giovedì 6 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 2 Vini lombardi altoatesini

BONARDA

  
https://youtu.be/AZiWxTNE-N8


L' Oltrepò Pavese Bonarda è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Pavia. Il vitigno utilizzato per la sua produzione è la Croatina detto tradizionalmente Bonarda nelle zone dell'Oltrepò e del Piacentino.
L’origine del nome Bonarda è incerta. Secondo alcuni autori, il nome deriverebbe dal patronimico longobardo Bono con l’aggiunta di “hard”, che in longobardo significava “coraggioso e forte”. La ricostruzione si basa sul fatto che i Longobardi ebbero come capitale Pavia, con estensione del loro dominio anche in Oltrepò. Il vino Oltrepò Bonarda si ottiene da uva Croatina, la cui etimologia deriverebbe da “croatta” – “cravatta” e starebbe a indicare che il vino ottenuto da Croatina si beveva nei giorni di festa, quando appunto veniva indossata la cravatta.
Di colore rosso rubino intenso; all'olfatto presenta un profumo intenso e gradevole, con delicato sentore di lieviti; al gusto si presenta secco o amabile, leggermente tannico, fresco e talvolta vivace o frizzante dotato di una mineralità che lo rende abbastanza sapido.
La versione più diffusa di questo tipico prodotto dell'Oltrepò si presenta vivace o frizzante e si abbina a piatti di salumi, bolliti, cotechino, zampone, cassoeula. Anche paste asciutte con sughi a base di pomodoro meglio se con carne, risotti con carne e/o legumi, ravioli di carne anche in brodo.

BOTTICINO

Il Botticino è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Brescia.
Caratteristiche organolettiche
colore: rubino carico con riflessi granati.
odore: vinoso e intenso
sapore: asciutto, armonico, giustamente tannico

FRANCIACORTA




https://youtu.be/28BcbQ34Yak




A identificare il Franciacorta è unicamente il nome della regione geografica, limitata e definita nei suoi confini, dove crescono le sue vigne e hanno sede i suoi produttori. Le etichette recano solo la 
dizione Franciacorta: un unico termine definisce il territorio, il metodo di produzione e il vino. Il Franciacorta è stato il primo vino ottenuto col metodo della rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto in Italia, nel 1995, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, massimo riconoscimento di qualità e tipicità di un vino. Il Franciacorta deriva da Uve Chardonnay e/o Pinot nero. E’ consentito anche l’utilizzo del Pinot bianco fino ad massimo del 50%. E’ rifermentato in bottiglia con un minimo di 18 mesi di affinamento sui lieviti; elaborazione e maturazione durano almeno 25 mesi dalla vendemmia. Per produrre il Franciacorta non millesimato sono necessari tempi molto lunghi: a 7 mesi circa dalla vendemmia il vino base viene aggiunto dei lieviti e imbottigliato. Dovranno passare minimo 18 mesi di lenta rifermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti prima di poter essere sottoposto alla sboccatura, mentre per i Satén e i Rosé non millesimati i tempi si allungano fino a 24 mesi. Per i Franciacorta millesimati il periodo di affinamento sui lieviti minimo, come da Disciplinare, sale almeno a 30 mesi. Ci vorrà ancora più pazienza per chi vuole degustare un Franciacorta Riserva, che può essere immesso al consumo solo dopo 60 mesi di riposo a contatto coi lieviti per un tempo totale di 67 mesi dalla vandemmia. Sono ammesse le tipologie: Non dosato (Pas Dosé, Dosage Zèro, Nature), Extra Brut, Brut, Extra Dry, Sec, DemiSec. La pressione in bottiglia varia tra le 5 e le 6 atmosfere. Colore giallo paglierino con riflessi verdolini o dorati, perlage fine e persistente; bouquet con caratteristiche note della fermentazione in bottiglia, sentori di crosta di pane e di lievito arricchiti da delicate note di agrume e di frutta secca (mandorla, nocciola, fichi secchi), sapido, fresco, fine e armonico. Il Franciacorta è ideale a tutto pasto: con le sue diverse tipologie di sapore è abbinabile a una gamma estremamente ampia di piatti e prodotti. Ogni tipologia possiede una sua spiccata personalità. Va servito nei calici Franciacorta a una temperatura di 8-10 °C. 

GUTTURNIO
Il Colli Piacentini Gutturnio è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Piacenza ottenuto da vitigni: Barbera e Croatina. È il capostipite dei vini rossi piacentini. Nel 1967 il Gutturnio è stato tra i primi dieci vini italiani (e il primo vino piacentino) a ricevere la denominazione d'origine controllata (DOC).
Esistono vari tipi di Gutturnio:
Gutturnio Classico
Gutturnio Classico Riserva
Gutturnio Classico Superiore
Gutturnio Frizzante
Gutturnio Riserva
Gutturnio Superiore
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino brillante di varia intensità.
odore: vinoso e caratteristico.
sapore: secco o abboccato, fresco, giovane, tranquillo o vivace
Cenni storici
Il Gutturnio nasce in epoca romana da una "ricetta" inventata da Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, la cui madre aveva origini piacentine. Questo legame viene svelato anche da Cicerone che, con la volontà di accusarlo per alcune scelte politiche errate, all'interno dell'orazione "In Pisonem", lo ridicolizza sottolineando il suo eccessivo apprezzamento per questo vino. Il nome Gutturnio deriva da gutturnium, una grande coppa d'argento rinvenuta nel 1878 a Velleia. Si tratta di una coppa di circa due litri.
Il gutturnium veniva utilizzato al termine della cena. Riempito di vino, veniva passato di mano in mano tra i commensali per bervi a turno come simbolo di fraternità e amicizia.
Da un passato più recente deriva invece la tradizione che prevede che il Gutturnio non venga bevuto in bicchiere ma all'interno di ciotole bianche di ceramica.
Localmente la croatina è detta anche "bonarda" sebbene non abbia nulla a che fare con il vitigno piemontese bonarda. Invece, il sinonimo locale della croatina ha a che fare con il vicino vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese con base ampelografica simile al Gutturnio.
Abbinamenti consigliati
La versione frizzante si abbina ai taglieri di salumi piacentini D.O.P. (salame, coppa e pancetta) e formaggi, pistä 'd grass (lardo battuto a coltello con aglio e prezzemolo), primi piatti della cucina piacentina come i classici Pisarei e fasö (gnocchetti di acqua, farina e pan grattato fatti a rigorosamente mano conditi con un sugo di fagioli borlotti). Le versioni ferme sposano arrosti e bolliti, brasati e carni alla griglia. Eccellente l'abbinamento con la coppa piacentina arrosto.

LUGANA


Il Lugana è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Brescia e Verona. Il nome della denominazione deriva dalla frazione omonima sita nel comune di Sirmione in Provincia di Brescia.
Caratteristiche organolettiche
Lugana
colore: paglierino o verdolino con tendenza al giallo leggermente dorato con l'affinamento
odore: delicato, gradevole e caratteristico
sapore: fresco, morbido, armonico, con eventuale leggera percezione di legno
Lugana superiore
colore: paglierino o verdolino, con tendenza al giallo dorato con l'invecchiamento
odore: delicato, gradevole, caratteristico
sapore: morbido, da secco all'abboccato, armonico, corposo, con eventuale leggera percezione di legno
Lugana riserva
colore: paglierino, con tendenza al giallo dorato con l'invecchiamento
odore: delicato, gradevole, caratteristico
sapore: secco, morbido, da secco all'abboccato, armonico, corposo, con eventuale percezione di legno
Lugana Vendemmia Tardiva
colore: giallo dorato con tendenza all'ambrato all'invecchiamento
odore: intenso, gradevole, caratteristico
sapore: armonico, vellutato, dall'amabile al dolce, di corpo, con eventuale percezione di legno
Lugana spumante
spuma: fine e persistente;
colore: paglierino più o meno intenso con eventuali riflessi dorati
odore: fragrante con sentore di fruttato quando è spumantizzato con il metodo Charmat; bouquet fine composto proprio della fermentazione in bottiglia quando è spumantizzato con il metodo classico
sapore: fresco, sapido, fine ed armonico
Abbinamenti gastronomici
Il Lugana è indicato come aperitivo, con la pizza, il pesce di lago, trota, persico e lavarello. Ottimo con gli antipasti. Il Lugana superiore può essere abbinato a primi piatti di pasta con sughi elaborati (4 formaggi ad esempio), con la scaloppina di vitello, con formaggi tipo robiola. Il Lugana riserva è ottimo con il formaggio alla piastra, il manzo di Rovato. Il Lugana spumante charmat è indicato come aperitivo. Quello prodotto con il metodo classico si può degustare con i casoncelli bresciani. Il Lugana vendemmia tardiva è perfetto con il gorgonzola, ma anche con la bruschetta di alici nonché con i biscotti di farina gialla (poco dolci).

