ALL'ANDREA
1 kg di farina,g 75 di lievito di birra,
mezzo bicchiere d'olio di oliva,
mezzo bicchiere di vino bianco,
cinque acciughe salate,
due spicchi di aglio,
origano,
basilico,
mezza cipolla,
olive di riviera,
salsa di pomodoro,
olio e sale.
Per l'impasto si procede come per la focaccia all'olio. Sulla superficie della focaccia si spalma poca salsa di pomodoro e si dispongono le acciughe tagliate a pezzi, le foglie di basilico intere, le olive e una spolverata di origano. Si cosparge di olio e si inforna.
Se nella composizione della farcitura entrano i prodotti del mare ecco allora l’ennesima variante della pizza ligure. Il nome è curioso pizza all’Andrea. Ai cittadini illustri di solito si dedica un monumento, spesso equestre. Al celeberrimo Andrea D'Oria (1466-1560), invece, gli onegliesi consacrarono una pizza.
Ecco spiegato il nome che è strettamente legato a quello dell'importante ammiraglio, che sembra ne fosse particolarmente ghiotto. Questa pizza, differente da quella napoletana perché cotta nel tegame, è diffusissima in tutto il Ponente ligure anche oltre gli attuali confini nazionali. La ritroviamo infatti nel sud della Francia antica ultima propaggine della Repubblica di Genova, con il nome di pissalandière o pizzalandeira, leggermente più bassa e croccante.
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti, a cominciare dal pomodoro e dalle olive. Ricordiamo che esiste anche la sardenaira, cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine.
Non sempre le regole sono rispettate e le due varianti tendono spesso a omogeneizzarsi, ottenendo un unico piatto dai nomi diversi: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata.
Si tratta di una Focaccia ai pesci salati con parecchi nomi locali: Macchettusa (Apricale), Pissadala (Bordighera), Pissalandrea (Imperia), Pissaladiere (Nizza), Piscarada (Pigna), Sardenaire (Sanremo).
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti, a cominciare dal pomodoro e dalle olive. Ricordiamo che esiste anche la sardenaira, cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine.
Non sempre le regole sono rispettate e le due varianti tendono spesso a omogeneizzarsi, ottenendo un unico piatto dai nomi diversi: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata.
Si tratta di una Focaccia ai pesci salati con parecchi nomi locali: Macchettusa (Apricale), Pissadala (Bordighera), Pissalandrea (Imperia), Pissaladiere (Nizza), Piscarada (Pigna), Sardenaire (Sanremo).
CARCIOFI SPINACI E RASPADURA
DATTERINI CON MELANZANE PINOLI STRACCIATELLA
1 litro di brodo vegetale,
q.b. pepe
1 cipolla rossa
2 cucchiaino cappero sott'aceto
q.b. olio di oliva extravergine
4 cucchiaio vino bianco
4 cucchiaio salsa di pomodoro
4 carciofo
q.b. sale
2 cucchiaino olive taggiasche
50 grammi raspadura
40 grammi spinaci germogli
300 grammi pasta per pizza
1) Stendi la pasta da pizza e disponila in una teglia rettangolare o su una placca da forno oleata. Copri con un telo e fai lievitare per mezz’ora. Nel frattempo, metti in una terrina la salsa di pomodoro con un cucchiaio d’olio e uno d’acqua. Mescola il tutto e regola di sale. A parte, affetta la cipolla sottile.
2) Monda i carciofi, tagliali a spicchi e falli bollire per 5 minuti in acqua salata e acidulata con aceto. Terminata la cottura, sgocciola i carciofi e saltali in padella per qualche minuto con poco olio.
3) Condisci la pizza ortolana con la salsa di pomodoro e la cipolla a fettine, quindi cuoci per 20 minuti in forno preriscaldato a 220°. Trascorso il tempo, tira fuori dal forno, aggiungi capperi, carciofi e olive, quindi cuoci per altri 5 minuti.
4) Servi la pizza ortolana aggiungendo i germogli di spinaci crudi, la raspadura e una macinata di pepe appena prima di portare in tavola.
DATTERINI CON MELANZANE PINOLI STRACCIATELLA
3 rametti basilico
475 grammi farina per celiaci
2 grammi lievito di birra
1 melanzane
3 rametti menta
1 cucchiaio olio di oliva extravergine
2 cucchiai patate
2 cucchiai pinoli
q.b. pomodoro datterino
q.b. sale
300 grammi stracciatella
2.5 grammi zucchero
Come preparare la pizza senza glutine al sugo di datterini con melanzane, pinoli e stracciatella
1) In una ciotola sciogli il lievito e lo zucchero in 2,5 dl d'acqua tiepida, aggiungi metà della farina e mescola rigorosamente. Aggiungi la patata schiacciata e l'olio, amalgama e aggiungi il sale; poi incorpora la farina rimasta e lavora tutto fino a quando gli ingredienti sono ben amalgamati e l'impasto risulta liscio e omogeneo.
2) Dai alla pasta della pizza senza glutine una forma sferica, mettila dentro una ciotola pulita e coprila con pellicola per alimenti e un canovaccio umido, per impedire che si secchi. Metti la ciotola in frigorifero per circa 1 ora, quindi trasferisci in luogo tiepido lasciando lievitare per almeno 3 ore.
