domenica 12 marzo 2023

CONOSCERE GLI ORTAGGI DA BULBO

La cipolla (Allium cepa L.) è una pianta coltivata bulbosa tradizionalmente attribuita alla famiglia delle Liliaceae, secondo schemi tassonomici più recenti da inserire tra le Amaryllidaceae. È una pianta erbacea biennale il cui ciclo di vita, in coltivazione, viene interrotto a un anno al fine di destinarla al consumo. Ha radici superficiali, con foglie che si ingrossano nella porzione basale dando la parte commestibile. Forma un lungo stelo fiorale che porta un'infiorescenza a ombrella con fiori di colore bianco-giallastro. Il frutto è una capsula.
Il suo utilizzo principale è quello di alimento e condimento, ma è anche adoperata a scopo terapeutico per le proprietà attribuitele dalla scienza e dalle tradizioni della medicina popolare.
Sembra che i bulbi di cipolla e di altre piante della famiglia siano stati usati come cibo già nell'antichità. Negli insediamenti cananei dell'età del bronzo, accanto a semi di fico e noccioli di dattero risalenti al 5000 a.C., sono stati ritrovati resti di cipolle, ma non è chiaro se esse fossero effettivamente coltivate a quell'epoca. Le testimonianze archeologiche e letterarie suggeriscono che la coltivazione potrebbe aver avuto inizio circa duemila anni dopo, in Egitto, insieme all'aglio e al porro. Sembra che le cipolle e i ravanelli facessero parte della dieta degli operai che costruirono le piramidi.
La cipolla si propaga, si trasporta e si immagazzina facilmente. Gli antichi egizi ne fecero oggetto di culto, associando la sua forma sferica e i suoi anelli concentrici alla vita eterna. L'uso delle cipolle nelle sepolture è dimostrato dai resti di bulbi rinvenuti nelle orbite di Ramesse II. Gli egizi credevano che il forte aroma delle cipolle potesse ridonare il respiro ai morti.
Nell'antica Grecia gli atleti mangiavano cipolle in grandi quantità, poiché si credeva che esse alleggerissero il sangue. I gladiatori romani si strofinavano il corpo con cipolle per rassodare i muscoli. Nel medioevo le cipolle avevano grande importanza come cibo, tanto che erano usate per pagare gli affitti e come doni. I medici prescrivevano le cipolle per alleviare il mal di capo, per curare i morsi di serpente e la perdita dei capelli. La cipolla fu introdotta in America da Cristoforo Colombo nel suo viaggio del 1493 a Haiti. Nel XVI secolo le cipolle erano inoltre prescritte come cura per l'infertilità, non solo nelle donne, ma anche negli animali domestici.
Le cipolle sono ricche di vitamine e sali minerali. Il caratteristico odore dei bulbi tagliati è dovuto all'abbondanza di solfossidi, in primis il trans-tiopropanal-S-ossido. Affettare le cipolle fa lacrimare gli occhi perché dei precursori presenti nel citoplasma, gli alchil o alchenil cisteina solfossidi (ACSO), dopo il taglio si combinano con la allinasi, un enzima che viene rilasciato dal vacuolo; la combinazione di questi elementi produce acidi solfenici, piruvato, e ammoniaca. L'acido sulfenico, se attaccato da un secondo enzima detto Lachrymatory Factor Synthase produce sin-propanethial-S-ossido, una molecola volatile e idrosolubile, che è appunto il fattore lacrimogeno poiché, quando entra in contatto con l'umore acquoso presente sul bulbo oculare, si trasforma in acido solforico.

Il contatto con l'acido solforico provoca una immediata reazione di difesa da parte dell'occhio, consistente nella produzione di lacrime; tuttavia la maggiore quantità di secreto acquoso sull'occhio non fa che trasformare una maggior quantità di propilenossido in acido solforico, in una reazione a catena.
È proprio per ridurre la quantità di fattore lacrimogeno liberato che una delle soluzioni adottate per tagliare le cipolle senza lacrimare consiste nel farlo sotto l'acqua corrente: il composto è molto idrosolubile per cui se ne diminuisce la volatilità.
Esistono molte varietà di cipolle, che prendono in genere il nome dalla zona di coltivazione, dalla forma, dal colore, dalle dimensioni del bulbo, dalla precocità o, più in generale, dal colore delle tuniche esterne (cioè la buccia che ricopre il globo interno). Tale buccia può essere bianca, giallo-dorata o rossa.
Varietà comuni in Italia
cipolla rossa di Tropea, Calabria
cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti, Puglia
cipolla rossa di Suasa, Marche
cipolla rossa di Certaldo, Toscana
cipolla ramata di Montoro, Campania
cipolla di Vatolla, Campania
cipolla di Sermide, Lombardia
cipolla borettana, Emilia-Romagna
cipolla di Brunate: piccola, bianca, ottima per la preparazione di sottaceti (zona del Lago di Como).
cipolla di Cannara, Umbria
cipolla dolce
cipolla di Banari, Sardegna
cipolla rossa di Cavasso Nuovo, Friuli-Venezia Giulia

Coltivazione di cipolle
Le cipolle vengono coltivate per i loro fusti verdi, detti scaglioni, e per i loro bulbi. Hanno bisogno di un terreno ricco e umido ma mai troppo inzuppato di acqua. Diversi tipi di cipolla richiedono diverse condizioni climatiche e diverse ore di sole ogni giorno. La coltivazione da seme avviene piantando i semi direttamente nel terreno a 1 cm di profondità, lasciando circa 10 cm di spazio da pianta a pianta. Una volta avvenuta la semina bisogna attendere dai 90 ai 120 giorni prima del raccolto. Nei climi miti la cipolla può essere coltivata anche in inverno, altrimenti la cipolla è una pianta tipicamente primaverile.
La cipolla è considerata una coltura da rinnovo che apre la rotazione. Essendo molto sensibile al fenomeno della stanchezza del terreno è indispensabile attuare una rotazione almeno triennale, facendola seguire a cereali, colture prative, carota, radicchio o insalata. Se si sono verificati problemi di malattie fungine (fusariosi in particolare) o nematodi, sarebbe opportuno non far ritornare la cipolla sullo stesso terreno prima di 7-8 anni. Per evitare cali di produzione e peggioramenti qualitativi è consigliabile evitare di farla seguire a cavolo, patata o barbabietola da zucchero in quanto caratterizzate da problemi fitosanitari simili a quelli della cipolla.
La corretta preparazione del terreno è un'operazione molto importante per la cipolla, in quanto si devono evitare condizioni che favoriscano ristagni idrici con conseguente sviluppo di marciumi dei bulbi. Tale fenomeno è grave in particolare nei terreni argillosi, nei quali un cattivo sgrondo delle acque favorisce gli attacchi da parte di Fusarium spp. In genere viene eseguita un'aratura a 30–40 cm di profondità, con eventuale interramento di residui colturali. L'aratura può essere anche più superficiale se abbinata a una ripuntatura a 50–60 cm; a questo scopo l'aratro ripuntatore garantisce una buona preparazione del terreno con un risparmio di tempo e di combustibile. L'interramento di letame deve evvenire solo se questo è ben maturo, per evitare di favorire lo sviluppo di malattie fungine. Successivamente viene effettuato l'amminutamento del terreno con fresatura o erpicatura a inizio agosto per le colture a ciclo estivo-autunnale o a fine inverno per le colture a ciclo primaverile-estivo. Le lavorazioni di affinamento sono particolarmente importanti se la coltura è seminata, mentre se si impiegano bulbi o se si effettua il trapianto è tollerabile una certa zollosità. Prima della semina può essere utile una rullatura per livellare il terreno, ripetuta dopo la semina stessa. Per piccole superfici è sufficiente una vangatura manuale o una zappettatura con interramento di letame ben maturo o compost in ragione di 20–30 kg per 10 m². Anche in questo caso è opportuno non eccedere con l'apporto di sostanza organica, ricordando che la cipolla si avvantaggia degli apporti organici effettuati alla coltura precedente.
L'epoca di impianto dipende dalla destinazione d'uso del prodotto. Per le cipolle da consumo fresco la semina va da metà agosto a metà settembre oppure a febbraio; il trapianto viene invece eseguito da settembre a dicembre. Le cipolle da serbo sono seminate da gennaio ad aprile con raccolta estivo-autunnale, mentre le cipolline sono seminate direttamente in campo da febbraio ad aprile. Per gli orti famigliari, nei quali la produzione più frequente sono i bulbi da ingrossare, l'impianto avviene da fine inverno a inizio primavera.
Le modalità di impianto della cipolla possono essere distinte in:
semina diretta
trapianto di piantine
messa a dimora di bulbi.
Generalmente su grandi superfici viene preferita la semina diretta, mentre per piccole estensioni e orti famigliari si preferisce il trapianto o l'impianto di bulbi. La semina è d'obbligo per le cipolline da industria data l'elevata densità d'impianto.
La semina della cipolla viene effettuata con seminatrici pneumatiche di precisione, impiegando seme nudo oppure avvolto con un rivestimento (seme confettato) che garantisce una miglior uniformità e precisione di semina. Un ulteriore alternativa è l'utilizzo di seme posto su nastri di materiale biodegradabile, che si decompone a contatto con il terreno. Questo sistema permette un risparmio di semente e una riduzione delle successive operazioni di diradamento.
Per valutare la distanza di semina opportuna è necessario considerare la destinazione finale del prodotto. Per le cipolle a bulbo grande le file devono essere distanti 15–20 cm, mentre per le cipolle a bulbo piccolo sono sufficienti 10 cm; tale distanza può scendere a 5–10 cm per le cipolline da sottaceti, per le quali la semina può essere effettuata anche a spaglio. La distanza tra i semi sulla fila varia da 2–3 cm per la cipolline a 15 cm per le cipolle con bulbo più grande. La quantità di seme impiegato varierà quindi da 5–6 kg per le cultivar a bulbo più grosso fino a 60–100 kg per le cipolline. Il seme va posto a una profondità di 2–3 cm, eseguendo una rullatura per permettere al terreno di aderire adeguatamente al seme.
Il trapianto viene effettuato a mano per piccole superfici o a macchina. Vengono impiegate piantine allevate in contenitore, ricordando che occorrono 40-80 giorni (a seconda delle condizioni ambientali) per ottenere piantine di 3-5 foglie pronte per il trapianto. Tali piantine vengono interrate per 4–5 cm, con eventuale spuntatura delle radici; la spuntatura delle foglie provoca invece effetti negativi sulla produzione. Prima del trapianto le piantine possono essere immerse per 12 ore in una soluzione contenente 20 ppm di acido indolacetico o naftalenacetico, al fine di provocare il precoce ingrossamento del bulbo.
Se si opta per la messa a dimora dei bulbi o dei bulbilli formatisi sull'infiorescenza, si ottiene un accorciamento del ciclo colturale di circa 20 giorni e una forma più perfetta dei bulbi. È importante rispettare l'esatta posizione nel disporre i bulbi sul terreno in particolare per quelle di pezzatura grossa; rispetto alla posizione idonea (con il girello che poggia sul terreno) si riscontrano perdite di produzione dal 25% (se disposti orizzontalmente) fino all'80% (se disposti capovolti).
I bulbi possono essere impiegati per l'impianto di cipolle da consumarsi fresche. Vengono interrati a inizio autunno in file distanti 35–40 cm e a circa 15 cm sulle file. Dopo 60-120 giorni si effettua la raccolta; le cipolle fresche ottenute con questa tecnica sono distinguibili da quelle provenienti da seme in quanto non hanno sezione circolare, bensì una forma schiacciata nella parte in cui sono a contatto con altri cipollotti.
Una corretta dotazione di elementi nutritivi nel terreno favorisce non solo la produttività ma anche la qualità e la conservabilità del prodotto. In genere la concimazione organica è sconsigliata perché può pregiudicare la conservabilità dei bulbi e favorire attacchi da parte di nematodi e patogeni fungini. Per le coltivazioni familiari e a livello hobbistico è opportuno che il letame o il compost apportati siano ben maturi. A livello professionale la concimazione organica fa fatta sulla coltura che precede la cipolla nella rotazione, apportando 40-50 t/hm² di letame.
I maggiori fabbisogni di azoto si hanno nel periodo che va dalla germinazione del seme alla bulbificazione. I fabbisogni per una produzione media di 30 t/hm² si aggirano sui 100–150 kg/hm² di azoto, che viene distribuito in parte prima del trapianto e in parte in copertura. Anche se la somministrazione di azoto provoca notevoli incrementi di produzione, apporti tardivi compromettono la conservabilità dei bulbi. Una carenza di azoto causa riduzione della taglia delle piante, foglie di consistenza rigida e di colore verde chiaro con apici gialli. L'azoto va distribuito in parte in presemina e parte in copertura con 2-3 interventi da 30–50 kg/hm², il primo dei quali quando la pianta ha raggiunto un'altezza di 4–5 cm.
Le richieste di fosforo e di potassio sono maggiori nei 20 giorni che precedono la raccolta. La concimazione fosfopotassica viene effettuata prima del trapianto dei bulbi con 150–200 kg/hm² di fosforo e 100-150 di potassio. Tali concimi vanno distribuiti in parte alla preparazione del terreno e in parte in presemina insieme all'azoto. Sono da prediligere concimi contenenti calcio come il nitrato di calcio e contenenti zolfo come il solfato di potassio e il perfosfato minerale semplice. La presenza di un'elevata quantità di zolfo nel terreno contribuisce ad aumentare le sostanze che conferiscono il classico sapore di cipolla e che sono responsabili del potere lacrimatorio.
Il ridotto sviluppo dell'apparato radicale rende la cipolla molto sensibile agli stress idrici. Data l'elevata suscettibilità ai marciumi radicali, però, gli apporti idrici devono essere frequenti e di limitata entità. Durante le prime settimane di sviluppo sono consigliate irrigazioni di 100–200 m³/hm², per poi passare a 300–400 m³/hm² durante la fase di ingrossamento del bulbo. In totale, per l'intero ciclo vegetativo sono necessari 800–2500 m³/hm² di acqua, a seconda dell'ambiente e del clima. In genere gli apporti idrici vengono effettuati per aspersione, sospendendoli 25-30 giorni prima della raccolta oppure quando il 20-25% dell'apparato fogliare si è adagiato spontaneamente sul terreno. Ulteriori apporti infatti, potrebbero danneggiare la conservabilità dei bulbi.
Impiego in cucina
La cipolla è uno degli aromi più usati nella cucina di tutti i paesi. Il suo gusto particolare dà alle preparazioni quel sapore che esalta gli altri ingredienti usati nei vari piatti della cucina nazionale e internazionale.
Sarebbe molto lungo elencare tutte le preparazioni che ne fanno uso, ma si possono ricordare, a titolo di esempio, la peperonata, la frittata di cipolle e fra i piatti internazionali la soupe à l'oignon (la francese zuppa di cipolle). Molto diffusa, soprattutto negli Stati Uniti d'America, è la cipolla fritta (onion rings, nella cucina americana), in cui la cipolla viene sottoposta a frittura dopo essere stata immersa in pastella. Solitamente le cipolle sono tagliate a rondelle formando dei cerchi che gli conferiscono il nome comune, in inglese, di onion rings (anelli di cipolla). Essi sono spesso e volentieri serviti nei fast food in vaschette di carta, come delle comuni patatine fritte. Una preparazione tipica della cucina palermitana, in cui la cipolla interviene come condimento, è la pizza detta sfincione.
Cruda, la cipolla viene usata nelle insalate, specie con il pomodoro o i fagioli, ed è molto usata soprattutto in estate.
È uno dei 3 odori principali, insieme a sedano e carota, usati per il brodo di verdure.
In Catalogna è uso gustare i germogli di cipolla nella calzotata.
La cipolla contiene calcio, ferro e fosforo di grande aiuto contro la stanchezza fisica e mentale, l’astenia e l’esaurimento. Vi sono poi zinco, sodio e potassio che mantengono i tessuti elastici ed il colorito sano. Non bisogna dimenticare le sostanze funghicide e disinfettanti che oltre a stimolare un aumento delle difese immunitarie e a proteggere l’organismo dai funghi cutanei, rendono più forte ed elastico il capello e proteggono il cuoio capelluto da eventuali esquamazioni. Contiene inoltre le prostaglandine, sostanze naturali che svolgono un’utile funzione di controllo per quanto riguarda la pressione arteriosa e il colesterolo. Nella cipolla, infine, troviamo proteine, anche se in quantità ridotte, e tutte le vitamine del complesso B, C ed E, e la vitamina A. Molto importante è anche la glucochinina che le conferisce un’azione antidiabetica.
Come scegliere
Le cipolle devono avere forma compatta, sode e non presentare ammaccature, muffe e germogli.
Le cipolle possono essere vendute sia sfuse, sia imballate. In questo caso devono riportare un'etichetta con le informazioni di legge (vedi riquadro Cosa dice l'etichetta) ed essere confezionate in modo che sia garantita un'adeguata protezione del prodotto. Inoltre, il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo e comprendere soltanto cipolle della stessa origine, varietà e calibro.
Come conservare
Per conservare la cipolla una volta aperta è necessario coprirla con pellicola trasparente e riporla nel cassetto del frigorifero, quello per la frutta e verdura. In questo modo si conserva per 2-3 giorni, anche se perde un po' del suo aroma. Se questa è stata in parte grattugiata, tagliare la zona irregolare per non rischiare di farla marcire.