MOSCATO DI SCANZO
Il Moscato di Scanzo è un vino passito ottenuto esclusivamente dalla vinificazione delle uve provenienti da un vitigno autoctono selezionato negli anni ‘70 dall’allora Ispettorato Agrario. Storici locali fanno risalire la coltivazione della vite al periodo pre-romano, altri ritengono che furono proprio i romani ad introdurne la coltivazione nelle vocate zone collinari. Altri documenti storici ci confermano la particolare fortuna di questo vino passito nel ‘600 e nel ‘700. La Docg Moscato di Scanzo si caratterizza per essere la più piccola d' Italia: la zona di produzione è limitata a una porzione del Comune di Scanzorosciate (Bg) e i produttori sono 39, di cui 33 aderenti al Consorzio di Tutela. La superficie a vigneto non supera i 31 ettari, con una produzione vinicola di poco superiore alle 60.000 bottiglie. Il vino Moscato di Scanzo è vinificato in purezza (vitigno 100% Moscato di Scanzo). Il processo di lavorazione delle uve è lungo e laborioso. Dopo la raccolta, le uve subiscono un appassimento per un periodo non inferiore ai 21 giorni per raggiungere un idoneo grado zuccherino e successivamente il vino ottenuto dalle uve appassite deve essere sottoposto ad un invecchiamento minimo di due anni. Solitamente viene vendemmiato il mese di ottobre e i grappoli stesi su graticci in ambienti condizionati a temperatura inferiore ai quindici gradi e con umidità variabile. Per disciplinare dopo almeno venti giorni e comunque dopo un buon appassimento si procede alla sgranatura e pigiatura delle uve. Dopo un periodo di appassimento di almeno 20 giorni, si ottiene un passito con una gradazione naturale compresa tra 15 e 18 gradi. Il Moscato di Scanzo non tollera il legno, l'invecchiamento avviene in contenitori di vetro o di acciaio e può essere commercializzato dopo il 1 novembre dei due anni successivi alla vendemmia. Il titolo alcolometrico volumico totale minimo è di 17,00% vol, di cui almeno il 14,00% svolto con contenuto di zuccheri residui compreso fra i 50 e i 100 g/l; l’acidità totale minima è di 4,5 g/l. E’ di colore rosso rubino, più o meno intenso, che può tendere al cerasuolo con riflessi granati; l’odore è delicato, intenso, persistente, caratteristico; il sapore dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla. Il Moscato di Scanzo va servito in piccoli calici per vini da dessert a una temperatura di 8-10°C. Va abbinato a dolci da forno, dolci a pasta lievitata poco consistenti, in particolare a base di frutta; indicati anche zabaione, panna cotta, dessert a base di panna, ecc.

OLTREPO’ PAVESE
La denominazione Oltrepò Pavese è riservata ai vini DOC la cui produzione è consentita nella zona chiamata Oltrepò Pavese compresa nella fascia collinare della provincia di Pavia a sud del Po. A partire dalla vendemmia 2007 è stata riconosciuta la DOCG al vino spumante Oltrepò Pavese metodo classico.
Il primo dato certo relativo alla produzione di spumante risale al 1870 quando l’ing. Domenico Mazza di Codevilla ha dato inizio alla produzione dello “Champagne” d’Oltrepò. La tradizione è continuata fino ad oggi con il riconoscimento, nazionale e internazionale, dell’Oltrepò quale territorio d’eccellenza per la produzione di spumante metodo classico da uve di Pino nero. Composto da Pinot nero, minimo 70%; Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 30%.
Titolo alcolometrico minimo: 11,50% vol.; acidità totale minima: 5,0 g/l.
Di spuma: fine e persistente; ha colore: paglierino più o meno intenso; con bouquet fine, gentile, ampio; sapore sapido, fresco e armonico.
Ottimo come aperitivo, si abbina agli antipasti di pesce e uova, ai primi speziati e profumati e alla frittura di pesce; temperatura di servizio 4-6°C.

SFORZATO DI VALTELLINA DOCG


Lo Sforzato o Sfursat di Valtellina è un vino DOCG la cui produzione è consentita nella provincia di Sondrio. Si pensa che furono i liguri i primi a cominciare l'imponente lavoro di terrazzamento che ha reso sfruttabili terreni ottimamente esposti. Storicamente erano coltivati vitigni autoctoni, ai quali, nel corso del Medioevo o in età napoleonica, si affiancò il nebbiolo, denominato localmente chiavennasca. Nelle zone più settentrionali della Lombardia i vigneti superano spesso gli 800 m di altitudine, ma la felice esposizione consente loro di godere di una temperatura paragonabile a quella di microclimi di zone poste ad altitudine più moderate e collocate più a sud. A influenzare il clima sono soprattutto i sistemi montuosi che proteggono la zona dai venti freddi del nord e da quelli umidi del sud; è anche importante l'azione svolta dalla Breva, un venticello che in primavera e in estate si leva dal Lago di Como e risale l'Adda facendo affluire aria tiepida che favorisce l'impollinazione primaverile e mantiene asciutti i grappoli e terreni. Il vitigno principale è il Nebbiolo (localmente Chiavennasca), completato per un massimo del 10% da vitigni autoctoni (pignola, tossola, prugnola), pinot nero, merlot. Lo Sforzato si produce da una parte delle uve destinate alla produzione dei Valtellina Superiore, selezionate nelle annate migliori, quando cioè dispongono di un elevato grado zuccherino. I grappoli, che devono avere una resa massima di 120 q/ha, a maturazione raggiunta, ma anche per prevenire grandinate estive o nevicate anticipate, vengono raccolti manualmente, dato che le ripide montagne spesso non consentono l'accesso dei mezzi agricoli e, posti in apposite gerle, vengono trasportati tramite piccole funivie o su trenini monorotaia o spesso a spalla verso i punti di raccolta per poi essere inviati alle cantine. Vengono, quindi, esposti su graticci e lasciati appassire in modo da concentrare gli zuccheri; segue la pigiatura e la macerazione del mosto sulle bucce. Il vino ottenuto è lasciato invecchiare un anno a partire dal 1° gennaio successivo alla vendemmia. Di colore rosso rubino con eventuali riflessi granato, ha odore intenso con sentori di frutti maturi, ampio e sapore di grande morbidezza, asciutto, strutturato e di carattere, con eventuale percezione di legno. Deve avere minimo 14,00% ed acidità minima: 5,0 g/l, con invecchiamento ed affinamento di almeno venti mesi, dei quali almeno 12 in botti di legno.Va servito alla temperatura di 18°C; accompagna bene portate a base di carni rosse o di selvaggina da pelo lungamente cotta in intingolo; le bottiglie più morbide e dotate di maggior residuo zuccherino possono essere servite con formaggi saporiti, intensi e lungamente stagionati.

VALTELLINA

 


https://youtu.be/kmA4UzaQRB8
 
 


Questo è un vino da grandi invecchiamenti con una gradazione alcolica minima di 12 gradi. L’area interessata da questa denominazione è la migliore esposta al sole e si estende dal comune di Berbenno in Valtellina a quella di Valgella, su una superficie di circa 200 ettari vitati. Su questo territorio sono state riconosciute 5 denominazioni di sottozona (Sassella, Grumello, Inferno, Maroggia e Valgella), a seconda della zona geografica in cui viene coltivata la vite, da ovest a est risalendo la valle. E’ un vino di uve Nebbiolo che segue un disciplinare rigoroso di produzione e che ne tutela l’elevata qualità: resa massima di 8 tonnellate/ettaro e un periodo minimo di affinamento di 24 mesi. Il risultato è un vino da grandi invecchiamenti con una gradazione alcoolica minima di 12 gradi. Nelle annate migliori, dopo un invecchiamento di almeno 3 anni, il Valtellina Superiore può dotarsi della specificazione aggiuntiva di “riserva”.

