martedì 11 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 7 Vini campani lucani calabresi

AGLIANICO DEL VULTURE




L'Aglianico del Vulture DOCG viene coltivato in un territorio che include diversi comuni in Vulture. Si ottiene da uve del vitigno Aglianico. Gradazione minima 12,5°. Colore rosso rubino più o meno intenso o granato vivace, con riflessi arancione dopo l’invecchiamento. Odore vinoso con profumo delicato caratteristico e che migliora con l’invecchiamento. Sapore asciutto, sapido, fresco, armonico, giustamente tannico, che tende al vellutato con l’invecchiamento. Temperatura di servizio consigliata 15°, abbinamenti con carni rosse.

FIANO DI AVELLINO


Il Fiano di Avellino DOCG ha come zona di produzione molti comuni della provincia di Avellino.
Il ruolo dell'Irpinia nella storia della viticoltura campana era talmente rilevante che alla linea ferroviaria Avellino Rocchetta Sant'Antonio venne dato il nome di "Ferrovia del vino".
Prende il nome dal vitigno omonimo, che i latini chiamavano Vitis apiana, grazie alle api, particolarmente ghiotte della dolcezza di queste uve. Questo vino molto apprezzato già nel Medioevo, ha un'origine millenaria. Nel registro di Federico II di Svevia, vissuto nel XIII secolo, è annotato un ordine per tre "salme" di Fiano. Anche Carlo d'Angiò doveva amare il buon vino, al punto da impiantare nella propria vigna reale ben 16.000 viti di Fiano.
Vitigno Fiano per un minimo dell'85%; possono concorrere vitigni Greco, Coda di Volpe bianco e Trebbiano toscano, fino ad un massimo complessivo del 15%. Titolo alcolometrico minimo 11,50% vol. Acidità totale minima: 5,0 g/l. Colore giallo paglierino. Odore gradevole, intenso, fine, caratteristico. Sapore fresco, armonico.
Perfetto come aperitivo, trova ottimi accostamenti con i più raffinati piatti a base di pesce. Si degusta ad una temperatura di 8°-10°C.

TAURASI DI AVELLINO DOCG

Zona di produzione del Taurasi è costituita da una serie di comuni in provincia di Avellino. Come molti vini del Sud d'Italia, ha origini preromaniche: l'aglianico, il vitigno principale da cui si produce questo vino, era un tempo detto "hellenico" o "hellenica", a sottolineare l’origine greca. Il Taurasi ha preso il nome da Taurasia, un piccolo borgo vinicolo che i romani fecero loro dopo aver sconfitto gli irpini, nell'80 d.C. 
Successivamente trasferirono nella zona alcune migliaia di coloni liguri per lavorare le terre vitate. Ci sono diverse citazioni storiche riferite all'Aglianico in generale e al Taurasi in particolare: alla fine del XVI secolo Andrea Bacci, medico del Papa Paolo III, scrisse che questo vino "viene preparato con uve piuttosto secche, reso vigoroso dal rovere e conservato in ottimi vasi; risulta pertanto profumato e sapido, gradevole al gusto, piacevolissimo e stabile, di elevato potere nutritivo, corroborante per lo stomaco e le membra più che aperitivo". Il vitigno fondamentale è l’Aglianico; ma possono concorre altri vitigni a bacca rossa non aromatici fino a un massimo del 15%. Il vino deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno tre anni di cui almeno uno in botti di legno. 

Titolo alcolometrico minimo è 12%. Acidità totale minima 5 per mille.
Il colore è rubino intenso e brillante, tendente al granato fino ad acquistare riflessi aranciati con l'invecchiamento.
L’odore è pronunciato, ampio, etereo, gradevole più o meno intenso.
Il sapore è asciutto, austero, tannico da giovane, pieno, armonico, equilibrato quando maturo, con retrogusto persistente. 
Il Taurasi viene servito ad una temperatura di 16-18°C per accompagnare piatti dotati di buon spessore aromatico: primi piatti al sugo di carne, selvaggina da piuma in casseruola, carni rosse arrosto, formaggi a pasta dura stagionati.

lunedì 10 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 6 Vini abruzzesi molisani pugliesi

ALEZIO ROSATO

 

L'Alezio rosato è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Lecce.

Caratteristiche organolettiche
colore: rosa corallo intenso.
odore: vinoso persistente.
sapore: asciutto, armonico, vellutato con leggero retrogusto amarognolo.

PECORINO
Il vitigno Pecorino è un'uva autoctona a bacca bianca originaria delle valli comprese tra le Marche e l'Abruzzo. Diffuso soprattutto nel Piceno porta questo nome perchè la zona di coltivazione era dedita alla pastorizia. Riscoperto e valorizzato negli ultimi anni produce vini particolarmente interessanti.
L'elaborazione dell'uva Pecorino è fatta spesso in purezza anche se il disciplinare della DOC ammette piccole percentuali integrative di uve a bacca bianca.
Porta alla creazione di vini dal colore giallo carico paglierino con riflessi verdognoli.
I profumi sono morbidi, con sentori di frutta matura, mela renetta, pera william, fiori d'acacia e gelsomino, ed anche un lieve sentore di liquirizia.
Ha una buona mineralità ed acidità, che vengono in parte nascoste dalla morbidezza. Caratteristica del vino prodotto da questa uva è la piacevole nota leggermente amara che resta nella bocca con persistenza.
Le sue insolite caratteristiche gli hanno meritato l'attributo di rosso vestito di bianco.
Ottimo in abbinamento con primi saporiti, pesci e carni bianche. Interessante con i salumi tipici ascolani come il ciauscolo, un salame tipico a consistenza morbidissima spalmabile.
Temperatura di servizio 12°.

CASTEL DEL MONTE NERO DI TROIA




Il Castel del Monte Nero di Troia riserva è un vino rosso a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) prodotto nei comuni di Minervino Murge, Andria, Trani in provincia di Barletta-Andria-Trani ed i comuni di Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi, Palo del Colle, Toritto, Bitonto, Binetto in provincia di Bari
Vitigni con cui è consentito produrlo
Nero di Troia (detto anche Uva di Troia) minimo 90%. Altri vitigni a bacca nera non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Puglia per la zona di produzione omogenea "Murgia Centrale" nella misura massima del 10%
Tecniche di produzione
Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4 000 ceppi/ha allevati ad alberello o controspalliera. È vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l'irrigazione di soccorso. Richiede un invecchiamento minimo di due anni (dal 1º novembre dell'anno di produzione delle uve), di cui almeno uno in legno. Tutte le operazioni di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, debbono essere effettuate nella zona DOCG.
Caratteristiche organolettiche
colore dal rosso rubino al rosso granato con l'invecchiamento;
odore: caratteristico, delicato;
sapore: di corpo, armonico;
zucchero riduttore residuo: non superiore a 10,0 g/l.

domenica 9 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 5 vini toscani laziali

ALEATICO DI GRADOLI


L'Aleatico di Gradoli è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Viterbo.
colore: rosso granato con tonalità violacee.
odore: finemente aromatico, caratteristico.
sapore: di frutto fresco, morbido, vellutato, dolce.
L'Aleatico di Gradoli è stato introdotto nei Monti Volsini dagli Etruschi, che lo avrebbero acquisito dai Greci. Leggenda vuole che in una grotta poco fuori il paese di Gradoli (chiamata ancora oggi Poggio del Diavolo) vivesse un demonio; questo era solito terrorizzare con brutti scherzi gli abitanti di Gradoli. Molti giovani valorosi avevano tentato di ucciderlo ma erano stati tutti sconfitti. Un giorno il demonio, tornando a casa, trovò un leone che dormiva nella sua grotta. Tentò di svegliarlo e di cacciarlo, ma il leone riuscì a sconfiggerlo e il povero demonio dovette sprofondare nell'Inferno. Il suo bastone però rimase conficcato nel terreno. Il leone casualmente vi dormì sopra e l'indomani sul bastone era cresciuta una vite: la vite dell'Aleatico. Per riconoscenza gli abitanti di Gradoli misero nel loro stemma proprio il leone e il bastone con la vite.

BOLGHERI SASSICAIA
 
Il Bolgheri Sassicaia è un vino DOC la cui produzione è consentita in una specifica zona del comune di Castagneto Carducci, prodotto con almeno l'80% di Cabernet Sauvignon. Il Bolgheri Sassicaia è uno dei vini italiani più pregiati e costosi ed è prodotto esclusivamente dall'azienda Tenuta San Guido, che possiede tutti i vigneti all'interno dell'area delimitata dalla DOC.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino intenso, tendente al granato con il lento invecchiamento
odore: ricco, elegante, maestoso
sapore: asciutto, pieno, robusto e armonico, con buona elegante struttura.
Cenni storici
Intorno agli anni quaranta il marchese Mario Incisa della Rocchetta, grande esperto di cavalli e grande appassionato di vini francesi, importò dalla tenuta dei Duchi Salviati a Migliarino alcune barbatelle di cabernet sauvignon e di cabernet franc. La decisione di piantare questi vitigni fu in parte dovuta alla somiglianza morfologica che egli aveva notato tra la zona di provenienza denominata Graves, a Bordeaux, e quella dove avrebbe poi fatto crescere i vitigni. E fu così che il marchese piantò i vitigni all'interno della tenuta San Guido, nella Maremma livornese, ne ebbe grande cura e nel 1944 ottenne le prime bottiglie di Sassicaia. Il vino venne prodotto, inizialmente ad esclusivo uso familiare, in controtendenza con gli standard produttivi dei tempi che tendevano a privilegiare la quantità alla qualità. La prima annata commercializzata fu il 1968.
Alla fine del 2013, con la pubblicazione del relativo decreto da parte del Mipaaf, il Sassicaia si è staccato dalla DOC Bolgheri (di cui era sottozona sino dal 1994, anno di nascita della DOC) ed è diventato una DOC autonoma. Questo ultimo passo completa il percorso cominciato come semplice vino da tavola, successivamente vino IGT, sottozona DOC e, finalmente, DOC a sé stante,
Il Sassicaia detiene un primato: è il primo (e per ora unico) vino italiano di una specifica cantina, che, come succede in Francia per altri pochissimi vini celeberrimi, ha una DOC riservata appositamente. Infatti, la denominazione Bolgheri Sassicaia la può utilizzare esclusivamente la Tenuta San Guido (di proprietà della famiglia Incisa della Rocchetta) per il suo vino corrispondente (questo perché Sassicaia è un cru in Bolgheri interamente posseduto da Tenuta San Guido).
Abbinamenti consigliati
Particolarmente indicato per i cibi dal sapore intenso e prodotti da caccia, in particolar modo il piccione arrosto, i filetti alla bordolese, i formaggi dal sapore deciso. Consigliato anche il semplice abbinamento con qualche gheriglio di noce e fungo porcino a crudo, condito solo con poche gocce di olio di oliva e qualche intensa erba aromatica dal profumo mediterraneo.