3) Stendi l'impasto in un cerchio di 32 cm di diametro (ricorda che è privo di glutine e quindi poco elastico); trasferisci la base sopra un foglio di carta da forno e sistemala sulla placca del forno. Sala la passata di datterini, distribuiscila sopra la pasta e cuoci in forno a 220° per 15 minuti.
3) Nel frattempo, taglia a metà i datterini, saltali in padella con lo spicchio d'aglio, i pinoli e 2 cucchiai d'olio, poi salali. Taglia la melanzana a fettine sottili, condisci con sale e olio. Guarnisci la pizza con i pomodori saltati e le fettine di melanzana, cuoci per altri 15 minuti. Fuori dal forno distribuisci sulla superficie la stracciatella, le foglie di menta e di basilico. Servi subito la pizza senza glutine al sugo di datterini con melanzane, pinoli, stracciatella.
FOGGIANA
La cucina foggiana, pur mantenendo elementi tipicamente pugliesi, ha ricevuto grande influenza dalla tradizione culinaria napoletana. Per questo motivo, le caratteristiche della pizza foggiana risultano pressoché simili, almeno nell'aspetto, a quella partenopea; cucinata rigorosamente in forno a legna, di forma tonda, morbida e dai bordi piuttosto alti con la differenza che viene utilizzato come pomodoro quello tipico del Tavoliere delle Puglie.GENOVESE
La pizza genovese è una specialità della cucina ligure che deriva dalla focaccia genovese, diffusa sin dall'antichità.
Fu preparata a Genova nel 1490, e venne chiamata "Pissa d'Andrea" in onore dell'ammiraglio genovese Andrea Doria che ne era particolarmente ghiotto. Questa focaccia, detta 'pissa' (ovvero 'pezza' in Genovese), differiva dall'odierna napoletana poiché veniva cotta in un tegame; è tuttora diffusissima in tutto il Ponente ligure ed anche oltre gli attuali confini nazionali, la ritroviamo infatti nel sud della Francia, ultima propaggine della Repubblica di Genova, con il nome di Pissaladière o Pizzalandeira, leggermente più bassa e croccante.
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti a cominciare dal pomodoro (dopo che si è imparato a conoscerlo ed usarlo conseguentemente alla scoperta dell'America) che si aggiungeva alle olive rivierasche, cipolle, ad un formaggio molle ligure quasi liquefatto anche noto come squaquerone, ed alle acciughe, uno dei pesci tipici della tradizione ligure. Una antica variante era la 'Sardenaira', cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto genovese, dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine. Non sempre, oggigiorno, la tradizione viene rispettata e le due varianti tendono spesso ad omogeneizzarsi ottenendo un unico piatto dai nomi diversi più o meno derivanti e storpiati dalla dizione originaria: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata. La preparazione originaria della pizza prevedeva: focaccia di farina alla Genovese, acqua, sale, olio e lievito, ricoperta di un battuto di cipolla, salsa di pomodoro e di acciughe (Macchettu).
Fu preparata a Genova nel 1490, e venne chiamata "Pissa d'Andrea" in onore dell'ammiraglio genovese Andrea Doria che ne era particolarmente ghiotto. Questa focaccia, detta 'pissa' (ovvero 'pezza' in Genovese), differiva dall'odierna napoletana poiché veniva cotta in un tegame; è tuttora diffusissima in tutto il Ponente ligure ed anche oltre gli attuali confini nazionali, la ritroviamo infatti nel sud della Francia, ultima propaggine della Repubblica di Genova, con il nome di Pissaladière o Pizzalandeira, leggermente più bassa e croccante.
La ricetta originale si è nei secoli arricchita di nuovi ingredienti a cominciare dal pomodoro (dopo che si è imparato a conoscerlo ed usarlo conseguentemente alla scoperta dell'America) che si aggiungeva alle olive rivierasche, cipolle, ad un formaggio molle ligure quasi liquefatto anche noto come squaquerone, ed alle acciughe, uno dei pesci tipici della tradizione ligure. Una antica variante era la 'Sardenaira', cioè pizza con sardine, altra versione dello stesso piatto genovese, dove le acciughe sono sostituite appunto dalle sardine. Non sempre, oggigiorno, la tradizione viene rispettata e le due varianti tendono spesso ad omogeneizzarsi ottenendo un unico piatto dai nomi diversi più o meno derivanti e storpiati dalla dizione originaria: pisciadela, piscirà, sardenaira, machetaera, machetusa, pasta cu a pumata. La preparazione originaria della pizza prevedeva: focaccia di farina alla Genovese, acqua, sale, olio e lievito, ricoperta di un battuto di cipolla, salsa di pomodoro e di acciughe (Macchettu).
NAPOLETANA
La pizza napoletana, dalla pasta morbida e sottile ma dai bordi alti (detti "cornicione"), è la versione partenopea della pizza tonda ed inoltre, su scala mondiale, è anche intesa come la pizza italiana per antonomasia.Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuta come specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.
Nel 2011, la pizza napoletana è stata presentata dall'Italia come candidata al riconoscimento UNESCO come Patrimonio immateriale dell'umanità.
L'espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per pizza tonda.