ALTO ADIGE
 


L'Alto Adige Metodo Classico Brut DOC presenta una vinificazione separata per i tre vitigni con pressatura soffice delle uve e fermentazione a temperatura controllata 14-16°C. L’affinamento avviene in acciaio inox fino in primavera sui lieviti della prima fermentazione. Al vino base viene aggiunto del liquer de tirage, posto in bottiglie chiuse con tappo corona e accatastate in cantina a 10-12°C, dove inizia la seconda fermentazione. Finita questa il prodotto rimane sui lieviti per almeno 24 mesi, prima di essere degorgée e messo in commercio. Colore giallo paglierino brillante, perlage finissimo e persistente, profumi fruttati con nota equilibrata di lievito. Il gusto è fresco, secco, di ottima persistenza, con un bel retrogusto di frutta secca.

CASTELLER
Il Casteller è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Trento.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno intenso.
odore: vinoso con leggero profumo gradevole.
sapore: asciutto o leggermente amabile o amabile, armonico, vellutato, gradevole.

COLLI DI BOLZANO

L'Alto Adige Colli di Bolzano (in tedesco Südtiroler Bozner Leiten) è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia autonoma di Bolzano.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino da chiaro a medio.
odore: profumato caratteristico.
sapore: pieno, morbido, aromatico.

LAGO DI CALDARO
Il Lago di Caldaro, o Caldaro o Kalterersee o Kalterer è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Bolzano e Trento.
Caratteristiche organolettiche
colore: da rosso rubino al granato.
odore: gradevole profumato e fruttato.
sapore: morbido, armonico, leggermente di mandorla.

LAGREIN




https://youtu.be/YmM9VtYGJgA

Il Lagrein è un vitigno rosso autoctono dell'Alto Adige. Viene vinificato come rosso o rosato (Kretzer). Il terreno prediletto dal vitigno è di tipo calcareo-argilloso con un sottosuolo ghiaioso; il grappolo ha una dimensione media con forma tendente al piramidale. Il Lagrein è molto sensibile all'attacco degli acari e a volte può essere infettato da peronospora ed oidio.
Descendenza: analisi genetiche dimostrano nell'Italia del Nord una stretta parentela con Teroldego e Marzemino. Inoltre esistono legami con Syrah.
Fino al XVIII secolo con "Lagrein" di solito si indicava il Lagrein bianco, che è stato probabilmente fin dal Medioevo la più importante varietà nei dintorni di Bolzano. Indicato come "Lagrinum bonum" in un atto di Termeno nel 1379, una fonte di Bolzano nel 1498 nota esplicitamente il buon Lagrein bianco ("gueten weissen Lagrein"), mentre una del 1420 cita il "lægrein wein", sempre a Bolzano. Il Lagrein Rosso ("rot lagrein") trova la prima nominazione nel programma tirolese di Michael Gaismair del 1525.
Di colore rubino vivace, ha profumo di lampone intenso, mirtillo, mora, viola con fondo di erbe aromatiche montane. In evoluzione ricorda i profumi della confettura di prugna, spezie, legno balsamico e a volte note di cioccolato. Il gusto è vellutatamente tannico, armonico, persistente sul palato. Dal carattere forte ed invitante Gradazione Minimo 11,5°.
Se invecchiato per almeno due anni, il Lagrein Dunkel può essere denominato "riserva". Temperatura di servizio sui 16°-18° in bicchiere a calice da vino rosso. Si abbina bene a piatti importanti. In cucina si può preparare col lagrein un ottimo brasato, secondo la ricetta tipica alto atesina.

MÜLLER-THURGAU
 
Il Müller-Thurgau è un vitigno originario del Geisenheim in Germania e utilizzato per produrre vino principalmente in Germania, Ungheria, Austria e Italia. Il vitigno fu creato alla fine del XIX sec. mediante incroci di Riesling renano X Madeleine Royale (prima delle ricerche sul DNA si pensava tra Riesling e Sylvaner), dall'enologo svizzero (turgoviese) Hermann Müller.
Genealogia e sviluppo della vite del Müller-Thurgau
1882 incrocio di vitigni in Geisenheim da parte di Hermann Müller
1890 affinamento e messa a punto delle viti
1891 spostamento di Hermann Müller a Wädenswil (Svizzera) 150 viti Geisenheimer inviate in Svizzera
1892-1893 impianto di nuove viti in Svizzera
1894 piantagione di 73 specie nel land Riesling e Sylvaner - la razza n° 58
1897 prima riproduzione di nuove viti da Schellenberg (Wädenswil)
1901 primo perfezionamento sulle radici americane
1903 prima produzione della nuova specie
1906-1907 gamma di prova
Superficie di produzione: 183 ha
Zona di produzione: Valle Isarco, conca di Bolzano, Oltradige, Bassa Atesina, Val Venosta, Valle dell'Adige.
Caratteristiche:
Il Müller Thurgau è un vino bianco gustoso dal colore giallo verdognolo fino a giallo chiaro, con profumo delicato con note erbacee e di noce moscata, sapore fresco e aromatico.
colore: dal bianco carta al giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini, brillante.
odore: profumo caratteristico delicato e gradevole.
sapore: secco, amabile, sapido, fresco, acidulo con leggero retrogusto amarognolo.
Abbinamenti consigliati:
È adatto come vino da aperitivo, ma anche con antipasti, pesce bollito o alla griglia.
Temperatura di servizio: 10-12 C
Denominazioni DOC: Müller Thurgau dell'Alto Adige, Alto Adige Valle Isarco Müller Thurgau, Alto Adige Terlano Müller Thurgau, Alto Adige Val Venosta Müller Thurgau

RIESLING


https://youtu.be/yumRySrPv9U
 
Il Riesling Renano è un vitigno bianco dal quale si ottiene un vino fruttato e di carattere. Originario della Germania, si diffuse poi in Alsazia, Austria e Italia; oggi viene prodotto in molti luoghi del mondo, inclusa l'Australia.
Fra le regioni dove si producono i Riesling più rinomati si possono citare le vallate tedesche attraversate dai fiumi Reno, Nahe, Mosella, Saar e Ruwer. Per le caratteristiche morfologiche del territorio, i vigneti di questa regione hanno spesso forti pendenze che favoriscono l'esposizione delle piante ai raggi solari; questo dona al vino un’intensità e un bouquet molto apprezzati. Grazie alla latitudine settentrionale di questa zona e alle caratteristiche vulcaniche del territorio, il Riesling prodotto in Germania è caratterizzato dall'equilibrio tra acidità, dolcezza e contenuto alcolico.
Coltivato fuori zona tende a mantenere le sue caratteristiche originarie. Esiste anche un vitigno denominato "Riesling Italico".
Il vino si presenta di colore paglierino con riflessi verdastri. Il bouquet è fruttato, con sentori di pesca e di albicocca. Vino "per palati fini", secondo molti appassionati ed esperti divide, con lo Chardonnay, il gradino più alto della qualità dei vini bianchi. Si accompagna a pesce lesso o ai ferri, a minestre e a carni bianche e va servito a 8-10 C.

TEROLDEGO ROTALIANO




https://youtu.be/9jMwKgsiJYI


Il Teroldego Rotaliano è un vino rosso a Denominazione di Origine Controllata (DOC) prodotto con uve Teroldego in provincia di Trento. La denominazione è stata autorizzata con DPR 18 febbraio 1971 e successive modifiche. Non si conosce di preciso l’origine del nome, tuttavia esso potrebbe derivare da una sottozona chiamata “Le teroldeghe”, citata fin dall’antichità e corrispondente all’attuale centro del Campo Rotaliano, tra Mezzocorona e Mezzolombardo. Molto accreditata e decisamente più folcrolistica e storica è la declinazione fonetica del tedesco Tiroler gold ovvero "oro del Tirolo", da cui “Teroldego”, successivamente diventato “Teroldego Rotaliano” per tutelare le caratteristiche pedo-climatiche della zona d’origine. Meno riconosciuta la teoria per cui il toponimo “Teroldego” deriverebbe dall'uva "Teroldola" (citata in un documento del Concilio di Trento).

mercoledì 5 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 1 Vini liguri piemontesi valdostani

 

VINI LIGURI 1

VINI LIGURI 2




ALBA



L'Alba è un vino a DOC prodotto nelle Langhe cuneesi.
 Sono previste le tipologie "Alba" e "Alba riserva", entrambe prodotte con une Nebbiolo almeno al 70% e Barbera almeno al 15%, con un massimo del 5% di altre uve piemontesi. Il disciplinare è stato approvato con DM il 30 novembre 2011.