cipolla

cipolla

La cipolla (Allium cepa L.) è una pianta coltivata bulbosa tradizionalmente attribuita alla famiglia delle Liliaceae, secondo schemi tassonomici più recenti da inserire tra le Amaryllidaceae. È una pianta erbacea biennale il cui ciclo di vita, in coltivazione, viene interrotto a un anno al fine di destinarla al consumo. Ha radici superficiali, con foglie che si ingrossano nella porzione basale dando la parte commestibile. Forma un lungo stelo fiorale che porta un'infiorescenza a ombrella con fiori di colore bianco-giallastro. Il frutto è una capsula.
Il suo utilizzo principale è quello di alimento e condimento, ma è anche adoperata a scopo terapeutico per le proprietà attribuitele dalla scienza e dalle tradizioni della medicina popolare.
Sembra che i bulbi di cipolla e di altre piante della famiglia siano stati usati come cibo già nell'antichità. Negli insediamenti cananei dell'età del bronzo, accanto a semi di fico e noccioli di dattero risalenti al 5000 a.C., sono stati ritrovati resti di cipolle, ma non è chiaro se esse fossero effettivamente coltivate a quell'epoca. Le testimonianze archeologiche e letterarie suggeriscono che la coltivazione potrebbe aver avuto inizio circa duemila anni dopo, in Egitto, insieme all'aglio e al porro. Sembra che le cipolle e i ravanelli facessero parte della dieta degli operai che costruirono le piramidi.
La cipolla si propaga, si trasporta e si immagazzina facilmente. Gli antichi egizi ne fecero oggetto di culto, associando la sua forma sferica e i suoi anelli concentrici alla vita eterna. L'uso delle cipolle nelle sepolture è dimostrato dai resti di bulbi rinvenuti nelle orbite di Ramesse II. Gli egizi credevano che il forte aroma delle cipolle potesse ridonare il respiro ai morti.
Nell'antica Grecia gli atleti mangiavano cipolle in grandi quantità, poiché si credeva che esse alleggerissero il sangue. I gladiatori romani si strofinavano il corpo con cipolle per rassodare i muscoli. Nel medioevo le cipolle avevano grande importanza come cibo, tanto che erano usate per pagare gli affitti e come doni. I medici prescrivevano le cipolle per alleviare il mal di capo, per curare i morsi di serpente e la perdita dei capelli. La cipolla fu introdotta in America da Cristoforo Colombo nel suo viaggio del 1493 a Haiti. Nel XVI secolo le cipolle erano inoltre prescritte come cura per l'infertilità, non solo nelle donne, ma anche negli animali domestici.
Le cipolle sono ricche di vitamine e sali minerali. Il caratteristico odore dei bulbi tagliati è dovuto all'abbondanza di solfossidi, in primis il trans-tiopropanal-S-ossido. Affettare le cipolle fa lacrimare gli occhi perché dei precursori presenti nel citoplasma, gli alchil o alchenil cisteina solfossidi (ACSO), dopo il taglio si combinano con la allinasi, un enzima che viene rilasciato dal vacuolo; la combinazione di questi elementi produce acidi solfenici, piruvato, e ammoniaca. L'acido sulfenico, se attaccato da un secondo enzima detto Lachrymatory Factor Synthase produce sin-propanethial-S-ossido, una molecola volatile e idrosolubile, che è appunto il fattore lacrimogeno poiché, quando entra in contatto con l'umore acquoso presente sul bulbo oculare, si trasforma in acido solforico.
Il contatto con l'acido solforico provoca una immediata reazione di difesa da parte dell'occhio, consistente nella produzione di lacrime; tuttavia la maggiore quantità di secreto acquoso sull'occhio non fa che trasformare una maggior quantità di propilenossido in acido solforico, in una reazione a catena.
È proprio per ridurre la quantità di fattore lacrimogeno liberato che una delle soluzioni adottate per tagliare le cipolle senza lacrimare consiste nel farlo sotto l'acqua corrente: il composto è molto idrosolubile per cui se ne diminuisce la volatilità.
Esistono molte varietà di cipolle, che prendono in genere il nome dalla zona di coltivazione, dalla forma, dal colore, dalle dimensioni del bulbo, dalla precocità o, più in generale, dal colore delle tuniche esterne (cioè la buccia che ricopre il globo interno). Tale buccia può essere bianca, giallo-dorata o rossa.
Varietà comuni in Italia
cipolla rossa di Tropea, Calabria
cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti, Puglia
cipolla rossa di Suasa, Marche
cipolla rossa di Certaldo, Toscana
cipolla ramata di Montoro, Campania
cipolla di Vatolla, Campania
cipolla di Sermide, Lombardia
cipolla borettana, Emilia-Romagna
cipolla di Brunate: piccola, bianca, ottima per la preparazione di sottaceti (zona del Lago di Como).
cipolla di Cannara, Umbria
cipolla dolce
cipolla di Banari, Sardegna
cipolla rossa di Cavasso Nuovo, Friuli-Venezia Giulia
Coltivazione di cipolle
Le cipolle vengono coltivate per i loro fusti verdi, detti scaglioni, e per i loro bulbi. Hanno bisogno di un terreno ricco e umido ma mai troppo inzuppato di acqua. Diversi tipi di cipolla richiedono diverse condizioni climatiche e diverse ore di sole ogni giorno. La coltivazione da seme avviene piantando i semi direttamente nel terreno a 1 cm di profondità, lasciando circa 10 cm di spazio da pianta a pianta. Una volta avvenuta la semina bisogna attendere dai 90 ai 120 giorni prima del raccolto. Nei climi miti la cipolla può essere coltivata anche in inverno, altrimenti la cipolla è una pianta tipicamente primaverile.
La cipolla è considerata una coltura da rinnovo che apre la rotazione. Essendo molto sensibile al fenomeno della stanchezza del terreno è indispensabile attuare una rotazione almeno triennale, facendola seguire a cereali, colture prative, carota, radicchio o insalata. Se si sono verificati problemi di malattie fungine (fusariosi in particolare) o nematodi, sarebbe opportuno non far ritornare la cipolla sullo stesso terreno prima di 7-8 anni. Per evitare cali di produzione e peggioramenti qualitativi è consigliabile evitare di farla seguire a cavolo, patata o barbabietola da zucchero in quanto caratterizzate da problemi fitosanitari simili a quelli della cipolla.
La corretta preparazione del terreno è un'operazione molto importante per la cipolla, in quanto si devono evitare condizioni che favoriscano ristagni idrici con conseguente sviluppo di marciumi dei bulbi. Tale fenomeno è grave in particolare nei terreni argillosi, nei quali un cattivo sgrondo delle acque favorisce gli attacchi da parte di Fusarium spp. In genere viene eseguita un'aratura a 30–40 cm di profondità, con eventuale interramento di residui colturali. L'aratura può essere anche più superficiale se abbinata a una ripuntatura a 50–60 cm; a questo scopo l'aratro ripuntatore garantisce una buona preparazione del terreno con un risparmio di tempo e di combustibile. L'interramento di letame deve evvenire solo se questo è ben maturo, per evitare di favorire lo sviluppo di malattie fungine. Successivamente viene effettuato l'amminutamento del terreno con fresatura o erpicatura a inizio agosto per le colture a ciclo estivo-autunnale o a fine inverno per le colture a ciclo primaverile-estivo. Le lavorazioni di affinamento sono particolarmente importanti se la coltura è seminata, mentre se si impiegano bulbi o se si effettua il trapianto è tollerabile una certa zollosità. Prima della semina può essere utile una rullatura per livellare il terreno, ripetuta dopo la semina stessa. Per piccole superfici è sufficiente una vangatura manuale o una zappettatura con interramento di letame ben maturo o compost in ragione di 20–30 kg per 10 m². Anche in questo caso è opportuno non eccedere con l'apporto di sostanza organica, ricordando che la cipolla si avvantaggia degli apporti organici effettuati alla coltura precedente.
L'epoca di impianto dipende dalla destinazione d'uso del prodotto. Per le cipolle da consumo fresco la semina va da metà agosto a metà settembre oppure a febbraio; il trapianto viene invece eseguito da settembre a dicembre. Le cipolle da serbo sono seminate da gennaio ad aprile con raccolta estivo-autunnale, mentre le cipolline sono seminate direttamente in campo da febbraio ad aprile. Per gli orti famigliari, nei quali la produzione più frequente sono i bulbi da ingrossare, l'impianto avviene da fine inverno a inizio primavera.
Le modalità di impianto della cipolla possono essere distinte in:
semina diretta
trapianto di piantine
messa a dimora di bulbi.
Generalmente su grandi superfici viene preferita la semina diretta, mentre per piccole estensioni e orti famigliari si preferisce il trapianto o l'impianto di bulbi. La semina è d'obbligo per le cipolline da industria data l'elevata densità d'impianto.
La semina della cipolla viene effettuata con seminatrici pneumatiche di precisione, impiegando seme nudo oppure avvolto con un rivestimento (seme confettato) che garantisce una miglior uniformità e precisione di semina. Un ulteriore alternativa è l'utilizzo di seme posto su nastri di materiale biodegradabile, che si decompone a contatto con il terreno. Questo sistema permette un risparmio di semente e una riduzione delle successive operazioni di diradamento.
Per valutare la distanza di semina opportuna è necessario considerare la destinazione finale del prodotto. Per le cipolle a bulbo grande le file devono essere distanti 15–20 cm, mentre per le cipolle a bulbo piccolo sono sufficienti 10 cm; tale distanza può scendere a 5–10 cm per le cipolline da sottaceti, per le quali la semina può essere effettuata anche a spaglio. La distanza tra i semi sulla fila varia da 2–3 cm per la cipolline a 15 cm per le cipolle con bulbo più grande. La quantità di seme impiegato varierà quindi da 5–6 kg per le cultivar a bulbo più grosso fino a 60–100 kg per le cipolline. Il seme va posto a una profondità di 2–3 cm, eseguendo una rullatura per permettere al terreno di aderire adeguatamente al seme.
Il trapianto viene effettuato a mano per piccole superfici o a macchina. Vengono impiegate piantine allevate in contenitore, ricordando che occorrono 40-80 giorni (a seconda delle condizioni ambientali) per ottenere piantine di 3-5 foglie pronte per il trapianto. Tali piantine vengono interrate per 4–5 cm, con eventuale spuntatura delle radici; la spuntatura delle foglie provoca invece effetti negativi sulla produzione. Prima del trapianto le piantine possono essere immerse per 12 ore in una soluzione contenente 20 ppm di acido indolacetico o naftalenacetico, al fine di provocare il precoce ingrossamento del bulbo.
Se si opta per la messa a dimora dei bulbi o dei bulbilli formatisi sull'infiorescenza, si ottiene un accorciamento del ciclo colturale di circa 20 giorni e una forma più perfetta dei bulbi. È importante rispettare l'esatta posizione nel disporre i bulbi sul terreno in particolare per quelle di pezzatura grossa; rispetto alla posizione idonea (con il girello che poggia sul terreno) si riscontrano perdite di produzione dal 25% (se disposti orizzontalmente) fino all'80% (se disposti capovolti).
I bulbi possono essere impiegati per l'impianto di cipolle da consumarsi fresche. Vengono interrati a inizio autunno in file distanti 35–40 cm e a circa 15 cm sulle file. Dopo 60-120 giorni si effettua la raccolta; le cipolle fresche ottenute con questa tecnica sono distinguibili da quelle provenienti da seme in quanto non hanno sezione circolare, bensì una forma schiacciata nella parte in cui sono a contatto con altri cipollotti.
Una corretta dotazione di elementi nutritivi nel terreno favorisce non solo la produttività ma anche la qualità e la conservabilità del prodotto. In genere la concimazione organica è sconsigliata perché può pregiudicare la conservabilità dei bulbi e favorire attacchi da parte di nematodi e patogeni fungini. Per le coltivazioni familiari e a livello hobbistico è opportuno che il letame o il compost apportati siano ben maturi. A livello professionale la concimazione organica fa fatta sulla coltura che precede la cipolla nella rotazione, apportando 40-50 t/hm² di letame.
I maggiori fabbisogni di azoto si hanno nel periodo che va dalla germinazione del seme alla bulbificazione. I fabbisogni per una produzione media di 30 t/hm² si aggirano sui 100–150 kg/hm² di azoto, che viene distribuito in parte prima del trapianto e in parte in copertura. Anche se la somministrazione di azoto provoca notevoli incrementi di produzione, apporti tardivi compromettono la conservabilità dei bulbi. Una carenza di azoto causa riduzione della taglia delle piante, foglie di consistenza rigida e di colore verde chiaro con apici gialli. L'azoto va distribuito in parte in presemina e parte in copertura con 2-3 interventi da 30–50 kg/hm², il primo dei quali quando la pianta ha raggiunto un'altezza di 4–5 cm.
Le richieste di fosforo e di potassio sono maggiori nei 20 giorni che precedono la raccolta. La concimazione fosfopotassica viene effettuata prima del trapianto dei bulbi con 150–200 kg/hm² di fosforo e 100-150 di potassio. Tali concimi vanno distribuiti in parte alla preparazione del terreno e in parte in presemina insieme all'azoto. Sono da prediligere concimi contenenti calcio come il nitrato di calcio e contenenti zolfo come il solfato di potassio e il perfosfato minerale semplice. La presenza di un'elevata quantità di zolfo nel terreno contribuisce ad aumentare le sostanze che conferiscono il classico sapore di cipolla e che sono responsabili del potere lacrimatorio.
Il ridotto sviluppo dell'apparato radicale rende la cipolla molto sensibile agli stress idrici. Data l'elevata suscettibilità ai marciumi radicali, però, gli apporti idrici devono essere frequenti e di limitata entità. Durante le prime settimane di sviluppo sono consigliate irrigazioni di 100–200 m³/hm², per poi passare a 300–400 m³/hm² durante la fase di ingrossamento del bulbo. In totale, per l'intero ciclo vegetativo sono necessari 800–2500 m³/hm² di acqua, a seconda dell'ambiente e del clima. In genere gli apporti idrici vengono effettuati per aspersione, sospendendoli 25-30 giorni prima della raccolta oppure quando il 20-25% dell'apparato fogliare si è adagiato spontaneamente sul terreno. Ulteriori apporti infatti, potrebbero danneggiare la conservabilità dei bulbi.
Impiego in cucina
La cipolla è uno degli aromi più usati nella cucina di tutti i paesi. Il suo gusto particolare dà alle preparazioni quel sapore che esalta gli altri ingredienti usati nei vari piatti della cucina nazionale e internazionale.
Sarebbe molto lungo elencare tutte le preparazioni che ne fanno uso, ma si possono ricordare, a titolo di esempio, la peperonata, la frittata di cipolle e fra i piatti internazionali la soupe à l'oignon (la francese zuppa di cipolle). Molto diffusa, soprattutto negli Stati Uniti d'America, è la cipolla fritta (onion rings, nella cucina americana), in cui la cipolla viene sottoposta a frittura dopo essere stata immersa in pastella. Solitamente le cipolle sono tagliate a rondelle formando dei cerchi che gli conferiscono il nome comune, in inglese, di onion rings (anelli di cipolla). Essi sono spesso e volentieri serviti nei fast food in vaschette di carta, come delle comuni patatine fritte. Una preparazione tipica della cucina palermitana, in cui la cipolla interviene come condimento, è la pizza detta sfincione.
Cruda, la cipolla viene usata nelle insalate, specie con il pomodoro o i fagioli, ed è molto usata soprattutto in estate.
È uno dei 3 odori principali, insieme a sedano e carota, usati per il brodo di verdure.
In Catalogna è uso gustare i germogli di cipolla nella calzotata.
La cipolla contiene calcio, ferro e fosforo di grande aiuto contro la stanchezza fisica e mentale, l’astenia e l’esaurimento. Vi sono poi zinco, sodio e potassio che mantengono i tessuti elastici ed il colorito sano. Non bisogna dimenticare le sostanze funghicide e disinfettanti che oltre a stimolare un aumento delle difese immunitarie e a proteggere l’organismo dai funghi cutanei, rendono più forte ed elastico il capello e proteggono il cuoio capelluto da eventuali esquamazioni. Contiene inoltre le prostaglandine, sostanze naturali che svolgono un’utile funzione di controllo per quanto riguarda la pressione arteriosa e il colesterolo. Nella cipolla, infine, troviamo proteine, anche se in quantità ridotte, e tutte le vitamine del complesso B, C ed E, e la vitamina A. Molto importante è anche la glucochinina che le conferisce un’azione antidiabetica.
Come scegliere
Le cipolle devono avere forma compatta, sode e non presentare ammaccature, muffe e germogli.
Le cipolle possono essere vendute sia sfuse, sia imballate. In questo caso devono riportare un'etichetta con le informazioni di legge (vedi riquadro Cosa dice l'etichetta) ed essere confezionate in modo che sia garantita un'adeguata protezione del prodotto. Inoltre, il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo e comprendere soltanto cipolle della stessa origine, varietà e calibro.
Come conservare
Per conservare la cipolla una volta aperta è necessario coprirla con pellicola trasparente e riporla nel cassetto del frigorifero, quello per la frutta e verdura. In questo modo si conserva per 2-3 giorni, anche se perde un po' del suo aroma. Se questa è stata in parte grattugiata, tagliare la zona irregolare per non rischiare di farla marcire.