BRUNELLO

Zona di produzione: tutto il territorio del comune di Montalcino (Siena).
Il territorio del Comune di Montalcino, borgo senese la cui Rocca svetta a 564 m di quota sulla valle dell'Orcia, è costituito da un insieme di dolci colline. Fin dal Medioevo questo borgo svolse un ruolo di primo piano nelle vicende politiche della Toscana.
Fra i tanti motivi che lo resero un'interessante terra di conquista bisogna proprio ricordare la vocazione enologica: i vini locali, sia rossi che bianchi, erano apprezzati già nel lontano Medioevo. Il Brunello di Montalcino è discendente diretto del "vermiglio", largamente prodotto nei vigneti terrazzati delle colline di Montalcino. Ancora ai primi dell'Ottocento il termine "brunello" non era usato per indicare un vino, ma un'uva rossa, "sangiovese grosso", diffusa sul colle di Montalcino.
Nella seconda metà dell'Ottocento ebbe luogo un'importante svolta enologica a opera di Clemente Santi ed, in seguito, del nipote Ferruccio Biondi (che aggiunse al proprio cognome quello del nonno materno, diventando Biondi-Santi). Questi, operando una selezione clonale di uve sangiovese, realizzarono un vino ottenuto dalla vinificazione di un solo vitigno: nel 1865 ebbe luogo la prima vinificazione in purezza di cui si ha notizia. Invecchiato per un certo periodo in botti di legno ne scaturì un vino corposo, caldo, armonico, vellutato, nettamente superiore alla media: il vino fu battezzato con lo stesso nome dell'uva utilizzata per produrlo, Brunello. Il Brunello riscosse successo in tutte le mostre a cui partecipò, e fu apprezzato anche per la sua longevità. La bottiglia più antica giunta a noi è datata 1888, ed è naturalmente conservata dalla famiglia Biondi-Santi.
La consacrazione definitiva del Brunello a vino di livello internazionale è avvenuta negli ultimi decenni del Novecento, sia per il miglioramento generalizzato dello standard qualitativo, sia per l'immagine derivatagli dai sempre più frequenti contatti, anche a livello promozionale, con gli operatori di tutto il mondo. Nel 1980 il Brunello di Montalcino ha ottenuto il riconoscimento della DOCG.
Il vitigno è esclusivamente Sangiovese Grosso (Brunello di Montalcino). Con titolo alcolometrico di minimo: 12,5%. Acidità totale minima: 5,0 g/l. Deve invecchiare cinque anni obbligatori, di cui due anni di affinamento in botti di rovere e quattro mesi di affinamento in bottiglia.
Di colore rosso rubino intenso tendente al granato, con l'invecchiamento assume sfumature bordeaux con unghia aranciata. Ha odore ampio, elegante e di grande armonia, con profumi nitidi, eterei, profondi e potenti per il supporto del grado alcolico. Il sapore è asciutto, caldo, robusto, carnoso, con perfetto equilibrio delle componenti e persistente sentore di vaniglia e di spezie.
Il Brunello di Montalcino in bottiglia può durare, se di buona annata, anche un secolo, migliorando continuamente le sue qualità. E' un grande vino per arrosti di carni rosse, cacciagione e carne alla griglia. Va servito a 20° - 22° di temperatura, sturando la bottiglia almeno 24 ore prima di mescere.

CHIANTI
Il Chianti è un vino DOCG che si produce nelle sottozone: Colli Fiorentini, Montalbano, Rufina, Montespertoli, Colli Aretini, Colline Pisane e Colli Senesi.
Il primo documento risale al 1398 da cui risulta che il Chianti è bianco. Nel 1427 si era affermato come vino rosso e viene consumato anche dai Papi, ad esempio papa Paolo III attorno al 1536 su consiglio del proprio bottigliere Sante Lancerio.
Nel 1713 furono emanati due bandi da parte di Cosimo III Granduca di Toscana; il primo fissava, in modo preciso, i confini delle zone vitivinicole più pregiate nelle quali si produceva il vino Chianti, mentre il secondo abbozzava una sorta di disciplinare. Il bando determinò un primato assoluto, perché fino ad allora in nessuna altra parte del mondo si era deciso di individuare legalmente l'area di produzione di un vino pregiato e dovevano passare due secoli perché altri lo facessero.
Dopo la metà dell'Ottocento apparvero le prime vere opere specifiche di enologia e viticoltura toscana da parte di vari autori: Blasiis (1860), Lawle (1865), Pollacci (1871) e Bizzarri (1888), ma la figura più importante fu Bettino Ricasoli, intelligente ed appassionato agricoltore e valido enologo.
Egli produsse nel Castello di Brolio un vino rosso capace di tenere testa ai famosi vini rossi superiori italiani e francesi e, come uomo politico di stato, aprì la via del mondo al vino Chianti, che da allora iniziò ad essere esportato in vari paesi del mondo. Il Ricasoli, dopo numerosi esperimenti condotti tra il 1834 e 1837 nei vigneti di Brolio, riuscì ad individuare quello che lui riteneva essere l'uvaggio adatto per produrre vino Chianti. Ecco, quindi, l'originale composizione del Chianti: due varietà di uve rosse, il Canaiolo (5 - 10%) ed il Sangiovese, vera anima di questo vino (75 - 90%); poi due varietà di uve bianche, Malvasia e Trebbiano (2 - 5%), quest'ultima non era però presente nell'uvaggio definito da Ricasoli. Il Chianti prodotto con tali criteri, non tardò ad imporsi sui mercati: nel 1860 - 1870, con Firenze capitale d'Italia, il Chianti venne commercializzato in Italia ed in Europa (soprattutto in Inghilterra). Nel 1967 il Chianti Classico fu uno dei primi vini ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata; nel 1984, è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita e risale al 2003 l'ultimo decreto ministeriale che apporta modificazioni al disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata e garantita "Chianti". La storia del vino Chianti è legata in modo indissolubile al suo più famoso contenitore: il fiasco.Composto di Sangiovese minimo 75%; Canaiolo nero fino al 10%; Trebbiano toscano e Malvasia del Chianti singolarmente o congiuntamente fino al 10%.  I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere tali da non modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino. In particolare è vietata ogni forma di allevamento su tetto orizzontale tipo tendone.
Titolo alcolometrico minimo 11,50% Acidità totale minima 4,5 g/l.
Il colore è rubino vivace tendente al granato con l’invecchiamento; l’odore intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento; il sapore risulta armonico, asciutto (con un massimo di 4 g/l di zuccheri riduttori), sapido, leggermente tannico, che si affina col tempo al morbido vellutato.
I Chianti dotati di corpo sottile, fruttati, di contenuta alcolicità, sono da gustare giovani, serviti a 16° C di temperatura. Gradevole vino da tutto pasto; accompagna bene zuppe saporite, pesce in umido, carni alla brace, reale di manzo bollito. Il Chianti leggero, dal sapore immediato da servire con zuppe, pesce in umido, carni arrosto. Il Chianti moderatamente invecchiato, va servito alla temperatura di 16-18° C, accompagna bene pollo in umido e carni alla griglia. Il Chianti mediamente corposo si presta ad accompagnare carni bianche saporite sottoposta a cottura prolungata in intingolo; ma, ancor meglio, si accosta a carni rosse cucinate alla griglia, arrostite, petto di fagiano in salsa al vino rosso, bistecche di capriolo ai funghi. Il Chianti Rufina è particolarmente pregiato ed è da degustare a fine pasto come vino da "meditazione". A tavola si serve con brasati di manzo, lepre in salmì ed in genere con i piatti di carne più ricchi e saporiti.

ELBA ALEATICO PASSITO
Elba Aleatico passito
La zona di produzione é l’Isola d'Elba (Provincia di Livorno) dove la viticoltura era già praticata fin dal tempo della dominazione etrusca. Tra il XIX e il XX secolo, la viticoltura rappresentava una grande risorsa per l'economia elbana, con un quarto circa della superficie totale dell'isola destinata a vigneti. Punta di diamante della viticoltura elbana è l'Aleatico dell'Elba Passito, ottenuto da uve di Aleatico sottoposte ad almeno 10 giorni di appassimento all'aria. L'Aleatico è un vitigno a bacca rossa coltivato soprattutto in Toscana, Lazio e Puglia; è considerato una mutazione genetica del Moscato Bianco. Il vino può essere realizzato unicamente con vitigno  Aleatico. Ha titolo alcolometrico minimo pari al 19%, un’acidità totale minima 6,5 per mille ed un estratto secco netto minimo pari al 35 per mille. Di colore rosso rubino carico ha odore intenso e caratteristico, sapore dolce, armonico e ricco di corpo. Grande vino da meditazione; l'abbinamento gastronomico ottimale è con la "schiaccia briaca", dolce tipico elbano a base di frutta secca; ottimo anche con crostate di frutta e preparazioni a base di crema e frutti di bosco. Temperatura di servizio: 12-14°C.

MONTECUCCO SANGIOVESE
Il Montecucco Sangiovese è prodotto alle pendici del Monte Amiata, in Provincia di Grosseto, nelle zone vocate dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano. Il vitigno è il Sangiovese almeno l’85%. Altri vitigni a bacca rossa non aromatici raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Grosseto, da soli o congiuntamente fino al 15%. Il colore è rosso rubino intenso; l'odore vinoso, fruttato e caratteristico; il sapore armonico, asciutto leggermente tannico; il titolo alcolometrico volumico totale minimo é di 12% vol; l'acidità totale minima: 4,5 g/l. Si abbina bene a carni rosse, arrosti, cinghiale e i formaggi pecorini stagionati.

NOBILE DI MONTEPULCIANO

Il Vino Nobile di Montepulciano ha come zona di produzione il comune di Montepulciano, tranne la parte bassa della Val di Chiana, con altitudine compresa fra i 250 e i 580 metri s.l.m.
Fin dalle sue origini remotissime Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una kylix (tazza da vino) rinvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca nei pressi di Montepulciano.
Il documento più antico riferibile al vino di Montepulciano è del 789: il chierico Arnipert offre alla chiesa di San Silvestro o di San Salvatore a Lanciniano sull'Amiata, un pezzo di terra coltivata a vigna posta nel castello di Policiano. Fin dall'Alto Medioevo i vigneti di Mons Pulitianus producevano vini eccellenti e alla metà del 1500 Sante Lancerio, cantiniere di papa Paolo III Farnese, celebrava le qualità del vino prodotto a Montepulciano.
Nel XVII secolo, Francesco Redi, insigne non solo come medico e naturalista, ma anche come poeta, esalta, nel suo ditirambo "Bacco in Toscana" del 1685, con la bontà regale di tale vino.
Negli anni sessanta si assiste al lancio del Vino Nobile. DOC (1966) e poi DOCG.
Composto da vitigni Sangiovese (detto in loco Prugnolo gentile), minimo 70%, può concorrere il Canaiolo nero e altri vitigni autorizzati fino ad un massimo del massimo 20% ma la percentuale dei vitigni a bacca bianca non deve superare il 10%.
Titolo alcolometrico minimo 12,50% vol., acidità totale minima: 4,5 g/l.
Invecchiamento di 2 anni (da 12 a 24 mesi in botti di legno).
Il Vino Nobile di Montepulciano è un prodotto di quantità ridotta  con colore rubino tendente al granato con l’invecchiamento. Ha profumo intenso, etereo, caratteristico. Il sapore è asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.
Vino speciale per arrosti di carni bianche e pollame nobile. Si serve ad una temperatura di 18° - 20°C, stappando la bottiglia due ore prima.

VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO DOCG
https://youtu.be/E8HY3TDMxYM

La Vernaccia di San Gimignano ha come zona di produzione: tutto il territorio del comune di San Gimignano (Siena). Tra i vini toscani, è quello con le origini storiche più incerte. Prende il nome dal latino vernaculum che significa del posto, nativo. Marchio Lucidi, poeta seicentesco, scrive che il nome Vernaccia deriverebbe da Verno, freddo, gelido. Altri scrittori del XIV e XV secolo farebbero derivare il nome da una corruzione del nome Vernazza, uno dei paesi della Cinque Terre. In Italia si producono tre vini DOC di Vernaccia: la Vernaccia di Oristano, in Sardegna, la Vernaccia di Serrapetrona nelle Marche, vino rosso, e la Vernaccia di San Gimignano, il primo vino ad essere insignito della DOC (oggi D.O.C.G.). Introdotto dalla Grecia nel XIII secolo, di questo vitigno si trovano tracce certe sin dal 1276 in quanto lo troviamo citato negli Ordinamenti di gabelle del Comune di San Gimignano. Decantata dal Redi nei suoi scritti, la Vernaccia di San Gimignano venne divulgata da Lorenzo il Magnifico che mise a dimora nei suoi possedimenti. Sante Lancerio, bottigliere del Papa Paolo III Farnese, ne trascrive le qualità organolettiche riscontrate nelle degustazioni durante i suoi viaggi gastronomici.Ha vitigno prevalente Vernaccia di San Gimignano ma possono concorrere altri vitigni a bacca bianca non aromatici raccomandati o autorizzati per la provincia di Siena fino ad un massimo del 10%. Titolo alcolometrico minimo dell’11%. Acidità totale minima di 5 g/l. Di colore giallo paglierino tenue, tendente al dorato con l'invecchiamento, ha odore fine, penetrante, caratteristico, fruttato e floreale. Il sapore è asciutto, fresco, di buon corpo, di buona persistenza, armonico, con caratteristico retrogusto amarognolo (mandorla amara). Ottimo l'abbinamento con piatti a base di pesce, primi piatti con salse bianche, fritture varie, uova e carni bianche. Può essere servito anche come aperitivo e con gli antipasti in genere. Temperatura di degustazione piuttosto fredda, 8° - 10°C.

VIN SANTO DEL CHIANTI CLASSICO
Il Vin Santo Del Chianti Classico è un vino passito DOC la cui produzione è consentita nelle province di Firenze e Siena.
colore: dal giallo paglierino al dorato, all'ambrato intenso
odore: etereo, intenso, caratteristico
sapore: armonico, vellutato con più pronunciata rotondità per il tipo amabile

https://youtu.be/_LOb-STk2E4

Il vin santo (o vinsanto) è un tipo di vino da dessert. Questo vino tradizionale toscano e umbro è fatto con uva di tipo Trebbiano e Malvasia. Spesso si tratta di un vino dolce. Può essere anche prodotto con uve Sangiovese e in questo caso si parla di vinsanto occhio di pernice. Ci sono varie teorie sull'origine di questo nome. Una versione da Siena parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa; subito si diffuse la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, portandogli l'epiteto santo. Un'altra versione viene da Firenze: durante il Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vin pretto: "Questo è il vino di Xantos!", forse riferendosi a un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola "Xantos" con 'santos', credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite "sante". In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo. Una variante della storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos (in greco ξάνθος significa giallo) mentre parlava del vino. L'origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l'associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa. Tradizionalmente il vinsanto veniva prodotto raccogliendo i migliori grappoli (vendemmia "per scelti") e quindi appassendoli in modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci (tradizionalmente le uve venivano stuoiate o appese in periodi di luna calante, o dura, con la convinzione di evitare così che marcissero). Ad appassimento avvenuto le uve venivano pigiate e il mosto (con o senza vinacce dipendendo dalla tradizione seguita) veniva trasferito in caratelli di legni vari e di dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena tolto il vinsanto delle produzione precedente. Durante questa operazione si prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso, tanto da chiamarla madre del vinsanto. I caratelli erano sigillati e in genere dislocati nella soffitta delle villa padronale o comunque in un sottotetto in quanto si riteneva che le forti escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori del vino. Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni. 

Difficoltà fermentative
Il mosto del vin santo a causa del forte appassimento delle uve ha una concentrazione zuccherina molto alta che poi si rispecchia in un tenore alcolico altrettanto alto, fino a oltre il 19% nei vini secchi. Tradizionalmente in Toscana (e in moltissime altre regioni vinicole) non si usava il lievito per produrre il vino. In realtà si utilizzavano inconsapevolmente quei lieviti cosiddetti indigeni che si trovano sulla pruina e generalmente sugli attrezzi di cantina, nell'aria etc. Questi lieviti appartenenti a varie famiglie e provenienti dai più diversi mondi (dipendendo dalla zona: panificazione, industria della birra, altri viticoltori, presenza naturale etc.) difficilmente riescono a sopravvivere in ambiente con un titolo alcolometrico maggiore del 13%. La fermentazione completa o quasi completa del mosto del Vin Santo risultava quindi cosa non automatica. Per ovviare a questo nei tempi passati si poneva a fermentare il mosto in diversi recipienti piccoli (i caratelli) nella speranza che almeno uno venisse attaccato da un lievito capace di tollerare le alte concentrazioni alcoliche. Quando questo succedeva, si conservava gelosamente la feccia di quel caratello, che veniva divisa negli altri caratelli per stimolare la fermentazione dei nuovi mosti e poi più volte riusata nel corso degli anni, chiamandola appunto madre. In effetti la feccia contiene anche lieviti, così come rimangono lieviti nel legno del caratello, che infatti non veniva mai lavato e veniva riusato innumerevoli volte.
Produzione moderna
Nella produzione moderna, si tende a usare esclusivamente contenitori in legno nuovo o relativamente nuovo e a innescare la fermentazione con l'inoculo di lieviti selezionati adatti alle alte concentrazioni zuccherine. Moltissimi produttori, comunque, aggiungono una minima quantità di madre per ricreare lo spettro dei sentori tradizionali.
È comune fare "cantucci e vin santo"; un bicchiere di vin santo servito con cantucci. Questi biscotti possono essere inzuppati nel vino per ammorbidirli e accentuarne il sapore. In Umbria il consumo è associato alle fave dei morti, biscotto di pasta di mandorle tipico del periodo della Commemorazione dei Defunti, alla ciaramicola (dolce tipico della Pasqua) e al ciambellone (o torcolo).

CANNELLINO DI FRASCATI

Una fresca DOCG (2011) per il Cannellino di Frascati. Il territorio di produzione del vino Frascati Superiore ha un’altitudine compresa tra 70 e 500 metri s.l.m, origine vulcanica, di tipo basaltico e tufaceo, poco azoto, calcare totale ed attivo, sostanza organica, molta anidride fosforica assimilabile, potassio assimilabile, a pH quasi sempre neutro o sub-acido. L’esposizione del territorio verso il mare Tirreno permette di godere di una piacevole brezza marina che mitiga il calore delle ore più calde ed evita il ristagno dell’umidità. Il clima di tipo mediterraneo è caratterizzato da temperature moderate, piovosità concentrata nel periodo autunno-inverno con lunghe siccità nel periodo primaverile estivo. La vite trova qui condizioni ambientali assai favorevoli, con elevata temperatura ed insolazione nei mesi di settembre ed ottobre che consentono alle uve di maturare lentamente e completamente.
Il vino Cannellino di Frascati deve essere ottenuto da uve raccolte tardivamente e all'atto dell'immissione al consumo deve avere colore paglierino intenso con riflessi dorati; odore caratteristico che ricorda la frutta matura; sapore tipico, sapido, dolce; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol;  acidità totale minima 4,5 g/l.

sabato 8 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 4 Vini emiliano romagnoli umbro marchigiani

ALBANA


https://youtu.be/x2Va9EnEgu4

ASSISI
 
L'Assisi rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Perugia.
colore: rosso rubino
odore: vinoso, caratteristico, profumato
sapore: asciutto, corposo, armonico, intenso e persistente

CAGNINA DI ROMAGNA
Il Cagnina di Romagna è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna. Dal 2011 la denominazione è modificata in Romagna Cagnina.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso violaceo.
odore: vinoso, caratteristico.
sapore: dolce, di corpo, un po' tannico, leggermente acidulo.

