domenica 12 marzo 2023

CONOSCERE GLI ORTAGGI DA SEME

I legumi sono vegetali molto apprezzati per le loro qualità nutrizionali e possono essere consumati sia singolarmente che in abbinamento con altri tipi di vegetali o come contorno delle pietanze.
Essi appartengono alla famiglia delle Fabaceae, comunemente detta anche delle Leguminose. Si tratta di un gruppo di piante che condividono una serie di caratteristiche comuni.
La dimensione della pianta può variare, così che esistono delle leguminose erbacee, delle leguminose arbustive e anche alcune piante arboree, strutturate come un albero, tra cui la mimosa. Anche le foglie sono particolari: nella maggior parte delle famiglie sono palmate, ossia hanno una nervatura centrale più tante piccole nervature che si diramano da essa nelle dimensioni; si distinguono da altre foglie, ad esempio quelle della maggior parte delle graminacee, che invece hanno nervature tutte parallele tra di loro.
La caratteristica che distingue tutte le piante appartenenti alla famiglia, senza eccezioni, è il frutto: viene chiamato baccello, anche se per alcuni legumi particolari, “strozzati” in mezzo (caso tipico, quello delle arachidi) si chiama lomento. Il baccello ha una fascia longitudinale detta sutura, che quando la pianta è giunta a maturazione si apre, facendo cadere i semi; in agricoltura, i legumi vengono raccolti prima che possano cadere e poi vengono estratti industrialmente o manualmente; in alcuni casi non vengono estratti e il frutto, che è il baccello, viene consumato intero.
Ciò che generalmente si mangia delle leguminose, quelli generalmente chiamati legumi, sono i semi della pianta, semi che in alcuni casi vengono consumati freschi o conservati come freschi (fave, piselli) mentre in altri casi vengono fatti essiccare e poi reidratati per il consumo oppure lavorati per la creazione di farina, o per l’estrazione di concentrati proteici od oli. I legumi possono anche essere inscatolati in contenitori a chiusura ermetica, coperti da un liquido, oppure surgelati.
La caratteristica botanica più importante che contraddistingue le leguminose sono però in assoluto le loro radici. L’apparato radicolare è particolare, ma soprattutto è diverso da quello di tutte le altre piante: nelle radici sono infatti presenti una serie di cavità (dette tubercoli radicali) create per accogliere dei microrganismi, in particolare dei batteri. Queste piante infatti hanno una simbiosi con alcuni batteri, detti Rizobi, tra cui quelli del genere Rhizobium leguminosarum, che crescono nella maggior parte delle radici delle leguminose ma non di tutte (leguminose come la Sulla o la Soia hanno dei batteri particolari) e la loro presenza è indispensabile alla crescita della pianta. Se il batterio “giusto” per quella pianta non vive in quel terreno, essa non riuscirà a crescere. I rizobi, infatti, hanno la capacità di fissare l’azoto atmosferico, ossia di prendere quel 78% di azoto presente nella nostra atmosfera (che noi respiriamo, ma che non prende parte ai processi respiratori) e lo trasformano in una forma che sia assimilabile dalla pianta.
La pianta senza rizobio non ha disponibilità di azoto, perché a differenza di altre piante ha perso nel corso dell’evoluzione la capacità di “cercarlo” nel terreno per conto proprio, quindi se il terreno non ha il giusto rizobio le piante non cresceranno; per permetterlo, magari perché le condizioni climatiche sono adatte, bisogna portare nel campo un po’ di terreno dove il rizobio per quella coltura è presente. In alternativa bisogna sfruttare terreni dove qualche anno prima sono già state coltivate piante della stessa specie, i cui rizobi siano ancora presenti nel terreno.
L’importanza di questi batteri ha come diretta conseguenza l’alta percentuale di proteine contenuta nei legumi: se si possono sostituire le proteine della carne con quelle della soia, o dei fagioli, o dei ceci, è proprio perché ci sono dei rizobi che, fissando l’azoto, lo rendono disponibile alla pianta per creare i composti azotati di base, gli amminoacidi; catene di amminoacidi formano le proteine, che vengono accumulate in tutte le parti della pianta, foglie comprese (importanti per la mangimistica animale) e in particolare nei semi.
I rizobi, però, non arricchiscono solo le piante, ma anche il terreno stesso: in agricoltura, i legumi sono definiti colture di arricchimento, generalmente da alternare ai cereali che, invece, sono definiti depauperanti. Non avendo rizobi che fissano l’azoto per loro, colture come il mais o il grano assorbono tutto l’azoto già presente nel terreno, che l’anno successivo deve essere reimmesso grazie alla semina delle leguminose.
È anche grazie a questo meccanismo che si può spiegare l’alta resa delle coltivazioni e il fatto che produrre un chilo di proteine vegetali è molto più economico ed ha un impatto minore sull’ambiente rispetto alla produzione di un chilo di proteine animali.
Le varietà di legumi
Nel mondo esistono tantissime varietà di leguminose, molte delle quali non sono commestibili perché i semi sono troppo piccoli, o hanno un cattivo sapore, o ancora non hanno un elevato valore nutrizionale. Esistono poi varietà coltivate solo in alcune parti del mondo, anche molto diffuse, e piante che sono coltivate e consumate solo in una specifica zona.
In Italia i legumi più importanti a livello sia economico che di consumo sono sei: i fagioli, i ceci, le lenticchie, i piselli, le fave e la soia.
I legumi: caratteristiche nutrizionali
I legumi sono molto apprezzati in alimentazione per le loro proprietà nutritive ma anche per la quota proteica che li contraddistingue. Come già descritto nel paragrafo dedicato alla botanica, la loro struttura permette di accumulare un grande quantitativo di azoto prendendolo direttamente dall’aria, grazie airizobi, azoto utilizzato per produrre amminoacidi che costituiranno le proteine.
Nella tabella nutrizionale delle cinque varietà di legumi prese in considerazione si è scelto, per equiparare i valori, di confrontare tutti i semi nella loro forma da secchi, tralasciando i semi freschi. Per sapere quante sostanze si assumono mangiando gli stessi legumi ma freschi o reidratati (operazione necessaria per la cottura) è sufficiente aggiungere alla misura il quantitativo di acqua che avrebbero perso con l’essiccamento o che hanno assunto durante la reidratazione.
Tutti i valori sono da considerarsi per 100 grammi di alimento.