L'aglio (Allium sativum L.) è una pianta coltivata bulbosa, assegnata tradizionalmente alla famiglia delle Liliaceae, ma che la recente classificazione APG III attribuisce alle Amaryllidaceae (sottofamiglia Allioideae).
Il suo utilizzo primo è quello di condimento, ma è ugualmente usato a scopo terapeutico per le proprietà congiuntamente attribuitegli dalla scienza e dalle tradizioni popolari.
A causa della sua coltivazione molto diffusa l'aglio viene considerato quasi ubiquitario, ma le sue origini sono asiatiche (sono state rintracciate sia nella Siberia sud-occidentale), velocemente diffusosi nel bacino mediterraneo e già conosciuto nell'antico Egitto.
L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile.
Alcune delle cultivar di aglio più rinomate:

Aglio di Caraglio - (aj 'd Caraj), L'aglio di Caraglio, un paese della provincia di Cuneo, è un aglio dal caratteristico aroma delicato. La caratteristica è data dal clima e dai terreni calcarei, dolomitici e cristallini delle montagne della Valle Grana. È stato creato, nel 2009, un Consorzio di tutela e valorizzazione.
Piacentino bianco
Aglio rosso di Sulmona - una delle poche varietà italiane se non l'unica che va in fiore.
Aglio di Vessalico (bianco), è presidio Slowfood.
Aglio rosso di Nubia - L'aglio rosso di Nubia, una frazione di Paceco (Trapani), è presidio Slowfood. Il bulbo è costituito tipicamente da dodici bulbilli o spicchi, con le tuniche esterne bianche e le tuniche interne di colore rosso vivo. Molto intenso e profumato.
Aglio di Voghiera (Fe), di sapore delicato.
Aglio di Resia - L'aglio della Valle di Resia presenta un bulbo di piccole dimensioni, rossastro. I bulbilli sono dotati di odore e sapore più accentuato degli agli normalmente in commercio.
Aglio Rosso di Proceno (VT) - Aglio coltivato nel Comune di Proceno (VT) sin dai tempi antichi. È un aglio dal profumo intenso e da un sapore forte e gradevole. Ha lo scapo fiorale (Tarlo).
Coltivazione

Per coltivare l'aglio, bisogna prima dividerlo in spicchi uguali e poi piantarli uno a uno con la punta dello spicchio rivolta verso l'alto. Si pianta nello strato attivo.
I fiori sono sterili, e così anche i semi. L'unica via di propagazione si ha attraverso divisione e piantumaggio dei singoli bulbetti, previa una attenta selezione dei singoli spicchi. Questo aumenta la probabilità che le future piante siano maggiormente resistenti alle malattie, più forti, etc.
La pianta non ama il freddo autunno-invernale. Allora comincia ad afflosciarsi, fino a seccarsi del tutto. È a questo punto che il tubero sotterraneo andrebbe raccolto. I bulbi che invece si lasciano in loco, rivegeteranno l'anno seguente, coi primi caldi. Formeranno anche bulbilli (piccoli bulbi cresciuti lateralmente al bulbo-madre). La raccolta dei bulbi dunque non è solo una necessità alimentare, ma anche una intelligente pratica colturale che impedisce un eccessivo affollamento dell'area.
In cucina
L'aglio in cucina è molto utilizzato come condimento, ad esempio come ingrediente per salse come bagna caoda, pesto, aioli, tzatziki. La parte commestibile sono i bulbilli (spicchi). Si consuma crudo o cotto, fresco o secco, intero, a fettine, tritato, in polvere. Talvolta gli spicchi vengono utilizzati per insaporire la pietanza ma non vengono direttamente consumati.
Valori nutrizionali
Dal punto di vista nutrizionale la pianta non presenta elementi quali grassi, carboidrati e proteine; infatti, a parte un buon apporto di vitamine (A, C, PP, B1 e B2), le virtù dell’aglio consistono soprattutto in una serie di benefici apportati all’organismo. L'aglio ha infatti spiccate proprietà ipotensive, è un ottimo battericida ed antimicotico, ha azione espettorante ed è ricco di potassio.
L’aglio ha diverse proprietà benefiche, alcune delle quali particolarmente vantaggiose per chi pratica sport. Infatti esercita un’azione: cardioprotettiva (migliora la forza contrattile del cuore e regola il polso), digestiva (aumenta l’acidità di stomaco agendo anche come calmante a livello gastrointestinale), antisettica.
Cenni storici