ALTA LANGA

 

La zona di produzione delle uve dei vini appartenenti alla denominazione Alta Langa Doc è costituita dai terreni collinari situati nei territori di 142 comuni, nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria, alla destra del fiume Tanaro. Vitigni sono Pinot Nero e/o Chardonnay 90-100%; per l’eventuale restante percentuale possono concorrere le uve di altri vitigni non aromatici, autorizzati nella zona. L’Alta Langa Docg è un vino spumante metodo classico prodotto nelle tipologie: Bianco e Rosato. La gradazione minima deve essere di 11,5 gradi. All’esame visivo l’Alta Langa spumante bianco si presenta brillante, con spuma fine e persistente e colore giallo paglierino più o meno intenso; l’odore è netto, fruttato e complesso, con sentori che ricordano il lievito, la crosta di pane e la vaniglia; il sapore è secco, sapido e strutturato. Lo spumante rosato si presenta brillante, con spuma fine e persistente e colore rosa più o meno intenso; l’odore è netto, fruttato e complesso con sentori che ricordano il lievito, la crosta di pane e la vaniglia; il sapore è secco, sapido e ben strutturato. E' un vino da degustare alla temperatura di 6-8°C. Ottimo come aperitivo si abbina facilmente con pesci e carni bianche ma anche con antipasti e primi leggeri.

ARNEIS


Roero Arneis D.O.C.G. - D.M. 23 marzo 2006. Sulle arenarie siccitose del Roero, terreni soffici e permeabili dove gli strati sabbiosi sono inframmezzati da sottili strati di marne, l'Arneis acquista profumi sottili ed eleganti che richiamano i fiori bianchi e suggestioni di frutta fresca che vanno dalla mela alla pesca alla nocciola. Brillante nel suo giallo paglierino che scarica vivaci riflessi verdognoli, si propone secco e delicatamente acidulo al palato, con una gradevole persistenza di retrogusto amarognolo. Deriva dalla vinificazione di uve Arneis in purezza e la gradazione alcolica minima complessiva è di 11 gradi.
Accanto alla tradizionale vinificazione esiste la possibilità di produrre il Roero Arneis Spumante: in questo caso abbinato ad una spuma persistente emergono sentori di lievito, di crosta di pane e di vaniglia. Questo vino bianco che nasce dalle uve di un vitigno antico e spesso ricordato con il nome latino "Renexium" nelle zone viticole del Piemonte, è stato protagonista negli ultimi trent'anni di un singolare caso di rinascimento vitivinicolo nel Roero, la zona collinare alla sinistra del fiume Tanaro. Citato a partire dalla fine del '400 in vari documenti che si riferiscono a questo territorio, oggetto di esperimenti di vinificazione come vermout verso la fine del '700, fino all'800 era considerato uno dei vitigni più validi e radicati nella mentalità produttiva, tanto che il suo vino era citato espressamente negli inventari contabili come "bianco Arnesi" mentre il resto andava sotto la voce di "bianco di uve diverse".
Secondo l'usanza del tempo era prodotto probabilmente come vino dolce, ma le sue scorte nelle cantine equivalevano, quando non le superavano, a quelle del Nebbiolo.
Ancora agli inizi del '900 era talvolta definito come Nebbiolo bianco e la sua immagine era già legata esclusivamente al Roero.
Poi fu fatalmente colpito dalla crisi della viticoltura e dallo spopolamento delle campagne a cavallo delle due guerre mondiali, al punto che alla fine degli anni sessanta era ridotto a pochi ettari di impianto, filari sparsi qua e là tra quelli di Nebbiolo, soprattutto a contorno dei vigneti per tenere lontani gli uccelli dalle uve nere, più remunerative, con acini dolcissimi e di precoce maturazione.
E' stata intuizione imprenditoriale di alcuni produttori vitivinicoli che hanno voluto imporre un bianco di valore in una terra che sembrava destinata solo ai vini rossi, a ridare visibilità e prestigio al vino e al suo territorio d'elezione: il Roero.
Cavalcando l'onda dei vini bianchi richiesti dal mercato negli ultimi decenni è diventato in poco tempo il bianco piemontese più di moda, dando fiato agli impianti ed alla produzione. Ama la cucina semplice ed elegante, il pesce naturalmente, soprattutto quello di lago e di fiume, le carni bianche, le verdure, i primi delicati di pasta e di riso. Nella versione passita, che profuma deliziosamente di miele e di frutta secca, accompagna i dolci più sontuosi con sicura personalità.
Nel 1994 viene costituito l'attuale Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Roero, punto di riferimento per le aziende vitivinicole del territorio tra Langa e Roero, che hanno individuato in questa struttura lo strumento più idoneo per affrontare insieme ed in modo autorevole i problemi di sviluppo e di organizzazione della propria realtà e del settore nel suo complesso.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino più o meno intenso, con riflessi leggermente ambrati.
odore: delicato, fresco ed erbaceo o legnoso.
sapore: asciutto, gradevolmente amarognolo, erbaceo e tannico (aspro)

ASTI

Denominazione di Origine Controllata e Garantita dal 1993 l’Asti è un vino di color giallo paglierino caratterizzato da un'intensa componente aromatica che ricalca il profumo dei grappoli maturi dell'uva moscato, accompagnata da un basso tenore alcolico e da un'armoniosa dolcezza. Deriva dalla vinificazione in purezza del vitigno moscato bianco e si presenta nelle due tipologie Asti Spumante" e Moscato d'Asti. Il primo è un vino spumante caratterizzato da un perlage fine e persistente, una gradazione compresa tra 7 e 9,5 gradi, mentre il secondo, fermo o talvolta vivace con un tenore alcolico inferiore, compreso nei limiti di 4,5 - 6,5 gradi, presenta una maggior dolcezza, dovuta ad una parziale fermentazione dello zucchero contenuto nell'uva. In virtù della diversa pressione interna alle bottiglie, l'Asti Spumante è identificabile dal fratello Moscato d'Asti dal tappo: il primo presenta il classico tappo a fungo, mentre il secondo un tappo raso.
L'area di produzione, delimitata ufficialmente fin dal lontano 1932, comprende 52 Comuni delle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Senza dubbio il moscato fu la prima uva a essere coltivata per via dei suoi profumi intensissimi e la sua dolcezza. Naturalmente non è il moscato che intendiamo oggi, quell'antico vitigno si è trasformato nel tempo nei tanti moscato che popolano le colline che si affacciano sul Mediterraneo ed ognuno ha avuto una vita diversa. Dallo zibibbo di Pantelleria al moscato bianco di Canelli le differenze si notano immediatamente, ma si nota anche una notevole parentela.
Il termine moscato deriva dal vocabolo latino "cuscus", un'essenza che veniva estratta dalla ghiandola di un piccolo animale e che veniva molto usata in profumeria, e significa semplicemente profumato, speziato.
La coltivazione del moscato nelle Langhe e nel Monferrato, inizia presumibilmente nel 1200, mentre la prima documentazione scritta del commercio di vino "moscatello" risale al 1593.
Dai due milioni di bottiglie dell'immediato dopoguerra, oggi la produzione tocca gli ottanta milioni Questo vistoso aumento della produzione è stato possibile grazie all'ampliamento dei vigneti in zona di origine, a scapito di altre varietà di uve meno ricercate e meno nobili.
Moscato d'Asti è un vino dolce a DOCG.