Le prime notizie riguardo alla Pizza Napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza ed i maccheroni con il pomodoro. L'associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli ed attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia. Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della Pizza Napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XIX secolo e fino alla metà del XX secolo esse furono un fenomeno esclusivo di quella città. A partire dalla seconda metà del Novecento le pizzerie si sono diffuse ovunque nel mondo, sempre con il termine di Pizza Napoletana, anche se a volte non si sa neanche dove sia la città in questione.
La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane - ossia completamente privo di grassi - morbido ed elastico, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura un tipico "cornicione" di 1 o 2 cm mentre la pasta al centro sarà alta circa 3 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla umida e soffice, non troppo cotta.
Nella più stretta tradizione della cucina napoletana sono previste solo due varianti per quanto riguarda il condimento:
Pizza marinara: con pomodoro, aglio, origano e olio.
Pizza Margherita: con pomodoro, mozzarella STG a listelli, mozzarella di bufala campana DOP a cubetti o Fior di latte, basilico e olio.
Alcuni ritengono che il pomodoro debba essere di tipo San Marzano.
Ricordando che i puristi di questo piatto considerano solo due tipi di pizza tradizionale, la Margherita e la Marinara, sono comunque diffusi numerosi altri tipi di condimento che prevedono l'aggiunta di diversi ingredienti sopra la pizza.
Non è possibile elencare le innumerevoli varietà di pizze che sono state via via inventate e, dal momento che ogni pizzeria agisce a propria discrezione, è molto difficile individuare standard sempre validi. Si riportano comunque alcune tra le altre varianti di pizza napoletana più comuni nella tradizione italiana.
Capricciosa: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico, funghi, carciofini, prosciutto cotto, olive, olio. Non a Napoli, in alcuni casi vengono aggiunti anche acciughe e uova sode.
Quattro stagioni: normalmente gli stessi ingredienti della capricciosa, disposti ognuno in uno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la pizza, a volte con delle sottili striscioline di pasta per suddividerli.
Quattro formaggi: pomodoro (facoltativo), mozzarella, altri formaggi a discrezione, basilico. In genere, soprattutto nel nord Italia, tra i formaggi è presente il gorgonzola. A Napoli è perlopiù bianca (ossia senza pomodoro).
Ripieno al forno (o Calzone): pomodoro,provola, formaggio grattugiato, ricotta e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Ripieno fritto: ricotta, provola e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Diavola: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico e pezzettini di salame piccante. È praticamente una variante della Margherita, divenuta anch'essa negli ultimi anni un classico.
Negli ultimi anni a Napoli si sono diffuse, fino a raggiungere capillarmente praticamente ogni pizzeria, la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e mais, da molti chiamata "mimosa", e la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e funghi, detta anche "chef".
Secondo il disciplinare per la definizione di standard internazionali per l'ottenimento del marchio "Pizza Napoletana" la cottura deve avvenire in forno a legna a circa 485 °C per circa 90 secondi.
Per versare l'olio, i pizzaioli tradizionali utilizzano l'agliara, un contenitore in rame, internamente stagnato, con il becco lungo e stretto, in modo da far fuoriuscire un filo d'olio sottile e continuo.
Per infornare e governare la pizza in forno si utilizzano due pale a manico lungo: una più larga, di forma quadrata, dove la pizza viene stesa cruda e con la quale la pizza viene infornata, ritirandola con un rapido colpo di braccio. Questa pala era tradizionalmente in legno, ma per motivi igienici è stata recentemente sostituita da una versione in alluminio. Un'altra pala più piccola, tonda e di ferro, usata per far ruotare la pizza nel forno in modo fa farla cuocere uniformemente su tutti i lati.
Nel 2004 è iniziato l'iter per far ottenere alla pizza napoletana il marchio di qualità "Specialità Tradizionale Garantita" (STG) Per potersi fregiare di tale marchio, la pizza deve essere preparata con ingredienti e metodiche codificate. In particolare, l'unica operazione che può essere effettuata a macchina è la preparazione dell'impasto. Il taglio in panetti e la manipolazione della pasta per ottenere il disco devono essere fatti a mano.
Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuto come specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.
Nel 2011, la pizza napoletana è stata presentata dall'Italia come candidata al riconoscimento UNESCO come Patrimonio immateriale dell'umanità.
L'espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per pizza tonda.
Le prime notizie riguardo alla Pizza Napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza ed i maccheroni con il pomodoro. L'associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli ed attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia. Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della Pizza Napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XIX secolo e fino alla metà del XX secolo esse furono un fenomeno esclusivo di quella città. A partire dalla seconda metà del Novecento le pizzerie si sono diffuse ovunque nel mondo, sempre con il termine di Pizza Napoletana, anche se a volte non si sa neanche dove sia la città in questione.
La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane - ossia completamente privo di grassi - morbido ed elastico, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura un tipico "cornicione" di 1 o 2 cm mentre la pasta al centro sarà alta circa 3 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla umida e soffice, non troppo cotta.
Nella più stretta tradizione della cucina napoletana sono previste solo due varianti per quanto riguarda il condimento:
Pizza marinara: con pomodoro, aglio, origano e olio.
Pizza Margherita: con pomodoro, mozzarella STG a listelli, mozzarella di bufala campana DOP a cubetti o Fior di latte, basilico e olio.
Alcuni ritengono che il pomodoro debba essere di tipo San Marzano.