LAMBRUSCO
Il termine Lambrusco indica una serie di vitigni differenti e il vino prodotto con questi.
Le uve del Lambrusco sono rosse, coltivate maggiormente in Emilia-Romagna nelle province di Modena e Reggio Emilia ed in Lombardia nella Provincia di Mantova. Vengono utilizzate per produrre uno dei pochi vini rossi o rosé frizzanti.
Esistono quattro tipi di Lambrusco DOC: il Lambrusco rosso Salamino di Santa Croce secco o amabile; il Lambrusco di Sorbara che può essere rosso o rosé, secco o amabile; il Lambrusco Reggiano, rosa e dolce o rosso e secco e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro secco o amabile. Il Lambrusco Salamino, il cui nome trae origine dai grappoli che ricordano dei salami, possiede un colore scuro con una intensa schiuma viola e un corpo medio. Il Lambrusco di Sorbara rosso è forse il più pregiato e viene prodotto nelle zone della provincia di Modena. È tipicamente un vino leggero con aromi di fragole lamponi e ciliegie. Il Lambrusco Reggiano dalla schiuma vivace ed evanescente possiede un gradevole profumo che varia dal fruttato al floreale, con un gusto fresco e fragrante. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro fortemente aromatico si presenta con una schiuma color ciliegia con aromi più ampi rispetto agli altri tre tipi di Lambrusco.
Il Lambrusco viene anche prodotto anche nella Lombardia orientale dove si produce un altro DOC, il Lambrusco Mantovano, il quale però porta in etichetta il riferimento alla sottodenominazione di origine, non rientrando nei quattro vini DOC prima citati. Questo vino, tipicamente leggero e dall'aroma fruttato, può essere rosso o rosé ed è composto con differenti varietà di Lambrusco.
I vitigni minori sono il Lambrusco Marani, il Lambrusco Maestri, il Lambrusco Ancellotta, il Lambrusco Montericco e il Lambrusco Viadanese o Grappello Ruberti.
Il Lambrusco è o frizzante o spumante (e, in questo caso, può essere secco, amabile, dolce). Sia la versione frizzante che spumante può essere anche rosé. Molto raro è il lambrusco tranquillo. Esiste anche qualche lambrusco spumante metodo classico (la tecnologia tradizionale, anche per il frizzante, è lo charmat).
L'etimologia del nome è incerta, esistono principalmente due ipotesi al proposito.
La prima vuole che il nome derivi da labrum (margine dei campi) e ruscum (pianta spontanea): la vite "la-brusca" sarebbe quella che cresce incolta ai margini dei campi.
La seconda attribuisce l'origine alla fusione dei termini labo (prendo) e ruscus (che punge il palato), da qui anche l'origine della parola "brusco". Questa parola infatti, è identificativo di quella caratteristica tipica dei vini giovani, collegata ad una contenuta acidità e tannicità vivaci e gradevoli.
Le testimonianze relative all'esistenza del Lambrusco ruotano attorno all'origine stessa del nome. Il significato di pianta spontanea, selvatica, può essere ricondotto in seguito al rinvenimento di semi di vite silvestre (selvatica) proprio nelle zone di produzione attuale del Lambrusco. Testimonianze dirette ci giungono dai latini e precisamente da Virgilio, nativo del mantovano, altra preziosa zona di produzione attuale, il quale parla dell'esistenza della vitis labrusca duemila anni fa, nella sua quinta bucolica. Anche altri scritti di quell'epoca parlano di quel tipo di vite, come il "De agri cultura" di Catone, il "De re rustica" di Varrone e il "Naturalis Historia" in cui Plinio il Vecchio dice: "la vitis vinifera le cui foglie, come quelle della vite labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere". Non sono certe le origini della coltivazione di questa vite, in un trattato di agricoltura del 1305 il bolognese Pietro de' Crescenzi, suggerisce di prendere in considerazione l'allevamento della vite labrusca.
Nel 1567 Andrea Bacci, medico del papa Sisto V e botanico afferma che "sulle colline di fronte alla città di Modena si coltivano lambrusche, uve rosse, che danno vini speziati, odorosi, spumeggianti per auree bollicine, qualora si versino nei bicchieri".
Nel 1700 circa, si ebbe un'importante innovazione tecnica per la conservazione di questo vino frizzante: l'introduzione di una particolare bottiglia denominata Borgognona, caratterizzata da un vetro resistente e spesso e il relativo tappo di sughero tenuto fermo con l'aiuto di uno spago che altrimenti tenderebbe a saltare a causa della rifermentazione degli zuccheri che crea anidride carbonica.
Nel 1867 Francesco Aggazzotti, prezioso descrittore anche dell'aceto balsamico, propone una prima suddivisione esauriente delle tre tipologie prevalenti dei vitigni coltivati: Il lambrusco della viola o di Sorbara, il lambrusco Salamino, il lambrusco dai Graspi Rossi dai quali si ricaveranno tutti i vari tipi di Lambrusco.
Nella prima metà del Novecento il Lambrusco era un vino decisamente secco e la sua schiuma, proprio come per lo Champagne, era prodotta mediante una seconda fermentazione in bottiglia. Con l'avvento di nuove tecnologie nel campo vinicolo la produzione del Lambrusco aumentò notevolmente dai primi anni '60, con l'introduzione del metodo Charmat. Così nel ventennio successivo il Lambrusco venne venduto notevolmente all'estero in particolar modo negli Stati Uniti dove ebbe molto successo tanto da rappresentare circa il 50% dei vini italiani importati in America. In quel luogo infatti, venne promosso come una specie di Coca Cola italiana. Ma negli anni '90 la produzione di Lambrusco ebbe una svolta dal punto di vista qualitativo ai danni di quello quantitativo. Si tentò così di ritornare alle origini del lambrusco, più secco e consistente e meno dolce. Oggigiorno la maggior parte dei Lambrusco migliori non vengono ancora esportati e quelli venduti sui mercati esteri non sono DOC e solitamente di qualità mediocre.
Abbinamenti
Il Lambrusco è un vino che si sposa con i prodotti della cucina emiliana, talvolta caratterizzata da prodotti ricchi di grassi e aromi. Si abbina bene anche con cibi robusti come la carne suina, le salsicce e l'agnello; è ottimo da gustare con i formaggi tipici della zona: il parmigiano-reggiano ed il grana padano.
Viene utilizzato in cucina anche nella preparazione di piatti, specialmente tipici emiliani, come lo zampone e il cotechino, o primi piatti come il risotto al Lambrusco e la pasta al Lambrusco. Questo tipo di vino viene inoltre utilizzato nella preparazione di cocktail, quindi miscelato ad altri alcolici e frutta e servito come aperitivo. È anche utilizzato nella vinoterapia per le sue proprietà di conservazione della pelle.
Ultimamente il Lambrusco viene utilizzato anche nella produzione di cocktail particolari come la "spuma di Lambaroni" vincitore del premio Barman Day del 2010 svoltosi al salone del lingotto a Torino nella rassegna della manifestazione dello "slow food".
Luoghi di produzione
I vini di lambrusco DOC si trovano nel Modenese, nel Reggiano, e nel Mantovano:
Colli di Scandiano e di Canossa Lambrusco Montericco rosato frizzante
Lambrusco di Sorbara
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro
Lambrusco Modena
Lambrusco Salamino di Santa Croce
Lambrusco Reggiano
Lambrusco Grasparossa Colli di Scandiano e Canossa
Lambrusco Mantovano
Poi, esistono i Lambruschi IGP (Indicazione Geografica Protetta):
IGP della Provincia di Mantova
IGP di Quistello
IGP Emilia che partono da Piacenza fino a Forlì e Cesena passando da Ravenna
Infine, molto vino lambrusco è prodotto fuori dalle denominazioni/indicazioni (vino generico).

PAGADEBIT DI ROMAGNA
Il Pagadebit di Romagna è un vino bianco prodotto nella provincia di Forlì-Cesena.
Il nome curioso, che in dialetto romagnolo significa "paga debiti", deriva dal nome locale dato al vitigno Bombino Bianco, concorrente almeno per l'85% nella formazione del suo uvaggio, che ha particolari caratteristiche di resistenza alle avversità climatiche. In questo modo il contadino, anche nelle annate peggiori, produceva comunque del vino utilizzabile per pagare i debiti contratti nell'annata precedente. Per questo motivo un altro nomignolo dato al vitigno è Straccia Cambiale.
Nel 1989 ha ottenuto la DOC Pagadebit di Romagna e comprende le tipologie:
Pagadebit di Romagna amabile
Pagadebit di Romagna secco
Pagadebit di Romagna Bertinoro amabile
Pagadebit di Romagna Bertinoro secco

PIGNOLETTO

Il Colli Bolognesi Classico Pignoletto è un vino a DOCG prodotto in Emilia-Romagna
Zona di produzione
Comprende l'intero territorio dei comuni di Monte San Pietro e Monteveglio della provincia di Bologna e parte del territorio dei comuni di Sasso Marconi, Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Crespellano, Bazzano, Castello di Serravalle della provincia di Bologna e Savignano sul Panaro della provincia di Modena.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Pignoletto minimo 95% altri vitigni idonei alla coltivazione nella regione Emilia-Romagna, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 5%
Tecniche produttive
Sono da considerarsi inadatti i vigneti situati in terreni molto umidi a fondo valle.
I nuovi impianti ed i reimpianti dovranno avere una densità non inferiore ai 3 000 ceppi/ettaro.
Sono consentite solo forme di allevamento a spalliera.
È vietata ogni pratica di forzatura, ma consentita l'irrigazione di soccorso.
Tutte le operazioni di vinificazione e imbottigliamento debbono essere effettuate nella zona DOCG.
Richiede un invecchiamento fino al 1º aprile dell'anno successivo alla vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino più o meno intenso, con eventuali riflessi verdognoli;
odore: delicato, caratteristico;
sapore: fine, armonico, caratteristico;
zuccheri riduttori residui: massimo 6 g/l sino ad un titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol.; sono consentiti ulteriori 0,2 g/l di zuccheri riduttori residui per ogni 0,10% vol. di alcol totale eccedenti il titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol..
Informazioni sulla zona geografica
L'area geografica della DOCG include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra la vallata del Samoggia e l'ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Lavino e Idice. Tutti questi corsi d'acqua hanno andamento perpendicolare all'asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.
L'area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:
Contrafforti e Rupi
Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti). Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l'unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati. Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie epiliguri. Si tratta di corpi rocciosi stratificati. I versanti sono generalmente acclivi e boscati. Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell'area.
I Colli con Frane e Calanchi
Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti. A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l'aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso. Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette "Argille Scagliose": un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate. Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all'erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati. Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell'area (in sinistra Lavino).
I Primi Colli Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli. Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie sommità dove affiorano le "sabbie gialle". Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie Gialle (Pliocene – Pleistocene). Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell'area (in sinistra Reno).
Piana dei Fiumi Appenninici
Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d'acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali. I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un gradiente deposizionale trasversale all'asse del corso d'acqua. Talvolta lungo i fondivalle e lungo il margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili a quelli già descritti nel paesaggio precedente.
All'ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde un'altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura, scheletro, profondità) che di livello evolutivo.
La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m.., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei. I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleosuperfici subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali. I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei Primi colli.
Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di base secondo le convenzioni dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale), l'area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800 mm nell'alta pianura a 1 200 mm nelle zone collinari più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14 °C e 12 °C. Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 m s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche elevato (fino a 800 mm annui).
Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0 °C, vanno dai 4 500 ai 4 900 gradi giorno nella bassa collina. Sono inferiori a 500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 m s.l.m.m. L'Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2 100 nelle zone a quote meno elevate. La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un'ampia gamma di vitigni. In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.
Cenni storici
Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei Galli Boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone. I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l'uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama "arbustum gallicum", particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare. È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell'agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.
Plinio il Vecchio - I secolo d.C. - nel capitolo "Ego sum pinus laeto" tratto dalla monumentale opera di agronomia "Naturalis historia", enuncia che in "apicis collibus bononiensis" vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l'epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto "maturo" in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà. Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare. Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell'operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite. Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante. OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente ".. un vino superiore per bontà a tutti gli altri" e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come "pignole". I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.
Nel 1300, Pier de' Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale "Ruralium commordorum - libro XII" descriveva le caratteristiche organolettiche del "pignoletto" che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma. Agostino Gallo ne "Le venti giornate dell'agricoltura" del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre ricercate. Medico e botanico di Papa Sisto V, il Bacci, nel personale trattato del 1596 "De naturalis vinarium istoria de vitis italiane", asseriva le ".rare et optime..." qualità intrinseche dell'uva pignola. Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche. Trinci - 1726 - pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l'odierno pignoletto si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime. Ulteriori conferme sono riportate nel "Bullettino Ampelograficho" del 1881, in cui è nominata l'uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell'urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l'attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito a dubbi di sorta. Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della "Strada dei vini" per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città. A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.
Precedentemente all'attuale disciplinare questa DOCG era stata: Approvata come tipologia della DOC "Colli Bolognesi"con DM 04.08.1997 Approvato DOCG con DM 08.11.2010 (G.U. 278 - 27.11.2010) Modificato con DM 30.11.2011 (Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)[1]
Il disciplinare del 1975 (G.U. 02/05/1975 n. 318) prevedeva:
produzione massima di uva: 90 ql/ha
resa dell'uva in vino: massimo 65,0%
Titolo alcolometrico dell'uva: minimo 12,0%
Titolo alcolometrico totale del vino: minimo 12,0%
Estratto no riduttore: minimo 16,0‰
Vitigni:
Pignoletto: 95.0% - 100.0%
colore: paglierino chiaro, con riflessi verdognoli
odore: delicato, caratteristico
sapore: tranquillo, fine

SANGIOVESE
 


https://youtu.be/tHpWtPJikZw

Il Sangiovese è un vitigno italiano a bacca nera. È tra i più diffusi (le aree coltivate coprono l'11% della superficie viticola nazionale); viene coltivato dalla Romagna fino alla Campania ed è tradizionalmente il vitigno più diffuso in Toscana. Entra negli uvaggi di centinaia di vini, tra i quali alcuni dei più prestigiosi vini italiani: Carmignano, Rosso Piceno Superiore, Rosso Conero riserva, Chianti e Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano, Montefalco rosso, Sangiovese di Romagna, Morellino di Scansano e molti altri meno conosciuti ma altrettanto pregevoli.