Da notare che Asti spumante e Moscato d'Asti, pur facendo parte della medesima denominazione Asti ed essendo ambedue espressioni di moscato bianco, sono due vini molto diversi: il primo è uno spumante, il secondo no. Spesso sono confusi dal consumatore nonché, cosa più grave, dai ristoratori.
In effetti il Moscato d'Asti, non subendo la presa di spuma, è caratterizzato talvolta da una lieve frizzantezza naturale (si dice che è "vivace") oppure è tranquillo. Il disciplinare prevede entrambe le possibilità.
La prima delimitazione della zona di produzione dell'Asti risale al 1932.
Vitigni con cui è consentito produrlo: Moscato Bianco 100%
Tecniche di produzione: I vigneti possono insistere esclusivamente su terreni collinari. Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4.000 ceppi/ha. Le forme di allevamento consentite sono a controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura ed anche l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona DOC.
Produzione e invecchiamento
La produzione varia ogni anno da una provincia all'altra, secondo un accordo stipulato tra la parte industriale e quella agricola. Non è previsto per legge un invecchiamento minimo, tuttavia il moscato è un vino da bersi giovane, possibilmente nel giro di un anno, un anno e mezzo al massimo.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino giallo più o meno intenso;
odore: caratteristico e fragrante di Moscato;
sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace;
Cenni storici
Il Moscato bianco è un vitigno antico, proveniente dal bacino orientale del Mediterraneo. La diffusione di queste uve è dovuta dal particolare gusto dolce che si otteneva facendole appassire.
A partire dal Trecento, il vino dolce aromatico divenne molto ricercato, e grazie principalmente ai commerci che Venezia aveva nel Mediterraneo orientale si diffuse nella penisola italiana con il nome di "vino greco".
Nel 1511, l'uva è citata come "Muscatellum" negli statuti di La Morra, e nel 1597, sono richieste talee di Moscato alla comunità di Santo Stefano Belbo da parte del duca di Mantova.
Giovan Battista Croce, milanese, si trasferì in Piemonte alla fine del XV secolo, gioielliere del Duca di Savoia Carlo Emanuele I, può essere considerato, secondo Renato Ratti, il fondatore della branca enologica piemontese che ha dato origine ai vini dolci, aromatici e poco alcolici tra i quali primeggia il Moscato d'Asti.
Proprietario di un vigneto tra Montevecchio e Candia, il Croce produsse alcuni vini ottenuti da sperimentazioni da lui stesso eseguite e pubblicate in un libro dal titolo " Della eccellenza e diversità dei vini che sulla montagna di Torino si fanno e del modo di farli" (stampato nel 1606).
In questo manuale Giovan Battista Croce trattò di alcune tecniche ancora attuali al giorno d'oggi dalla spremitura, alla purificazione, che consiste di asportare tutte le sostanze impure dal vino ( sostanze pectiche e mucillaginose ), fino all'uso del freddo per bloccare la fermentazione.
La divulgazione di queste notizie, permise lo sviluppo del "vino bianco" in tutto il Piemonte e l'affermazione di questo sui mercati mondiali.
Il Consorzio per la tutela dell'Asti
Il Consorzio per la tutela dell'Asti è stato ufficialmente costituito il 17 dicembre 1932 e venne riconosciuto nel 1934.
Nato con l'intento di definire la zona d'origine, il vitigno, la tecnica di preparazione e la tipologia finale, oggi ha il compito anche di promuovere la conoscenza e la diffusione dell'Asti in tutto il mondo, oltre che vigilare sulle caratteristiche qualitative.
Nel caso che il prodotto sia ritenuto non idoneo, il marchio consortile non viene concesso.
La sede del Consorzio è in Piazza Roma 10 ad Asti nel Palazzo Gastaldi.
Abbinamenti consigliati
Dolci in genere. Ultimamente si consiglia anche con formaggi e salumi o generiche pietanze salate. Si abbina facilmente con i cibi speziati o piccanti, tipico abbinamento soprattutto negli Stati Uniti è il Moscato d'Asti con la cucina etnica soprattutto indiana.

BARBARESCO


https://youtu.be/KMXn6MYWUdY

La nascita del Barbaresco sconfina quasi nella leggenda. Infatti nel comune di Neive, al servizio del Conte di Castelborgo, operò l’enologo e mercante Louis Oudart che attrezzò la cantina e che, per primo nell’area, produsse con le uve nebbiolo un vino secco, stabile e quindi commerciabile, che, con il nome Neive, ottenne una medaglia d’oro all’Esposizione di Londra del 1862. Con le stesse tecniche utilizzate dall’Oudart per il Neive trent’anni più tardi fu prodotto nel castello di Barbaresco il primo vino Barbaresco.
Il Barbaresco è un vino DOCG la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo (comuni di Barbaresco, Neive, Treiso, Alba ma solo parte della frazione San Rocco). Il vino è ottenuto unicamente dalle uve Nebbiolo (sottovarietà Michet, Lampia e Rosé). Deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni, di cui almeno un anno in botti di rovere o di castagno, a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello della vendemmia.
Ha colore granato con riflessi aranciati, profumo caratteristico, etereo, con note di pepe verde, spezie e mandorla amara e sapore elegante fine, di corpo, speziato.
Il Barbaresco d.o.c.g è adatto per la cucina nazionale ed internazionale. Va servito a 18-20 gradi, eventualmente decantato in bottiglia. A tavola si sposa egregiamente con primi piatti potenti o abbinati al tartufo bianco, funghi porcini e cucina piemontese, tipo tajarin al tartufo bianco o ravioli d'anatra con tartufo bianco. E’ particolarmente indicato con vari tipi di carni rosse alla griglia e carni rosse da pelo, agnello al forno, arrosti, brasato (al Barbaresco), lepre al vino e in salmì, cinghiale, selvaggina in genere, cacciagione a piuma, pollame nobile, rognoncini trifolati, fegatini. Si abbina bene con formaggi stagionati e piccanti, il castelmagno, il grana padano, il pecorino romano, il montasio, il parmigiano reggiano.

BARBERA


 
 
https://youtu.be/1tWvT3i00uo
 



Per prima cosa il nome: la barbera o il barbera? In Piemonte il vino e' sempre stato indicato al femminile, mentre il maschile si riferisce al vitigno. Quindi chiamiamo questo italianissimo vino "la" barbera, come un simpatico vezzo distintivo. E' il vitigno a bacca rossa piu' diffuso in Piemonte, certo per la sua resistenza al clima e ai parassiti.
Nel Liber Ruralium, celebre trattato di enologia e viticoltura del Medioevo, Pier de' Crescenzi, giudice in Asti, nel 1304 cita, tra le varieta' di uve, la Grissa, cioe' la Grigia, da cui si ricava "un ottimo vino, molto potente, tenuto in grande onore nella citta' di Asti". Con ogni probabilita' era proprio la barbera. Tuttavia le prime notizie certe della sua presenza si hanno nel '700 e da allora il suo successo e' stato grandissimo, sicuramente aiutato dal disastro provocato dalla fillossera. Fu uno dei pochi vitigni a salvarsi e ad essere quindi innestato nella vite americana che non teme il terribile parassita.
Per decenni ha rappresentato il tipico vino da pasto. Poi alcuni produttori ne hanno via via migliorato la qualita' e l’immagine, esaltandone le grandi capacita' di invecchiamento e le ottime potenzialita', facendolo diventare in alcuni casi un vino da meditazione. La Barbera puo' essere messa in commercio l'anno successivo a quello della vendemmia dichiarato in etichetta. Tuttavia, due o tre anni di affinamento esaltano le sue caratteristiche organolettiche. Ne sono riconosciute 7 DOC, tra cui Barbera d'Alba, di Asti e del Monferrato.
Abbinamenti: Antipasti caldi, primi piatti (tajarin con fegatini), pollo alla cacciatora, arrosti, formaggi a media stagionatura o cremosi.

BAROLO

 

Il Barolo è un vino DOCG Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ottenuto dalla fermentazione di uva Nebbiolo in purezza nelle sue tre varietà Michet, Lampia e Rosé anche se quest’ultimo è un vitigno differente dal nebbiolo, anche se uno suo stretto parente
Deve essere invecchiato minimo 3 anni a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo alla vendemmia, di cui almeno 2 in botti di rovere o castagno. Se invecchiato per un periodo minimo di 5 anni, cui almeno 2 in botti di rovere o castagno, può fregiarsi della dicitura Riserva.
La gradazione alcolica minima deve essere di almeno12,5°. La zona di produzione è in provincia di Cuneo, in Piemonte.
Vino di colore rosso granato con riflessi aranciati, al naso si presenta intenso e persistente, ovvero con un patrimonio olfattivo eccezionalmente complesso, che tende a prediligere, a seconda dello stato evolutivo, note fruttate e floreali come viola e vaniglia o note terziarie come goudron e spezie.
In bocca le componenti "dure" (acidità, tannini, sali) risultano piacevolmente equilibrate da quelle "morbide" (alcoli e polialcoli), con una intensità e persistenza eccezionali che fanno del Barolo un vino potente, elegante e di grande personalità. Il Vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo, che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti. Si racconta che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto, 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel "suo nuovo vino"; l'omaggio passò alla storia: le carrà erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri (12 brente). Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale.
Il vino Barolo, vino da meditazione per eccellenza, trova il giusto abbinamento con piatti come arrosti di carne rossa, brasati, cacciagione, selvaggina, cibi tartufati, formaggi a pasta dura e stagionati.