Si ritiene che l'aglio sia originario dell'Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono le sue patrie. Li gli agricoltori locale riuscirono in quell'impresa che trasforma una pianta da selvatica a coltivabile e da li inizia il viaggio che ha portato oggi l'aglio ad essere uno dei pochi ortaggi globali, utilizzato indistintamente un po' ovunque. Oggi allo stato selvatico lo si può ancora trovare solo in Siberia e nella parte sud dei monti Urali. Anticamente lo si riteneva originario dell'Egitto perché lo si trovava raffigurato nelle piramidi. Ora si ritiene che la sua diffusione nel Mediterraneo inizi da li.
Fin dall’antichità l’aglio è stato apprezzato sia come alimento, per il sapore caratteristico che dà ai cibi, che come pianta medicinale. Ippocrate, il più grande medico dell’antichità che basò le sue teorie sulla osservazione dei fatti, in più occasioni raccomanda di usare l’aglio per le sue qualità medicinali avallando così la tradizione e l’esperienza popolare. Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis, ne indica con dovizia di particolari vari usi terapeutici e non è un mistero che i legionari romani usavano l’aglio abitualmente come vermifugo e per combattere varie malattie infettive. Nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni, metodo tutt'oggi utilizzato nella medicina popolare.
Coltivazione
Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, è attualmente coltivato in tutti i continenti ed è molto noto per l’uso culinario. In Italia viene coltivata maggiormente in Campania, Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia. E’ una perenne rustica, coltivata come annuale.
Come scegliere
Il bulbo dell'aglio deve avere forma compatta, essere sodo e non presentare ammaccature, muffe e fenomeni di germogliazione.
Come conservare
L'aglio si conserva a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto. Importante è controllare che non presenti muffe e fenomeni di germogliazione
aglio
L'aglio (Allium sativum L.) è una pianta coltivata bulbosa, assegnata tradizionalmente alla famiglia delle Liliaceae, ma che la recente classificazione APG III attribuisce alle Amaryllidaceae (sottofamiglia Allioideae).
Il suo utilizzo primo è quello di condimento, ma è ugualmente usato a scopo terapeutico per le proprietà congiuntamente attribuitegli dalla scienza e dalle tradizioni popolari.
A causa della sua coltivazione molto diffusa l'aglio viene considerato quasi ubiquitario, ma le sue origini sono asiatiche (sono state rintracciate sia nella Siberia sud-occidentale), velocemente diffusosi nel bacino mediterraneo e già conosciuto nell'antico Egitto.
L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile.
Alcune delle cultivar di aglio più rinomate:
Aglio di Caraglio - (aj 'd Caraj), L'aglio di Caraglio, un paese della provincia di Cuneo, è un aglio dal caratteristico aroma delicato. La caratteristica è data dal clima e dai terreni calcarei, dolomitici e cristallini delle montagne della Valle Grana. È stato creato, nel 2009, un Consorzio di tutela e valorizzazione.
Piacentino bianco
Aglio rosso di Sulmona - una delle poche varietà italiane se non l'unica che va in fiore.
Aglio di Vessalico (bianco), è presidio Slowfood.
Aglio rosso di Nubia - L'aglio rosso di Nubia, una frazione di Paceco (Trapani), è presidio Slowfood. Il bulbo è costituito tipicamente da dodici bulbilli o spicchi, con le tuniche esterne bianche e le tuniche interne di colore rosso vivo. Molto intenso e profumato.
Aglio di Voghiera (Fe), di sapore delicato.
Aglio di Resia - L'aglio della Valle di Resia presenta un bulbo di piccole dimensioni, rossastro. I bulbilli sono dotati di odore e sapore più accentuato degli agli normalmente in commercio.
Aglio Rosso di Proceno (VT) - Aglio coltivato nel Comune di Proceno (VT) sin dai tempi antichi. È un aglio dal profumo intenso e da un sapore forte e gradevole. Ha lo scapo fiorale (Tarlo).
Coltivazione
Per coltivare l'aglio, bisogna prima dividerlo in spicchi uguali e poi piantarli uno a uno con la punta dello spicchio rivolta verso l'alto. Si pianta nello strato attivo.
I fiori sono sterili, e così anche i semi. L'unica via di propagazione si ha attraverso divisione e piantumaggio dei singoli bulbetti, previa una attenta selezione dei singoli spicchi. Questo aumenta la probabilità che le future piante siano maggiormente resistenti alle malattie, più forti, etc.
La pianta non ama il freddo autunno-invernale. Allora comincia ad afflosciarsi, fino a seccarsi del tutto. È a questo punto che il tubero sotterraneo andrebbe raccolto. I bulbi che invece si lasciano in loco, rivegeteranno l'anno seguente, coi primi caldi. Formeranno anche bulbilli (piccoli bulbi cresciuti lateralmente al bulbo-madre). La raccolta dei bulbi dunque non è solo una necessità alimentare, ma anche una intelligente pratica colturale che impedisce un eccessivo affollamento dell'area.
In cucina
L'aglio in cucina è molto utilizzato come condimento, ad esempio come ingrediente per salse come bagna caoda, pesto, aioli, tzatziki. La parte commestibile sono i bulbilli (spicchi). Si consuma crudo o cotto, fresco o secco, intero, a fettine, tritato, in polvere. Talvolta gli spicchi vengono utilizzati per insaporire la pietanza ma non vengono direttamente consumati.
Valori nutrizionali
Dal punto di vista nutrizionale la pianta non presenta elementi quali grassi, carboidrati e proteine; infatti, a parte un buon apporto di vitamine (A, C, PP, B1 e B2), le virtù dell’aglio consistono soprattutto in una serie di benefici apportati all’organismo. L'aglio ha infatti spiccate proprietà ipotensive, è un ottimo battericida ed antimicotico, ha azione espettorante ed è ricco di potassio.
L’aglio ha diverse proprietà benefiche, alcune delle quali particolarmente vantaggiose per chi pratica sport. Infatti esercita un’azione: cardioprotettiva (migliora la forza contrattile del cuore e regola il polso), digestiva (aumenta l’acidità di stomaco agendo anche come calmante a livello gastrointestinale), antisettica.
Cenni storici
Si ritiene che l'aglio sia originario dell'Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono le sue patrie. Li gli agricoltori locale riuscirono in quell'impresa che trasforma una pianta da selvatica a coltivabile e da li inizia il viaggio che ha portato oggi l'aglio ad essere uno dei pochi ortaggi globali, utilizzato indistintamente un po' ovunque. Oggi allo stato selvatico lo si può ancora trovare solo in Siberia e nella parte sud dei monti Urali. Anticamente lo si riteneva originario dell'Egitto perché lo si trovava raffigurato nelle piramidi. Ora si ritiene che la sua diffusione nel Mediterraneo inizi da li.
Fin dall’antichità l’aglio è stato apprezzato sia come alimento, per il sapore caratteristico che dà ai cibi, che come pianta medicinale. Ippocrate, il più grande medico dell’antichità che basò le sue teorie sulla osservazione dei fatti, in più occasioni raccomanda di usare l’aglio per le sue qualità medicinali avallando così la tradizione e l’esperienza popolare. Plinio il Vecchio, nella sua Historia Naturalis, ne indica con dovizia di particolari vari usi terapeutici e non è un mistero che i legionari romani usavano l’aglio abitualmente come vermifugo e per combattere varie malattie infettive. Nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni, metodo tutt'oggi utilizzato nella medicina popolare.
Coltivazione
Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, è attualmente coltivato in tutti i continenti ed è molto noto per l’uso culinario. In Italia viene coltivata maggiormente in Campania, Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia. E’ una perenne rustica, coltivata come annuale.
Come scegliere
Il bulbo dell'aglio deve avere forma compatta, essere sodo e non presentare ammaccature, muffe e fenomeni di germogliazione.
Come conservare
L'aglio si conserva a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto. Importante è controllare che non presenti muffe e fenomeni di germogliazione
Lo scalogno
Lo scalogno (Allium ascalonicum L.) (detto anche scalogna) è una pianta della famiglia Liliaceae (Amaryllidaceae secondo la moderna classificazione APG). Affine alla cipolla con la quale condivide molte caratteristiche e similitudini di utilizzo. Il nome designa tanto la pianta quanto il suo bulbo.
Le prime zone in cui lo scalogno è comparso si trovano in Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan), regione in cui molte specie esistono ancora allo stato selvaggio. Da qui la pianta si sarebbe diffusa verso l'India e verso il Mediterraneo orientale, anche se le zone esatte in cui le prime varietà di scalogno sarebbero state addomesticate non sono ancora state individuate.
Il nome, scientifico quanto volgare, sembra derivare da quello dell'antico porto mediterraneo di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Gaza. Plinio scrive che i greci avevano sei tipi di cipolle, tra cui appunto la scalogna, mentre lo scrittore del I secolo Columella sostiene le virtù dello scalogno, affermando che questa cipolla è la migliore di tutte le varietà. Non è tuttavia certo, date le somiglianze fra alcune varietà di cipolle e gli scalogni, se gli Antichi si riferissero alle stesse varietà a noi note.
Lo scalogno che coltiviamo attualmente arrivò in Europa tra il XII-XIII secolo per opera dei crociati che rientravano dalla Terra santa (si ricordi la Battaglia di Ascalona durante la prima crociata); già nel Duecento in Francia, lo scalogno aveva un ruolo importante nella cucina tradizionale. In un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno.
Alcune fonti riportano che lo scalogno sia stato introdotto nelle Americhe da Hernando de Soto durante la sua esplorazione della Lousiana.
Lo scalogno era ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale è citato anche da Ovidio) e nelle campagne di tutta Italia molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprietà afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586.
Lo scalogno è una pianta di circa 20–30 cm di altezza, con foglie cilindriche.
Tutte le varietà di scalogno rassomigliano alle cipolle, ma a differenza di queste posseggono un bulbo composito (non unico) e, almeno tradizionalmente, prediligono una riproduzione per via vegetativa. L'infiorescenza, quando si manifesta in alcune varietà appositamente selezionate, è, come in tutte le specie del genere Allium, di tipo ombrellifero, ed i semi sono piccoli e neri.
Il bulbo è tunicato come quello della cipolla, ma più piccolo (generalmente il suo diametro una volta pelato non supera i 4–5 cm), ed è spesso composto da due o tre più piccoli bulbilli uniti in un bulbo tunicato unico poco più grande, nel complesso leggermente più affusolato della cipolla. In genere raggiunge un peso che varia da 5 a 25 grammi circa ed è di diverse varietà, che si distinguono tra loro in funzione del colore delle guaine esterne (verde violaceo, rosso, rosso-bruno, rosso rosaceo, viola, giallo, grigio e bianco), della loro forma (sferica, rotondeggiante ed allungata) e infine dal sapore, il quale è molto influenzato anche dalla zona di coltivazione.
In base al colore della buccia si raggruppano in genere le varietà coltivate in Europa:
Rosa. La più importante di queste varietà è lo scalogno di Jersey, fra i più sofisticati, che ha un bulbo sferico rigonfio (corto e piuttosto largo), una buccia dal rame al rosa, una polpa venata e un aroma poco piccante; altre varietà sono la Pesandor e la Rondeline;
Grigi. Famosa è la varietà di scalogno comune, che ha un bulbo piccolo di forma allungata, guaine di colore grigio con testa violacea, una polpa soda ed un aroma pungente; varietà comuni sono la Griselle e la Grisor.
Gialli. Tipici dell'Olanda, hanno un bulbo relativamente arrotondato e corto, fra i più simili alla cipolla.
Bruno rossastri. La più diffusa in Italia è certamente lo Scalogno di Romagna, prodotto IGP (dal 1997) coltivato dall'inizio del XX secolo nelle zone tra Faenza, Forlì ed Imola, che possiede foglie slanciate, un bulbo a forma di fiaschetto talvolta contorto, un apparato radicale ben sviluppato, guaine di colore scuro dorato o ramato, una polpa dalle sfumature rosa-lilla e un sapore piccante. Altre varietà sono la Arvro, la Germor e la Longor.
Lo scalogno è una pianta erbacea poliennale, ma viene usualmente coltivata come annuale. A differenza delle altre piante della sua famiglia, come aglio e cipolla, in genere non produce fiori, motivo per cui molte varietà, selezionate per l'alimentazione umana, non sono diffuse allo stato selvatico. Per tradizione lo scalogno è sempre stato riprodotto per via vegetativa.
L'operazione d'interramento dei bulbi va ripetuta, cicilicamente, ogni anno. Nell'emisfero boreale viene eseguita nei mesi di fine autunno (ottobre-dicembre) in Paesi come l'Italia, mentre in aree dal clima più rigido quali Nord America o Europa settentrionale, si preferisce aspettare fine inverno.
I bulbilli si piantano separati l'uno dall'altro, pertanto se venduti in cespi vanno preventivamente divisi. La densità d’impianto ottimale può variare in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione: i migliori risultati si ottengono interrando di pochi centimetri bulbilli dal peso medio di 15-20 grammi allineati in rettilineo a distanza di circa 10–15 centimetri uno dall'altro, con file distanti fra loro 40–55 centimetri (anche in funzione del mezzo meccanico disponibile per la sarchiatura), in tutto circa 13-20 piante/m2. Per l'impianto sono necessari circa 25–40 kg per ara, considerando che 1 kg di bulbi sono approssimativamente 35-40 bulbi di calibro 25–30 mm. La punta del bulbo deve essere posizionata verso l'alto, appena sotto il livello del suolo.
In genere i bulbi più grossi sono riservati al consumo, per cui spesso vengono piantati dei bulbi più piccoli, i quali avendo un minor numero di aree meristematiche (vegetative) tendono a dare origine a pochi bulbi, più grandi. Viceversa, l'impianto di grandi bulbi con molti punti di crescita ha come conseguenza una maggior filiazione, e quindi la produzione di un ciuffo di bulbi più esteso, ma con bulbi di dimensioni ridotte. Come per molte altre piante, si consiglia di utilizzare i bulbi che si sono rivelati più sani e vitali.
Analogamente a molti altri ortaggi, lo scalogno predilige i climi temperati, dal momento che temperature inferiori ai 7-8 °C e superiori ai 30 °C ne ostacolano lo sviluppo vegetativo (valori termici prossimi allo zero possono in particolare provocare la morte della pianta, anche se alcune varietà hanno tolleranza a gelo fino a -8 °C). Sono consigliabili temperature più basse durante lo sviluppo (7-15 °C) che durante la formazione dei bulbi (15-25 °C). Le esposizioni migliori sono quindi gli ambienti completamente soleggiati, perché la crescita dei bulbi è accelerata dalle lunghe giornate e dalle alte temperature estive.
Se gli scalogni piantati a fine autunno sono sottoposti a un inverno lungo e mite potrebbe verificarsi un periodo di crescita intermittente che aumenta il numero di punti vegetativi sulla superficie del bulbo. Gli scalogni piantati in primavera hanno invece una crescita più uniforme e producono bulbi più grandi.
Per quanto riguarda i parametri pedologici, lo scalogno da orto si adatta meglio ai terreni sciolti o sabbiosi, di medio impasto, ben drenati, con un pH nel range 6.0-7.5[23], una profondità utile di almeno 40 cm e con un buon contenuto di materia organica, mentre rifugge quelli troppo argillosi e compatti in quanto potrebbero risultare soggetti a ristagni idrici. Per evitare questi ultimi è consigliata talvolta una prosatura per facilitare lo sgrondo delle acque.
Lo scalogno non presenta particolari esigenze nutritive, ma risulta comunque favorito da una buona fertilità del terreno, e si consiglia una rotazione lunga, di almeno 4-5 anni, prima di ripiantarne i bulbi nella stessa parcella (non è ammesso il cosiddetto ristoppio), e, più in generale, di non coltivare lo scalogno in successione ad altre liliacee, solanacee, cavoli o barbabietole, mentre è ammessa la rotazione con carote, frumento, lattuga, orzo e radicchio.
La concimazione va effettuata preferibilmente con concimi minerali in quanto quelli organici rendono la pianta più sensibile all'attacco dei parassiti (per quanto riguarda l’apporto di letame occorre in particolare che questo sia ben maturo). Prima della messa a dimora si devono somministrare concimi binari fosfo-potassici a base di solfato, dal momento che lo scalogno assorbe dal terreno considerevoli quantità di zolfo, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore. L’azoto invece si distribuisce in maniera frazionata prima dell’impianto, all’emissione della terza o quarta foglia ed all’inizio dell’ingrossamento dei bulbi. Lavorando il terreno, bisogna fare sempre attenzione a non danneggiare le radici, in genere sono poco profonde.
Per il controllo delle erbe infestanti negli orti famigliari si ricorre alla scerbatura manuale. Nelle colture in pieno campo si possono eseguire invece delle sarchiature tra una fila e l’altra e, qualora venga utilizzata la pacciamatura non sono necessari trattamenti erbicidi, negli altri casi si ammette il diserbo chimico.
In assenza di precipitazioni nei mesi di maggio e di giugno si interviene con l’irrigazione, avendo cura di lasciare asciugare il terreno tra un intervento e l’altro, perché come detto lo scalogno è sofferente ai ristagni d'acqua.
Nel complesso il ciclo colturale dura 7-8 mesi nel caso di propagazione per interramento. L'epoca di raccolta è un momento fondamentale della filiera produttiva che influenza in maniera determinante la qualità globale del prodotto. Non è disponibile un metodo oggettivo del tutto affidabile ed universalmente accettato per valutare la maturità e di conseguenza l'epoca di raccolta dello scalogno, ma in genere essa avviene quando le foglie della pianta iniziano ad appassire, presentandosi ingiallite e reclinate verso terra per la perdita di turgidità dei tessuti.
La resa agricola è in media di 10-20 bulbi per pianta, sull'ordine dei 4 kg/m2.
La raccolta avviene in periodi differenti in base all’utilizzo previsto: quella effettuata nel mese di giugno fornisce un prodotto da consumare fresco, mentre quella effettuata verso la metà del mese di luglio un prodotto utilizzabile per la conservazione e la trasformazione. Nella tradizione contadina, le verdure a bulbo (cipolla, aglio, scalogno) sono raccolte durante le fasi di luna calante.
La raccolta si effettua con zappa o vanga nei piccoli apprezzamenti, dove i bulbi sono estirpati a mano e lasciati sul terreno per una settimana in modo da permettere l'essiccazione delle parti verdi sia della pianta che delle radici. Negli appezzamenti industriali l'operazione è totalmente meccanizzata, le foglie vengono tagliate ad una altezza variabile da 3 a 10 cm dal bulbo, dalla stessa macchina che effettua l'estirpazione o da una che la precede. I bulbi sono quindi convogliati (subito o dopo 1 o 2 giorni di permanenza in campo) in contenitori costituiti da pallet-box o carri (trasporto alla rinfusa) per il loro trasporto al magazzino. L'asportazione della maggior parte delle foglie aumenta la quantità del prodotto stivabile nei contenitori e facilita la circolazione dell'aria al loro interno. La distribuzione verso il commercio al dettaglio viene fatto con cassette o sacchi a rete.
Negli ultimi decenni tuttavia la ricerca agricola da parte delle aziende agricole dei Paesi Bassi De Groot en Slot Allium B.V. e Bejo-Zaden B.V. ha portato all'individuazione del seme, ed aperto la strada a una nuova, più recente, modalità di produzione. Semi di scalogno sono disponibili sul mercato dal 1998, e tali varietà sono chiamate échalote de semis in francese, Säschalotte in tedesco e sown shallot in inglese. Si tratta, strettamente parlando, di un incrocio tra cipolle e scalogni, che attraverso la selezione ha combinato le caratteristiche positive di sapore e di moltiplicazione delle sementi.
La semina diretta si effettua nell'emisfero boreale in febbraio appena il terreno è lavorabile (i semi possono anche essere interrati in serra circa otto settimane prima di essere trapiantati nei campi); il ciclo culturale è più breve, circa quattro o cinque mesi. Sono necessari 1.500.000-2.000.000 di semi (5 kg) per ettaro.
Questi progressi della tecnica hanno portato ad adattare di conseguenza la normativa europea, in particolare il Catalogo comune delle varietà delle specie di ortaggi della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per il quale lo scalogno oramai è considerato tale anche se non riprodotto da bulbo.
Questo passaggio normativo tuttavia non è stato immediato. In Francia ad esempio ad esempio la legislazione risalente al 1990 riservava espressamente diritto di essere commercializzato con il nome di "scalogno" alle sole varietà dette di "tradizione", riprodotte per interramento dei bulbi. Il contenzioso avviato in merito dalla società olandese De Groot en Slot Allium B.V. davanti al Consiglio di Stato ha visto quest'ultimo sancire espressamente l'appartenenza delle varietà seminate alla specie botaniche "scalogno", dato che entrambe le varianti (seminata e "tradizionale") condividerebbero con le altre varietà di scalogno proprietà che contraddistinguono tutti gli scalogni dalle cipolle. Conseguentemente, nonostante la paura da parte dei produttori "tradizionali" della Bretagna e della Valle della Loira di perdere il monopolio che avevano da molti anni, un nuovo decreto è stato adottato 16 gennaio 2007 (NOR: AGRP0700153A)[36], il quale stabilisce la coesistenza di due modi di produzione (seminato e piantato), dalle simili qualità nutrizionali.
Dopo l'estirpazione e la loro essiccazione, i bulbi di scalogno possono essere conservati a temperatura ambiente, in un luogo buio, fresco, asciutto (umidità relativa sotto il 70%) e ben ventilato per circa 2-3 settimane, controllando, come nel caso di altri bulbi, che non avvengano fenomeni di germogliazione. Dopo questa prima fase i bulbi possono essere venduti.
Al momento dell'acquisto lo scalogno deve presentarsi ben sodo (forma compatta), con una buccia liscia priva di muffe, ammaccature e macchie; i bulbi che presentano fenomeni di germogliazione sono in generale molli al tatto e hanno la buccia rovinata.
Una volta acquistato, lo scalogno, se conservato in locali freschi, asciutti e ben aerati o ventilati (tettoie o alcune cantine), può durare fino a sei mesi senza perdere le sue caratteristiche. Il bulbo con un poco di stelo può essere ad esempio conservato in mazzetti, oppure nelle regioni francofone in trecce, poi appese, come si usa fare con l'aglio. Si deve evitare di conservare i bulbi in frigorifero o di riporli in confezioni impermeabili che ne favoriscono la decomposizione.
Lo scalogno non processato ha nel complesso un periodo di conservazione limitato ai sei mesi, un fatto di fondamentale importanza per la propagazione di varietà tradizionali, le quali devono quindi essere ripiantate ogni anno. I bulbi più piccoli hanno una durata minore, per questo se non possono essere piantati vengono consumati per primi.
Per il consumo alimentare, lo scalogno viene processato in molti modi diversi. Una volta tagliato, lo scalogno può essere conservato, avvolto nella pellicola per alimenti, in frigorifero, dove può rimanere al massimo per una settimana, mentre, come le cipolle, i bulbi possono essere grossolanamente tritati e conservati in congelatore.
Un altro metodo di conservazione è quello di porli, preventivamente sbucciati, in contenitori di vetro sott'olio o sott'aceto.
In cucina
Anche se le foglie giovani verdi delle piante sono molto saporite e possono essere usate tritate al posto dell'erba cipollina, lo scalogno è coltivato soprattutto per i suoi bulbi, edibili al 70%. In genere le stesse foglie non sono mai raccolte in grande quantità proprio perché questo ridurrebbe la resa agricola dei bulbi.
Prima dell'utilizzo si deve eliminare la parte esterna (di consistenza cartacea) e tagliarne le estremità. Non si devono mai mettere gli scalogni sotto l'acqua per mitigare il bruciore che provocano agli occhi, poiché questo influisce negativamente sul loro sapore.
I bulbi hanno un sapore meno intenso della cipolla, più aromatico e leggermente agliaceo, ma, a differenza dell'aglio, non sono troppo acri. In generale proprio per il suo delicato e caratteristico apporto aromatico lo scalogno è proposto come sostituto della cipolla per l'elaborazione di antipasti e piatti di portata nella cucina più raffinata o più attenta ai gusti delicati (ha inoltre il vantaggio di appesantire di meno l'alito).
Lo scalogno viene consumato sia cotto che crudo, anche se quest'ultimo uso è più consigliato perché, ad esempio, nei soffritti, di cui è suggerito come base per zuppe o risotti, lo scalogno tende a divenire amaro. Lo scalogno contiene inoltre leggermente meno acqua della cipolla, pertanto è più soggetto a carbonizzare durante la cottura.