TORGIANO ROSSO RISERVA DOCG
Zona di produzione del  Torgiano Rosso Riserva DOCG è tutto il territorio del comune di Torgiano in provincia di Perugia. Il nome Torgiano deriva dalla contrazione di Torre di Giano, la torre, resto di un castello medioevale, che ancora oggi sovrasta l'antico borgo omonimo. Giano, secondo una leggenda, non sarebbe altri che il biblico Noè, sceso in Italia e fermatosi dopo il diluvio universale, proprio sulla riva sinistra del Tevere. La coltivazione della vite, in questa zona, risale almeno all'età etrusca. Non a caso sullo stemma del Comune di Torgiano da sempre campeggiano grappoli di uva accanto alla torre. Il vitigno principale è il Sangiovese minimo 70% ma possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino le uve a bacca rossa idonee alla coltivazione per la provincia di Perugia, fino ad un massimo del 30%. Titolo alcolometrico minimo: 12,50% vol. Acidità totale minima: 4,0 g/l. Il periodo di invecchiamento è di almeno tre anni, dei quali almeno sei mesi in bottiglia. Limpidezza brillante. Colore rosso rubino. Odore vinoso, delicato. Sapore asciutto, armonico, di giusto corpo. Il Torgiano Rosso Riserva è considerato vino da tutto pasto, comunque ideale con pastasciutte, pollame nobile, arrosti, selvaggina e cacciagione. Temperatura di degustazione: 18°-20°C.

VERDICCHIO DI MATELICA RISERVA DOCG


Il verdicchio è un pregiato vitigno autoctono delle Marche. La sua origine non è certa, ma la sua coltivazione, soprattutto nell’alta valle dell’ Esino, ha radici antichissime. La zona di produzione delle uve atte a produrre i vini a Denominazione di Origine Controllata e garantita “Verdicchio di Matelica Riserva” comprende parte del territorio dei comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco in provincia di Macerata e parte del territorio dei comuni di Cerreto d’Esi e Fabriano in provincia di Ancona. Deve essere ottenuto dalle uve del vitigno Verdicchio, presente in ambito aziendale, per un minimo dell’85%. Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione nella regione Marche, congiuntamente o disgiuntamente per un massimo del 15%. Il titolo alcolometrico minimo è 12,50%. L’acidità totale minima 5 g/l. In relazione all’eventuale conservazione in recipienti in legno il sapore del vino può rivelare lieve sentore di legno. Il colore è giallo paglierino. L’odore delicato, caratteristico; il sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo. Può essere utilizzato come aperitivo o abbinato a piatti di pesce o a primi piatti con condimenti vegetali o di mare. Si accompagna spesso a zuppe di pesce e a pesci al cartoccio o al forno; è ottimo anche con le carni bianche.

venerdì 7 giugno 2024

Corso di materie prime tipiche del beverage: Lezione 3 Vini veneti friulani

AMARONE

https://youtu.be/-tAplrxxitI

L'Amarone della Valpolicella è un vino rosso passito secco a DOCG prodotto esclusivamente nella Valpolicella in provincia di Verona.

colore: rosso granato;

odore: caratteristico, accentuato;

sapore: pieno, vellutato, caldo;

zuccheri residui massimo 12 g/l se il titolo alcolometrico effettivo è del 14% vol.; tale misura si innalza per titoli alcolometrici effettivi superiori

Sentori olfattivi: frutta matura, confettura di amarena e di lamponi. In quelli più invecchiati si possono percepire anche sentori di muschio e di catrame, quest'ultimo in gergo tecnico detto di goudron. Grado alcolico: la gradazione minima prevista è di 14º. I più potenti possono raggiungere anche i 17º.

BAGNOLI FRIULARO



Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli è un vino a DOCG prodotto nei Comuni di Agna, Arre, Bagnoli di Sopra, Battaglia Terme, Bovolenta, Candiana, Due Carrare, Cartura, Conselve, Monselice, Pernumia, San Pietro Viminario, Terrassa e Tribano in provincia di Padova
Vitigni con cui è consentito produrlo
Raboso Piave minimo 90%.
Altri vitigni a bacca rossa, idonei alla coltivazione nella provincia di Padova, massimo 10%.
Tecniche di produzione
Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 2 500 ceppi/ha.
Le forme di allevamento consentite sono a controspalliera semplice e a cortina doppia.
È consentita l'irrigazione di soccorso.
Nella preparazione dei vini diversi dalla tipologia passito e vendemmia tardiva possono essere utilizzate uve sottoposte ad appassimento fino ad un massimo del 50% dell'intera partita.
Richiede un invecchiamento di almeno 12 mesi a decorrere dal 1º novembre dell'anno di produzione delle uve.
Tutte le operazioni di appassimento delle uve, vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, debbono essere effettuate nella zona DOCG.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino se giovane, tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: vinoso, intenso, caratteristico;
sapore: asciutto, pieno,vellutato, intenso, tendente all'acidulo;
Informazioni sulla zona geografica
La zona di produzione della DOC "Bagnoli" presenta un'elevata complessità geologica e pedogenetica. Nella zona settentrionale e più precisamente nei comuni di Battaglia Terme e Monselice, i suoli hanno avuto origine dalla disgregazione delle rocce vulcaniche: presentano un buono scheletro, sono ben drenati e ricchi di minerali e microelementi. Le zone pianeggianti degli altri comuni sono caratterizzate da una differente tessitura e dalla ricchezza minerale originata dai sedimenti dei fiumi Adige, Bacchiglione e Brenta, presentando una percentuale maggiore di limo e di sostanza organica rispetto a terreni non alluvionali; definibili come sub-acidi, il loro tenore in potassio ben si sposa con la grande acidità espressa dal vitigno Friularo. La vicinanza dei colli euganei garantisce, per il semplice effetto del differenziale termico, una ventilazione serale e mattutina che permette in estate di mitigare la sommatoria termica nelle ore più calde e in primavera di salvaguardare dalle brinate. La ventilazione che caratterizza l'intero areale è fondamentalmente riassumibile nei venti provenienti da nord-est e, vista la relativa vicinanza al mare, dalla presenza di brezze marine e bora che arrivano periodicamente nell'intera area di produzione durante tutta la fase vegetativa; questi eventi atmosferici hanno il positivo effetto di impedire, specialmente d'estate, il ristagno dell'umidità. Il clima è temperato, caratterizzato da condizioni termiche mediterranee, inverni miti, estati calde e asciutte; soventemente, durante il periodo della maturazione, vi sono escursioni termiche importanti che provocano incrementi delle sostanze fenoliche e colore nella bacca. La piovosità media annuale oscilla tra i 700 e i 900 mm con due punte massime, in primavera e autunno; tali precipitazioni, susseguendosi in maniera cadenzata, permettendo alla vite di vegetare senza incontrare stress di natura idrica e carenze minerali. La grande mineralità dei suoli che caratterizza tutta l'area di produzione determina peculiari note sapide con sensazioni quasi solfuree e un ricco patrimonio organolettico.
Cenni storici
Non è chiaro a quando risalga esattamente l'introduzione del Friularo in questo areale; la dubbia origine etimologica del termine non permette di identificare con certezza l'epoca del suo avvento. Alcuni studiosi infatti riscontrano nel termine "Friularo" (dialettale "Frigoearo") la radice latina "Frigus": "freddo" seguita dalla desinenza "Aro": "colui che fa". Questa denominazione sarebbe legata alla raccolta tardiva che viene praticata da sempre in questa zona. Ad avvalorare tale tesi è la presenza contemporanea nel vicentino di una varietà detta "Cruaja", che si scoprirà essere il Raboso, il cui nome deriva dal fatto di essere un un'uva estremamente acida e viva al gusto e perciò definita sempre "cruda". Qualunque sia la sua origine etimologica è inconfutabile che la coltivazione di questo vitigno nel territorio di Bagnoli ha origini antichissime. La zona faceva parte della "Decima Regio, Venetia et Histria" ed era attraversata da est ad ovest, dalla via "Amnia" costruita nel 131 a.C. Primo e più antico documento conosciuto che parla dei vini di "Bagnoli" e che lega il nome dei vini alla zona è l'atto di donazione del marchese del Dominio di Bagnoli al Vescovo di Padova nel 954 d.C. Una fitta documentazione datata XII e XIII secolo riferisce di donazioni di terre vitate in Bagnoli e nei comuni limitrofi e di fitti pagati alla Corte Benedettina di Bagnoli con la decima e con un terzo del vino prodotto. Nel 1521, lo scrittore e commediografo padovano Ruzzante, descrisse un "vino sgarboso", probabilmente una varietà di "Raboso" prodotto nel Padovano, che dalle caratteristiche descritte è probabilmente il "Friularo di Bagnoli". Il documento più antico che fa diretto riferimento al Friularo di Bagnoli, assieme ai nomi degli altri vitigni autoctoni di Bagnoli, è un manoscritto del 1774 che riporta l'elenco dei vitigni in coltivazione nella zona con il relativo prezzo di mercato. Il Friularo compare come il vitigno più costoso e richiesto. Nel 1787 il poeta veneziano Ludovico Pastò scrisse un ditirambo sul vino intitolato "El Vin Friularo de Bagnoli" dove l'autore, entusiasta bevitore di Friularo ne declama la sua bontà e le sue virtù. Nel 1924 A. Marescalchi scrisse: "II Friularo è il vino rosso di piano più rinomato del Padovano".
Precedentemente all'attuale disciplinare questo vino era stata riconosciuto DOC con DM 16 agosto 1995, il riconoscimento DOCG è avvenuto con DM 08.11.2011 (G.U. 276 - 26.11.2011). L'ultima modifica è stata apportata con DM 30.11.2011 (Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP)
Abbinamenti consigliati
Il Friularo ben si abbina alle carni rosse, specialmente alla selvaggina e al cioccolato con il 70% di cacao,è un ottimo vino da meditazione
Riconoscimenti e premi
I vini di cui si parla sono di spiccata personalità che incuriosiscono e si fanno apprezzare dalle principali guide nazionali tra le quali Vini d'Italia del Gambero Rosso, Slow Wine di Slow Food; I vini d'Italia de L'Espresso, l'Annuario dei migliori vini di Luca Maroni, Il Golosario di Massobrio, e molti altri che ne riservano sempre maggior spazio. Anche nei concorsi, siano essi nazionali o internazionali (Concorso internazionale del Vinitaly, Concurs Mondial de Bruxelles, Japan Wine Challenge, India Wine Challenge, Los Angeles County Fair ecc.), il Friularo ha ottenuto e continua ad ottenere numerosissimi riconoscimenti.

BARDOLINO



https://youtu.be/hpq4BA8aQjM
 
 
Il Bardolino è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Verona. La zona di produzione comprende tutto o parte dei territori comunali di Bardolino, Garda, Lazise, Affi, Costermano, Cavaion, Torri Benaco, Caprino, Pastrengo, Bussolengo, Sona, Sommacampagna, Castelnuovo, Peschiera, Valeggio, nella zona sud-orientale del Lago di Garda.
Ha colore rosso rubino chiaro tendente a volte al cerasuolo che si trasforma in granato con l'invecchiamento. L’odore è vinoso con leggero profumo delicato. Il sapore è asciutto, sapido, leggermente amarognolo, armonico, sottile, talvolta leggermente frizzante. Si connota quale ottimo vino da pasto che ben si accosta a minestre, pastasciutte, fritti, pollame e lumache. È consigliata la degustazione a 16°-18° di temperatura. Il Bardolino, inoltre, si sposa splendidamente con i formaggi stravecchi, con certi erborinati e con i formaggi saporiti in genere.