Acqua
(gr)
Proteine
(gr)
Grassi
(gr)
Carboidrati
(gr)
Fibra
(gr)
Energia
(kcal)
Calcio
(mg)
Fosforo
(mg)
Fagioli
10,3
20,2
2
47,5
17,3
291
102
464
Ceci
10,3
20,9
6,3
46,9
13,6
316
142
415
Lenticchie
11,2
22,7
1
51,1
13,8
1219
57
376
Piselli
13
21,7
2
48,2
15,7
286
48
320
Fave
10,2
21,3
3
29,7
21,1
224
ND
ND
Il quantitativo di acqua è ovviamente basso poiché sono stati presi in considerazione solo i legumi secchi; in un legume fresco (ad esempio i fagioli freschi) l’acqua non è particolarmente abbondante rispetto a quella presente in altri organismi vegetali, poiché costituisce solo il 60% del seme.
Parlando invece di proteine, si può notare che il contenuto proteico dei legumi è sempre particolarmente alto, soprattutto in relazione alla quota proteica contenuta in qualsiasi altro vegetale consumato. Questo ha portato alla credenza che i legumi possano sostituire, a parità di quantitativo consumato, la carne e i latticini. In realtà, nonostante in una dieta vegetariana i legumi siano fondamentali per assumere la quota proteica di cui l'organismo ha bisogno, non tutte le proteine hanno la stessa qualità, e quella dei legumi ammonta a circa la metà di quella della carne.
Relativamente ai grassi, il contenuto nei legumi è assolutamente trascurabile. Vi sono tuttavia sono alcuni legumi, dette oleaginose, come la soia e le arachidi, che contengono un alto quantitativo di lipidi. Se si osserva però il valore energetico si può vedere che è piuttosto alto rispetto a quello di altri vegetali, e ciò non è dovuto solamente all’alto contenuto in proteine, ma soprattutto a quello di carboidrati. I carboidrati sono infatti la componente che garantisce un maggior valore energetico a questo alimento, e che lo rende così un alimento “completo”, da consumare anche da solo. Il contenuto in fibre, inoltre, è piuttosto elevato e questo rende i legumi alimenti dall’indice di sazietà particolarmente alto. Il contenuto in fibre aiuta le persone che soffrono di stitichezza, di sovrappeso, o di alcune situazioni patologiche come le malattie coronariche, l’aterosclerosi o la calcolosi.
Per quanto riguarda i minerali, i legumi sono particolarmente ricchi in fosforo ma soprattutto in calcio, elemento ricercato sia in alimentazione umana che animale (è da queste piante che i bovini assumono il calcio che si ritrova nel latte e che finisce, per conseguenza, nel formaggio).
Cucinare i legumi
I legumi, come abbiamo visto, si possono trovare in varie forme e possono arrivare sul mercato in seguito a diverse tipologie di conservazione. I legumi che mantengono maggiormente il loro valore nutrizionale sono quelli freschi che tuttavia si trovano solamente nella loro stagione di raccolta; seguono i legumi surgelati, che non subiscono una perdita di sostanze nutritive. Ci sono poi i legumi secchi, che perdono più sostanza a causa del processo di essiccamento e di conservazione, mentre all’ultimo posto si hanno i legumi conservati in barattolo, generalmente legumi freschi che hanno subito il processo di bollitura, e che perdono alcune sostanze nutritive, che finiscono nel liquido di conservazione (liquido di governo) durante la permanenza sugli scaffali degli esercizi commerciali.
Per quanto riguarda i legumi surgelati, questi non devono essere fatti scongelare prima della cottura, pena la perdita di sostanze nutritive con l’acqua di scongelamento.
I legumi secchi
Per quanto riguarda la cottura dei legumi secchi, la prima cosa da fare è una cernita. Spesso, infatti, durante il confezionamento rimangono tra i legumi alcune parti diverse della pianta, o vi sono legumi che presentano dei difetti come l’atrofia; in entrambi i casi potrebbero non cuocere bene. Individuati eventuali semi, essi devono quindi essere rimossi. È opportuno, prima dell’ammollamento, anche lavare i legumi secchi per rimuovere la polvere e gli agenti antimicotici che vengono aggiunti in fase di confezionamento per evitare l’ammuffimento.
I legumi devono quindi essere ammollati, per un tempo che varia in base al singolo legume. E non alla specie, ma anche alla singola varietà: ad esempio, fagioli più piccoli vengono reidratati prima rispetto a quelli più grandi. Il processo è osmotico, per cui l’acqua entra dentro il legume fin quando questo non è saturo, e i legumi non possono crescere più di un certo quantitativo, indipendentemente da quanto restano in acqua. Nell’acqua, però, potrebbe innescarsi il processo di fermentazione batterica, motivo per il quale sarebbe bene cambiare più volte l’acqua di ammollo mentre si aspetta la fine del processo, specialmente se questo è molto lungo. L’acqua deve essere a temperatura ambiente e quantitativamente circa tre volte il peso dei legumi secchi.
L’ultimo passaggio per cucinare i legumi è quello della cottura. I legumi devono essere cotti per uccidere i batteri ma per evitare che possano rompersi durante il processo devono essere messi in acqua a temperatura ambiente, quindi questa deve essere innalzata ma non deve superare di molto la temperatura di ebollizione (e anche se non la raggiunge, se ci sono solo delle bollicine ai lati del contenitore, va bene lo stesso, significa aver raggiunto una temperatura di 80-90 gradi). Si parla di bollitura leggera  sobbollitura, e permette di lasciare integri i legumi. Importante anche tappare il contenitore, per non perdere il liquido di evaporazione e quindi molte delle sostanze nutritive, in particolare gli elettroliti, che fuoriescono dai legumi durante il processo di cottura.