Spesso viene fatta confusione nell’utilizzo della parola cipollotto. Per alcuni, infatti, indica una cipolla piccola di forma allungata e di vari colori, mentre per altri una pianta dal bulbo esile e simile al fusto. La risposta corretta è la seconda, perché il cipollotto è una pianta che appartiene a una specie diversa da quella della cipolla. Quando invece si parla dei “cipollotti” di colore rosso, si intende una varietà di cipolla in grado di formare i bulbilli che viene messa in terra tutta insieme. In questo modo, i singoli bulbilli crescono formando tante piante diverse ma che occupano tutte lo stesso spazio; visto che non hanno la possibilità di espandersi, rimangono piccole e di forma allungata, spesso con lati perfettamente lisci e non arrotondati dove sono venute in contatto con le altre cipolle; tuttavia, nonostante il nome, si tratta a tutti gli effetti di una cipolla, che ha le stesse caratteristiche della cipolla “grande”.
Esistono poi cipolle, come il Cipollotto Nocerino DOP, che sono cipolle a tutti gli effetti, anche se piccole.
Il cipollotto propriamente detto, chiamato anche cipolla d’inverno, è una pianta che appartiene al genere Allium fistulosum, quindi diversa dalla cipolla e coltivata principalmente in Oriente, da poco importata nelle nostre zone. Il cipollotto è diverso dalla cipolla principalmente per la forma del bulbo, che è allungato e non molto più ampio rispetto al fusto. È di colore bianco, oppure rosa, e non è conservabile, a differenza delle cipolle, per cui viene consumato solamente fresco, di solito come condimento dell’insalata. Essendo però molto correlato alla cipolla, spesso viene usato in sua sostituzione.