CUSTOZA
Il Custoza è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Verona, più precisamente nell'omonima frazione del comune di Sommacampagna.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino.
odore: fruttato, profumato, leggermente aromatico.
sapore: sapido, morbido, delicato, di giusto corpo.
Nominato " Vino delle Dame".

LISON


Lison è la denominazione relativa al disciplinare di alcuni vini a DOCG prodotti in alcuni comuni delle province di: Venezia, Treviso, Pordenone. Il Lison classico può essere prodotto solo in alcuni comuni della provincia di Venezia.
La zona di produzione del “Lison” si trova nella pianura fra Tagliamento e Livenza ed a pochi chilometri dal mare per cui il suo clima è temperato, ma presenta un’accentuata escursione termica diurna ed un alternarsi dei venti freschi e asciutti di nord/nord-est (Bora) e quelli caldi e umidi di sud-est (Scirocco).
I terreni della zona sono prevalentemente argillosi, ma presentano uno strato sottile di “caranto” (calcare) a una profondità di 30-70 cm. Essi hanno una buona capacità idrica e sono ricchi di elementi minerali (potassio, calcio e magnesio) e di sostanza organica.
La viticoltura nella zona risale all’epoca romana (il nome deriva da quello del borgo romano di Lison), ma come per la maggior parte dei casi, essa è stata razionalizzata dai monaci benedettini nel X secolo. Con l’avvento della Repubblica Serenissima di Venezia, assume rilevanza economica sfruttandone i canali commerciali ed arriva all’apice nel periodo asburgico.
Intorno al 1850 comincia a prendere piede la coltivazione del vitigno Tocai bianco (denominato “Tai” dal 2007) con la produzione di vini qualitativamente superiori. La ricerca della qualità continua nel tempo e viene premiata nel 1971 con la Denominazione d'origine "Lison DOC”, divenuta nel 1974 "DOC Lison-Pramaggiore fino ad arrivare nel 2010 alla “DOCG Lison”.
Precedentemente all'attuale disciplinare questa DOCG era stata:
Approvata DOC come Tocai di Lison con D.P.R. del 4 agosto 1971. Approvata DOCG con DM 22.12.2010 G.U. 4 - 07.01.2011 (S.O. n° 6)
Vitigni con cui è consentito produrlo
Tai minimo 85%, altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per le province di Venezia,Treviso, Pordenone fino ad un massimo del 15%.
Tecniche di produzione
Densità minima 3 000 ceppi/ha)
È vietata ogni pratica di forzatura, ma consentita l'irrigazione di soccorso
Sono ammesse esclusivamente le forme a controspalliera semplice o doppia.
Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella zona prevista per la DOCG, ma si fanno eccezioni per altri comuni
È necessario l’invecchiamento protratto almeno fino al 1º marzo dell’anno successivo alla vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo paglierino più o meno intenso talvolta con riflessi dal verdognolo al dorato;
odore: caratteristico, gradevole;
sapore: asciutto, vellutato con eventuale percezione gradevole di legno;
acidità totale minima: 4,50 g/l.
Abbinamento con gli antipasti in genere.
Temperatura di degustazione piuttosto fredda, 8° - 10°C.

MARZEMINO

Il Marzemino Vino Spumante Dolce è un caratteristico vino veneto ottenuto da uve Marzemino.
Un vino rosso rubino intenso e dolce dal carattere festoso, proprio come le note del Don Giovanni di Mozart in cui viene citato.
Il Marzemino è un vino rosso dolce e fresco che farà la gioia di tutti quelli che amano i vini leggeri e spensierati.
Lo Spumante rilascia profumi di ribes e frutti di bosco con sentori che ricordano la viola e al palato si presenta con un gusto dolce e armonico.
Vino da dessert, perfetto per festeggiare un lieto evento con pasticcini e torte ai lamponi e cioccolato.
Temperatura di servizio 9° C.

PIAVE MALANOTTE

Piave Malanotte o Malanotte del Piave DOCG
Zona di produzione e storia
Zona di produzione: area imperniata sul fiume Piave che ricopre quasi tutta la pianura della provincia di Treviso e della parte orientale della provincia di Venezia.
La DOCG «Piave Malanotte» o «Malanotte del Piave» prende il nome da Borgo Malanotte, borgo medievale sito in Tezze di Piave (TV), cuore della produzione di questo vino. La zona di produzione inizia dove il fiume Piave si apre nella pianura trevigiana e confina con la laguna di Venezia.
In questo territorio la presenza della coltura della vite risale al 181 a.C. con la costruzione della via consolare Postumia da parte dei Romani. Dopo le varie invasioni barbariche che hanno portato alla distruzione delle viti, la coltivazione riprende con forza sotto il dominio della Repubblica di Venezia. La vite si espande in tutta l’area e la qualità del prodotto migliora in modo netto grazie alla volontà dei nobili veneziani di gareggiare fra loro per superarsi nella qualità del proprio prodotto.
Negli anni ‘50 i produttori della zona prendono coscienza delle peculiarità del prodotto e delle sue potenzialità e si riuniscono in un consorzio finalizzato alla tutela e alla gestione dei vini di qualità della zona. Nel 1971 il vino “Malanotte” è conosciuto dai consumatori come tipologia Raboso Piave Malanotte all’interno della denominazione DOC Piave, ed è considerato uno dei vini di maggior pregio qualitativo, le cui bottiglie sono state apprezzate per la prima volta all’inizio degli anni ’80.
La forte caratterizzazione di questo vino, costituito anche da una parte di uva appassita, ha incontrato fortemente i gusti dei consumatori tanto da divenire più famoso della denominazione nella quale era inserito come tipologia di vino. Ciò ha indotto la necessità di una maggior tutela nazionale ed internazionale del nome attraverso il riconoscimento di una denominazione geografica propria. Per questi motivi nel 2010 il «Piave Malanotte» o «Malanotte del Piave», ha ottenuto dal Ministero il riconoscimento della Denominazione geografica controllata e garantita per l’omonimo vino.
Una parte delle uve, dal 15% al 30%, viene appassita prima di essere pigiata, e per almeno trentasei mesi questo vino dal sapore austero, sapido e caratteristico, riposerà nelle cantine dei produttori, in parte in botti (almeno dodici mesi) e in parte in bottiglia (almeno quattro mesi), acquistando così alla fine un colore rosso rubino intenso spezzato da riflessi violacei, tendente al granato con l'invecchiamento, e il suo tipico profumo di ciliegia marasca speziata.
Vitigni - Grado alcolometrico minimo - Invecchiamento e qualifiche
Composizione ampelografica:
Raboso Piave per almeno il 70%;
Raboso veronese fino al 30%;
il Raboso Veronese può essere sostituito nella misura massima del 5% da altre varietà a bacca rossa, congiuntamente o disgiuntamente, tra quelle idonee alla coltivazione per le provincie di Treviso e Venezia
Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita «Piave Malanotte» o «Malanotte del Piave» all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;
- acidità totale minima: 5,5 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 26,0 g/l;
- residuo zuccherino massimo: 8,0 g/l.
Immissione al consumo: il vino «Piave Malanotte» o «Malanotte del Piave» non può essere immesso al consumo se non dopo essere stato sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno trentasei mesi di cui almeno dodici in botte e quattro in bottiglia a decorrere dal primo novembre dell'anno della vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita «Piave Malanotte» o «Malanotte del Piave» all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
- colore: rosso rubino intenso con riflessi violacei, tendente al granato con l’invecchiamento;
- odore: tipico, di marasca/ciliegia, speziato;
- sapore: austero, sapido, caratteristico.
In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare sentore di legno.
Abbinamenti e temperatura di servizio
Si esprime al meglio in calice ampio e alla temperatura di 20°C. Si accompagna bene a piatti importanti ed impegnativi di carni rosse e cacciagione, e a formaggi stagionati.

RECIOTO DI SOAVE



https://youtu.be/IiSdw1p41Wk

Il Recioto di Soave è un vino DOCG la cui produzione è consentita nella provincia di Verona. Recioto è un vocabolo dialettale della gente veronese; deriva da “recia”, che è la parte alta del grappolo di Garganega, quella più ricca di zuccheri e meglio esposta all'insolazione. Il Recioto di Soave è stato il primo DOCG del Veneto. Poco prima della raccolta vera e propria si opera una selezione dei grappoli migliori che poi vengono posti sui graticci per l'appassimento. L'uva a riposo viene costantemente seguita e pulita dai quattro ai sei mesi fino al momento della pigiatura. La fermentazione, spesso in piccoli botti, è lenta e molto lunga. Per fare questo vino conviene decantare e filtrare il mosto fino a che non appaia netto da ogni sua parte grassa; in piccoli barili, ed in luogo piuttosto freddo, si lascia fermentare, senza raspi né fiocini: così non potendo bollire che assai lentamente, questo vino conserva intatta una qualche parte di materia zuccherosa. Il colore è giallo brillante dorato più o meno intenso; l’odore complesso ricorda il miele d'acacia con sfumature floreali; il sapore è armonico, corposo, gradevolmente mandorlato vellutato, gradevole, intenso e fruttato; la gradazione alcolica complessiva minima è di 14 ; l’acidità totale è minima, : 5,5 g/l; come l’estratto secco netto, 22 g/l.
Il Recioto, privilegia abbinamenti coi formaggi erborinati, salati o piccanti, il fegato grasso e tutti i cibi che vedono esaltato il suo aspetto emolliente. La dolcezza in questo caso non si sovrappone ma diventa uno strumento di contrasto netto di grande suggestione. Naturalmente è consigliato accanto alla pasticceria secca, le preparazioni alle creme, come il tiramisù. Si abbina a meraviglia con i dolci tipici della provincia di Verona: la fugassa (focaccia), la pisòta con l'ua (torta fatta con l'uva appena vendemmiata e con l'olio in luogo del burro), la pastafrolla, la sbrisolona, le crostate di ciliegie, a Carnevale i galani e le fritelle, a Natale il nadalìn cosparso di mandorle o il Pandoro di Verona specie accompagnato da una crema al mascarpone, a Pasqua le brasadele che vengono prima buttate nell'acqua bollente (broè) e poi cotte nel forno.