L'arachide (Arachis hypogaea L., 1753) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Fabacee (o Leguminose), originaria del Sud America.
I frutti sono chiamati arachidi, spagnolette, noccioline americane, bagigi, scachetti, caccaetti (dal nahuatl tlālcacahuatl, che significa 'cacao di terra', divenuto in spagnolo o cacahuate, nei paesi delle Americhe dove viene usata questa parola, o cacahuete, in Spagna), giapponi o cecini.
È una pianta annuale erbacea con fusto eretto, pubescente, che raggiunge un'altezza fra i 30 e gli 80 cm.
Le foglie sono opposte, paripennate, composte da quattro foglioline lunghe da 1 a 6 centimetri e larghe 0,5–3,5 cm.
I fiori sono tipicamente papillionati, del diametro di 2–4 cm, di colore giallo con venature rossastre.
Dopo l'impollinazione, il frutto si sviluppa in un legume lungo da 2 a 5 centimetri, che si fa strada sottoterra per maturare, contenente da 1 a 4 semi. L'epiteto specifico (hypogaea) fa riferimento proprio a questa particolarità.I semi di arachide (dal greco αραχίδα), detti anche spagnolette, noccioline americane, bagigi, scachetti, cecini, galette, marchesini, caccaetti o scaccaglie, sono legumi utilizzati per il consumo alimentare umano ed animale. Dai semi si ricava inoltre l'olio di arachidi, oppure si consumano in pasta (burro di arachidi) o interi, dopo essere stati tostati.
I principali costituenti di un seme di arachide sono carboidrati semplici (zuccheri) e complessi (amido), protidi (per un totale del 30%) e olio (40-50%).
I semi di arachide vengono solitamente consumati dopo tostatura. Le applicazioni più frequenti sono l'accompagnamento di aperitivi, dove si consumano tostati e salati,nella birra,tostati e zuccherati oppure caramellati. Vengono inoltre ridotti in pasta per ricavare il burro di arachidi, creme spalmabili dolci o salate, gelati, croccanti al caramello e aggiunti, in pasta o in farina, a svariati prodotti da forno quali biscotti, torte o merendine. Dai semi di arachide, inoltre, si ricava l'olio di arachide, che trova un ampio uso in cucina grazie ad un punto di fumo alto, secondo solo all'olio di oliva. Dai semi si isola anche l'arachina.

Il fagiolino, detto anche tegolina o cornetto, è il baccello verde e acerbo di diverse cultivar della pianta del fagiolo comune (Phaseolus vulgaris), utilizzato come verdura. A differenza dei fagioli, i fagiolini vengono quindi raccolti e consumati con i loro baccelli, tipicamente prima che i semi interni siano arrivati a maturazione.

La fava (Vicia faba L., 1753) è una pianta della famiglia delle Leguminose o Fabaceae.
Possiede un apparato radicale fittonante, con numerose ramificazioni laterali nei primi 20 cm che ospitano specifici batteri azotofissatori (Rhizobium leguminosarum).
Il fusto ha sezione quadrangolare, cavo, ramificato alla base, con accrescimento indeterminato, alto da 70 a 140 cm.
Le foglie, stipolate, glauche, pennato-composte, sono costituite da 2-6 foglioline ellittiche.
I fiori sono raccolti in brevi racemi che si sviluppano all'ascella delle foglie a partire dal 7º nodo. Ogni racemo porta 1-6 fiori pentameri, con vessillo ondulato, di colore bianco striato di nero e ali bianco o violacee con macchia nera. La fecondazione è autogama.
 Il frutto è un legume allungato, cilindrico o appiattito, terminante a punta, eretto o pendulo, glabro o pubescente che contiene da 2 a 10 semi con ilo evidente, inizialmente verdi e di colore più scuro (dal nocciola al bruno) a maturità.
In relazione alla grandezza del seme, in Vicia faba L. vengono distinte quattro varietà botaniche:[
Vicia faba var. paugyuga con semi molto piccoli, di origine indiana, non è coltivata
Vicia faba var. minor Beck, detta comunemente favino, con peso dei 1000 semi inferiore a 700 grammi e baccello clavato e corto; è utilizzata come foraggio o sovescio;
Vicia faba var. equina Pers., detta comunemente favetta, con peso dei 1000 semi compreso tra 700 e 1000 grammi e baccello clavato e allungato.
Il pisello (Pisum sativum L., 1753) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia Fabaceae, originaria dell'area mediterranea e orientale.
La pianta è largamente coltivata per i suoi semi, consumata come legume o utilizzata come alimento per il bestiame. Il termine designa anche il seme della pianta, ricco di amidi e proteine (dal 16 al 40%)
Il pisello è coltivato dall'era neolitica e ha accompagnato i cereali nelle origini dell'agricoltura nel Vicino Oriente. Nell'Antichità e nel Medio Evo è stato un alimento base in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Ai nostri giorni, la sua coltura è praticata nei cinque continenti, particolarmente nelle regioni a clima temperato dell'Eurasia e dell'America del Nord.
Il pisello secco è un alimento tradizionalmente importante in alcuni paesi, in particolare nel subcontinente indiano e in Etiopia, ma è relativamente in disuso come farinaceo e come fonte di proteine nella maggior parte dei paesi occidentali, dove è ormai principalmente coltivato per l'alimentazione animale o per l'esportazione. Dopo il XVII secolo, il pisello è divenuto un legume fresco popolare, la cui consumazione durante tutto l'anno è favorita dalle tecniche di conservazione e di surgelazione.
Il pisello è soggetto a diversi tipi di coltura, a secondo dei paesi e della destinazione dei prodotti. I piselli secchi sono coltivati tradizionalmente in un certo numero di paesi del Terzo Mondo dove costituiscono una coltura di sussistenza, praticata nella stagione fredda o in altitudine, in particolare in Africa orientale (Etiopia, Uganda, Kenya). Nei paesi industrializzati (Europa, Canada, Stati Uniti) è essenzialmente una coltura meccanizzata rivolta principalmente all'alimentazione animale, all'industria conserviera e alla surgelazione, ma anche in orticoltura professionale per il mercato del fresco. I piselli sono spesso presenti negli orti familiari.
Il pisello si riproduce unicamente per seme. In terreni poveri la inoculazione delle sementi con ceppi di Rhizobium può migliorare la resa della coltura, ma tale pratica non è generalmente necessaria nella maggior parte dei casi.
Nei paesi temperati, il pisello si semina sia a fine inverno o all'inizio della primavera, sia in autunno, nelle regioni dove le gelate non sono troppo temibili, o più a nord ricorrendo a delle varietà resistenti al freddo (varietà invernali). Il pisello è in effetti una pianta annuale senza dormienza, che può essere seminata senza necessità di vernalizzazione. Le varietà invernali permettono di guadagnare in precocità di raccolta e in rendimento. Per i piselli da conserva, seminati in primavera, le semine sono scaglionate in maniera da distribuire il carico di lavoro delle macchine. Nei paesi tropicali e subtropicali, i piselli si coltivano nella stagione fredda. In Cina e a Taiwan è praticata la coltura intensiva in serra di cime di piselli mangiatutto, che vengono raccolti freschi non appena la pianta raggiunge i 10 cm di altezza.
Il ciclo vegetativo dei piselli è di circa 140 giorni per le varietà primaverili, potendo scendere a 90 giorni per le varietà ultra-precoci e a 240 giorni per le varietà invernali.
Usi alimentari
Dalla pianta di pisello si ricavano vari tipi di alimento, sia per l'uomo che per il bestiame:
i piselli secchi, cioè i semi raccolti a maturità, costituiscono un legume secco, e sono utilizzati anche per gli animali domestici, sia come grani interi (volatili) che sotto forma di farina (suini e bovini); rappresentano inoltre una importante materia prima per l'industria di trasformazione (amidi, estratti proteici)
i piselli freschi, sia sotto forma di semi immaturi che di baccelli interi ugualmente immaturi, sono un legume fresco
i giovani germogli foliari sono anch'essi usati nell'alimentazione umana, particolarmente in Asia, così come i semi germogliati
la pianta nel suo insieme, sia fresca che essiccata, è utilizzata come foraggio per i ruminanti.
Nell'alimentazione umana i piselli orticoli si utilizzano sia freschi, che secchi.
I piselli freschi, noti come «piselli novelli» (o «petit pois» in francese) possono essere consumati subito dopo la raccolta ovvero essere conservati o surgelati; alcune varietà, le cosiddette «mangiatutto», si consumano con tutto il baccello.
Nell'Unione europea, sia i piselli da sgusciare che i "mangiatutto" devono rispettare delle norme di commercializzazione fissate da un regolamento comunitario del 1999, che prevede la loro classificazione in due categorie in base ad alcuni standard di qualità.
Nei piselli secchi il seme, che può essere verde o giallo, viene ripulito dei suoi tegumenti e i due cotiledoni sono separati. I piselli secchi vengono spesso preparati in forma di creme o purea.