Lo scalogno (Allium ascalonicum L.) (detto anche scalogna) è una pianta della famiglia Liliaceae (Amaryllidaceae secondo la moderna classificazione APG). Affine alla cipolla con la quale condivide molte caratteristiche e similitudini di utilizzo. Il nome designa tanto la pianta quanto il suo bulbo.
Le prime zone in cui lo scalogno è comparso si trovano in Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan), regione in cui molte specie esistono ancora allo stato selvaggio. Da qui la pianta si sarebbe diffusa verso l'India e verso il Mediterraneo orientale, anche se le zone esatte in cui le prime varietà di scalogno sarebbero state addomesticate non sono ancora state individuate.
Il nome, scientifico quanto volgare, sembra derivare da quello dell'antico porto mediterraneo di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Gaza. Plinio scrive che i greci avevano sei tipi di cipolle, tra cui appunto la scalogna, mentre lo scrittore del I secolo Columella sostiene le virtù dello scalogno, affermando che questa cipolla è la migliore di tutte le varietà. Non è tuttavia certo, date le somiglianze fra alcune varietà di cipolle e gli scalogni, se gli Antichi si riferissero alle stesse varietà a noi note.
Lo scalogno che coltiviamo attualmente arrivò in Europa tra il XII-XIII secolo per opera dei crociati che rientravano dalla Terra santa (si ricordi la Battaglia di Ascalona durante la prima crociata); già nel Duecento in Francia, lo scalogno aveva un ruolo importante nella cucina tradizionale. In un codice manoscritto del secolo XIV conservato presso la Biblioteca universitaria di Bologna vengono citate torte a base di scalogno.
Alcune fonti riportano che lo scalogno sia stato introdotto nelle Americhe da Hernando de Soto durante la sua esplorazione della Lousiana.
Lo scalogno era ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali (come tale è citato anche da Ovidio) e nelle campagne di tutta Italia molte leggende popolari attribuiscono allo scalogno proprietà afrodisiache: il medico romano Castore Durante scrisse degli effetti eccitanti dello scalogno in un libro pubblicato nel 1586.
Lo scalogno è una pianta di circa 20–30 cm di altezza, con foglie cilindriche.
Tutte le varietà di scalogno rassomigliano alle cipolle, ma a differenza di queste posseggono un bulbo composito (non unico) e, almeno tradizionalmente, prediligono una riproduzione per via vegetativa. L'infiorescenza, quando si manifesta in alcune varietà appositamente selezionate, è, come in tutte le specie del genere Allium, di tipo ombrellifero, ed i semi sono piccoli e neri.
Il bulbo è tunicato come quello della cipolla, ma più piccolo (generalmente il suo diametro una volta pelato non supera i 4–5 cm), ed è spesso composto da due o tre più piccoli bulbilli uniti in un bulbo tunicato unico poco più grande, nel complesso leggermente più affusolato della cipolla. In genere raggiunge un peso che varia da 5 a 25 grammi circa ed è di diverse varietà, che si distinguono tra loro in funzione del colore delle guaine esterne (verde violaceo, rosso, rosso-bruno, rosso rosaceo, viola, giallo, grigio e bianco), della loro forma (sferica, rotondeggiante ed allungata) e infine dal sapore, il quale è molto influenzato anche dalla zona di coltivazione.
In base al colore della buccia si raggruppano in genere le varietà coltivate in Europa:
Rosa. La più importante di queste varietà è lo scalogno di Jersey, fra i più sofisticati, che ha un bulbo sferico rigonfio (corto e piuttosto largo), una buccia dal rame al rosa, una polpa venata e un aroma poco piccante; altre varietà sono la Pesandor e la Rondeline;
Grigi. Famosa è la varietà di scalogno comune, che ha un bulbo piccolo di forma allungata, guaine di colore grigio con testa violacea, una polpa soda ed un aroma pungente; varietà comuni sono la Griselle e la Grisor.
Gialli. Tipici dell'Olanda, hanno un bulbo relativamente arrotondato e corto, fra i più simili alla cipolla.
Bruno rossastri. La più diffusa in Italia è certamente lo Scalogno di Romagna, prodotto IGP (dal 1997) coltivato dall'inizio del XX secolo nelle zone tra Faenza, Forlì ed Imola, che possiede foglie slanciate, un bulbo a forma di fiaschetto talvolta contorto, un apparato radicale ben sviluppato, guaine di colore scuro dorato o ramato, una polpa dalle sfumature rosa-lilla e un sapore piccante. Altre varietà sono la Arvro, la Germor e la Longor.
Lo scalogno è una pianta erbacea poliennale, ma viene usualmente coltivata come annuale. A differenza delle altre piante della sua famiglia, come aglio e cipolla, in genere non produce fiori, motivo per cui molte varietà, selezionate per l'alimentazione umana, non sono diffuse allo stato selvatico. Per tradizione lo scalogno è sempre stato riprodotto per via vegetativa.
L'operazione d'interramento dei bulbi va ripetuta, cicilicamente, ogni anno. Nell'emisfero boreale viene eseguita nei mesi di fine autunno (ottobre-dicembre) in Paesi come l'Italia, mentre in aree dal clima più rigido quali Nord America o Europa settentrionale, si preferisce aspettare fine inverno.
I bulbilli si piantano separati l'uno dall'altro, pertanto se venduti in cespi vanno preventivamente divisi. La densità d’impianto ottimale può variare in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione: i migliori risultati si ottengono interrando di pochi centimetri bulbilli dal peso medio di 15-20 grammi allineati in rettilineo a distanza di circa 10–15 centimetri uno dall'altro, con file distanti fra loro 40–55 centimetri (anche in funzione del mezzo meccanico disponibile per la sarchiatura), in tutto circa 13-20 piante/m2. Per l'impianto sono necessari circa 25–40 kg per ara, considerando che 1 kg di bulbi sono approssimativamente 35-40 bulbi di calibro 25–30 mm. La punta del bulbo deve essere posizionata verso l'alto, appena sotto il livello del suolo.
In genere i bulbi più grossi sono riservati al consumo, per cui spesso vengono piantati dei bulbi più piccoli, i quali avendo un minor numero di aree meristematiche (vegetative) tendono a dare origine a pochi bulbi, più grandi. Viceversa, l'impianto di grandi bulbi con molti punti di crescita ha come conseguenza una maggior filiazione, e quindi la produzione di un ciuffo di bulbi più esteso, ma con bulbi di dimensioni ridotte. Come per molte altre piante, si consiglia di utilizzare i bulbi che si sono rivelati più sani e vitali.
Analogamente a molti altri ortaggi, lo scalogno predilige i climi temperati, dal momento che temperature inferiori ai 7-8 °C e superiori ai 30 °C ne ostacolano lo sviluppo vegetativo (valori termici prossimi allo zero possono in particolare provocare la morte della pianta, anche se alcune varietà hanno tolleranza a gelo fino a -8 °C). Sono consigliabili temperature più basse durante lo sviluppo (7-15 °C) che durante la formazione dei bulbi (15-25 °C). Le esposizioni migliori sono quindi gli ambienti completamente soleggiati, perché la crescita dei bulbi è accelerata dalle lunghe giornate e dalle alte temperature estive.
Se gli scalogni piantati a fine autunno sono sottoposti a un inverno lungo e mite potrebbe verificarsi un periodo di crescita intermittente che aumenta il numero di punti vegetativi sulla superficie del bulbo. Gli scalogni piantati in primavera hanno invece una crescita più uniforme e producono bulbi più grandi.
Per quanto riguarda i parametri pedologici, lo scalogno da orto si adatta meglio ai terreni sciolti o sabbiosi, di medio impasto, ben drenati, con un pH nel range 6.0-7.5[23], una profondità utile di almeno 40 cm e con un buon contenuto di materia organica, mentre rifugge quelli troppo argillosi e compatti in quanto potrebbero risultare soggetti a ristagni idrici. Per evitare questi ultimi è consigliata talvolta una prosatura per facilitare lo sgrondo delle acque.
Lo scalogno non presenta particolari esigenze nutritive, ma risulta comunque favorito da una buona fertilità del terreno, e si consiglia una rotazione lunga, di almeno 4-5 anni, prima di ripiantarne i bulbi nella stessa parcella (non è ammesso il cosiddetto ristoppio), e, più in generale, di non coltivare lo scalogno in successione ad altre liliacee, solanacee, cavoli o barbabietole, mentre è ammessa la rotazione con carote, frumento, lattuga, orzo e radicchio.
La concimazione va effettuata preferibilmente con concimi minerali in quanto quelli organici rendono la pianta più sensibile all'attacco dei parassiti (per quanto riguarda l’apporto di letame occorre in particolare che questo sia ben maturo). Prima della messa a dimora si devono somministrare concimi binari fosfo-potassici a base di solfato, dal momento che lo scalogno assorbe dal terreno considerevoli quantità di zolfo, mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l’odore. L’azoto invece si distribuisce in maniera frazionata prima dell’impianto, all’emissione della terza o quarta foglia ed all’inizio dell’ingrossamento dei bulbi. Lavorando il terreno, bisogna fare sempre attenzione a non danneggiare le radici, in genere sono poco profonde.
Per il controllo delle erbe infestanti negli orti famigliari si ricorre alla scerbatura manuale. Nelle colture in pieno campo si possono eseguire invece delle sarchiature tra una fila e l’altra e, qualora venga utilizzata la pacciamatura non sono necessari trattamenti erbicidi, negli altri casi si ammette il diserbo chimico.
In assenza di precipitazioni nei mesi di maggio e di giugno si interviene con l’irrigazione, avendo cura di lasciare asciugare il terreno tra un intervento e l’altro, perché come detto lo scalogno è sofferente ai ristagni d'acqua.
Nel complesso il ciclo colturale dura 7-8 mesi nel caso di propagazione per interramento. L'epoca di raccolta è un momento fondamentale della filiera produttiva che influenza in maniera determinante la qualità globale del prodotto. Non è disponibile un metodo oggettivo del tutto affidabile ed universalmente accettato per valutare la maturità e di conseguenza l'epoca di raccolta dello scalogno, ma in genere essa avviene quando le foglie della pianta iniziano ad appassire, presentandosi ingiallite e reclinate verso terra per la perdita di turgidità dei tessuti.
La resa agricola è in media di 10-20 bulbi per pianta, sull'ordine dei 4 kg/m2.
La raccolta avviene in periodi differenti in base all’utilizzo previsto: quella effettuata nel mese di giugno fornisce un prodotto da consumare fresco, mentre quella effettuata verso la metà del mese di luglio un prodotto utilizzabile per la conservazione e la trasformazione. Nella tradizione contadina, le verdure a bulbo (cipolla, aglio, scalogno) sono raccolte durante le fasi di luna calante.
La raccolta si effettua con zappa o vanga nei piccoli apprezzamenti, dove i bulbi sono estirpati a mano e lasciati sul terreno per una settimana in modo da permettere l'essiccazione delle parti verdi sia della pianta che delle radici. Negli appezzamenti industriali l'operazione è totalmente meccanizzata, le foglie vengono tagliate ad una altezza variabile da 3 a 10 cm dal bulbo, dalla stessa macchina che effettua l'estirpazione o da una che la precede. I bulbi sono quindi convogliati (subito o dopo 1 o 2 giorni di permanenza in campo) in contenitori costituiti da pallet-box o carri (trasporto alla rinfusa) per il loro trasporto al magazzino. L'asportazione della maggior parte delle foglie aumenta la quantità del prodotto stivabile nei contenitori e facilita la circolazione dell'aria al loro interno. La distribuzione verso il commercio al dettaglio viene fatto con cassette o sacchi a rete.
Negli ultimi decenni tuttavia la ricerca agricola da parte delle aziende agricole dei Paesi Bassi De Groot en Slot Allium B.V. e Bejo-Zaden B.V. ha portato all'individuazione del seme, ed aperto la strada a una nuova, più recente, modalità di produzione. Semi di scalogno sono disponibili sul mercato dal 1998, e tali varietà sono chiamate échalote de semis in francese, Säschalotte in tedesco e sown shallot in inglese. Si tratta, strettamente parlando, di un incrocio tra cipolle e scalogni, che attraverso la selezione ha combinato le caratteristiche positive di sapore e di moltiplicazione delle sementi.
La semina diretta si effettua nell'emisfero boreale in febbraio appena il terreno è lavorabile (i semi possono anche essere interrati in serra circa otto settimane prima di essere trapiantati nei campi); il ciclo culturale è più breve, circa quattro o cinque mesi. Sono necessari 1.500.000-2.000.000 di semi (5 kg) per ettaro.
Questi progressi della tecnica hanno portato ad adattare di conseguenza la normativa europea, in particolare il Catalogo comune delle varietà delle specie di ortaggi della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per il quale lo scalogno oramai è considerato tale anche se non riprodotto da bulbo.
Questo passaggio normativo tuttavia non è stato immediato. In Francia ad esempio ad esempio la legislazione risalente al 1990 riservava espressamente diritto di essere commercializzato con il nome di "scalogno" alle sole varietà dette di "tradizione", riprodotte per interramento dei bulbi. Il contenzioso avviato in merito dalla società olandese De Groot en Slot Allium B.V. davanti al Consiglio di Stato ha visto quest'ultimo sancire espressamente l'appartenenza delle varietà seminate alla specie botaniche "scalogno", dato che entrambe le varianti (seminata e "tradizionale") condividerebbero con le altre varietà di scalogno proprietà che contraddistinguono tutti gli scalogni dalle cipolle. Conseguentemente, nonostante la paura da parte dei produttori "tradizionali" della Bretagna e della Valle della Loira di perdere il monopolio che avevano da molti anni, un nuovo decreto è stato adottato 16 gennaio 2007 (NOR: AGRP0700153A)[36], il quale stabilisce la coesistenza di due modi di produzione (seminato e piantato), dalle simili qualità nutrizionali.
Dopo l'estirpazione e la loro essiccazione, i bulbi di scalogno possono essere conservati a temperatura ambiente, in un luogo buio, fresco, asciutto (umidità relativa sotto il 70%) e ben ventilato per circa 2-3 settimane, controllando, come nel caso di altri bulbi, che non avvengano fenomeni di germogliazione. Dopo questa prima fase i bulbi possono essere venduti.
Al momento dell'acquisto lo scalogno deve presentarsi ben sodo (forma compatta), con una buccia liscia priva di muffe, ammaccature e macchie; i bulbi che presentano fenomeni di germogliazione sono in generale molli al tatto e hanno la buccia rovinata.
Una volta acquistato, lo scalogno, se conservato in locali freschi, asciutti e ben aerati o ventilati (tettoie o alcune cantine), può durare fino a sei mesi senza perdere le sue caratteristiche. Il bulbo con un poco di stelo può essere ad esempio conservato in mazzetti, oppure nelle regioni francofone in trecce, poi appese, come si usa fare con l'aglio. Si deve evitare di conservare i bulbi in frigorifero o di riporli in confezioni impermeabili che ne favoriscono la decomposizione.
Lo scalogno non processato ha nel complesso un periodo di conservazione limitato ai sei mesi, un fatto di fondamentale importanza per la propagazione di varietà tradizionali, le quali devono quindi essere ripiantate ogni anno. I bulbi più piccoli hanno una durata minore, per questo se non possono essere piantati vengono consumati per primi.
Per il consumo alimentare, lo scalogno viene processato in molti modi diversi. Una volta tagliato, lo scalogno può essere conservato, avvolto nella pellicola per alimenti, in frigorifero, dove può rimanere al massimo per una settimana, mentre, come le cipolle, i bulbi possono essere grossolanamente tritati e conservati in congelatore.
Un altro metodo di conservazione è quello di porli, preventivamente sbucciati, in contenitori di vetro sott'olio o sott'aceto.
In cucina
Anche se le foglie giovani verdi delle piante sono molto saporite e possono essere usate tritate al posto dell'erba cipollina, lo scalogno è coltivato soprattutto per i suoi bulbi, edibili al 70%. In genere le stesse foglie non sono mai raccolte in grande quantità proprio perché questo ridurrebbe la resa agricola dei bulbi.
Prima dell'utilizzo si deve eliminare la parte esterna (di consistenza cartacea) e tagliarne le estremità. Non si devono mai mettere gli scalogni sotto l'acqua per mitigare il bruciore che provocano agli occhi, poiché questo influisce negativamente sul loro sapore.
I bulbi hanno un sapore meno intenso della cipolla, più aromatico e leggermente agliaceo, ma, a differenza dell'aglio, non sono troppo acri. In generale proprio per il suo delicato e caratteristico apporto aromatico lo scalogno è proposto come sostituto della cipolla per l'elaborazione di antipasti e piatti di portata nella cucina più raffinata o più attenta ai gusti delicati (ha inoltre il vantaggio di appesantire di meno l'alito).
Lo scalogno viene consumato sia cotto che crudo, anche se quest'ultimo uso è più consigliato perché, ad esempio, nei soffritti, di cui è suggerito come base per zuppe o risotti, lo scalogno tende a divenire amaro. Lo scalogno contiene inoltre leggermente meno acqua della cipolla, pertanto è più soggetto a carbonizzare durante la cottura.

Il porro, Allium porrum, è una pianta erbacea non presente in natura ma modificata anticamente per creare una specie a sé. Il suo corrispettivo naturale, da cui deriva, è Allium ampeloprasum, che non si consuma.
È un ortaggio da bulbo per classificazione botanica, perché di fatto il bulbo di questa pianta è praticamente inesistente, o comunque è solo leggermente accentuato ed è comunque lungo appena un paio di centimetri. Dal bulbo, come negli altri ortaggi, escono le foglie, che sono bianche nella parte più bassa, verdi in quella più alta. La differenza tra le due è data dalla possibilità di effettuare la fotosintesi clorofilliana, che nella parte bassa semplicemente non avviene perché si trova sotto terra e non è quindi a diretto contatto con la luce. È anche il motivo per il quale, quando viene coltivato, si tende a rincalzare la terra intorno al porro, così da aumentare la parte bianca a scapito di quella verde non commestibile.
Si mangiano quindi le foglie, e la parte commestibile può arrivare a 30 centimetri di lunghezza; se lasciato nel terreno per due anni di seguito forma l’infiorescenza, quindi i semi che poi verranno coltivati in vivaio per il successivo trapianto nel terreno.
I porri si distinguono in cultivar e vanno in base al periodo di semina (estivo, autunnale o invernale) e in base alla lunghezza della parte bianca che è proporzionale al tempo di crescita.
Quando vengono raccolti si estraggono dal terreno, si lavano (perché vengono venduti con le radici) e poi vengono messi in vendita esclusivamente come ortaggi freschi, che si possono conservare a bassa temperatura, ad esempio in frigorifero, fino a tre mesi. Non si conservano in ambiente asciutto perché non avendo bulbo ma le foglie come parte commestibile, seccherebbero e non sarebbe più possibile mangiarle.
Il porro è originario della regione mediterranea, probabilmente dal Vicino Oriente.
La sua coltivazione è di antichissima memoria: il porro era conosciuto dagli Egizi e dai Romani.
La parte edule è rappresentata dalla parte basale delle foglie (la parte bianca), mentre viene comunemente scartata la parte apicale verde delle stesse.
La varietà Allium ampeloprasum var. kurrat chiamato comunemente kurrat è coltivata in Egitto e Medio Oriente. Viene largamente utilizzato nella cucina araba e maghrebina principalmente per le foglie.
porro
Il porro, Allium porrum, è una pianta erbacea non presente in natura ma modificata anticamente per creare una specie a sé. Il suo corrispettivo naturale, da cui deriva, è Allium ampeloprasum, che non si consuma.
È un ortaggio da bulbo per classificazione botanica, perché di fatto il bulbo di questa pianta è praticamente inesistente, o comunque è solo leggermente accentuato ed è comunque lungo appena un paio di centimetri. Dal bulbo, come negli altri ortaggi, escono le foglie, che sono bianche nella parte più bassa, verdi in quella più alta. La differenza tra le due è data dalla possibilità di effettuare la fotosintesi clorofilliana, che nella parte bassa semplicemente non avviene perché si trova sotto terra e non è quindi a diretto contatto con la luce. È anche il motivo per il quale, quando viene coltivato, si tende a rincalzare la terra intorno al porro, così da aumentare la parte bianca a scapito di quella verde non commestibile.
Si mangiano quindi le foglie, e la parte commestibile può arrivare a 30 centimetri di lunghezza; se lasciato nel terreno per due anni di seguito forma l’infiorescenza, quindi i semi che poi verranno coltivati in vivaio per il successivo trapianto nel terreno.
I porri si distinguono in cultivar e vanno in base al periodo di semina (estivo, autunnale o invernale) e in base alla lunghezza della parte bianca che è proporzionale al tempo di crescita.
Quando vengono raccolti si estraggono dal terreno, si lavano (perché vengono venduti con le radici) e poi vengono messi in vendita esclusivamente come ortaggi freschi, che si possono conservare a bassa temperatura, ad esempio in frigorifero, fino a tre mesi. Non si conservano in ambiente asciutto perché non avendo bulbo ma le foglie come parte commestibile, seccherebbero e non sarebbe più possibile mangiarle.
Il porro è originario della regione mediterranea, probabilmente dal Vicino Oriente.
La sua coltivazione è di antichissima memoria: il porro era conosciuto dagli Egizi e dai Romani.
La parte edule è rappresentata dalla parte basale delle foglie (la parte bianca), mentre viene comunemente scartata la parte apicale verde delle stesse.
La varietà Allium ampeloprasum var. kurrat chiamato comunemente kurrat è coltivata in Egitto e Medio Oriente. Viene largamente utilizzato nella cucina araba e maghrebina principalmente per le foglie.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e tecniche di cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.ata come foraggera;