REFRONTOLO
Il Colli di Conegliano Refrontolo è un vino a DOCG prodotto nel Veneto.
Zona di produzione
Comprende in tutto o in parte il territorio dei comuni di Refrontolo, Pieve di Soligo e San Pietro di Feletto della provincia di Treviso
Vitigni con cui è consentito produrlo
Marzemino minimo 95%
altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella provincia di Treviso per un massimo del 5%
Tecniche produttive
Sono da considerarsi inadatti i vigneti a fondo valle.
I nuovi impianti ed i reimpianti dovranno avere una densità non inferiore ai 2 500 ceppi/ettaro.
Sono consentite solo forme di allevamento a controspalliera.
Tutte le operazioni di vinificazione e imbottigliamento debbono essere effettuate nella zona DOCG ma sono ammesse deroghe.
Richiede un invecchiamento minimo di 24 mesi di cui almeno 12 in botte e tre in bottiglia a partire dal 1º novembre dell'anno della vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino intenso tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: vinoso, caratteristico;
sapore: vellutato, di corpo, armonico, caldo;
residuo alcolometrico volumico potenziale massimo: 0,8%

RIPASSO
 
Il Valpolicella Ripasso è un vino rosso DOC del Veneto prodotto esclusivamente nella Valpolicella in provincia di Verona da vitigni autoctoni quali Corvina, Corvinone (nella misura massima del 50% in sostituzione della Corvina), Rondinella ma anche in percentuali minori con Forselina, Negrara e Oseleta. La Molinara uscita recentemente dal disciplinare come obbligatoria è comunque permessa. Sono le stesse uve che vengono utilizzate per la produzione dell'Amarone e del Recioto.La tecnica del ripasso consiste nel versare, prima dell'affinamento in botte, il vino Valpolicella base direttamente nei tini dove è stato precedentemente pigiato l'Amarone, lasciandolo riposare a contatto con le vinacce appena pressate per circa 15-20 giorni. In questo modo il vino riceve dalle vinacce appassite parte dell'aroma che è proprio dell'Amarone. 
Caratteristiche organolettiche
Colore: Rosso rubino tendente all'impenetrabile.
Olfatto: Strutturato.
Gusto: Frutti di Bosco a bacca rossa, a volte tostatura e tabacco, vanigliato, tannini morbidi.

SOAVE SUPERIORE DOCG

https://youtu.be/cpumoHoKkWk


Il Soave Superiore Docg ha una zona di produzione in territorio collinare in provincia di Verona ed  è un vino di origini molto antiche. Le ipotesi sull’origine del nome di questo vino sono ammantate di leggenda; una di queste si rifà addirittura a Dante Alighieri, grande amico del signore di Verona, Cangrande della Scala.Le testimonianze sulla qualità di questo vino, comunque, si susseguono nel corso dei secoli, fino a risalire a Cassiodoro che ne tesseva le lodi raccomandandolo all'imperatore Teodorico. In tempi più recenti, il Soave è stato uno dei vini più apprezzati dal poeta Gabriele D'Annunzio.Il vitigno è il Garganega per almeno il 70%, e per il rimanente da uve dei vitigni Trebbiano di Soave (nostrano), Pinot Bianco e Chardonnay. In tale ambito del 30%, e fino ad un massimo del 5%, possono altresì concorrere le uve provenienti dai vitigni a bacca bianca non aromatiche autorizzati e raccomandati per la provincia di Verona.Ha titolo alcolometrico minimo di 12% vol. ed acidità totale minima di 4,5 g/l.Deve essere immesso al consumo solo dopo un periodo di affinamento in bottiglia di almeno 3 mesi e comunque non prima del 31 marzo successivo alla vendemmia.Ha colore giallo paglierino, a volte intenso con possibili riflessi verdi e oro; odore ampio, caratteristico floreale; sapore pieno e delicatamente amarognolo, nei prodotti maturati in legno il sapore può essere più intenso e persistente, anche con note di vaniglia.Un ottimo vino per accompagnare aperitivi, primi piatti, secondi piatti a base di pesce e di carni bianche, il suo sapore si abbina bene con i formaggi. Va servito alla temperatura di 10°C circa, in calici di media capacità a tulipano svasato.

TORCHIATO DI FREGONA
Il Colli di Conegliano Torchiato di Fregona è un vino passito a DOCG prodotto in Veneto.
Zona di produzione
Comprende in tutto o in parte il territorio dei comuni di Fregona, Sarmede e Cappella Maggiore della provincia di Treviso. La maggior parte dei produttori di questo vino sono riuniti in un Consorzio volontario di tutela della qualità del vino che si occupa anche di coordinare le attività di promozione nelle diverse manifestazioni che lo ospitano.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Glera: 30.0% - 45.0%
Verdiso: 30.0% - 45.0%
Boschera: 25.0% - 40.0%
Altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Treviso: massimo 15%.
Tecniche produttive
Sono da considerarsi inadatti i vigneti a fondo valle.
I nuovi impianti ed i reimpianti dovranno avere una densità non inferiore ai 2 500 ceppi/ettaro.
Sono consentite solo forme di allevamento a controspalliera.
L'appassimento delle uve non deve essere in ogni caso inferiore alle 150 giornate dalla vendemmia.
I grappoli vengono selezionati e staccati maturi dai vigneti. Successivamente vengono appesi uno per uno a delle cordicelle o stesi su graticci in ambienti asciutti e ben arieggiati, con la cura di rimuovere gli acini rotti o ricoperti da muffe indesiderate. Vengono quindi lasciati appassire per una durata di qualche mese in base alla densità zuccherina che si vuole ottenere (approssimativamente fino a primavera). Durante la settimana di Pasqua si procede a diraspare i grappoli a mano che vengono pigiati sofficemente con torchi manuali con una resa non superiore al 25%. Il mosto ottenuto è posto a maturare in piccole botti di legno o in recipienti di vetro.
Le uve appassite non possono essere pigiate in data anteriore al 1º febbraio successivo alla vendemmia;
Tutte le operazioni di vinificazione e imbottigliamento debbono essere effettuate nella zona DOCG ma sono ammesse deroghe.
Richiede un invecchiamento minimo di 24 mesi di cui almeno 5 in bottiglia a partire dal 1º novembre dell'anno della vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: giallo dorato intenso;
odore: intenso, caratteristico;
sapore: da secco a dolce, di corpo, persistente;
acidità volatile massima: 40,0 meq/l.
Abbinamenti consigliati
Essendo un vino forte e delicato allo stesso tempo, può accompagnare biscotteria e piccola pasticceria, ma anche foie gras e formaggi erborinati.

CARSO MERLOT
 
Il vino Merlot Rosso Secco che prende il nome di Carso Merlot Doc vanta la sua più grande fattura nella zona Doc del Carso situata in Friuli Venezia Giulia ed è considerato come uno dei vini DOC. E' proprio qui che il Carso Merlot Doc viene prodotto per la maggiore in quanto il suo principale vitigno il Merlot trova un ambiente molto adeguato per la sua crescita maturazione. I principali comuni dov'è prodotto il Carso Merlot Doc sono: Tra Monfalcone E Trieste.
Caratteristiche Carso Merlot Doc
Fa parte della famiglia dei vini rossi i quali presentano fondamentalmente peculiarità simili tra di loro e altre che invece rendono ogni vino rosso singolare nel suo genere.
Ricette consigliate con Carso Merlot Doc
Se volete esaltare celebrare al massimo l'aroma del Carso Merlot Doc allora i piatti giusti con cui appaiarlo sono i seguenti: lesso misto con legumi e zucca, zuppa di pasta in brodo di pollo, pollo allo spiedo, tacchino al latte.

CARSO ROSSO
Il Carso Rosso o, più semplicemente, Carso è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Gorizia e Trieste.
È composto per almeno il 70% da uve di vitigno Terrano (dall'85% può essere definito Carso Terrano); la parte rimanente sono, in proporzione variabile, uve da vitigni a bacca rossa purché idonei alla coltivazione nelle provincie di Gorizia e Trieste.
Caratteristiche organolettiche
colore: rosso rubino intenso.
odore: vinoso, caratteristico.
sapore: asciutto, di corpo, armonico.

COLLIO
Collio Goriziano o Collio è una DOC assegnata ad alcuni vini prodotti in Friuli-Venezia Giulia, nella regione goriziana del Collio.
Le tipologie contemplate sono:
Collio Goriziano Bianco (anche riserva)
Collio Goriziano Chardonnay (anche riserva)
Collio Goriziano Malvasia (da Malvasia Istriana, anche riserva)
Collio Goriziano Muller Thurgau (anche riserva)
Collio Goriziano Picolit
Collio Goriziano Pinot bianco (anche riserva)
Collio Goriziano Pinot grigio (anche riserva)
Collio Goriziano Ribolla o Ribolla gialla (anche riserva)
Collio Goriziano Riesling (Riesling renano, anche riserva)
Collio Goriziano Riesling italico (anche riserva)
Collio Goriziano Sauvignon (anche riserva)
Collio Goriziano Friulano (da Tocai friulano, anche riserva)
Collio Goriziano Traminer aromatico (anche riserva)
Collio Goriziano Rosso (anche riserva)
Collio Goriziano Cabernet (anche riserva)
Collio Goriziano Cabernet franc (anche riserva)
Collio Goriziano Cabernet sauvignon (anche riserva)
Collio Goriziano Merlot (anche riserva)
Collio Goriziano Pinot nero (anche riserva)
La specificazione "riserva" va aggiunta a quei vini che hanno subito un periodo di invecchiamento di 30 (rossi) o 20 (bianchi, escluso il Picolit) mesi a decorrere dal 1º novembre dell'anno della vendemmia.
La tutela della DOC è assegnata al Consorzio Vini Collio e Carso (con competenza anche sui vini Carso) che ha sede a Cormons.