Ricordando che i puristi di questo piatto considerano solo due tipi di pizza tradizionale, la Margherita e la Marinara, sono comunque diffusi numerosi altri tipi di condimento che prevedono l'aggiunta di diversi ingredienti sopra la pizza.
Non è possibile elencare le innumerevoli varietà di pizze che sono state via via inventate e, dal momento che ogni pizzeria agisce a propria discrezione, è molto difficile individuare standard sempre validi. Si riportano comunque alcune tra le altre varianti di pizza napoletana più comuni nella tradizione italiana.
Capricciosa: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico, funghi, carciofini, prosciutto cotto, olive, olio. Non a Napoli, in alcuni casi vengono aggiunti anche acciughe e uova sode.
Quattro stagioni: normalmente gli stessi ingredienti della capricciosa, disposti ognuno in uno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la pizza, a volte con delle sottili striscioline di pasta per suddividerli.
Quattro formaggi: pomodoro (facoltativo), mozzarella, altri formaggi a discrezione, basilico. In genere, soprattutto nel nord Italia, tra i formaggi è presente il gorgonzola. A Napoli è perlopiù bianca (ossia senza pomodoro).
Ripieno al forno (o Calzone): pomodoro,provola, formaggio grattugiato, ricotta e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Ripieno fritto: ricotta, provola e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
Diavola: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico e pezzettini di salame piccante. È praticamente una variante della Margherita, divenuta anch'essa negli ultimi anni un classico.
Negli ultimi anni a Napoli si sono diffuse, fino a raggiungere capillarmente praticamente ogni pizzeria, la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e mais, da molti chiamata "mimosa", e la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e funghi, detta anche "chef".
Secondo il disciplinare per la definizione di standard internazionali per l'ottenimento del marchio "Pizza Napoletana" la cottura deve avvenire in forno a legna a circa 485 °C per circa 90 secondi.
Per versare l'olio, i pizzaioli tradizionali utilizzano l'agliara, un contenitore in rame, internamente stagnato, con il becco lungo e stretto, in modo da far fuoriuscire un filo d'olio sottile e continuo.
Per infornare e governare la pizza in forno si utilizzano due pale a manico lungo: una più larga, di forma quadrata, dove la pizza viene stesa cruda e con la quale la pizza viene infornata, ritirandola con un rapido colpo di braccio. Questa pala era tradizionalmente in legno, ma per motivi igienici è stata recentemente sostituita da una versione in alluminio. Un'altra pala più piccola, tonda e di ferro, usata per far ruotare la pizza nel forno in modo fa farla cuocere uniformemente su tutti i lati.
Nel 2004 è iniziato l'iter per far ottenere alla pizza napoletana il marchio di qualità "Specialità Tradizionale Garantita" (STG) Per potersi fregiare di tale marchio, la pizza deve essere preparata con ingredienti e metodiche codificate. In particolare, l'unica operazione che può essere effettuata a macchina è la preparazione dell'impasto. Il taglio in panetti e la manipolazione della pasta per ottenere il disco devono essere fatti a mano.
Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuto come specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.
PAN FRATTAU
200gr di pane carasau,
4 uova,
400gr di passata di pomodoro,
50 gr di pecorino sardo,
1 spicchio di aglio,
1 ciuffo di basilico,
1 cucchiaio di aceto di vino bianco,
3 cucchiai di olio di oliva
sale fino.
In origine era un sistema utile per consumare tutti i resti del tipico pane conosciuto anche col nome "carta da musica"(anche se tale denominazione in riferimento al pane carasau è da considerarsi errata). Infatti quello che restava a piccoli pezzi lo si metteva nell'acqua bollente salata e poi lo si disponeva a strati sul piatto ricoprendolo con il formaggio pecorino grattugiato e con il sugo se disponibile. Questa preparazione molto semplice (ed ancora oggi attuale) poteva essere arricchita con un uovo fatto cuocere nella stessa acqua e adagiato in cima al pane ormai ammorbidito (questo però solo in tempi molto più recenti). Gli ingredienti del pane frattau variano a seconda della zona. I più comuni sono un uovo di gallina (cotto in camicia), del pane carasau (ammorbidito nell'acqua, nel brodo o direttamente dal sugo di pomodoro), della cipolla, del basilico fresco, del sugo di pomodoro e parmigiano o pecorino sardo. In alcune zone si utilizzano erbe aromatiche per l'insaporimento della pietanza, come la cicoria, il rosmarino, il timo o l'origano.
In origine era un sistema utile per consumare tutti i resti del tipico pane conosciuto anche col nome "carta da musica"(anche se tale denominazione in riferimento al pane carasau è da considerarsi errata). Infatti quello che restava a piccoli pezzi lo si metteva nell'acqua bollente salata e poi lo si disponeva a strati sul piatto ricoprendolo con il formaggio pecorino grattugiato e con il sugo se disponibile. Questa preparazione molto semplice (ed ancora oggi attuale) poteva essere arricchita con un uovo fatto cuocere nella stessa acqua e adagiato in cima al pane ormai ammorbidito (questo però solo in tempi molto più recenti). Gli ingredienti del pane frattau variano a seconda della zona. I più comuni sono un uovo di gallina (cotto in camicia), del pane carasau (ammorbidito nell'acqua, nel brodo o direttamente dal sugo di pomodoro), della cipolla, del basilico fresco, del sugo di pomodoro e parmigiano o pecorino sardo. In alcune zone si utilizzano erbe aromatiche per l'insaporimento della pietanza, come la cicoria, il rosmarino, il timo o l'origano.