Lens culinaris Medik. è una pianta dicotiledone della famiglia delle Fabaceae (o Leguminose) detta volgarmente lenticchia, coltivata sin dall'antichità.
È una pianta annuale, utilizzata per i semi commestibili, ricchi di proteine e di ferro noti come lenticchie.
Diverse sono le varietà di lenticchie. I frutti sono dei legumi che contengono due semi rotondi appiattiti. Le lenticchie fanno parte dei legumi secchi apprezzati in Europa anche se la produzione mondiale non è elevata: 3.841.883 t (2004).
La lenticchia rappresenta una delle prime specie domesticate: testimonianze archeologiche relative alla grotta di Franchthi in Grecia dimostrano che venisse mangiata tra il 13.000 e l'11.000 a.C..
È stata una delle prime colture domesticate e il suo consumo viene attestato nell'episodio biblico di Esaù, nella Genesi.
La lenticchia è una pianta annuale erbacea, alta da 20 cm a 70 cm. Gli steli sono dritti e ramificati.
Le foglie sono alterne e composte (imparipennate con 10-14 foglioline oblunghe) e terminano con un viticcio generalmente semplice o bifido. Sono munite alla base di stipole dentate.
I fiori, a corolla papilionacea tipica della sottofamiglia delle Faboideae, sono di color bianco o blu pallido e riuniti in grappoli da due a quattro. Il calice è regolare, a cinque denti sottili e relativamente lunghi. La fioritura avviene tra maggio e luglio.
I frutti sono dei baccelli appiattiti, corti, contenenti due semi dalla caratteristica forma a lente leggermente bombata. Il colore dei semi varia secondo le varietà da pallido (verde chiaro, biondo, rosa) a più scuro (verde scuro, bruno, violaceo).
Distribuzione e habitat
Questa specie è originaria delle regioni temperate calde del mondo antico:
Sud-Est dell'Europa: Cipro e Grecia
Asia Minore e Vicino Oriente: Turchia, Siria, Libano, Israele, Giordania, Iraq, Iran
Caucaso e Asia Centrale: Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Afghanistan e Pakistan.
Principali varietà coltivate
Svariate sono le cultivar di Lens culinaria in tutto il mondo. In Europa alcune cultivar sono state considerate prodotti tipici e dotate di denominazioni di origine (per es. la lenticchia verde di Puy AOC in Francia).
 In alcuni casi vengono vendute decorticate come la lenticchia corallo o rosa o la Petite Golden.
Commercialmente le cultivar si possono dividere in base al colore - verde (Richlea, Laird), giallo, rosso, marrone (Masoor dalla buccia marrone e l'interno aranciato) - e alla taglia (piccole, medie, grandi).
In Italia, le cultivar di lenticchie più diffuse sono:
Lenticchia di Castelluccio di Norcia a Indicazione geografica protetta (I.G.P.) e a Denominazione di origine protetta (D.O.P.)
Lenticchia di Colfiorito prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Ustica prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Onano prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Altamura prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Villalba prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Ventotene prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia di Rascino prodotto agroalimentare tradizionale e presidio di Slow Food
Lenticchia di Valle Agricola prodotto agroalimentare tradizionale
Lenticchia nera di Leonforte o dei Monti Erei PAT
Produzione
La lenticchia è relativamente tollerante alla siccità e viene coltivata in tutto il mondo. Secondo i dati forniti dalla FAOSTAT (FAO) nel 2013 la produzione mondiale di lenticchie è stimata in 4,9 milioni di tonnellate.
Le principali zone di produzione sono il Canada (il più grande esportatore al Mondo), il Subcontinente indiano (il maggior produttore al mondo, la cui produzione viene per lo più esaurita in loco) e la Turchia.