CONOSCERE GLI ORTAGGI DA FUSTO


Gli ortaggi da fusto sono una categoria di piante orticole molto diffuse in alimentazione dei quali, per le loro particolarità anatomiche, si consuma il fusto.
La classificazione di queste piante è tuttavia puramente culturale, non esistendo una categoria botanica ben precisa per identificarle e ciò per due motivazioni:
• La prima è che di alcune piante non si consuma solo il fusto, ma anche altre parti e vengono quindi classificate in modo diverso.
• La seconda è che per molte di queste piante, di fatto, non si consuma proprio il fusto, spesso perché non lo posseggono o meglio hanno un fusto piccolissimo, talvolta sotterraneo, per cui la parte che si consuma risulta essere il picciolo che sorregge le foglie e che sostituisce la funzione del fusto perché molto più grande (esempio tipico: il sedano).
Vengono dunque prese qui in considerazione solo gli ortaggi che appartengono “tradizionalmente” alla categoria degli ortaggi da fusto, ovvero il sedano, il prezzemolo, il finocchio e le varie tipologie di asparagi.
Il fusto
Capire a che cosa serve il fusto degli ortaggi permette di comprenderne anche le caratteristiche nutrizionali, di come siano ottimi per le diete, per il loro modesto apporto di calorie e per la loro ricchezza di vitamine e sali minerali.
Il fusto, detto anche gambo oppure tronco, è la struttura portante delle piante. Si tratta di un organo fondamentale per ciascuna tipologia, ed è sempre presente anche se può essere piuttosto piccolo quando si suddivide in rami. Esso ha la funzione fondamentale di trasportare acqua e sostanze nutritive tra le varie parti della pianta; precisamente, l’acqua e i sali minerali vanno dal terreno verso l’alto, verso le foglie, mentre le sostanze energetiche, ovvero i carboidrati che vengono creati per mezzo della fotosintesi clorofilliana dalle foglie, vengono distribuiti a tutto il resto della pianta tramite il liquido composto da acqua e sostanze nutritive, la linfa, di cui per questo il fusto è molto ricco.
Dal fusto si creano dei nodi, punti dai quali escono poi le foglie (o nel caso i fiori), mentre le parti composte dal solo tronco, che quindi è liscio, si chiamano internodi. I nodi sono particolarmente evidenti in ortaggi come l’asparago, mentre alcune piante (anche il cui fusto non è commestibile) caratterizzati da lunghi internodi possono essere i fiori da vaso, in cui il fusto è il “gambo” del fiore.
Il fusto è la prima parte che fuoriesce dal seme della pianta, quando è ancora sotto terra. Da esso si sviluppano le radici, da una parte, e le foglie dall’altra. È errato pensare al fusto come un organo dal portamento eretto e privo di altre funzioni; ci sono fusti che sono modificati per avere funzioni di riserva, che si chiamano tuberi, fusti allargati che si chiamano bulbi, e poi gli stoloni che sono fusti rampicanti che si portano in senso orizzontale sul terreno, strisciando; ogni pianta ha le sue particolarità da questo punto di vista. Ma la distinzione più importante in base al fusto dipende dalla sua struttura. Un fusto può, infatti, essere:
Legnoso, solitamente più grande dell’erbaceo e costituito da un tessuto interno, il legno (o xilema), che ha funzione di sostegno per tutta la pianta ma non ha alcuna funzione nutritiva o di trasporto delle sostanze, che invece è relegata solamente alla parte esterna del fusto. Da notare che il legno utilizzato per i mobili è la parte interna dell’albero, non quella esterna; la parte dura e superficiale non si chiama legno ma corteccia, ed ha solo funzione di protezione degli strati sottostanti che veicolano le sostanze nutritive. Il fusto legnoso è duro, non può essere digerito dall’uomo e pertanto è una parte non commestibile della pianta.
Erbaceo, un fusto più semplice rispetto a quello legnoso perché non ha modificazioni secondarie. La differenza è che tutti i fusti, anche quelli che diventeranno legnosi, inizialmente sono erbacei e hanno la capacità di fare la fotosintesi, prima di trasformarsi e prima che spuntino le foglie. Per le piante che, da adulte, hanno il fusto erbaceo questa situazione permane e il fusto, pur avendo comunque funzione portante, rimane in grado di fare la fotosintesi. In questo modo è pieno di linfa e risulta più morbido rispetto ai fusti legnosi (che sono idrofobi, si pensi al sughero) tanto da essere commestibile.
Il picciolo
Il picciolo è un organo che collega il fusto alla foglia, o ad altre strutture come il fiore e, di conseguenza, il frutto. Si può vedere come un fusto in miniatura, perché parte sempre dal fusto (o dalle sue ramificazioni, che comunque fanno sempre parte del fusto) e ha la funzione di sorreggere la foglia, o comunque la struttura che si trova su di essa.
Essendo simile al fusto, il picciolo ha le stesse sue funzioni e la sua stessa composizione; in alcuni casi, come in quello del sedano, i piccioli delle foglie sono più grandi del fusto della pianta stessa, ed è per questo che si possono mangiare. I piccioli, inoltre, a differenza del tronco non sono mai legnosi e sono quindi sempre come un “tronco primitivo”, in grado di fare la fotosintesi clorofilliana.
Per questo condividono gran parte delle caratteristiche, anche nutrizionali per le piante che si mangiano, con il fusto erbaceo delle piante.

Tabella nutrizionale
Di seguito si trova la tabella con i valori nutrizionali di ciascun ortaggio da fusto, seguita da considerazioni per chi li consuma frequentemente, in quanto almeno da punto di vista dietetico sono in assoluto tra i migliori alimenti da includere nell’alimentazione umana.
Acqua
I valori relativi all’acqua sono molto alti, come del resto succede anche con altri vegetali, e si può notare come l’ortaggio che ha i valori di acqua più alti in assoluto è il finocchio.
L’acqua, in ogni caso, non costituisce un nutriente, per cui più ce n’è, meno l’ortaggio è efficace dal punto di vista nutritivo ma più utile per chi deve seguire una dieta.

Sedano
(crudo)
Prezzemolo
(crudo)
Finocchio
(crudo)
Asparago
(crudo)
Acqua
88,3
87,2
93,2
91,4
Proteine
2,3
3,7
1,2
3,6
Lipidi
0,2
0,6
Tracce
0,2
Carboidrati
2,4
Tracce
1
3,3
Fibra
1,6
5
2,2
2
Energia (Kcal)
20
20
9
29
Sodio (mg)
140
20
4
2
Potassio (mg)
280
670
394
202
Ferro (mg)
0,5
4,2
0,4
2,1
Calcio (mg)
31
220
45
24
Vitamina A (ug)
207
943
2
82
Vitamina C (mg)
32
162
12
18
Carboidrati e lipidi
Il quantitativo di carboidrati e lipidi negli ortaggi da fusto è basso in tutti i casi e in alcuni, come il prezzemolo, addirittura mancante di un nutriente. Del resto, si tratta di piante che non hanno un tessuto di riserva (come accade invece con le patate, ad esempio) e quindi non immagazzinano i carboidrati; per i lipidi, invece, le piante in generale ne sono sempre povere.
La scarsità di sostanze caloriche e l’altissima quantità di acqua si ritrova nelle calorie contenute in questi alimenti, che sono quasi nulle; l’ortaggio tra quelli presi in considerazione più calorico è l’asparago, che ha solo 29 chilocalorie per 100 grammi. Dal punto di vista dell’energia rilasciata, mangiare questi ortaggi equivale a non mangiarli affatto, e questo li rende ottimi da consumare nelle diete, anche se necessariamente da integrare con altri alimenti.
Fibra
Tutti gli ortaggi da fusto sono ricchi di fibra vegetale con il picco del prezzemolo da cui però non si ricavano particolari benefici, a causa delle sue dimensioni.
Questi vegetali sono comunque ottimi, tutti, per regolarizzare l’intestino e per risolvere i problemi di costipazione e di meteorismo, grazie proprio al loro alto contenuto in fibre.
Sali minerali e vitamine
In linea di massima, i sali minerali sono molto variabili tra gli ortaggi da fusto. In generale, però, in tutti tranne che nel sedano, il quantitativo di sodio è davvero basso, e questo è un aiuto importante per tutte quelle persone che non devono assumerne troppo. Il potassio, invece, è alto come accade in tanti altri vegetali. Per chi avesse problemi con la carenza di ferro, da notare che alcuni vegetali da fusto ne contengono moltissimo: in prima posizione il prezzemolo, che può costituire quindi un condimento sano oltre che buono. Ma ne hanno un ottimo quantitativo anche gli asparagi. Da notare però che, come in altri vegetali, il ferro negli ortaggi da fusto si trova in una forma difficile da assorbire, per l’organismo. Per aiutarlo va abbinato l’acido citrico, che si trova in grandi quantità nel limone, e che permette di assorbire meglio il ferro contenuto in questi ortaggi. Il calcio, infine, è un elemento variabile in questi ortaggi e, come per il ferro, il più ricco è il prezzemolo, che costituisce un vero e proprio integratore di sali minerali. È vero che non si mangia mai da solo, ma condire altri cibi con il prezzemolo è sicuramente un’ottima abitudine.
Terminando con le vitamine, i picchi non sono altissimi se non, sia per la vitamina A che per la vitamina C, anche in questo caso il prezzemolo: 10 grammi di prezzemolo hanno un contenuto in vitamine e minerali che raggiunge addirittura quello contenuto in 100 grammi di qualsiasi altro ortaggio

Il sedano, o Apium graveolens, è una specie erbacea che fa parte della famiglia delle Apiacee, tipica della zona mediterranea. Consumato come alimento, è conosciuto come tale ma fin dall’antichità è stato molto utilizzato sopratutto per le sue proprietà medicinali.
Di questa pianta si consuma il picciolo delle foglie. Il fusto, infatti, è molto piccolo, e fin dalla base si diramano i piccioli, che hanno la sua stessa composizione e terminano con le foglie. Il fusto, però, rimane tale nella parte centrale della pianta che, se non raccolta prima, arriverà a fioritura e porterà i semi per la nascita delle nuove piante.
Esistono molte varietà di sedano, ma quelle utilizzate in cucina sono solamente due, ovvero il Sedano da Costa, qui presente in quanto ortaggio da fusto, e il Sedano Rapa, di cui si consuma non la parte superiore ma quella inferiore, la radice. Queste due varietà (dulce, la prima, e rapaceum, la seconda) appartengono alla stessa specie botanica, per cui sono molto simili tra loro nonostante il differente sviluppo delle loro parti anatomiche.
Per quanto riguarda il sedano da coste, la parte che si mangia sono, appunto, le cosiddette “coste”. Queste sono state selezionate per essere quanto più possibile grandi, ma allo stesso tempo si è cercato di ridurre i piccoli filamenti fibrosi che si possono vedere quando si tagliano le coste, che sono le nervature del sedano e servono a far passare acqua dalla parte inferiore della pianta a quella superiore.
Si tratta di una pianta che, per la sua semplicità di coltivazione, si può coltivare anche direttamente in casa, ed è una delle colture più tipiche degli orti urbani. Una volta raccolto, si consuma praticamente sempre fresco, e si può conservare fino a sette settimane, ad una temperatura compresa tra 0 e 2 gradi, prima che la proliferazione batterica lo renda non commestibile.
Proprietà benefiche del sedano
Il benessere del sedano è legato in modo particolare alla presenza di una quantità di fibra superiore a quella di ogni altro nutriente. Infatti, per la bassa percentuale di zuccheri e grassi e considerando che la fibra non può essere digerita, viene definito un alimento a “calorie negative”, perché sono più le calorie che vengono impiegate masticandolo di quelle che si assumono mangiandolo.
Inoltre il sedano è un alimento molto ricco di vitamine che estrae dal terreno e e sali minerali, che si ritrovano nell’ortaggio proprio perché si tratta di un organo di transito delle sostanze nutritive, per la pianta.
Contiene anche un principio attivo, detto acido sedanonico, che è stato dimostrato in grado di ridurre la pressione sanguigna. Questo principio attivo però non si trova tanto nelle coste, quanto nei semi di sedano, che si ottengono lasciando crescere la pianta; in questo caso si può estrarre l’olio essenziale di sedano che contiene i principi attivi molto concentrati.
Da notare, infine, che il sedano è un allergene: contiene composti in grado di scatenare allergia, motivo per cui, prima di utilizzarlo in cucina, è sempre molto importante sapere se qualcuno dei commensali sia allergico.