Il pane frattau, noto talvolta anche con la variante pane vrattau, è un piatto tradizionale della Sardegna, preparato specialmente nella regione della Barbagia, e nella parte centrale dell'isola.
Il pane carasau, che è alla basa della ricetta, veniva posto dai pastori che prima dell'alba andavano al lavoro in sa "taschedda" vale a dire uno zaino di pelle, insieme a del pecorino e dell'acqua. Questo era il cibo che mangiavano durante la giornata. Al tramonto, al rientro a casa, il pane così conservato si sminuzzava (vrattau/frattau) dentro la " taschedda" e tutto ciò non veniva mai buttato, ma veniva ammorbidito nel brodo, o nell'acqua calda , condito con un poco di "bagna" e col pecorino rimasto e mangiato per cena. Queste sono le tradizioni pastorali più povere che hanno portato oggi a quella saporitissima pietanza arricchita dall'uovo in camicia. Il pane frattau è una pietanza composta da ingredienti semplici quali le uova, il pane carasau, tipico pane sardo, la salsa di pomodoro, l'olio d'oliva e il pecorino. Le tradizioni sulla preparazione del piatto variano a seconda della zona, per esempio mentre nella Gallura si prepara con questi soli ingredienti, in Barbagia si adoperano anche erbe aromatiche come prezzemolo, rosmarino e cicoria, per insaporire. Due sono le tradizioni sull'origine di questo piatto: Nacque con l'arrivo della II guerra mondiale; a seguito dello scarseggiare di cibo, i contadini, specialmente, utilizzavano i pochi ingredienti che avevano a disposizione. Una leggenda dice che venne inventato come piatto da presentare al re Umberto I: due donne per la fretta e per il ritardo, durante una visita del re in Sardegna, cercarono di arrangiarsi con ciò che trovarono per dare forma ad un piatto da porgere al monarca. Corsero a prendere della conserva di pomodoro, due uova nel pollaio, del basilico e della cipolla dall'orto e infine presero del pane dalla credenza. Prepararono in fretta e furia il tutto, disponendo il piatto in maniera frettolosa. Offertolo al sovrano, a quanto narra la leggenda, quest'ultimo gradì particolarmente la pietanza. Il nome "frattau" deriva dall'espressione "casu vrattau" cioè formaggio grattugiato, componente importante della pietanza. La sua diffusione è avvenuta grazie agli agriturismo ed ai famosi "pranzi con i pastori" dove specialmente in Barbagia si è conservato questo modo di mangiare il "Pane carasau".
Il pane carasau, che è alla basa della ricetta, veniva posto dai pastori che prima dell'alba andavano al lavoro in sa "taschedda" vale a dire uno zaino di pelle, insieme a del pecorino e dell'acqua. Questo era il cibo che mangiavano durante la giornata. Al tramonto, al rientro a casa, il pane così conservato si sminuzzava (vrattau/frattau) dentro la " taschedda" e tutto ciò non veniva mai buttato, ma veniva ammorbidito nel brodo, o nell'acqua calda , condito con un poco di "bagna" e col pecorino rimasto e mangiato per cena. Queste sono le tradizioni pastorali più povere che hanno portato oggi a quella saporitissima pietanza arricchita dall'uovo in camicia. Il pane frattau è una pietanza composta da ingredienti semplici quali le uova, il pane carasau, tipico pane sardo, la salsa di pomodoro, l'olio d'oliva e il pecorino. Le tradizioni sulla preparazione del piatto variano a seconda della zona, per esempio mentre nella Gallura si prepara con questi soli ingredienti, in Barbagia si adoperano anche erbe aromatiche come prezzemolo, rosmarino e cicoria, per insaporire. Due sono le tradizioni sull'origine di questo piatto: Nacque con l'arrivo della II guerra mondiale; a seguito dello scarseggiare di cibo, i contadini, specialmente, utilizzavano i pochi ingredienti che avevano a disposizione. Una leggenda dice che venne inventato come piatto da presentare al re Umberto I: due donne per la fretta e per il ritardo, durante una visita del re in Sardegna, cercarono di arrangiarsi con ciò che trovarono per dare forma ad un piatto da porgere al monarca. Corsero a prendere della conserva di pomodoro, due uova nel pollaio, del basilico e della cipolla dall'orto e infine presero del pane dalla credenza. Prepararono in fretta e furia il tutto, disponendo il piatto in maniera frettolosa. Offertolo al sovrano, a quanto narra la leggenda, quest'ultimo gradì particolarmente la pietanza. Il nome "frattau" deriva dall'espressione "casu vrattau" cioè formaggio grattugiato, componente importante della pietanza. La sua diffusione è avvenuta grazie agli agriturismo ed ai famosi "pranzi con i pastori" dove specialmente in Barbagia si è conservato questo modo di mangiare il "Pane carasau".