Il cece (Cicer arietinum L.) è una pianta erbacea della famiglia delle Fabaceae. I semi di questa pianta sono i ceci, legumi ampiamente usati nell'alimentazione umana che rappresentano un'ottima fonte proteica.
Il nome deriva dal latino cicer. È noto che il cognome di Cicerone discendeva da un suo antenato che aveva una caratteristica verruca a forma di cece sul naso.
Il nome specifico arietinum si riferisce invece alla somiglianza che hanno i semi con il profilo della testa di un ariete.
È stata una delle prime colture domesticate; il cece coltivato deriva da forme selvatiche del genere Cicer, probabilmente da Cicer reticulatum. Le specie selvatiche si sono originate probabilmente in Turchia, mentre le prime testimonianze archeologiche della coltivazione del cece risalgono all'età del bronzo e sono state rinvenute in Iraq; i ceci si diffusero in tutto il mondo antico: antico Egitto, Grecia antica, Impero romano.
La pianta, annuale, presenta una radice ramificata profonda (le più profonde possono arrivare anche a 1,20 m di profondità) le quali le donano una media resistenza alla siccità. Gli steli sono ramificati eretti pelosi eretti o semiprostrati con altezza variabile tra i 40 e gli 80 cm. Le foglie sono opposte, composte e imparipennate con 6-7 paia di foglioline ellittiche e denticolate; i fiori sono solitari ascellari, bianchi, rosei o rossi; i semi, rotondeggianti e lisci o rugosi, angolosi e rostrati a seconda della cultivar, sono contenuti in numero di 2-3 nei baccelli, sono commestibili.
I ceci, semi del Cicer arietinum, sono tra i legumi più coltivati al mondo.
Il cece è la terza leguminosa per produzione mondiale, dopo la soia e il fagiolo; la coltivazione avviene principalmente in India e Pakistan. In Italia la coltivazione non è molto diffusa a causa delle basse rese e della scarsa richiesta; viene consumato principalmente in Liguria, dove piatti tipici a base di ceci sono la farinata e la panissa, nelle regioni centrali come minestra e nelle regioni meridionali insieme con la pasta.
Questa pianta trova le sue condizioni ottimali in ambienti semiaridi, nei climi temperati viene seminato a fine inverno (data la sua scarsa resistenza al freddo) con seminatrici di precisione o seminatrici da frumento opportunamente regolate in modo da non spezzare il seme. Questo viene disposto ad una distanza tra le file di 35–40 cm ad una profondità di semina di 5–7 cm e con una densità di 20-30 piante al metroquadro. Per prevenire attacchi crittogamici alla pianta i semi vanno prima conciati. Raggiunta la maturazione il cece può essere raccolto sia con il metodo tradizionale (ormai quasi scomparso) estirpando la pianta, lasciandola essiccare in campo e sgranata a mano o con mietitrebbiatrice con pick-up al posto dell'organo falciante, sia con metodi meccanici con l'intervento di mietitrebbiatrici possibili solo in terreni livellati e su varietà a portamento eretto. Presenta una produzione media di 3.5 tonnellate ad ettaro con produzione di paglia dalle scarse qualità nutrizionali per l'utilizzo zootecnico.
Durante il suo ciclo necessita di una concimazione di 40–60 kg/ettaro di fosforo, per quanto riguarda il fabbisogno di azoto, è fornito dai batteri del genere Rizobium i quali, attraverso la simbiosi con questa pianta si occupa della fissazione dell'azoto atmosferico nel terreno.
Il cece non sopporta terreni troppo fertili i quali gli comportano una bassa allegagione, argillosi per asfissia radicale o ristagni idrici.

Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L., 1758) è una pianta della famiglia delle leguminose originaria dell'America centrale. Fu importato, a seguito della scoperta dell'America, in Europa dove esistevano unicamente fagioli di specie appartenenti al genere Vigna, di origine subsahariana: i fagioli del genere Phaseolus si sono diffusi ovunque soppiantando il gruppo del mondo antico, in quanto si sono dimostrati più facili da coltivare e più redditizi (rispetto al Vigna la resa per ettaro è quasi doppia).
Il fagiolo viene coltivato per i semi, raccolti freschi (fagioli da sgranare) o secchi, oppure per l'intero legume da mangiare fresco (fagiolini o cornetti). Le varietà a ciclo vegetativo più lungo, nelle regioni temperate sono seminate in primavera, quelle a ciclo più breve in estate. Nel caso dei fagioli rampicanti è necessaria la collocazione di sostegni.
Principali varietà da seme:
Bingo
Blason de Biella
Blu della Valsassina
Borlotto Lingua di Fuoco e Borlotto Lingua di Fuoco Nano
Borlotto Suprema dwarf
Borlotto di Vigevano Nano
Cannellin Scaramanzin negrèè
Cannellino o Lingot
Fejuolo pacificus el drammoso cotenna
Cantare
Bianco di Spagna (fagiolana)
Giallorino della Garfagnana
Lamon (Lucian Fejuol)
Meraviglia di Venezia black
Romano Pole
Fesciela lamon negrucc fagiolos de Biella
Castagnaio fejuolo marron's
Sossai Extra Large (varietà protetta)
Stregonta e Stregonta Nano
Superbo Migliorato
Elegante fagiolo
Fagiolo maggiolino
Fagiolo patrone
Principali varietà "mangiatutto" (fagiolino, piattone, ecc.):
Anellino Giallo e Verde
Beurre de Rocquencourt
Bobis Bianco
Bobis a Grano Bianco e Bobis a Grano Nero
Cornetto Largo Giallo e Cornetto Largo Verde
Nano Burro mangiatutto
Nerina mangiatutto
Paguro fagiolato mangiatutto
Prelude dwarf mangiatutto
Slenderette mangiatutto
Superpresto mangiatutto
Trionfo Violetto mangiatutto
Wade mangiatutto
Varietà tipiche italiane
Borlotto nano di Levada PAT
Fagiolino  Meraviglia di Venezia PAT
Fagiolo bianco di Pigna
Fagiolo di Atina
Fagiolo di Carìa
Fagiolo di Controne PAT
Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP
Fagiolo di Negruccio di Biella
Fagiolo di Saluggia PAT
Fagiolo di Sarconi IGP
Fagiolo di Sorana IGP
Fagiolo Gialét PAT
Fagiolo Scalda PAT
Fagiolo Tondino di Villaricca (NA)
Fagiolo zolfino
Fasóla posenàta di Posina (var. fagiolo di Spagna) PAT Fasou de' Brebbie (Fagiolo di Brebbia)
Fagiolino
Appartenenti alla famiglia delle Leguminose, come i fagioli, i fagiolini sono ricchi di sali minerali. Oltre a nutrire e rinfrescare l'apparato gastrointestinale, svolgono una spiccata azione diuretica. Per il buon contenuto di vitamina A, proteine e potassio sono raccomandati nelle malattie cardiache. Il fagiolino ha un basso potere calorico (17 Kcal. per 100 g. di sostanza) ed è molto ricco di fibra alimentare. Pur essendo una leguminosa la concentrazione di proteine è bassa: questo è dovuto al fatto che la raccolta del baccello viene effettuata quando ancora il fagiolo all'interno è in fase di maturazione e non ha ancora accumulato tutte le sostanze di riserva che gli saranno necessarie al momento della germinazione. Il fagiolino è dunque da considerare un ortaggio piuttosto che un legume.
Cenni storici
Il fagiolo, originario del Messico e dell'America centrale, fu introdotto dai conquistatori spagnoli in Europa all'inizio del XVI secolo, dove, per la verità, già esistevano alcune specie consimili (ad esempio la Fagiolina del Trasimeno). Il fagiolo viene coltivato per i semi, raccolti freschi (fagioli da sgranare) o secchi, oppure per l'intero legume da mangiare fresco (i fagiolini).
Coltivazione
Nel mondo si producono complessivamente oltre 16 milioni di tonnellate di fagioli l’anno. Il primo posto va all’India, seguita da Brasile, Cina, Birmania, Messico, Indonesia e Stati Uniti. Se invece si ordinano i maggiori produttori del mondo in base alla resa per ettaro, l’India diventa il fanalino di coda, mentre il primo posto va agli Stati Uniti, seguiti da Canada, Indonesia e Cina. Le 2 570 000 tonnellate di fagioli indiane, infatti, sono prodotte annualmente su una superficie di oltre 7 milioni di ettari, mentre gli Usa ricavano 886 360 tonnellate da 560 000 ettari. Molto più ridotta la produzione di fagioli del genere Vigna: poco più di 3 milioni di tonnellate, dei quali oltre 2 milioni concentrati in Nigeria.
Varietà
Quando si parla di fagiolino ci si riferisce alle varietà di fagiolo che mantengono tenero (e, quindi, adatto al consumo) l'intero frutto, cioè il legume o baccello che racchiude i fagioli. Numerose sono le varietà che vengono coltivate: fagiolini verdi fini (con baccelli lunghi), i fagiolini "mangiatutto", la varietà di colore giallo e i diversi ibridi.Secondo la maturità del fagiolino, si distinguono diversi calibri: molto fini, fini e medi
Come scegliere
Controllare che il fagiolino abbia un bel colore verde intenso. Evitate il fagiolino troppo grosso perchè dentro contiene il seme che non è gradevole al palato. Se comprati già spuntati vanno usati in brevissimo tempo perchè conservati in frigorifero potrebbero marcire alle estremità.
Come conservare
In frigorifero chiusi in un sacchetto di plastica per alimenti, possono essere conservati 3-4 giorni; se hanno ancora il picciolo (che è segno di freschezza), possono resistere fino ad un massimo di 7 giorni.
Spuntati e dopo l'eliminazione dell'eventuale filo, possono essere sbollentati per 2 minuti circa e successivamente surgelati e riposti in sacchetti di plastica: in questo modo possono essere conservati fino ad 1 anno.
Prodotti a marchio
Fagiolo di Sarconi IGP: prodotto prevalentemente nella varietà Borlotto nano e Cannellino, ha forma ovale o tondeggiante e colore dal giallo pallido al bianco, con s triature più scure. Il sapore è delicato e piacevole. Il fagiolo è coltivato da secoli nella zona di origine, che comprende i territori dei seguenti comuni in provincia di Potenza: Sarconi, Grumento Nova, Marsiconuovo, Marsico Vetere, Moliterno, Montemurro, Paterno, S. Martino d’Agri, Spinisio, Tramutola, Biggiano. E’ prodotto prevalentemente nelle varietà Borlotto nano e Cannellino. Ha forma ovale o tondeggiante e colore dal giallo pallido al bianco, con striature più scure.
Fagiolo di Sorana IGP: il fagiolo ha colore bianco latte con leggere venature perlacee, o rosso vinato con striature di colore più intenso. Presenta una forma schiacciata, quasi piatta per il tipo bianco, quasi cilindrica cojn tegumento più consistente per il tipo rosso. Il gusto è pieno e delicato e la buccia molto tenera. La zona di produzione comprende la parte del territorio del Comune di Pescia (Pistoia) che ricade nei versanti orientale e occidentale del torrente Pescia di Pontito. A renderlo un cibo particolarmente ricercato, oltre alle caratteristiche organolettiche sono le sue caratteristiche di facile digeribilità.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)
 
Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

BRANCALEONE FOX TERRIER

“Brancaleone Fox Terrier” è il primo di un ciclo di volumi che Jean Jacques Bizarre, nom de plume di un bon vivant di origini parigine, ha dedicato alla Liguria, terra che conosce molto bene poiché vi ha risieduto a lungo in compagnia del suo adorato cane, costantemente attorniato dalle sue amicizie senza confini. Il libro è scritto sotto forma di diario che è anche guida turistica e gastronomica romanzata. Il volume si compone di 682 pagine. Leggendolo conoscerete luoghi, miti, leggende, eventi, itinerari, ristoranti e quanto di buono si può trovare in questa affascinante terra. Ma Jean Jacques ha anche aperto a voi le porte del suo cuore e delle sue grandi passioni: le belle donne e la buona cucina (non necessariamente nell’ordine).

CONOSCERE LE CUCURBITACEE

Le cucurbitacee sono una famiglia di piante che conta ben 900 tipologie diverse. Questa famiglia è tipica dei climi tropicali, e sono pochissime le specie che le appartengono che riescono a resistere ai nostri climi; ne sono state stimate circa una decina, delle quali alcune non commestibili. Tra quelle commestibili, le più famose sono zucca, zucchina, cetriolo, melone e cocomero, anche se questi ultimi non fanno parte degli ortaggi.
Il nome deriva da un termine latino che significa “strisciare”, a testimonianza del particolare andamento dei fusti delle piante che strisciano per terra e si ingrandiscono in direzione orizzontale, piuttosto che verticale.

Il cocomero o anguria (Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum. & Nakai, 1916) è una pianta della famiglia Cucurbitacee, originariamente proveniente dall'Africa tropicale.
Il cocomero è una pianta annuale, con fusto erbaceo rampicante, foglie grandi e pelose con tre lobi, fiori maschili e fiori femminili, frutto voluminoso rotondo oppure ovale, che raggiunge il peso di 20 kg.
Il frutto è una falsa bacca (peponide), assai massiccio; la buccia è liscia, dura e relativamente sottile, di colore verde con varie striature e chiazze più chiare, bianche o giallastre; l'interno è di colore rosso (o, meno frequentemente, giallo, arancio o bianco a seconda della varietà) e ricco di semi, che possono essere neri, bianchi o gialli. La polpa è costituita per oltre il 90% di acqua, ma contiene anche un discreto quantitativo di zuccheri, soprattutto fruttosio, e vitamine A, C (8,1 mg per 100 g di frutto), B e B6.
I frutti sono disponibili esclusivamente nel periodo estivo, da maggio a settembre.
Al 2008, esistono più di 1200 cultivar (varietà) di cocomero che producono frutti di peso variabile tra meno di 1 kg e più di 90 kg; la polpa può essere rossa, arancione, gialla o bianca. In Italia e Giappone sono stati prodotti cocomeri dalla forma cubica o piramidale; la forma inusuale viene ottenuta facendo crescere i frutti all'interno di recipienti di vetro in modo da fargli assumere la forma del contenitore.
Il nome cocomero, prevalente in Italia centrale, deriva dal latino cucumis, "cetriolo".
Il nome anguria, comune in Italia settentrionale e in Sardegna, deriva invece dal greco tardo (angoúrion, "anguria", "cetriolo selvatico") ed entra nel lessico della lingua italiana in epoca bizantina attraverso l'Esarcato di Ravenna. Oggi il greco moderno αγγούρι (angúri) significa "cetriolo".
Il nome melone d'acqua o mellone d'acqua (la specificazione serve per distingue questa pianta dal mellone di pane, Cucumis melo) diffuso in Italia meridionale, deriva dal francese melon d'eau, a sua volta dal latino mēlōne(m).
In Sardegna viene anche usato il nome sardo síndria, che è un termine catalano.
Il tipo pateca, comune in Liguria, deriva dal francese pastèque, a sua volta dal portoghese pateca, dall'arabo بط"cocomero". Il tipo cetrone, abruzzese, deriva dal latino citrium, "cetriolo". Il tipo sandia, comune in Sardegna, deriva dallo spagnolo sandía, a sua volta dall'arabo سِنْدِيَّة sindiyya, dal sanscrito सिंधु sindhu "regione del Sindh".
I due tipi più curiosi, sarginesco (sciardiniscu) del Salento e zipangolo (zipangulu, zuparacu) della Calabria non hanno un'etimologia certa, ma per quest'ultimo Gerhard Rohlfs propende per un'origine greca, da angoúrion "cetriolo/anguria da giardino".