BRACHETTO D'ACQUI




Anche se qualcuno lo vuole importato dalla Provenza, si ritiene il vitigno Brachetto originario delle provincie di Asti e Alessandria, in particolare della zona di Acqui Terme. Pare ce ne siano tracce giaàin epoca romana, tanto che Plinio parla di un vinum aquense, dolce e aromatico, molto apprezzato per i suoi poteri afrodisiaci.
 Il vitigno nasce e cresce in una zona famosa per le sue terme: la cittadina di Acqui Terme e' infatti una rinomata stazione termale, conosciuta gia' dai Romani, come Aquae Statiellae. Famosa per la Bollente, fonte ottocentesca nella piazza principale, da cui sgorga l'acqua a una temperatura di 75 gradi, Acqui quindi coniuga il buon vino con il benessere, elementi che vanno sicuramente d'accordo.
La tradizione popolare vuole che il brachetto fosse il vino preferito da Gianduia, Gioan de la duja, cioe' Giovanni dal boccale, la maschera torinese, che dalla sua spuma fragrante e finemente dolce, traeva la sua allegria e la sua fama di gran bevitore.
Apprezzato già nell'800, ma poi messo da parte dalla moda del brut. Poco alcolico e profumato di rose era considerato il vino delle donne per eccellenza e nelle riunioni domenicali nella campagna piemontese addolciva le chiacchiere femminili.
Offre alla vista un bellissimo colore rosso rubino, tendente al granato chiaro o al rosato ed all'olfatto un profumo di rosa, di fragola, con sentori muschiati; il suo sapore e' dolce, morbido e delicato. Dal corpo debole, ha una sapidita' appena accentuata e una discreta acidita' che lo rende piacevolmente fresco. Si serve ad una temperatura di 8-10 gradi circa, in un calice a tulipano, e si abbina perfettamente a pasticceria secca, crostate ai frutti di bosco, cannoncini alla panna, bavarese ai lamponi, madeleine e pesche ripiene.
Il consumo deve avvenire dopo un anno, massimo due dalla vendemmia, per poter apprezzare al meglio la fragranza del profumo e la freschezza, le sue caratteristiche principali.

DOLCETTO

Dolcetto
Esistono due tipologie di Dolcetto DOCG: il Dogliani superiore la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo e l’Ovada superiore la cui produzione è consentita nella provincia di Alessandria.
La gradazione alcolica minima deve risultare di almeno 12,5 °C. L’acidità totale deve essere minimo del 5‰. E’ ottimo nell'annata, deve essere invecchiato almeno 1 anno, ma si conserva bene per 2÷3 anni.
Ha colore rosso rubino tendente al violaceo o al granato. Il suo odore è vinoso, gradevole, caratteristico, talvolta con sentore di legno. Il sapore risulta di moderata acidita', asciutto, amarognolo, delicato, gradevole, di discreto corpo, armonico, con sentore mandorlato o di frutta. La temperatura di degustazione consigliata varia da 16 a 20 °C. Per gustare completamente tutte le sue qualità occorre sturare la bottiglia a temperatura ambiente, maneggiando delicatamente per evitare di scuotere l'eventuale deposito.
L’abbinamento gastronomico prevede: antipasti robusti, primi piatti con sughi di carne, risotti, minestre, fritto misto piemontese, carne cruda tritata anche insaporita con scaglie di tartufo bianco, carni bianche, cotechino/salamelle, salumi, è vino da tutto pasto.

ERBALUCE DI CALUSO
Le prime notizie del vitigno Erbaluce risalgono al 1606; esso è stato menzionato per la prima volta in un suo libro da Giovan Battista Croce, gioielliere presso il duca Carlo Emanuele I. Il nome del vitigno deriva dal colore che assumono gli acini in autunno: i riflessi rosati e caldi si fanno più intensi, ambrati, nelle parti esposte al sole. Questa Docg viene prodotta in diverse tipologie: oltre il Tranquillo, esistono le versioni Spumante e Passito. Questo vino è ottenuto con le uve del vitigno Erbaluce coltivate in una ristretta zona viticola di cui il comune di Caluso (Torino) è l'epicentro e che si estende fino alle province di Vercelli e di Biella. Può essere usato sia come aperitivo, sia durante il pasto, abbinandolo ad antipasti e piatti a base di pesce.

FREISA D'ASTI
Il Freisa d'Asti è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Asti.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso granato cerasuolo piuttosto chiaro, con tendenza a leggero arancione quando il vino invecchia.
odore: caratteristico, delicato, di lampone e di rosa.
sapore: amabile, fresco con sottofondo assai gradevole di lampone.
In genere la Freisa veniva vinificata soprattutto in versione spumante o "mossa". Se ne ottiene così un vino di facile accesso, beverino e poco impegnativo, abbastanza vicina come tipologia ai lambruschi mantovani e reggiani o alla bonarda dell'oltre Po. Questa scelta deriva anche dal fatto che la Freisa, benché sia genealogicamente una parente stretta del ben più famoso Nebbiolo, l'uva principe del Piemonte, ha con una componente tannica sensibilmente più marcata di questo. Da alcuni decenni è però prodotta in versione "ferma". Vino da tutto pasto, di buon corpo, è secco e asciutto.

GATTINARA
Il Gattinara è un vino DOCG prodotto con il vitigno nebbiolo, con eventuale aggiunta di vespolina (max 4%) oppure bonarda (max 10%) purché tali vitigni non superino il 10% totale,. la cui produzione è consentita nella provincia di Vercelli, esclusivamente nel territorio del comune omonimo.
Di colore rosso granato tendente all'aranciato, ha odore fine di viola e sapore asciutto, armonico, con caratteristico fondo amarognolo.
Titolo alcolometrico minimo 12,5% e affinamento minimo di 36 mesi di cui almeno un anno in botti di legno. Nella versione riserva, con titolo alcolometrico minimo di 13%, l'affinamento è di minimo 48 mesi di cui almeno due anni in botti di legno.
Si abbina bene a carni rosse di selvaggina e cacciagione, arrosti, brasati, formaggi stagionati a pasta dura. Ottimo anche utilizzato per cucinare il risotto che prende il nome di risotto al gattinara.

GAVI

Il Gavi o Cortese di Gavi è un vino bianco piemontese DOCG prodotto esclusivamente da vitigno Cortese in provincia di Alessandria. Se vendemmiata precocemente, l'uva Cortese offre vini acidi, di colore e struttura leggera, da consumarsi nei primi tre anni. Ma il Gavi prodotto da uve più mature, di maggior struttura, può affinare a lungo in bottiglia aprendosi a profumi terziari e minerali di grande eleganza. La gradazione alcolica minima deve essere di 10,5%; l’acidità totale minima 5 per mille. Viene prodotto in tre diverse tipologie: tranquillo, frizzante e spumante.
Di colore paglierino più o meno intenso, limpido ha odore caratteristico, delicato e sapore asciutto, gradevole di gusto fresco e armonico.
Come aperitivo va degustato a 8-10 °C; in tavola a 12 °C. Si accompagna con antipasti, zuppe, primi piatti di pasta, pesce (insalate di mare, alici marinate, gamberi bolliti conditi con olio/limone), fritti di verdure, carni bianche e nelle tipologie più strutturate anche con formaggi caprini o erborinati. Secondi di pesce come trota alla mugnaia, merluzzo bollito condito con olio e limone, orata al forno o al sale.