PEPERONI ARROSTITI PATATE E ROBIOLA DI ROCCAVERANO
280 grammi base per pizza
10 grammi menta
100 grammi mozzarella
q.b. olio di oliva extravergine
50 grammi patate
100 grammi peperoni
80 grammi robiola
1 rametto rosmarino
q.b. grammi sale
q.b. semola
1) Per prima cosa, prepara l'impasto per la pizza. Recuperare 280 grammi di base per la pizza oppure preparare l'impasto. Metti sulla spianatoia 1 kg di farina bianca tipo 1, fai la fontana, aggiungi 750 g di acqua, 20 g di sale e 100 g di lievito madre rinfrescato. Impasta il tutto e lavora la pasta energicamente.
2) Stendi l'impasto, sistemalo nella teglia e lascialo lievitare a temperatura ambiente per 4-6 ore. Lava i peperoni, asciugali e arrostiscili interi su una piastra ben calda.
3) A questo punto, lasciali intiepidire, quindi pelali.
4) Aprili con un coltello, elimina i semi e le nervature interne, quindi tagliali a strisce e condiscili con un filo di olio e un pizzico di sale.
5) Taglia le patate prima a fette di 1 cm, poi a cubetti.
6) Distribuisci i cubetti di patata in una teglia unta di olio e condiscili con olio, sale e rosmarino.
7) Introduci la teglia in forno già caldo a 180° e cuoci le patate per 12-15 minuti; sfornale ben cotte e dorate.
8) Distribuisci la mozzarella sulla pasta lievitata e inforna la pizza con peperoni arrostiti, patate e robiola di Roccaverano a 220° per 15 minuti. Sfornala e sistemate sopra le patate, tagliala a spicchi, distribuisci i peperoni e la robiola e termina con un giro di olio che avrai profumato con le foglie di menta.
PESTO BUFALA E POMODORINI
q.b. basilico150 grammi farina
150 grammi farina multicereali
20 grammi lievito madre
250 grammi mozzarella
3 pezzi mozzarella di bufala
q.b. olio di oliva extravergine
2 cucchiai pesto
80 grammi pomodoro semisecco
150 grammi provola affumicata
1) Per la pizza multicereali con pesto, bufala e pomodorini sciogli il lievito in poca acqua tiepida, tolta da un totale di 225 ml, e lascialo riposare qualche istante. Disponi a fontana le due farine setacciate, aggiungi il lievito e l'acqua rimasta e lavora l'impasto fino ottenere una palla elastica.
2) Mettila in una ciotola e lasciata lievitare a temperatura ambiente per 6-8 ore: se vuoi preparare l'impasto il giorno prima, puoi farlo lievitare in frigo durante la notte; ci vorranno 12 ore.
3) Al raddoppio del volume, dividi la pasta in due porzioni, allargala con le mani formando due larghi dischi e disponili in due teglie di 30 cm di diametro foderate con carta da forno leggermente oliata. Copri le pizze con la mozzarella fiordilatte tritata, irrora con un filo di olio ed infornate a 220° per 10 minuti.
4) Poi aggiungi anche la provola a fettine e i bocconcini di bufala e prosegui la cottura per 2 minuti. Completa con il pesto, i pomodorini, un giro d'olio e qualche foglia di basilico e servi subito la pizza multicereali.
POMODORI FRESCHI E CRESCENZA
2 cucchiai pesto
500 grammi pasta da pane
200 grammi crescenza
6 pomodoro perino
2 cipollotto
q.b. sale
q.b. olio di oliva extravergine
1) Taglia i pomodori a fette spesse circa mezzo cm. Pulisci i cipollotti, eliminando la radice e la parte verde, e riducili a rondelle.
2) Dividi la pasta in 2 panetti, ricavane 2 dischi del diametro di 22 cm e sistemali in 2 teglie del diametro di 23 cm foderate con carta da forno.
3) Bucherella il fondo con una forchetta, disponici sopra i pomodori, salandoli leggermente, e su questi i cipollotti.
4) Completa con un filo di olio e cuoci in forno preriscaldato a 225° per circa 10 minuti, fino a quando cioè la pasta inizia a dorare.
5) Leva le pizze dal forno, disponici sopra la crescenza tagliata a fiocchetti e prosegui la cottura, sempre in forno, per altri 10 minuti, fino a quando il formaggio si sarà sciolto.
6) A fine cottura, distribuisci sulle pizze il pesto diluito con un cucchiaio di olio e servi.
6) A fine cottura, distribuisci sulle pizze il pesto diluito con un cucchiaio di olio e servi.
POMODORINI BURRATA E CIPOLLA DI TROPEA
280 grammi base per pizza
4 foglie basilico
100 grammi burrata
1 cipolle di tropea
100 grammi mozzarella
q.b. olio extra vergine di oliva
100 grammi pomodorino datterino
q.b. sale
q.b. semola
Come preparare la pizza con pomodorini, burrata e cipolla di Tropea
1) Prendi l'impasto per la pizza, cospargilo di semola e allargalo con le mani.
2) Stendilo sulla spianatoia dandogli forma rotonda e mantenendo il bordo un po' alto.
3) Sistemalo in una teglia del diametro di 30 cm, precedentemente unta di olio, coprilo con pellicola e lascialo lievitare per circa un'ora.
4) Taglia la mozzarella a cubetti, distribuiscila sulla pizza cruda e inforna a 220° per 15 minuti.
5) Rompi la burrata in una ciotola spezzettandola prima con le mani poi con un cucchiaio.