FRIULI
Friuli Annia è una denominazione di origine controllata assegnata ad alcuni vini prodotti in Friuli-Venezia Giulia. È la più recente fra quelle della regione, essendo stata istituita con decreto ministeriale del 27 ottobre 1995.
L'area di produzione comprende la gran parte della Bassa Friulana, territorio attraversato, appunto, dall'antica via Annia. Nello specifico, si estende sulla totalità dei comuni di Bagnaria Arsa, Carlino, Castions di Strada, Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano, Porpetto, San Giorgio di Nogaro, Torviscosa.
I vini della D.O.C. sono:
Friuli Annia Bianco (anche frizzante)
Friuli Annia Rosato (anche frizzante)
Friuli Annia Rosso (anche riserva)
Friuli Annia Merlot (anche riserva)
Friuli Annia Cabernet franc (anche riserva)
Friuli Annia Cabernet sauvignon (anche riserva)
Friuli Annia Refosco dal peduncolo rosso (anche riserva)
Friuli Annia Tocai friulano
Friuli Annia Pinot bianco (anche frizzante)
Friuli Annia Pinot grigio
Friuli Annia Verduzzo friulano (anche frizzante)
Friuli Annia Traminer aromatico
Friuli Annia Sauvignon
Friuli Annia Chardonnay (anche frizzante)
Friuli Annia Malvasia (anche frizzante)
Friuli Annia Spumante (da Chardonnay o Pinot bianco)
La produzione è coordinata dal Consorzio per la tutela dei vini a Denominazione di Origine Controllata Friuli Annia con sede a Udine.
Friuli Aquileia è una denominazione di origine controllata assegnata ad alcuni vini prodotti in Friuli-Venezia Giulia. È stata istituita nel 1975.
Il suo territorio coinvolge sedici comuni ed è rappresentato da una fascia che si sviluppa da Aquileia a Trivignano Udinese passando per Cervignano del Friuli e Palmanova. La gestione è affidata al Consorzio Tutela Vini DOC Friuli Aquileia con sede ad Aquileia.
Comprende le seguenti tipologie:
Friuli Aquileia Bianco (anche superiore)
Friuli Aquileia Rosso (anche superiore)
Friuli Aquileia Novello (anche superiore)
Friuli Aquileia Rosato (anche superiore e frizzante)
Friuli Aquileia Merlot (anche superiore)
Friuli Aquileia Cabernet (anche superiore)
Friuli Aquileia Cabernet franc (anche superiore)
Friuli Aquileia Cabernet sauvignon (anche superiore)
Friuli Aquileia Refosco dal peduncolo rosso (anche superiore)
Friuli Aquileia Friulano (anche superiore)
Friuli Aquileia Pinot bianco (anche superiore)
Friuli Aquileia Pinot grigio (anche superiore)
Friuli Aquileia Riesling (anche superiore)
Friuli Aquileia Sauvignon (anche superiore)
Friuli Aquileia Traminer aromatico (anche superiore)
Friuli Aquileia Verduzzo friulano (anche superiore)
Friuli Aquileia Chardonnay (anche superiore, frizzante e spumante)
Friuli Aquileia Malvasia Istriana (anche superiore e frizzante)
Friuli Aquileia Muller Thurgau (anche superiore e frizzante)
Friuli Grave è una denominazione di origine controllata assegnata ad alcuni vini prodotti nel Friuli-Venezia Giulia centrale.
Viene gestita dal Consorzio Tutela Vini Doc Friuli Grave con sede ad Azzano Decimo.
Le tipologie sono:
Friuli Grave Bianco (anche superiore)
Friuli Grave Rosso (anche superiore)
Friuli Grave Novello
Friuli Grave Rosato (anche frizzante)
Friuli Grave Chardonnay (anche spumante e frizzante)
Friuli Grave Pinot bianco (anche superiore, spumante e frizzante)
Friuli Grave Pinot grigio (anche superiore)
Friuli Grave Riesling (anche superiore)
Friuli Grave Sauvignon (anche superiore)
Friuli Grave Friulano (anche superiore)
Friuli Grave Traminer aromatico (anche superiore)
Friuli Grave Verduzzo friulano (anche superiore e frizzante)
Friuli Grave Cabernet (anche superiore)
Friuli Grave Cabernet franc (anche superiore)
Friuli Grave Cabernet sauvignon (anche superiore)
Friuli Grave Merlot (anche superiore)
Friuli Grave Pinot nero (anche superiore e spumante)
Friuli Grave Refosco dal peduncolo rosso (anche superiore)
Friuli Grave Spumante
Friuli Isonzo o Isonzo del Friuli è una denominazione di origine controllata assegnata ad alcuni vini prodotti nel Friuli-Venezia Giulia. È stata istituita nel 1975 in concomitanza con Friuli Grave e Friuli Aquileia.
Il territorio coinvolto comprende la provincia di Gorizia centrale e sud-occidentale.
Le tipologie prodotte sono:
Friuli Isonzo Bianco
Friuli Isonzo Bianco frizzante
Friuli Isonzo Rosso
Friuli Isonzo Rosso frizzante
Friuli Isonzo Rosato
Friuli Isonzo Rosato frizzante
Friuli Isonzo Vendemmia tardiva
Friuli Isonzo Chardonnay
Friuli Isonzo Malvasia
Friuli Isonzo Moscato giallo
Friuli Isonzo Pinot bianco
Friuli Isonzo Pinot grigio
Friuli Isonzo Riesling Italico
Friuli Isonzo Riesling
Friuli Isonzo Sauvignon
Friuli Isonzo Friulano
Friuli Isonzo Traminer aromatico
Friuli Isonzo Verduzzo friulano
Friuli Isonzo Chardonnay spumante
Friuli Isonzo Moscato giallo spumante
Friuli Isonzo Pinot spumante
Friuli Isonzo Verduzzo friulano spumante
Friuli Isonzo Cabernet (da Cabernet franc e/o Cabernet sauvignon)
Friuli Isonzo Cabernet franc
Friuli Isonzo Cabernet sauvignon
Friuli Isonzo Merlot
Friuli Isonzo Franconia
Friuli Isonzo Moscato rosa
Friuli Isonzo Pignolo
Friuli Isonzo Pinot nero
Friuli Isonzo Refosco dal peduncolo rosso
Friuli Isonzo Schioppettino
Friuli Isonzo Rosso spumante
Friuli Isonzo Moscato rosa spumante
La gestione della DOC è affidata al Consorzio di Tutela Vini DOC Friuli Isonzo con sede a Cormons.
Friuli Latisana è una denominazione di origine controllata assegnata ad alcuni vini prodotti in Friuli-Venezia Giulia. È stata istituita nel 1975.
Il suo territorio si estende sulla Bassa friulana sudoccidentale, coinvolgendo in tutto dodici comuni della provincia di Udine. La sede del relativo Consorzio Tutela Vini a Denominazione di Origine Controllata Friuli Latisana si trova a Udine presso il centro regionale per il potenziamento della vitivinicoltura.
Comprende i seguenti vini:
Friuli Latisana Merlot (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Cabernet franc (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Cabernet sauvignon (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Cabernet (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Carmenere (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Franconia (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Refosco dal peduncolo rosso (anche nella tipologia novello e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Pinot nero (anche nelle tipologie frizzante e spumante e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Rosato (anche nella tipologia frizzante)
Friuli Latisana Rosso (anche nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Pinot bianco (anche nelle tipologie frizzante e spumante)
Friuli Latisana Pinot grigio
Friuli Latisana Tocai friulano o Friulano (anche nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Verduzzo friulano (anche nella tipologia frizzante)
Friuli Latisana Traminer aromatico
Friuli Latisana Sauvignon
Friuli Latisana Chardonnay (anche nelle tipologie frizzante e spumante e nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Malvasia (anche nelle tipologie frizzante e spumante)
Friuli Latisana Riesling
Friuli Latisana Bianco (anche nelle menzioni superiore e riserva)
Friuli Latisana Passito

PICOLIT



https://youtu.be/pqJFFhBEi2Y

Il famoso enologo Veronelli lo ha descritto cosi': "Fermo e aristocratico; ha nerbo deciso e stoffa alta, che si compiace sino a coda di pavone; grandissimo vino, vino da meditazione".
Una perla letteraria, che bene descrive una vera perla dell'enologia italiana. Siamo sui Colli Orientali del Friuli in provincia di Udine.
Le Prealpi Giulie riparano la vite dalle fredde correnti del nord, mentre l'influenza benefica del mare crea microclimi particolarmente favorevoli alla viticoltura.
E' chiamato Picolit per la scarsa produzione dei suoi grappoli (10-15 acini per grappolo), oppure per le ridotte dimensioni della sua uva. La sua produzione e' considerata quasi un miracolo della natura, infatti per cause legate anche al clima, molti fiori della vite non si trasformano in frutti, lasciando quindi spazi vuoti tra i pochi acini che portano a termine la maturazione.
 Oggi e' prezioso ed introvabile; la sua produzione annua e' di circa 500 ettolitri, e non a caso si dice che sia il vino dei principi e dei papi. Caldamente etereo all'olfatto, presenta note di fiori di campo, di mandorla, pesca, acacia e castagna. Un'esplosione di sensazioni poi al palato: sentori di frutta candita, fichi appassiti, miele e vaniglia.
Ottimo come aperitivo, accompagna egregiamente le ostriche, si esalta sui formaggi saporiti, erborinati e piccanti; non e' da meno sul fois gras. Emozionante risulta con la pasticceria secca, o con il Gubane o Presnitz friulano.
Una tesi lo vuole vino troppo aristocratico per degnare accoppiamenti, e lo considera prestigioso vino da dopo pasto e da meditazione.

PROSECCO


https://youtu.be/WPKu5jEqaIw 




Il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene è un vino DOCG prodotto unicamente nel Trevigiano, in particolare nella fascia collinare compresa tra Vittorio Veneto e Valdobbiadene. Il Distretto DOCG comprende 15 comuni: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, Follina, Miane, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Vidor e Valdobbiadene.
Originario dell'omonima località in comune di Trieste, è un vitigno a bacca bianca, da cui si ricavano gli omonimi vini bianchi, per lo più spumanti o frizzanti, con il loro caratteristico retrogusto leggermente amarognolo.
Le tipologie di Prosecco sono infatti il tranquillo, il frizzante e lo spumante. Il metodo di spumantizzazione più usato è lo Charmat (Metodo Martinotti) da cui si ottengono le versioni Brut, Extra Dry e Dry in base alla concentrazione di zucchero residuo dopo la fermentazione in autoclave.
Il Prosecco italiano non deve essere confuso con il Prosecco Dalmata, che è un vino dolce (sherry), fatto con uva passita.

RAMANDOLO DI NIMIS
 


https://youtu.be/pUVgYCh0hg0

Il vino prende il nome dal paese di Ramandolo, una piccola frazione del comune di Nimis, in provincia di Udine. I vigneti sono disposti al sole sulle dolci colline fra i comuni di Nimis e Tarcento, una regione che Ippolito Nievo, che soggiornò nel vicino castello di Colloredo, definì "piccolo compendio dell'Universo". Il Verduzzo friulano, con cui si produce il Ramandolo, é un vitigno antichissimo, coltivato molto prima dell'arrivo dei Romani in Friuli. Il suo DNA testimonia l'arrivo delle piante vinifere, attraverso un viaggio di secoli, dal Medio Oriente. Ricordi storici ve ne sono in abbondanza, dai tini e dalle botti utilizzati dall'imperatore Massimino per attraversare il fiume Isonzo dopo che i nemici avevano distrutto il ponte, al nome di una strada, che portava dal mare ai monti chiamata via barilaria.
Prima D.O.C.G. della regione, il Ramandolo risulta affascinante per i rari equilibri fra tannino, acidità e dolce, per il colore giallo oro antico e i profumi di albicocca passita e miele di castagno. Vino ideale per la meditazione, la sua produzione é attualmente limitata a 285.000 bottiglie annue. E' una delizia con il prosciutto San Daniele, con il lardo, il salame di Nimis, i formaggi stagionati, la trota affumicata e, naturalmente, con gli Uessuz o Ramandolini, i rustici biscotti che vengono prodotti a Nimis, seguendo una ricetta medioevale già in uso presso i frati che abitavano un piccolo convento all'ombra della storica pieve di San Gervasio. Ma non mangiateli così, secchi: accompagnateli invece, meglio ancora se inzuppati, proprio con il Ramandolo. E per chiudere proprio in bellezza? Una profumata grappa, di Ramandolo, naturalmente.
REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO



https://youtu.be/5HpHamrPryQ

Vitigno autoctono friulano di grande tradizione, tanto che negli "Annali del Friuli" del 1390 si afferma che "gli ambasciatori romani offrirono venti recipienti di vino Refosco al padre generale dei Dominicani". Il refosco dal peduncolo rosso è così chiamato a causa del "pedicello" che tiene l'acino, che diventa rosso poco prima della vendemmia.
Sembra sia legato storicamente alla zona di Aquileia, cittadina fondata dai Romani nel II secolo a.C., dove i coloni impiantarono vigneti producendo il vino "pucinum" molto apprezzato a Roma. I terreni sono di origine alluvionale, costituiti da sabbie ed argille. La zona e' pianeggiante e molto vicina al mare. Il clima e' mite, ma ci sono benefiche escursioni termiche tra giorno e notte e i venti freddi di "bora" che spirano da nord-est, asciugano le colture mantenendole sane.
Il Refosco d.p.r. della DOC Friuli Aquileia ha un colore rosso rubino intenso, con sfumature porpora da giovane. Il profumo e' fruttato, soprattutto di frutti di bosco. Ma la sua vera tipicita' e' data dalla freschezza, presenta inoltre una gradevole sapidita' data appunto dai terreni sabbiosi in prossimita' del mare. Ha un retrogusto persistente e amarognolo. Ideale per accompagnare primi piatti saporiti, pesci al sugo, carni bianche e rosse, formaggi di media stagionatura ed anche baccala', seppie e pesce in umido.