GHEMME



https://youtu.be/cStmL_tEqEk

Il Ghemme è un vino DOCG la cui produzione è consentita nell'omonimo comune ed in parte nel comune di Romagnano Sesia, in provincia di Novara. Vino prodotto con i vitigni nebbiolo (biotipo spanna) e vespolina (fino ad un massimo del 25%) e/o eventualmente uva rara (bonarda novarese). Titolo alcolometrico minimo 11,5%. Affinamento minimo di tre anni di cui almeno venti mesi in botti di rovere e almeno nove mesi in bottiglia.
Può essere designato in etichetta con la menzione "riserva" qualora derivi da uve aventi un titolo alcolometrico naturale minimo del 12,5% e sia stato sottoposto ad un periodo di invecchiamento di quattro anni, di cui almeno venticinque mesi in botti di legno e almeno nove mesi in bottiglia.
 Il colore è rosso granato intenso con riflessi mattonati dopo lunga maturazione; l’odore ha profumo caratteristico intenso di violette, con sentori speziati, etereo e di liquirizia; il sapore è tannico e particolarmente strutturato, buona acidità con fin di bocca amarognolo. L'uvaggio con l'uva rara (vitigno inserito nella disciplinare insieme alla vespolina) ammorbidisce i toni del nebbiolo che è il vitigno principale di questa docg.
La prima testimonianza del Ghemme risale ad una iscrizione romana sulla lapide di Vibia Earina, di proprietà di Vibio Crispo, senatore romano ai tempi di Tiberio, rinvenuta nei pressi di Ghemme, un reperto archeologico che è la prova della coltivazione nella zona della vite fin dai tempi dei Romani. Essi possedevano in queste terre delle vere e proprie vigne modello che coltivavano seguendo regole stabilite in tutte le fasi di produzione, dall'impianto delle viti alla vinificazione. La località, quella appunto che oggi conosciamo, era chiamata ‘pagus Agamium’, da cui il nome Ghemme. Già Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia del 77 d.C., parla di “un vitigno ‘spionia’ (nome che ricorda da vicino un altro vino novarese, lo Spanna, ndr)” caratteristico per la maturazione che avviene alle prime nebbie di autunno, particolarità questa tipica delle uve di Nebbiolo. Un'importante testimonianza non tanto sul vino in sé, ma sui luoghi dove nasce, l'ha lasciata Stendhal ne La Certosa di Parma (romanzo), romanzo storico scritta alla fine del 1838. Lo scrittore attribuisce alla madre di Fabrizio Del Dongo, il protagonista, una proprietà a Romagnano Sesia: “Si stabilì a poca distanza da Romagnano, in un magnifico palazzo […] disabitato da una trentina d'anni, tanto che vi pioveva in tutte le stanze e neppure una finestra chiudeva. S’impossessò dei cavalli dell'amministratore, che egli montava senza soggezione tutto il giorno…”. Forse lo stesso Stendhal aveva cavalcato fra le colline del Ghemme, dimostrazione della dovizia di particolari con cui lo scrittore descrive quelle zone. Lo storico novarese Angelo Luigi Stoppa parla della “villa del Cavanago che in quegli anni si trovava nelle misere condizioni descritte da Stendhal”, come aveva potuto appurare lui stesso da alcuni documenti locali dell'epoca. Oggi quel palazzo è stato ristrutturato ed è raggiungibile percorrendo una strada che fiancheggia la collina con i vigneti che producono l'uva del Ghemme. Un'altra testimonianza nei secoli del Ghemme ci è data dallo storico Carlo Dionisotti che, nel 1871, citando proprio Plinio, parla del metodo di coltivazione della vite e asserisce che nella zona del Ghemme è “ancora praticato” come allora. Con il tempo le testimonianze si moltiplicano: da Fogazzaro che nel primo capitolo di Piccolo mondo antico, del 1895, cita il “vin di Ghemme” come accompagnamento di un pranzo organizzato dalla marchesa Maironi, a Mario Soldati che nel suo racconto L'albergo di Ghemme decanta questo vino: “Il Ghemme: eccellente, prim’ordine. Lo definirei un Gattinara più spesso, più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso, meno raffinato: ma forse più genuino”. Il Ghemme diventa DOC nel 1969, mentre il disciplinare che istituisce la denominazione DOCG è stato istituito il 14 giugno del 1997.
Questo vino si abbina a primi piatti con ragù robusti, brasato al Ghemme, arrosti di carne rosse, selvaggina da piuma in salmì e allo spiedo, lepre in civet e tupalone, oltre che a tutti i formaggi stagionati.

MOSCATO D'ASTI




Da notare che Asti spumante e Moscato d'Asti, pur facendo parte della medesima denominazione Asti ed essendo ambedue espressioni di moscato bianco, sono due vini molto diversi: il primo è uno spumante, il secondo no. Spesso sono confusi dal consumatore nonché, cosa più grave, dai ristoratori. In effetti il Moscato d'Asti, non subendo la presa di spuma vera e propria, è caratterizzato da una leggera frizzantezza.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Moscato Bianco 100%
Tecniche di produzione
I vigneti possono insistere esclusivamente su terreni collinari. Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4.000 ceppi/ha. Le forme di allevamento consentite sono a controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura ed anche l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona DOC.
Caratteristiche organolettiche
colore: paglierino giallo più o meno intenso;
odore: caratteristico e fragrante di Moscato;
sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace;
Abbinamenti consigliati
Dolci in genere. Ultimamente si consiglia anche con formaggi e salumi o generiche pietanze salate. Si abbina facilmente con i cibi speziati o piccanti, tipico abbinamento soprattutto negli Stati Uniti è il Moscato d'Asti con la cucina etnica soprattutto indiana

NEBBIOLO D'ALBA
Il Nebbiolo d'Alba è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Cuneo.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno carico con riflessi di granato per il vino invecchiato.
odore: profumo caratteristico, tenue e delicato che ricorda la viola che si accentua e perfeziona con l'invecchiamento.
sapore: dal secco al gradevolmente dolce di buon corpo, giustam. tannico da giovane, vellutato, armonico.
Abbinamenti consigliati
Ottimo con le carni di manzo, maiale e pollo. Come antipasti, è ben adatto ad affettati o formaggi. Comunque questo vino, pur essendo gustoso, si abbina molto bene con risotti, pasta e lasagne.

PINOT CHARDONNAY SPUMANTE PIEMONTE

Il Piemonte Pinot Chardonnay spumante è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Caratteristiche  organolettiche
colore: giallo paglierino
odore: caratteristico, fruttato
sapore: sapido, caratteristico
Resa (uva/ettaro) 110 q
Resa massima dell'uva 70,0%
Titolo alcolometrico naturale dell'uva 9,5%
Titolo alcolometrico minimo del vino 10,5%
Estratto secco netto minimo 17,0‰
Vitigni con cui è consentito produrlo Chardonnay: 0.0% - 100.0% Pinot Nero: 0.0% - 100.0%

ROERO
Il Roero è un vino DOCG la cui produzione è consentita in 19 comuni sulla riva sinistra del Tanaro, vicino ad Alba, nella provincia di Cuneo. Prende il nome dall'omonimo territorio, appunto il Roero.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino più o meno intenso con riflessi granati se invecchiato.
profumi: delicato, fragrante fruttato e con profumo caratteristico, etereo se invecchiato.
sapore: asciutto, di buon corpo, vellutato, armonico di buona persistenza.
Cenni storici
Il 4 marzo 2014 è stato costituito il "Consorzio di tutela Roero" che ha la funzione di tutelare e valorizzare la DOCG "Roero". Tale DOCG si articola su due vini: il Roero, un vino rosso a base di uve nebbiolo, e il Roero Arneis, un vino bianco a base di uve arneis. Entrambi sono vitigni autoctoni.
Abbinamenti consigliati
La "Terra dei Vini" consiglia di accompagnare il vino Roero con carni in umido e bollite tipiche della regione Piemonte. Si può accompagnare anche con carni arrosto principalmente rosse. Ottimo con piatti a base di tartufo