6) Taglia i pomodorini a pezzetti, raccoglili in una ciotola, aggiungi qualche foglia di basilico e condisci con un pizzico di sale e un fllo di olio.
7) Affetta la cipolla di Tropea e immergila in una ciotola piena di acqua fredda.
8) A cottura ultimata sforna la pizza, sistemala su un tagliere e tagliala a spicchi.
9) Con un cucchiaio distribuisci sui tranci di pizza la burrata, i pomodorini scolati dal loro condimento.
10) Completa con la cipolla, e un giro di olio e servi la pizza con pomodorini, burrata e cipolla di Tropea.
ROMANA
La pizza romana è una pizza tonda dalla pasta molto sottile e croccante. L'impasto viene prodotto con farina di grano tenero tipo 00 o 0, acqua, lievito di birra (oppure lievito naturale), olio d'oliva (oppure per ottenere una pizza più croccante si utilizza l'olio di semi) e sale in proporzioni tali che risulti duro e consistente, tanto da rendere spesso necessaria la stesura con il mattarello. Diffusasi a partire appunto dalla capitale solo dopo l'ultimo dopoguerra, si chiama Napoli la variante di condimento con pomodoro, mozzarella e alici. I libri di cucina tradizionale romana, sembrerebbero avvalorare che la variante con le acciughe sia un'usanza propria della Capitale; la pizza romana, secondo gli stessi ricettari, dovrebbe comprendere anche basilico tagliuzzato, pecorino e pepe.SALSICCIA DI POLLO CETRIOLI E TZATZIKI
g 75 di lievito di birra,
mezzo bicchiere d'olio di oliva,
mezzo bicchiere di vino bianco,
cinque acciughe salate,
due spicchi di aglio,
origano,
basilico,
mezza cipolla,
olive taggiasche,
salsa di pomodoro,
sale.
5 grammi aceto bianco
1 spicchio aglio
280 grammi base per pizza
2 cetrioli
0.5 limone
80 grammi mozzarella
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
q.b prezzemolo
q.b. 1 sale
100 grammi salsiccia di pollo
100 grammi yogurt greco
1 grammi zucchero
1) Per prima cosa, prepara l'impasto per la pizza con salsiccia di pollo, cetrioli e salsa tzatziki. Recuperare 280 grammi di base per la pizza oppure preparare l'impasto. Metti sulla spianatoia 1 kg di farina bianca tipo 1, fai la fontana, aggiungi 750 g di acqua, 20 g di sale e 100 g di lievito madre rinfrescato. Impasta il tutto e lavora la pasta energicamente.
2) Stendi l'impasto nella teglia e fallo lievitare per 3-4 ore a temperatura ambiente. Distribuisci sopra la mozzarella tritata e la salsiccia spezzettata e cuocila in forno a 220° per 15 minuti.
3) Trita finemente l'aglio e il prezzemolo.
4) Preparate lo tzatziki: riunisci in una ciotola lo yogurt, l'aceto, lo zucchero, il trito di aglio e prezzemolo e il succo di limone, amalgama il tutto con una frustina.
5) Sbuccia i cetrioli con un pelapatate.Grattugiali con la grattugia a fori grossi, mettili in una ciotola e condisci con sale e olio.
6) Sforna la pizza, tagliala a spicchi e guarniscila con la salsa e i cetrioli grattugiati.
7) Servi la pizza con salsiccia di pollo, cetrioli e salsa tzatziki ben calda
SARDENAIRA
1 kg di farina, g 75 di lievito di birra,
mezzo bicchiere d'olio di oliva,
mezzo bicchiere di vino bianco,
cinque acciughe salate,
due spicchi di aglio,
origano,
basilico,
mezza cipolla,
olive taggiasche,
salsa di pomodoro,
sale.
Per l'impasto si procede come per la focaccia all'olio. Si fa un battuto con vino, cipolla, salsa di pomodoro e acciughe (lavate dal sale) da spalmare sulle superficie della focaccia. Si dispongono sopra alcune acciughe tagliate a pezzi, le foglie di basilico intere, gli spicchi di aglio interi, le olive taggiasche e una spolverata di origano. Si cosparge di olio e si inforna.
SCAROLA CIPOLLA E POMODORI CILIEGIA
2 cucchiai capperino
600 grammi pasta da pizza
100 grammi pecorino
120 grammi olive verdi piccanti
2 cipolla
2 cespi insalata scarola
2 acciughe o alici sotto sale
16 pomodorino ciliegia
q.b. aceto bianco
q.b. sale
q.b. origano
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
Come preparare la pizza con scarola, cipolla e pomodori ciliegia
1) Prepara il ripieno: pulisci le cipolle e affettale sottili; pulisci anche la scarola e tagliala a listarelle. Lava le acciughe sotto acqua fredda corrente, sfilettale e mettile a bagno per qualche minuto in acqua e aceto. Lava i pomodori ciliegia e tagliali a spicchietti; poi snocciola le olive verdi piccanti schiacciate.
2) Fai rosolare in una padella le cipolle con 4-5 cucchiai di olio e un pizzico di sale, aggiungendo di tanto in tanto qualche cucchiaio di acqua, finché saranno ammorbidite. Unisci quindi la scarola e lasciala cuocere per 5 minuti a fuoco vivo, finché il liquido sarà evaporato. Alla fine regola di sale e pepe.