Il finocchio (Foeniculum vulgare Mill.) è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere).
Conosciuto fin dall'antichità per le sue proprietà aromatiche, la sua coltivazione orticola sembra che risalga al 1500.
Si distinguono le varietà di finocchio selvatico dalle varietà di produzione orticola (dolce).
Il finocchio selvatico è una pianta spontanea, perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2 m. Possiede foglie che ricordano il fieno (da cui il nome foeniculum), di colore verde e produce in estate ombrelle di piccoli fiori gialli. Seguono i frutti (acheni), prima verdi e poi grigiastri. Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti (impropriamente chiamati "semi").
Il finocchio coltivato (o dolce) è una pianta annuale o biennale con radice a fittone. Raggiunge i 60–80 cm di altezza. Si consuma la grossa guaina a grumolo bianco che si sviluppa alla base.
Il finocchio è ampiamente coltivato negli orti per la produzione del grumolo, una struttura compatta costituita dall'insieme delle guaine fogliari, che si presentano di colore biancastro, carnose, strettamente appressate le une alle altre attorno a un brevissimo fusto conico, direttamente a livello del terreno.
Il suo colore bianco è dato dalla tecnica dell'imbianchimento: si tratta di una rincalzatura e si effettua a cadenza regolare nel corso dello sviluppo del grumolo o almeno due settimane prima della raccolta.
La raccolta dei grumoli avviene in tutte le stagioni, secondo le zone di produzione. Si adatta a qualsiasi terreno di medio impasto con presenza di sostanza organica. Le piante vengono disposte in file e distanziate di circa 25 cm l'una dall'altra. La raccolta del grumolo avviene dopo circa 90 giorni dalla semina. Richiede frequenti e abbondanti irrigazioni e preferisce un clima temperato di tipo mediterraneo.
In cucina si possono usare tutte le parti del finocchio. Il grumolo bianco (erroneamente ritenuto un bulbo) del finocchio coltivato si può mangiare crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e si può aggiungere agli stufati.
Il finocchio è uno degli ortaggi meno calorici essendo sprovvisto del tutto di lipidi e amido; è ricco di acqua e contiene oli essenziali che lo rendono molto diuretico e digestivo: oltre sali minerali e vitamine, l’ortaggio contiene un'essenza (anetolo) che si concentra in particolar modo nei semi e favorisce la digestione.
Contiene sostanze estrogeniche naturali chiamati anche "fitoestrogeni", che esercitano un effetto equilibrante sui livelli degli ormoni femminili. Grazie a questa azione riequilibrante si raccomandano le piante contenenti fitoestrogeni per condizioni legate all'eccesso di estrogeni (ad esempio la sindrome premestruale) così come per condizioni di carenza di estrogeni (come la menopausa e gli squilibri mestruali). Inoltre queste erbe con fitoestrogeni hanno anche un'azione sul sistema vascolare. Per questo sono molto utili per alleviare i sintomi della menopausa, poiché riducono sia l'intensità che la frequenza delle vampate di calore e dei sudori notturni
Cenni storici
Originario della pianura di Maratona, località della Grecia teatro della famosa battaglia che vide affrontarsi Ateniesi e Persiani, ove il finocchio cresceva spontaneo e proprio per questa ragione gli antichi lo chiamavano marathon. Il finocchio è una tipica pianta mediterranea, che già in Grecia apprezzavano e che dai Romani fu diffusa in tutta l'Europa continentale.
Plinio racconta che i serpenti si sfregano contro la pianta di finocchio, dopo aver cambiato la pelle, per riacquistare la vista, e in relazione a questa storia afferma che il finocchio è ottimo nella cura degli occhi. L'affinità con i serpenti, secondo le credenze popolari antiche, dava al finocchio anche la virtù di essere un forte antidoto contro la morsicatura dei rettili velenosi. Il posto che il finocchio occupa nelle manifestazioni religiose antiche ne riallaccia la simbologia a un'idea di rinascita, o meglio ancora, di rigenerazione spirituale.
Gli storici datano l’importazione del finocchio in Italia al XV secolo e furono monaci e crociati che lo portarono da Malta.
Con 17.000 ettari investiti a finocchio, da cui si ottiene una produzione pari a circa 370.000 tonnellate, l'Italia è il paese in cui questa coltura è maggiormente diffusa a livello mondiale. L'esportazione interessa, ogni anno, circa 25.000 tonnellate di finocchio, indirizzate principalmente verso Francia e Svizzera. Le regioni più importanti per questo ortaggio sono Puglia (da cui proviene circa il 30% del raccolto nazionale), Campania (18%), Lazio (11%), Sicilia (9%), Marche (9%), Abruzzo (5%), Calabria (4,5%) ed Emilia-Romagna (4%).
Per quanto riguarda il panorama varietale, la maggior parte della produzione di finocchio proviene da semi di popolazioni locali, come Grossissimo di Napoli, Tondo pugliese o di Barletta, Tondo di Sicilia, Romanesco, Parmigiano e Mantovano.
Varietà
Nel Foeniculum vulgare si identificano tre varietà: il Finocchio amaro o selvatico (varietà vulgare), il Finocchio dolce (varietà dulce) con essenza meno ricca in principi attivi, il Finocchio usato come ortaggio (varietà azoricum).
Fra le specie coltivate più diffuse: il Bianco Perfezione (varietà precoce, la raccolta avviene in luglio e agosto), il Gigante di Napoli, il finocchio di Sicilia e il finocchio di Parma (varietà invernale, raccolta da settembre a dicembre). Ricordiamo inoltre il Bianco dolce di Firenze, il Finocchio di fracchia, e il Tondo romano.

I venditori usano distinguere i finocchi in maschi e femmine: non c'è nulla di scientifico in questo, fanno semplicemente riferimento alla forma che, nel caso del maschio è tondeggiante, nella femmina più allungata.
I finocchi devono avere forma compatta, essere pesanti rispetto al loro volume, essere sodi al tatto, consistenti e carnosi. Se sono presenti le foglie verdi, queste devono essere di colore vivo e intenso. 
Eliminando le costole verdi più grosse e mettendolo in sacchetti a cui praticherete dei piccoli fori, si può conservare al fresco per una decina di giorni, senza che perda sapore. Può anche essere surgelato, dopo averlo ridotto a spicchi e sbollentato, lasciandolo coperto con l'acqua di cottura.
Il finocchio selvatico (Foeniculum sylvestre) fiorisce in luglio e agosto, si consuma sia crudo in insalata che cotto in stufati e come verdura di accompagnamento a secondi piatti. I germogli teneri si usano nelle minestre oppure si mangiano crudi in pinzimonio. Inoltre è possibile raccogliere i semi in tarda estate per farne liquori o tisane.

Il termine asparago o asparagio (dal greco aspharagos, che è dal persiano asparag, ossia germoglio) può designare sia l'intera pianta che i germogli della pianta Asparagus officinalis L. Appartiene alla famiglia delle Liliaceae, un'angiosperma monocotiledone. L'asparago possiede particolari proprietà diuretiche, viene apprezzato dai buongustai e ha alle spalle una storia millenaria.
È una specie dioica che porta cioè fiori maschili e femminili su piante diverse: i frutti (prodotti dalle piante femminili) sono piccole bacche rosse contenenti semi neri. La pianta è dotata di rizomi fusti modificati che crescono sotto terra formando un reticolo; da essi si dipartono i turioni ovvero la parte epigea e commestibile della pianta. Nel caso di coltura forzata il turione si presenta di colore bianco mentre in pieno campo a causa della fotosintesi clorofilliana assume una colorazione verde. Se non vengono raccolti per il consumo dai turioni si dipartono gambi di lunghezza variabile da 1 a 1,5 m; tali gambi vanno raccolti quando ancora essi non hanno raggiunto una dura consistenza. Le foglie (cladòdi) di questa pianta sono minute e riunite in fascetti di 3-6. Diversamente da molte verdure, dove i germogli più piccoli e fini sono anche più teneri, gli steli più grossi dell'asparago hanno una maggiore polpa rispetto allo spessore della pelle, risultando quindi più teneri.
Alcune cultivar di asparagi sono:
Asparago bianco di Cantello
Asparago bianco di Conche
Nobile asparago bianco di Verona
Asparago rosa di Mezzago
Asparago violetto di Albenga
Asparago bianco di Zambana De.Co.
Asparago bianco di Cimadolmo, IGP
Asparago verde di Altedo, IGP
Asparago di Badoere, IGP
Asparago di Cantello, IGP
Asparago Bianco di Bassano, DOP
Espárrago de Huétor-Tájar, IGP (Spagna)
Espárrago de Navarra, IGP (Spagna)
Asperge des sables des Landes, IGP (Francia)
Asperges du Blayais, IGP (Francia)
D'argenteuil
Brabantse Wal asperges, DOP (Paesi Bassi)
Grosso di Erfurt
Mary Washington
Si distinguono soprattutto per aspetto, sapore e tipologia di coltivazione; la composizione chimica, invece, risulta pressappoco la stessa. L'asparago bianco, ad esempio, è tale in quanto viene coltivato in assenza di luce,così facendo viene bloccata la fotosintesi naturale.
L'asparago può essere coltivato nei campi oppure in apposite serre dette asparagiaie; ciò può essere realizzato in due modi:
tramite la semina da marzo a giugno in una terra ricca e friabile intervallandole di 5–10 cm a seconda della tipologia utilizzata, trapiantandone successivamente i rizomi direttamente per trapianto, su un suolo molto drenante, senza umidità.
Una tale asparagiaia inizia a produrre già dopo 2-3 anni e continua la produzione per un'altra dozzina d'anni. La produzione ogni 100 m² è di 60–100 kg.
L'asparago in cucina
Il gusto dell'asparago evoca il sapore del carciofo; quando è fresco ha un sentore di spiga di grano matura, in particolare si distinguono:
L'asparago bianco, che germogliando interamente sotto terra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato.
L'asparago violetto, dal sapore molto fruttato, è in realtà un asparago bianco che riesce a fuoriuscire dal suo sito e, vedendo la luce,quindi a sua volta attuando la fotosintesi,acquista un colore lilla abbastanza uniforme. Ha un leggero gusto amaro.
L'asparago verde che germoglia alla luce del sole come quello violetto, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro. È il solo asparago che non ha bisogno di essere pelato.
In cucina si utilizzano germogli verdi o bianchi: gli steli dovrebbero essere duri, flessibili, resistenti alla rottura, dello stesso spessore e con le punte ancora chiuse, la base deve essere mantenuta umida, per mantenere il prodotto fresco.
Per la preparazione, occorre tagliare le estremità legnose dell'asparago e, a seconda della tipologia, togliere eventualmente la pelle bianca fino a 4 cm sotto il germoglio od oltre nel caso di asparagi vecchi o particolarmente grandi. I cuochi più esigenti prima della cottura li immergono in acqua gelida e talvolta la pelle viene aggiunta all'acqua di cottura e rimossa solo alla fine poiché ciò, secondo alcuni, ne preserverebbe il gusto.
L'asparago per essere consumato viene prima lessato con acqua salata per breve tempo oppure cotto a vapore; il tempo di cottura tipico per gli asparagi è 12-18 min. a seconda dello spessore. Dato che il germoglio è più delicato della base dello stelo, i risultati migliori si ottengono legando insieme non troppo stretti gli steli in modo che solo la parte inferiore sia cotta in acqua bollente, mentre i germogli, fuoriuscendo dall'acqua, subiranno una cottura a vapore. A tal proposito esistono pentole speciali di forma cilindrica alta e stretta, dotate di un cestello a base perforata e con maniglie, che rendono il processo di legamento degli steli superfluo. Per preservarne il colore vivo gli asparagi verdi (così come per quasi tutte le verdure verdi) si possono raffreddare in acqua molto fredda immediatamente dopo la cottura.
L'asparago può essere servito in varie maniere e, a seconda delle tradizioni locali, esistono diverse preparazioni tipiche. Gli asparagi verdi in Italia sono spesso serviti facendoli saltare in padella previa lessatura, semplicemente con burro o burro e parmigiano ("asparagi alla parmigiana"). Inoltre possono venire accompagnati da uova al burro e formaggio grattugiato o sode. In Francia e in Germania è tipico servire gli asparagi bianchi con la salsa olandese. Alternativamente possono essere serviti con vinaigrette, salsa burro-bianco (FR) , con salsa maltese, salsa bolzanina, burro sciolto, o un filo di olio d'oliva e del Parmigiano reggiano. Preparazioni più elaborate sono: saltati in padella con funghi e serviti come accompagnamento della Faraona. Gli asparagi possono essere usati per preparare risotti, zuppe, mousse o in vellutate. Nei ristoranti cinesi è possibile assaporare l'asparago fritto accoppiato a pollo, gamberi o manzo.


Il prezzemolo, o Petroselinum crispum, è una pianta erbacea strettamente correlata con il sedano, che fa parte della sua stessa famiglia, quella delle Apiacee. È una pianta semplice da trovare anche in natura, e tipica delle zone mediterranee.
È una pianta che, a differenza delle altre, non viene mai consumata da sola, principalmente per una questione di dimensioni, e viene quindi utilizzata come ingrediente in vari tipi di preparazioni in cucina, tritato. È per questo che viene tradizionalmente raggruppato tra le erbe aromatiche, quelle che non si consumano da sole ma che devono essere abbinate ad altri ingredienti e conferiscono un particolare sapore.
La parte che viene consumata, essendo una pianta particolarmente piccola, è tutta quella superiore che comprende il fusto della pianta, i piccioli delle foglie e le foglie stesse.
In Italia è coltivato maggiormente nelle regioni meridionali, perché la pianta teme il freddo intenso; se ne possono trovare due varietà diverse ma molto simili tra loro, che sono il prezzemolo liscio, caratterizzato da foglie distese e più conosciuto in Italia, ericcio, con le foglie che si arricciano su sé stesse, coltivato maggiormente per l’esportazione.
Una volta raccolto, e tradizionalmente venduto in mazzetti, si può conservare in frigo per diversi giorni (anche se meno rispetto al sedano) senza che perda le sue proprietà nutrizionali.
Proprietà del prezzemolo
Il prezzemolo è conosciuto da secoli come una pianta medicinale. Il principio attivo più famoso è l’apiolo, che è un irritante ad alte dosi. Veniva utilizzato in passato per indurre l’aborto, stimolando le contrazioni della muscolatura liscia dell’utero. Tuttavia a basse dosi è anche utile nell’organismo per lenire il dolore; uno degli utilizzi più conosciuti è quello che, per l’azione vagamente analgesica, viene usato per far passare il mal di denti.
Oltre a questo, il prezzemolo è una pianta ricchissima di sostanze nutritive di ogni tipo. Contiene infatti alti quantitativi di vitamina C, oltre alla vitamina A e alla vitamina B9. Inoltre è ricchissimo di calcio, perché ne accumula moltissimo nel fusto, che è la parte di riserva e quella che viene consumata.
Bisogna però fare attenzione al fatto che il prezzemolo deve essere quanto più possibile consumato crudo: infatti la cottura degrada sia l’apiolo che le vitamine, per cui se si vuole aggiungerlo ai pasti bisogna farlo alla fine (fuori cottura), per non disperdere le molecole benefiche della pianta.

Per il resto, come il sedano è un alimento ricchissimo di fibra, nonostante le esigue quantità che vengono assunte non permettano di apprezzarne il vantaggio dal punto di vista dietetico.

10 ORTAGGI (2^ Edizione)

 

Ortaggi. In queste 360 pagine ho raccolto oltre 250 schede di prodotti, lavorazione e cucina pubblicate sul blog DALLA PARTE DEL GUSTO (https://dallapartedelgusto.blogspot.com/). Desidero infatti condividere con voi la mia passione per la cucina. Ortaggi, che spettacolo vedere i banchi dei prodotti dell'orto traboccare di colori in ogni stagione. Ed i sapori? In cucina lo spettacolo visivo si muta in spettacolo aromatico. Senza giungere agli eccessi di una dieta vegetariana sbilanciata, gli ortaggi sono salute... e risparmio. In ogni stagione la verdura sta sulla nostra tavola. Ma una conoscenza più approfondita ci fa scoprire che ogni tipo di ortaggio ha molte varianti. Si deve conoscerle e, se è il caso, acquistarle. Con questo semplice gesto avremo dato il nostro piccolo ma decisivo contributo alla pratica della biodiversità alimentare. Oggi la disponibilità di prodotti di qualità è enormemente cresciuta grazie a metodologie di trasporto veloci e conservazione sicure. Non limitiamoci a ciò che ci propone il nostro ortolano di fiducia. Se lo stimoliamo al meglio, lui ci darà il meglio.