RUCHÉ
Il Ruché di Castagnole Monferrato è un vino DOCG piemontese rosso della provincia di Asti, prodotto da un vitigno autoctono omonimo, presso una piccola zona nord-orientale del suo capoluogo. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con Decreto ministeriale 8 ottobre 2010, ne ha delimitato la DOCG in soli sette comuni astigiani: oltre Castagnole Monferrato, anche i vicini paesi di Montemagno, Grana, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. Attualmente la denominazione ha un'estensione vitata di 110 ettari.
Caratteristiche
colore: rosso rubino non troppo carico, con leggeri riflessi violacei che poi divengono tendenti all'aranciato con l'invecchiamento.
odore: intenso persistente leggermente aromatico, fruttato.
sapore: secco o amabile, armonico leggermente tannico di medio corpo, leggera componente aromatica.
Cenni storici
Il suo nome ha etimologia incerta, tuttavia alcuni ipotizzano un legame in merito ai primi vigneti coltivati vicino a una chiesetta benedettina dedicata a san Roc (san Rocco), oggi inesistente, che si doveva trovare neri pressi di Portacomaro o Castagnole Monferrato. Il vitigno fu probabilmente importato durante il XII secolo da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna. Altri ancora pensano che il nome possa derivare dai tipici luoghi collinari, da cui il dialettale ruché, indicando l'erto arroccamento della vigna ben esposto al sole.
Ha un gusto unico e particolare, mediamente strutturato e generoso. Fino al XIX secolo, il vitigno veniva coltivato anche tra Monferrato e Langhe, ma il terreno a nord-est di Asti (leggermente meno alcalino) si presta meglio ad esaltarne le qualità. A Castagnole Monferrato verso la fine degli anni settanta, il parroco don Giacomo Cauda, insieme al sindaco Lidia Bianco - già segretaria della scuola d’agraria di Asti - si impegnarono nella sua rivalutazione qualitativa, fino a ottenerne la DOC nel 1987. Da allora, Il Ruchè un posto di nicchia nell'enologia, a livello nazionale e internazionale, di tutto rispetto. Infatti, sebbene ne sia autorizzato legalmente un taglio d'uvaggio del 10% di altre uve, quali brachetto e/o barbera, si preferisce produrlo puro. Successivamente, alcuni comuni limitrofi a Castagnole Monferrato si impegnarono con quest'ultimo per diffondere l'eccellenza qualitativa di tale vino.
Abbinamenti consigliati
È un ottimo vino da formaggi saporiti di media-alta stagionatura (Castelmagno, Grana Padano, tome varie) e per i piatti tipici piemontesi come la bagna cauda, la finanziera e gli agnolotti, si abbina molto bene con secondi di selvaggina.

ARNAD-MONTJOVET

Il Valle d'Aosta Arnad-Montjovet è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
colore: rosso rubino brillante con riflessi granata.
odore: fine, caratteristico, lievemente mandorlato.
sapore: secco, con fondo amarognolo, armonico.

BLANC DE MORGEX ET DE LA SALLE

Il Valle d'Aosta Blanc de Morgex et de La Salle è un vino DOC la cui produzione è consentita nella Regione Valle d'Aosta. Il vino pare prendere il nome da due comuni tra i vari in cui viene prodotto (Morgex e La Salle). Viene prodotto tra i più alti vigneti d'Europa, dai 900 ai 1200 m di altitudine.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino tendente al verdino.
odore: delicato con sottofondo di erbe di montagna.
sapore: secco, acidulo, leggermente frizzante, molto delicato.
Cenni storici
La data di inizio produzione è ancora incerta, alcune fonti la fissano intorno all'VIII secolo, altre invece lo vorrebbero importato in Valle d'Aosta verso l'anno 1630. Un'altra ipotesi è quella che il vitigno sia autoctono, scelto attraverso i secoli secondo una selezione attuata partendo da eventuali modificazioni o da spontanee seminagioni.
Abbinamenti consigliati
Adatto come aperitivo, si accompagna con antipasti delicati, con piatti di pesce o con carni bianche, è ottimo anche con formaggi come Fontina e Reblec.

CHAMBAVE MOSCATO

Il Valle d'Aosta Chambave Moscato (conosciuto soprattutto nella denominazione in francese Vallée d'Aoste Muscat de Chambave) è un vino DOC la cui produzione è consentita nella Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino.
odore: intenso, caratteristico di moscato.
sapore: secco, fine, delicato e aromatico.
Cenni storici
È un vino prodotto da una varietà di vitigni, appartenenti alla famiglia dei moscati, giunta in Italia dall'Asia Minore in epoca pre-romana.
La zona di coltivazione dell'uva è situata lungo il corso della Dora Baltea, tra i paesi di Chambave, Châtillon, Pontey, Montjovet, Saint-Vincent, Saint-Denis e Verrayes, a quote collinari.
Abbinamenti consigliati
Vino da dessert adatto ad accompagnare biscotti e pasticceria secca; ottimo nello zabaione. Tuttavia si può servire anche come aperitivo, o abbinato a piatti di crostacei, pesce o a base di uova, oppure semplicemente come vino da degustazione.

ENFER D'ARVIER
Enfer d'Arvier
Il Valle d'Aosta Enfer d'Arvier è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
colore: rosso granata piuttosto intenso.
odore: delicato, con bouquet caratteristico.
sapore: secco, vellutato, di giusto corpo, gradevolmente amarognolo. L'Enfer d'Arvier doc si abbina gradevolmente a carni rosse, arrosti e selvaggina, bollito misti ma anche a piatti tipici come agnolotti di carne canavesani, fonduta, soupe paysanne con toma e fontina, polenta e salsicce, pernice e formaggi locali.

NUS
Il Valle d'Aosta Nus rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso intenso con riflessi granata.
odore: vinoso, intenso, persistente.
sapore: secco, vellutato, leggermente erbaceo.

TORRETTE
Il Valle d'Aosta Torrette è un vino DOC la cui produzione è consentita in Valle d'Aosta.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso vivace con riflessi violacei.
odore: profumo di rosa selvatica, tendente a mandorlarsi con l'invecchiamento in bottiglia.
sapore: secco, vellutato, di buon corpo, con fondo amarognolo
Abbinamenti consigliati
Salumeria tipica, carni bianche e rosse, formaggi locali di media stagionatura (Toma e Fontina).
Produzione
Le uve provengono da vigneti situati nei comuni di Quart, Saint-Christophe, Aosta, Sarre, Villeneuve, Saint Pierre, Aymavilles, Jovençan, Gressan, in destra e sinistra orografiche della Dora Baltea. La vendemmia è scaglionata nell’arco di dodici/quindici giorni in riferimento alle diverse altitudini ed esposizioni dei vigneti. I vigneti sono situati tra i 600 e gli 800 metri s.l.m..

Il Valle d'Aosta è dal 2002 un vino DOC rosso e bianco della Valle d'Aosta.
Attualmente, la denominazione Valle d'Aosta è suddivisa in sette sotto-denominazioni geografiche e in nove sotto-denominazioni secondo i vitigni in questione.
Le condizioni climatiche della Valle d’Aosta unitamente alle caratteristiche dei terreni, alla loro esposizione, giacitura e pendenza sono i punti di forza di una viticoltura di montagna che, inserita in un ambiente ancora incontaminato, ha saputo evolversi con modernità e oggi rappresenta una realtà significativa anche in termini economici.
A partire dagli anni ‘60, la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha investito notevoli risorse finanziarie nel settore viticolo, attivando numerose iniziative che, nel volgere di pochi anni, hanno contribuito al recupero e successivamente allo sviluppo della coltivazione della vite.
Negli anni successivi il mondo viticolo valdostano ha assunto la piena consapevolezza che lo strumento di valorizzazione delle produzioni viticole locali si basava sul binomio qualità-territorio e che pertanto ogni sforzo doveva essere compiuto per ottenere il riconoscimento di origine per i principali vini prodotti.
La denominazione di origine controllata Valle d'Aosta Müller Thurgau, Pinot grigio, Pinot bianco, Chardonnay, Petite Arvine, Blanc de Morgex et de La Salle, accompagnata dalla menzione vendemmia tardiva è riservata ai vini ottenuti da uve sottoposte a parziale appassimento naturale sulla vite. La vinificazione del vino Valle d'Aosta Pinot nero può essere effettuata anche in bianco. La denominazione di origine controllata Valle d'Aosta Novello deve essere ottenuta con macerazione carbonica di almeno il 30% delle uve. La denominazione Valle d'Aosta Blanc de Morgex et de La Salle spumante può essere utilizzata per designare i vini spumanti naturali ottenuti con vini derivati dal vitigno Prié blanc e rispondenti alle condizioni stabilite dal presente disciplinare. La tipologia spumante deve essere ottenuta esclusivamente per rifermentazione naturale in bottiglia con permanenza sui lieviti per almeno 9 mesi e la durata del procedimento di elaborazione deve essere non inferiore a 12 mesi e deve essere posto in commercio nei tipi "extra-brut", "brut", "demi-sec" e "pas dosé" con l'indicazione del tenore zuccherino.