3) Dividi la pasta da pizza in 4 porzioni e stendile a dischi di un cm scarso di spessore. Fodera di carta da forno 2 placche e disponi 2 pizze su ciascuna, tenendole leggermente distanziate.
4) Distribuisci sulle pizze il composto di cipolla e scarola e decora con le olive, i capperini, le acciughe tagliate a pezzetti e i pomodori ciliegia.
5) Aromatizza con l'origano, irrora con un filo d'olio e cuoci le pizze in forno già caldo a 250°. Dopo 15 minuti di cottura, ricoprile con il pecorino non troppo stagionato tagliato a cubetti o a fettine, lascialo sciogliere per qualche istante in forno e servi immediatamente.
TONNO E PEPERONE ROSSO
500 grammi farina di farro
1/2 bustina lievito di birra secco
15 grammi sale rosa
1 peperone rosso
1 spicchio aglio
q.b. basilico greco
100 grammi fior di latte
200 grammi tonno fresco
q.b. rucola
q.b. olio al peperoncino
q.b. sale
q.b. olio di oliva extravergine
q.b. pepe
1) Prepara l’impasto. In un’ampia terrina, sciogli 15 gr di sale rosa e 1/2 bustina di lievito di birra secco in 4 dl di acqua tiepida e versa metà farina di farro e mescola; copri e lascia riposare il composto per 30 minuti. Unisci a quest’ultimo la farina rimasta e impasta per circa 10 minuti per ottenere un panetto liscio e senza grumi; ungilo con un po’ di olio di oliva extravergine e lascialo lievitare per 8 ore tra i 20° e 25°, in un luogo caldo della casa. Se l'impasto si riscalda troppo, mettilo in frigo nella zona meno fredda.
2) Prepara il condimento. Abbrustolisci un grande peperone rosso sotto il grill del forno, chiudilo in un sacchetto e lascialo intiepidire; elimina la pelle sotto acqua corrente, taglialo a julienne e condiscilo in una ciotola con una presa di sale e un battuto di aglio e le foglie di basilico greco. Taglia il tonno fresco a pezzetti non troppo piccoli e condiscili in un’altra ciotola con pepe e un filo d'olio extravergine di oliva. Taglia a dadini il fior di latte ben sgocciolato.
3) Completa e cuoci. Riscalda il forno a 250° e dividi la pasta in 4 porzioni e tirala con le mani per formare 4 pizze allungate e sottili, trasferiscile in una teglia rettangolare per pizza unta con un po’ di olio. Cospargi le pizze con i dadini di fior di latte e cuocile per 10 minuti, poi distribuisci il peperone condito sulle pizze e prosegui la cottura per 5 minuti. Aggiungi infine i pezzetti di tonno e completa la cottura della pizza di farro con tonno e peperone rosso per altri 3 minuti, fino a quando il pesce comincia a scurire. Prima di servire, guarnisci con la rucola e irrora, se ti piace, con olio al peperoncino.
VEGETARIANA
500 grammi farina
25 grammi lievito di birra
q.b. sale
1 melanzana
2 zucchina
200 grammi mozzarella
1 cucchiaino cappero sotto sale
q.b. pepe
1 cucchiaino origano
1 cucchiaio olio di oliva extravergine
1 peperone giallo
200 grammi pomodoro polpa
1 ciuffo basilico
2 cucchiai salsa di pomodoro
Per preparare la ricetta pizza vegetariana sciogli il lievito con 1/2 dl di acqua tiepida, unisci 2 cucchiai di farina e mescola fino ad ottenere 1 pastella densa; lasciala lievitare per mezz'ora. Raccogli la restante farina a fontana sulla spianatoia e unisci la pastella, 2 dl circa di acqua, l'olio e poco sale.
Impasta tutti gli ingredienti e lavora energicamente la pasta per circa 10 minuti, finché è omogenea e non si appiccica più alle dita; se necessario unisci ancora poca acqua. Fai 1 palla, incidila a croce, coprila e falla lievitare in luogo tiepido per circa 2 ore.
Pulisci e lava le verdure per la pizza vegetariana, taglia il peperone a falde, la melanzana a fette rotonde e le zucchine a fette per il lungo; ungi di olio le verdure e passale per pochi minuti su una bistecchiera calda; sistemale su un largo piatto, salale e spolverizzale di origano.
Riprendi la pasta lievitata, lavorala energicamente per qualche minuto per sgonfiarla, quindi appiattiscila con il palmo della mani e allargala con le dita, fino ad ottenere 1 disco dello spessore di circa 1/2 cm e con i bordi un po' più alti.
Sistema la base di pasta su una placca foderata con un foglio di carta da forno, distribuiscici sopra la polpa di pomodoro tritata, sala leggermente, pepa e cospargi la superficie con metà della mozzarella tagliata a dadini per creare la base della classica ricetta pizza vegetariana.
Disponici sopra le verdure, appoggia su ogni fetta di melanzana mezza fettina di mozzarella e 1 cucchiaino di salsa di pomodoro, distribuisci qua e là i capperi dissalati e le foglie di basilico, condisci con 1 filo di olio e inforna a 220° per 15 minuti.
Servi la pizza vegetariana.