frutta
Il melone (Cucumis melo L., 1753) è una pianta rampicante della famiglia Cucurbitaceae.
Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa, a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.
È largamente coltivata per i suoi frutti commestibili, dolci e profumati.
Di possibili origini africane (secondo alcuni invece dall'Asia, nell'antica Persia), nel V secolo a.C. il popolo egizio iniziò ad esportarlo nel bacino del Mediterraneo e arrivò in Italia in età cristiana, come raccontato da Plinio (I secolo d.C.) nel suo libro Naturalis Historia che lo uniformò al cetriolo a forma di mela cotogna, melopepaes. Le attuali conoscenze sulla sua diffusione nel bacino del Mediterraneo però sono state messe in discussione dalle recenti scoperte archeologiche fatte in Sardegna dove semi di melone riferibili all'età del Bronzo (tra il 1310-1120 a.C., in piena epoca nuragica), quindi in epoca ben antecedente, sono stati rinvenuti nel sito archeologico di Sa Osa a Cabras, in provincia di Oristano, poco distante dal luogo nel quale sono state trovate le statue dei Giganti di Monte Prama.
Durante l'Impero Romano il melone si diffuse rapidamente (utilizzato però come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell'imperatore Diocleziano, venne emesso un apposito editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero il peso di 200 grammi.
Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala”; egli apprezzava i meloni conosciuti in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione, e fece richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere (circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l'anno, cosa che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che venne istituita la confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.
Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine). Secondo Angelo De Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell'estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice, incontrollata, opposta alla ragione dell'intelligenza.
Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche il naturalista romano Castore Durante (1529-1590) nel suo Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché «sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l'uso a diabetici, dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell'apparato digerente, promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassative.
Il melone coltivato appartiene alla specie Cucumis melo il cui frutto, polimorfo, ha dato vita a numerose varietà; le più importanti sono:
melone come frutto (raccolto a maturazione):
·        gruppo cantalupensis o cantalupio, di media grandezza, superficie liscia, polpa giallo-arancio, chiamati così perché portati da missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo, sui colli di Roma;
·        gruppo reticulatus, o meloni retati, di media grandezza, polpa bianca o giallo-verde, con superficie reticolata;
·        gruppo inodorus, meloni d'inverno, polpa biancastra o rosata con buccia liscia, dal gusto intermedio tra la pera ed il melone, costituiscono il tipico piatto di Natale nella tradizione siciliana ed italiana in generale;
melone come ortaggio (raccolto prima della maturazione):
·        gruppo flexuosus, melone serpente o tortarello, vengono utilizzati crudi alla stessa maniera del cetriolo;
·        gruppo momordica, melone amaro, utilizzato principalmente come pianta medicinale perché ricco di vitamina A, C e E
Descrizione
È una pianta erbacea strisciante o rampicante, annuale.
Le radici fibrose possono estendersi nella terra anche oltre i 150 cm.; il fusto, ricco di peluria, è ramificato con cirri; le foglie sono alterne, lunghe più di dieci centimetri, quanto il picciolo.
I fiori, gialli a 5 lobi, sono generalmente monoici (sessi separati su due fiori distinti) e compaiono normalmente prima quelli maschili riuniti in infiorescenze.
Nonostante la copiosa fioritura, che dura tutta l'estate da maggio a settembre, solo il 10% diventa frutto.
Il frutto del melone è voluminoso, di forma ovale o tondeggiante e sulla buccia sono visibili delle divisioni "a fette".
La buccia è pressoché liscia o appena rugosa, il colore può variare da un giallo pallido ai toni del verde.
La polpa varia dal bianco all'arancio ed è succosa e molto profumata quando raggiunge la maturazione.
La cavità centrale, fibrosa, contiene molti semi.
Diverse sono le varietà coltivate in Italia.
Per il melone retato
Talento
Macigno
Expo
Sogno
Per il melone Long life
Mundial
Intenso
Pregiato
Polis
Per i Meloni Cantalupo
Comune
Prescott
Per i meloni invernali
Gigante di Napoli, buccia verde e polpa bianca
Melone di malta, polpa verde
Morettino, buccia e polpa verde
Viadana, buccia gialla e polpa arancio
Meloni Siciliani
RedMoon, polpa rossa
Magenta, polpa rossa
Tiburzi (o Tibursi), polpa gialla
Proteo, polpa gialla
Armatan, liscio
Valori nutrizionali
Il melone svolge un'azione dissetante, diuretica, rinfrescante e lassativa. Per evitare l'effetto lassativo, la tradizione popolare consiglia di condirlo con sale e pepe. Le tisane ottenute dai semi dei frutti lasciati in infusione possiedono proprietà emollienti e sedative della tosse.
In cosmesi si utilizza la polpa per preparare maschere che tonificano la pelle, rendendola vellutata.
Oltre ad essere consumato allo stato fresco, da solo o abbinato al prosciutto, in cucina trova impiego nella preparazione di antipasti, macedonie, dolci, gelati e frullati.
Durante la conservazione, la temperatura non dovrebbe mai scendere sotto i 5 °C, altrimenti si può verificare la comparsa sui frutti di macchie rossastre in corrispondenza delle quali si può registrare un rammollimento quando il melone viene riportato a temperatura ambiente.
Cenni storici
Originario dell'Asia centrale ed occidentale, il melone (Cucumis melo) si diffuse inizialmente in India e Cina, successivamente nel bacino del Mediterraneo.
Come attestano alcuni dipinti rinvenuti ad Ercolano, l'introduzione di questa coltura nel nostro paese risale all'Era Cristiana. Il primo autore a menzionarne i frutti fu Plinio il Vecchio, il quale raccontava che "il melone piaceva moltissimo all'imperatore Tiberio".
I meloni "Cantalupo", considerati i più saporiti e profumati, sono chiamati così perché furono portati, nel XV secolo, da missionari provenienti da lontani paesi asiatici a Cantalupo, castello pontificio situato presso Roma.
Coltivazione
A livello mondiale, la coltivazione di questa specie interessa circa 300.000 ettari. Il primo produttore di meloni è l'Asia, dove si ottiene quasi il 60% della produzione mondiale, superiore ai 12 milioni di tonnellate. Al secondo posto, con il 20%, troviamo l'Europa, dove si registrano le più elevate rese del mondo.
A livello europeo, i principali produttori sono Spagna, Romania, Francia e Italia.
In Italia la coltivazione del melone interessa una superficie pari a circa 19.500 ettari (l'11% in coltura protetta e la restante parte in pieno campo), da cui si ottiene una produzione di circa 415.000 tonnellate. Le regioni più importanti per questa produzione sono Sicilia, Emilia-Romagna, Lombardia e Lazio.
I meloni coltivati in Italia si possono sostanzialmente suddividere in tre gruppi:
1) Cantaloupensis: sono i cosiddetti Cantalupi, caratterizzati da frutti di media grandezza e superficie liscia, che si conservano per breve periodo e comprendono varietà quali Charentais.
2) Inodorus: per la possibilità di essere conservati per un periodo più lungo, a volte oltre il periodo invernale, sono detti meloni d'inverno.
3) Reticulatus: a questo gruppo appartengono varietà come Topmark, Stratos e Chando. I frutti sono di media grandezza e presentano la superficie coperta da evidente rezzatura: per tale motivo sono detti meloni retati. Siccome molte cultivar provengono dagli Stati Uniti, vengono anche chiamati meloni americani.
Varietà
Varietà: innanzitutto vi è la divisione tra meloni invernali e meloni estivi. Tra le varietà dei meloni invernali ricordiamo: il Gigante di Napoli, grosso con buccia sottile verde e polpa bianca molto dolce; Melone di Malta a polpa verde succosa e dolce; Morettino ovale di colore verde scuro e polpa verde tendente al bianco verso il centro. Tra gli estivi retati ricordiamo il Melone Ananasso a polpa rossa col frutto piccolo molto profumato. Il Retato degli Ortolani con frutto lungo coperto da un reticolo di striature.
Tra i meloni Cantalupi ricordiamo: il Cantalupo Comune a polpa rossa, il Cantalupo Prescott a costole larghe preferito per gli antipasti.
Come scegliere
Percuotete il frutto con le nocche e accertatevi che non emetta nessun suono. Premete i due estremi del melone e accertatevi che non sia troppo duro, ma neanche eccessivamente molle.
La buccia deve essere intatta, priva di ammaccature o macchie scure e deve emanare un profumo intenso derivante dalla polpa.
Come conservare
E' consigliabile evitare di mettere il melone nel frigorifero perché anche gli altri alimenti potrebbero prenderne il profumo. Se non potete evitare di conservarlo nel frigorifero, avvolgete il melone dentro un sacchetto di carta per alimenti e poi chiudetelo in un sacchetto di plastica. Meglio toglierlo dal frigorifero almeno un'ora prima della consumazione.

