente ricco in macronutrienti, a differenza di altri ortaggi.
I lipidi nelle piante hanno solamente una funzione strutturale, a differenza degli animali in cui costituiscono un nutriente di riserva. Per questo motivo sono pochissimo rappresentati nei vegetali (in questi vegetali, mentre in altre come le olive sono molto rappresentati), e per quel poco che lo sono lo sono nel seme, dove ci sono acidi grassi essenziali che consentiranno il futuro sviluppo della pianta che germoglia.
Anche se questi nutrienti sono essenziali, c’è però da dire che sono così pochi all’interno degli ortaggi che certo non si possono mangiare per ottenere la quota lipidica di cui ha bisogno l’organismo. Questo si nota anche nelle calorie contenute negli ortaggi, che sono sempre bassissime.
Questo, però, ha un rovescio positivo: questi alimenti non fanno ingrassare, e possono essere consumati a volontà. Sempre, ovviamente, facendo attenzione ai condimenti: se l’ortaggio poco grasso viene mangiato con molto olio, questa qualità nutrizionale inevitabilmente si perde.
Le proteine sono molto presenti negli alimenti in quanto necessarie al movimento; non a caso si trovano soprattutto nei muscoli. Nei vegetali (a parte il caso particolare dei legumi, per una particolarità delle loro radici) non hanno questa funzione e, quindi, non hanno senso di essere presenti in abbondanza perché questo rappresenterebbe un dispendio energetico per la pianta, che le sostituisce per funzione strutturale con la fibra. È per questo che le proteine negli ortaggi a frutto sono sempre pochissime, e non si scostano molto dall’1%. Non solo: oltre ad essere poche sono anche di bassa qualità, per cui del grammo (circa) che ne assumiamo mangiando 100 grammi di ortaggio, ne assorbiamo circa 0,2 grammi. Gli ortaggi a frutto non sono dunque l’alimento più indicato per chi si trova in carenza proteica.
Neanche i carboidrati sono particolarmente rappresentati negli ortaggi a frutto, anche se sono più presenti rispetto ad altre componenti. Vengono prodotti direttamente dalla pianta tramite il processo di fotosintesi clorofilliana, e ovviamente vengono inseriti nel frutto soprattutto per renderlo dolce e appetibile in funzione del trasporto dei semi lontano dalla pianta madre. In ogni caso, seppur presenti, gli ortaggi da frutto non contengono un quantitativo di carboidrati tale da costituire nutrimento e sostentamento per una persona, motivo per cui per i fabbisogni energetici bisogna affidarsi, se non ad alimenti animali, almeno ad alcuni vegetali che ne contengono molti di più, come i cereali.
La fibra negli ortaggi da frutto è presente, anche se non è particolarmente rappresentata rispetto ad altri vegetali come gli ortaggi da foglia. Questo perché nelle piante le fibre hanno una funzione strutturale, cioè sorreggono la pianta e la rendono rigida, per cui sono molto più presenti nei fusti e nelle foglie che, però, negli ortaggi da frutto non si consumano. La percentuale di fibra va in relazione alla quantità e allo spessore della buccia, perché è contenuta proprio lì: le solanacee hanno una buccia più spessa, per cui un quantitativo maggiore di fibra, mentre cetrioli e zucchine ce l’hanno molto sottile, infatti non si riescono a sbucciare senza togliere parte della polpa. La zucca ha meno fibra di tutti gli altri perché presa in considerazione priva della buccia.
La composizione in minerali delle singole piante varia da pianta a pianta, in base a quelli che riesce ad assorbire. Nel frutto, ricco di liquido intracellulare ma con pochi vasi di trasmissione della linfa, il potassio è sempre molto più presente rispetto al sodio, che invece è in quantità molto bassa, a differenza da quanto accade con altri tipi di vegetali. Discorso molto simile per il calcio, che si accumula principalmente in fusto e foglie e poco nei frutti, mentre il ferro non solo è pochissimo rappresentato ma anche difficile da assimilare, essendo presente nella forma non digeribile, a differenza del ferro presente nella carne. Per quanto riguarda i minerali, quindi, gli ortaggi a frutto non sono i migliori come fonte, anche se altri vegetali naturalmente lo sono.
Per quanto riguarda invece le vitamine, queste sono ben presenti negli ortaggi a frutto. In particolare è molto ben rappresentata la vitamina C, che viene prodotta proprio dai frutti delle piante (quindi si trova, oltre che in questi ortaggi, nella frutta); particolarmente ricco di questa vitamina è il peperone. Per la vitamina A, o retinolo, ne sono ricchi gli ortaggi che si mangiano quando maturi: pomodoro, peperoni e zucca sono quindi ottimi alimenti in cui cercare questo nutriente, mentre per quanto riguarda gli ortaggi ancora immaturi i quantitativi sono molto inferiori.
La noce moscata (Myristica fragrans Houtt) è il seme di un albero della famiglia Myristicaceae originario delle isole Molucche (Indonesia) ed oggi coltivato nelle zone intertropicali. Se ne ricavano due spezie:
- il seme decorticato è la noce moscata
- la parte esterna che ricopre il seme fornisce il macis.
Il nome noce moscata significa "noce di Mascate" e fa riferimento alla capitale dell'Oman, luogo dal quale cominciò ad essere commercializzata.