Il cetriolo (Cucumis sativus L., 1753) è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, originario dell'India. È una pianta strisciante o rampicante quando trova dei supporti, ai quali si attacca attraverso i cirri prodotti dai fusti e dai rami (vedi anche Melone). Il fusto, quadrangolare, è peloso con coste più o meno evidenti. Le foglie, piuttosto grandi, sono palmato-lobate, con lungo picciolo, verde scuro e ruvide. I fiori gialli a cinque lobi, non molto grandi, sono unisessuali, portati dalla stessa pianta (pianta monoica), i maschili a gruppi di circa cinque soggetti, i femminili sono solitari o a coppie. Il frutto è una bacca polposa ricca d'acqua. In Lombardia, Piemonte e Liguria il cetriolo è conosciuto anche con il termine cocomero per derivazione dalle lingue lombarda, piemontese e ligure.
Ha forma allungata, simile a quella dello zucchino, buccia spessa, ancorché edule, leggermente bitorzoluta e di colore verde, polpa bianca succosa, leggermente acidula, con semi nella parte centrale. Viene mangiato crudo tagliato a fette in insalata ed entra come componente di insalate miste o come guarnitura di piatti freddi. Raccolto immaturo, di piccole dimensioni (cetriolino), viene posto sotto aceto e consumato in antipasti misti ed entra affettato nella composizione della giardiniera.
Pressoché privo di calorie (13 kcal per 100 gr di prodotto), il che lo rende comune nelle diete, è composto prevalentemente da acqua (96%), carboidrati disponibili (2%) e sali minerali quali potassio (140 mg), calcio (16 mg), fosforo (17 mg), sodio (4 mg). Contiene inoltre 11 mg di vitamina C, mentre è trascurabile l'apporto di vitamine degli altri gruppi. Va preferibilmente consumato quando al tatto è duro: se la polpa non risulta soda significa che l'ortaggio non è più buono. Dal punto di vista della digestione non è ben tollerato da tutti: in particolare è talora indigesto per i bambini. Ci sono diverse tipologie di cetriolo, tra cui la varietà ibrida tra cetriolo e melone tipica pugliese denominata "Carosello Bianco Barese",


9 FRUTTA (2^ Edizione)

 

Frutta. In queste 230 pagine ho raccolto oltre 120 schede di prodotti, metodi di lavorazione e tecniche di cucina pubblicate nel corso degli anni sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO
(https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. In ogni stagione la frutta sta sulla nostra tavola. Quante virtù ci stanno nella frutta? Tantissime, facciamone allora tesoro. Ma una conoscenza più approfondita rende il nostro tesoro ancora più ricco ed appetibile. Ogni tipo di frutto ha molte varianti, occorre conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro fruttivendolo di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e tecniche di cucina pubblicate ul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.